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Messaggi - iano

#2041
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 11:01:54 AML'obiezione era: come fai a parlare di apparenze se non credi esista un livello oggettivo della realtà (in quanto, tu dici: la realtà non ha una forma)?
Senza un livello oggettivo della realtà (conoscibile o inconoscibile che sia) non ci sono più le apparenze, ma soltanto verità.
E da questo punto di vista, da quello relativista, il nostro modo di vivere non può nemmeno essere descritto come più o meno lontano dalla realtà, perché la nostra realtà è appunto proprio quella visione in cui siamo immersi.

In effetti io credo fermamente a un livello oggettivo di realtà, per quanto possa oggettivarsi una fede.
Non credo cioè che le apparenze abbiano una generazione spontanea, e credo che non siano univoche, ma non perciò che siano gratuite.
La realtà non è conoscibile non avendo forma.
La conoscenza è forma, ed è un prodotto della nostra interazione con la realtà, che quindi quantomeno non riguarda la realtà in modo esclusivo.
La conoscenza cioè dice di noi non meno che della realtà e non è possibile separare ciò che dice di noi da ciò che dice della realtà, posto che noi ne siamo separati.
Quella della conoscenza obiettiva è cioè un illusione, non potendo prescindere da un biocentrismo, ed è un illusione per fortuna secondo me, perchè riflettendo sull'utilità di una conoscenza oggettiva non riesco a vederci nulla di buono, a meno che non si consideri cosa giusta e buona vivere in un eterna contemplazione della verità.
Con ciò non ripudio la scienza che l'oggettività sembra perseguire, e che vedo anzi come un passo notevole in un progressivo  uso di coscienza incrementale che l'evoluzione sembra aver deciso per noi.

A dirla in breve ciò che perseguo è la rivalutazione di un illusione contro cui una giovane scienza ancora inesperta aveva mosso guerra.
Errori di gioventù, appunto, di una scienza che deve ancora giungere a piena maturità, e vi giungerà quando non riuscendo a sconfiggere l'illusione se la farà amica.
#2042
Tematiche Filosofiche / Re: Russel,Bersone e Marcuse
12 Maggio 2024, 11:08:54 AM
Meno male che qualcuno lo salvi ;D, però la storia di alcuni eletti da cui far ripartire l'avventura sembra essere già stata tentata , è quella di Noè, ed è fallita.
Oggi poi sappiamo che non c'era neanche bisogno di tutto quel pò pò di arca per far ripartire la storia, perchè bastava anche solo un cofanetto a tenuta stagna contenente al più un alga, un fungo ed un batterio, giusto per non farla ripartire da zero.  :))
Scusa per l'ironia che mi è scappata, perchè il tuo post al contrario mi trova molto partecipe, per via del fatto che è da una vita che fuggo l'ansia da prestazione, al punto da farmi un vanto delle bocciature che la vita mi ha dato.
In altre parole l'ozio più che un programma di vita, è stato un rifugio dall'ansia di prestazione, per cui alla fine mi sono così atrofizzato, che riesco a muovere ancora, e solo a malapena, qualche pensiero. :)
Per cui se devo dimostrare qualcosa per acquisire il diritto di salire sulla nuova arca, lasciatemi qui e proseguite senza di me, oppure caricate il minollo al posto mio. :))
#2043
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 09:56:24 AMIano, se dici che ci sono "contraddizioni e incoerenze" nella visione che abbiamo della realtà, tanto da sentirci spinti a sostituire di tanto in tanto tale visione con un nuovo paradigma, allora vuol dire che implicitamente accetti che la realtà una forma ce l'abbia (per quanto inconoscibile nella sua purezza o totalità), e che il sapere cerca di darne una rappresentazione il più possibile adeguata (la contraddizione sarebbe appunto il sintomo di un'incoerenza tra realtà e sapere).
Se invece la realtà è solo una parola astratta che sta ad indicare solo che là fuori c'è qualcosa, ma senza che si possa distinguere sapere ed essere, allora sì, possiamo dirci interni a successioni di visioni del mondo il cui motore non è l'ingenua adeguatezza della rappresentazione, che appunto non può basarsi su alcuna forma specifica della realtà, ma miscugli di cause che spetta a te, relativista confesso, approfondire e descrivere.  ;)
Relativista confesso, è vero, ma allo stesso tempo innamorato delle apparenze, che vorrei perciò salvare  dalla fine del mondo in atto.
Quindi, non ripudiare le apparenze una volta presane coscienza, ma avendone preso coscienza farne appunto un uso consapevole.
Nessuno ci ha ingannati sulla realtà.
Ci siamo ingannati da soli, e se lo abbiamo fatto e siamo ancora qua, avremo avuto un buon motivo per farlo, per cui possiamo diversamente continuare a farlo, precisando che la creatività è la vera natura dell'inganno.
Siamo in grado di disegnare la realtà non perchè la natura ha un disegno, ma perchè possediamo dentro noi un disegno della realtà.
Non è tanto che la realtà sia una parola astratta, ma è il mondo in cui viviamo ad essersi mostrato alla fine come una astrazione della realtà, e neanche rappresentativa, in quanto non univoca, per cui la realtà, per dirla con Cacciari, è stata degradata a metafisica concreta, che in fondo è un modo per dare un ancora di salvezza ad una concretezza sempre più evanescente, ponendola dietro alle quinte, e mettendo in primo piano una finzione, il mondo in cui viviamo, che aspetta solo di essere emendata dal nostro pregiudizio.
#2044
La geometria come scienza delle forme è stata l'inizio di una avventura che diventa sempre più informe togliendo spazio all'immaginazione.
Non sembra essere una prospettiva appetibile a cui ci si possa facilmente rassegnare, a meno che non si riprenda coscienza dell'uso che ne facciamo, usandola appunto, e scrollandoci di dosso la sensazione  di lasciarci usare, o meglio scrollandoci di dosso una sensazione di essere usati che equivale ad una sensazione di evidenza di una realtà che accogliamo in modo passivo dentro di noi, passività di cui il metodo scientifico è la sublimazione.
Niente in contrario per carità. Io sono il primo dei suoi sostenitori, ma è solo il passo successivo alla scienza delle forme in una storia che và avanti, e che possiamo continuare a immaginare/costruire se smettiamo di confonderla con la realtà.
Si può vivere senza sapere di farlo, ma una volta acquisita questa coscienza sembra difficile potervi rinunciare.
Ciò che bisogna evitare è commettere l'errore che questa coscienza sia lo scopo , e non un semplice, per quanto meraviglioso, supporto alla vita, perchè
 la coscienza potrebbe avere lo stesso effetto di una droga  creando dipendenza, non essendo quindi un caso che le droghe stesse alterino lo stato di coscienza.
Si spiegherebbe così lo strano caso delle droghe che accompagnano da sempre la storia dell'uomo, e a cui non sembra siamo capaci di rinunciare, e che anzi, più proviamo a censurare più gli facciamo pubblicità.
#2045
Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 06:02:06 AMLa "forma" è l'aspetto più arcanamente antropico della metafisica causale aristotelica. Dio è la forma storica data al nostro bisogno di immortalità. La morte di questa millenaria, ancestrale, forma ha creato un abisso di senso difficile da colmare. Ammesso e non concesso che sia possibile e/o ne valga la pena.


Rileggendo il tuo post, mi viene da chiedermi se, non riuscendo a trovare un senso alle cose, possiamo anche fare senza.
Il fatto che l'intelligenza artificiale, la quale ci sostituirà/integrerà sempre di più, non possieda il senso delle cose sembra confermarcelo.
Come dice col suo genio poetico  Vasco Rossi: ''Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l'ha.''
Il senso quindi sarebbe un di più che da forma alla realtà, anche se questa realtà una forma non ce l'ha, e una una volta datagli una forma la si può vivere come fosse la realtà.
La forma quindi non sarebbe la proiezione sulla nostra coscienza della realtà, ma un interfaccia fra noi e la realtà che vale un modo di viverla come tanti, nessuno dei quali in se necessario.
Se noi siamo gli artefici di quella forma, nella misura in cui la si confonde con la realtà, noi siamo Dio.
O, come afferma qualcuno in questo stesso forum, siamo destinati a ricongiungerci ad un uno dal quale non ci siamo mai allontanati, separati dall'uno dall'interposizione di una forma in se non necessaria.
In sostanza si può vivere anche senza saperlo, e se possiamo dire questo è perchè almeno in parte lo sappiamo.
La vera presunzione allora appare a me non paragonarsi a Dio, anche se solo in una esperimento mentale, ma credere di saperla, o di poterla sapere tutta quanta la questione del vivere, trovando una risposta ad ogni quesito esistenziale.

#2046
Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2024, 06:02:06 AMLa "forma" è l'aspetto più arcanamente antropico della metafisica causale aristotelica. Dio è la forma storica data al nostro bisogno di immortalità. La morte di questa millenaria, ancestrale, forma ha creato un abisso di senso difficile da colmare. Ammesso e non concesso che sia possibile e/o ne valga la pena.

O, magari, tornare ad Anassimandro, facendoci carico da umani maturi del debito "entropico" assunto con l'evoluzione universale.
Mi sarei potuto limitare a cliccare un ''mi piace'' al tuo post, se non sentissi anche il bisogno di esprimere sorpresa di aver trovato qualcuno che in qualche modo concorda con la mia favola, puntellandola con riferimenti puntuali  ???
dei quali a me è chiaro il primo, e un pò meno il secondo. :)
#2047
E' proprio questa supposta non necessità di avere una forma per esistere, ad autorizzarci a pensare che la realtà sia una , ma  traducibile in una molteplicità di forme, nessuna delle quali rappresentative in modo univoco della realtà, per il motivo che appunto la realtà una forma non c'è l'ha.
Non ce l'ha perchè la forma è un fatto puramente culturale, da cui la realtà non è dipendente, ed è invece solo un modo   possibile fra tanti per noi di sopravvivere alla realtà.
#2048
E ovviamente quello che cerchiamo di rompere è un uovo culturale che sta al posto della realtà come se vivesse di vita propria.
Se così stanno le cose, rotto l'uovo ci dovremmo ritrovare dentro a un altro uovo, in un destino matrioska.
Ma l'uovo è solo una forma, e il mondo nuovo potrebbe  avere quindi  una diversa forma, e magari così insolita da non sembrare tale, pronto ad essere confuso ancora una volta con la realtà, alla quale magari per esistere non necessità avere una forma, e per questo si presta sempre a prendere la forma che noi gli diamo, almeno finché  riusciamo a dargliela, perchè del mondo nuovo che si sta profilando è difficile anche solo immaginare la forma, forma di cui però, proprio come succede alla realtà, potrebbe non avere bisogno.
#2049
Tematiche Filosofiche / C'era una volta un Dio...
12 Maggio 2024, 02:48:00 AM
Certi quesiti esistenziali sembrano molto più grandi di noi perchè  vi si possa dare risposta.
L'unica possibilità di riuscire a rispondervi quindi  è che noi, senza saperlo, siamo più grandi di loro.
Non si tratta di essere presuntuosi , se non nel senso di fare un esperimento mentale in cui ci immaginiamo di essere una specie di dio, creatore di mondi, che ha perso memoria delle sue costruzioni, che perciò ora sembrano  vivere di vita propria.
Si può provare a spiegare in diversi modi questa perdita di memoria, ma tutti probabilmente riconducibili  a un principio generale di natura, che ciò che non serve si perde in un economia di sussistenza.
Così, una volta creato il mondo in cui viviamo, non serviva per viverci ricordare la sua origine, e le domande esistenziali che ci facciamo da un pò senza trovare risposta potrebbero essere il sintomo di quanto questo mondo inizi a starci stretto.
Naturalmente noi non siamo veramente Dio, e il mondo che abbiamo creato non è la realtà, ma qualcosa che per essa può essere confusa, almeno finché riusciamo in modo sufficiente ad arginare le sue  contraddizioni ed incoerenze, cioè finché riusciamo a fare finta di non vederle, finché non diventano troppo pressanti, come un pulcino che vuole rompere il guscio di quello che fino a un certo punto è stato il suo mondo, vissuto come se fuori di quello non ve ne potessero essere altri, e perciò coincidente di fatto con la realtà.
Questo è appunto un esperimento mentale esposto in forma di favola, che inizia con ''Cera una volta un Dio...''



#2050
Varie / Re: Rastislav e l'enigma della freccia
12 Maggio 2024, 00:33:46 AM
Usando la stessa matita con cui è stato fatto il disegno lo completa di modo che alla fine  il foglio sia tutto scuro, meno una sua parte che abbia la forma di una freccia, color foglio, rivolta a sinistra.
#2051
Citazione di: Pensarbene il 11 Maggio 2024, 23:49:07 PMbisogna anche dire che la funzione dell'entanglement non è chiara.
Potrebbe essere un aggiustamento funzionale della quantica e niente di più.
Però potrebbe essere un modo di informarsi della materia energia e allora il discorso  cambierebbe.







L'entenglement non deve avere una funzione, perchè è semplicemente un fatto., ed ogni fatto nuovo ci invita a riconsiderare la nostra visione del mondo.
Ma in cosa consiste in generale una visione del mondo? Consiste secondo me nell'entrare con l'uso in intimità coi fatti, intimità che genera ovvietà ed evidenza, come sinonimi di abitudine alle cose, e le abitudini sono dure a morire, anche quando nuovi fatti ci costringono a farlo.
Un modo per mitigare la sorpresa per certi nuovi fatti sarebbe andare indietro nel tempo per capire come abbiamo fatto a metabolizzare vecchi  fatti sorprendenti al loro tempo, ma divenuti ormai ovvietà, sempre che nel frattempo il piacere della sorpresa non sia divenuta una dipendenza.

#2052
Citazione di: Jacopus il 01 Maggio 2024, 18:15:16 PMSemplicemente, determinismo e L.A. coesistono. Nella dimensione fisica il determinismo è la legge degli eventi, attraverso l'interazione delle quattro forze fisiche principali: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare debole e forte. Qui non si sfugge al determinismo ma è possibile che non si conoscano ancora tutte le leggi fisiche sottostanti, a causa delle situazioni che si possono creare in condizioni "limite".

Non ho difficoltà ad aderire al tuo post, ma vorrei contemplare anche una possibile alternativa.
La tua infatti è un affermazione inconfutabile, ma anche un buon alibi in cui rifugiarsi, come un voler vincere facile che rischia di trasformarsi in una cocente delusione.
Poco male visto che in tal modo ti trovi in buona compagnia, tipo soggetti come Einstein, che sull'incompletezza della meccanica quantistica si è arrovellato fino alla fine.
Però noto che quello che affermi comporta che la realtà non sia coerente, o in alternativa che non sia una, esistendo due realtà parallele  coesistenti.
Ma concedere che la realtà non sia una comporta il rischio che ogni volta che ci troviamo di fronte un problema difficile da risolvere, lo risolviamo aggiungendo ad hoc una nuova convivente realtà,
ritrovandoci così con diversi separati in casa in una coesistenza forzata.
In alternativa è possibile trasferire l'incoerenza nel racconto della realtà, che più che essere incompleto non sarà mai definitivo.
Non è cioè un racconto da completare, e a dirla tutta penso che non sia  neanche da correggere, ma semplicemente si rinnova, adattandosi insieme a noi alla realtà.
E' cioè il lato culturale di noi che partecipa della nostra evoluzione.
Certo però, lo ammetto, anche questa proposta alternativa sembra un modo di voler vincere facile.
Basta infatti dire che ogni cosa è un racconto e ogni problema irrisolvibile è risolto.
Quindi alla fine si tratta solo di mettere in moto il libero arbitrio, posto che esista, per scegliere quale alternativa, chissà poi perché, più ci scompisci. :))
La mia scelta in fondo è una scelta di pancia, in quanto ho in odio le complicazioni.
Ma poi vai a vedere se non ci sono motivazioni ancora più profonde a spingerci....
 
#2053
Citazione di: PhyroSphera il 11 Maggio 2024, 22:39:06 PML'unico modo per sostenere il determinismo dopo la formulazione scientifica del Principio di Indeterminazione è adottare una metafisica e concentrarsi sulla sola trascendenza, dopodiché ridurre il significato di determinazione senza cioè entrare in conflitto con la cosiddetta libertà dello spirito (infatti se c'è per mezzo la trascendenza, c'è di mezzo pure la libertà).

Mauro Pastore
Mi sento in dovere di rimandarti a qualche mio post fà, dove provavo a spiegarti che al principio di indeterminazione si è dato un nome infelice, dato che esso non contraddice il determinismo, e non ripeterò qui cosa esso dice veramente, dato che chiunque può trovarlo in rete.
#2054
Citazione di: Pensarbene il 10 Maggio 2024, 12:33:56 PMForse e dico forse,l'entanglement quantistico potrebbe essere l'unico fenomeno a permetterci  contemporaneità e istantaneità.


In effetti un altro fenomeno c'è, ma ci appare talmente ovvio, che solo a indicarlo si rischia di fare la figura del demente.
Quindi per evitare questa figura proverò a prendere il discorso alla larga.
Manca secondo me una definizione esplicita delle molteplicità che comporrebbero l'universo.
Prima della scoperta dell'entenglement quantistico, se si fosse data una definizione di oggetto che concorre a comporre l'universo, come di ciò che è caratterizzato intrinsecamente da contemporaneità e istantaneità nessuno avrebbe avuto da criticare, se non per il fatto che si stesse affermando una banalità.
Quella definizione però oggi comporterebbe che le particelle che sono caratterizzate intrinsecamente dal fenomeno dell'entenglement siano nel loro insieme un oggetto solo.

Se provassimo a dare la definizione di cui sopra, oggi, non mancherebbero invece le critiche, la prima delle quali sarebbe che si tratta di una ipotesi ad hoc per spiegare l'entenglement.
#2055
Tematiche Filosofiche / Re: METAFISICA DELL'ESSERE
10 Maggio 2024, 16:07:46 PM
Citazione di: niko il 10 Maggio 2024, 14:58:34 PMIl mondo e', per modi di dire un tutto, ma e' un tutto che io non possa conoscere, quindi, non e' un tutto per me, ai miei occhi. Ne' mai lo sara'.
Avendo io un gia' cosi' importante orizzonte con cui "fare i conti", (l'orizzonte reale, storico, esistenziale e geografico) me ne faccio poco, del sovra-orizzonte, o dello pseudo-orizzonte, cosiddetto metafisico.


Per modo di dire, concordo, ma anche un modo di dire obbligato per come la vedo io.
Questo uno inoltre è in contrapposizione ad un mondo che ci appare come molteplicità, quindi da dove nasce la necessità di tirarlo in ballo?
A farla breve (ma breve non riesco mai a farla :)   ) io parlo di uno per dire che nessuna molteplicità con cui il mondo ci appare è rappresentativa di essa in modo univoco.
E' una molteplicità rappresentativa del rapporto fra due ''UNI'' ;) che essendo un rapporto che varia, cambia la molteplicità con cui si manifesta l'uno in questo rapporto, e che sia il mondo come appare ai nostri sensi, o come lo disegna la scienza nella sua evoluzione, la sostanza non cambia.
Ogni molteplicità può essere assimilata/confusa con l'uno, andando oltre il suo carattere relativamente rappresentativo, nella misura in cui c'è dietro una metafisica che gli regge un gioco di assolutezza.
La metafisica fà questo gioco nella misura in cui non la si può negare, e finché non si riesce a negarla.
Una molteplicità varrebbe l'altra se non fosse che sono vestiti che non calzano bene a tutti, ed ad ognuno nella misura in cui cresce.
La metafisica è come la pelle del serpente, di cui ci accorgiamo solo quando la cambiamo, nei momenti di transizione da crescita, che sono anche momenti di crisi potenzialmente salutare.
Inoltre il rapporto che c'è fra l'uno e una delle sue possibili molteplicità rappresentative, mi sembra spieghi perchè fra i molteplici attori della rappresentazione agiscano forze che diversamente non sarebbero necessarie.
La metafisica dell'essere prescinde che fra gli essenti vi sia un rapporto dinamico.
Se questo rapporto dinamico invece c'è potrebbe spiegarsi col fatto che gli essenti hanno una nascitura e nascono insieme ai loro rapporti di forza.
L'uno è in sostanza un modo di trascendere la metafisica dell'essere che rende il mondo in cui viviamo meno rigido e più plasmabile, dove diversamente ogni essente è un paletto piantato nel terreno in modo indelebile, fra cui dover fare slalom, uno slalom la cui fatica col tempo diventa insostenibile.