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Messaggi - Apeiron

#211
Citazione di: viator il 18 Ottobre 2018, 21:15:15 PM
Salve Apeiron. Circa "perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare", la matematica, oltre a presentare la caratteristica illustrata da Ipazia, fissa certe regolarità in modo da inscriverle in un sistema al cui interno le condizioni, a differenza che nella realtà, sono rigidamente fissate ed invarianti e non appunto discrete e fluttuanti.

Fissa cioè  le premesse perché il risultato sia loro conseguenza. E' quindi ovvio che funzioni.

Essa dice : viene creato l'ambito matematico il cui requisito esistenziale è che 1+1 faccia sempre 2.

Nella realtà invece può capitare che 1+1 faccia 2, 3, 4, 5 etc.
Succede con il sesso ed è funzione della fecondità di 1+1.
In biologia è anche peggio : nel caso della riproduzione cellulare potremo avere che 1-0.5=1 e 1:2=2.

Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 22:39:44 PM
Citazione di: Apeiron... perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare ... ... Secondo voi il materialismo da solo è sufficiente per spiegare l'efficacia della scienza? (secondo me no - è uno dei motivi per cui ritengo il materialismo errato. Ero curioso di sentire se, secondo voi, il materialismo poteva spiegare l'efficacia della scienza.)
Anassimandro non avrebbe avuto dubbi, avendo usato in maniera del tutto materialistica la matematica a posteriori esattamente come l'aveva materialisticamente ereditata da mercanti che contavano pecore, staia di grano e anfore d'olio.* Perchè la matematica, checchè ne pensino i pitagorici e Platone, è nata proprio per questi usi. Ed anche quando ha dovuto includere il nulla e l'apeiron nei suoi calcoli, l'ha fatto in seguito a materialissime necessità di calcolo della scienza applicata. Il materialismo spiega benissimo la scienza, perchè la scienza è materialista fin dalla nascita essendo antitetica alle spiegazioni del reale fondate sui numi. Dai quali, nel corso dei secoli, si è (astrologia, alchimia, magia) e ci ha liberato (almeno dalle cose più pacchiane). * C'è un ottimo libro dello scienziato-filosofo Carlo Rovelli su Anassimandro

Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Per quanto riguarda Rovelli, so che apprezza molto il filosofo greco. E lo prende come esempio di pensatore originale. Se fosse stato solo un "uomo pratico" probabilmente non si sarebbe mai messo a speculare sull'origine delle cose, sul fatto che la Terra sia "sospesa nel vuoto", che "l'alto e il basso" sono concetti relativi spiegando perché erano relativi (= "relativi" nel senso che sono validi in determinate situazioni...) ecc. Questo tipo di speculazioni, per un greco antico che non aveva alcuna possibilità di verificarle empiricamente erano, appunto, speculazioni teoriche basate sull'assunto che la nostra ragione poteva riuscire, anche senza conoscenza empirica diretta, a comprendere le cose. Assunzione che, in realtà, la dice lunga sul filosofo (perché mai la "realtà materiale" dovrebbe essere comprensibile con ragionamenti umani?). Inoltre, lo stesso Rovelli apprezza molto la filosofia e ritiene che i filosofi possano aiutare la scienza.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Ottobre 2018, 11:31:28 AMAPEIRON il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare, è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto" CARLO Il tuo è un approccio ingenuo, cioè univoco, unilaterale, mentre il Principio può essere avvicinato "asintoticamente" solo per mezzo di paradossi, cioè, di attributi opposti complementari. Già ho accennato che esso, come Archè, come Causa originaria di tutto, dello spazio, del tempo e di ciò che essi contengono, è massimamente trascendente, al di fuori dello spazio e del tempo; ma come Legge delle cose create, come principio conservatore che mantiene in vita il Tutto, è onnipresente, cioè, massimamente immanente. Ciò coincide con l'idea di Dio inteso sia come Padre che come Figlio, o del Tao inteso sia come "eterno Tao" sia come le "diecimila cose" yin-yang immanenti, o della coppia Brahma e Visnu, intesi rispettivamente, come Creatore e Preservatore. Infatti, il filologo Giovanni Semerano (L'infinito: un equivoco millenario) sottolinea che il termine ápeiron deriva dal semitico 'apar (polvere, terra), accadico eperu, biblico 'afar, e ricorda che in greco epeiros, dorico apeiros, eolico aperros, indica la terra, il fango. Scrive Semerano: «Da tempo immemorabile, circa ventitré secoli fa, il mondo culturale dell'Occidente subisce la sfida di quella voce, ápeiron, che l'antico pensatore milesio pose come una roccia scabra e grande a suggello della sua opera "Sulla natura" ed è più che una pietra di confine, è il viatico dall'eternità al nulla. I posteri che intesero 'illimitato', 'infinito', tradirono l'antica fede del filosofo nell'infinita maternità della terra che attende di raccogliere nel suo seno ciò che essa stessa ha prodotto». [G. SEMERANO: L'infinito: un equivoco millenario - pg. 56]. APEIRON ...etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"... ecc. in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc. (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc :) (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...) ;D CARLO Ricordati delle due vie opposte-complementari, i due occhi dei saggi: quello del cuore e della libera contemplazione e quello dell'intelletto e della conoscenza. L'uno ispira, illumina e conferma l'altro. E' un vero peccato che nella storia del pensiero umano si alterni il sacrificio dell'uno o dell'altro sull'altare del suo opposto.

Ciao Carlo,

Secondo me, invece, non è poi così "ingenuo" anche se penso di capire e rispetto il tuo punto di vista.

I problemi con la tua visione sono, ad esempio:
1) il principio di complementarità potrebbe non spiegare tutto (come dicevo, concordo che "c'è della verità", se vuoi ammetto anche che c'è veramente "molta più verità di quello che si crede" in quel "ragionamento". Però, mi sembra un po' eccessivo pensare che "spiega così tanto" come pensi tu...)
2) se tale Principio è trascendente su di esso con la sola ragione possiamo dire niente di sicuro (su cosa si basterebbero i ragionamenti, su quali assiomi? ) . Ergo, l'unico modo per conoscerlo veramente è "averne esperienza diretta". Per chi non ha avuto queste "esperienze", ammesso che ci siano e che la loro interpretazione sia "corretta", quello che rimane è "avere fede" nella esperienza altrui (ciò vale anche per le Rivelazioni o le "Ispirazioni Divine", visto che in fin dei conti anche se deriverebbero da un "intervento esterno", vengono "vissute", "sperimentate").
3)  le stesse "spiegazioni" del "perché esiste qualcosa?" che partono da un Principio non sono comunque, secondo me, totalmente convincenti. Pensa all'emanazione di Plotino. Plotino spiega che l'Uno è "sovrabbondante" e quindi deve per forza "emanare". Ma è una spiegazione pienamente convincente?  ::) oppure secondo Spinoza tutti i modi derivano da Dio come le conseguenze di un teorema derivano dal teorema stesso. Ma...come deriva? Perché la realtà deve seguire così fedelmente il ragionamento (ammesso che non sia inconsistente)? Oppure usando Platone: cosa significa che gli universali "partecipano" nei particolari? Come avviene tale "partecipazione"? Onestamente, non mi sembrano così "convincenti" razionalmente. Secondo me si deve sempre ammettere un lato "incomprensibile" o "misterioso", qualsiasi filosofia scegli. Perché ci deve essere per forza un Principio e non possiamo invece ammettere che forse c'è la "regressione infinita" (la quale ha anch'essa i suoi problemi...)?  (nel film Ghost in the Shell si dice: "once you start doubting, there is no end to it" - "quando si inizia a dubitare, non c'è una fine").
4) non ci vedo altra via quindi che affermare la nostra ignoranza su moltissime questioni (ah, non credo che nessuna religione sia interamente "apofatica" o "catafatica". Ovviamente, alcune si concentrano su uno e danno meno importanza all'altro ecc). Non ho mai detto che non si possa dire niente. Solamente che, senza "atti di fede", questioni come "qual è l'origine delle cose" ecc rimangono tutti indimostrabili ecc. Personalmente preferisco l'apofatismo perché, in fin dei conti, se il "Trascendente" è "fuori dalla realtà ordinaria", esso non può essere che "ineffabile" (ad esempio, se diciamo che è "fuori dal tempo" non ho alcuna obiezione a dire che è "eterno" e quindi darne una "descrizione positiva" per così dire. Ma tale descrizione positiva deriva da una negazione.). Ammetto di avere fede nel dire che tale "Trascendente" non è un "mero nulla". Secondo me, però la ragione (senza rivelazioni ecc) può solo dire che se tale "Trascendente" non è un "mero nulla" può solo dire "cosa non è" (a-spaziale, a-temporale...). Inoltre, l'apofatismo permette di evitare forme di dogmatismo, di essere "sicuri" su ciò di cui non si può esserlo ecc ecc (se poi uno vuole anche avere "fede" è un altro discorso. 

Dunque, Carlo, tu credi nel Principio di Complementarità perché lo consideri "ragionevole" (e quindi ammetti spazio anche alla "fede")? O ritieni che si possa dimostrare? Questa sicurezza si basa solo sui ragionamenti o si deve, necessariamente, basare, almeno in parte, su esperienze "straordinarie", sull'interpretazione di tali esperienze proprie o altrui ecc? Ritieni che la sola ragione è sufficiente? 

L'intelletto è importantissimo anche nel buddhismo, per esempio. Tuttavia, nelle religioni è sempre "subordinato" all'"esperienza". La teologia si basa sulla fede nella verità della Rivelazione (senza il supporto delle Scritture, anche la "più alta teologia" non sarebbe teologia). Può essere usato per dare argomentazioni a favore. Ma, secondo me, non potrà mai dimostrare.

Come vedi, la discussione sarebbe lunghissima (motivo per cui non intendevo continuarla qui e ora). Ergo, io rispetto il tuo punto di vista e ti ringrazio dei consigli. Mi fa piacere "studiarlo". Ma se non mi convince pienamente, penso di avere buone ragioni...  :) Ma come dice la citazione di Ghost in the Shell "[al dubbio] non c'è mai fine". Lo riconosco. E siccome un approccio più "apofatico" richiede meno "dogmatismo" di uno "catafatico" preferisco un approccio più sbilanciato verso l'apofatismo (in verità, ci sono alcuni che vanno oltre il mio approccio apofatico e rinunciano a praticamente tutta "la via positiva" mantenendo un silenzio estremo...).


Su Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante.

Purtroppo, ritengo che abbia varie difficoltà. Per esempio, Eraclito dice: "andando, non puoi trovare i confini (peirata) dell'anima. Così profondo è il suo logos" (frammento DK22 B 45). Senofane parla anch'egli dell'apeiron nel senso di "infinito". Ergo, sono dell'idea che la "lettura classica" di "apeiron" è corretta. Tutti i commentatori greci non hanno mai menzionato "la terra". Mi pare che ci siano forti indizi per la "lettura classica". Di nuovo, come dice la citazione di Ghost in The Shell "[al dubbio] non c'è mai fine".
#212
Citazione di: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 22:08:39 PM
A me pare che la discussione iniziata da SamuelSilver (su mia "istigazione", per così dire) concernesse la filosofia della mente.

Concordo... secondo me la discussione sul "perché la scienza è valida" è ancora "in tema"  :)
#213
Citazione di: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 21:14:17 PM(Penso che Apeiron mi consideri fra quelli che hanno già risposto a questa sua domanda).

P.S.: pignoleria fastidiosa -lo so, ma non posso farci niente più che scusarmene: sono fatto così- "Apeiron" é neutro, e dunque, poiché mi sembra che il nostro ottimo interlocutore sia maschio, usandolo credo non attribuisca a sé la caratteristica alquanto megalomane -salvo autoironia- di essere "Infinito" ma faccia per così dire un omaggio" all' "indeterminato" di Anassimandro (non so se lo interpreto bene).  


Primo: sì, sei uno di quelli che ha già risposto (almeno in parte) alla domanda. La mia "esclusione" era più che altro intesa come un "non è necessario che venga ripetuto ciò che è già stato detto"  :) ovviamente, anche chi ha già risposto può ridire la propria (anche perché a volte ribadire lo stesso concetto porta a chiarimenti).


Secondo: sono un maschio... sulla genesi dello pseudonimo avevo già detto qualcosa qui (anche se per "farla breve" l'ho fatta troppo semplice). il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare,  è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi  "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto" (etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"...) ecc in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc  :)  (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...)  ;D


Cerco di rispondere alle altre cose in due-tre giorni! Ciao  :)
#214
Ciao Ipazia,

Perdonami per l'incomprensione. Grazie per il chiarimento ;)


Per quanto riguarda la scienza, capisco il tuo punto di vista "pragmatico"  :) però per esempio, perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare;)


(grazie per aver tradotto il mio nickname  ;D)
#215
Ciao Kobayashi, Sari,

è un tema molto interessante, senza dubbio. 

Volevo aggiungere che il problema della meditazione in ambito cattolico è che essa è stata sempre storicamente coltivata (per quanto ne so) quasi esclusivamente in ambito monastico. Ergo, le pratiche "ascetiche" e meditative erano sconosciute agli "esterni". Anche oggi, la situazione non è migliore, secondo me. Ho scoperto che ci sono tali tecniche in ambito cristiano molto dopo aver conosciuto un po' delle "pratiche orientali". 

Per quanto riguarda la "rielaborazione delle tecniche orientali", ho trovato questa intervista a Padre Andrea Schnoller sullo yoga e la meditazione. L'ho letta con molto interesse  :)
#216
X Carlo Pierini,

grazie per la tua risposta! Ho motivi di dissenso però, come dicevo, preferisco non discutere adesso di essi.

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 18:06:35 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Ottobre 2018, 12:14:45 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 12:07:10 PMConcordo. L'introspezione nicciana della falsa coscienza è un buon metodo per individuare e liberarci dalla cattiva etica. Non è l'unico maestro in proposito, ma è certamente uno dei più stimolanti, perchè accetta anche la negazione di se stesso: (in etica, soprattutto) "non vi sono fatti, ma solo opinioni. E anche questa è un'opinione."
La diversità di opinioni però genera anche conflittualità. Difficile trovare un'etica su simili premesse. Piuttosto utopistico, direi... Non trovo per nulla stimolante N. (no, anzi, mi stimola un forte sentimento di avversione...di cui non faccio mistero peraltro). Ci credi veramente in un mondo futuro ipotetico dove tutti si accettano nella loro diversità d'opinioni? Se non accettiamo nemmeno l'opinione di nostro marito o di nostra moglie... :(
Mamma mia che pessimismo ! La dialettica è il sale della civiltà e il progresso emerge dalla sintesi tra opinioni diverse. Se tutti gli scienziati pensassero le stesse cose la ricerca scientifica morirebbe. La diversità di opinioni genera sperimentazione. Laddove essa fallisce si cambia opinione. E nessuno, tra persone civili, si fa male. Lo stesso discorso vale anche nella ricerca etica. Tra persone civili.


Ciao Ipazia,

il problema è che secondo me "non vi sono fatti, ma solo opinioni. E anche questa è un'opinione." è incompatibile con quanto dici qui: " nessuno, tra persone civili, si fa male. Lo stesso discorso vale anche nella ricerca etica. Tra persone civili." Perché? In un contesto di relativismo etico cosa è che differenzia un "civile" da un "incivile"? Cosa è "civile"? Sembra che tu assumi che la persona civile è pronta a confrontarsi pacificamente con gli altri. Il tuo discorso funzionerebbe solo se non ci fosse il problema degli "incivili". Tuttavia, se eliminiamo la distinzione tra "giusto" e "sbagliato" come possiamo tenere quella tra "civile" e "incivile"?    :)

(Modifica 19:17 - ho eliminato parte del messaggio...)


X tutti,

secondo voi perché è possibile avere una conoscenza scientifica delle cose? (in pratica qual è la giustificazione epistemologica della scienza - domanda a cui la scienza da sola non può rispondere...) Secondo voi il materialismo da solo è sufficiente per spiegare l'efficacia della scienza? [secondo me no - è uno dei motivi per cui ritengo il materialismo errato. Ero curioso di sentire se, secondo voi, il materialismo poteva spiegare l'efficacia della scienza. Ho già posto questa domanda e qualcuno ha già risposto. Volevo anche leggere altre opinioni...]



P.S. Su quanto ho detto in questo thread, ci sono alcune cose su cui dubito molto. Non sono molto sicuro di quanto ho affermato in certe occasioni.
#217
@sgiombo,

ti ringrazio molto per l'apprezzamento e ricambio la stima. In genere, le nostre discussioni su questi argomenti sono state molto piacevoli e, anche, fruttuose.

@Carlo,


CitazioneIl linguaggio può rispecchiare il Divino solo mediante paradossi, ossimori, cioè, mediante coppie di significati opposti che però non si elidono reciprocamente, ma che sono complementari e non-separabili.
Cosicché, il Tao, come Deus absconditus, come Trascendenza massima, è Assenza, Silenzio, Non-Pensiero, Non-Essere, Nulla. Ma come Principio del creato, è Tutto, è Onnipresenza, è Clamore festoso, è Pensiero pieno e fondamentale.

Ciò non viola il principio di non contraddizione ("è impossibile che una stessa cosa sia e non sia nello stesso tempo e sotto il medesimo rispetto") poiché il Tao è Assenza e Onnipresenza sotto rispetti diversi.
Per questo nella dialettica (o nell'applicazione del Principio di Complementarità) è fondamentale la distinzione tra opposizioni dialettiche e contraddizioni.

"Il simbolo sacro richiede due interpretazioni diametralmente opposte, poiché né l'una né l'altra - da sola - può dimostrarsi valida. Il simbolo le significa entrambe ed è quindi un paradosso".  [JUNG: Psicologia e religione -pg.186]

"Ho trovato un luogo in cui Tu sarai scoperto in maniera rivelata, luogo cinto dalla coincidenza degli opposti. Ed è questo il muro del paradiso nel quale tu abiti, la cui porta è custodita dallo spirito più alto della ragione, che bisogna vincere se si vuole che l'ingresso si apra. Ti si potrà vedere al di là della coincidenza degli opposti, ma mai al di qua".  [N. CUSANO: De visione Dei]

In linea di massima, concorderei però farei attenzione.

Per il "taoismo", la "relazione" tra gli opposti è abbastanza "asimmetrica". Nel Tao Te Ching, qualità come la "passività", l'"apertura", l'"umiltà", la moderazione ecc sono qualità che vengono viste "migliori" (per mancanza di parola migliore) rispetto alle loro opposte. Tuttavia, chi persevera in queste qualità è più vicino al Tao  e "vive meglio" (e quindi, paradossalmente, "il sottomesso domina"...). Voglio dire, c'è una preferenza abbastanza esplicita per certe qualità "passive". Potremmo dire che chi "pospone sé stesso" si "svuota" e quindi "somiglia più al Tao". Ergo, è come se chi tramite lo "yin" (passività, umiltà ecc) riduce le proprie aspirazioni ad "affermarsi" (che derivano dallo seguire lo "yang") e quindi "riduce" la propria identità e diventa "più simile" a ciò che è vuoto, come il Tao. Ergo, nella coppia dei complementari (almeno a livello etico) l'uomo dovrebbe "abbracciare" le qualità dello "yin" e come l'acqua "stare nel posto che gli uomini disdegnano".
Dunque, per "elevarsi" al Tao, il Tao Te Ching, in pratica, dice di "abbassarsi". D'altro canto, però, condanna il contrario: coloro che cercano di "elevarsi" con la forza e l'auto-affermazione vengono visti come coloro che più si allontanano dal Tao. Ergo, si capisce l'importanza dell'enfasi sulle qualità come "la vacuità", "la passività", il ritornare come un "legno non scolpito" ecc. Quindi, in ultima analisi il "culmine" è svuotarsi (cap. 16) e cercare di somigliare all'"indistinto","informe" ecc (ovvero il Tao).

Per questo motivo, nell'ambito del Taoismo (o più precisamente "Tao Te Ching" e "Zhuangzi" - e un po' di Liezi) ritengo che è più opportuno pensare al Tao come trascendenza che "va oltre" agli opposti svuotandosi anche di essi (nel capitolo 6 dello Zhuangzi (o "Chuang-tzu"), c'è un accenno ad una pratica di nome "zuowang", il "sedersi e dimenticare" ;D ...). Per certi versi puoi ancora vedere la "complementarietà": chi segue questa via si "eleva" ecc ma se pratichi lo "svuotamento" con il chiaro desiderio di elevarti (di "affermarti") rischi di cadere nell'altra "via" (ovvero in quella dell'affermazione, dell'inflazione dell'ego ecc) :( . Non so se mi segui... "ad afferrarlo non lo prendi" (cap. 14) ::) ...e, ahimè voler "capirlo" è un modo per "afferrarlo" :( (come hai ben capito io ho un fortissimo desiderio di capire...e, allo stesso tempo, so che, per così dire, devo "stare attento"   ;) sono il primo che scambia il dito per la Luna;D , per citare la metafora del Buddhismo Zen (d'altronde il Taoismo e il Buddhismo si somigliano sul Silenzio). Per questo motivo, quindi, ritengo che qualsiasi definizione che si da al Tao non "va bene". Anche quella che risulta, magari, più verosimile. Per arrivare al Silenzio, si deve "andare oltre" - usando un'altra metafora buddhista, lasciare la zattera dopo che si è attraversato il fiume...)

In questa prospettiva, puoi capire perché l'Oriente, in generale, preferisce il Silenzio (non a caso Niccolò Cusano è uno degli esponenti dell'apofatismo e non mi sorprende che sia accomunato al Taoismo...).

Ma forse rischiamo di andare avanti a discutere sull'interpretazione "giusta" di questi testi ad oltranza (quindi ci tocca "concordare sul dissenso"  ;) ).


CitazioneVuoi sapere tutto e subito?  
Ci vorranno forse secoli di ricerca e centinaia di menti brillanti per comprendere, gradualmente, in quanti diversi modi la realtà è un'espressione della Complementarità degli opposti. Per il momento io mi accontento di aver scoperto che la scienza, l'etica, la storia, la logica, la psicologia, la neurobiologia, la simbolica, la filosofia, ecc. presentano aspetti essenziali inscrivibili nel modello del Tao (o Principio di Complementarità) e che dunque l'archetipo omonimo - presente in ogni tempo e presso molte importanti tradizioni di pensiero - non è il parto di una fantasia oziosa, ma una vera e propria ispirazione-rivelazione, sebbene non ancora tradotta in una scienza o filosofia rigorosa.
Se vuoi avere un'idea di quali sono alcune varianti storiche di questo archetipo, puoi leggere il thread:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'archetipo-della-complementarita-l'archetipo-piu-diffuso-nella-storia-della-cu/


Grazie per i suggerimenti (leggerò a breve!). Come ti dicevo, sono convinto che c'è della "verità" nella Complementarità.

CitazioneCome già accennato, dire che l'Uno è "oltre l'essere" è solo uno dei due poli del paradosso; l'altro polo dice che l'Uno E' l'essere, il suo fondamento onnipresente.
Il Tao, cioè, - come ogni Dio che si rispetti - è uni-trinitario: due attributi opposti più il "tertium", la loro unità.

Nel neo-platonismo penso che entrambe le descrizioni vadano bene. Però, c'è l'opposizione tra gli "esseri" e l'Essere. Dunque, l'Uno è "oltre l'essere degli esseri" (spero di farmi capire), per così dire (se la cosa viene posta così, invece, onestamente, non vedo la Complementarità. Vedo, invece, che l'Uno non è né "l'essere degli esseri" né il loro non-essere...).

CitazioneCARLO
Naturalmente. Per noi è "un milione". <<Ti ho detto un milione di volte di...!>>.
Già  :)



CitazioneCARLO
Il Tao è stato contemplato non-concettualmente per 2.500 anni. Quindi sarebbe anche ora che si incarni, com'è nelle corde di ogni buon Dio che si rispetti:

<<Tornerò a Sion e siederò in mezzo a Gerusalemme; e Gerusalemme sarà chiamata 'la città di verità'>>.  (Zaccaria: 8,3)

<<Poiché da me uscirà la Legge stessa, e farò sì che il mio giudizio riposi anche come una luce per i popoli>>.  (Isaia, 51: 4)

<<Il trono di Dio e dell'Agnello sarà nella città; i suoi servi lo serviranno; essi vedranno il suo volto e il suo nome sarà sulle loro fronti>>. [Apocalisse, 22, 3-5]

<<...E vidi un nuovo cielo e una nuova terra. ...E vidi la nuova Gerusalemme scendere dal cielo vestita come una sposa ornata per il suo amato. "Ecco, la tenda del Signore è col genere umano ed Egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro ed asciugherà ogni lacrima dai loro occhi>>. (Apocalisse, 21:1- 6)


Forse il nostro dissenso sul Tao dei "Taoisti" nasce proprio da qui. Tu vedi un'evoluzione nel "concetto" e, quindi, può esserci stato un equivoco tra noi due. infatti, tu hai già detto che vedi il "Taoismo" come una espressione del Principio di Complementarità e quindi probabilmente sei consapevole della differenza tra il tuo punto di vista e quello "Taoista". Dimmi se sbaglio... In pratica, secondo te, i "Taoisti" si sono sbilanciati troppo sul "Silenzio" e quindi hanno preso una posizione "estrema" dando troppo poca importanza alla Parola (e quindi all'Affermazione) ?  :-\


Per certi versi, la teologia negativa, in Occidente, può essere vista come il "movimento complementare" ( ;D ): ovvero il movimento che cerca di dare valore al Silenzio dove c'è troppa Parola  ::) ti comprendo nel modo giusto?



CitazioneCARLO
Infatti, in Occidente il Verbo-Logos del Cielo si è (simbolicamente) incarnato in un uomo terreno: Cristo.
Scrive Jung:
Pare di sì   ;D


e infatti...

CitazioneInsomma dovrai rassegnarti all'idea che il Silenzio è solo una delle sue polarità costitutive; l'altra è il Clamore della Parola.


Su Hegel ti posso dare ragione, soprattutto sul fatto che non è riuscito a distinguere tra "complementarità" e "contraddizione"...

CitazioneCARLO
Con un "mondo in sé" e un Dio inconoscibili, il famoso "imperativo morale" fa presto a dissolversi in un flatus vocis non appena si osservi l'esistenza fosse anche di un solo individuo privo di qualunque scrupolo etico; e nel mondo ce n'è più di uno.

Potrei sbagliarmi ma la posizione di Kant è che l'etica è "trascendentale", ovvero è una condizione a-priori della nostra esperienza. E lo è per tutti (vedi l'universalità dell'"imperativo categorico"). Quindi chi non segue il "bene", va contro tale "trascendentale".



CitazioneLa soluzione del dualismo apparente Essere/Divenire è quella di concepire non un Divenire caotico, ma un Divenire ordinato...


Opinione per certi versi condivisibile... in fin dei conti, la mia opinione è che mentre "tutto diviene" le regolarità rimangono costanti (su questo siamo abbastanza vicini...). Sulla questione del "Principio" ho più dubbi. Non sono in realtà persuaso che il "Trascendente" sia il "Principio di tutto"...

P.S. La risposta è un po' incompleta e probabilmente avrò meno tempo di replicare. Inoltre, probabilmente stiamo ormai andando troppo "off-topic". Possiamo eventualmente continuare la discussione altrove (anche se, almeno nel breve termine credo che finiremo per concordare sui nostri dissensi...magari in futuro no  :) )

Modifica 1 (19:58): personalmente, il Silenzio mi affascina proprio perché ho notato che tutti i miei tentativi di "afferrare" le cose con la mia ragione falliscono (ciò non significa che continuo a provarci  :-[ ).  Il Silenzio mi dà proprio questa sensazione di qualcosa di "più grande", proprio perché "inafferrabile"  :)

Modifica 2 (20:06): Carlo, leggerò con molto interesse la risposta... non prenderlo come un "rifiuto di dialogare" (in realtà ho trovato la discussione molto stimolante). Però, secondo me, ad un certo punto è il tempo per "fermarsi" (e magari cambiare idea se lo si ritiene opportuno riflettendo in privato  ;) )... oltre al fatto che ormai stiamo andando troppo "off-topic"! (e, inoltre, forse sarò un po' impossibilitato a dare risposte "ben fatte" nei prossimi giorni per vari motivi)
#218
@sgiombo,

CitazioneLo spazio, "facendo parte" (essendo una caratteristica astratta) de fenomeni materiali può essere postulato essere intersoggettivo; e la sua conoscenza può essere progressivamente "approfondita" (allo stesso modo atomi, molecole, particlelle-onde, ecc. non sono la stessa cosa della materia che immediatamente constatiamo).

In realtà, ad essere sincero concordo  ;) volevo solo dire che l'"immediata apparenza" (non so come esprimermi meglio  ;D ) che abbiamo di esso può, per esempio, avere proprietà che dipendono dal soggetto particolare e quindi non-intersoggettiva. In pratica, l'analisi scientifica (qui concordo con te!) ci mostra le proprietà inter-soggettive dello spazio. Ma è un punto di dissenso (?) di minor conto e, sinceramente, non ho nemmeno la sicurezza che la mia distinzione abbia senso, quindi forse è meglio che ci penso un po' su  ;D


CitazioneConcordo in pieno!
Mi sembra un tipico caso delle assurdità irrazionalistiche ("leggi casuali" é un' evidente, "mostruosa" autocontraddizione; circa un unicum quale é il "nostro" universo non ha senso parlare di probabilità, mentre ammettere che ce ne siano altri, a parte l' improprietà terminologica dato che "universo" significa "tutto e solo ciò che é reale", fa rigirare nella tomba il buon Ockam) in cui tendono a cadere gli scienziati che disprezzano e ignorano la filosofia, stigmatizzate dal buon vecchio Engels.

Già... personalmente non riesco a vedere scienza e filosofia come veramente "distinte". O meglio: è vero che si può fare attività scientifica senza fare filosofia (e questa è una delle grandissime qualità che la scienza ha) ma non appena si cerca di "capire" veramente le teorie scientifiche "scivolare" in campo filosofico (e quindi "meta-scientifico" o anche addirittura "meta-fisico"...qui è meglio che lo dico a piano visto che di questi tempi si rischia grosso parlare di "meta-fisica"  ;D ) è inevitabile. Tra l'altro sono proprio i fisici che disprezzano di più la filosofia quelli che, secondo me, compiono gli errori "filosofici" peggiori. Proprio come Krauss.
Ad ogni modo, se non si filosofa mentre si fa scienza, quest'ultima si riduce a: "fai delle misure, produci dei modelli matematici predittivi, fai test sperimentali. Se vanno bene, tieni i modelli. Se vanno male, cambiali". Senza nemmeno chiedersi l'eventuale "significato" di tali modelli, che rapporto hanno con la "realtà" e così via  ::)  a volte proprio certi eminenti scienziati non li capisco. Sarà perché io sono "anomalo"  :-[

Su di Krauss, il problema è anche, secondo me, il seguente (anche quanto tu dici è un grosso problema  ;) ). Se tu dici che il nostro universo è "nato a caso", devi almeno "salvarti" dicendo che tutti i "possibili universi" esistono (altrimenti non hai veramente dato una "spiegazione" del perché questo universo "c'è"). E quindi tiri in ballo il "multi-verso" (che in realtà, usando il significato etimologico di "universo" sarebbe il "vero" universo, per così dire). Lo tiri in ballo semplicemente perché, altrimenti, non sei in grado di spiegare perché "proprio" il nostro universo è nato. Il problema che la teoria del multi-verso si basa sull'assunzione che, di fatto, tutto ciò che è matematicamente possibile lo è anche fisicamente (!). A me sembra un'assunzione filosofica, "meta-fisica". Se non lo fai, come credo che fa Krauss (anche se non ne sono sicuro al 100%), o ti "nascondi" dietro al fatto che in (certe interpretazione della) MQ, ci sono particelle virtuali che "nascono" probabilisticamente. Il problema è che, anche se ciò fosse vero (e ci sono diversi proponenti dell'interpretazione di Copenaghen che non sono d'accordo) tali eventi probabilistici (così come altri, meno "eclatanti", previsti dall'interpretazione di Copenaghen MQ) avvengono nel tempo. Se non si accetta il multi-verso e si dice che non c'è un "prima" rispetto al "Big Bang", finisci per parlare di eventi probabilistici in assenza di tempo. Ecco, vedi, dimmi te se non è un ragionamento "meta-fisico" (madornalmente errato, secondo me)... Il problema qui è ostinarsi a dire di non farla (errare, invece, è "umanum"). Poi eh, sai com'è io sono abbastanza "anomalo" rispetto a praticamente la stragrande maggioranza degli scienziati  :-[


Rispondo ora a @Carlo,


CitazioneSe il Tao è l'Unità ultima, non ci possono essere due Tao, l'"eterno" e il "descrivibile". Evidentemente, con questa distinzione si vuol solo sottolineare l'inosservabilità del Principio, la sua trascendenza, pur restando salva la sua conoscibilità attraverso processi di astrazione fondati sull'osservazione della dinamica (immanente) yin-yang e della loro tendenza-convergenza all'armonia dell'Uno.
Il Tao, cioè, corrisponde col "nous" platonico: è l'archetipo delle "diecimila creature", il loro eterno modello originario.

Capito... personalmente, invece, credo che i testi semplicemente dicano che il Tao non è "afferrabile" concettualmente. Non a caso, il Taoismo (così come il Buddhismo, per esempio) mette al primo posto, secondo me, il Silenzio.
Sul fatto che il "Principio di tutte le cose" possa essere l'archetipo di tutte le cose mi trovi abbastanza "aperto" (ho una certa simpatia per la metafisica di Platone, l'ho detto più volte. Per niente della sua filosofia politica...)  :)  però usando la teoria platonica, così come l'archetipo/forma del "tavolo" "partecipa" in tutti i tavoli. Ergo, tutti i tavoli hanno in comune tale caratteristica. Se, il Tao è l'universale di tutte le cose, esso parteciperà in tutte le cose. Qual è la "caratteristica universale" presente in tutte le cose?  ::) ::) ::) non a caso, l'Uno neo-platonico è "superiore" alle altre due ipostasi (compresa la Nous). E, non a caso, è completamente ineffabile, addirittura "oltre l'essere" (e il non-essere).  


Ah, a proposito di "archetipi". Faccio notare che "miriade" deriva dal greco e, anche se letteralmente è "diecimila", significa "numero incalcolabile". Ergo, per gli antichi sia cinesi che greci, 10000 aveva questo significato di "totalità", o più precisamente di "numero estremamente grande"  ;)



CitazioneLa "Pura Contemplazione non-concettuale" è l'ALTRA via del Tao, la via soggettiva-interiore, la quale tuttavia non esclude la modalità oggettiva-esteriore, ma, anzi ne è l'aspetto complementare.
Insomma, l'Incolore, l'Insonoro, l'Informe, il Vuoto, non corrisponde al Nulla, ma all'unità del Tutto, cioè, al fondamento ultimo trascendente di ciò che, sul piano immanente, è colore, suono, forma, pienezza dei sensi. E' l'equivalente del Verbo-Logos occidentale <<...per mezzo del quale Tutto è stato fatto>> o dello sfuggente "Mercurius duplex et versipellis" degli alchimisti, dalla natura paradossale.


Mai detto che l'Incolore, l'Insonoro, il Vuoto ecc corrisponde al Nulla (semmai, giocando con l'inglese "nothing", è "no-thing", l'assenza di "cose", proprio come dice quel passo del capitolo 2  ;) ). Però è talmente "indescrivibile", "informe" ecc che, da quanto ho capito io, il Taoismo raccomanda il Silenzio come contemplazione più elevata. In pratica, la via della "contemplazione non-concettuale" per il Taoismo, secondo me, è la "via più alta", il culmine della ricerca taoista. Ovviamente, non sto dicendo che tu devi essere d'accordo. Ma tutti questi richiami al Silenzio, secondo me indicano proprio che si deve riconoscere l'impossibilità di "afferrare" la "Realtà" con i concetti.
Inoltre, più che unità il Tao è la "Via" e quindi pare avere anche l'accezione di "Legge", ovvero delle Regolarità, della "Natura" della Realtà ecc.
Curiosamente, il Logos occidentale ha proprio un'accezione simile a quello di "Regolarità"/"Legge". Ma se da una parte (in Occidente) si cerca di evidenziare il "dicibile" (la "Parola" di Dio ecc), in oriente, secondo me, si esalta molto di più l'"ineffabile". Potranno essere, usando il tuo modello, complementari. Ma, secondo me, è innegabile che mentre in oriente si evidenza di più il Silenzio, in occidente si evidenzia di più la Parola. Non a caso, i testi orientali contengono più linguaggio "negativo"/"apofatico" di quelli orientali. Ovviamente, è vero che ci sono elementi apolitici in occidente e viceversa (non a caso è proprio la tradizione cristiana della "Via negativa"/apofatismo che viene spesso confrontato con il Taoismo, il Buddhismo ecc).

Ma forse hai ragione... forse il Tao è proprio visto come il principio di complementarietà di cui parli. Onestamente, però, vista l'enfasi sul Silenzio, mi parrebbe un po' strano. Secondo me, invece, vedere la complementarietà degli opposti porta alla loro dissoluzione. Leggendo, per esempio, il capitolo 2 (lo dovrei aver già citato in parte), dove sono citate varie coppie, si ha l'impressione che si debba, per così dire, "trascendere" il piano degli "opposti". Ergo, sembra che l'aspetto "verbale" della dottrina taoista al massimo sia visto come un'approssimazione, che serve però per arrivare a quella contemplazione non-concettuale (in quel "vuoto" dove non ci sono più "punti di riferimento"  :) ).

CitazioneAPEIRON
*sempre nel Capitolo 2 dello Zhaungzi, subito prima dell'altra citazione, c'è anche un altro passo interessante: "Se siamo già diventati uno come posso dire qualcosa? L'uno e ciò che ho detto circa l'uno lo rendono due e i due uniti al primo danno tre..." In pratica è come se critica il monismo come inconsistente (anche se il taoismo viene descritto come "monista"). Questo sembra essere supportato dal radicale apofatismo suggerito da frasi come "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (e l'apofatismo è utilissimo a non attaccarsi troppo ai concetti - da qui il mio richiamo alla metafora Zen del dito e della Luna)

CARLO
Il monismo è un'altra cosa: è l'assolutizzazione di uno dei due opposti a scapito dell'ontologia dell'altro. Invece, l'unità del Tao non fagocita la dualità ontologica di yin e yang poiché esso appartiene ad un piano superiore, trascende la dualità. E' l'analogia-complementarità costitutiva-originaria di yin e yang che permettono la loro convergenza verso un'unità superiore senza tuttavia perdere la propria sovranità-alterità-ontologia individuale. Nello stesso modo in cui gli amanti, pur essendo due, trovano la loro unità in quel tertium superiore (quando c'è) che chiamiamo "amore". L'amore non annulla rispettivamente la virilità e la femminilità degli amanti ma, anzi, paradossalmente, li esalta, li porta al loro massimo compimento nell'unità. Per questo l'amore innalza fino al ...Tao, o al Cielo, o all'Infinito (o ci sprofonda all'inferno la sua perdita), ed è ancora per questo che il rito del matrimonio si celebra in presenza di un sacerdote che lo "consacra" non come semplice unione, ma come "unione in Dio (o in Cristo)". ...E torniamo, così, al concetto di uni-trinità del Principio.

(Piccola nota: il testo sul "monismo" è un po' dopo e non un po' prima dell'altra citazione...)

Come dicevo l'altra volta, però, sono anche io affascinato dal principio di complementarietà (non lo nego e non nego che ci sia della "verità" in esso) :). Mi è piaciuto molto l'esempio che fai degli amanti e dell'amore.


Però, per farti un esempio, la tua filosofia mi sembra più vicina ad Hegel che al Taoismo. Anche se il tema della "complementarietà degli opposti" c'è anche nel Taoismo, è in Hegel che viene definita come il "Massimo", il "punto più alto". E, secondo Hegel, la Realtà non è che il processo Dialettico che l'Assoluto fa con se stesso. Ma in Hegel, appunto, non viene evidenziato il "Silenzio", che invece sembra essere "esplicitamente" più importante nel Taoismo.  



CitazioneCARLO
Il Taoismo è solo una delle molteplici espressioni del Principio di complementarità, più poetica che propriamente logico-filosofica.
OK. Mi fa piacere vedere che non consideri le varie espressioni come "uguali". Concordo che il Taoismo è molto poetico (da questa "debolezza" secondo me la sua "forza", per "citare" il cap. 78 del Tao te Ching, per esempio...).

CitazioneA me sembra ragionevole pensare che in quel gran salto qualitativo che noi osserviamo nel passaggio...


Ok, grazie per la spiegazione. Onestamente, non ho ancora una "vera posizione"...



CitazioneCARLO
Avendo a che fare con un "noumeno" inosservabile, inconoscibile e assolutamente separato dalla cosa fenomenica, e con un Dio assolutamente trascendente e separato da ogni esperienza, non si può che sfociare nel relativismo e nell'agnosticismo.


Non concordo. Per passare al relativismo bisogna anche abbandonare l'etica. Come cercavo di dirti, Kant praticamente riteneva che l'etica fosse una "porta" per ciò che la ragione non riusciva ad "afferrare" (perciò, concordo, strettamente parlando con l'agnosticismo. Finché ci si limita alla "ragion pura"...quando si passa alla "ragion pratica", no).

CitazioneIo considero la MQ come una scienza in statu nascendi...si limita ad osservare ciò che succede, nell'ignoranza più totale delle cause e, quindi, al di fuori di qualsiasi comprensione.
Molti qui concorderebbero con te. Secondo me, invece, difficilmente si andrà oltre. E questo "difficilmente" ci deve far notare che qualche informazione sulla "natura della realtà" la teoria ce la deve dare.
CitazioneUn po' come la teoria geocentrica, che si limitava a matematizzare ciò che si osservava, ma a cui mancava la dinamica newtoniana-einsteiniana ai fini di una corretta spiegazione del moto degli astri.

Capisco... Ma ti faccio notare che la dinamica Einsteniana è completamente diversa da quella Newtoniana e quindi la teoria di Newton, pur riproducendo quella di Einstein in certe condizioni, non è veramente "compatibile" con essa. Tra le due c'è un salto non da poco.

Sulle citazioni dei fisici, mi è piaciuto tantissimo l'"apofatismo" di Bohr (lo ritengo uno dei migliori fisici di sempre. In particolare, era anche un grande filosofo!) che traspare nelle citazioni. Bohm, invece, in particolare a partire dagli anni '70 ha sviluppato una teoria della realtà che potrebbe piacerti molto. Riteneva che l'Universo fosse un Processo completamente interconnesso in continuo divenire (partendo dalla sua interpretazione per cui l'influenza tra le particelle è non-locale, istantanea. Curiosamente, la sua interpretazione ora è vista come la più "materialista" di tutte...)...

P. S. Hegel, per fare un esempio, riteneva che Essere e Non-Essere fossero complementari e che la loro dialettica "producesse" il Divenire. E che tale Divenire fosse l'evoluzione del Tutto (che era interconnesso... Non a caso a Bohm, da quanto mi ricordo, la metafisica Hegeliana piaceva molto). Il Divenire era quindi l'espressione "primaria", per così dire della Dialettica.
Così Hegel "spiegava" perché "si osserva" il divenire e non l'essere.
#219
Scusate la tardiva risposta...

Parto da sgiombo:

CitazioneVeramente non vedo contraddizioni.
E lo studio della prospettiva (per esempio da parte dei pittori del rinascimento) mi sembra artigianato (ma invero quasi sempre, "di regola", arte!), cioé tecnica spicciola, scienza, per quanto elementare, applicata. 

Sì, capisco. Comunque, quello che volevo dire è che, strettamente parlando, la "prospettiva" è una proprietà essenziale del nostro spazio visivo, mentre chiaramente non lo è per lo spazio "fisico" (che poi si possa "ricostruire" il nostro spazio visivo a partire da uno spazio euclideo è un altro discorso...). Quindi è anche normale trovare che le proprietà dello spazio che scopriamo dagli esperimenti scientifici non sono esattamente le stesse di quelle che potremmo dedurre da una analisi della nostra visione.

CitazioneBeh, pur non essendo un "addetto ai lavori professionale", ho sempre cercato di considerare con senso critico quanto mi capita di leggere (divulgazione, ovviamente, data la premessa, ma quasi sempre da parte di "autorità in materia" come Hawking, Hack, Green, Rees) le teorie del "B.b" (molteplici, corredate di sempre nuovi "epicicli tolemaici" ad ogni osservazione che non quadrava), che non mi hanno mai convinto (sarebbe troppo lungo spiegare...). 
Un po' come ho sempre fatto anche a proposito della meccanica quantistica, sulla quale fino a una quindicina di anni fa mi sembra che fra glia addetti ai lavori (mi risulta che nella divulgazione sia ancora così) vi fosse un consenso "bulgaro" verso l' interpretazione di Copenhagen, mentre più di recente sono stato confortato dal leggere che qualcosa si sta muovendo verso le interpretazioni "deterministiche ontologiche - indeterministiche epistemiche" (sempre esistite ma quasi ridicolizzate o presentate come "eccentricità di scienziati anticonformisti a tutti i costi" o, nel caso di Einstein, semirincoglioniti dalla vecchiaia o almeno nostalgicamente attaccati ai paradigmi prevalenti nella loro ripianta gioventù: proprio lui, SIC!)
Capisco. Specialmente per la meccanica quantistica. In particolar modo, in questo caso, se si considera che non c'è alcun consenso sull'interpretazione della meccanica quantistica. 
Ad ogni modo, se ti può consolare, ultimamente mi capita di leggere da vari cosmologi che "l'universo è nato dal nulla", in particolare da Lawrence Krauss. Il problema è che tale "spontanea nascita" del nostro universo sarebbe dovuta a "leggi casuali". Come se, in pratica, noi potessimo descrivere l'origine del cosmo dal nulla (?) e che tale origine fosse probabilistica. Un'opinione del genere mi sembra, dopo essere passato "al vaglio" di una critica filosofica, assurda. Eppure pare che non sia così poco diffusa  :-\


CitazioneIl mio grandissimo, amatissimo Hume a mio parere spinge alle estreme conseguenza la critica razionale e lo scetticismo metodico cartesiani arrivando alla conclusione che potrebbero benissimo essere reali solo le sensazioni, i fenomeni, senza alcunché d' altro (soggetto, "io personale" e oggetti:) infatti non é contraddittorio ipotizzarlo.
Di esistere come soggetto della mia coscienza ovviamente lo credo, ma per fede. come per fede nego il solipsismo e credo nel divenire ordinato in concatenazioni causa-effetto della realtà materiale naturale (fenomenica: "esse est percicpi"!).
Ok, grazie della precisazione!

CitazioneMa il Dio di Berkeley mi sembra  almeno altrettanto ontologico (metafisico) del noumeno kantiano (che la Critica della ragion pratica afferma comprendere anche Dio)
Credo che la differenza con tra il Dio di Berkeley e il noumeno di Kant è che con il primo, per Berkeley, si può entrare in relazione e quindi può "entrare" nella realtà fenomenica (pur non essendo propriamente un fenomeno essendo anche trascendente la realtà fenomenica). Ma non sono sicuro di ciò e spero di non travisare la posizione di Berkeley. 

Rispondo ora a Carlo,


CitazioneCARLO
Se il Tao - o Dio - è Principio o Legge del mondo, il mondo stesso sarà "fatto a immagine e somiglianza" del Principio, cosicché attraverso la conoscenza del mondo sarà virtualmente possibile risalire alla conoscenza del Principio. Come lo Yin è analogia dello Yang, ciascuna delle "diecimila creature" sarà analogia del Tao.
Questa è anche l'idea di Tommaso nel suo concetto di "analogia entis", secondo la quale l'essere di Dio e l'essere delle creature non sono identici, ma nemmeno radicalmente diversi, bensì legati da una relazione di analogia; cosicché, nella conoscenza del mondo (e di noi stessi) conosceremo l'immagine di Dio che vi si rispecchia, come la conoscenza dei fenomeni fisici ci conduce alle leggi e ai principi che li governano. 

Concordo con il ragionamento sulla relazione principio-"creature". Però sono stato impreciso, prima. Se "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (o se si considerano le parole già citate del Change tzu*) allora ogni "Tao" che può essere descritto, come anche il "Tao come principio" non è l'"eterno Tao". Ergo, quanto tu dici si applica fino ad un certo punto nell'esperienza taoista, secondo me. In realtà, l'obbiettivo finale dovrebbe essere il Silenzio. La Pura Contemplazione non-concettuale. Tutte le distinzioni collassano e, anche forse, l'unità*. Tutto ciò viene "trasceso".

*sempre nel Capitolo 2 dello Zhaungzi, subito prima dell'altra citazione, c'è anche un altro passo interessante: "Se siamo già diventati uno come posso dire qualcosa? L'uno e ciò che ho detto circa l'uno lo rendono due e i due uniti al primo danno tre..." In pratica è come se critica il monismo come inconsistente (anche se il taoismo viene descritto come "monista"). Questo sembra essere supportato dal radicale apofatismo suggerito da frasi come "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (e l'apofatismo è utilissimo a non attaccarsi troppo ai concetti - da qui il mio richiamo alla metafora Zen del dito e della Luna) :)



CitazioneQuando si parla di "trascendenza" non possiamo in nessun caso intenderla come trascendenza assoluta, cioè, come assoluta separazione, poiché si tratta del Principio del mondo, non di un principio separato dal mondo ("oltre"). La mente umana trascende il mondo materiale, ma non è separata da essa; così pure il Principio trascende sia la materia che la mente, ma non sarebbe principio di entrambe se ne fosse separato in senso assoluto. Torniamo, cioè, ai TRE livelli interagenti dell'essere: mondo-anima-Dio, cioè, alla Grande Triade dei cinesi, alla triade yin-yang-Tao e all'Uni-trinitarietà di molte altre tradizioni. Vedi anche i primi tre post del thread: "La conoscenza come rito eucaristico":
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-come-rito-eucaristico/


Capito. Grazie! Sì, concordo, il principio del mondo (se c'è) non può essere né separato né uguale al mondo (non si può né dire trascendente, né immanente). E concordo che la complementarietà torna in molte culture. L'"unione dialettica" è un argomento che affascina anche a me, comunque. Però, come dicevo prima, non mi convince che possa essere definito come "il messaggio ultimo" del Taoismo. 

CitazioneCARLO
Sì, l'ipotesi di un processo evolutivo dialettico originario materia-mente mi sembra molto più ragionevole del considerare la mente come un fenomeno emergente dalla complessità dei processi biologici. Del resto, yin e yang costituiscono un'unità inscindibile e non vedo per quale ragione dovremmo far emergere l'uno dall'altro, piuttosto che entrambi dal Tao originario.

Capito. Il panpsichismo affascina molto anche me e ogni tanto mi trovo a "supportarlo". Però, ho forti difficoltà a "immaginarmi" la mente degli oggetti "inanimati". Comunque, ciò non toglie che sia una prospettiva interessante. 

CitazioneCARLO
No, la filosofia di Kant, costruita per compartimenti stagni e incomunicanti (il noumeno, il fenomeno, il trascendent-ale, Dio) mi sembra un'aberrazione del pensiero, la fonte di quel virus che ha contagiato e reso sterile la filosofia moderna: il relativismo.
Ah ok! Io lo vedo più come una forma di scetticismo anche se, in realtà, posso capire perché con "forzando" la filosofia kantiana si rischia di degenerare nel relativismo ("assoluto"). Fai conto però che Kant, praticamente, vedeva l'etica come qualcosa che tendeva a quel "noumeno" che la ragione non poteva raggiungere. Non a caso, Kant scrive tutto il suo secondo libro dicendo che l'"imperativo" etico presente in tutti noi ci fa "postulare" Dio, l'anima immortale e la libertà. E tale imperativo, secondo Kant, doveva essere lo stesso per tutti. Perciò, secondo Kant, ciò che non si poteva dire con la "ragione pura" poteva essere detto con la "ragione pratica". Considerando anche la sua "teoria dell'etica" Kant è ben lontano sia dal relativismo che dallo scetticismo. 

Ad ogni modo, forse ti potrebbe interessare Schopenhauer.

CitazioneCARLO
Senti cosa scrive Ilya Prigogine a proposito dei problemi della MQ:
...

Molto interessante! C'è da dire che Bohr era molto attratto dalla "complementarità degli opposti" (tant'è che, ad un certo punto, scelse come suo stemma il simbolo dello yin e yang e come motto "contraria sunt complementa"). Considerando ciò, la lettura di Prigogine potrebbe essere la "giusta interpretazione" della visione delle cose di Bohr. Anche se, da quanto so io lui considerava come problematica la domanda "qual è lo stato di una particella quando non è osservato?" perché secondo lui non si poteva parlare di stato al di fuori della misurazione (in quanto lo stato sarebbe sempre stato descritto da "concetti classici").  Probabilmente io e Prigogine non stiamo dicendo cose diverse, anche se, ammetto, che la mia conoscenza del pensiero di Bohr deriva da "letteratura secondaria", ovvero la mia è una interpretazione dell'interpretazione del pensiero di Bohr fatta da diversi studiosi  ;D
#220
Tematiche Filosofiche / Re:Tutto bene e niente male
08 Ottobre 2018, 12:11:09 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2018, 11:30:38 AM
Esatto, ed è inevitabile che ciò che verrà riscritto sarà guidato necessariamente solo dal tornaconto e dall'opportunismo? In assenza di un Bene metafisico, non si può proorio cercare un'altra forma di bene (che non sia egoistica)?

Perché continui a parlare di un bene metafisico? Se io parlo di un bene esistenziale innato da scoprire dentro di noi? Mi sembri ossessionato, e te l'ho già rilevato, da questa benedetta (maledetta per te, evidentemente... :) ) "metafisica". La tua avversione è palese. Lavora su questa avversione e forse vedrai che non tutte le vacche sono nere... :)

mentre se si prova a sospettare che il bluff sia tale, allora si è automaticamente banderuole e "piccolo borghesi"

Ma , per non essere "piccolo borghese", penso che si debba mettere in discussione anche il proprio di 'bluff'...cosa che non vedo fare in questo caso. Hai già trovato i 'colpevoli' e non ti senti parte di questi

Siccome però questa discussione sta generando uno stato di avversione reciproca , sentimento certo non da coltivare, personalmente la pianto qui.  Vedi un pò tu... ;D
Ciao

Sari,

personalmente ho usato il termine "bene metafisico" nelle mie disquisizioni sull'etica. Anche se mi riferivo a qualcosa di molto simile (o identico?  ;D ) a quanto dici tu sul "bene innato". il problema che "metafisica" è un termine che è usato secondo significati diversi e per molti la "metafisica" è il "male". Forse si riferisce anche a quanto dicevo io nelle mie critiche al relativismo.

Per fare un esempio, Platone riteneva che era possibile "conoscere" le idee Platoniche in modo "esperienziale". Ma le "idee platoniche" sono l'"archetipo" della metafisica. Il punto è che per Platone le "idee" non erano "meri concetti" postulati là "nel nulla" senza alcun significato esistenziale (come molti vedono la metafisica). Per lui erano realtà esperienziali, da "scoprire" (o da "ricordare"). Forse, lui per "bene metafisico" include anche il tuo concetto di "bene innato", visto che (per esempio) non è scientificamente osservabile.
Consiglierei ad essere meno "avversi" alla parola stessa. Nella mia accezione significa anche solamente "non indagabile scientificamente", cosa che credo che l'etica è.
Molti criticano nozioni come "bene innato" o "bene metafisico" perché, secondo me, non pensano che possa essere qualcosa di rilevanza esistenziale, da "scoprire". Non ho nessun problema io a credere in un "bene innato" e a chiamarlo "metafisico" e a dire che è alla base dell'etica. Ma ovviamente, ho imparato che la mia opinione è minoritaria e discuterne crea solo equivoci e "litigate"...Ovviamente, se parli di essere convinto dell'esistenza di un "bene innato da scoprire" passi per "dogmatico" per alcuni.

Come già ho detto e ridetto, secondo me su diverse cose i "critici della morale" non hanno torto e, secondo me, su altre cose hanno torto, ma concordo che discutere su questo tema finisce per creare equivoci e lunghissime polemiche ho deciso di non partecipare più a tali discussioni...

(non lo dico per far polemica, ma era solo per dire che a volte è frustrante...)

Modifica: ovvero io sono "convinto" che tale bene ci sia. È una mia ipotesi nata da miei ragionamenti che ritengo corretti. Non nasce da un indottrinamento. Un conto è credere dopo un libero ragionamento, un altro per indottrinamento o qualsivoglia imposizione esterna. Platone è arrivato a parlare di Forme dopo dei suoi ragionamenti liberi. Non ci vedo nulla di dogmatico (così come non vedo nulla di sbagliato a scegliere una religione o a credere in cose indimostrabili per libera scelta)
#221
Rispondo a @sgiombo:

CitazionePurtroppo non conosco il buddismo (ho comprato qualcosa di Pasqualotto e ho intenzione di leggerlo), ma a me sembra ovvio che la menteSg (o mente-coscienzaAp sia costituita da "contenuti" (cogitantes; mentre la materia é costituita da contenuti "extensi": entrambi essendo realtà fenomenicaAp o coscienzaSg).

Capisco cosa intendi, però l'unica precisazione che volevo fare è separare la "qualità" del conoscere da quella dei contenuti mentali. Per esempio, se pensi al numero "2", c'è la consapevolezza ("coscienza") del numero 2 ("contenuto mentale che è oggetto della consapevolezza"). In pratica terrei separata "la consapevolezza" dal suo oggetto (anche se, in realtà, la consapevolezza ha un oggetto). Riguardo a Pasqualotto, mi pare (a memoria) che al Sari piaccia. Se piace al Sari, dovrebbe essere una buona lettura  :)


CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente o approfonditamente).

Nuovamente, capisco il tuo punto di vista, però... pensa alla prospettiva. La prospettiva è certamente una proprietà dello spazio visivo. Però, non è una proprietà di quello studiato dalla fisica. 

CitazioneSe la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio)... In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale.
...
Se la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio).
...
 E non si 
può, ma anzi si deve ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi"

Ok!  :) sono d'accordo!... 


Concordo fino a:


APEIRON
Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze.
Citazione SGIOMBO
CitazionePersonalmente non accetto questo "suggerimento".


Potresti chiarire qui?


CitazioneMi sembra alquanto ovvio (salvo l' affermazione , dalla quale, con Hume, dissento dall' affermazione che poiché "il mondo è semplicemente rappresentazione" [verissimo fin qui, secondo me]; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza [lo nego: non ne ha necessariamente bisogno ma potrebbe anche darsi -anche se per fede non lo credo- rappresentazione senza soggetto e senza oggetto]").

Schopenhauer dice che la rappresentazione è sempre riferita ad un soggetto/i. Ergo, la rappresentazione necessita sia dell'oggetto sia del soggetto. Non capisco perché dici che ci può essere una rappresentazione senza né oggetto né soggetto (che senso ha chiamarla "rappresentazione" :) ?).   


CitazioneMa la materia (mi era sembrato che concordassi!)...
Hai ragione, mi sono confuso (mi sono confuso anche in un altro punto, vedi dopo)  ;D


CitazioneDissento completamente da questa valutazione (per quel che credo -senza troppa certezza- di sapere di Kant.
 Comunque per parte mia dissento "abissalmente" da questa accezione di "noumeno"!

Invece a me, onestamente, non dispiace. Se la nostra conoscenza si limita al fenomeno, i modelli che ci facciamo del noumeno sono semplici "ipostatizazzioni". Non sono il noumeno. Wittgenstein direbbe "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (Tractatus proposizione 7). Io userei un "dovrebbe" ma concordo con lo "spirito" della frase :)
Poi ovviamente tale interpretazione può essere anche intesa come una negazione del noumeno. Dire che il "noumeno" non c'è, però, è ancora un'altra ipostatizzazione. 

CitazioneA me sembra molto ragionevole farne [Apeiron: sul nuomeno] le considerazioni che propongo a scopo esplicativo della realtà fenomenica cosciente.


Qui c'è un altro dilemma secondo me. Ne avevamo già discusso e non eravamo giunti ad una conclusione comune. Nel senso che, in realtà, tu sostieni che tra noumeno e fenomeni c'è una corrispondenza biunivoca (in modo molto simile a quanto pensava anche Spinoza). Secondo me, invece, una tale affermazione è problematica. 

Se accettiamo che tempo, causalità ecc si possono riferire ai fenomeni, il noumeno deve essere "fuori" dal tempo dalla causalità ecc. Non a caso, la Volontà di Schopenhauer era a-temporale e a-causale (e quindi anche priva di teleologia). Non a caso, per Schopenhauer, la Volontà non è causa dei fenomeni. Personalmente, la posizione di Schopenhauer mi sembra errata visto che, ironicamente, la "Volontà" è qualcosa di ben comprensibile. In pratica, ha ipostatizzato il noumeno (che però non dovrebbe essere ipostatizzato, essendo inconoscibile). 

Ma, ahimè, ho l'impressione che finiamo a trovarci in dissenso un'altra volta se iniziamo a discuterne  ;D

Citazione
CitazioneInfatti concordavo con la tua affermazione che "Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito" (vedi quanto scritto qui sopra sulal conoscenza dei quasar, cellule, atomi, ecc.).

Qui invece farei una precisazione... Berkeley introduce una causa ontologica dei fenomeni. Schopenhauer e Kant no. Per loro, si andava fuori dall'ambito di validità del principio di causa. Infatti la causalità si applica ai fenomeni. Chiedersi "cosa causa i fenomeni?" è andare fuori dall'ambito di validità.
 Per questo motivo a differenza di Berkeley, il problema di cosa succede quando tutti dormono non si pone (ho un po' esagerato a dire che le posizioni sono "simili". Presentano analogie, ma dire che sono "simili" può essere fuorviante). [Su questo mi ero un po' confuso  ;) ]

Rispondo a Carlo,


CitazioneSe fosse assolutamente indescrivibile non sarebbe stato chiamato né "Tao", né "principio del Cielo e della Terra", né "madre delle diecimila creature". Evidentemente si tratta dell'Uno trascendente da cui discende sia il Cielo-Yin (lo Spirito), sia la Terra-Yang (la Materia), ma che non può identificarsi né col Cielo né con la Terra presi in sé separatamente, ma solo con l'unità (inosservabile) verso cui entrambi convergono complementarmente....

Anzitutto ti ringrazio per le citazioni. Molto interessante  :)

Ma secondo me il Tao è completamente indescrivibile. Qualsiasi concetto che ti fai sul Tao, "non è l'eterno Tao" (ovvero, per usare un'espressione usata nella risposta a spiombo: ogni ipostatizzazione del Tao non è il Tao). Questo non significa dire che è "completamente inconoscibile" (qui hai ragione) ma darne una spiegazione concettuale è impossibile. Anche "l'archetipo degli archetipi", "l'archetipo delle coppie" ecc sono tutte descrizioni concettuali, Tao che possono essere "detti", nominati. Ma, l'eterno Tao è "oltre". Non ha caratteristiche. Senza attributi. Quindi, in realtà, nemmeno una "Unità". Non a caso, il capitolo 42 dice che l'Uno segue il Tao. 

Secondo me "contemplare l'arcano" significa proprio questo. Abbandonare tutte le descrizioni concettuali. Lasciar andare tutti i concetti. Apprezzare il "mistero del mistero". Se si può spiegare, allora non è più un vero "mistero"... Ma è un "qualcosa" completamente "indistinto" come dice il capitolo 14. Solo quando arrivi all'assenza di concettualizzazioni, puoi vedere la comprensione dove "non ci sono cose" (come dice la citazione del Capitolo 2 dello Zhaungzi).

Secondo me il punto del Taoismo non è trovare una spiegazione concettuale. Ma, usare i concetti per andare "oltre" essi. 
Un po' come il dito e la Luna dello Zen e la scala di Wittgenstein e il successivo Silenzio ("Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere")...

Ma mi sembra che un po' di tempo fa avevamo fatto una discussione simile in cui dicevi che lo spirito orientale di "abbandonare" i concetti non ti convinceva (spero di non ricordarmi male...). Onestamente, a me affascina. Mi dà l'idea di "qualcosa più grande", di un mistero da contemplare. E tale approccio è anche simile all'apofatismo occidentale (che tra l'altro è basato anche sul platonismo). In pratica, si arriva a "rinunciare" ai concetti non per un "rifiuto di conoscere". Si "trascendono" i concetti, per così dire.



CitazioneAPEIRON
Ok, grazie. Ma personalmente non vedo tale equazione così esplicita negli scritti di Platone. Si dice solo che le anime possono conoscere le Forme, così come gli occhi possono vedere gli oggetti luminosi. Inoltre, la Forma del Bene è vista come l'origine di tutto, il "Sole" dell'esistenza.

CARLO
Appunto. Gli archetipi visti nel loro insieme come "Bene" originario.

Penso che concordiamo sulla Forma del Bene, ma forse qui usiamo due linguaggi diversi. Direi che essi sono l'"emanazione" della Forma del Bene.

CitazioneCARLO
Beh, quando si tratta di dare uno "statuto" filosofico al Principio (trascendente) non si può farlo se non ricorrendo a paradossi, cioè, a coppie di significati opposti. Per questo si chiama anche "Principio degli opposti". 

Come prima, non sono sicuro se siamo d'accordo  o no ;D per me nel neo-Platonismo gli opposti vengono "trascesi" quando si "sale di livello" nella scala ontologica. Nel senso: se "essere" e "non essere" sono la coppia di opposti, l'Uno è oltre essi. 

CitazioneIn una accezione generale "mente", "anima", "psiche" sono essenzialmente sinonimi, sebbene "anima" meglio si addica all'aspetto più intimo e spirituale della psiche, e "mente" all'aspetto per così dire "mondano"

Ok.

CitazioneCARLO
Molte concezioni religiose della nostra tradizione affermano la presenza di uno "spirito dormiente" persino nella pietra, cioè, nella materia non biologica. E nessuno può dire se la loro intuizione è autentica oppure illusoria.



Capisco. Accetti il "panpsichismo" (o una posizione simile, quindi). 

Ad ogni modo, ho pensato che ti potrebbe piacere il concetto di "interpenetrazione" presente in particolare nel Buddhismo dell'Asia Orientale (non sono un grande esperto, ma se cerchi dovresti trovare qualcosa di interessante da fonti più attendibili di me  ;D ). 

Ah, so che a te non piace molto Kant (anche se, secondo me, per certi versi potresti trovare il "principio di complementarietà" anche lì) ma potrebbe piacerti l'idealismo trascendentale (magari "modificandolo" un po'...).

(Forse però stiamo andando "off topic"... come mi succede spesso :( )
#222
Precisazione

Io scrivo:

CitazioneChiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...).

sgiombo scrive:


CitazioneConcordo anche con la tua critica della "inseità" delle qualità secondarie, che anche per me sono altrettanto fenomeniche di quelle secondarie, anche se contrariamente a queste direttamente misurabili intersoggettivamente (indirettamente lo sono anche le secondarie: frequenza, intensità, ecc. delle onde luminose, ecc.).

Ovviamente, ciò non dice molto  della realtà materiale che non è direttamente osservata da noi. Però, è anche vero che possiamo inferire tramite l'analisi della realtà materiale osservata, l'esistenza e le caratteristiche della realtà materiale da noi non osservabile adesso. E la verifica delle nostre predizioni non è altro che una o più osservazioni sperimentali (da cui possiamo inferire l'esistenza di realtà materiali non osservabili).

Inoltre, Schopenhauer non afferma, se si fa attenzione, che l'universo materiale è "apparso" a causa del "primo occhio". Ma che, in realtà, è necessaria l'introduzione del "primo occhio" per rendere conto dell'evoluzione dell'universo. C'è una teleologia di fondo, però: la comparsa della coscienza, in pratica, è un "evento" necessario. Questo è per certi versi simile a quanto Wheeler sostiene nella sua teoria dell'universo partecipatorio.

Onestamente, ho molte perplessità anche se, dal punto di vista epistemologico, ritengo corretto che, a rigore, le nostre categorie si possono applicare solo in relazione all'esperienza. In pratica, possiamo inferire dell'esistenza della storia passata dell'universo analizzando la nostra esperienza attuale e non possiamo fare a meno di tener conto di ciò.

(In pratica siamo davanti ad una "antinomia" a livello epistemologico... così almeno interpreto anche Schopenhauer)
#223
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 18:24:25 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 16:03:09 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 12:31:20 PM
Citazione
CarloPierini sostiene una tesi di filosofia della mente "dualistica interazionistica" proposta dal neurofisiologo John Eccles e dal noto filosofo Karl Popper per la quale esiste una mente immateriale o anima (dotata di libero arbitrio) che interagisce con la materia senza violare le leggi fisiche e la chiusura causale del mondo fisico, per così dire "insinuandosi negli spazi di manovra lasciati aperti dell' indeterminismo quantistico"
Infatti essa (la mente) "determinerebbe" l'indeterminismo quantistico (inteso "a là Copenhagen come ontologico, oltre che gnoseologico o epistemologico), decidendo quale delle varie alternative possibili (diversamente probabili, secondo proporzioni statistiche probabilistiche determinate) di fatto si verifica in ciascun singolo evento "microscopico" (e dunque indeterministico secondo il pr. di indeterminazione), in occasione degli eventi di eccitazione-inibizione trans-sinaptica dei neuroni: in sostanza (ma CarloPierini mi corregga se lo ritiene necessario) la mente liberamente interverrebbe nel divenire naturale stabilendo se e quali vescicole presinaptiche vengano svuotate nello spazio sinaptico all'arrivo di un potenziale d' azione, così da determinare un'eccitazione o una inibizione trans-sinaptica, stante che le leggi fisiche (della MQ) non lo prevedono, non lo impongono ma si limitano a stabilire le probabilità secondo cui le diverse alternative possibili si verificano in serie numerose di casi.

Per parte mia ritengo poco verosimile che l' ordine di grandezza delle vescicole presinaptiche e le membrane cellulari dei neuroni (costituite da numerose macromolecole lipoproteiche) sia tale (sufficientemente "microscopico") da consentire un ruolo effettivo e conseguenze rilevabili negli eventi che le riguardano all' indeterminismo quantistico, e dunque un intervento causale efficace da parte di una mente immateriale (o anima) che non violi le leggi fisiche ovvero la chiusura causale del mondo fisico, come sostenuto da Eccles-Popper.

CARLO
Non posso che rimandarti a quanto scrive sinteticamente Eccles in proposito:

"Secondo la nostra teoria si ipotizza che gli eventi mentali influiscano semplicemente sulla probabilità di un'emissione vescicolare, che viene scatenata da un impulso pre-sinaptico. Tale effetto di un evento mentale verrebbe esercitato sul reticolo vescicolare presinaptico paracristallino, che complessivamente agisce controllando la probabilità di emissione di una singola vescicola dall'insieme delle numerose vescicole in esso inglobate.
La prima questione che può essere sollevata riguarda l'entità dell'effetto che potrebbe essere prodotto da un'onda di probabilità della meccanica quantistica: la massa della vescicola è abbastanza grande da oltrepassare i limiti del principio di indeterminazione di Heisemberg? Margenau adatta la comune equazione di indeterminazione a questo calcolo (...) dimostrando che l'emissione probabilistica di una vescicola dal reticolo sinaptico potrebbe essere idealmente modificata da un'intenzione mentale che agisca analogamente a un campo quantico di probabilità.
La seconda questione riguarda l'ordine di grandezza dell'effetto, che consiste semplicemente in una variazione delle probabilità di emissione di una singola vescicola. L'entità di tale effetto è troppo limitata per modificare gli schemi di attività neuronale persino in piccole zone del cervello. Ad ogni modo, ciascuna cellula piramidale della corteccia cerebrale viene raggiunta da migliaia di bottoni sinaptici. L'ipotesi è che il campo di probabilità dell'intenzione mentale sia ampiamente distribuito non solo alle sinapsi di quel neurone, ma anche a quelle di gran parte degli altri neuroni con funzioni simili appartenenti allo stesso dendrone ".   [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.104/5]

"Il controllo mentale sull'attività cerebrale è talmente profuso da poter presumere una dominanza dell'io sul cervello. Ora, per la prima volta, è stata proposta l'ipotesi sul modo in cui queste influenze mentali potrebbero controllare le attività cerebrali senza infrangere le leggi di conservazione della fisica. Così alla critica materialista di Dennett, di Changeux e di Edelman viene meno la propria base scientifica. Le spiegazioni materialiste al problema mente-cervello, come la teoria dell'identità, possono essere ormai considerate prive di alcun fondamento scientifico e, persino, superstizioni durate troppo a lungo, come anche del materialismo promissorio. Tutte queste teorie sembrano ormai insostenibili. Ciascuno di noi possiede naturalmente la credenza dualista nell'interazione fra io e cervello, ma la filosofia riduzionista e materialista prevalente ne ha imposto il rigetto. Si tratta di una filosofia ingenua, eppure ha raggiunto lo status di "oggetto di fede". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg. 200]


Carlo e sgiombo, onestamente credo che potrei deludervi. In realtà non ne so molto.
So che ci sono varie teorie quantistiche della coscienza. Ero a conoscenza di quella di Penrose (ma non l'ho mai capita bene). Ho un'alta stima di Penrose, ma trovo questi tentativi di spiegare la coscienza come "speculativi" (non ho intenzione di criticare né Eccles, che mi sembra un rispettabilissimo scienziato pur non conoscendo il suo lavoro, né Carlo che sostiene questa teoria). Ritengo infatti che la meccanica quantistica stessa sia ancora da capire pienamente e quindi utilizzarla per spiegare qualcosa di estremamente complesso come la relazione mente-cervello sia un po' "temerario".

So che il fisico Tegmark ha criticato questo tipo di studi, dicendo che la decorrenza quantistica (che è però essa stessa una spiegazione un po' controversa del collasso) non permette che la meccanica quantistica si applichi nel nostro cervello. In pratica, secondo Tegmark, non ci sono le condizioni per cui si possa applicare la meccanica quantistica in quella situazione perché le interazioni tra i sistemi quantistici e l'ambiente esterno sarebbero troppo rilevanti. Però, mi pare che la stessa critica di Tegmark sia stata a sua volta criticata. Ma non ho approfondito l'argomento, mi spiace.

Se devo "dire la mia", preferisco l'idea che mente e materia interagiscono (secondo me sono distinte e quindi probabilmente sono un "dualista interazionalista"). Non ho idea di "come" interagiscono. E, onestamente, non me la sento di cercare una spiegazione di come ciò avvenga con la conoscenza scientifica odierna. Non è detto che non si possa fare, ma personalmente mi sembra azzardato provarci. Il motivo per cui ritengo che mente e materia siano distinte e che interagiscano tra loro è che credo che l'etica funzioni "bene" solo assumendo il "libero arbitrio" (so di essere "non razionale" a "credere nel libero arbitrio", ma mi sembra l'ipotesi più ragionevole). Sgiombo, direi che abbiamo già avuto la discussione sul libero arbitrio e la conversazione è finita con un "pareggio" (abbiamo concordato di dissentire). Onestamente, sia il parallelismo (mente e materia esistono ed evolvono "in parallelo") che l'epifenomenalismo (la mente si origina dalla materia e non influisce sulla materia) mi paiono errate. Secondo me mente e materia si condizionano a vicenda e tale influenza non è né deterministica né probabilistica. Ovviamente, il mio non è un argomento "scientifico" e non spiego come tale interazione avvenga, quindi non mi vergogno assolutamente a dire che è un "mero atto di fede" (con però la precisazione che tale atto di fede secondo me è ragionevolmente basato su riflessioni sull'etica).

Ah, ultima cosa... tempo fa avevo usato il termine "mente" in modo non coincidente con quello di "coscienza". Mentre assumevo che fossero sinonimi per gli esseri senzienti, dicevo che anche i computer avessero una "mente" senza essere senzienti perché elaborano l'informazione. Mi rendo conto che ho usato un linguaggio improprio.
#224
Ciao Carlo:


CitazioneNon proprio. Il Tao è il Principio trascendente di cui materia e spirito rappresentano le polarità immanenti. In altre parole, l'alternativa a "materialismo" e "idealismo" è la complementarità di materia e spirito nell'unità superiore del Principio primo.
Quindi, non: << mente materia>>, ma: <<sia mente che materia>>.

Mmm, ammetto che ho letto solo il Tao te Ching e lo Zuanghzi (neanche tutto quest'ultimo) ma non mi pare che il Tao sia identificato con la coppia complementare yin-yang. Non dico che che la complementarietà sia estranea al Taoismo (direi ovviamente una falsità) ma il Tao mi sembra descritto come "qualcosa" di indescrivibile. Capitolo 1:
"Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.",
Nel Capitolo 2 "essere" e "non essere" e molte altre coppie di opposti vengono viste come complementari. Il Tao è detto "vuoto" (cap 4), il Capitolo 14 dice:
"A guardarlo non lo vedi,
di nome è detto l'Incolore.
Ad ascoltarlo non lo odi,
di nome è detto l'Insonoro.
Ad afferrarlo non lo prendi,
di nome è detto l'Informe.
Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo,
ma uniti insieme formano l'Uno.
Non è splendente in alto
non è oscuro in basso,
nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome
e di nuovo si riconduce all'immateriale.
È la figura che non ha figura,
l'immagine che non ha materia:
è l'indistinto e l'indeterminato.
Ad andargli incontro non ne vedi l'inizio,
ad andargli appresso non ne vedi la fine.
Attieniti fermamente all'antico Tao
per guidare gli esseri di oggi
e potrai conoscere il principio antico.
È questa l'orditura del Tao.
"
Inoltre ricorre l'idea che bisogna diventare come "legno non scolpito". Mi pare che il Tao sia senza caratteristiche e quindi con possibilità infinite. Nel Capitolo 2 dello Zhaungzi si dice che la "saggezza degli uomini antichi arrivava molto lontano. Dove? Fino a quando le cose non esistevano". In sostanza, mi sembra che il Principio più che una complementarietà sia visto come una pura vacua Potenzialità. Però, solo quando ci si svuota. Dal capitolo 1 del Tao Te Ching, le "cose" si manifestano quando non si contempla "l'arcano". Le due descrizioni non sono contraddittorie ma il Tao è descritto come "l'informe", "l'indistinto" ecc. Intendevo questo, io.
Ah, Qui c'è la versione italiana del Tao Te Ching che ho usato.

In pratica, è come se il Tao (il Principio) e le "diecimila creature", caratterizzate dalla complementarietà yin-yang fossero come due "facce" della stessa medaglia, per così dire. 

CitazioneIl platonismo (Filone, Plotino, Dionigi l'Aeropagita, Agostino, Boezio, ecc.) identifica il Demiurgo platonico con il Logos o Verbo divino, comprendente le "forme", cioè i modelli eterni (metafisici) del reale, gli archetipi del creato.


Ok, grazie. Ma personalmente non vedo tale equazione così esplicita negli scritti di Platone. Si dice solo che le anime possono conoscere le Forme, così come gli occhi possono vedere gli oggetti luminosi. Inoltre, la Forma del Bene è vista come l'origine di tutto, il "Sole" dell'esistenza. Nel Parmenide si dice che non è né "essere" né "non essere". E mi pare che la cosa venga detta per l'Uno anche da Plotino. Anche in tal caso, l'Uno mi sembra essere né mente né materia, ma la loro causa. D'altro canto, è vero che in Plotino subito dopo l'Uno, c'è la Nous. E concordo che la teologia di Giovanni sia simile al pensiero neoplatonico.

CitazioneTommaso non identifica l'anima con il corpo, ma la considera la "forma" del corpo, cioè il suo archetipo. Mortale il primo, eterno il secondo.

Infatti, non ho detto che i due sono identici. Ma che per Tommaso ci sono entrambi. E che l'essere umano è "fatto" sia di mente che di materia (corpo). In realtà, non sono sicuro della relazione tra mente ed anima. Da quanto scrivi sembra che non coincidano.

CitazioneLe conoscenze scientifiche non ci dicono assolutamente nulla sull'origine della vita, né della coscienza.

Posso concordare che siamo ancora distanti da capire come si siano originate la vita e la coscienza (e forse non lo capiremo neanche nel futuro...) ma non è un po' troppo dire così?  :) voglio dire: le nostre attuali conoscenze scientifiche ci dicono che la Terra esiste da 4,5 miliardi di anni e che la vita biologica è iniziata circa 4 miliardi di anni. La vita senziente da meno tempo, direi. Magari prima del Big Bang c'erano forme di vita senziente. Ma, diciamo, 13 miliardi di anni fa è praticamente sicuro che non c'era da nessuna parte vita biologica.

A meno che non si creda in "altri reami di esistenza" non rilevabili, difficilmente si può negare che in questo universo la coscienza e la vita siano nate dopo. (Escludendo, ovviamente una o più eventuali "coscienze trascendenti").

Ciao @sgiombo,

CitazioneInnanzitutto, per intenderci (dimmi se sbaglio), credo che quello che tu chiami indifferentemente "mente" ovvero "coscienza" (sinonimi) si identifichi con quello che io chiamo "mente" o "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans"; ma intesa alla Hume come meramente fenomenica, e non alla Cartesio come reale anche se non percepita coscientemente, anche quando non é in atto ovvero fenomenicamente presente).
E chiami "materia" come me l' altra "parte" della "realtà fenomenica" (postulabile essere) intersoggettiva (e non meramente soggettiva come é la mente o coscienza, che io chiamo solo "mente" e non "coscienza", eventualmente "pensiero").
Quella che io chiamo "coscienza" o "esperienza (fenomenica) cosciente", che comprende tanto la materia quanto ciò che io chiamo soltanto "mente" (o al massimo "pensiero": la res cogitans) e tu anche "coscienza" (la res cogitans), tu la chiami "realtà fenomenica".

Direi che l'unico appunto che ti faccio è che io distinguo anche tra la coscienza/mente e i "contenuti mentali". Per esempio, l'emozione della rabbia, pur essendo mentale, non è "mente" ma, piuttosto, è una sua caratteristica. Prendendo un'immagine buddhista, così come si possono distinguere le fiamme in base a ciò che stanno bruciando, allo stesso modo è possibile distinguere la mente a seconda del particolare stato mentale e di ciò ci cui la mente è consapevole (per esempio, se si sta contemplando un'immagine visiva, la mente "ha come oggetto" tale immagine). In pratica, è come se la nostra mente continuasse a cambiare "forma" (in molte scuole buddhiste (forse tutte), e io tendo a concordare con ciò, vi è l'idea che vi sia una sorta di "corrente mentale". Ovvero, la mente non è qualcosa di immutabile, ma piuttosto una successione di "momenti di coscienza").
Per il resto, credo che hai capito.

CitazioneInvece non capsico in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).

CitazioneA me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.

Sai, sono un po' confuso su questa questione... a dirti il vero. Nel senso: se ci limitiamo alla nostra esperienza cos'è la realtà materiale? Sensazioni visive, uditive, tattili (in "tattili" ci inserisco anche la proprioricezione, anche se probabilmente è improprio farlo, ma concedimi questa possibile "licenza poetica"  ;) ), gustative, olfattive. Chiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...).

D'altro canto, però, se ammettiamo che il quasar esiste indipendentemente da noi, come possiamo dire che è parte della "materia"? E qui c'è il dilemma a cui mi riferivo, per citare l'Amleto di Shakespeare. In fin dei conti, Kant ci dice che le nostre categorie si applicano nella nostra esperienza e non possiamo usarle "fuori" da essa (Kant usa l'immagine dell'isola. Il mondo fenomenico è come l'isola in cui possiamo usare le categorie e le intuizioni. il noumeno è il misterioso oceano. Ovviamente, come tutte le analogie è piuttosto limitata!).Ergo, per Kant, parlare del "quasar in sé" indipendente da tutte le coscienze è problematico. Lo vedi il dilemma? Siamo tentati di uscire dalla nostra esperienza, eppure a rigore non possiamo. Possiamo al massimo parlare di realtà inter-soggettiva, ma non possiamo parlare della realtà indipendente da tutte le coscienze. Filosoficamente, condivido. Non è una posizione relativista, per come il termine è inteso nella nostra cultura occidentale, perché non implica l'assenza di verità condivise e inter-soggettive. In un senso però è relativista perché dice che, in pratica, non possiamo "uscire" dalle nostre menti e non possiamo fare "affermazioni" sulla "realtà esterna" (non a caso, ogni affermazione che facciamo su tale realtà segue le nostre categorie, no? Parliamo di particelle che si muovono nello spazio, no? Del "divenire temporale", "il flusso del tempo" indipendente da noi, no?). Per questo Kant asseriva che il noumeno è totalmente inconoscibile. A rigore, è improprio parlarne in termini di causalità, tempo, spazio ecc.

Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze. Schopenhauer afferma: "Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse.E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello" (Schopenhauer, Mondo Come Volontà e Rappresentazione)
Paradossale, no? Eppure...eppure... se la materia fosse slegata completamente dalla mente, come potrebbe la nostra mente conoscerla? Stranamente, le osservazioni di Kant e Schopenhauer mi sembrano "giuste". In fin dei conti, noi concepiamo le cose sempre da un certo punto di vista. Ma come è la realtà indipendente da ogni punto di vista?!? Ah, si può porre sensatamente una tale realtà "indipendente da tutti"? I nostri concetti possono veramente applicarsi ad essa? Tu dici sì. Io non ne sarei, se voglio essere onesto, così sicuro (almeno se voglio restare in ambito filosofico. Chiaramente, posso dire che il paradosso di Schopenhauer si risolve se ci sono altre coscienze inosservabili, per cui l'universo diventa un oggetto ecc ecc). Si dice che Kant abbia postulato il noumeno come "concetto limite". Tale "concetto limite" non punterebbe ad "una realtà esterna". Ma sulla "realtà indipendente da ogni punto di vista" non si può dire niente. Anzi, è paradossale pure parlarne. Schopenhauer ha erroneamente identificato tale noumeno con la Volontà.

Su Berkeley, ok. Non sembra così diverso da quanto dice Schopenhauer nella citazione sopra, d'altronde.

E sulla limitazione della conoscenza... Direi che possiamo dire che, notando come la scienza non ha trovato tutti i "segreti" della realtà fenomenica, direi che non abbiamo nemmeno la conoscenza della realtà fenomenica ;)

P.S. Faccio notare che Schopenhauer aveva una teoria teleologica (ne sono abbastanza sicuro) riguardo all'evoluzione biologica. Però, ha scritto il suo libro prima della pubblicazione del lavoro di Darwin e Wallace.
#225
Alcune precisazioni riguardo a quanto affermato oggi:

1) Non ho mai ben capito se Berkeley rifiutasse l'esistenza della materia o se invece si limitasse a dire che anche per essa vale il principio  "esse est percipi". Onestamente, visto che era cristiano e che il Cristianesimo dà molta importanza alla "carne", mi sorprenderebbe che considerasse la materia come "illusoria". Forse, riteneva che per esistere dovesse essere percepita da Dio.

2) Riguardo alla posizione di Heisenberg... per lui il pacchetto d'onda era una "ampiezza di probabilità". In pratica, per lui anche quando il sistema quantistico non era osservato, lo stato coincideva con tale ampiezza di probabilità. All'atto della misura il pacchetto collassa e dà un preciso risultato. Per Bohr, invece, da quanto ho capito ha senso parlare di "stato del sistema" solo all'atto della misura (prima della misura, i concetti classici non si applicano... per Bohr si può dire solo questo). Ho detto che per Heisenberg l'interpretazione è più "soggettivistica" per due motivi: primo perché il "collasso" è qualcosa di "reale" e quindi le osservazioni hanno un effetto reale e secondo perché è difficile pensare alla "probabilità" come qualcosa di "fisico" e quindi postulare che lo stato di un sistema fisico sia un'ampiezza di probabilità si presta a facili interpretazioni idealistiche. Vi è poi anche un'altra interpretazione in cui la mente svolge un ruolo fondamentale, l'interpretazione a "molte menti" di Dieter Zeh.

3) Ovviamente tra "idealismo" e "materialismo" ci sono varie alternative. Per esempio, nel Taoismo mi sembra che il principio primo non sia né mente né materia. Idem per certe interpretazioni del Platonismo che non contemplano il Demiurgo, la realtà deriva dalle Forme, che pur essendo conoscibili, non sono strettamente parlando "mentali" (e anche nel caso del Demiurgo, la materia viene "formata" dal Demiurgo e non viene creata - ah, il Demiurgo platonico non è "malvagio" come quello degli gnostici, ma è una figura "positiva"). Ovviamente, non è nemmeno idealista (né materialista, ovviamente) la posizione di San Tommaso d'Aquino in quanto sia mente che materia sono reali (in fin dei conti sia la mente che la materia sono create e sostenute da Dio). Anche se, in quest'ultimo caso, c'è una Mente creatrice e quindi che precede la materia (quindi, limitatamente a questo, è una posizione più vicina all'idealismo).

4) Effettivamente, per le nostre attuali conoscenze scientifiche, le coscienze si sono originate dopo la materia (o meglio, è un argomento contro l'idealismo più che a favore dell'idealismo). Questo dà supporto al materialismo rispetto all'idealismo ma non spiega il punto "quinto" che ho enumerato in precedenza (ovviamente interpretazioni idealistiche come l'universo participatory di Wheeler ne sono ben consapevoli...).

5) Prima che il Sari mi bacchetti, devo dire che la scuola Yogacara è una scuola buddhista. Altre accettano l'esistenza degli oggetti esterni. Non so dire quanto sia diffusa quella idealista, per così dire.

Ok, spero di aver fatto tutte le precisazioni che dovevano essere fatte  :)