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Messaggi - Phil

#2041
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AMSi capisce se diciamo che la Cosa in sè non esiste se non come formalizzazione, come linguaggio di controllo?
Da Protagora a Wittgenstein (passando attraverso Kant a Husserl) la radice linguistica del famigerato "noumeno" è stata spesso ostracizzata dall'impostazione onto-metafisica dominante; ma oggi se ne può parlare serenamente senza temere l'inquisizione dei trascendentalisti  ;)


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
il mentale di un oggetto sarà quindi sempre il suo categoriale, ossia la ragione. ossia il giudizio del mentale sarà il categoriale dell'oggetto, oggetto che diventa mentale "solo dopo". Il tutto viene chiamato trascendentale. Ma perchè vi sia un categoriale, che è innato nell'uomo, ci deve essere un oggetto esterno!
Indagherei ancora su tale necessità del "ci deve essere un oggetto esterno"(cit., corsivo mio): e se fosse un "si deve porre" (da lato del soggetto) piuttosto che un "si deve imporre" (dal lato dell'oggetto)? L'oggetto non è forse solo il simulacro gnoseologico della suddetta fantomatica cosa-in-sé?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
A questo punto si tratterebbe di decidere (tramite qualche passaggio ulteriore, per me ancora formaleper Ceravolo dialettico) se questo oggetto esista o meno: alias Perchè qualcosa piuttosto che il nulla? 
Tutto dipende dallo statuto ontologico che ci aspettiamo di trovare nell'oggetto (non si esce facilmente dalla precomprensione, dal circolo ermeneutico...).


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
cit angelo "Non è possibile pensare idee che non siano dettate dalla propria mente a se stessa. La mente non è in grado di pensare se non fornendo essa stessa idee a se stessa." Ma come potrebbe dettare idee a se stessa? se prima non le conosce? o ritorniamo a Platone e ipotizziamo la teoria della reminiscenza o accettiamo che il mentale è "vicino" alla tavola rasa (perchè sappiamo già che il dna contiene informazioni trasmesse): proprio da zero no.
Credo che il processo di astrazione cognitiva e (ri)combinazione mentale, basato sulla matrice sensoriale, spiega adeguatamente la produzione delle idee...


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
cit angelo "Ceravolo sostiene che la realtà sia in grado di provocare idee. Ciò è ipotizzabile, ma non possiede alcuna ferrea inoppugnabilità, come egli sostiene." Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto. Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).
Per "rifarsi al concetto di essere"(cit.) bisogna rifarsi alla metafisica in cui è incastonato, e per rifarsi alla metafisica bisogna indagare se essa sia "epos" (analitici) o "episteme" (continentali, con le dovute eccezioni)... lanciamo la moneta (falsa  ;D )?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Il cervello nella vasca....l'ho sempre odiato questo esempio. perchè non intende una cosa semplice semplice, che qualcuno sta narrando quell'esperimento. L'unica certezza è l'esistenza non il cervello.
Se ci poniamo dentro l'ipotesi dell'escamotage proposto, la possibilità di narrazione dall'interno della vasca non è affatto assurda (questione di auto-comprensione, anche se so che aborri tale prefisso  ;) ); se invece ci poniamo fuori dalla finzione (e fuori dalla vasca), allora l'idea di "cervello" e di "vasca" sono tutte da verificare...

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AML'unica certezza è il vissuto....se poi quel vissuto sia allucinazione o altro, questo è altro paio di maniche.
Tuttavia, se non infiliamo le braccia in quelle maniche, non possiamo andare oltre il cogito cartesiano per mettere mano a problemi epistemologici...

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
non si può usare la mediazione (mentale) di una mediazione (il cervello) per mediare se l'oggetto sia reale o meno.
Eppure, quale altra mediazione abbiamo a disposizione?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Il punto semplice è che sia se il vissuto sia allucinazione sia che sia "realtà", l'unica cosa certa è l'esistenza del soggetto. Senza attributo, non categoriale. E' il sapere immediato come dicono tutti i filosofi!! l'essere un ente. l'essenza, l'esistenza, chiamiamola un pò come vogliamo.
L'auto-evidenza del soggetto è un punto di partenza per cercare l'oggetto e/o l'altro soggetto (oltre il solipsismo), per quanto sia un indagare altamente problematizzante e problematico...


P.s.
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:29:45 AM
Non ho paura alcuna dei labirinti filosofici.
Forse non è il labirinto che dovrebbe destare timore, se si segue il filo filosofico (altri preferiscono quello filologico), ma il Minotauro che lo abita (e se fosse un Minotauro con i baffi e l'accento tedesco?  ;D )
#2042
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
13 Maggio 2017, 17:16:12 PM
Citazione di: green demetr il 12 Maggio 2017, 15:10:28 PM
Come scriveva l'ultimo Derrida, il tema dell'accoglienza, del saper far spazio nelle nostre vite (vite? lol) all'altro.
Citazione di: cvc il 13 Maggio 2017, 16:58:57 PM
Ripropongo la metafora di Baudelaire: siamo alberi con le radici immerse nell'impurità e i rami che puntano verso il cielo.
Derrida incontra Baudelaire in un topic che che contiene "elemosina" nel titolo... chiudendo il cerchio per aprire di più il discorso ( ;D ), viene in mente il brano di Baudelaire commentato da Derrida nel suo testo "Donare il tempo"; ecco il racconto (più una citazione dal "commento" di Derrida):
http://www.filosofipercaso.it/?p=921
#2043
Azzardo un'ipotesi totalmente infondata (non essendo affatto ferrato in materia): potrebbe essere che le tre correnti da te citate abbiano delineato tre istanze di "denuncia" che la (post)modernità ha poi saputo coniugare fra loro? Il guardare in faccia la realtà sociale senza filtrare i suoi problemi (realismo), valorizzando la ripercussione emotiva dell'esperienza (espressionismo), tramite un'arte non frivola né asetticamente accademica (dadaismo), è in fondo il modo in cui una certa arte contemporanea si propone di denunciare il (proprio) disagio, sociale ed esistenziale... quindi magari la genealogia del fare "arte di denuncia" attuale ha un legame saldo con gli spunti del secolo scorso, spunti che ha rielaborato, sintetizzato, forse radicalizzandoli... potresti, se ciò che scrivo ha senso, rintracciare in ogni corrente gli apporti peculiari che fungono da componente "riattualizzata" nel panorama odierno (al netto di cosa significhi oggi "fare arte"...).
#2044
Citazione di: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM"Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

Dubitare, in fondo, è aggiungere un punto interrogativo alla fine di un'affermazione, trasformandola in un'interrogazione... ciò non dovrebbe produrre stasi, anzi, dovrebbe avviare il movimento della ricerca (di prove, verifiche, risposte, etc.) violando la quieta immobilità dell'affermazione. Le domande attivano, hanno una loro istanza di dinamismo, mutamento, indagine; chi ristagna non dubita, perché ha già risolto il domandare del dubbio con l'abbandono della domanda (salvo essere un "ristagnare attivo", cogitabondo, nella pianificazione della prossima mossa o del sentiero di ricerca... quindi un ristagnare solo apparente).

Dubitare di trovare lavoro, ad esempio, dovrebbe tradursi nella ricerca dei modi più consoni per trovarne uno, così da verificare se è davvero così difficile da conquistare... se, nel dubbio, ci si limita ad una ricerca "fiacca", sfiduciata e disimpegnata, significa che si è caduti nella "profezia autoavverante" di cui parla la psicologia, e il dubbio è solo un mansueto capro espiatorio...


P.s.
Non so se il "dubbio" del testo citato è "vicikiccha", che se non erro è da intendere perlopiù come indecisione, stallo dell'azione e del discernimento, quindi non è propriamente il dubitare che mette in discussione, ma il dubitare nella sua sfumatura di esitazione, spaesamento, indugio...
#2045
Tematiche Spirituali / Re:Religione e spiritualità
07 Maggio 2017, 13:18:05 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Maggio 2017, 00:49:25 AM
Questo contesto di idee credo che crei delle differenze nel caso di separazione delle strade per evitare il conflitto: nel caso di menti attaccate alla spiritualità come qualcosa di teoreticamente definito, ciascuna di quelle che ha separato la propria strada sarà indotta a rimanere ferma sull'idea che ciò è avvenuto a causa dei limiti mentali dell'altro: "Io avevo ragione, lui aveva torto e per evitare il conflitto ci siamo dovuti separare; spero che un giorno egli capirà che aveva torto".
Quando parlavo di dividere le strade nel/del dialogo, non alludevo alla presunzione di snobbare le indicazioni di cammino dell'altro interlocutore, ma solo di proseguire, in umiltà, sul sentiero che pare più confacente al rispettivo viandante, augurando, senza astio, a chi sceglie strade differenti di raggiungere la meta auspicata...
E' proprio per non restare fermi nello stallo del "io voglio andare a destra, tu vuoi andare a sinistra, e ognuno dei due è convinto dei suoi buoni motivi" che la separazione delle strade è talvolta (non sempre, per fortuna!) funzionale e può risolvere l'impasse decisionale... una volta ascoltate le ragioni dell'altro e metabolizzati i suoi spunti di riflessione, non sempre si elabora una soluzione comune e a quel punto i percorsi si possono serenamente dividere.

Prova a considerare il tuo attuale discorso con myfriend: tu lo inviti a percorrere il sentiero del relativismo (parafrasando, gli dici: "la tua descrizione di spiritualità è personale, non ha valore assoluto"), lui è invece fiducioso nella solidità del suo modo di intendere la spiritualità (parafrasando anche lui, per par condicio, è come se ti dicesse "credo si possa giungere ad uno sguardo oggettivo sul mondo tramite l'uso della razionalità scientifica, superando i relativismi").
A questo punto, sembra che le convinzioni, gli approcci, gli assiomi, etc. che avete esplicitato (e da cui partite per fondare la vostra rispettiva e rispettabile prospettiva) siano piuttosto divergenti... potrete essere compagni di ricerca nel medesimo sentiero, fianco a fianco, oppure siete arrivati al bivio in cui ognuno, corroborato dal confronto con l'altro, può anche decidere di non fidarsi della mappa e del percorso che l'altro gli propone, e quindi non resta che augurargli "buon viaggio"? Oppure, prima di separarsi, ci sono altri punti in sospeso da chiarire, indugiando ancora nel confrontare le proprie mappe e i differenti itinerari su di esse tracciati?
#2046
Tematiche Spirituali / Re:Religione e spiritualità
06 Maggio 2017, 23:26:48 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Maggio 2017, 20:58:33 PM
Ho il sospetto che questa potrebbe essere spiritualità. Mi dirai che in fondo non sto parlando d'altro che di amore per il prossimo, un banale vogliamoci bene; ma credo che il vogliamoci bene possa essere percepito come banale se non prende in considerazione i problemi che implica; se li prende in considerazione, non è più banale, anzi diventa proprio spiritualità. In questo senso potrebbe emergere una differenza essenziale tra l'amore per il prossimo e la spiritualità: il concetto di amore per il prossimo indirizza l'attenzione verso il prossimo; il concetto di spiritualità indirizza invece l'attenzione su un lavoro di riflessione e meditazione effettuato su se stessi. Se però questo lavoro perde di vista l'attenzione al prossimo, allora mi sembra che non meriti di essere chiamato spiritualità
In tal senso, forse il denominatore comune per il dialogo può essere l'umanità (più che la spiritualità), il riconoscere l'altro non solo come altro-da-me, ma anche come un-altro-me, come un uomo "alla pari"... tuttavia, dopo questa impostazione filantropica, può sorgere l'arduo problema di mediare gli argomenti del dialogo con le differenti prospettive, e, secondo me, non sempre c'è una scelta diplomatica risolutiva... qualche volta, mi pare, il risultato migliore ottenibile da un confronto è evitare che la divergenza diventi conflitto (meglio che le strade si dividano piuttosto che fare un incidente frontale  ;D ).

Certamente, la pur utile scienza (alimentata anche dagli atei, nonostante il ritratto tragicomico che ne fa myfriend  ;D ) in questo non aiuta: i principi della termodinamica (che restano comunque da verificare, come ci insegna la scienza stessa, poiché il "per sempre" non è una costante matematica e l'universo non è un sistema chiuso  ;) ) non ci aiutano a relazionarci con il nostro vicino di casa; sapere a memoria complesse equazioni di fisica, non aiuta a scegliere ed eleggere buoni governanti; la meccanica quantistica non risolve problematiche sociali o economiche... mi pare quindi sia più "spendibile" e "urgente" una forma di "spiritualità" (tutta da definire) pragmatica e relazionale, gravosa per il singolo, piuttosto che una "spiritualità" a lungo termine storicizzata come "evoluzione della specie" (in cui il singolo può giocare pure a dadi con la sua vita e con la sua ragione, poiché la sua specie non ne risentirà troppo...).
#2047
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
06 Maggio 2017, 19:26:01 PM
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.[...]
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane. [...]
Pensateci bene  e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura  tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Sul rapporto metafisica/attualità sarei cauto e disambiguerei cosa si intende per "metafisica": in senso filosofico, correggetemi se sbaglio, la meta-fisica non è banalmente tutto ciò che è oltre il mondo fisico, come una semplice astrazione (non a caso, la filosofia del linguaggio, che si nutre di astrazioni, tassonomie e immaterialità, non è generalmente considerata una forma di metafisica); solitamente la metafisica, in senso classico, è intesa, se non erro, come la ricerca/studio di ciò che fonda/governa il mondo fisico, la posta in gioco non è quindi solo staccarsi dal reale (e qui entrano in gioco le categorie, le essenze, i trascendentali, la "differenza ontologica" più altre parole con iniziali maiuscole...). Per cui, oggi, la metafisica filosoficamente intesa, non mi sembra sia pervasiva e pulsante come nel millennio scorso, perchè i dizionari dei filosofi (e, con il consueto ritardo storico, quelli del senso comune) stanno ancora (da sempre) cambiando, alcune parole diventano desuete, altre se ne aggiungono, altre diventano più problematiche, etc..
Se invece intendiamo la metafisica semplicisticamente come "tutto ciò che non è fisico", prescindendo dal suo posizionamento in una ricerca al contempo "archè-ologica" e teleologica, allora nel momento in cui penso alla lista della spesa sto facendo metafisica, ma credo che Aristotele non sarebbe troppo d'accordo  ;D

Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Anche per quanto riguarda l'intangibile evanescenza del virtuale informatico non lo accosterei alla metafisica, né per portata filosofica (non c'è minima ambizione veritativa/ermeneutica, ma solo tecnologia finalizzata ad intrattenimento, condizionamento o marketing), né per superamento della fisicità: l'ancora del virtuale è saldamente incastonata nella materialità, nella sua stessa condizione di possibilità "fungente", ovvero nella materia tangibile dei server, delle antenne, dei computer, dei cavi etc. ciò che questa tecnologia proietta sembra essere intangibile e letteralmente mata-fisico, ma solo perché viene visualizzato su quella "retina secondaria" che ormai sono i monitor (si potrebbe quasi riattualizzare la famigerata caverna platonica sostituendola con un maxischermo computerizzato, e forse il succo del discorso non cambierebbe di molto... magari si (r)aggiungerebbe un effetto ottico di mise-en-abime).

Con ciò non voglio affatto sostenere che la metafisica sia oggettivamente "scaduta": oggi si può anche essere metafisici, ma direi che prima del novecento era difficile non esserlo...


Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana

p.s. bentornata Gyta

Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Penso anch'io che non sia tanto una questione di razionalità in sé, ma delle (talvolta) contrastanti finalità a cui le differenti razionalità (al plurale) vengono rivolte... la differenza fra la razionalità del calcolo matematico (universalmente accettata) e quella del ragionamento umano (fatto da mille prospettive/finalità differenti, ma non per questo irrazionali) direi che viene a galla proprio pensando alla storia dell'uomo, all'etica, etc.
#2048
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
03 Maggio 2017, 18:55:02 PM
Citazione di: donquixote il 03 Maggio 2017, 00:49:35 AM
L'Essere, parlando rigorosamente, non esiste (nel senso etimologico che non "sta fuori" non si manifesta) ma allo stesso tempo è il necessario principio e fondamento di tutto ciò che esiste perchè semplicemente è
Su questa necessità mi sembra sia necessario indagare a fondo: è una necessità logica, onto-logica o mito-logica?


Citazione di: donquixote il 03 Maggio 2017, 00:49:35 AM
il divenire, per darsi, ha bisogno necessariamente di qualcosa che divenga.
Concordo, ma ciò che diviene, che muta, sono semplicemente gli enti (ognuno con i suoi modi e i suoi tempi), o, se preferiamo un nome singolare, l'esistente, da intendere come tutto ciò che esiste. Non c'è alcun bisogno logico di postulare un ridondante meta-esistente che giochi a ritrarsi, che sia indefinibile, ma di cui nondimeno teorizziamo la perfetta totalità (e questa descrizione lascia trasparire l'atavico influsso del mito, amico delle maiuscole  ;) ).

Citazione di: donquixote il 03 Maggio 2017, 00:49:35 AM
Se l'Essere fosse solo un'astrazione concettuale, un supposto insieme teorico e inventato di tutti gli esistenti, significherebbe che ogni esistente sarebbe principio a se stesso e dunque completamente indipendente da tutti gli altri, cosa che invece non è affatto poichè non si può dare un qualsiasi ente che non dipenda da qualcosa di esterno ad esso.
Se poniamo l'Essere come sterile astrazione totalizzante non ne consegue che "ogni esistente sarebbe principio a se stesso", ma anzi che ogni esistente è inserito in una catena di interdipendenza, di causazione reciproca e, in una parola, di divenire immanente... ovviamente, al netto dell'arbitraria identificazione umana degli enti.
Facendo una dimostrazione per assurdo: la scienza, se non erro, ragiona escludendo totalmente il concetto di Essere, eppure la sua spiegazione del mondo, degli enti e degli eventi, per ora, non lascia trapelare nessuna necessità logica o epistemologica di un (pre)supposto Essere (quindi, rasoiata in agguato... ;D ).

Citazione di: donquixote il 03 Maggio 2017, 00:49:35 AM
Solo l'Essere è principio di sè e di tutto ciò che esiste, che si manifesta, che diviene.
Come possiamo predicare sensatamente questa caratteristica (non di poco valore...) se in fondo l'Essere è una congettura imperscrutabile? Sappiamo con certezza che è il principio assoluto, oppure ne abbiamo solo bisogno come spiegazione assoluta, che eviti l'impasse del regresso logico all'infinito? Tuttavia, una soluzione artificiosa, non dimostrata, non risolve lo scacco della ragione, lo dissimula consolatoriamente...
#2049
Tematiche Filosofiche / Re:essere e divenire
02 Maggio 2017, 22:48:28 PM
Che differenza c'è fra
Citazione di: donquixote il 02 Maggio 2017, 21:27:57 PM
l'Essere è "tutto ciò che è"
e
Citazione di: donquixote il 02 Maggio 2017, 21:27:57 PM
l'essere è "tutto ciò che esiste"
o meglio, in cosa "tutto ciò che è" differisce da "tutto ciò che esiste"? Si allude alla differenza fra esistenza in generale (anche concettuale, mnemonica, astratta etc. ) ed esistenza esclusivamente empirica? Eppure anche ciò che è astratto ha una sua radice empirica (il cervello umano che pensa tale astrazione...).

Forse allora
Citazione di: donquixote il 02 Maggio 2017, 21:27:57 PM
l'Essere è "tutto ciò che è"
comporta che l'Essere sia semplicemente la totalità degli enti (o esistenti), ovvero l'insieme, costantemente in diveniente corso di aggiornamento, di tutto ciò che è/esiste. Si tratterebbe quindi di nulla di trascendentale, ma solo di un'umana astrazione concettuale omnicomprensiva di tutti i piani dell'esistenza (individuati dall'ente-uomo).

Citazione di: donquixote il 02 Maggio 2017, 21:27:57 PM
Questo "tutto ciò che esiste" lo possiamo chiamare anche, per brevità e magari anche con precisione maggiore, "ente":  
[...]L'ente dunque è tutto ciò che diviene e che possiamo considerare sinonimo di "manifestazione dell'Essere" [...] mentre gli "enti", al plurale, non esistendo come soggetti indipendenti poiché tutti dipendono dalle leggi che regolano la manifestazione e quindi l'ente (singolare), sono separazioni arbitrarie dell'ente che l'uomo è costretto a compiere per potersi raffigurare gli enti uno-alla-volta e "conoscerli".
Qui l'uso del plurale credo sia d'obbligo: l'ente, secondo me, non è mai "tutto ciò che..."(cit.), non è una totalità, come è invece "l'esistente" (inteso come "tutto ciò che esiste"), ma è solo un elemento parziale, una singolarità del "tutto ciò che...", altrimenti non sarebbe nemmeno declinabile al plurale...
La totalità degli enti, in fondo, esaurisce la totalità dell'Essere attuale; se poi invece si pensa ad un Essere storicizzato, quindi anche passato o futuro, si attiva il fattore "temporalità", e la questione scopre il fianco a una trascendenza metafisica di difficile radicamento epistemologico, più affine alla mitologia monistica o alla poesia (v. Heidegger...).
#2050
Anch'io ravvedo un ambiguo e spurio intreccio fra piano linguistico-descrittivo e piano empirico-fattuale: chiedersi se il divenire diviene, è come domandarsi se la crescita cresce, se il morire muore o se il camminare cammina... nel caso del divenire, se decidiamo di stare al gioco della questione, non è comunque contraddittorio affermare che "il divenire diviene", se con ciò intendiamo che il mutamento non è regolare, descrivibile da una legge universale, ma esso stesso muta e si articola nel tempo (un po' come l'oscillazione delle quotazioni in borsa, è essa stessa oscillante, in quanto irregolare e imprevedibile...).
#2051
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Polarizzazioni
01 Maggio 2017, 01:05:37 AM
Citazione di: InVerno il 30 Aprile 2017, 23:39:29 PM
A quale gruppo vogliono aderire gli antagonisti da social network che passano le giornate a sputare bile su ogni notizia?Li cito perchè secondo me sono loro i portabandiera dell'esasperazione del conflitto attuale, il caso zero che riassume il fenomeno.
Mi sembra un'osservazione molto interessante; tali "haters" o "cyber-bulli" e simili, manifestano con la loro "acidità" astiosa e gratuita forse anche la mancanza di un gruppo di appartenenza, ma credo sia difficile dire se hanno questo atteggiamento come causa o effetto del non appartenere ad un gruppo: rifiutano il gruppo o sono stati rifiutati dai gruppi?
Il loro essere energumeni solitari, in cerca di vittime (o platee) su cui proiettare la propria insicurezza, la propria insoddisfazione esistenziale o soltanto la propria aggressività, è una loro scelta, oppure è il contraccolpo psicologico del ritrovarsi per troppo tempo isolati, senza gruppo, davanti ad una tastiera che promette l'attenzione di centinaia, anzi migliaia e più, persone?

Certamente l'immaterialità della comunicazione virtuale rende dispersivo e fragile il rapporto dialogico: non parlando dal vivo, faccia-a-faccia, ma spesso "in differita" e quasi sempre tramite alter-ego, la possibilità di consolidare/consolidarsi in un gruppo è inversamente proporzionale alla facilità tecnologica con cui si comunica... comunichiamo con tutti (potenzialmente), ma costruiamo rapporti significativi con quasi nessuno (ovviamente sto generalizzando molto... coerentemente alla generalizzazione amico/nemico ;D )

Che uno degli effetti collaterali della mancanza di inserimento in un gruppo reale, sia il considerare le evanescenti pagine di forum, siti e vari gruppi virtuali come disinibito "sfogatoio" per le proprie frustrazioni, o magari palcoscenico in cui recitare anonimamente un ruolo che aldiqua dello schermo non è alla propria portata? Che questo usare la tastiera come una clava nasca dall'agitazione di trovarsi "fuori squadra", che sia un sintomo della intemperante nostalgia/desiderio di un rapporto sociale più tangibile, umanamente più adeguato, meno alienato dalla tiepida tecnologia?
Non saprei...
#2052
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Polarizzazioni
30 Aprile 2017, 23:12:08 PM
Secondo me, la logica amico/nemico ha anche un altro lato, rispetto a quanto già evidenziato da InVerno: stando al gioco dicotomico che scorre sul "codice binario" degli opposti (giusto/sbagliato, vero/falso, etc.), la distinzione semplicistica amico/nemico va anche contro "una società che promuove l'egotismo"(cit. InVerno) perché delinea e connota "gli amici", ovvero quel gruppo identificante a cui appartenere, e da cui cercare conforto (psicologico, ma non solo), quel branco di cui l'uomo, in quanto animale istintivamente gregario, ha tanto più bisogno quanto più il suo habitat si fa complesso, variegato, insidioso, mutevole, frenetico e destabilizzante... una generalizzazione amico/nemico che banalizza e smussa le differenze, rende più folto il gruppo degli amici: "se non sei contro di me, allora sei con me!" e più il gruppo è numeroso, più l'individuo si sente al sicuro, supportato/sopportato, e può quindi abbassare la guardia, farsi meno domande, concedendosi pigramente di farsi cullare dalla corrente a cui appartiene e in cui si mimetizza (esattamente come accade con il fenomeno della moda in abbigliamento...). 
Questo gruppo, per identificarsi e rafforzare la sua coesione interna, ha bisogno di un gruppo antagonista (proprio come l'eroe ha bisogno del suo nemico), magari anche ostile, da colpevolizzare per il male che accade ("loro sbagliano. è colpa loro!"), da usare come capro espiatorio per i propri errori (vedi il paradosso della "violenza a fin di bene") e alibi pubblico su cui convogliare le proprie attenzioni per sfuggire all'incombenza fastidiosa e angosciante dell'auto-analisi (la saggia vecchia storia della pagliuzza e della trave  ;D ).
#2053
Tematiche Filosofiche / Re:Riconosci i due filosofi
27 Aprile 2017, 19:59:38 PM
... e il primo potrebbe essere Locke (solitamente i due autori vengono accostati in "storia della filosofia" alle superiori), ma non ci giurerei...
#2054
Citazione di: bluemax il 27 Aprile 2017, 16:27:32 PM
Penso che la realtà ultima sia quella che ogni neonato sperimenta... e man mano che cresce la inquina facendola diventare realtà convenzionale. Necessita di vedere gli oggetti come realtà intrinseche, uniche, distinte da altri oggetti, spesso raggruppate per la loro funzione.[...] La mente inquinata è duale, la mente di un neonato no. [...]
Un neonato favorisce la funzione primaria della mente che è quella di APPRENDERE (infatti si dice che la mente ha tra le sue caratteristiche principali quella di essere conoscitiva).
Il punto archimedeo, secondo me, è proprio tale "apprendimento": iniziare ad apprendere, per il neo-nato (o ri-nato  ;D ) comporta inevitabilmente (ri)iniziare a discriminare (questo/quello), ad attaccarsi (piacevole/spiacevole), a desiderare (bene-buono/male-cattivo) e a illudersi (io/non-io), aprendo così le porte alla sofferenza, alla brama, all'ignoranza, al karma negativo etc. Più il neonato apprende (assorbendo la cultura in cui cresce) più muove i primi passi nella realtà convenzionale (forse eccezion fatta per i neonati che crescono in un monastero buddhista... ma ce ne sono? Non saprei  :) ).

La "realtà convenzionale" forse può servire da viatico, da indicazione per la "realtà ultima" (se c'è), proprio come risalendo lungo l'ombra possiamo ritrovare il corpo che la proietta; parimenti credo che il discorso convenzionale del buddhismo sia una sorta di punto di tangenza fra ombra e corpo, che invita a farsi superare per approdare (con la famosa zattera) ad un altro piano (passando dal bidimensionale ombroso dei dualismi convenzionali alla pienezza del vuoto tridimensionale...).
#2055
Tematiche Filosofiche / Re:NAVIGARE NEL TEMPO
24 Aprile 2017, 14:56:35 PM
Si, il segno-grafema (e anche il fonema) è proprio del "vissuto" (participio passato di "vivere") nel senso che il presente appartiene al vivere, mentre il passato e il futuro appartengono al significare, al segnificare (e al sognificare  ;D ).