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Messaggi - Visechi

#211
Al di là di alcune divagazioni poco attinenti, se non addirittura strampalate, mi pare fossimo giunti ad individuare alcuni elementi che, in concorso o in conflitto fra loro, partecipano fattivamente alla costruzione del processo storico:
Le masse, denominate così in modo spregiativo, meglio i popoli, le comunità umane. L'energia che la moltitudine umana è in grado di esprimere deve però sempre essere incanalata. A questo punto intervengono altri fattori che piegano gli eventi affinché prendano quella direzione anziché un'altra. L'individuo che riesce a coagulare intorno a sé la potenza espressa dalla moltitudine, se non addirittura a far esplodere questa energia. Per comodità l'abbiamo definito l'eroe. Ma né quest'ultimo né l'energia espressa dal popolo possono essere attivate se non intervenisse anche un fattore esogeno: la maturazione dei tempi... sempre per comodità: il climax. Come ultimo elemento abbiamo anche - finalmente - concesso cittadinanza al caso, all'imponderabile.
Il mix di tutti questi elementi determina gli eventi storici che rimarrebbero inauditi e quindi mai accaduti se non subentrasse, in ultima analisi, la narrazione. Ulisse non sarebbe mai esistito (posto che lo sia) se La tradizione omerica non ci avesse donato l'Odissea e l'Iliade. Gesù sarebbe un perfetto sconosciuto, quindi mai esistito, se non ci fossero le narrazioni gesuane.
#212
Sempre più criptico.
#213
Citazione di: Ipazia il 11 Settembre 2024, 20:05:52 PMLaddove l'abilità del surfista non è casuale, ma sagacemente costruita. E la virtù s'impone sempre.
Laddove il caso è corso in soccorso della virtù del surfista offrendogli l'opportunità di cavalcare l'onda giusta per esaltare proprio le di lui virtù. E la virtù ringrazia.
#214
Bene! Non avevo dubbi: il ricusato 'caso' s'impone sempre.
#215
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 20:17:59 PMNo, come abbiamo detto intervengono fattori  imprevedibili di fatto, o prevedibili ma ignorati, come il cambiamento climatico, che farà la storia dei secoli a venire.
Bisogna tenere conto anche di una ''inerzia della massa'' a prendere coscienza, se è vero che è da almeno da 50 anni che il processo di presa di coscienza ecologica si  è messo  in moto senza essere giunto ancora a compimento.
Bene! Le cose si complicano. In effetti, la storia non è altro che un costituente complesso di quel segmento che si interpone fra due nulla.
Oltre alle masse (che è un epiteto dispregiativo per definire la volontà del popolo), abbiamo enucleato l'azione del singolo, che, per comodità espressiva, abbiamo identificato con l'eroe (quanta storia hanno costruito gli eroi classici). Ora, però, rileviamo anche l'interazione, indispensabile - direi io -, di un altro attore, quello che io, sempre per comodità, definirei 'maturazione dei tempi', senza la quale le masse non giungerebbero alla giusta coscienza per attivarsi ed andare a costituire quell'indispensabile tassello di cui la narrazione storica non può fare a meno.
NEl prosieguo rileveremo, finalmente, l'azione del 'caso', a cui dovremo, piaccia o no, tributare i giusti onori.
#216
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 17:57:18 PMCerto Garibaldi sembra davvero un eccezione.
In generale credo comunque che un Garibaldi, un Napoleone, o un Hitler, lo si trovi sempre, pronto a cogliere l'occasione, nel bene e nel male, quando il momento storico matura.

Di contro: che si direbbe di Garibaldi oggi senza le masse che lo hanno seguito? 
La storia che lo ha coinvolto e che lui ha contribuito a costruire sta in piedi solo se si tiene conto di entrambi i fattori: l'uomo e la massa, il popolo. In assenza di uno non ci sarebbe l'altro.
Ma son questi gli unici veri ingredienti dell'evento, i soli protagonisti?
#217
Riflessioni sull'Arte / L’ARTE
10 Settembre 2024, 18:08:42 PM
Mi son chiesto tante volte perché al cospetto di un'opera d'arte accade che si sia colti da un sommovimento che scuote i sensi, che fa vibrare l'anima fino alla commozione. Si è come avvolti in una sorta di fluido impalpabile che, sortendo fuori dall'opera, prende dimora nei sensi, scuotendoli e innervandoli, e che offre l'accesso ad un mondo emozionale inusitato. Quali caratteristiche possiede questo fluido è un mistero; di quali ingredienti è composto, che calore e colore lo intridono, non è dato saperlo. Certo è che non può trattarsi solo di un ingrediente estetico, perché, se così fosse, essendo i canoni della bellezza soggetti al divenire, muterebbe con essi anche il nostro modo di rapportarci con questo mondo. Eppure, lo sappiamo bene, esistono opere eterne, che inducono sensazioni vive e commozioni simpatetiche dell'animo del suo creatore. La creazione artistica è di fatto l'apice delle facoltà creative dell'uomo e la sensazione che se ne ricava è di trovarsi al cospetto di un livello di creazione, seppur inferiore, quasi un bagliore fiammeggiante, in grado però di emulare quella divina. Credo che sia per questa ragione che sia in grado di scuotere l'anima e condurre entro mondi intrisi di spiritualità.
 L'arte ha una sua peculiarità. Soprattutto quando è espressa in versi, lascia aperte tante porte. Non è ordine, ma kaos, dall'etimo che noi abbiamo scordato: una bocca aperta che si offre a più possibilità. È proprio in questa particolarità che risiede il suo incanto, perché la rende fruibile in eterno. Essa non deve rendere passivo l'interlocutore, come se si trovasse di fronte ad un freddo resoconto ragionieristico, lo deve stimolare, suscitando, interrogando e risvegliando le sue capacità di ascolto, spesso sopite.
 Il fluido che attraversa la tela, che erompe dalle note o che emerge dal componimento letterario cela al suo interno l'essenza del suo autore. Compenetrato nell'opera d'arte c'è, infatti, l'Uomo o la Donna che hanno composto, musicato e poetato, con i suoi elementi costitutivi, in un equilibrio reso stabile e immodificabile dalla composizione artistica stessa, che è quella, non altra. L'opera d'arte, qualsiasi essa sia, è dunque un resoconto fotografico della realtà emozionale dell'autore. In ogni quadro, in ogni verso o racconto o pentagramma è inciso l'animo di colui o colei che ha composto l'opera.
 A chi osserva spetta l'arduo e bellissimo compito di leggervi l'animo, lo spirito, le passioni ed emozioni di chi ha 'creato'. Nell'assolvere a questo difficilissima funzione 'vediamo' e 'leggiamo' attraverso le nostre emozioni e passioni. Si viene così a creare un'interazione inedita fra 'lettore' ed autore.
 Due emozioni, due sentimenti, due anime che, tramite l'opera, s'incontrano, oltre il tempo e lo spazio. Questa interazione è, a sua volta, fonte di un'incredibile inedita e bellissima realtà relazionale. L'opera d'arte svolge l'incredibile compito di mediare, fra cielo e terra, fra flussi emotivi distanti e distinti.
 Nell'arte sono ravvisabili ben tre sfere emotive: quella del 'lettore' (chi percepisce), quella dell'autore (il 'creatore') ed una terza impalpabile che è la somma delle due ed anche e soprattutto un qualcosa in più rispetto a questa somma: è la relazione fra umani.
 L'arte è mutevole perché muta forma e sostanza in dipendenza dei diversi animi e delle diverse emozioni di chi l'ascolta ed osserva. Crea un'emozione che si trasfigura sulla scorta delle instabili emozioni dei diversi soggetti che 'leggono'. È un arcobaleno cangiante che muta i propri colori ogni volta che l'osservi. È autogenerativa, giacché nutre l'animo dell'Uomo, arricchendolo, e da questa ricchezza generata attinge nuova linfa, di ritorno, per perpetuarsi. È la sublimazione dell'essere, in cui si raccordano i sentimenti e le passioni. In essa sono contenuti e ricompresi i frammenti dell'Uomo, e la sua ricomposizione è la ricomposizione dell'Umanità.
 Leggere una poesia è compiere un viaggio fra emozioni e sentimenti sempre nuovi, che si rinnovano ogni volta che si ripercorrono i sentieri tracciati dai versi. È anche effettuare un tuffo, rinunciando a qualsiasi protezione o difesa, per immergersi dentro un abisso ribollente di magmatiche sensazioni, la cui profondità resta celata anche dopo che si è raggiunto il fondo. Significa lasciarsi sommergere ed avvolgere da fluidi di emotività liquida, le cui increspature sono intinte nel sentimento più vivo, screziandosi dei colori che il tenue chiarore di una lamina di luce mostra in tutta la sua cangiante iridescenza.
 Ci si apre a nuovi mondi, addentrandosi nel chaos dell'anima. Percorrere gli erti vicoli tracciati dai versi significa anche, e in special modo, fare l'incontro con se stessi, perché è l'emotività personale ad essere suscitata. Dietro ogni verso è celato il mondo interiore dell'autore/autrice che neppure il viaggio di un esperto speleologo riesce a riportare alla luce. Ed è questa la vera delicata magia generata dall'arte, perché in assenza di appigli certi e di stabile terreno entro cui affondare le radici delle certezze, si supplisce con l'instabilità del flusso emotivo personale che si genera nell'immersione totale nell'onda di sensazioni ricche di calore, suoni e colori nuovi.
 Il sentimento del poeta, cristallizzato nel testo scritto, man mano che i versi si dispiegano, va a raschiare il fondo dell'anima di chi quei versi li legge, generando, per sommatoria, un denso vapore di commozione che con levità va ad insinuarsi fra le pieghe del componimento, intridendolo di senso. La vera creazione artistica non è la poesia, la musica o il dipinto, ma proprio questa delicata miscela emotiva che si genera ogni volta che un'anima incontra e si confronta con l'anima del poeta, del musicista, del pittore.
 Questa è l'arte! Ed è per questo motivo che un'opera d'arte è sempre viva, e lo sarà in eterno, almeno fintanto che ci saranno anime che con essa entreranno in contatto.
 Non serve conoscere genesi, storia e circostanze che hanno concorso a realizzare la creazione, queste informazioni possono essere utili ed indispensabili per un convegno o un documento di analisi critica dell'opera. Ma quando non si hanno le conoscenze tecniche necessarie per questa 'sterile' (?) attività, l'arte può essere fruita più liberamente attraverso l'emozione che induce, che fra l'altro è il prodotto più ricco, bello, colorato e musicale dell'opera. Non saper riconoscere le note di un piano, ma ascoltare i notturni di Chopin o le note dolenti del piano di Keith Jarrett può inebriare e rendere del tutto superfluo distinguere le scale di Do da quelle di Sol (posto che esistano).
 Noi umani non siamo esseri esclusivamente razionali, ma soprattutto siamo anime che generano e si nutrono di emozioni: ciò che più d'ogni altra cosa insaporisce l'esistenza. Per cui, si può gioire di non saper segnalare l'esistenza dei tropi, delle metafore e delle altre figure retoriche, o distinguere fra idilli, elegie, sonetti in esametro o altra metrica, o di altri tecnicismi che fanno di uno scritto, un dipinto, un brano musicale un qualcosa di diverso da un semplice prodotto commerciale. Spesso è sufficiente riconoscere quegli ingredienti che sono attinti dal profondo dell'anima e non suggeriti dalla tecnica. E di questi si gode e ci si nutre. Evidentemente, lo spirito è in grado di godere, ed è uno stupendo godimento, della gioia donata dall'ignoranza tecnica, che lascia il campo libero a quella emotiva, alla sinestesia di verbi ed aggettivi visti e percepiti in dolci o grevi suoni, tenui o furenti colori, delicati o acri profumi, tepore o freddo pungente, brezza che accarezza o bufera che sferza il cuore. 
#218
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 10:23:18 AML'eroe è una necessità narrativa. Una semplificazione.
Diversamente come è possibile raccontare la storia di una massa ?
Il rischio è che poi qualcuno creda davvero che a fare la storia siano gli eroi, assimilando la narrazione a ciò che viene narrato.
Senza un Garibaldi che sarebbe stato "dell'unità d'Italia"?
È possibile immaginare un esito diverso o un percorso più rocambolesco?
La massa spersonalizzata e priva di identità è davvero l'unica protagonista della storia?
O forse 'l'eroe' è colui che riesce ad incanalare l'energia che la massa è capace di produrre se opportunamente stimolata.
#219
Citazione di: Ipazia il 09 Settembre 2024, 13:55:34 PMLa neve benedetta e le temperature polari hanno cambiato la storia di chi voleva stanare l'orso russo, augurandogli ogni bene.
Interessante il breve saggio in calce al romanzo che racconta l'evento da te citato. (Rettifico, non l'evento da te citato, ma quello precedente è abbastanza analogo)
La storia non la costruisce il singolo eroe, è costruzione umana intesa come massa, folla... non troppo distante da quanto asserisce il Manzoni.

Entrambi non attribuiscono un'identità ed un carattere ben definito a questo 'coagulo' umano da cui si genera la storia. Non ci sono Stalin, Napoleone, Hitler o Mussolini o Churchill. La storia, in mano a Tolstoj, assume i connotati di un Fato ineludibile
#220
Ah! Interessante.
Hai notato quanto è invalsa l'abitudine di ragionar degli elefanti disquisendo senza requie della conformazione dei pori della sua pelle? Accade! Alla fine si sa tutto sui pori e sulla pelle, ma non si riesce a distinguere un elegante da un topolino.
#221

È l'esistere che, in quanto comunicazione, cerca di tornare a Essere


Con me sii semplice, sono un ignorante e certe sottigliezze non le capisco.

#222
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2024, 14:47:33 PMHo senz'altro contezza di eventi che non sono mai avvenuti.
Perché la narrazione può benissimo essere falsata.

Se un evento intercetta te, allora esiste, se no non esiste...
Ma se intercetta te e non me?
Allora esiste e non esiste?
Certo, la storia è relazione ed è storia proprio in virtù di questo evento. Se hai contezza di una narrazione falsata, è la narrazione che diventa storia.
L'esperienza di Gesù, in questo ambito, è esantematica.   
#223
Racconti Inediti / FRA VAPORI DI SOGNO
09 Settembre 2024, 14:43:10 PM
Era triste, quel giorno. 
Non ne conoscevo le ragioni ed avevo timore ad indagare. Il suo mondo interiore, profondo come gli abissi del mare, è stato per me un mistero che mi ha sempre affascinato e, al tempo stesso, sconcertato ed emozionato. 
In un tenue sussurro, quasi impercettibile, come se parlasse fra sé e sé, la udii declamare alcuni versi che stentai ad individuare e collocare nel corretto scaffale della mia labile memoria:
"Ma nel cuore
nessuna croce manca.
È il mio cuore
il paese più straziato."
 
Ne fui immediatamente colpito, ma, non so perché, mi trattenni dal domandarle cosa stesse mormorando. Lei sollevò lo sguardo e mi sorrise. Un sorriso, triste, melanconico e dolcissimo, che aprì una profonda fenditura nel mio desiderio di evitare di farmi risucchiare all'interno del crepaccio che introduce nell'antro buio del suo mondo di struggente nostalgia denso di vapori color pastello e bigio come il fumo di un camino.
Un po' titubante le domandai a chi appartenessero quei versi.
"Ungaretti", rispose un po' stupita.
"Come mai?"
Tacque, quasi volesse escludermi dai pensieri che in quel momento affollavano la sua mente. Proseguimmo a camminare sotto il sole che già cominciava a scaldare l'aria. Non riuscii a celare dietro un sorriso il mio fastidio, lei lo colse e con calma prese a far cantare il suo cuore colorato:

"La particolarità del cuore degli uomini è che fintanto non s'inaridisce, come una polla d'acqua sorgiva, non smette di sgorgare le proprie lacrime o la propria gioia.
Il cuore è un'immensa fucina d'emozioni e le emozioni sono gioia e dolore.
La fine della sofferenza è l'ignoranza. Tante volte ho cercato di imporre al mio cuore di non soffrire e di lasciar che la Vita gli scorresse intorno senza portarlo via con sé. Ma la mente in certe situazioni serve a ben poco, il cuore non sente ragioni, ed è perciò che è anche il punto più dolente, più esposto alle intemperie e all'inclemenza del tempo. La logica rassegna pezzi di realtà che il cuore ricostruisce in un unico caleidoscopico mondo. Le emozioni leggono la realtà e io non so perché un tramonto un giorno mi fa piangere, un altro, invece, mi culla trascinandomi lontano dagli affanni, in un mondo che non c'è, ma che vive dentro di me. Quel che colpisce il cuore è un soffio invisibile, che penetra dentro tramutandosi in tempesta, sia essa un caldo e suadente vento che induce alla danza, oppure un ghiaccio vento del nord che spira con forza, svigorendo e sfiancando, trasformando il ribollio in vitrea materia ipodermica.
Non ho sensi che osservano. Quel che va ad abitare la mia anima si insinua attraverso ogni poro della pelle che entra in contatto con questo flusso che prosegue il suo corso a prescindere da me, da noi tutti, eppur sempre in connessione con ciascuno di noi. "

Le sue non erano parole, ma un leggero alito che si confondeva con quello del vento, che leggero spirava.

"So che non capisci, che il mio mondo è fatto di fantasmi che non fanno cigolar catene ma emettono un suono alle volte sinistro, altre dolce come la musica di un pianoforte, ma la vita non è un evento da disquisire, non è un ragionamento che conduca ad una dimostrazione empirica. In essa vi è della luce, come vi è l'ombra prodotta da questa luce, e il mio bordeggiare m'insinua alternativamente entro ciascuna di queste due aree. Ma non vi è mai uno stacco completo, nitido e definito che ne marchi il confine, spesso le due aree si compenetrano, avvolgendosi in unica spirale, e io, mossa da forze centripete, nel suo centro cado, oppure son preda di venti centrifughi che mi respingono. Non è facile essere vento e seguire il moto circolare di questo uragano, perché nel momento in cui divento parte di esso, soffro per il male di cui son causa io stessa. E non è neppure facile permanere nell'occhio del ciclone, perché la vita fluisce ad una velocità superiore ai miei mezzi, alle mie forze. Ma tutto questo non è voluto da me."

Tacque. Era il momento che più mi procurava ansia ed angoscia. Ebbi un fremito, non sapevo cosa dire, ero confuso e profondamente turbato. Mi fermai, l'abbracciai forte per farle sentire lo sconquasso che provavo dentro. Capivo che il suo male progrediva e paventavo il momento in cui sarebbe andata via, come vapore fra il vapore delle nubi, lasciando che marcissi dentro a macerarmi l'anima per una gioia che non poteva e non sapeva esplodere. In quel momento ella svanì, rientrando nel suo mondo fatto di tenui foschie che riempivano l'aria che respiravo.

Non so se mai ci incontreremo.
#224
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2024, 13:54:56 PMCosa c'entra l'agire umano con il testimoniare un evento?
E l'evento che si testimonia non poteva essere comunque prevedibile?

Che senso ha distinguere gli eventi storici tra imprevedibili e dovuti all'agire umano? E tutto il resto?

Non fa rumore un albero che cade senza che nessuno ne sia testimone?
Come si fa ad affermarlo?
Se vi è qualcuno presente, allora fa rumore, in caso contrario no?
Che abbia fatto comunque rumore non può essere dedotto? È proprio necessario testimoniarlo?
Già, non vi è narrazione, men che meno storia se non vi è testimonianza di quell'evento... manca ed è assente addirittura l'evento stesso, che si rende concreto e si storicizza solo quando una narrazione lo rende storia.

Hai tu per caso contezza di qualcosa che non sia mai accaduto?
Allo stesso modo tu (intendi nessuno) puoi aver contezza di un qualcosa privo di narrazione. Ciò perché la storia è relazione. E non può esservi rumore se non vi è chi possa testimoniare la caduta di un albero. Come non vi era evento cosmico prodotto da qualche supernova fintanto che le sue conseguenze non hanno intercettato l'esistenza umana. Quando un umano deduce qualcosa, entra in relazione con quel qualcosa che deduce, con l'evento, producendo così la storia.
#225
No! Se gli eventi, gli accadimenti, i fatti non intersecano l'umano, non sono storia, lo divengono e lo sono quando e se intersecano l'umano.

Un albero che cade senza che nessuno possa essere testimone della sua caduta, produce rumore?