"Tutto il dibattito etico sulla manipolazione genetica e le biotecnologie rimane ancorato al cui prodest. Se è utile ad un potenziamento della vita umana e non confligge con la natura (è chiaro che tra uomo e natura vi è circolarità) viene promosso. Nel dubbio si discute e si testa. E alla fine si decide. Quella che green chiama teologia politica (trattino "economica" aggiungiamo io e Marx) influisce pesantemente, ma la discussione etica nei suoi fondamenti non può che risalire al bios e alle sue ragioni. Lasciando pure spazio alla "libertà", laddove la partita doppia etica dia risultato zero. O, meglio ancora, neutro: gusto personale non perturbante l'armonia della polis. E' chiaro che non stiamo misurando la forza di gravità e la capacità predittiva dell'etica razionale non è quella della fisica. Ma ci si prova ugualmente." cit Ipazia
Sono in disaccordo Ipazia, non tanto per le possibilità curative, figuriamoci se lo fossi, sarei un ipocrita.
Ma proprio per quelle motivazioni della teologia-politica, o delle tecno-scienze, o se vuoi del buon vecchio capitalismo.
La filosofia da Agamben a Sloterdijk, passando per Marramao, dichiara il dominio sui corpi, come la nuova forma del persistente ritorno ai fascismi reazionari.
In questo momento il dibattito è infuocato, solo perchè la vita appartiene alla religione cattolica. Le scienze stanno tentando di superare questi impasse, usando una delle macchine ideologiche più perverse, ossia la stessa che domina di sottofondo, rispetto alle ideologie dominanti, vale a dire quella del CUI PRODEST.
Ossia riducendo la questione all'individualismo (mimetico) sempre alla voce: che è meglio dominare il singolo che la comunità.
Come se essere madri è solo un surrogato del vivente inteso come corpo vivente, al di là del sui bisogno financo etico di riconoscimento comunitario.
Accettare questo genere di fantasmatiche significa, cadere completamente fuori dal discorso democratico.
Non è una questione dell'evento in sè, ma del discorso che lo accompagna, e che spero converrai con me, che genera un indotto di guadagni straordinario.
Non si tratta qui di fare l'errore banale di criticare la bio-scienza, in quanto evento tecnico, ma del discorso che accompagna questo evento tecnico.
Un discorso che ricorra ai nostri aspetti più individualisti, accendendo un dibattito politico completamente fuori dalle idee progressiste, è terreno fertile. per un ritorno a forme aberranti di controllo (controllo delle nascite, controllo delle malattie, controllo delle idee).
Sono tempi buj in cui esplodono le innovazioni della tecnica.
A tal proposito mi viene in mente il problema dell'auto-immunità, non del vaccino in sè (che comunque mi lascia perplesso a livello di descrizione scientifica) quanto del discorso cha accompagna lo stesso.
cito da questo bell'articolo che ci porta completamente dentro al dibattito filsosofico contemporaneo, 10 paginette, non sono tante, leggiamolo, ma va bene qualsiasi altro articolo che contempli, questo breve passaggio che cito per motivi di dibattito:
"Come ricorda Timothy Campbell, "la categoria di 'immunità' gode di una
lunga e ben nota storia nella recente riflessione critica": si pensi solamente a Niklas Luhmann, Donna Haraway e Jean Baudrillard. La nozione viene ripresa inoltre da Jacques Derrida a partire dallo studio sulla religione Fede e sapere del 1992, dove la comunità viene descritta come "comune auto-immunità", e le sue reazioni identitarie come un eccesso di difesa che rivelano la «pulsione di morte che tormenta in silenzio ogni comunità, ogni auto-co-immunità». Successivamente, Derrida si concentrerà sui rischi dell'eccesso autoimmunitario, tema comune a diversi utilizzi filosofici della semantica dell'immunità, la cui ambivalenza si esplicita quando l'esasperazione del meccanismo costitutivo della comunità si traduce nel rivolgimento autodistruttivo contro lo stesso corpo sociale. La protezione della vita si rovescia così in dispositivi mortali e tanatopolitici, in "negazione della vita". cit da http://www.eticapubblica.it/wp-content/uploads/2016/11/1_2016_Consoli.pdf
Non ho letto Derrida ma ho letto il primo volume delle sfere di Sloterdijk.
Mi pare che sopratutto le ultime righe denotano molto bene quanto vado per mio conto pensando.
https://www.repubblica.it/cultura/2017/09/10/news/peter_sloterdijk_non_esistono_veri_maestri_sono_stato_troppo_indipendente_per_aderire_a_una_scuola_-175085079/
La negazione della vita in fin dei conti è la negazione al pensiero.
Sono in disaccordo Ipazia, non tanto per le possibilità curative, figuriamoci se lo fossi, sarei un ipocrita.
Ma proprio per quelle motivazioni della teologia-politica, o delle tecno-scienze, o se vuoi del buon vecchio capitalismo.
La filosofia da Agamben a Sloterdijk, passando per Marramao, dichiara il dominio sui corpi, come la nuova forma del persistente ritorno ai fascismi reazionari.
In questo momento il dibattito è infuocato, solo perchè la vita appartiene alla religione cattolica. Le scienze stanno tentando di superare questi impasse, usando una delle macchine ideologiche più perverse, ossia la stessa che domina di sottofondo, rispetto alle ideologie dominanti, vale a dire quella del CUI PRODEST.
Ossia riducendo la questione all'individualismo (mimetico) sempre alla voce: che è meglio dominare il singolo che la comunità.
Come se essere madri è solo un surrogato del vivente inteso come corpo vivente, al di là del sui bisogno financo etico di riconoscimento comunitario.
Accettare questo genere di fantasmatiche significa, cadere completamente fuori dal discorso democratico.
Non è una questione dell'evento in sè, ma del discorso che lo accompagna, e che spero converrai con me, che genera un indotto di guadagni straordinario.
Non si tratta qui di fare l'errore banale di criticare la bio-scienza, in quanto evento tecnico, ma del discorso che accompagna questo evento tecnico.
Un discorso che ricorra ai nostri aspetti più individualisti, accendendo un dibattito politico completamente fuori dalle idee progressiste, è terreno fertile. per un ritorno a forme aberranti di controllo (controllo delle nascite, controllo delle malattie, controllo delle idee).
Sono tempi buj in cui esplodono le innovazioni della tecnica.
A tal proposito mi viene in mente il problema dell'auto-immunità, non del vaccino in sè (che comunque mi lascia perplesso a livello di descrizione scientifica) quanto del discorso cha accompagna lo stesso.
cito da questo bell'articolo che ci porta completamente dentro al dibattito filsosofico contemporaneo, 10 paginette, non sono tante, leggiamolo, ma va bene qualsiasi altro articolo che contempli, questo breve passaggio che cito per motivi di dibattito:
"Come ricorda Timothy Campbell, "la categoria di 'immunità' gode di una
lunga e ben nota storia nella recente riflessione critica": si pensi solamente a Niklas Luhmann, Donna Haraway e Jean Baudrillard. La nozione viene ripresa inoltre da Jacques Derrida a partire dallo studio sulla religione Fede e sapere del 1992, dove la comunità viene descritta come "comune auto-immunità", e le sue reazioni identitarie come un eccesso di difesa che rivelano la «pulsione di morte che tormenta in silenzio ogni comunità, ogni auto-co-immunità». Successivamente, Derrida si concentrerà sui rischi dell'eccesso autoimmunitario, tema comune a diversi utilizzi filosofici della semantica dell'immunità, la cui ambivalenza si esplicita quando l'esasperazione del meccanismo costitutivo della comunità si traduce nel rivolgimento autodistruttivo contro lo stesso corpo sociale. La protezione della vita si rovescia così in dispositivi mortali e tanatopolitici, in "negazione della vita". cit da http://www.eticapubblica.it/wp-content/uploads/2016/11/1_2016_Consoli.pdf
Non ho letto Derrida ma ho letto il primo volume delle sfere di Sloterdijk.
Mi pare che sopratutto le ultime righe denotano molto bene quanto vado per mio conto pensando.
https://www.repubblica.it/cultura/2017/09/10/news/peter_sloterdijk_non_esistono_veri_maestri_sono_stato_troppo_indipendente_per_aderire_a_una_scuola_-175085079/
La negazione della vita in fin dei conti è la negazione al pensiero.

nick eccellente! confermo