Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 10:30:41 AMIl punto è (e credo se ne possa convenire) che altruismo ed egoismo come tali sono pure inesistenti astrazioni, dunque valutare se in termini del tutto generali che li considerano astrattamente, è meglio l'uno o l'altro non ha senso, né l'uno né l'altro sono reciprocamente escludenti, ma sono modalità sempre coesistenti e interdipendenti della relazione tra enti coscienti di se stessi e pertanto coscienti degli altri in rapporto simmetrico. Quando questa simmetria dinamica si rompe il risultato è comunque la catastrofe. Quello che si potrebbe vedere come egoismo di una particolare forma sociale non è la somma mediata degli egoismi individuali (l'esempio a cui fai riferimento di un gruppo fanatico come l'Isis ne è l'esempio), ma rappresenta una sorta di potenziamento delle istanze individuali che altruisticamente si mettono a disposizione per venire drasticamente ridotte al fine trovare una misura comune che se ne faccia carico per realizzarle in nome della sua potenza trascendentale (che non è più la mia potenza, ma la potenza del mio gruppo in cui la mia potenza si realizza davvero). Anche qui la dinamica altruismo-egoismo è rispettata, solo che viene scissa, poiché l'altruismo con cui mi rendo individualmente un mezzo a totale disposizione per lo scopo comune, sublimato da questo doveroso rendersi totalmente disponibili, è compensato dalla prospettiva della realizzazione trascendentale del mio particolare egoismo proprio in questo scopo comune a cui lo sacrifico.
Esatto, la dinamica di gruppo è stata studiata ed è trasversale ad esempio nella pedagogia per socializzare gli alunni, nei gruppi di lavoro dove c'è un fine e dove le caratteristiche individuali vengono esaltate dal "sentirsi bene nel gruppo".
Il gruppo si dice fa "corpo", quindi diventa un' identificazione, penasimo anche solo alla fiducia che deve avere un gruppo d'assalto militare altamente addestrato, in cui come ho scritto la fiducia sull'individuo è dentro il "corpo" del gruppo che è identificativo per tutti i componenti, e la forza di quel gruppo sta in quanto i singoli componenti credono nel "corpo" del gruppo.
E' una dinamica umana.
Comunque concordo con chi pensa che noi siamo egoismo ed altruismo.
Ma ci sono predisposizioni, non saprei quantificare quanto innate,sicuramente l'educazione influisce.
Se però una persona adulta tende all'altruismo è perchè ha scelto questa strada costruita con l'autocoscienza, deve essersi fatta un'idea di mondo e dall'altra parte lui si sente bene. Quanto e come di quel sentirsi bene nell'atto altruistico o comunque nella tendenza a "soccorrere" il prossimo è psichico-educativo- innato- predisposto e quanto è cultura dettata dalla sua coscienza, lo trovo difficile.
Quel che penso è che come nella morale è pratica, solo nella pratica esce l'egoismo o l'altruismo.
I grandi "egoisti" spesso finiscono nel mecenatismo; la storia insegna che così come i grandi capitalisti contemporanei costruiscono fondazioni, o il monarca medievale aiutava economicamente enti religiosi soprattutto caritatevoli verso l'estrema povertà, indica infatti che è difficile trovare un egoista"spietato", perchè la "pietas" è parte essenziale nell'uomo.
Insomma nessuno è estremamente egoista o estremamente altruista( forse dei religiosi o spiritualisti, in cui l'idea è talmente forte da prendersi l'esistenza,da diventare mistica).
L'altruista deve personalizzare l'atto; spesso invece l'egoista lo spersonalizza per poter superare quella "pietas" interiore umana che lo fermerebbe.L'altruista deve vedere l'altrui come se stesso e quindi lo personalizza, la sua immagine si riflette nella sua identità di essere esistente; l'egoista deve obnulare questo aspetto altruistico ,diversamente smetterebbe il suo egoismo, deve vedere l'altrui non come se stesso, arriverei a dire come "cosa" o come "qualunque".
Forse è Levinas dice che l'altrui è il "volto", quindi non è un anonimo; perchè è più facile sacrificare anonimi senza volto per il profitto egoistico, non ci sono remore nella propria coscienza.
Ma se io voglio conoscere quel "volto", vedo parte di me che si riflette nella mia autocoscienza e quì avviene la fratellanza.
Va da sè che se l'altruista è veramente tale ,deve necessariamente essere pacifico, la violenza fisica, morale "rompe" la sua idea di mondo con la sua autocoscienza, sa di vivere la contraddizione e di perdere la sua essenza che è per lui ragion di vita,la sua autocoscienza è il volto in cui riflette se stesso e lo cerca nell'altrui.
Ecco perchè perde nella legge di natura. Ma si immola nella legge morale che non ha tempo e spazio.
Il limite dell'egoista è l'"ora e l'adesso" perchè vive la scansione temporale, è dentro il tempo dell'ego-vita e non ha una costruzione mentale superiore o comunque non l'accetta; l'altruista ha una costruzione mentale che va oltre il contingente è superiore allo spazio-tempo dell'"ora e adesso" ,viene dal passato, l'ora e adesso è un lasciare il segno coerente e proietta la sua idea più che se stesso nel futuro, questo lo porta alla sofferenza interiore dove il gesto del comunicare o il fare altruistico lo riappacifica con se stesso, lo appaga in qualche modo.