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Messaggi - epicurus

#211
Citazione di: Efonyo il 30 Novembre 2017, 02:19:21 AM
Se inseriamo una madre incinta dentro la macchina del tempo, e la facciamo viaggiare in una via costantemente transitoria verso il passato, e partorisce la bimba durante il viaggio nel tempo, allora la data di nascita della bimba quale sarà? Anche questo può sembrare paradossale, dato che la bimba sarebbe nata nel 1876 A. D., 98 anni prima della madre. Ma la madre è tale perché precede la nascita della figlia! Ed invece è nata dopo di lei.
Questo non sarebbe paradossale, se infatti assumiamo come sistema di riferimento la madre, il tutto avviene linearmente e coerentemente.

Citazione di: Efonyo il 30 Novembre 2017, 02:19:21 AMPuò essere comunque che nel tuo esempio, assassinare la nonna non porterebbe alla tua scomparsa, possibilmente perché il tempo cercherà un'altra raison d'etre per metterti al mondo, cercherà per te una sostituta di tua nonna, ed in qualche modo il passato si riarrangia in base ai risultati del futuro e non viceversa!
Questa è un'ipotesi molto problematica perché antiscientifica, e comunque in generale irragionevole. Infatti presupporrebbe che il tempo sia un'entità con degli scopi e con dei poteri. Ma il tempo, oltre a non avere né degli scopi né dei poteri, non è neppure un oggetto.  :)
#212
Citazione di: viator il 20 Ottobre 2017, 20:20:57 PM
Infatti il tempo, che consiste semplicemente nel flusso degli eventi, ciascuno dei quali è l'effetto di ciò che l'ha preceduto e diventa causa di ciò che lo seguirà, non è in sè una dimensione fisica ma rappresenta la nostra personale percezione psichica di ciò che accade fuori di noi (il fuori di noi (essendo per ciascuno il me-io-coscienza di sè una funzione psichica) include anche il nostro corpo).
Ciò è intuibile valutando la squisita relatività di esso (quindi la sua soggettività - gli orologi sono stati inventati per rendere convenzionalmente oggettiva la misura del tempo) il quale è misurabile attraverso la quantità di eventi che lo "riempiono".

Ciascuno di noi vive circondato da un certo numero di eventi, ovviamente diverso a seconda delle personali situazioni.
E' questa la condizione che genera la percezione del tempo per ciascuno. Bastano i luoghi comuni sulla noia, sulla vita movimentata piuttosto che contemplativa etc. per confermare un simile assunto.
Se concepiamo un mondo in cui nulla accade, ditemi voi quale mai sarebbe il tempo ospitato da tale mondo ?? Nessun evento significa nessun tempo.
[...]
(**) ciò che dico circa il tempo è specularmente affermabile per la dimensione spazio, dal momento che spazio e tempo sono reciprocamente influenzabili all'interno della loro dimensione congiuta, cioè la velocità.

Ciao Viador,
tu affermi che il tempo consiste semplicemente nel flusso degli eventi e che quindi non è in sé una dimensione fisica. Quindi, sempre secondo la tua tesi, il tempo è semplicemente la nostra personale percezione psichica di ciò che accade fuori di noi.

Non sono d'accordo su questa tua tesi, e su altre affermazioni che ho riportato nel quote qui sopra. Spero non ti dispiaccia se provo ad analizzare quello che scrivi e a farci qualche riflessione.

Innanzitutto: perché il fatto che il tempo consista nel flusso degli eventi implica che il tempo non esista? In caso dimostra che il tempo non è un oggetto (come un albero o una stella), ma non mi pare che escluda il fatto che il tempo sia una dimensione, anzi. Le dimensioni determinano le coordinare nelle quali inserire oggetti ed eventi... e il tempo serve proprio a questo. Lo stesso concetto di "flusso di eventi" presuppone una dimensione dove tali eventi cambiano stato, e questa dimensione è chiamata "dimensione temporale".

Dici bene in fondo al tuo intervento, lo stesso discorso si applica allo spazio. Qualcuno potrebbe dire che lo spazio non esiste, ma che è solo una distesa di oggetti... (E con la scoperta dello spaziotempo di fatto queste due argomentazioni non sono neppure separabili.)
Ma che senso ha dire che il tempo non esiste perché c'è solo un flusso di eventi e che lo spazio non esiste perché c'è solo una distesa di oggetti? A me pare che questo sia un uso distorto di questi concetti. Bisognerebbe dire: il tempo esiste proprio perché c'è un flusso di eventi e lo spazio esiste proprio perché c'è una distesa di oggetti. Tempo e spazio sono le dimensione che definiscono le metriche per misure i rapporti temporali e spaziali di tali eventi e oggetti.

Il tempo (e lo spazio) non è un concetto soggettivo, collegato solo alla nostra psiche. E ovviamente non basta notare che per alcuni la vita è noiosa e per altri è vivace per dimostrare la tua tesi. Se passi una vita in carcere la vita è noiosa perché hai vissuto degli eventi noiosi, se invece fai l'avventuriero la vita sarà vivace perché hai vissuto eventi vivaci. Qui si parla di qualità degli eventi, non di quantità.

Assumiamo per un attimo che il tempo non esista ma che sia solo una questione mentale. Ok, ma il nostro flusso di coscienza che scorre presuppone il tempo, o meglio, esso è collocabile in una dimensione temporale. Quindi non ha senso dire che sia la nostra psiche a crearlo. Anche perché "creare" presuppone il tempo: significherebbe che esisterebbe un momento in cui non c'è il tempo e poi un altro momento successivo dove creiamo il tempo e da lì in poi inizia a scorrere: questo mi pare assurdo.

Riprendo il mio esempio di sopra di alberi e stelle. Secondo me, molte volte si arriva a dire che il tempo (e lo spazio) non esiste perché si pensa a questo come ad un oggetto, e dato che il tempo (ovviamente) non può essere un oggetto, allora si arriva all'errata conclusione che il tempo non esista. Il tempo, invece, è una dimensione, cioè uno spazio concettuale di metrica di oggetti ed eventi. Questo non significa che sia in qualche modo inesistente o dipendente dalla nostra psiche, significa né più ne meno che l'universo muta.
#213
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
17 Ottobre 2017, 15:13:41 PM
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcuni sostengono che l'ombrosa fanciulla ruoti in senso orario, mentre altri giurano di percepire il movimento in direzione opposta. [... è] uno dei vari esempi di un'idea banale e per molti inaccettabile, il fatto che ogni verità è una credenza.
Un'illusione ottica non è una dimostrazione (né forte né debole) del fatto che ogni verità è una credenza. Non solo, la proposizione "ogni verità è una credenza" è banalmente falsa perché esistono verità che non sono credenze (infatti, ci sono fatti che non conosciamo). Ma anche se per assurdo per ogni proposizione vera ci fosse un agente che crede tale proposizione, ciò cosa ci direbbe di importante sul relativismo? Non mi è affatto chiaro.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMAlcune verità, di natura più debole, non nascondono la propria mancanza di assolutezza
Di che assolutizza parli? A volte fai esempi che mancano di assolutezza perché sono generalizzazioni universali che non valgono sempre ("ogni martedì vado a correre"), altre volte mancano di assolutezza perché il mio giudizio è stato corretto da nuove informazioni ("quel tizio è timido"), altre riguardano dipendenze oggettive ("Il fatto che il gatto respiri dipende da come è fatto"), e altro ancora... Sono esemplari diversi, da trattare in modo diverso, e alcuni non mi paiono neppure molto rilevanti per una discussione filosofica. Altri casi più filosofici rientrano più nel campo del "fallibilismo", che del relativismo.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMDavanti alla danza di multiformi persuasioni che si susseguono in modo più o meno tenace, la reazione è duplice: o si relativizza ogni credenza o ci si affida a quelle più persistenti. In breve, si conclude che o non c'è nulla di vero o a esser vere sono le illusioni più ostinate.
Se vogliamo, parrebbe più normare trarre la conclusione "cribio, continuo a sbagliare!", piuttosto che "ah, ma è il mondo che sbaglia, cioè non ci sono verità o falsità". Io, più semplicemente, invece, confermo la correttezza del fallibilismo.
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PM
Avicenna scrisse che: "chi nega la legge di non contraddizione dovrebbe essere picchiato e bruciato finché non ammette che essere picchiato e bruciato non è lo stesso che non essere picchiato non essere bruciato.". Eppure, se il nervoso filosofo mi scaglia un sasso, nel tentativo di persuadermi con ogni mezzo della falsità di quel che dico, io credo al dolore che provo. Questa credenza, ben supportata dalla sofferenza e dal cranio spaccato, si basa sulla mia forma, in grado di percepire il dolore e di subire fratture.
Ed è proprio questo il dolore, una sensazione resa possibile perché tu sei fatto proprio così. Non c'entra nulla il fatto che tu percepisci dolore solo perché tu anatomicamente sei fatto in un certo modo con il fatto che in realtà il dolore è relativo e allora non esiste in modo assoluto. Questo è ancora frutto della confusione che si fa sui termini "assoluto" e "relativo" (assoluto e relativo rispetto a cosa?).
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMSe invece del sasso il filosofo volesse provare con l'annegamento, la persuasività della testa sommersa si annullerebbe qualora io fossi un pesce: a un cambiamento di forma segue un cambiamento del sistema di credenze.
Anche qui non vedo cosa centri il relativismo...
Citazione di: fdisa il 12 Ottobre 2017, 18:30:48 PMDiciamo che "La verità è sempre relativa". Quest'ultima però è una verità assoluta?
[...]
Anche il paradosso si espone fatalmente alla relatività
Mi pare il contrario: si espone all'assolutismo, cioè abbiamo un relativismo che implica l'assolutismo, quindi un relativismo contraddittorio.


p.s. Spero che Francesco continui la discussione qui sul forum. La funzione del forum è generare un dibattito, sarebbe un modo scorretto quello di usarlo solo per pubblicizzare un proprio articolo.
#214
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Ottobre 2017, 14:39:07 PM
(Ho appena letto il tuo ultimo messaggio, quello che ragiona sulla morale e sul determinismo/indeterminismo. Per ora ti rispondo solo sulla questione puramente della libertà.)

Vediamo se riesco a tirare le fila del discorso.

Se non sbaglio tu sostieni questa posizione, che per semplicità ho partizionato in tre:

[INIZIO MIA SINTESI DEL PENSIERO DI SGIOMBO]
1. Metaforicamente le leggi naturali costringono l'universo ad progredire in un determinato modo. Sottolinei che è una metafora perché in realtà le leggi di natura sono astrazioni e generalizzazioni di singoli accadimenti. Le leggi naturali sono descrittive.
2. "Determinismo" ha un significato ben preciso e non problematico: il divenire dell'universo è conforme a delle regolarità.
3. Il significato di "libero arbitrio" è chiaro. Il mio concetto di libertà (<<L'uomo è libero quando può agire in base ai propri "stati mentali" (credenze, desideri, ecc.) e pure tali stati possono essere oggetto di riflessione e revisione.>>) è quello di libertà da costrizioni. Tuttavia se è vero il determinismo, allora tutto deve accadere in modo necessario, quindi è costretto ad accadere. "Essere costretti a fare x" significa "Dovere fare x" e anche "Fare necessariamente x".
[FINE MIA SINTESI DEL PENSIERO DI SGIOMBO]

Ho sottolineato che il modo metaforico di dire "le leggi naturali ci costringono a comportarci come ci comportiamo" è altamente forviante. Tu sottolinei che la questione è puramente metaforica, quindi siamo d'accordo. Semplicemente mi sentivo in dovere (verso di te ma anche verso a tutti gli altri che ci leggono) di enfatizzare questo aspetto.

D'accordo anche sul "determinismo" che è una concezione chiara, cioè che dice che ogni cosa è determinata/segue le leggi di natura. Ma non è così pacifico, invece, cosa significhi "determinare" o "seguire" in riferimento alle leggi di natura.

Tu affermi che in italiano "Essere costretti a fare x" è sinonimo di "Dovere fare x" e "Fare necessariamente x". Ma, le cose non sono così semplici. Dal tuo punto di vista tu puoi affermare "Carlo è stato costretto a fare x" solo perché ci sono le leggi naturali che hanno determinato il comportamento di Carlo, ma nel linguaggio di tutti giorni non si direbbe così. Si direbbe che Carlo è stato costretto dalla legge giuridica, dalla madre, da una malattia, e così via, ma non si direbbe mai che è stato costretto se egli ha deciso autonomamente e senza forzatura.

E, come dicevo poco sopra quando parlavo del determinismo, anche la determinazione può essere linguisticamente problematica. Solitamente si dice "A determina B" per dire che A è la causa ("causa" in senso massimamente generale del termine) di B, ma ciò stona molto con il rapporto che c'è tra eventi e leggi naturali. Le leggi naturali non sono la causa (cercando anche di usare il termine "causa" nel senso più lato possibile) degli eventi; se proprio si volesse si potrebbe forse dire "gli eventi determinano le leggi naturali", visto che le leggi naturali non sono altro che descrizioni generalizzate degli eventi.

Tu dici di essere d'accordo con me che le leggi naturali sono meramente descrittive, che non costringono, ma poi però parli che noi dobbiamo fare questo e fare quello perché ci sono queste e quelle leggi di natura. Come se noi dovessimo accordarci alle leggi di natura. Non siamo noi che seguiamo le leggi di natura, ma solo loro che si devono accordare con le nostre azioni...

E infatti dici che il mio concetto di libertà è meramente il concetto di liberta da costrizione. Ma io mi chiedo: se le leggi naturali non costringono, allora perché dovrebbe esserci un problema di mancanza di libertà in merito alle leggi di natura, di qualche forma di libertà diversa da quella da me proposta?

Qual è la forma di liberta (libero arbitrio) che ci manca per colpa delle leggi di natura? Di quale libertà saremmo completamente deficitari?

Prendiamo la seguente generalizzazione "Epicurus mangia il gelato ogni sera in cui egli è vivo e non malato". Poniamo che sia vera, cioè che non è mai capitato e mai capiterà che tale generalizzazione sia falsa. Ora vi è una necessità nel mio comportamento? Sono in qualche modo costretto in questo comportamento? Devo comportarmi così? Non necessariamente, semplicemente vado ghiotto di gelato e cerco sempre di andarci. Ok, non ho scelto io i miei gusti ma a me poco importa, sono (nell'ipotesi) libero di seguire i miei gusti o meno e quindi di andare o meno a prendermi il gelato... Non c'entra nulla la generalizzazione (e quindi la relativa predizione) con la mia libertà o costrizione, questo voglio dire.

(Spero di aver compreso bene la tua tesi, in caso contrario chiedo scusa.  :) )
#215
Citazione di: Cry Fin il 11 Ottobre 2017, 21:00:13 PM
ho notato che tutti nella vita hanno sempre da dire, per come sei e per qualsiasi cosa fai. Non mi importa anche se hanno ragione, anche se ciò che dicono è vero, anche se ho la coscienza marcia, è vero che ho la coscienza marcia ma non mi importa. Vorrei solo sapere come fare per fregarsene ??
Fregarsene completamente è impossibile, a meno di non essere un sociopatico. Ma ovviamente puoi attenuare un po' il tuo coinvolgimento con un percorso solo in parte razionale.

Il consiglio pratico che mi sento di darti, con tutti i limiti del caso, è di parlarne. Non dico con tutti, ma almeno con le persone che ti interessano. Parla loro e spiega come ti fa sentire essere giudicato, spiega come sia sbagliato giudicare sempre il prossimo e come fa soffrire, chiedi loro come si sentono quando vengono giudicati, spiega loro perché razionalmente la maggior parte delle volte sia sbagliato giudicare (informazioni limitate, informazioni non fondate, diritto all'autodeterminazione, ecc.).

E, infine, cerca per quanto ti sia possibile di circondarti di persone che giudichino il meno possibile e che siano recettive alle riflessioni accennate sopra. E tieni duro che tanto l'uomo è capace di recare sofferenza tanto è capace di azioni sublimi!  ;)
#216
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
16 Ottobre 2017, 12:25:44 PM
Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:43:11 PM
cit epicurus
"un concetto metafisicizzato della libertà che se ben analizzato si dissolve interamente. Secondo me si può parlare tranquillamente di libertà nei termini di "essere libero da" ed "essere libero di", mentre il libero arbitrio, il voler volere svincolato da tutto e tutti è, ripeto, per me frutto di un uso scorretto del linguaggio."

Se vogliamo togliere il metafisico al concetto di libertà sparisce anche il concetto di libertà in sè.
Perchè libero da e libero di, sono fraseologici. Non vanno da soli.


Il concetto di libertà va invece completamente costruito nella accezione metafisica, e i particolare quella kantiana. Non ve ne sono altre. (che io sappia)
Forse quella complicata e che ancora non capisco del tutto di Spinoza. (voglio dire nei preamboli quantomeno, perchè sennò del tutto non ho capito nemmeno Kant).

Certo se preso come concetto a sè stante, come se esistesse veramente qualcosa come la libertà lo rinnego totalmente. Non esiste alcuna libertà se non nella testa di chi la pensa.(in cosa consista).
Ho cercato di spiegare meglio la mia tesi nel precedente post. Con "demetafisicizzare la libertà" intendevo solo dire restituire l'uso ordinario del termine, quindi si parla di libero di muoversi, di parlare, libero dalle catene, ecc... Il concetto di "libero arbitrio" lo ritengo un concetto confuso che instilla l'idea o che l'uomo manchi di qualcosa di fondamentale oppure che l'uomo abbia qualcosa di magico... ma l'uomo è già apposto così.  :D
#217
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
16 Ottobre 2017, 12:03:47 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 18:35:20 PM
Citazione di: Smullyan
Le tue azioni sono certamente in accordo con le leggi della natura, ma dire che esse sono determinare dalle leggi della natura crea un'immagine psicologica totalmente forviante; fa pensare cioè che la tua volontà possa essere in qualche modo in conflitto con le leggi della natura e che questa sia in qualche modo più potente di te e possa «determinare» le tue azioni, che la tua volontà entri mai in conflitto con la legge naturale. In realtà tu e la legge di natura siete la stessa identica casa. [...] Goethe ha espresso molto bene tutto ciò: «Nel tentare di opporci alla Natura noi, nell'atto di farlo, operiamo secondo le leggi della natura!» Non capisci che le cosiddette «leggi di natura» non sono altro che una descrizione di come appunto tu e gli altri esseri agite? Sono semplicemente una descrizione di come tu agisci, non una prescrizione di come dovresti agire, non un potere o una forza che costringe o determina le tue azioni.
CitazioneCOMMENTO DI SGIOMBO:
Veramente non vedo in cosa contrasti con quanto da me sostenuto: il nostro agire é deterministico, rendersi conto del che non ci impone affatto un fatalismo inerte, non ci impedisce affatto di agire convintamente e magari con grande energia.
Più che deterministico io direi che si conforma a delle regolarità. "Deterministico" suggerisce che qualcosa di misterioso agisca e produca uno specifico risultato.

Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 18:35:20 PM
Citazione di: Wittgenstein
Si potrebbe dire che la decisione di una persona non è stata libera perché è stata determinata dalle leggi naturali? [...] Di primo acchito, per loro è estremamente curioso che le leggi naturali siano dopo tutto descrizioni generali di ciò che è accaduto, che ciò che sta per accadere dovrebbe costringere le cose ad accadere così come accadono. [...] Che diavolo significherebbe che la legge di natura costringe una cosa ad andare come va? La legge di natura è corretta, e questo è tutto. Perché mai si dovrebbe pensare alle leggi naturali come ad eventi costrittivi?

Le leggi di natura, se vere (cosa indimostrabile: Hume!) fanno sì che la natura divenga un un unico certo determinato modo e non in altri (pensabili, ipotizzabili); in un certo senso, per dirlo un po' antropomorficamente, "costringono" tutto ciò che naturale, noi compresi, a "fare quel che fa".
Ed è qui che le nostre visioni differiscono riguardo alla libertà. Le leggi di natura non sono altro che regolarità dei fenomeni, per questo sono leggi descrittive. Noto una regolarità e la formulo in un linguaggio... e questa diventa una legge di natura. Ma non c'è nulla di concreto dietro la legge di natura, è una descrizione appunto di una regolarità. Per questo le leggi di natura non determinano gli eventi... e parlare di "costrizione" da parte delle leggi di natura suggerisce un'immagine altamente forviante, oltre che errata.

Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 18:35:20 PMComunque anche qui non vedo come possa considerarsi un' obiezione a quanto da me sostenuto: negando il libero arbitrio (= casualismo) affermo proprio il determinismo intrinseco a ciascuno di noi, che può benissimo conciliarsi con l' assenza di costrizioni estrinseche, e dunque non é affatto necessariamente una sorta di "costruzione da noi subita".

Per me la libertà é assenza di costrizioni (o "necessitazioni") estrinseche.
Ma la questione del libero arbitrio (inteso come agire non determinato, non "necessitato") si risolve o negandolo (come faccio io; e come non riesco proprio a vedere in che senso non faccia tu, come pretendi), oppure affermandolo, come molti fanno (qualcuno anche in questa discussione).

Io posso negare la verità di una tesi ben definita e sensata. Ma io reputo proprio la questione del "libero arbitrio" frutto di confusione linguistica, quindi né la nego né la affermo, semplicemente noto come ci sia una sorta di nonsense.

L'uomo è libero quando può agire in base ai propri "stati mentali" (credenze, desideri, ecc.) e pure tali stati possono essere oggetto di riflessione e revisione. Non vi sono costrizioni interne o esterne che costringono in senso assoluto l'uomo, tutto qui.
#218
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PM
Ciao Sariputra.  
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene, x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?


Ma chi stabilisce che x è male per l'entità E ? Sempre e solo l'uomo secondo il suo giudizio su ciò che lui ritiene sia male anche per l'entità E.

Non condivido la risposta che ti sei data alla domanda. Io non stabilisco cos'è male o bene per E. Io dico che se E esiste allora non può essere nel mondo ciò che E considera male. Questa è l'argomentazione, nulla di più, nulla di meno.  :D

Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PMLa teodicea può avere valore come confutazione degli attributi che l'uomo  attribuisce all'entità E (onnipotenza, onniscienza, infinita bontà) e sempre e solo rispetto alla propria idea e definizione linguistica di onnipotenza, onniscienza e infinita bontà.
E' il contrario, la teodicea (cioè quella parte della teologia che vuole giustificare la presenza del male e l'esistenza di dio) non vuole confutare l'esistenza di E, se mai vuole confutare l'argomentazione di Epicuro.

Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 15:03:04 PMNon ha alcun valore rispetto al 'mistero' privo di attribuzioni umane. Bisogna sgomberare il campo dalla teologia cristiana che tanti danni ha fatto.
Quindi sei d'accordo con me che non possono coesistere E e il male (secondo E) nel mondo?

Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:32:46 PM
Mah... Dire che "Dio è onnipotente, infinitamente buono..." non ci dice però come agisce.

Per esempio sul tema della libertà: supponiamo che Dio impedisse all'uomo di fare certe azioni... Si comporterebbe in modo errato o in modo giusto?
Se io costringo "X" (agente dotato di libertà di scelta) di scegliere quello che voglio io farei una cosa giusta o no?
Ok, tu suggerisci come via d'uscita al paradosso di Epicuro di slegare la morale dall'agire. Se la morale non mi costringe a raddrizzare i torti, allora vi può essere il male e dio non essere obbligato a reagire.

Quindi chi utilizza questa via d'uscita al paradosso, però deve accettare una morale nella quale non vi sia alcun obbligo di aiutare il prossimo, o in generale di diminuire il male nel mondo. Passeggio per strada, c'è qualcuno che sta per morire di sete, a me non costerebbe nulla dargli dell'acqua, ma lo lascio morire di sete. Non molti sarebbero disposti a tanto al solo scopo di evitare il paradosso di Epicuro.

Ma in realtà il paradosso non è evitabile neppure adottando questa tua strategia. Perché non si tiene conto che è E stesso che ha creato l'universo e le regole di questo. Quindi non è tanto l'atteggiamento del girare la testa dall'altra parte se qualcuno soffre (fatico a chiamare questo un comportamento "morale", ma non voglio addentrarmi su questioni etiche qui), ma è l'essere responsabile di com'è fatto il mondo, di come funziona, e quindi responsabile anche del male.

Quindi qui non si parla di due esseri umani che si incontrano, iniziano ad azzuffarsi e E non interviene. E' più una sorta di E che crea il cancro e lo libera contro gli esseri umani.

Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 15:32:46 PMIl problema della teodicea è questo: noi ci costruiamo un concetto di bene e cerchiamo di "imporlo" a Dio. Se questo non ci soddisfa allora diciamo allora "Dio non esiste" (o peggio la posizione per cui "dio" è malvagio). Queste discussioni ci fanno capire cosa "buono" al "livello" divino non significa.
Non esiste "buono a livello divino" o "buono a livello umano". Ipotizziamo che E esista, allora non può creare un mondo con il male (che sia divino o meno, l'importante è che sia ciò che E ritiene "male").

Poi, ripeto, la strada più semplice è dire: "Ok, Epicurus, allora ti dico che non c'è male nell'universo."
Perfetto, ai fini di questa discussione sarei appagato, infatti è proprio quello che ci dice il paradosso: o c'è il male o c'è E, ma non entrambi.
#219
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
10 Ottobre 2017, 15:37:00 PM
Per rimanere propriamente in-topic dovrei forse limitarmi a dire che mi pare banale l'osservazione che non mi possa essere vitato qualcosa che mi è impossibile non fare. O, dualmente, se dobbiamo fare qualcosa, quella cosa ci deve essere possibile farla.

Ma vedendo che tutti sono interessati alla questione più generale del libero arbitrio, mi ci butto a capofitto anch'io.  ;D

A Sgiombo, ma non solo: mi pare che spesso si intendando le leggi di natura come le leggi giuridiche dell'uomo, cioè costrittive di comportamenti. L'unica differenza, secondo questa visione, è che le leggi giuridiche sono eludibili, mentre quelle di natura no.

Ma è davvero sensato dire che le leggi di natura ci costringono a comportarci in un modo o in un altro? Ovviamente le leggi naturali non sono degli agenti malevoli desiderosi di controllarci... Le leggi giuridiche sono leggi prescrittive, cioè hanno lo scopo di imporre (imprefettamente) un dato comportamento. Le leggi naturali, invece, sono descrittive, perché il loro scopo è di descrivere gli accadimenti del mondo. Parlare di vincoli, costrizioni e imposizioni riguardo le leggi naturali non può che essere frutto di un discorso metaforico.

Lascio la parola al fenomenale Smullyan:
Citazione di: Smullyan
Le tue azioni sono certamente in accordo con le leggi della natura, ma dire che esse sono determinare dalle leggi della natura crea un'immagine psicologica totalmente forviante; fa pensare cioè che la tua volontà possa essere in qualche modo in conflitto con le leggi della natura e che questa sia in qualche modo più potente di te e possa «determinare» le tue azioni, che la tua volontà entri mai in conflitto con la legge naturale. In realtà tu e la legge di natura siete la stessa identica casa. [...] Goethe ha espresso molto bene tutto ciò: «Nel tentare di opporci alla Natura noi, nell'atto di farlo, operiamo secondo le leggi della natura!» Non capisci che le cosiddette «leggi di natura» non sono altro che una descrizione di come appunto tu e gli altri esseri agite? Sono semplicemente una descrizione di come tu agisci, non una prescrizione di come dovresti agire, non un potere o una forza che costringe o determina le tue azioni.

E poi all'inimitabile Wittgenstein:
Citazione di: Wittgenstein
Si potrebbe dire che la decisione di una persona non è stata libera perché è stata determinata dalle leggi naturali? [...] Di primo acchito, per loro è estremamente curioso che le leggi naturali siano dopo tutto descrizioni generali di ciò che è accaduto, che ciò che sta per accadere dovrebbe costringere le cose ad accadere così come accadono. [...] Che diavolo significherebbe che la legge di natura costringe una cosa ad andare come va? La legge di natura è corretta, e questo è tutto. Perché mai si dovrebbe pensare alle leggi naturali come ad eventi costrittivi?

A questo punto si vede come una delle questioni più grandi del libero arbitrio sia, più che risolta, dissolta.

Poi, a dire la verità, non mi piace parlare di libero arbitrio. E' un termine propriamente filosofico che richiama, secondo me, un concetto metafisicizzato della libertà che se ben analizzato si dissolve interamente. Secondo me si può parlare tranquillamente di libertà nei termini di "essere libero da" ed "essere libero di", mentre il libero arbitrio, il voler volere svincolato da tutto e tutti è, ripeto, per me frutto di un uso scorretto del linguaggio.
#220
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PM
Io invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.
Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.
Questo male però può non apparire (essere ritenuto) come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
Ciao Sariputra.  :D
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene, x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?

Citazione di: InVerno il 10 Ottobre 2017, 12:42:44 PM
A mio avviso il conflitto logico scaturisce nel momento in cui si attribuiscono a Dio qualità di matrice panteista ( le varie omni-, che lo vedono permeare il Tutto e il Nulla) con qualità prettamente teiste (tra le quali la capacità di "azione"), due ordini di astrazione incompatibili tra loro e che generano questo conflitto logico-semantico che non ha alcuna possibilità di essere risolto se non attraverso un campo linguistico neutro (che non mi risulta esistere) dove un essere omnicomprensivo possa agire (nonostante sia esso allo stesso tempo il soggetto, l'oggetto e l'azione stessa). Per permettere una tale ipotesi è necessaria una "lingua franca" per poterla esprimere, il concetto di "mistero" (nella sua accezione "spirituale") è una delle parole che mi viene in mente di questo ben poco fornito vocabolario di idee, a cui tuttavia mancano predicati e soggetti. Si possono creare infiniti rompicapo sfruttando questa incompatibilità, dal masso che Dio non può alzare etc.

Ciao InVerno. ;)
Ma così si ricade secondo me nella questione linguistica, cioè su come deve essere usato il termine "dio". Ma questo non può che essere una convenzione. Invece, ritornando alla questione che reputo qui centrale: è logicamente possibile che esista l'ente E e che esista anche il male?
#221
La penso come Sgiombo, quindi in contrapposizione con Aperion.

Il famoso paradosso del mio omonimo (;D) è stringente, non c'è via di uscita.

O Dio vuole abolire il male, e non può; oppure può, ma non vuole; oppure non può e non vuole. Se vuole, ma non può, è impotente. Se può, ma non vuole, è malvagio. Ma se Dio può e vuole abolire il male, allora perché c'è tanto male nel mondo?

La questione non è se dio esiste o cosa si intende quando usiamo la parola "dio". Definiamo un ente come onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Ora, se esiste il male allora tale ente non può esistere. Questa è l'argomentazione. Quindi o sia accetta che il male non esista oppure che sia tale ente a non esistere. L'argomentazione per me è tra le cose più convincenti che potremo mai esibire su questioni "interessanti".

Ricorrere al concetto di mistero è a dir poco forviante. Un conto è la semplice mancanza di spiegazione, ma qui abbiamo un'argomentazione forte e convincente della sua impossibilità. Se vogliamo mantenerci ragionevoli ciò ci dovrebbe portare a rifiutare che possa esistere un tale ente in contemporanea con il male nel mondo; se, invece, non ci interessa nulla della ragionevolezza e vogliamo credere a tutti i costi, nessun problema. Mi pare più pertinente ed interessante qui scoprire quali tesi siano ragionevoli, anziché convincere il prossimo a credere a tali tesi.

Aperion, inoltre, non capisco quanto tu scrivi: <<i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;>>

Che cosa vorresti dire in questo caso?

Inoltre, mi pare che rispondere a questo quesito con la tesi della divinità non personale o della moralità non umana sia non centrare il quesito, ma parlare d'altro. Può o non può esistere un ente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono in un universo in cui c'è il male? Questo è il problema.  :)
#222
Non solo c'è il caso di Jean per uscire facile facile dal paradosso, ma si può evitare il paradosso usando gli stessi viaggi nel tempo. Mi spiego meglio:

Al tempo X3 vai indietro nel tempo al tempo X1 per uccidere tua nonna.
Al tempo X1 tu uccidi tua nonna.
Al tempo X2 nasce da tua nonna.

Paradosso? Non necessariamente:
Potrebbe essere che tua nonna sia una viaggiatrice del tempo e abbia visitato il tempo X2 dove ha concepito tua mamma, poi è tornata indietro e al tempo X1 è stata uccisa.

Oppure, più semplicemente avevano conservato i suoi ovuli, oppure scopri che in realtà quella non è la tua vera nonna.

Ci sono vari modi per preservare la regola aurea del "ciò che è accaduto è accaduto" e mantenere la coerenza dei viaggi nel tempo.

Oppure si può abbandonare l'idea di viaggiare nel tempo, e parlare di viaggiare in universi paralleli ai nostri (avendo così l'impressione di "riscrivere" il passato).

Comunque suggerisco a tutti di guardare il film del 2014 Predestination . ;)
#223
Citazione di: paul11 il 27 Settembre 2017, 11:45:46 AM
ciao Epicurus,
adatto che sono d'accordo con te e tu sei addentro e gli sviluppi della IA insieme a quelli della quantistica e bioingegneria impatteranno prima del previsto trasversalmente sulle scienze e sulle esistenze umane, volevo chiederti:
1) a tuo parere è possible (o meglio sarà possibile) che ad un certo punto una IA si autoprogrammi?

In un certo senso, come dicevo, questo è già il presente. Moltissimi prodotti software (riconoscimento foto, antispam, motori di ricerca, etc...) adoperano un approccio di machine learning. In pratica, invece di programmare esplicitamente il comportamento del programma, si fornisce a questi gli strumenti per imparare per tentativi dal mondo esterno.

Citazione di: paul11 il 27 Settembre 2017, 11:45:46 AM
2) potrà costruirsi un barlume di "coscienza" morale? Un'empatia primordiale ad esempio, il soffrire o gioire in funzione dei "rumors" ambientali?
Trascurando la questione della coscienza come "visione soggettiva di sé e del mondo", i programmi potranno manifestare comportamenti di sofferenza o di gioia in modo sempre più raffinato. Questo non è assolutamente impossibile, anzi, in parte è già stato implementato. Naturalmente non sono raffinati come gli esseri umani, ma è una cosa decisamente fattibile. Il difficile è solo rilevare i sentimenti altrui, ma ci sono già molti programmi che analizzano, ad esempio, ciò che le persone scrivono sui social network e determinano carattere, gusti estetici, ideologia politica e persino umore del momento del soggetto.

Questa è la parte dell'empatia. Poi c'è la parte del codice morale. Questa è una questione molto sentita in merito alle auto che guidano da sole, dato che dovranno essere dotate di una bussola morale per gestire gli incidenti. Questo campo, invece, è il più banale tecnicamente... attualmente la difficoltà è di ordine filosofica, cioè scegliere quale codice morale far adottare alla macchina.
#224
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2017, 17:55:30 PM
Citazione di: epicurus il 26 Settembre 2017, 14:47:03 PM
Mantenendo le mie obiezioni espresse nel mio post precedente alla tesi "il creato deve necessariamente essere inferiore al creatore", effettivamente c'è anche la questione delle ai che si evolvono, cioè di fatto modificando la propria programmazione in base agli stimoli ambientali.

Mario, tu dici che l'ai non può raggiungere un livello d'intelligenza superiore a quanto immesso dal creatore. Ma ciò è banalmente falso. Ci sono ai stupidissime con un grado di intelligenza che potremmo dire tendente allo zero, ma poi con sessioni di addestramento evolvono e raggiungono vari livelli di intelligenza, aumentando sempre di più tale livello.

Ne è un esempio anche AlphaGo, il programma di cui ho parlato precedentemente che gioco al gioco del Go. Col passare del tempo diventa sempre più forte: ogni partita che gioca impara cose nuove, cose non insegnate dall'uomo, perché neppure l'uomo conosce. Ora è un livello tale che probabilmente per imparare cose nuovo non può che giocare contro se stesso... e infatti sembra che ora il miglior insegnante per AlphaGo sia proprio AlphaGo: in pratica fanno giocare ad AlphaGo milioni di partite contro se stesso.
E d' altra parte se ci si pone (come me) in una prospettiva naturalistica, allora si deve gioco forza pensare che nulla di soprannaturale avviene in natura.

Nemmeno l' esistenza e l' attività umana.

E sebbene per parte mia sia decisamente "pessimista" circa un' eventuale realizzabilità di fatto (o forse sono piuttosto "ottimista in generale", se consideriamo i non improbabili e tutt' altro che facili problemi etici e politici -in senso decisamente "lato": allargato all' "animale politico artificiale", non solo limitato all' uomo "naturale"- che ciò comporterebbe*), tuttavia in linea di principio, rispettando rigorosamente (e comunque inderogabilmente) ed applicando "appropriatamente" le leggi di natura (ammesso e non necessariamente concesso che si disponga di conoscenze e di mezzi materiali adeguati), tutto ciò che accade spontaneamente in natura é riproducibile artificialmente.

Anche l' intelligenza (e perfino i sentimenti, la creatività artistica, ecc., in linea puramente teorica, di principio) umana.

(Considerazione propriamente filosofica sulla questione, almeno a mio parere):
Non é comunque detto che ciò comporterebbe, oltre all' ipotetica riproduzione del comportamento umano (apparentemente) cosciente, anche la realizzazione di un' (autentica) esperienza fenomenica cosciente che lo accompagnasse: non é possibile dirimere i dubbi sulla "realizzabilità multipla" (né in natura, né artificiale) della coscienza: potrebbe darsi che qualsiasi macchina che si comporti come un animale cosciente, fosse pure fatta di "formaggio svizzero" (ma personalmente preferisco gli italiani Grana Padano, Parmigiano-Reggiano, Provolone piccante, Gorgonzola piccante...), sia cosciente; ma altrettanto plausibilmente potrebbe darsi che invece soltanto una realizzazione "neuronale naturale" non costituisca un mero zombi privo di coscienza e vi corrisponda invece effettivamente un' esperienza fenomenica cosciente (e per l' appunto da qui sorgerebbero problemi etici e politici estremamente ardui).

Un tempo ero più pessimista sulla su vicina realizzabilità, ora penso invece che sia possibile che entro la mia vita vedrò superato il test di Turing da una macchina. Ma non ho molto da dire a riguardo, essendo più un'intuizione basata su una mia generale lettura dello stato dell'arte del settore dell'ai.

Riguardo alla coscienza (o autocoscienza, o prospettiva soggettiva di sé e del mondo), la questione è molto complicata. Ma in questa sede ci potremmo limitare a dire che le eventuali future macchine davvero intelligenti sarebbero sulla stessa barca degli umani riguardo la coscienza.

Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2017, 17:55:30 PM* Chiedo scusa, in particolare ad Epicurus che se ne é già giustamete lamentato, per l' involuzione dei ragionamenti, "fitti" di proposizioni sintatticamente subordinate e di interpolazioni fra parentesi e fra "trattini": é più forte di me!
Sgiombo, avevo fatto delle osservazioni "tecniche", sul tuo uso della citazione (la funzione quote). Non è mai stata mia intenzione fare osservazioni sul tuo stile di scrittura. :-[ 

Citazione di: paul11 il 27 Settembre 2017, 00:09:21 AM
Fin quando il "comportamento" dell'automa, computer, ia, è determinato da algoritmi sequenziali  tutto e prevedibile e circostanziato. Nel momento in cui. simile all'uomo, l'ia, acquisisce esperienza e comincia a scegliere "lui" quale algoritmo è opportuno sceglier, avviene un secondo salto.
[...]
quando l'ia, avrà la possibilità di avere una sorta di una moltitudine di algoritmi, da cui scegliere può essere che entri in una sorta di confronto fra ambiente sensoriale e quegli algoritmi che per quanto abbia possibilità di scelta, l limitano "linguisticamente".
il vero salto finale è quando la ia, potrà costruirsi da solo gli algoritmi.

Paul, con tutti gli attuali limiti del caso, ciò è già presente. Il machine learning, cioè l'apprendimento automatico, è uno dei campi informatici più in crescita. Lo stesso, già citato, AlphaGo "impara" da solo... ma il machine learning è ormai davvero onnipresente.

Aggiungo anche un altro fatto che viene dal mondo informatico, un'ai ha partecipato ai test per l'ammissione ad una delle più prestigiose università di Tokyo. L'ai ha fatto meglio dell'80% degli altri partecipanti umani (il test d'ammissione comprende 7 sezioni, che include matematica, inglese, scienze, e un tema). Anche qui, ci sono ancora tantissimi limiti in questa ai, ma il risultato è comunque notevole.
#225
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
26 Settembre 2017, 14:51:45 PM
Citazione di: Mario Barbella il 25 Settembre 2017, 18:54:45 PM
Caro Epicurus, innanzitutto ti ringrazio di questo tuo intervento che mi offre la possibiiltà di chiarire un punto importante: NO!, non è affatto vero che io veda una qualche uguaglianza tra l'Osservatore e la MdT!  Anzi mi sforzo di sostenere la assoluta differenza tra i due termini: l'Osservatore è la Mente Cosciente unica nell'Universo, anzi, che "impasta" quest'ultimo ed è I'intelligenza in assoluto mentre la MdT (o intelligenza artificiale)  è una costruzione progettata e realizzata dall'Osservatore (o mente cosciente) per imitare qualcosa di Se stesso riuscendovi solo in piccolissima e, soprattutto, incompleta parte. Questa incompletezza e ciò che differenzia l'IO da DIO, quest'ultimo  assunto a modello della Conoscenza (o perfezione) assoluta.[/size]

Non ho capito se secondo te anche l'essere umano è un osservatore o no.