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Messaggi - niko

#2086
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2023, 07:10:58 AMLa coscienza del divenire necessita dell'essere.

Non di un "essere" nel senso in cui lo intende Parmenide.

Il divenire, per essere tale, non necessita affatto di un essere metafisico, percepibile solo con gli "occhi" della ragione in quanto impercettibile con i sensi. Non necessita affatto di un essere che nel suo essere "essere", e nel suo essere "fermo", e nel suo essere "uno", renda illusione il (caleidoscopicico e roteante) mondo sensibile.

La solidita' logicamente necessaria del divenire, il concetto di "cio' che diviene dentro il divenire" per me e' il ritornare, non l'essere.

(Per continuare la metafora, il "ritornare", sarebbe la limitatezza delle configurazioni risultanti tra cristalli del caleidoscopio, anche stante una sua rotazione eterna.)

Qui ci stiamo avviando in un campo minato, per essere sintetico direi solo che il mondo greco, soprattutto con Socrate, inventa il concetto di "anima" a fini gnoseologici: la principale caratteristica dell'anima per i Greci e' quella di conoscere, e in particolare di conoscere quello che i sensi non conoscono (le idee platoniche, l'essere metafisico appunto di Parmenide, perfino gli atomi in Democrito, sono oggetti di conoscenza animica, perche' certo non sono oggetti di coscienza sensoriale, in quanto non si vedono).

Poi nel mondo cristiano il concetto di anima diventa fortemente connotato con caratteri antropologico-identitari e soteriologici, come non lo era mai stato nel mondo greco; la principale caratteristica dell'anima nel mondo cristiano e' quella di "salvarsi", di essere essenza dell'uomo, di essere tra gli enti eterni-e-creati, quindi di essere assolutamente asimmetrica nella sua stessa presenza e occupazione temporale, in quanto dotata di futuro eterno, e passato limitato.

Tutta questa digressione sull'anima mi e' stata necessaria se parliamo di Parmenide, perche' per Parmenide l'essere e' sostanza individuabile con la ragione e non certo con i sensi, e' sostanza individuabile con un "logos" che e' concetto archetipico di anima, che ne e' presagio.

I sensi attestano il divenire, e Parmenide questo non lo nega, ma squalifica il mondo diveniente mostrato dai sensi  a illusione, poiche' la ragione invece, secondo lui, attesterebbe un unico essere indivisibile e immobile, eterno non tanto nel "tempo" (per dire che e' eterno nel tempo ci vorra' Melisso), ma eterno nella continuità sempre riproponentesi dell'attimo presente.

Siamo sempre al concetto dell' "occhio" dell'anima, che vede quello che l'occhio dei sensi non vede, e poi l'anima stessa sceglie di risolversi per la verita' della sua stessa visione, "accecando", piu' o meno figurativamente, i sensi.

In questo caso, da Parmenide viene visto con l'occhio dell'anima uno sfondo eterno imperturbato e immobile su cui, come proiettate, tutte le cose che cambiano e si muovono, appunto, cambiano e si muovono (l'essere).

E questo sfondo, viene proclamato piu' reale del reale, piu' reale delle cose che su di esso cambiano e si muovono (l'essere, e non il divenire, e' la verita'), in base al principio generale che, quanto visto con gli occhi dell'anima, ovvero quanto argomentato in modo corretto e filosoficamente persuasivo (perche', fuor di metafora "vedere con gli occhi dell'anima" e' fare filosofia) e' sempre, e non solo in questo caso, piu' reale di quanto visto con gli occhi reali, dei sensi.

Si potrebbe rispondere a Parmenide che la ragione, l'anima, non puo' sconfessare quanti visto con i sensi e ridurlo a illusione; per fare buona filosofia, ci vuole piuttosto un accordo tra ragione e sensi.

I sensi sono importanti, perché contigue ai sensi sono le emozioni e l'esperienza, e l'uomo non vive di sola ragione.

Argomentare contro l'evidenza dei sensi, che mostra il divenire, e' argomentare contro noi stessi, dato che il nostro vissuto stesso e' continuo divenire (e non inconcusso essere).

Da cui la mia preferenza per Eraclito.


#2087
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2023, 21:51:03 PMNel nostro stare abbiamo imparato a governare il divenire, mettendo d'accordo Parmenide ed Eraclito per l'arco di spaziotempo in cui siamo in vita.

Questa condizione ci immunizza dal fatalismo metafisico connesso al divenire, dal dogmatismo metafisico connesso all'essere e dall'ipertrofico nichilismo connesso all'esserci.

In parole povere: il senso della vita è la vita stessa. Da qui si costruisce "tutto" (antropologico, non metafisico). E si impara a convivere con la natura finita di esso. Con la morte.


Il senso della vita e' la vitalita'.

Cioe' la non-differenza assoluta tra vita e materia; la soggiacenza della materia vivente come  pure di quella non vivente alle medesime leggi di natura, da un lato, e il grande potere plasmativo della vita rispetto al mondo e al contesto che la ospita, dall'altro.

In poche parole, vitalita', ovvero il poter essere attributo (e quindi, in senso aristotelico non sostanza) della vita stessa.

Vitalita', come aggettivo apponibile sull'altro dalla vita, sia pure nel suo essere inconoscibile.

Io non diffido mai dei significati che si autocontengono, ma sempre dei "sensi", se lo fanno.

Il grande elemento che hanno in comune Parmenide ed Eraclito e' l'attualismo (la focalizzazione di entrambi su un continuo ed inconcusso presente) in un sistema culturale mediterraneo con ancora molte influenze iraniche ed orientali ("il sole e' nuovo continuamente"), ma io personalmente mi risolvo in senso Eracliteo, con l'attualismo del divenire e dell'impermanenza, e non con quello di un invisibile quanto fideistico essere.

Del resto, la ragione, se vuole rimanere strumento umanamente fungibile, non puo' sconfessare l'esperienza e la coscienza (e l'esperienza, e anche la sensorialita', attestano il divenire e l'impermanenza, non il loro contrario), e questo anche lasciando momentaneamente da parte la questione della ben rotonda verita', la questione della conoscenza.


#2088
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2023, 20:32:17 PM@niko

"Siamo venuti per divenire" è ancora metafisica, finalistica.

Noi siamo venuti per stare, il più a lungo possibile nelle migliori condizioni possibili. Il senso della vita è questo.

"Finì con un flauto spezzato, e un ridere rauco, e ricordi tanti, e nemmeno un rimpianto". E questo è il senso migliore della morte.


Tu come "stare", fisicamente, e non metafisicamente, in un mondo che tanto, in nessun modo "sta" e in nessun modo, "permane" non te lo chiedi proprio.

:(

Il Papa e il Re gli dicono: 
"sta ferma!"

Eppur si muove.

La terra, al tempo di Galileo.

E pure nostro.

E vale pure per il mondo in generale, e la vita in cui siamo gettati.

Tu gli puoi dire "sta ferma!", "sta fermo!".

Quanto ti pare.

Eppur si muove.

Il tuo "stare" puo' essere solo un movimento.

Siamo venuti PER divenire, perche' siamo venuti NEL divenire.

Il tempo ben scorre anche senza  di noi, ma vivere e' provare a decidere come e  verso cosa farlo scorrere.

Noi al massimo corriamo per stare, lungo una terra che corre e basta.

#2089
Citazione di: Freedom il 12 Marzo 2023, 19:26:38 PMVorrei rilevare una criticità che rilevo in questo Thread e cioè che quasi tutta la prospettiva discorsiva verte sulla storia della Chiesa. E' certamente vero che inquadrare una Organizzazione, di qualunque natura, nella sua storicità, aiuta a capirne meglio il messaggio attuale. Pur tuttavia, posso sbagliare sia chiaro, la sensazione che ne ricavo è simile a quella che si prova andando in automobile guardando sempre lo specchietto retrovisore e mai avanti. Questo in linea generale.

Qualche piccola osservazione nello specifico:

Di fronte all'affermazione di Socrate78Così risponde taurus:E poi ribadisce:Rilevo una contraddizione giuridica e soprattutto umana: non si può giustificare ma nemmeno comprendere una persecuzione a danno di una moltitudine di persone in base alle efferatezze (eventuali ma anche se fossero dimostrate) compiute dalla moltitudine stessa. E, a dirla tutta, il pensiero va anche alle persecuzioni perpetrate a danno dei cristiani quando essi erano fuorilegge. Che male avevano fatto in quell'epoca? Frequentare catacombe? Forse l'affermazione di Socrate78 va valutata con maggiore profondità. Anche perché non si capisce il legame tra i martiri cristiani (di qualunque periodo storico) e le efferatezze (sempre eventuali ma anche se fossero dimostrate) compiute dalle gerarchie.Mi pare che tu abbia capovolto il ragionamento. Intendo, quello che hai affermato è indubbiamente vero ma non è quello che hanno affermato altri utenti e che nessuno sta affermando. Se mi sbaglio posta gentilmente dove hai trovato questo concetto.

Mi pare che sia stato affermato che i cristiani sono attualmente perseguitati in tutto il mondo. E' stato detto i più perseguitati; io non lo so se sono i più perseguitati ma certamente sono molto perseguitati.
Qualcosa in più deiSinceramente mi pare riduttivo.
Infine:Sui punti che hai citato (e su alcuni sono d'accordo) ti hanno già risposto ma su questo vorrei spendere una parola in più.
Sul fine vita la discussione è apertissima anche dentro la chiesa. Cominciano ad essere numerosi i casi nei quali alcuni (spesso molti) sono favorevoli. Ma credo che sia trascurata la delicatezza della problematica. E cioè che, se in alcuni casi sembra più misericordioso staccare la spina in altri diventa un arbitrio che una comunità non può, a mio modesto avviso naturalmente, accettare. Per essere chiaro la clinica svizzera nella quale vanno alcune persone stanche delle fatiche della vita non mi trova d'accordo. Tu risponderai: "lascia che lo faccia io e tu non farlo!" Sì, è vero, ma poi diventa un fatto culturale, una tendenza comunemente accettata e magari incoraggiata. Chissà, per fare business, per esempio. Comunque il discorso è vasto e meriterebbe un Thread a parte,
Come sull'aborto.......bisognerà pur considerare il parere di chi pensa che è un omicidio? E bisognerà pur rilevare che i medici italiani stanno progressivamente smettendo di praticarlo? Qualcosa vorrà pur dirlo.
Ma anche qui ci vuole uno, forse ! Thread dedicati.

In ultima analisi non voglio convincere nessuno ma introdurre elementi di riflessione questo sì. Spero di esserci riuscito. :-)


Ciao Freedom, senza entrare troppo nel merito, ti rispondo subito sulla parte di quello che tu hai argomentato e che riguarda quello che in precedenza ho scritto io.

Semplicemente, se ci fai caso, nel post numero 8 di Socrate, si afferma che i cristiani sono oggetto di "derisione e scherno" e poi, poco dopo, che un certo ritegno (implicito: ritegno proprio di una cultura occidentale del "politicamente corretto"), per cui si evitano, ad esempio, le battute e le offese contro ebrei e mussulmani, non vale invece per i cristiani, contro i quali, sempre secondo l'autore del tread, Socrate, le battute e le offese abbondano.


E' chiaro che l'operazione mistificatoria del tread di Socrate, quotato poi da Antony, e' mischiare in un'unica "insalata" di affermazioni:

* le persecuzioni violente che a volte avvengono (davvero!) anche ai giorni nostri contro i cristiani nei paesi in cui i cristiani NON sono maggioranza (paesi arabi principalmente)

* gettate insieme, nell'insalata di cui sopra, con il fatto che il pensiero del politicamente corretto NON tuteli i cristiani IN OCCIDENTE da cose molto meno violente che persecuzioni fisiche omicidiarie, ma da cose ben minori, come le precedentemente citate:

"offese e derisioni"

offese e derisioni che avverrebbero appunto nei paesi occidentali e non mussulmani, laddove il pensiero del politicamente corretto, diciamo cosi', "domina".

E grazie al "cavolo" dico io a questo punto:

i paesi del politicamente corretto sono paesi a MAGGIORANZA cristiana, quindi paesi in cui, internamente, lo "spirito illuministico" di proteggere sempre e comunque virtuosamente le minoranze, NON si applica e non puo' applicarsi verso i cristiani, i quali, localmente, proprio statisticamente intendo, rientrano tra le locali, maggioranze!

Su di loro si applica, semmai, non lo spirito di protezione delle minoranze, ma lo spirito di SATIRA, per cui, la (statisticamente reale) minoranza atea e non cristiana vivente nei paesi cristiani, oppressa da una fede la cui visione del mondo tramite ingerenze culturali e lobbistiche di ogni tipo si vorrebbe imporre a tutti (aborto, eutanasia, crocifissi ovunque eccetera) ha pieno diritto al suo sano sberleffo, e alla sua sana battuta "contro" i cristiani.

Che offesa quasi sempre non e'.

Ma critica del potere e dei rapporti di potere localmente reali.

Un saluto.


#2090
Citazione di: Socrate78 il 11 Marzo 2023, 18:24:52 PM@Taurus: Tutti gli eretici che hai elencato andavano tutti quanti assolutamente puniti severamente, con le guerre giustissime che la Chiesa ha fatto contro di loro, ma sai che cosa affermavano questi eretici? I catari e gli albigesi affermavano l'assurda e pericolosa teoria secondo cui tutta la materia e quindi la vita era corrotta, cattiva, espressione di una creazione demoniaca, e che quindi la sessualità, l'amore sessuale da cui nasce la vita umana, il mettere al mondo i figli fosse qualcosa di cattivo, da condannare. Si trattava di un'eresia contro la vita, di un modo di pensare contro la vita che viene da Dio, e questo ti fa comprendere quanto sia vero che l'eresia deriva dal demonio, perché egli odia la vita perché è stata creata dall'amore di Dio. E i Catari, pur ritenendosi nel giusto, erano accecati dall'inganno satanico. Ma anche i pauperisti e tutti gli altri lo erano, perché il demonio li spingeva a distorcere e ad estremizzare l'insegnamento evangelico, essi volevano una società in cui tutti vivevano in assoluta indigenza, ma se tutti sono indigenti anche la carità è distrutta, perché non si ha più niente da donare a nessuno! Ecco quindi ancora una volta l'inganno luciferino dell'eresia, il demonio faceva credere a questi eretici di essere nel giusto, di essere dei puri, mentre invece in realtà le loro idee erano assolutamente antisociali e sarebbero state disastrose se veramente applicate alla società. Era giusto combatterli con le guerre SANTE, Sì, perché la crociata contro i Catari e gli Albigesi fu un'opera meritoria in cui è stata estirpata per sempre una sciagurata eresia antisociale (oltre che anticattolica) che propugnava idee contro la vita.
Se i Catari e gli Albigesi avessero vinto a quest'ora ci sarebbe stata l'estinzione del genere umano, perché per loro non ci si doveva riprodurre e il modo più santo di morire era quello di digiunare fino a morire di inedia (sic!).


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#2091
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2023, 09:05:53 AMRisposta squisitamente metafisica.

"Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi", risponde l'umanesimo. E neppure di robot omologati aggiunge l'aggiornamento.

Anche qui la risposta è squisitamente metafisica. Di sapore antico, in odore di 'mondo dietro il mondo' a principio fondativo del mondo. Peccato veniale (anche Nicce vi indugiava), ma mortale quando si dogmatizza.

Davanti al 'qui ed ora' certi abissi si colmano.

La qualità della vita è l'ovvia conseguenza della sua valorizzazione.

Che risolve anche la paura della sofferenza e della morte. Non promette salvezze eterne e loro surrogati allucinogeni, compromessi tra estremi impresentabili, ma l'innocente piacere del gioco. Finché  dura.

Noi siamo venuti per divenire.

L'unica metafisica (contemplazione di quello che non c'e') e' la conservazione, tanto, piu' quando essa pretende di farsi istinto.

Metafisica e' non vivere il contrasto tra vita e natura quando questo contrasto e' nell'attimo ed e' qui ed ora, non capire che anche la fine e l'inizio convergono, e divengono.

Non c'e' nessun mondo dietro il mondo, semmai per ogni vivente c'e' un mondo dentro il mondo, un punto di vista, una prospettiva.

La vita che dissemina, a sua volta e' disseminata: su un ramo, puoi vedere gli uccelli riprodursi e figliare, nel cielo, puoi vedere gli uccelli a miriadi; cosi' pure per i pesci nel mare, e ovunque e' cosi'; ampliando il punto di vista, ampliando il "cerchio" dell'individuazione e della ricerca dell'oggetto/vita nello spazio e nel tempo, prima o poi la vita, subisce, nel grande, la disseminazione che, nel piccolo, agisce. Prima o poi, in un cerchio abbastanza grande, si rivela come una raccolta di simili gia' compiuta e non da compiere in un proggetto di etica della salvezza; il contrasto, tra vita e natura, si risolve solo sacrificando il "senso" della vita, accettandone il non senso e l'assurdo.

E mi permetto anche di dire, che avremo sempre bisogno, di un certo tipo di "eroi".

#2092
Citazione di: Socrate78 il 12 Marzo 2023, 09:30:12 AMPer quanto riguarda l'Antico Testamento è il comandamento "Non uccidere" che ha avuto un'evoluzione nel tempo, perché all'inizio significava solo "Non uccidere EBREI", quindi non esiste contraddizione alcuna con il comando di Dio di uccidere i Cananei al tempo della conquista di Gerico da parte di Giosuè. Ciò che è sbagliata è la traduzione biblica che contiene l'omissione del dire che il "Non uccidere" era a quei tempi riferito solo al popolo eletto ebraico. Per la prospettiva di un credente tutti gli uomini prima di Cristo erano soggetti alla morte, che come scrive San Paolo è il salario da pagare per il peccato: di conseguenza, se tutti gli uomini sono peccatori e quindi in cambio ricevono morte, non c'è da meravigliarsi se Dio abbia deciso di far morire i Cananei, perché appunto usavano la religione come mezzo per sfogare i loro vizi (ad esempio facevano orge in onore del Dio Baal, praticavano la magia in tutte le sue forme, i sacerdoti e le sacerdotesse si prostituivano nei templi, oppure sacrificavano anche i bambini sugli altari ai loro dei per la superstizione che il sangue avrebbe reso feconda la Terra) e il popolo eletto non doveva essere contaminato con i culti pagani, restare separato da essi e mantenere il giusto culto all'unico vero Dio. La Bibbia dice: "Ascolta Israele, Non darai in sposa i tuoi figli alle loro figlie, non farai alleanze con loro, affinché non insegnino i tuoi figli a compiere gli abomini che essi fanno con i loro dei". Esisteva quindi una logica nel fatto che nella Terra Promessa non dovevano esserci Cananei o essercene il meno possibile, quella di preservare la spiritualità del popolo eletto.


E mica solo i cananei, pure i palestinesi odierni in terra promessa, si possono ammazzare e segregare a bizzeffe, nella misura in cui sono d'ostacolo al popolo eletto (atlantista) o lo contaminano...

Figurarsi recuperare la sacralita' pagana e orgiastica...

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Comunque, se dovessi spendere un minuto, ma proprio un minuto, a dimostrare la fallacia dell'argomento di

@ Antony e di

@Socrate:

La vostra fallacia sta nel fatto che ci sono ad oggi paesi nel mondo in cui i cristiani sono minoranza oppressa e perseguitata (vero), ma questo fatto non deve e non puo'  giustificare le imposture lobbistie, familiste e antibioetiche che i cristiani impongono nei paesi in cui ad oggi, aime', sono loro, invece, la maggioranza (e maggioranza oppressiva della minoranza atea); imposture come:

*Attentati al diritto di aborto e contraccezione

*Attentati al diritto a un fine vita dignitoso

* Morale sessuale omofoba da una parte, e connivente con la pedofilia dall'altra, che la maggioranza cristiana vorrebbe imporre a tutti.

* colonizzazione ideologica  delle scuole, dei consultori e dei luoghi pubblici con crocefissi appesi e ore di religione laddove non ce ne dovrebbero stare.

I volantini e i volontari religiosi appostati in assetto di guerra (ideologica) nei consultori pubblici, per me, sono peggio dei machete e delle bombe, per i danni che fanno.

*Ingiuste esenzioni fiscali concordatarie e neoconcordatarie di cui tutti sappiamo. Le nostre case, pagano le tasse pure per i vostri conventi, che non le pagano.

In conclusione: se qualcuno vi opprime in Quatar, in Somalia e in Egitto, sinceramente mi dispiace, MA questo non vi da' diritto di opprimere il prossimo in Italia.

Se dove siete minoranza qualcuno vi perseguita, questo non vi da' diritto a perseguitare gli altri laddove siete maggioranza.

Dovreste essere la religione del perdono.

Non religione della frustrazione/aggressivita', il cui comandamento reciterebbe:

"mi danno uno schiaffo qui/lo restituisco la' ".

Da cui le battutine e i lazzi di quelli, ad esempio di quegli Italiani, a cui il lobbismo cristiano, e cattolico in particolare, va stretto, nei paesi in cui i cristiani (cristiani a parole e formalita', poi bisognerebbe vedere quanto veramente credono) sono la maggioranza.

Battute e lazzi con cui dovrete convivere.

Finche' non vi limiterete a non abortire e a non staccare la spina in fin di vita per voi, senza invocare leggi che vietaino di abortire o di staccare la spina agli altri.


#2093
Citazione di: Ipazia il 11 Marzo 2023, 17:54:16 PMNon intendo la vita metafisica dei prolife, intendo la vita biologica dei pulcini, cioè i singoli viventi.

Di ogni vivente essa è il bene assoluto incontrovertibile e la più plausibile archè dell'ambaradan valoriale.

Perchè dovremmo lasciare questo incontrovertibile dato biologico all'ideologia dei teisti prolife, prendendoci ovviamente la denuncia di nichilisti. Il Leone si tutela da sé, il Fanciullo ha bisogno che la sua vita sia tutelata e non possiamo lasciare tale compito ai teisti che, tirando l'acqua matafisica al molino dei loro numi, se ne occupano solo quando l'embrione deve nascere o quando il vivente e appeso ad una macchina, cerebralmente morto. Tutto il resto è opera dell'uomo o del demonio e quindi non possono fottersene di meno.

Invece no. L'umanesimo ateo sconfigge il nichilismo e il feticismo rivendicando il valore fondativo ed apicale della vita individuale ed a partire da lì costruisce la sua scala dei valori.

Del resto, che la scala dei valori parta da lì, lo dimostra, sotto i vari camuffamenti ideologici, l'intera storia dell'umanità e la sua evoluzione umanistica contro ogni forma di alienazione. Buttiamo via l'acqua sporca prolife, non il Fanciullo.




Basterebbero i suicidi, a dimostrare la vita non e' PER TUTTI il valore assoluto.

La volonta' di vivere a volte entra in conflitto con la vita (biologica).

Perche'?

Ci si potrebbe chiedere...

Perche' la vita e' fatta per autosuperarsi, non per conservarsi.

Pure Giordano Bruno, avrebbe potuto abiurare il suo pensiero umanista e salvarsi la vita (biologica...) ma non ne ha voluto sapere.

L'immortalita' culturale e biologica, la figura dell'uomo che cambia e cambia per rimanere in fondo sempre uguale a se stesso, e dunque  l'antitransumanesimo di principio, che anche quello va tanto di moda, non devono diventare comodi nascondigli per non affrontare l'infinita' della vita.

Il fatto che, ben vengano a certe condizioni i figli biologici e la cultura, ma saremmo salvi anche se fossimo sterili e ignoranti.

Perche' la vita non ha il problema di salvarsi dalla morte.

La vita e' quello che succede a determinate condizioni, non ha uno scarto netto dalla condizione della materia inorganica, la vita e' prevista dalle leggi del cosmo.

Ci sono quelli che pensano che rendere unica la vita, von tutte le conseguenze del caso, basti la Falce insanguinata e rugginosa della Morte, e poi ci sono quelli che pensano che a rendere unica la vita ci vorrebbe ben altro, cioe' la capacita' (mancata) di un sistema chiuso meccanicistico e deterministico di produrre eventi unici.

Davanti all'abisso dello spazio e del tempo, certe Falci si spuntano.

Io sono nella seconda categoria, non scrivo per portare acqua al "mulino dell'ovvio", e tanto meno pretendo di  piacere a tutti.

Pero', a quelli che vogliono tutelare la vita, finche' avro' voce rispondero' sempre che io voglio tutelare la qualita', della vita.

E che il compromesso, tra queste due posizioni, non e' facile.

Non e' facile come sembra.

Io non mi voglio salvare. 

Non mi interessa nessuna prassi o teoria della salvezza come obbiettivo e non come punto di partenza, ne' atea, ne' religiosa, ne' tecnologica, ne' di altro tipo.

Non mi importa, non sono interessato all'articolo, grazie, a posto cosi', sono gia' salvo.

Non ho paura della morte, ho paura della sofferenza.

Tanti lo dicono tanto per dire.

Ma io lo dico davvero.


#2094
Citazione di: Ipazia il 11 Marzo 2023, 07:17:21 AMLa vita è il bene assoluto incontrovertibile di ogni vivente. L'errore non è attribuire un valore a tale bene, ma toglierlo al soggetto che ne ha diritto naturale per attribuirlo ad un padrone terreno o celeste.

Il valore "vita" è l'archè di ogni altro valore, essendo soltanto dei viventi la facoltà di produrre valori.

Radicare i valori nella terra, nell'immanenza, è la risposta più efficace ad ogni nichilismo religioso o ateo. Così il filosofo del nichilismo, Nietzsche, insegna a superarlo.

Il superamento antinichilistico della morte sta nell'insegnamento di Epicuro e dell'umanesimo. Non necessita di alcun "mondo dietro il mondo", ma soltanto di una filosofica presa d'atto delle leggi del mondo della vita, della Lebenswelt, che per ogni vivente stabiliscono un inizio e una fine. Fornendo pure i codici genetici e culturali di una quasi immortalità.


Preferisco rimanere nel nichilismo, come il Nietzsche vero, laddove non ci sono, valori assoluti e incontrovertibili.

Questo "laddove" e' la vita.

Volere che la vita, ovvero che la figura della negazione della validita' e dell'esistenza di tutti i valori assoluti, sia a sua volta valore assoluto e' un po' come...

Bhe' la figura del Leone.

Che come saprai, in Nietzsche e' superata dalla figura del Fanciullo.

Un negativo, non puo' essere valore.

Bisogna invece "accontentarsi", per modo di dire, di un positivo relativo.

L'uomo ha scelto di essere coscienza e conoscenza.

Proprio dal suo punto di vista, frutto di una ben precisa (etero)determinazione, egli puo' contemplare la morte come un limite gnoseologico, e non come uno ontologico.

La morte che lo riguarda, la morte come limite di se' stesso.

La coppia vita e morte nell'universo antropologico non forma quindi una sorta di essere contiguo a un non-essere, ma una sorta di sapere contiguo a un non-sapere.

La vita contiene tutti i valori, ma anche il contrario di tutti i valori, quindi non puo' essere, essa stessa, valore.

Come valore, varrebbe zero.

E' semplicemente il luogo della determinazione e delle scelte, il luogo dell'organizzazione e della preferenza dei valori affinche' essi valgano.

La vita e' l'uovo cosmico, che tutto contiene.

Ma il vero spettacolo, che rispetto a tale statico uovo deve ancora cominciare, sono i pulcini cosmici che verranno, cioe' i singoli viventi e le singole cose, che ancora tutto conterranno, ma estensivamente differenziato per potenza e quantita'.


#2095
Citazione di: bobmax il 10 Marzo 2023, 21:25:18 PMPerché la morte è proprio ciò dà la possibilità di sollevare ogni cosa dalla insignificanza!
La morte dona valore alla vita.
Senza la morte infatti saremmo perduti.

Perciò il nichilista debole, che fugge l'angoscia esistenziale, fa di tutto pur di non affrontare la morte.
La morte lo costringerebbe infatti a guardare in faccia il proprio nichilismo.


"LA MORTE DONA VALORE ALLA VITA"

Ovvero: nichilismo cristiano e cristianeggiante (o meglio: nichilismo paolino e paolineggiante) all'ennesima potenza.

Per me, la realta' e la fattualita' della morte sono indifferenti, rispetto al presunto valore della vita.

Perche' per me "il (fatidico) valore della vita"  non esiste.

Il valore DELLA vita... e' una chiacchiera degli antiabortisti, dei vitalisti mancati, degli ecologisti alla Greta Thumberg e dintorni; esiste solo il dispiegarsi dei valori e dei disvalori (se vogliamo, la ridda bambinesca dei si' e dei no) nella vita, all'interno della, e dunque di una, singola, o al limite comune, vita.

Quindi semmai esiste solo il valore NELLA vita, all'interno dei confini e della figura della vita, se i significati delle umane parole, e anche delle umane preposizioni, sono importanti.

Oh uomo, conosci te stesso.

Nel senso di stai nel tuo, conosci al fine della prudenza, conosci i tuoi limiti, e rispettali.

Per dare valore alla vita, bisognerebbe parlare dal di fuori della vita...

Parlare della vita come oggetto.

La questione evidentemente qui, giunti a questo punto fondamentale, non e' (o meglio, non e' piu') la parola, bensi' la voce.

Oh uomo che mi predichi il valore DELLA vita, oh prete, oh ecologista, oh nicciano della domenica, da dove viene la tua voce?

Ti sento, io dal luogo astratto del pensiero ti sento, ma non capisco dove sei...

E anche per svalutare, la vita, e' lo stesso, bisognerebbe vederla da fuori e prenderla a oggetto.

Si gonfia e si sgonfia, come onda al vento, l'ego e l'orgoglio del singolo vivente individuato dentro la vita, non mai la vita stessa.

La vita, e' l'ingiudicabile all'interno del cui limite il giudizio si forma.

Quelli che insultano la vita, insultano loro stessi, quelli che esaltano la vita, esaltano loro stessi.

Con tutte le conseguenze del caso.

Tanto vale prenderne atto, e saperlo.

Emanciparsi...

*dalla morte che ci consolera' dopo la vita e i suoi affanni, con le meraviglie -positive- di un oltretomba esperibile, oppure con quelle negative della larvalita' oppioide di una eterna incoscienza.
Differenza minimale all'interno di punto di vista sostanzialmente simile, su cui minimalmente si affannano, a discutere, un certo tipo di atei e un certo tipo di credenti.

*dalla morte che da' valore alla vita

*dalla morte che rende unica la vita. Tramite il culto dell'effimero o tramite il timore della perdita.


Queste sono tutte compensazioni (metafisiche) rispetto a un giudizio che voi, (intendo voi che in certe funzioni valorizzatrici e valorizzanti della morte vi rispecchiate), avete dato sulla vita.

Quindi, essendo, impossibile il giudizio sulla vita, come ho tentato di dimostrare, tutte compensazioni rispetto a un giudizio che voi avete dato, in realta' su voi stessi.

Su qualcosa che era dentro la vita, e non sulla superficie intangibile della vita.

Cambiate il giudizio, e non avrete piu' bisogno delle compensazioni.

La vita e' tutto quello che abbiamo.

O meglio, nell'impossibilita', di parlare della vita, noi stessi, e i nostri simili, siamo tutto quello che abbiamo.

Siamo salvi, e non grazie alla morte.

Siamo salvi e basta.

Ma questa salvezza fa problema.

Vogliamo, essere salvi?

Giudizio, valore. Parola. Immanente. Dentro la vita.

I nostri valori positivi, sono tali, da giustificare il peso di quelli negativi?

I nostri si', giustificano i nostri no?

Solo a questa condizione, possiamo volere, quell'essere salvi destinale, che, in quanto materia vivente, comunque ci tocca.



#2096
Citazione di: Freedom il 10 Marzo 2023, 20:47:05 PMSi, ma li amano lo stesso.

Mica tutti, purtroppo  :D

#2097
Citazione di: anthonyi il 10 Marzo 2023, 16:28:20 PMLa rappresentazione che abbiamo dell'inferno noi viventi sulla terra é limitata dalla nostra esperienza materiale nella quale la punizione é fatta di limitazioni fisiche, sbarre, catene.
Questo non é possibile perché lo spirito é libero, può andare dove vuole, ma non può allontanarsi da sé stesso. Se quello spirito vive nell'inferno é perché l'inferno é dentro di lui e lo é come risultato di scelte volontarie. Non si sta all'inferno contro la propria volontà, ci si sta perché si é scelto di esserci, perché si é rifiutato l'amore di Dio.
Per cui socrate non ti preoccupare, "abbi fede". Se nel tuo cuore accetterai l'amore di Dio non ci sarà niente che non sia riparabile.

No, no, il malvagio, l'empio, l'idolatra e' colui che vuole, e proggetta, di essere felice qui su questa terra con le sue sole forze anche senza l'aiuto (paternalistico) o l'ingerenza (pacchiana) di Dio; e' Dio che nel vedere cio' dall'alto dei cieli giustamente "rosica", e lo condanna alla tortura eterna...

I genitori (reali o immagginari) non vogliono mai, essere rifiutati o sfidati dai figli.  
#2098
Citazione di: Socrate78 il 10 Marzo 2023, 15:23:11 PMil vero dramma della vita secondo me è proprio questo, più si vive e più c'è la possibilità per tutti di corrompersi, di non amare più, di perdere la fiducia nel prossimo e quindi anche la carità, di diventare cattivi con qualcuno che ci ha fatto del male ma così precipitiamo anche noi nella corruzione etica. Dal mio punto di vista è meglio addirittura morire piccoli e prima dell'adolescenza, perché così si è certi che la coscienza è ancora pura e non macchiata da colpe più o meno gravi, Dio infatti nell'AT dopo il Diluvio disse che "Fin dall'adolescenza è corrotto il cuore dell'uomo e inclinato al male".


Bravissimo, tu si che sei un vero interprete del nichilismo cristiano, che ancora qui in occidente ci fa tutti, credenti o no, consapevoli o no, vivere per la morte:

Mejo mori' da piccoli, piccolissimi, da appena battezzati...

Torquemada (il tuo e il mio mito) sarebbe stato d'accordo!!! :))

#2099
L'unico grande della Germania di quei tempi fu il predicatore rivoluzionario Thomas Muntzer, la voce della coscienza (di classe) messa a tacere dal venduto e ben pasciuto Lutero.

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"Guarda, i signori e in principi sono l'origine di ogni usura, di ogni latrocinio e di ogni rapina.

Essi si appropiano di tutte le creature: dei pesci dell'acqua degli uccelli del cielo e degli alberi della terra.

E poi fanno divulgare presso i poveri il comandamento:

non rubare

Ma esso non vale per loro...

[...]

Non vi libererete mai dal timore umano finche' essi vivono.

Non si puo' parlare di Dio, finche' essi signoreggiano su di voi."

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Oggi come allora, tutto e' di tutti!



#2100
Mi sa che il materialista Hume ha gia' differenziato definitivamente l'essere dal dover essere, il piano descrittivo da quello prescrittivo delle cose, riconsegnando l'etica come "scienza del dover essere" al limitato spazio autocoscienziale e corporeo umano.

Spazio di un cuore e di un cranio che' appena un po' piu' piccolo di quello dell'intero universo, e cosi' sia.

Un ritorno indietro non sarebbe auspicabile, e nemmeno possibile.

Sono invece d'accordo che nei limiti di un'etica relativa all'autocoscienza cosi' descritta, ci vorrebbe un passaggio definitivo dal "liberi tutti" (ovvero il proggetto umano del liberalismo e dell'anarchia, in cui in definitiva anche il capitalismo e' compreso) al "tutti liberi" (ovvero il proggetto umano del comunismo).

L'ordine delle parole e' importante.

Tutti liberi, vuol dire che nessuno potra' essere libero se non lo saranno tutti, e la liberta' dovra' essere cio' apportera' unita' al tutto dell'esistenza umana, quindi non solo ideale condiviso, ma prassi collaborativa condivisa.

Liberi tutti, vuol dire che la liberta' di tutti rischia di "diventare", hobbesianamente, la liberta' di nessuno.

Come gia' in effetti e'.