Citazione di: viator il 18 Ottobre 2018, 21:15:15 PM
Salve Apeiron. Circa "perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare", la matematica, oltre a presentare la caratteristica illustrata da Ipazia, fissa certe regolarità in modo da inscriverle in un sistema al cui interno le condizioni, a differenza che nella realtà, sono rigidamente fissate ed invarianti e non appunto discrete e fluttuanti.
Fissa cioè le premesse perché il risultato sia loro conseguenza. E' quindi ovvio che funzioni.
Essa dice : viene creato l'ambito matematico il cui requisito esistenziale è che 1+1 faccia sempre 2.
Nella realtà invece può capitare che 1+1 faccia 2, 3, 4, 5 etc.
Succede con il sesso ed è funzione della fecondità di 1+1.
In biologia è anche peggio : nel caso della riproduzione cellulare potremo avere che 1-0.5=1 e 1:2=2.
Ciao Viator,
ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.
Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?
Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 22:39:44 PMCitazione di: Apeiron... perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare ... ... Secondo voi il materialismo da solo è sufficiente per spiegare l'efficacia della scienza? (secondo me no - è uno dei motivi per cui ritengo il materialismo errato. Ero curioso di sentire se, secondo voi, il materialismo poteva spiegare l'efficacia della scienza.)Anassimandro non avrebbe avuto dubbi, avendo usato in maniera del tutto materialistica la matematica a posteriori esattamente come l'aveva materialisticamente ereditata da mercanti che contavano pecore, staia di grano e anfore d'olio.* Perchè la matematica, checchè ne pensino i pitagorici e Platone, è nata proprio per questi usi. Ed anche quando ha dovuto includere il nulla e l'apeiron nei suoi calcoli, l'ha fatto in seguito a materialissime necessità di calcolo della scienza applicata. Il materialismo spiega benissimo la scienza, perchè la scienza è materialista fin dalla nascita essendo antitetica alle spiegazioni del reale fondate sui numi. Dai quali, nel corso dei secoli, si è (astrologia, alchimia, magia) e ci ha liberato (almeno dalle cose più pacchiane). * C'è un ottimo libro dello scienziato-filosofo Carlo Rovelli su Anassimandro
Ciao Ipazia,
anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.
Per quanto riguarda Rovelli, so che apprezza molto il filosofo greco. E lo prende come esempio di pensatore originale. Se fosse stato solo un "uomo pratico" probabilmente non si sarebbe mai messo a speculare sull'origine delle cose, sul fatto che la Terra sia "sospesa nel vuoto", che "l'alto e il basso" sono concetti relativi spiegando perché erano relativi (= "relativi" nel senso che sono validi in determinate situazioni...) ecc. Questo tipo di speculazioni, per un greco antico che non aveva alcuna possibilità di verificarle empiricamente erano, appunto, speculazioni teoriche basate sull'assunto che la nostra ragione poteva riuscire, anche senza conoscenza empirica diretta, a comprendere le cose. Assunzione che, in realtà, la dice lunga sul filosofo (perché mai la "realtà materiale" dovrebbe essere comprensibile con ragionamenti umani?). Inoltre, lo stesso Rovelli apprezza molto la filosofia e ritiene che i filosofi possano aiutare la scienza.
Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico") possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso, si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).
Citazione di: Carlo Pierini il 19 Ottobre 2018, 11:31:28 AMAPEIRON il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare, è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto" CARLO Il tuo è un approccio ingenuo, cioè univoco, unilaterale, mentre il Principio può essere avvicinato "asintoticamente" solo per mezzo di paradossi, cioè, di attributi opposti complementari. Già ho accennato che esso, come Archè, come Causa originaria di tutto, dello spazio, del tempo e di ciò che essi contengono, è massimamente trascendente, al di fuori dello spazio e del tempo; ma come Legge delle cose create, come principio conservatore che mantiene in vita il Tutto, è onnipresente, cioè, massimamente immanente. Ciò coincide con l'idea di Dio inteso sia come Padre che come Figlio, o del Tao inteso sia come "eterno Tao" sia come le "diecimila cose" yin-yang immanenti, o della coppia Brahma e Visnu, intesi rispettivamente, come Creatore e Preservatore. Infatti, il filologo Giovanni Semerano (L'infinito: un equivoco millenario) sottolinea che il termine ápeiron deriva dal semitico 'apar (polvere, terra), accadico eperu, biblico 'afar, e ricorda che in greco epeiros, dorico apeiros, eolico aperros, indica la terra, il fango. Scrive Semerano: «Da tempo immemorabile, circa ventitré secoli fa, il mondo culturale dell'Occidente subisce la sfida di quella voce, ápeiron, che l'antico pensatore milesio pose come una roccia scabra e grande a suggello della sua opera "Sulla natura" ed è più che una pietra di confine, è il viatico dall'eternità al nulla. I posteri che intesero 'illimitato', 'infinito', tradirono l'antica fede del filosofo nell'infinita maternità della terra che attende di raccogliere nel suo seno ciò che essa stessa ha prodotto». [G. SEMERANO: L'infinito: un equivoco millenario - pg. 56]. APEIRON ...etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"... ecc. in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc. (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc(non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...)
CARLO Ricordati delle due vie opposte-complementari, i due occhi dei saggi: quello del cuore e della libera contemplazione e quello dell'intelletto e della conoscenza. L'uno ispira, illumina e conferma l'altro. E' un vero peccato che nella storia del pensiero umano si alterni il sacrificio dell'uno o dell'altro sull'altare del suo opposto.
Ciao Carlo,
Secondo me, invece, non è poi così "ingenuo" anche se penso di capire e rispetto il tuo punto di vista.
I problemi con la tua visione sono, ad esempio:
1) il principio di complementarità potrebbe non spiegare tutto (come dicevo, concordo che "c'è della verità", se vuoi ammetto anche che c'è veramente "molta più verità di quello che si crede" in quel "ragionamento". Però, mi sembra un po' eccessivo pensare che "spiega così tanto" come pensi tu...)
2) se tale Principio è trascendente su di esso con la sola ragione possiamo dire niente di sicuro (su cosa si basterebbero i ragionamenti, su quali assiomi? ) . Ergo, l'unico modo per conoscerlo veramente è "averne esperienza diretta". Per chi non ha avuto queste "esperienze", ammesso che ci siano e che la loro interpretazione sia "corretta", quello che rimane è "avere fede" nella esperienza altrui (ciò vale anche per le Rivelazioni o le "Ispirazioni Divine", visto che in fin dei conti anche se deriverebbero da un "intervento esterno", vengono "vissute", "sperimentate").
3) le stesse "spiegazioni" del "perché esiste qualcosa?" che partono da un Principio non sono comunque, secondo me, totalmente convincenti. Pensa all'emanazione di Plotino. Plotino spiega che l'Uno è "sovrabbondante" e quindi deve per forza "emanare". Ma è una spiegazione pienamente convincente?

4) non ci vedo altra via quindi che affermare la nostra ignoranza su moltissime questioni (ah, non credo che nessuna religione sia interamente "apofatica" o "catafatica". Ovviamente, alcune si concentrano su uno e danno meno importanza all'altro ecc). Non ho mai detto che non si possa dire niente. Solamente che, senza "atti di fede", questioni come "qual è l'origine delle cose" ecc rimangono tutti indimostrabili ecc. Personalmente preferisco l'apofatismo perché, in fin dei conti, se il "Trascendente" è "fuori dalla realtà ordinaria", esso non può essere che "ineffabile" (ad esempio, se diciamo che è "fuori dal tempo" non ho alcuna obiezione a dire che è "eterno" e quindi darne una "descrizione positiva" per così dire. Ma tale descrizione positiva deriva da una negazione.). Ammetto di avere fede nel dire che tale "Trascendente" non è un "mero nulla". Secondo me, però la ragione (senza rivelazioni ecc) può solo dire che se tale "Trascendente" non è un "mero nulla" può solo dire "cosa non è" (a-spaziale, a-temporale...). Inoltre, l'apofatismo permette di evitare forme di dogmatismo, di essere "sicuri" su ciò di cui non si può esserlo ecc ecc (se poi uno vuole anche avere "fede" è un altro discorso.
Dunque, Carlo, tu credi nel Principio di Complementarità perché lo consideri "ragionevole" (e quindi ammetti spazio anche alla "fede")? O ritieni che si possa dimostrare? Questa sicurezza si basa solo sui ragionamenti o si deve, necessariamente, basare, almeno in parte, su esperienze "straordinarie", sull'interpretazione di tali esperienze proprie o altrui ecc? Ritieni che la sola ragione è sufficiente?
L'intelletto è importantissimo anche nel buddhismo, per esempio. Tuttavia, nelle religioni è sempre "subordinato" all'"esperienza". La teologia si basa sulla fede nella verità della Rivelazione (senza il supporto delle Scritture, anche la "più alta teologia" non sarebbe teologia). Può essere usato per dare argomentazioni a favore. Ma, secondo me, non potrà mai dimostrare.
Come vedi, la discussione sarebbe lunghissima (motivo per cui non intendevo continuarla qui e ora). Ergo, io rispetto il tuo punto di vista e ti ringrazio dei consigli. Mi fa piacere "studiarlo". Ma se non mi convince pienamente, penso di avere buone ragioni...

Su Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante.
Purtroppo, ritengo che abbia varie difficoltà. Per esempio, Eraclito dice: "andando, non puoi trovare i confini (peirata) dell'anima. Così profondo è il suo logos" (frammento DK22 B 45). Senofane parla anch'egli dell'apeiron nel senso di "infinito". Ergo, sono dell'idea che la "lettura classica" di "apeiron" è corretta. Tutti i commentatori greci non hanno mai menzionato "la terra". Mi pare che ci siano forti indizi per la "lettura classica". Di nuovo, come dice la citazione di Ghost in The Shell "[al dubbio] non c'è mai fine".