Adatto che lo hai posto in filosofia l'argomento adducendo la modernità come imputato e sottolineo giustamente, il focus sarebbe nel periodo dei primi decenni del Novecento, quando ci fu la crisi della Bella Epoque e della scienza, nelle analisi di Husserl e del suo discepolo con cui ci furono contrasti, Heidegger.
Husserl in una sua opera sulla crisi delle scienze, pensa che la crisi dell'uomo, in quanto produttore delle scienze e delle tecniche, sia da porre nella "dimenticanza" degli insegnamenti della tradizione greca. Heidegger, al contrario ,pensa che la colpa sia nella preistoria della filosofia metafisica, in quanto dominio e impossessamento di tecniche. Heidegger ritiene che questa uomo disumanizzato sia dato dalla contrapposizione fra Physis e Techne, fra natura e tecnica, in cui quest'ultima ha vinto disumanizzando. La sua intuizione nasce da Arisitotele che suddivide la Physis come capacità di potere apparire e riprodurre da sé, mentre la Tecnhe è l'artefatto umano che appare per volontà umana ,ma incapace di riprodursi da sé.
Filosoficamente quindi l'indagine andrebbe posta nelle analisi di Husserl prima ed Heidegger dopo, quanto meno come indizio. Per questo Heidegger fa "rinascere" filosoficamente il termine Essere come capacità di potenza fra i tanti enti di potersi pro-gettare. Adatto che la disamina è veramente "enorme" preferirei qui glissare.
Ciò che emerge è che le analitiche di quell'IO sono da una parte una soggettivazione, in quanto io che predica una conoscenza, e dall'altra una oggettivazione, in quanto quell'io viene sezionato come su un tavolo anatomico come "parti" perdendo la relazione fra uomo-vita-esistenza- significati-autenticità.
Noi siamo nel pieno del tempo della tecnica, come produzione, come artefatto, tanto che i ritmi non sono la physis, la natura, ma sono economici, finanziari, relazioni attraverso social, media, tecnologie. Tutto ciò ha assoggettato l'uomo ormai inconsapevolmente.
Quello che oggi chiamiamo "complessità" disarmante è il prodotto di volontà di possedere le conoscenze per creare altri artefatti, un "uso" della natura, passando per la tecnica per fine di potenza umana. Non ci siamo accorti, diciamo così, che questa frenesia ha alla fin fine posto lo stesso uomo che lo ha prodotta, schiavo e assoggettato, tanto da estraniarsi, alienarsi, diventare "altro da sé", così oggi ci è praticamente impossible uscirne.
L'uomo disumanizzato è il risultato dell'enfasi salvifica sulla tecnica e di una filosofia che voleva essere da supporto alle nascenti scienze di alcuni secoli fa.
Husserl in una sua opera sulla crisi delle scienze, pensa che la crisi dell'uomo, in quanto produttore delle scienze e delle tecniche, sia da porre nella "dimenticanza" degli insegnamenti della tradizione greca. Heidegger, al contrario ,pensa che la colpa sia nella preistoria della filosofia metafisica, in quanto dominio e impossessamento di tecniche. Heidegger ritiene che questa uomo disumanizzato sia dato dalla contrapposizione fra Physis e Techne, fra natura e tecnica, in cui quest'ultima ha vinto disumanizzando. La sua intuizione nasce da Arisitotele che suddivide la Physis come capacità di potere apparire e riprodurre da sé, mentre la Tecnhe è l'artefatto umano che appare per volontà umana ,ma incapace di riprodursi da sé.
Filosoficamente quindi l'indagine andrebbe posta nelle analisi di Husserl prima ed Heidegger dopo, quanto meno come indizio. Per questo Heidegger fa "rinascere" filosoficamente il termine Essere come capacità di potenza fra i tanti enti di potersi pro-gettare. Adatto che la disamina è veramente "enorme" preferirei qui glissare.
Ciò che emerge è che le analitiche di quell'IO sono da una parte una soggettivazione, in quanto io che predica una conoscenza, e dall'altra una oggettivazione, in quanto quell'io viene sezionato come su un tavolo anatomico come "parti" perdendo la relazione fra uomo-vita-esistenza- significati-autenticità.
Noi siamo nel pieno del tempo della tecnica, come produzione, come artefatto, tanto che i ritmi non sono la physis, la natura, ma sono economici, finanziari, relazioni attraverso social, media, tecnologie. Tutto ciò ha assoggettato l'uomo ormai inconsapevolmente.
Quello che oggi chiamiamo "complessità" disarmante è il prodotto di volontà di possedere le conoscenze per creare altri artefatti, un "uso" della natura, passando per la tecnica per fine di potenza umana. Non ci siamo accorti, diciamo così, che questa frenesia ha alla fin fine posto lo stesso uomo che lo ha prodotta, schiavo e assoggettato, tanto da estraniarsi, alienarsi, diventare "altro da sé", così oggi ci è praticamente impossible uscirne.
L'uomo disumanizzato è il risultato dell'enfasi salvifica sulla tecnica e di una filosofia che voleva essere da supporto alle nascenti scienze di alcuni secoli fa.