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Messaggi - sgiombo

#2071
Citazione di: epicurus il 10 Marzo 2018, 13:23:57 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Marzo 2018, 09:30:19 AM
Altro discorso é quello sulla "plausibilità pratica" (spessissimo, se non sempre o quasi, si é costretti ad agire senza essere certi al 100% delle conseguenze delle nostre scelte) ovvero sulla probabilità, cioé sul "ragionevolmente aspettarsi che..." e magari "scommettere che..." (ma essendo anche pronti a rilevare, improbabilmente quanto si vuole, l' eventuale contrario); per esempio l' aspettarsi ragionevolmente che chi sia onnisciente sia anche (probabilmente ma non sicuramente, dunque "molto possibilmente" ma non "necessariamente") onnipotente (e soprattutto agire di conseguenza)

Bisogna sempre distinguere a mio avviso fra "verità teorica" e "verosimiglianza praticamente attendibile".
Ma, come argomentato nei miei post, non può neppure dirsi probabile o razionale sostenere "Se un essere è onnisciente allora è onnipotente".
CitazioneE infatti questa é una questione teorica.

In pratica se per assurdo incontrassi un ente onnisciente e mi capitasse di dovermi comportare in qualche modo verso di lui (cioé come se fosse anche onnipotente oppure no) non sapendo (teoria!) se fosse anche onnipotente, sarei propenso a "scommettere"  anche sulla sua onnipotenza (a comportarmi come se credessi che ne disponesse).
Mi sembrerebbe l' atteggiamento più "praticamente ragionevole, pur nella certezza teorica che, effettivamente, in teoria "non può neppure dirsi probabile o razionale sostenere che Se un essere è onnisciente allora è onnipotente".
Capita spessissimo, se non forse sempre, di dover compiere scelte pratiche nell' incertezza teorica; e allora o si tira una moneta, oppure si ragiona in termini di "ragionevole probabilità", e questo secondo mi sembra il modo preferibile (anche se non saprei argomentarlo).
#2072
Secondo me l' onnipotenza per definizione include (necessariamente) l' onniscienza come sua parte, e non viceversa.
Ovvero chi fosse onnipotente sarebbe per definizione anche onnisciente (salvo pretese precisazioni logicamente non consentite che pretendano di limitare -autocontraddittoriamente!- il concetto di "onnipotenza" oltre il non contraddittorio).
Mentre chi fosse onnisciente non necessariamente sarebbe (anche) onnipotente.

Infatti anche "sapere tutto" (lo scibile; precisazione pleonastica a scanso di contraddizioni)" é una "possibilità", e dunque chi può tutto (= dispone di tutte le possibilità; ovviamente e pleonasticamente non reciprocamente contraddittorie, come ad esempio essere bello e anche brutto) necessariamente ne deve disporre, accanto a qualsiasi altra possibilità (purché senza contraddizioni reciproche fra di esse; lo so, rompo: scusatemi).
Ma invece chi ne disponga (della possibilità di sapere tutto) non per questo necessariamente deve disporre anche -inoltre- di qualsiasi altra, diversa possibilità (per esempio non é autocontraddittorio pensare che Achille -un' Achille un po' diverso dall' eroe classico, un po' "cristianizzato", per così dire- sia onnisciente, e dunque sappia che Paride lo ucciderà, e tuttavia non possa evitarlo; e tutti noi sappiamo che moriremo -che sia una tesi falsificabile o meno- ma il saperlo purtroppo o per fortuna non implica la possibilità di evitarlo, malgrado le farneticazioni di molti scientisti, cioé pessimi irrazionalisti).

La considerazione di Eutidemo che "altrimenti non si capisce come mai, in duemila anni, milioni di persone l'abbiano fatta [una certa affermazione o deduzione]" non dimostra assolutamente nulla: per ben più di duemila anni sono state universalmente credute (anche; non solo per fortuna) le più sballate falsità

Altro discorso é quello sulla "plausibilità pratica" (spessissimo, se non sempre o quasi, si é costretti ad agire senza essere certi al 100% delle conseguenze delle nostre scelte) ovvero sulla probabilità, cioé sul "ragionevolmente aspettarsi che..." e magari "scommettere che..." (ma essendo anche pronti a rilevare, improbabilmente quanto si vuole, l' eventuale contrario); per esempio l' aspettarsi ragionevolmente che chi sia onnisciente sia anche (probabilmente ma non sicuramente, dunque "molto possibilmente" ma non "necessariamente") onnipotente (e soprattutto agire di conseguenza)

Bisogna sempre distinguere a mio avviso fra "verità teorica" e "verosimiglianza praticamente attendibile".
#2073
A Davintro

Condivido la valutazione complessiva sullo sviluppo storico del marxismo nell' '800 e nel '900.

Quanto alla considerazione conclusiva sulla filosofia (materialistica ed ateistica) del marxismo, accenno brevemente al mio personale atteggiamento in proposito.

Contrariamente ad altri (per esempio Preve e il suo "discepolo-successore" Fusaro) ritengo che il marxismo (già da Marx ed Engels) comprenda una filosofia materialistica ("dialettica"), una concezione scientifica (sia pure nel senso "debole" o "ampio" delle "scienze umane") della storia (il materialismo storico), un' analisi economica scientifica in senso più stretto del capitalismo e per certi aspetti in generale della produzione-scambio nel suo storico mutare e negli aspetti più astratti e più generalmente diffusi e  permanenti, e una teoria politica (sviluppata, dopo alcuni fondamenti engelsiani e marxiani, soprattutto nel '900 da Lenin, Gramsci ed altri).

Personalmente non ho mai aderito alla filosofia del materialismo dialettico (pur ritenendola molto interessante e intelligente, contrariamente a tanti facili liquidatori, e pur essendo ateo), né ad alcun altro monismo materialistico (ma con Sebastiano Timpanaro ritengo più coerente il "vecchio" materialismo settecentesco, detto anche talora "volgare", e considero la "dialettica" in M. ed E. un mero residuo, non "capovolgibile materialisticamente" e sostanzialmente non "valorizzabile",  della loro giovanile adesione all' hegelismo).

Mentre ritengo sostanzialmente verificato dai fatti (anche successivi, sebbene da sviluppare e per certi aspetti correggere, in particolare attraverso un' accezione non meramente quantitativa del concetto di "sviluppo delle forze produttive", ineludibile col venire al pettine novecentesco dei limiti delle risorse naturali realisticamente impiegabili per produzioni e consumi) il materialismo storico; come anche per lo meno in gran parte la critica marxiana dell' economia politica e le (peraltro non univoche) successive teorie politiche "marxiste" (e leniniste, staliniste, gramscianee, ecc.).
#2074
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia e vita vissuta
03 Marzo 2018, 20:42:11 PM
Citazione di: Eutidemo il 03 Marzo 2018, 18:05:01 PM
Citazione di: Jean il 03 Marzo 2018, 16:19:53 PM
Caro amico,

diverse ragioni (anche di salute, per cui ben ti comprendo) mi han fatto decidere di dismettere la frequentazione del forum quando avessi raggiunto i 300 post.

L'ultimo post scritto (30 dicembre dell'anno scorso) era per la (mia) discussione al di là dell'aldilà, e già lo stavo inviando quando mi son accorto che il mio totale non era 299 bensì 298...

Raramente erro con i numeri, così ho pensato che per qualche motivo sia stato eliminato un mio precedente post... poco importa, non mi son dato pena di scoprir quale... ma, accidenti, me ne mancava ancor uno..!

Considerandolo un segno del destino mi son detto che l'avrei scritto quando avessi sentito di poter dire qualcosa di significativo... o intervenire su qualcosa di significativo...

Bene, quel momento è alfine giunto a causa di quanto hai qui scritto e che ho apprezzato grandemente, dimostrando d'esser andato al di là di quelli ch'erano i tuoi convincimenti.

Quanto ho letto mi conferma dell'opinione che avevo di te: tanta sostanza in superficie... in attesa d'esser allagata da quella in profondità, d'altro tipo.

Son davvero contento d'averti conosciuto e frequentato e ti dedico questo mio ultimo post augurandoti innumerevoli anni a venire, parafrasando gli aforismi che ben conosci...


Essere è percepire che tutte le determinazioni lo negano.



Con affetto,

Jean




(PS- qualcosa d'ironico... qual luogo migliore di questo... https://youtu.be/LXJQUYjfW2E)


Caro Jean,
mi dispiace molto che tu abbandoni il FORUM :(
Non c'è modo di convincerti a restare, magari diradando un po' i tuoi interventi? ;)
CitazioneMi associo convintamente a questa richiesta.
E ringrazio di cuore entrambi e altri amici del forum che mi hanno messaggiato privatamente per gli apprezzamenti verso le mie considerazioni e la sollecitudine per la mia salute, che mi ha quasi commosso.

Ma chi L' ha detto che gli incontri in Internet sono sempre necessariamente freddi e privi di umanità???

A Eutidemo vorrei dire in particolare che con i progressi recenti e tutt' ora in atto della medicina, che rischiano di prolungare vite quasi esclusivamente dolorose, il testamento biologico e il diritto all' eutanasia sono assolutamente e urgentemente necessari anche da noi in Italia.


P.S.: Davvero spassoso Pangallo!
#2075
Citazione di: baylham il 03 Marzo 2018, 17:32:07 PM
Passiamo alla fisica relativistica: "la velocità della luce è una costante" è un'ipotesi scientifica fondamentale, ma è falsificabile? L'ipotesi contraria "la velocità della luce non è una costante" ritengo che sia invece infalsificabile. "La velocità della luce non è una costante", non essendo un'ipotesi scientifica, a che genere di proposizioni appartiene?
CitazioneQui il discorso non mi é chiaro.
Mi sembra che se é falsificabile la costanza della velocità della luce dovrebbe essere altrettanto falsificabile, in alternativa,  la sua incostanza: le stesse osservazioni dovrebbero o falsificare l' una oppure l' altra, posto che logicamente uno dei termini di una disgiunzione é necessariamente vero se l' altro é falso e viceversa.

Infine "la telepatia non esiste" oppure "l'ippogrifo non esiste" oppure "Dio non esiste" che, una volta accettata la definizione corrente di telepatia, ippogrifo, Dio e di esistenza, sono falsificabili sono ipotesi scientifiche? Mentre le proposizioni contrarie "la telepatia esiste" oppure "l'ippogrifo esiste" oppure "Dio esiste" che non sono falsificabili che genere di ipotesi sono?
CitazioneA me sembrano tutte e tre ipotesi infalsificabili (eventualmente verificabili se si constatasse empiricamente in maniera incontrovertibile* l' esistenza dei loro oggetti.

* E qui sta il problema.
#2076
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
03 Marzo 2018, 19:09:41 PM
Citazione di: Phil il 03 Marzo 2018, 16:42:38 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AMForse non esisteva prima che la percepissi, direbbe qualcuno... (ok, qui faccio l'avvocato del diavolo ;) ).


CitazioneInfatti non esisteva (in quanto insieme delle sensazioni che la costituiscono; e che quando non la percepisco, ovvero non la sento, non ci sono; e dunque, essendone costituita, non c' é la pietra).
Se qualcosa c' é anche allora (allorché non accadono le sensazioni "della" -ovvero: costituenti la- pietra, per non cadere in contraddizione, dobbiamo pensare che si tratta di altro che le sensazioni (fenomeniche) costituenti la pietra che non stanno accadendo, di qualcosa si diverso da esse, qualcosa di "in sé", non sensibile (non apparente ai sensi; dal greco: non fenomeni) ma solo congetturabile (dal greco: noumeno).


Ma qui stiamo forse andando fuori tema...

Distinguerei attentamente il "ricordare" dal "pensare". "Penso a una carta" non è "ricordo una carta".
Inoltre, (anche a me, come a Sgiombo, è tornato in mente quell'enigmista di Zenone!) nel parlare di infinita divisibilità del tempo o di milionesimi di secondo, non dovremmo mettere totalmente da parte i "limiti strutturali" dell'essere umano: i milionesimi di secondo esistono solo razionalmente, sulla carta, ma non possono essere percepiti-vissuti coscientemente... se un display me ne mostrasse il fluire in tempo reale, io non vedrei nulla (troppo veloci!), e ovviamente non li identificherei se provassi a contarli (pronuncia troppo lenta!).
Non credo sia possibile avere coscienza del milionesimo di secondo, né tantomeno memoria: fra un milionesimo di secondo e un altro, il mio corpo è quasi immobile, quasi identico al milionesimo di secondo precedente (si sarà mosso al massimo qualche elettrone, o comunque niente di cui io sia minimamente cosciente... oppure è tutta una questione di lentezza percettiva personale?  ;D ).
Mi sembra quindi che ci sia un "tempo minimo" sotto il quale non abbiamo ancora memoria (ma non chiedermi qual'è la sua unità di misura, se siano secondi o decimi...) e tale tempo minimo sancisce la differenza fra pensiero-presente e memoria-presente del passato (differenza squisitamente umana, dovuta al "ritmo" della sua biologia).
CitazioneQui siamo perfettamente in tema e concordo pienamente.

Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AM
Ne consegue che non si tratta solo del fatto che io non posso mai essere certo di cosa ho pensato; si tratta del fatto che non posso mai essere certo neanche di cosa sto pensando, perché anche nel presente è pur sempre questione di memoria. [...] Se posso essere tradito dalla memoria, significa che posso essere tradito anche nel contare una sola carta. Ecco quindi la conclusione terribile: non possiamo mai stabilire di star pensando davvero ciò che ci sembra di star pensando.
L'incertezza radicale su cosa sto pensando, nell'atto presente ed (auto)evidente di pensarlo, è inattuabile (se non inattendibile), sia in teoria che in pratica: in teoria, se dovessi dubitare di aver davvero pensato alla "donna di fiori" (l'8 marzo si avvicina  ;) ), dovrei poi dubitare anche di aver davvero pensato di dubitare di aver pensato quella carta, e così via... in pratica, ciò comporterebbe uno stallo catatonico in cui il mio pensiero non sarebbe in grado di guidare un solo gesto, restando intento a dubitare del suo medesimo pensarsi (in una spirale paranoica, inibitoria dell'azione). Se invece fosse un esterno a dirmi che in realtà io non pensavo alla carta, perché non dovrei dubitare anche di lui? E via con altre catene infinite e autoreferenziali di dubbi "esponenziali"...
Direi che l'autoevidenza del pensiero presente (al di sotto del suddetto "tempo minimo") possiamo serenamente lasciarla fuori dal dubbio, almeno se vogliamo continuare a vivere fuori dal manicomio  ;D
CitazioneBen detto!

Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AM
Infatti tu hai parlato di evidenza. Ma l'evidenza, di fronte alle esigenze severissime della filosofia, non ha alcun valore.
Le "esigenze severissime" le ha la metafisica classica (mossa dalla fede in utopiche perfezioni e assolute trascendenze), mentre la filosofia attuale può essere, di diritto e di fatto, anche più "bonacciona" e "giocosa".
Sostenere che "l'evidenza non ha alcun valore" significa non poter fondare alcuna filosofia (allora, da dove si parte?), e men che meno una qualsivoglia epistemologia (per cui si riaffaccia l'ipotesi della letteratura  ;) ).
Problematizzare l'evidenza, indagandone il valore (senza negarlo), significa fare filosofia (almeno secondo me... e anche secondo Marleau Ponty: "il filosofo deve avere il gusto dell'evidenza e il senso dell'ambiguità").
CitazioneSecondo me in ogni tempo una buona filosofia deve cercare la massime evidenza possibile col massimo di rigore e severità possibile.
Criticamente, senza pretendere l' impossibile e dunque rendensìdosi ben conto dei limiti di ogni evidenza acquisibile.
#2077
A Eurìtidemo.

Mi é sempre più chiaro che si considerano da parte nostra diversi aspetti, che possono anche essere considerati complementari almeno in qualche misura, del ragionare (né io né credo Epicurus, fra l' altro, siamo avvocati o giuristi. contrariamente a te, ed anche per questo ci interessano aspetti diversi dell' inferire o dedurre).

Sul male come assenza del bene (divino), se non ricordo male, questa era anche una tesi di Sant' Agostino.

Quanto al catechismo, beh, anch' io avrei bisogno di un ripasso per parlarne con cognizione di causa, per cui  le mia affermazioni sul demonio sono senz' altro da pendersi con le pinze.

A presto!
#2078
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia e vita vissuta
03 Marzo 2018, 14:44:41 PM
Citazione di: iano il 03 Marzo 2018, 13:50:46 PM
Non mi pare ci sia altro da aggiungere.
Felice di averti ancora qui con noi.
CitazioneTi ringrazio di tutto cuore!

Probabilmente é il sentirsi ben voluti la cosa che rende più bella e degna di essere vissuta la vita (l' avevo già notato nel mio gatto, ma mi pare di potere estendere la considerazione alla vita in toto e in particolare alla vita umana).
#2079
Tematiche Filosofiche / Filosofia e vita vissuta
03 Marzo 2018, 09:50:53 AM
Mi sono sempre considerato innanzitutto un filosofo ("naif", non un professore di filosofia, che é ben altra cosa).

Da gran tempo seguo Epicuro nel considerare desiderabile la felicità e non la (quantità della) vita purchessia (ma invece la sua qualità), e detestabile, da evitare l' infelicità, non la morte in ogni caso.
E, come più volte scritto anche in questo forum, mi é "sempre" piaciuto immaginare (ottimisticamente!) di finire la mia complessivamente felice esistenza dandomi la morte (magari dopo aver mangiato del' ottimo cioccolato gianduia alle nocciole, bevuto un buon bicchiere di vino e ascoltando piacevolissime musiche) con una forte dose di barbiturici o analoghi sonniferi allorché mi accorgessi che il tempo che mi rimanesse fosse ragionevolmente da ritenersi con ogni probabilità più carico di dolore che di felicità.

Recenemente sono stato affetto fa una influenza particolarmente forte, con complicazione batterica, che molto mi ha fatto soffrire soggettivamente e che credo di poter dire (alla mia non più tenera età di 65 anni, per cui avevo deciso di vaccinarmi; ma poi, rimanda oggi e rimanda domani, é arrivata prima l' infezione!) mi ha fatto correre il rischio di morire.

Credo di avere imparato da questa esperienza qualcosa di non banale, che ha scosso notevolmente il mio precedente ottimismo.

Innanzitutto i casi della vita sono così imprevedibili che non é improbabile che una malattia mortale accompagnata da non trascurabili sofferenze mi (ci) colga "all' improvviso", senza che vi sia il tempo di prevenire il relativo carico di dolore con l' eutanasia.

Inoltre prima probabilmente, sentendomi presuntuosamente forte e sano, ero anche troppo freddo e indifferente, troppo duro verso i miei cari, la cui meravigliosa presenza e il cui sostegno morale ho apprezzato proprio nel momento in cui si palesava la mia debolezza e fragilità.

Giunto a questo punto della mia vita mi sentirei appagato di ciò che ho fatto, a posto con a mia coscienza e complessivamente felice, ragion per cui sarebbe del tutto ragionevole provvedere subito a darmi l' eutanasia, dal momento che ulteriori gioie e soddisfazioni non aumenterebbero sostanzialmente la complessiva felicità della mia vita (non me ne potrei aspettare alcun "salto di qualità" in tal senso), mentre é del tutto ragionevole pensare che dalla mia ulteriore sopravvivenza potrebbero derivare in netta preponderanza sofferenze e dolori.
Ma in questo modo (cosa che prima di questa dura esperienza tendevo colpevolmente a ignorare) arrecherei dolore ai miei cari e li danneggerei in molti modi (dalla banale ma non irrilevante, a essere realisti, perdita della mia discreta pensione a quella certamente più importante della mia presenza, della mia saggezza -per quel poco che ne ho- del mio possibile aiuto in caso di bisogno, del mio affetto).
E questo lo sento come profondamente ingiusto, cattivo, "infelicitante (anche me stesso)" se da me attuato.
Credo di avere imparato amaramente (dalla vita, e non dallo studio, non dalla filosofia) che la vita può anche essere crudele, anche la mia propria che finora é stata complessivamente molto fortunata e felice.
E che non esistono, come prima mi illudevo fosse, scorciatoie in grado di evitare il rischio del dolore e dell' infelicità in futuro.
Che bisogna rassegnarsi e cercare di essere sempre pronti ad affrontarla.
D' altra parte, secondo quanto ne raccontano i discepoli, Epicuro stesso accettò di vivere fino a tarda età malgrado gli inevitabili acciacchi e sofferenze che ciò avrebbe comportato e morì tra atroci dolori per insufficienza renale ostruttiva (da ipertrofia prostatica probabilmente, oppure da ostruzione litiasica dell' uretra, come é facile diagnosticare dal loro racconto), ma serenamente per aver coltivato a lungo l' amicizia dei frequentatori del Giardino ed averli aiutati a vivere a loro volta felicemente.
#2080
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
03 Marzo 2018, 09:13:16 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Marzo 2018, 00:58:24 AM

Pr quanto riguarda la certezza di pensare ciò che riteniamo di pensare, il ricorso alla memoria serve solo ad attenuare la terrificità della situazione: se vogliamo prendere la via della memoria, dobbiamo anche convenire che, trattandosi di una questione di principio, non è possibile stabilire distanze nel tempo. Cioè, non possiamo dire "la memoria può tradirmi solo oltre una settimana; se è passata meno di una settimana ho la certezza di ricordare alla perfezione". No: se stabiliamo che la memoria può tradirci, ne consegue che essa può tradirci anche nell'arco di un milionesimo di secondo. Ne consegue che non si tratta solo del fatto che io non posso mai essere certo di cosa ho pensato; si tratta del fatto che non posso mai essere certo neanche di cosa sto pensando, perché anche nel presente è pur sempre questione di memoria.
CitazioneDistinguere il presente (istantaneo) dall' immediatamente successivo (e precedente) é un problema pazzesco (mi ricorda i paradossi di Zenone) e preferirei astenermi dal pronunciarmi in proposito.

Ma che la memoria possa ingannarci, a qualsiasi distanza di tempo dai fatti ricordati o pretesi essere ricordati, non é qualcosa che potrebbe darsi o meno.
Semplicemente non é contraddittorio pensare (ergo: é possibile) che la memoria ci inganni, ergo: per "memoria" si intende (per definizione) qualcosa che é (e non: potrebbe darsi o meno che sia) fallibile e dunque i ricordi sono incerti, degni di dubbio (compreso il ricordo stesso che la memoria sia degna di dubbio nonappena questo pensiero non é più presentemente in atto ma invece ricordato); e questo anche senza bisogno di considerare che poiché a volte ci ha ingannato (dal momento che questo é a sua volta un dato di memoria, e dunque dubitabile; e sarebbe un circolo vizioso utilizzarlo come argomento) può benissimo ingannarci in qualsiasi altra occasione.


Per far capire meglio questa situazione può essere utile richiamare l'esempio delle carte: se dobbiamo contare un mazzo di diecimila carte, è facile alla fine essere colti dal dubbio che durante la conta possiamo esserci distratti e quindi il risultato finale non è affidabile. Ci sentiamo più sicuri se le carte sono di meno. Facciamo cento? Forse sono ancora troppe per essere abbastanza sicuri. Facciamo dieci? Dai, con dieci carte è impossibile pensare di essersi distratti! E invece no, perché la filosofia non guarda alle quantità. Se posso essere tradito dalla memoria, significa che posso essere tradito anche nel contare una sola carta. Ecco quindi la conclusione terribile: non possiamo mai stabilire di star pensando davvero ciò che ci sembra di star pensando. Infatti tu hai parlato di evidenza. Ma l'evidenza, di fronte alle esigenze severissime della filosofia, non ha alcun valore.
CitazioneSu questo concordo.
#2081
Citazione di: Eutidemo il 03 Marzo 2018, 07:29:13 AM
Caro Sgiombo,
mi dispiace che tu sia stato male (come me, d'altronde); ma, spero che tu, ora, stia meglio, come desumo dal vigore dei tuoi scritti  :)
Riguardo a questi ultimi, osservo quanto segue:
1) NON C'E SOLO IL LOGICAMENTE NECESSARIO, E IL LOGICAMENTE POSSIBILE!
Che, per dedurre da una premessa una conseguenza necessaria, non basta che la seconda non contraddica la prima, occorre che la prima sia contraddetta dalla negazione della seconda, l'avevo già detto pure io, sostenendo che dall'onniscienza non si può dedurre, per logica "necessità", anche l'onnipotenza.
Sono anche perfettamente d'accordo sul fatto (peraltro incontrovertibile), che:
possibile =/= da necessario.
Ed infatti, come diceva un saggio: "Ab esse ad posse valet, sed a posse ad esse non valet consequentia"; cioè, se una cosa "è", per poter "essere" deve per forza essere "possibile"; ma il fatto che una cosa sia meramente "possibile" non significa che debba anche necessariamente "essere"!
Ma, mentre il "necessario" è "necessario"  e basta, il "possibile" può suddividersi in:
- più plausibile;
- meno plausibile.
Cioè, premesso che una cosa sia "possibile", essa, però, può essere più o meno "ragionevolmente presumibile"; per esempio, è "possibilissimo" che io sia Umberto Galimberti che scrive in incognito, ma, da quello che scrivo e da come lo scrivo, ritengo che la cosa appaia a tutti molto "improbabile".
Se non esistesse alternativa tra il mero *"possibile"* e il *"logicamente necessario"*, i giudici si troverebbero davvero in difficoltà ad emettere una sentenza, in base alle cosiddette *"presunzioni semplici"* di cui all'art. 2729 c.c.
Per restare al nostro tema, cioè, e come già avevo detto, ragionando "a contrario", se tu incontri un essere (come me) di cui puoi accertare direttamente solo una "conoscenza limitata", non ne puoi dedurre, per logica ed ineluttabile "necessità", anche una mia "potenza limitata"; però sono sicuro che la ritieni di gran lunga l'ipotesi più plausibile, e non ti verrebbe mai in mente di supporre che io possa essere "onnipotente".  ;)  
Analogamente, se tu incontri un essere (come il genio) di cui puoi accertare direttamente solo una "conoscenza illimitata", non ne puoi dedurre, per logica "necessità", anche una sua "potenza illimitata"; però non ti sembra che sarebbe ragionevole presumerla, così come -molto giustamente- presumi la mia "potenza limitata" dalla mia "limitata conoscenza"?  ;)  

CitazioneFin qui mi sembra che siamo d' accordo. 

Ora mi é chiaro che tu intendevi parlare di cose "presumibili" o "ragionevolmente credibili come verosimili" mentre Epicurus ("secondo la sua natura", mi verrebbe da dire) si atteneva a una logica rigorosa e "ferrea", a valutare le conseguenze delle inferenze come necessariamente implicate dalle premesse o meno.  

2) NATURA ED ATTRIBUTI
Tu scrivi che, un essere che abbia una "conoscenza infinita", cioé "una natura infinita limitatamente all' attributo della conoscenza", non necessariamente, ma solo eventualmente, possibilmente, deve avere "una natura infinita in assoluto, né relativa a qualsiasi altra caratteristica, come ad esempio anche la potenza".
Su questo non sono d'accordo, perchè un conto è la "natura" di un essere, ed un altro conto sono gli "attributi" che può avere o non avere, in ragione della sua natura; determinate "nature", invero, comportano "naturalmente", anche se non in modo "logicamente necessario", determinati attributi, mentre altri no.

CitazioneQui il probelma é:

Che differenza c' é fra "comportare naturalmente" e conseguire secondo una necessità logica"?

Il secondo concetto mi é del tutto chiaro, mentre il primo mi sembra vago e indeterminato (non si capisce univocamente che cosa si intenda con esso).
Comunque personalmente, credo in accordo col più rigoroso e logicamente ferrato Epicurus, mi interessano le implicazioni logiche necessarie (o meno): per me quel che conta é che é comunque logicamente coerente, non contraddittoria, sensata l' ipotesi di enti infiniti solo limitatamente a determinate qualità e non ad altre (che sia  più o meno "ragionevole presumere il contrario"; il che é quanto di più vago, indefinito, per nulla chiaro e univoco, fonte quasi certa di fraintendimenti).

Per esempio, per tornare al mio esempio di prima, poichè io sono di "natura umana", una volta che tu hai inequivocabilmente accertato (soprattutto da quello che scrivo) che possiedo lo specifico attributo della "conoscenza limitata", da un punto di vista strettamente e formalmente logico, da tale attributo consistente nella mia "conoscenza limitata" non puoi "necessariamente" inferire un mio ulteriore attributo, consistente nella mia "potenza limitata"; cioè, da una mia "natura finita limitatamente all' attributo della conoscenza", non "necessariamente", ma solo "eventualmente", "possibilmente", puoi anche inferire in me "una natura finita in assoluto, relativa a qualsiasi altra caratteristica, come ad esempio anche la potenza". (ed infatti non sarebbe logicamente contraddittorio ritenere che io sia "onnipotente" -magari!-).
Però, sebbene non sarebbe logicamente contraddittorio, che io fossi "onnipotente", sono sicuro che tu, "dubbio filosofico" a parte, sei praticamente certo che io, avendo una conoscenza limitata, ho anche una potenza limitata.
CitazioneBeh, volendo ragionare in termini filosoficamente (ma anche solo logicamente) rigorosi, no!

Non ne sono certo (anche se propendo fortemente per questa ipotesi e se dovessi, in pratica, scommettere, punterei su di essa), dal momento che non é contraddittoria l' ipotesi che una tua caratteristica sia illimitata mentre altre da essa diverse sono limitate (contraddittorio sarebbe invece -pretendere di- pensare che le medesime caratteristiche fossero sia limitate sia illimitate).

Allo stesso modo, sebbene non sarebbe logicamente contraddittorio, che il genio "onnisciente" fosse, però, "pocopotente", io sono parimenti convinto che lui, "dubbio filosofico" a parte, avendo una "conoscenza illimitata", ha anche una "potenza illimitata"; se non altro per "esprit de géométrie" :)


CitazioneD' accordo.
Ma ciò significa che potrebbe essere onnisciente e non onnipotente, non il contrario!

3) SATANA
Ammetto di non essere un esperto di "demonologia", però, se non sbaglio, il Demonio è una "creatura", esattamente come noi esseri umani; e nessuna creatura ha attributi infiniti...nemmeno la "cattiveria" (necessarietà logica a parte). Ed infatti, per Origene, anche il diavolo, un giorno, sarà perdonato e verrà reintegrato, e con lui, ovviamente, tutti i dannati; ma questo è un altro discorso.
Peraltro, sempre se non vado errato, essendo una creatura, il diavolo è, sì, "immortale" (come noi), ma non è certo "eterno"; solo Dio è eterno, perchè è l'unico ente che esistesse PRIMA della creazione. ;)
CitazioneNemmeno io sono un esperto in "demonologia e affini".
Però, per quel che ne so (potrei sbagliarmi) l' "ortodossia cattolica (per cos' dire un po' paradossalmente)", ritiene Satana infinitamente cattivo e immortale, attributi illimitati come sono anche quelli (diversi) di Dio (Credo così lo consideri anche Dante nella Divina Commedia, se non ricordo male).
#2082
Citazione di: Eutidemo il 02 Marzo 2018, 18:21:58 PM

Tu, però, ritieni contrario alla logica e non fondato razionalmente in alcun modo il fatto  che si possano inferire altre proprietà, oltre a quella della "infinita conoscenza"; sul che, invece, non sono affatto d'accordo, in quanto:
- tale inferenza non è assolutamente contraria alla logica, in quanto non c'è nulla di autocontraddittorio nell'ipotizzare che un essere onnisciente sia anche onnipotente;

CitazioneChiedo scusa per l' intromissione (ma sono irresistibilmente portato a obiettare).

Ma per inferire logicamente dalla onniscienza di un ente anche la sua onnipotenza non basta che non sia contraddittorio l' ipotizzarlo, occorre che sia contraddittorio ipotizzare il contrario, cioé la non onnipotenza di chi sia onnisciente.
E ciò non é: l' ipotesi di un ente onnisciente ma non onnipotente non é contraddittoria.

- anzi, se è vero che dall'onniscienza (almeno secondo noi due) non si può dedurre, per logica "necessità", anche l'onnipotenza, però (secondo me) la si può molto ragionevolmente inferire.

CitazionePer dirla "a là Aristotele", la "deduzione" é una specie del genere "inferenza", come lo sono l' "induzione" e l' "abduzione".
"Ipotizzare ragionevolmente" =/= "dedurre" (ovvero inferire deduttivamente).

Per dedurre da una premessa una conseguenza non basta che la seconda non contraddica la prima, occorre che la prima sia contraddetta dalla negazione della seconda.

Invece per ipotizzare ragionevolmente una conseguenza da una premessa, cioé ritenere una conseguenza compatibile con la premessa (possibile, non necessaria la loro coesistenza; o co-verità) basta che non vi sia contraddiione fra le due.

Ma possibile =/= da necessario.

Ed infatti, un essere che possieda una "conoscenza infinita", deve anche necessariamente avere una "natura infinita"; per cui, per come la vedo io, mi sembrerebbe davvero strano se non avesse anche altre caratteristiche "infinite".


CitazioneUu essere che abbia una "conoscenza infinita" (cioé una natura infinita relativamente, limitatamente all' atributo della conoscenza) non necessariamente (ma solo eventualmente, possibilmente) deve avere una natura infinita in assoluto, né relativa a qualsiasi altra caratteristica, come ad esempio anche la potenza.

Altrimenti Satana, infinitamente cattivo (e immortale, eterno; e forse anche onnisciente; ma non é necessario, il discorso filerebbe anche se non lo fosse), sarebbe identico a Dio infinitamente buono!



AGGIUNTA FINALE:
Ciao Eutidemo, non mi ero accorto del caloroso saluto, che ora ricambio di cuore!
Avevo evitato per un po' il forum per problemi di salute.
Ora mi sento abbastanza bene e sono contento di tornare a riflettere con tutti voi!
#2083
Citazione di: stefano il 02 Marzo 2018, 10:02:14 AMAnch'io un tempo credevo nell'ottimismo scientifico del socialismo
ma poi ho capito che era una trappola: l'uomo crede fermamente nella giustezza e nella bontà
della natura umana e la rivendica contro un sistema che però lui stesso ha creato.
Succederà che il sistema verrà abbattuto e nascerà un nuovo sistema contro il quale
l'uomo si ribellerà.E cosi all'infinito.L'uomo da solo sembra eternamente ribellarsi
contro se stesso.Ci vuole qualcosa che vada oltre,Dio forse? E' quello che sempre mi chiedo

CitazioneAl di là delle credenze umane (che sono molto varie: purtroppo molti credono -del tutto falsamente- che l' uomo sia irrimediabilmente egoista: e infatti questa é l' ideologia delle classi dominanti, dunque quella tendenzialmente dominante nella nostra società, fortunatamente non incontrastata da controtendenze), la biologia scientifica dimostra che l' altruismo, nell' uomo come in altre specie animali sociali, non é meno diffuso come potenziale tendenza comportamentale, dell' egoismo, in quanto non meno adattivo, anzi!

Ma contrariamente ad ogni altra specie animale, l' uomo é caratterizzato da un' enorme plasticità, variabilità, "non mera stereotipata istintualità", creatività di comportamento.
E a me pare evidente che i fatti verifichino la tesi materialistica storica che per lo meno a livello di scelte collettive-sociali (non necessariamente di scelte individuali) determinati nell' attuazione, in varia misura, delle une o delle altre fra le variabilissime potenzialità comportamentali umane siano in ultima istanza (e non semplicisticamente, meccanicisticamente) le relazioni fra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali di produzione e la lotta di classe.

Peraltro oggi l' umanità si trova drammaticamente di fronte a un bivio decisivo per il suo futuro.
Poiché (Manifesto del Partito Comunista del 1847 di Marx ed Engels) non é destino ineluttabile che i periodi rivoluzionari esitino nell' instaurazione rivoluzionaria di più civili rapporti di produzione ma in alternativa si può avere anche la "rovina comune delle classi in lotta", o si realizzeranno per tempo "superiori rapporti di produzione comunistici", oppure quelli capitalistici attualmente dominanti determineranno la distruzione irreversibile -già in fase di avanzata attuazione- delle risorse naturali necessarie alla sopravvivenza umana e l' estinzione "prematura e di sua propria mano" (Sebastiano Timpanaro) della nostra specie (e di tantissime altre).

...e in questo malaugurato caso nessun Dio ci potrà salvare.
#2084
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
02 Marzo 2018, 09:25:29 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Marzo 2018, 01:25:47 AM
 In base alla definizione che ne ho dato, è importante notare che l'essere non appartiene soltanto agli oggetti che riusciamo a situare in un tempo e uno spazio, come ad esempio una pietra; l'essere appartiene anche a quanto di più irreale possiamo immaginare, per esempio il cavallo volante: se troviamo modo di applicargli il verbo essere, anche solo per dire che esiste nella nostra fantasia, significa che possiede un suo modo di essere, non importa se limitato alla fantasia: ciò che conta è che risulta possibile usare con esso il verbo essere.
Questo è l'essere.

CitazioneA me importa moltissimo: un cavallo vero può farmi molto male con un sonoro calcione o molto bene portandomi a destinazione per tempo, un cavallo volante no.



Nella storia della filosofia l'essere è stato inizialmente pensato come a sé stante cioè capace di essere senza bisogno di essere pensato da noi.
CitazioneLa storia della filosofia non inizia con Platine.
Nè con Parmenide.

Ma soprattutto non finisce affatto "lì"!



L'istinto umano più immediato l'ha immaginato così. Ad esempio, per noi è istintivo pensare che una pietra esiste anche quando non pensiamo ad essa, tant'è vero che a volte vi inciampiamo proprio perché non ci eravamo accorti di essa, non la pensavamo, e invece essa s'impone a noi con prepotenza riuscendo perfino a farci cadere a terra. Questo ha una conseguenza importante: se la pietra dimostra di esistere senza bisogno di essere pensata da alcuno, ciò significa che la sua esistenza è oggettiva, cioè vera. Io posso permettermi di mentire su una mia fantasia, ma sulla pietra non posso mentire, perché essa è capace di smentirmi con prepotenza, provocandomi del male. Se esiste ed è capace di farmi cadere, significa che nessuno può permettersi di dire che non esiste, perché essa è capace di dimostrare la sua esistenza a chiunque, con la stessa forza. Ciò significa che l'esistenza di quella pietra è capace di imporsi con validità universale: essa esiste non solo anche quando nessuno la pensa, ma anche contro chi volesse osare pensarla diversamente da com'è. L'esperienza dimostra che chi volesse osare ignorare l'esistenza di quella pietra, oppure pensarla diversamente da com'è davvero, ci rimette, ne paga le spese, a caro prezzo. Ecco la potenza della verità universale. L'essere è verità universale. Anche quando penso al cavallo volante, la sua esistenza nella mia fantasia è una verità universale. Negare che esso esiste nella mia fantasia magari non avrà le conseguenze di quando neghiamo l'esistenza della pietra, ma ormai abbiamo capito che significherebbe comunque allontanarsi dalla verità, dalla verità oggettiva, la verità universale. Se ho fantasticato sul cavallo bianco, quel fantasticare c'è stato, è esistito, è ormai un fatto innegabile. Ecco in che senso l'essere richiede di essere necessariamente universale. Ho detto anche che è verità. Da qui non dovrebbe essere difficile passare a concludere che l'essere gode anche necessariamente di certezza. Ad esempio, io posso anche dire "Forse domani ci sarà la pioggia". Nonostante le apparenze, ho affermato una certezza: la certezza che forse domani ci sarà la pioggia; è certo che forse domani ci sarà la pioggia. Se non fosse certo non avrei potuto usare il verbo essere. Magari potremo osservare che si tratta di una certezza che viene annullata dal forse, ma questo non importa: abbiamo detto infatti che l'essere non è posseduto solo dagli oggetti reali, ma da qualsiasi situazione in cui riusciamo ad usare grammaticalmente il verbo essere. Non penso sia necessario dilungarmi riguardo al non essere.

CitazioneE' la certezza tipica dei giudizi analitici a priori: non si può non pensare (per le definizioni dei concetti considerati) che o domani pioverà oppure domani non pioverà (=che forse domani pioverà: espressione sinonimica, che ha esattamente lo stesso significato della disgiunzione immediatamente precedente).

Ma questa certezza, come quella di tutti i giudizi analitici a priori, che infatti sono "conoscitivamente sterili", riguarda non la conoscenza di come stanno le cose reali (non ci dice proprio nulla sull' unico e solo -almeno a un certo istante- tempo che effettivamente farà domani realmente, indipendentemente dall' eventualità che inoltre lo si pensi oppure no), ma solo il modo in cui bisogna mettere in relazione diversi concetti (reali solo in quanto "contenuti di pensiero") secondo regole arbitrariamente stabilite.

La conoscenza del reale possono darcela soltanto giudizi sintetici a posteriori, che però "pagano" inevitabilmente questa loro possibile "fertilità conoscitiva!" con un' insuperabile incertezza, dubitabilità (salvo forse l' effimera, istantanea certezza al momento presente di constatazioni immediate di sensazioni in atto, che però immediatamente viene meno col trascorrere del tempo per diventare oggetto di memoria, la quale può ingannare, e dunque subito diviene assolutamente dubitabile).



Si tratta di vedere adesso come mai l'essere deve fare i conti con colui che lo pensa. Fare i conti significa confrontare, vedere cosa succede se una cosa viene confrontata con un'altra. Come ho detto, non ci devono essere confronti esclusi a priori, perché può sempre accadere che qualche confronto si riveli di vitale importanza per la comprensione oppure la critica della questione.
Se l'essere è universale, significa dunque che è in grado di misurarsi con qualsiasi situazione. Universalità significa tutto, significa sforzo umano di abbracciare il tutto, almeno nel senso più adeguato in cui riusciamo a farcene un'idea. Se tutto significa tutto, deve per forza significare anche noi: noi come minimo facciamo parte del tutto che pensiamo.

A questo punto si profila la possibilità di porre in atto un gioco che in filosofia si usa fare spesso: applicare ciò che si dice al detto stesso, o a colui che lo dice, e vedere se vengono fuori cose interessanti.

Nel nostro caso, si tratta di prendere atto che tutte le cose che finora abbiamo pensato e detto sono, per l'appunto, pensate e dette. Significa che sono inevitabilmente, inestricabilmente, collegate a qualcuno che le ha pensate o dette.
CitazioneSecondo me é certo solo ciò che immediatamente viene esperito e unicamente in quanto tale (immediato sentire, mero manifestarsi fenomenico, insieme e/o sequenza di sensazioni): "esse est percipi"!

Dunque la realtà potrebbe benissimo anche esaurirsi nelle sole sensazioni stesse, senza "in aggiunta ad esse" alcun loro soggetto (nessun "qualcuno che le ha sentite e magari ha sentito il pensarle e il dirle"), che non é certo esista oltre ad esse (né qualcosa di diverso dal soggetto -oggetti- ed esattamente come il soggetto in sé reale anche indipendentemente dall' accadere realmente o meno delle sensazioni stesse): soggetto e oggetti potrebbero anche non essere reali e la realtà non eccedere le sole sensazioni.



Collegate significa dipendenti.

Ne segue il terribile sospetto che non è affatto vero che l'essere sia indipendente e la cosa curiosa è che ci stiamo arrivando semplicemente portando avanti le conseguenze di averlo pensato indipendente: se è indipendente è universale, se è universale deve misurarsi con chi lo pensa, se deve misurarsi con chi lo pensa viene fuori che non è universale. Abbreviando i passaggi, viene fuori che se l'essere è universale si ha come conseguenza che non è universale.
CitazioneNon che certamente non é universale (universalmente presente, nelle "opportune" circostanze-) in tutte le esperienze coscienti di tutti i soggetti (se costoro realmente esistono), ma che potrebbe non esserlo: potrebbe essere sia intersoggettivo, sia meramente soggettivo, e non vi é certezza della sua oggettività (o meno).


Da qui deriva in realtà una conseguenza ancora più terribile, perché l'argomento di cui ci siamo occupati non è un argomento qualsiasi, ma la base stessa del pensare. La conseguenza terribile è che, qualunque cosa pensiamo, non possiamo mai essere certi di aver pensato davvero ciò che riteniamo di aver pensato. Ciò è dovuto al fatto che, crollando l'universalità dell'essere, crolla anche l'altra sua caratteristica che avevamo detto, cioè la certezza. Se rifacessimo il percorso avremmo come conclusione che, se la certezza esiste, allora non esiste.

Tornando alla conseguenza terribile, significa che quando io ritengo di aver pensato, ad esempio, ad una pietra, non potrò mai sapere se in realtà ho pensato invece al teorema di Pitagora o al gatto con gli stivali. Quando io ritengo di aver pensato al concetto di verità, nulla mi garantisce che io abbia davvero pensato al concetto di verità; potrei aver pensato invece a Cappuccetto Rosso ed essermi illuso di aver pensato al concetto di verità. Quando dico "Questa cosa è vera" e sono certo di aver pensato ciò che ho detto, nulla mi garantisce che io in realtà abbia pensato a come faceva Picasso a disegnare o a quanti violini ci sono in una sinfonia di Mozart.
Citazionenon possiamo mai essere certi di aver pensato davvero ciò che riteniamo di aver pensato semplicemente perché la memoria può ingannarci, é degna di dubbio.
#2085
Iano:

@Sciombro.
Anche se disponiamo di un buon criterio per distinguere ciò che è scientifico da ciò che non lo è, mi sembra deprecabile la tendenza diffusa a sminuire il valore di discipline non scientifiche.
Altrettanto deprecabile mi sembra il tentativo dei cultori di queste discipline di dargli parvenza di scientificità per fargli recuperare prestigio.
Non so' se sei d'accordo.


Sgiombo:

Sono assolutamente d' accordo!



Iano:

Non dovrebbe essere un criterio per scrivere alla Lavagna buoni e cattivi.
La,filosofia non è scientifica.
Allora cosa facciamo , smettiamo di pensare?😄
O per avere ancora il diritto di pensare dobbiamo spacciarla per scienza?😐



Sgiombo:

Non si poteva dire meglio quello che anch' io penso!

(Se poi ritenessi la psicoanalisi qualcosa di serio e culturalmente valido, come "scienza umana", allora su questa specifica questione il mio dissenso non potrebbe essere che totale e incondizionato).