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Messaggi - Donalduck

#211
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
24 Settembre 2018, 14:28:38 PM
DeepIce:
CitazioneSiccome, come appunto dici, questo processo di liberazione dall'egoismo è difficile, nel corso della storia alcune ideologie politiche hanno tentato, a vario modo, di governare l'egoismo umano anche con la forza.
Non può funzionare. Se prevale la coscienza identificata con l'ego ogni tentativo sarà sempre l'ego che cerca inutilmente di uscire da sé stesso, usando tra l'altro i mezzi propri dell'ego, ossia principalmente l'imposizione e la forza bruta. Un certo grado di imposizione (disciplina e autodisciplina) è necessario, ma funziona solo se sorretto da una volontà non governata principalmente dall'ego.
#212
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
24 Settembre 2018, 13:45:12 PM
Socrate78:
CitazioneQuindi ti chiedo: ciò che ho detto è valido oppure no? A me sembra soltanto di aver individuato le contraddizioni di un'ideologia che forse sembra giusta e persino ottima, ma che in realtà non lo è affatto nei suoi sviluppi e nei suoi effetti.
Interpreto questa come una domanda rivolta a me per contiguità, ma mi sembra buona norma specificare l'interlocutore esplicitamente, dato che gli interventi sono di per sé privi di riferimento.

Mi sembra di aver chiarito che per me le ideologie di per sé non servono a nulla e non cambiano sostanzialmente nulla, ma quello che conta è l'evoluzione della coscienza individuale (che poi diventa collettiva quando condivisa dalla maggioranza). Le ideologie rivolte al superamento delle ingiustizie e degli squilibri possono soltanto fornire un orientamento, un modello di riferimento che però può essere attuato solo da coscienze più evolute di quelle attuali e passate. Altrimenti, come dimostrano i vari casi di cosiddetto "socialismo reale" o comunismo, si andrà dalla padella alla brace, Anzi si rischia, come è in effetti successo, di tornare indietro con regimi che aboliscono anche la libertà di pensiero e di espressione. L'ho detto chiaramente: per ottenere una pietanza di qualità devi usare ingredienti di qualità. Se non cambia la qualità della materia prima (la coscienza individuale, chiusa nel recinto dell'ego), non c'è ideologia che tenga, si troverà sempre il modo di tornare al modello primordiale della legge della giungla, sia pure in una forma più evoluta e meno brutale dell'originaria. Per cui il problema si sposta su come promuovere un'evoluzione delle coscienze.

Trovo comunque sbagliato, in generale, al di là del contesto specifico, fare ragionamenti del tipo: siccome in passato il tentativo di applicare un certo modello non ha funzionato, allora vuol dire che il modello non funziona e basta. L'insegnamento dell'esperienza passata e della storia non è questo. L'esperienzaa serve a individuare i difetti della soluzione adottata e cercare di eliminarli, non a darsi per vinti ad ogni fallimento. Con un atteggiamento del genere non ci sarebbe stato neppure progresso scientifico. La storia della scienza e del sapere in generale è fatta di numerosi ripetuti tentativi sempre nella stessa direzione aggiustando ogni volta il tiro fino al raggiungimento dell'obbiettivo, non di continui mutamenti di rotta. Certo, si può arrivare alla conclusione che una certa strada non porta da nessuna parte, ma non certo solo sulla base di qualche tentativo fallito.

Quindi la prima cosa che bisogna chiarire è cosa si vuole raggiungere. Per me l'obiettivo sarebbe una società dove le persone (non solo alcune, ma almeno la maggioranza) possano davvero usare in maniera soddisfacente e proficua le loro facoltà e i loro talenti a vantaggio proprio e di tutta la collettività, dove davvero il merito, inteso come utilità sociale, sia riconosciuto e incoraggito, dove i conflitti siano non una condizione permanente e predominante, non il motore stesso della società ma solo delle fasi temporanee di aggiustamento e l'armonia predomini sul conflitto. Quindi egualitarismo va inteso, almeno nella mia concezione, come uguale possibilità di esercitare ele proprie facoltà (ovviamente non a danno altrui), posto che queste facoltà non sono uguali per nessuno, ognuno le ha in misura e qualità differenti.
Il liberismo trovo che sia incompatibile non solo con il ridimensionamento della conflittualità, ma anche con le possibilità di realizzazione (e quindi di autentico benessere) degli individui. Quello che adesso viene scambiato per realizzazione è solo, in prevalenza, l'adeguamento coatto a modelli rudimentali di realizzazione (il dominio sugli altri, il successo, il prestigio) che vengono inculcati e incoraggiati in tutti i modi nelle menti delle persone sin dalla più tenera età. Una realizzazione, tra l'altro, che per sua intrinseca natura può riguardare solo una minoranza di individui, lasciando gli altri in una condizione di frustrazione e inquietudine permanente (senza parlare delle disagiate condizioni di vita). E il liberismo è anche incompatibile col riconoscimento e la valorizzazione del merito, se non nei limitati campi e situazioni in cui si accorda con gli interessi del potere fine a sé stesso, basato sulla forza bruta.
#213
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
23 Settembre 2018, 17:19:07 PM
Socrate78:
CitazionePer comprendere se è meglio il liberismo o l'egualitarismo bisogna guardare la storia, non i nostri sogni ideologici.
Vedo che hai evitato di riferirti direttamente a quanto ho scritto preferendo indirette allusioni, e saltando a piè pari tutte le mie argomentazioni per tornare a fare i soliti triti discorsi saturi di conformismo ideologico che non hanno nessuna attinenza con quanto, con un certo sforzo di chiarezza, mi son preso la briga di esporre. E io che pensavo che qui si discutesse...
#214
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
22 Settembre 2018, 21:26:58 PM
Socrate78:
Citazioneio credo che l'egualitarismo si fondi su una premessa molto discutibile: infatti, come dice la stessa parola, si fonda sul concetto che tutti gli uomini siano uguali
Come ho già fatto notare, sia pure per inciso, il termine egualitarismo richiede di essere ben definito prima di poterne parlare. Come tutti i termini, ognuno lo intende a modo suo, entro certi limiti.
In linea di massima potrei anche accettare la definizione che citi (che comunque è parziale e va integrata) con la correzione "riceve in base a ciò che la sua condizione rende opportuno che gli sia dato" piuttosto che "in base alle sue necessità", perché il termine necessità escluderebbe tutto ciò che può essere utile o piacevole ma non necessario, appiattendo la qualità della vita verso il basso.
Evidentemente ti è sfuggita la definizione che ho dato io di egualitarismo (anch'essa non esaustiva, ma più centrata): un sistema che tende a garantire a tutti "uguali possibilità di realizzarsi, ognuno a suo modo e in relazione alle sue capacità e attitudini".
Quello che lascerei fuori sono concetti come merito e demerito, premio e castigo, perché sono concetti tipici dell'ego e solo su questo fanno presa, e ho già chiarito che secondo me restando in quell'ambito gira e rigira non cambia mai nulla.

Tornando alla mia definizione è chiaro che il termine "realizzarsi" ha un significato molto diverso per una persona che fa l'idraulico per scelta e per attitudine e che svolgendo quest'attività si sente sufficientemente realizzato e per, che so, un musicista o uno scienziato molto dotato. Questi ultimi per realizzarsi appieno avranno bisogno di molto di più rispetto all'idraulico. Il musicista avrà bisogno di strumenti musicali di qualità, sale prove e sale di registrazione, tempo e luoghi per esercitarsi senza essere disturbato, frequenti viaggi confortevoli durante le turneée. Lo scienziato avrà bisogno di laboratori con apparecchiature costose e collaboratori capaci, anche lui deve poter viaggiare e compiere soggiorni di studio, eccetera. Ad entrambi è ragionevole garantire una vita per quanto possibile priva di preoccupazioni materiali o burocratiche e di qualcuno che si occupi dei lavori domestici e della cucina, in modo che possano dedicare il massimo del tempo alla loro attività, tanto più quanto più sono dotati, perché maggiore sarà il valore di ciò che fanno, non solo per loro, ma per tutti. Insomma le risorse andrebbero distribuite tenendo conto delle potenzialità, oltre che degli interessi, di ognuno e di quanto è necessario perché queste potenzialità possano essere utilizzate al meglio.
E ritengo che, nella prospettiva che ho indicato, quella di una coscienza evoluta, poter usare appieno i propri talenti, piccoli o grandi che siano, sia una retribuzione sufficiente e soddisfacente, mentre il denaro in quantità esagerate che ora molte persone di talento guadagnano (senza contare quelle - tante - prive di talento ma che arrivano in cima alla scala sociale perché dotate di forte errivismo e pochi scrupoli) non fa che alimentare l'avidità e il vizio causato all'aver troppo di più del necessario, anziché incentivare selettivamente le persone motivate da un autentica passione per ciò che fanno (e non per il denaro, il potere, la fama), che in genere sono anche le migliori e più dotate.

Ma è anche ovvio che in certi casi sono proprio le necessità a contare di più, come per i malati, i disabili o gli anziani, e talenti e attitudini passano in secondo piano. Come è ovvio che l'impegno venga incentivato e il disimpegno disincentivato, sempre tenendo conto della situazione della persona nel suo insieme. Ma non per una valutazione moralistica (merito-demerito) ma per un senso di equità e per alimentare quel senso di responsabilità personale senza il quale nessuna società si regge in piedi.
Se si è guidati da inclinazioni e sentimenti tipici delle coscienze più evolute e quindi più elevate (di cui  la maggior parte di noi è in qualche misura partecipe), i criteri da usare vengono da sé.
#215
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
22 Settembre 2018, 17:15:57 PM
Socrate78:
CitazioneScusami, ma ciò che affermi non dimostra nulla, nemmeno che cos'è davvero bene e ciò che è male. Se io desidero qualcosa di importante davvero e un'altra persona fa di tutto per impedirmi di averla, quella persona può essere ancora un valore per me? La risposta secondo me è un sonoro NO, quella persona è MALE perché vuole privarmi di un bene importante, ed il MALE è proprio questo, privazione di bene.
Non capisco cosa vuoi dire. Cosa avrei voluto dimostrare senza esserci riuscito?
Comunque sia, anche se non ho parlato di bene e male, la cosa si può anche affrontare dal tuo punto di vista. Se rileggi quello che ho scritto, noterai che ho messo l'accento sull'ampiezza dell'ambito o dominio o orizzonte della coscienza, o in altre parole con quello con cui la coscienza prevalentemente si identifica (l'identificazione non è fissa, ma variabile anche per il singolo individuo). Se uno si identifica col suo organismo biologico e quella costruzione mentale che chiamiamo io (l'ego, formato in gran parte da materiale di origine biologica e sociale) il bene sarà quello che porta vantaggio e soddisfazione a questa limitata entità e male tutto ciò che a questa risulta sgradita. Ma se l'ambito della coscienza si allarga e l'identificazione comprende via via la famiglia, il "clan" (qualunque aggregazione sociale come un gruppo di amici o simili), la nazione, l'umanità eccetera, il concetto di bene cambia. Ad esempio se qualcuno ti ruba qualcosa, la tua valutazione della vicenda ma soprattutto i sentimenti che provi, saranno molto diversi a seconda che l'autore abbia agito in una situazione di estrema indigenza, per sfamarsi, oppure sia un teppistello figlio di papà che ha agito per cattiveria e stupido esibizionismo, per vantarsi con gli amici. Consideri la valenza relazionale, sociale del fatto e non soltanto il tuo tornaconto o danno personale.
Se la maggioranza delle persone avessero una coscienza abbastanza espansa, ossia evoluta, i conflitti necessariamente si attenuerebbero e si risolverebbero più facilmente, perché ognuno sarebbe disposto ad adottare il punto di vista dell'altro, anziché restare nel ristretto ambito dell'ego per il quale ciò che è al di là dei suoi confini gli è semplicemente estraneo. E la società potrebbe raggiungere un soddisfacente grado di armonia e benessere diffuso.
#216
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
22 Settembre 2018, 14:12:57 PM
Viator:
CitazionePer liberismo io intendo la dottrina che privilegia l'esercizio delle facoltà spontanee dell'individuo con il solo limite del rispetto delle Leggi vigenti all'interno della Società in cui il soggetto stia operando.
E' una definizione astratta che poggia su concetti estremamente indefiniti e variabili. Le "facoltà spontanee dell'individuo", a cui bisogna necessariamente aggiungere le pulsioni, assai più determinanti delle facoltà, variano enormemente da individuo a individuo e il problema è che queste pulsioni comportano spesso il danneggiamento e lo sfruttamento di altre persone. Il rispetto delle leggi non aggiunge molto a questo quadro. Infatti le leggi vigenti non possono che riflettere le tendenze prevalenti (le stesse su cui il tuo liberismo si basa), ed essere fatte in modo da accordarsi con esse e assecondarle.

CitazioneNel mio intervento iniziale dicevo che non intendevo occuparmi di etica. Naturalmente altri possono farlo, alterando lo spirito di confronto tra due temi che io ho preferito affrontare in chiave di neutralità logica.
Non esiste nessuna neutralità logica. La logica ha un senso in quanto viene applicata a dati reali. E ignorare l'etica significa pretendere di fare i conti senza l'oste. Quello che il mio ragionamento ha voluto dimostrare è che il problema non può che essere affrontato in chiave individuale. Non c'è modo di ottenere una buona pietanza con ingredienti disgustosi e non c'è modo di ottenere una società armonica ed equilibrata con una maggioranza di individui più vicini all'animalità che all'umanità. Anche perché nel mondo animale le pulsioni si inseriscono in un sistema dotato di un equilibrio che garantisce, in genere, condizioni di vita accettabili a tutte le specie, mentre nel caso umano la maggiore intelligenza e il potere che ne deriva generano mostruosità di ogni tipo.

Comunque sia, io ho inquadratoil tutto in un ragionamento logico, basato sul concetto di ambito o orizzonte di coscienza, non su astratti concetti morali. E quindi ho risposto in maniera precisa alla tua tesi secondo la quale il liberismo, che tu contrapponi all'egualitarismo, conferendogli una ben precisa valenza disegualitaria, sia destinato a vincere sull'egualitarismo. Non faccio previsioni, ma chiarisco che tutto dipende dall'evoluzione della coscienza individuale (che, sommando le coscienze individuali, diventa collettiva). Un essere umano evoluto (o un essere umano tout-court, a seconda dei punti di vista) non ha pulsioni predatorie che prevalgono su l suo senso della giustizia, i suoi desideri non sono in contrasto con l'egualitarismo, perchè il suo senso della giustizia e della fratellanza prevale. In fin dei conti l'etica, quella vera, non quella poltiglia chiamata "morale sociale", è innazitutto un modo di sentire, il pensare viene dopo. Se io avessi fatto un centesimo di quello che ha fatto non dico un boss mafioso ma, che so, un Berlusconi, non potrei dormire la notte. Ma non avrei mai potuto agire in quel modo, il disgusto per me stesso (quindi un sentimento, non un pensiero) me lo avrebbe impedito. Se non si considerano queste abissali differenze tra essere umano e essere umano, si parla a vuoto.

CitazioneNon è che chi propenda per l'egualitarismo risulti automaticamente vaccinato contro i comportamenti immorali, disetici, egoistici o penalmente rilevanti.
Da quanto ho appena scritto dovrebbe risultare chiaro che per me l'unico egualitarismo che abbia un senso è quello che viene spontaneamente dalla tua coscienza. Le dottrine di ogni genere le considero poco più che ciarpame. L'egualitarismo del classico operaio che chiede a gran voce "giustizia" per avere qualche soldo in più e ciancia di uguaglianza solo perché gli fa comodo, ma poi magari a casa picchia la moglie e i figli è il risultato di queste deleterie "morali" dottrinali. Se uno sente in un certo modo, non si comporterà in maniera contrastante col suo sentire, e se lo fa in un momento di squilibrio, dopo si pente e cerca di rimendiare. Chi obbedisce a leggi e precetti per evitare le sanzioni, o invoca l'etica solo per convenienza personale (etica che applica solo agli altri e non a sé stesso) ovviamente non è affidabile, non potrà mai essere un elemento a sostegno di nessuna regola e di nessuna etica, di nessun equilibrio sociale che non sia basato sul conflitto e sulla legge del più forte.

In conclusione ritengo che la tua definizione di liberismo nella sua astratteza si possa applicare a qualunque forma di società concepibile inclusa una egualitaria, dato che quelle che chiami "facoltà spontanee" (ma sarebbe assai più appropriato di parlare in generale di "tendenze spontanee") variano moltissimo da individuo a individuo e sono soggette a costanti mutamenti evolutivi (o involutivi). Mentre ritengo che tutte le forme di organizzazione sociale conosciute (tranne forse quelle di qualche sparuta tribù allo stato semiselvaggio) sia sempre stata ispirata al liberismo come lo conosciamo, ossia allo schema comportamentale dei predatori, che ha sempre prevalso sugli altri (di natura etica evoluta, come ho spiegato), e che quindi il liberismo sia il rappresentante delle pulsioni più basse, primordiali e l'egualitarismo (ma sul concetto ci sarebbe molto da precisare) sia il rappresentante dei sentimenti superiori, più evoluti. E qui basso e alto, inferiore e superiore ha diretta relazione con le dimensioni dell'ambito di coscienza: basso corrisponde a coscienza ristretta, alto a coscienza espansa. E quindi, ribadisco, il liberismo vincerà sempre finché nella coscienza della maggioranza degli individui, l'animalesco, il basso, prevarrà sull'umano, sull'elevato. Ma se si raggiungerà un livello medio di evoluzione sufficiente, prevarrà l'egualitarismo.
#217
Oaxdeadbeef dalla discussione "Scienza e scientismo":
CitazioneLa miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Una garanzia che consiste in un qualche grado di dimostrabilità, ossia di argomenti dotati di una forza di convincimento che faccia presa su almeno la maggioranza degli individui (che naturalmente abbiano la capacità e la volontà di comprendere la disciplina in questione).
Le domande riguardo alla "scientificità" o meno di qualcosa, come se si trattasse di una qualità che si ha del tutto o non si ha, derivano da una malintesa concezione della scienza, identificata con le scienze fisiche e naturali escludendo quelle umane (o umanistiche). In realtà, se si accetta la definizione sopra citata, questa contrapposizione non esiste, esistono solo diversi gradi di dimostrabilità, e nessuna scienza è totalmente "scientifica".

Quindi la risposta alla domanda è: la psicologia e la psichiatria, così come sono adesso, hanno un basso grado di scientificità e un alto grado di arbitrarietà, anche se questo non significa che siano necessariamente destinate a restare tali.

Ma c'è anche un altro aspetto da considerare: in genere si considerano "scientifiche" solo le discipline che si occupano di ciò che è misurabile, limitando fortemente il campo d'indagine (e rendendo ancora più inverosimile la pretesa di onnicomprensione della scienza intesa in questo senso). D'altra parte, esistono esempi di indagini del non misurabile condotte con autentico spirito scientifico (ossia sistematico e sperimantale) che hanno portato a sistemi di conoscenza di grande valore sia cognitivo che pratico come lo yoga o le arti marziali. Le culture orientali sono da sempre più avanti di quelle occidentali nelle scienze dell'interiorità, e le trattazioni della psicologia umana di stampo filosofico-introspettivo le trovo molto più convincenti e verificabili di quelle della maggior parte della psicologia occidentale (almeno le correnti più diffuse). Il vantaggio è dovuto dal ricorso all'introspezione diretta (meditazione) piuttosto che alla misurazione delle tracce esterne dell'attività interiore, o a teorizzazioni astratte sviluppate a partire da chiavi di interpretazioni unilaterali, ossia prendendo in esame solo alcuni aspetti della fenomenologia psichica e ignorandone altri.

Bisogna comunque precisare che ha poco senso parlare "della psicologia", dato che nel suo ambito si trova di tutto, teorie e impostazioni metodologiche che non sono neppure lontane parenti tra loro e anche le contaminazioni della filosofia in generale e del pensiero orientale sono piuttosto diffuse.
#218
Tematiche Filosofiche / Re:L'egualitarismo
21 Settembre 2018, 22:24:31 PM
I discorsi sull'organizzazione sociale non possono prescindere dalla coscienza individuale. Se si pensa che l'uomo sia qualcosa di dato una volta per tutte, che non segua un percorso evolutivo (soprattutto interiore) si può anche affermare la "naturalità" e inevitabilità del cosiddetto "liberismo" (che in realtà è l'antitesi della libertà per la maggior parte degli invidui).

Personalmente sono convinto che l'umanità segua un lento e travagliato percorso evolutivo, che parte dalla condizione animale, in cui le pulsioni regnano incontrastate, per arrivare a una condizione in cui le facoltà superiori, quelle che riteniamo peculiarmente o eminentemente umane, come la solidarietà, l'empatia, l'amore, ma soprattutto il senso di giustizia, che sembra non esistere affatto in nessun altro essere del regno animale, prevalgono sulle pulsioni spodestandole.

Il modello che ora viene chiamato "liberista" è essenzialmente uno dei modelli di comportamento presenti nel mondo animale: quello del predatore. Solo che nel mondo animale la predazione è quasi sempre rivolta a esseri di specie diversa, mentre per l'uomo è prassi diffusa e consolidata all'interno della stessa specie.

A ben guardare, il punto di vista predatorio nell'uomo ha come indispensabile supporto un'accentuato egoismo. L'egoismo è una manifestazione dell'egocentrismo che è essenzialmente una ristrettezza dell'orizzonte della coscienza. Il mio campo di interesse si limita a tutto quello che riguarda il mio ego, legato al corpo fisico e condizionato delle influenze sociali dominanti, tutto quello che conta per me è ciò che riguarda quest'entità, in realtà piuttosto fantasmatica. Se l'ambito, la scena della coscienza si allarga e comincio a includere il mio prossimo, poi allargo sempre di più fino a includere l'umanità nel suo insieme, la vita nel suo insieme, il pianeta, fino all'universo intero, sto percorrendo un sentiero evolutivo che porta necessariamente all'armonia contrapposta al conflitto, all'equilibrio contrapposto allo squilibrio.

Il problema dell'organizzazione sociale è che ancora la maggior parte delle persone sono rinchiuse nel recinto dell'ego e non vanno oltre. Il perfetto liberista è il criminale mafioso. La sua "etica" è "se desideri qualcosa, prenditela eliminando qualunque ostacolo, compresi gli altri uomini che intralciano il tuo cammino verso la meta". Nessuna considerazione per le altrui esigenze, se non a fini strumentali, nessun senso di giustizia, nessuna empatia: qualcosa di molto simile a una forza bruta che conosce solo la sua intrinseca tendenza.

Perché sia realizzabile una società egualitaria (che non significa che tutti devono essere uguali o avere uguali prerogative o attribuzioni, ma piuttosto uguali possibilità di realizzarsi, ognuno a suo modo e in relazione alle sue capacità e attitudini) è necessario che la maggioranza delle persone superi i confini dell'ego, ossia che ciò che per la maggioranza delle persone sia molto più "naturale" la solidarietà, l'amore e la giustizia che l'egoismo, l'insensibilità e il gretto interesse. E' già così per una minoranza, può esserlo un domani per la maggioranza. Ma sappiamo che l'evoluzione non è un processo lineare, e può diventare involuzione. Niente è garantito, dipende da noi, da ognuno di noi. E aggiungo che considerare naturale e inevitabile ciò che ha sempre prevalso nell'uomo è solo un modo per scansare la responsabilità di ciò che siamo e la fatica di migliorare.
#219
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
21 Settembre 2018, 21:11:56 PM
In riferimento al post iniziale di Oaxdeadbeef, trovo 'esposizione totalmente condivisibile. Alla fine tutto si riconduce al bisogno di certezze in un mondo in cui non esistono certezze. Ho il sospetto che non si tratti di un bisogno, per così dire "congenito", ma di un vizio acquisito. Una persona mentalmente sana accetta l'incertezza, l'insicurezza e il rischio come fatti inevitabili e impara a conviverci. Ovviamente un certo grado di certezza e di sicurezza, sono necessari per vivere in relativa tranquillità. Ma se si eccede diventa un vizio maniacale, portatore di ogni stortura mentale e comportamentale. Tra queste le credenze fideistiche di ogni tipo, a cominciare da quelle religiose, per arrivare a quella, ora è in piena auge, nell'onnipotenza e infallibilità della scienza. Anche se mitigata, a parole, da un certo vago relativismo, traspare sempre ai toni e dagli atteggiamenti degli scientisti - che non ammettono mai di esserlo - l'intima fede nel valore assoluto e onnicomprensivo della scienza.

Quel che è peggio, come giustamente rileva Oaxdeadbeef, e che queste pretese di certezza incontrovertibile viene rivendicata (ma solo da alcuni, per fortuna) anche dalle scienze cosiddette "soft", quelle con un alto grado di imprecisione, e così assistiamo a teorie "provate al di là di ogni dubbio" in biologia, medicina e perfino in psicologia ed economia, arrivando al ridicolo conclamato.

Per fortuna la scienza stessa sta cominciando ad abbattere questi miti. La fisica a partire dal secolo scorso sta sempre più mostrando l'inconsistenza di quel senso di "solida realtà" che tendiamo ad attribuire al mondo che ci circonda, contrapposto a una supposto illusorietà dell'"epifenomenico" mondo psichico, che è invece parte integrante e irrinunciabile di ogni realtà.

Diventa sempre più evidente la futilità del cercare regole, spiegazioni, essenze assolute. Qualsiasi cosa prioettata nell'assoluto, si dissolve e perde significato. Ma le pretese di assolutezza, di definitività, di incontrovertibilità sono dure a morire, e c'è sempre qualcuno in cerca della "verità ultima", questo miraggio a cui corrono dietro in tanti, anche se bisogna ammettere che in questa ricerca intrinsecamente priva di meta vengono fatte molte scoperte interessanti e importanti. Ma sarebbe assi più semplice e saggio ammettere che quello della conoscenza è un pozzo senza fondo e che nessuna oggettività può esistere senza riferimento a una soggettività, che la conoscenza è per sua stessa natura relativa, senza per questo fermare la ricerca del massimo grado possibile di oggettività (intersoggettività) e del massimo grado possibile di conoscenza, ma senza fuorvianti e fideistiche illusioni.
#220
Scienza e Tecnologia / Re:Il tempo elastico
29 Agosto 2018, 22:40:25 PM
Jacopus:
CitazioneSe ti riferisci ad un concetto metafisico di spazio puoi dire quello che vuoi ma intanto hai sbagliato sezione
E' vero, si tratta di un argomento più adatto alla sezione filosofica. Ma il fatto è che volevo rimarcare la confusione che si fa tra "realtà scientifica" ossia i modelli di realtà della scienza e la realtà stessa. Confusione che riguarda principalmente gli studiosi e praticanti di scienza. Del resto questa, per le sue tendenze onnicomprensive (dimostrate dalla costante ricerca di una "teoria del tutto") spesso invade i campi della filosofia sconfinando nella metafisica e nell'ontologia, con affermazioni che riguardano queste earee del pensiero.
Il trucco verbale non è un trucco finché si resta nel campo delle fisica, ossia della teoria, del modello. Ma è quando si pretende di applicare direttamente il modello alla realtà che un nome o un aggettivo diventano un trucco. Sarebbe come pensare che le leggi riguardanti le stringhe della teoria delle stringhe si possano applicare alle stringhe delle scarpe (ok, è un po' diverso, ma per rendere l'idea...). Il concetto di "tempo elastico" può avere un'utilità all'interno dei modelli fisici, ma non si può esportare alla realtà esperita.
E vedo che persisti nell'equivoco: lo scorrere del tempo è un'esperienza della coscienza, e niente la può misurare. Massa e velocità incidono sul tempo fisico, che misura relazioni tra registrazioni di fenomeni, e che quindi è quantficabile, ma non possono incidere su qualcosa di non misurabile come il tempo esperienziale.
#221
Scienza e Tecnologia / Re:Il tempo elastico
29 Agosto 2018, 21:48:55 PM
Jacopus:
CitazioneCome ho gia' scritto nel secondo post l'elasticita' del tempo e' confermata dall'uso di un semplice navigatore satellitare che deve calcolare l'infinitesima differenza dello scorrere del tempo fra il livello del mare e i 36000 km dalla terra (quota tipica dei satelliti). Altrimenti i navigatori non darebbero la giusta posizione. Un "trucchetto verbale" altamente efficace.
Il fatto è che tutto questo non c'entra nulla col tempo da noi esperito e intuito. Non esistono apparecchi che misurano il tempo. Esistono apparecchi che misurano la relazione tra un determinato fenomeno e la frequanza (ricavata da numeri rilevati tramite registrazione del loro accadimento) di altri fenomeni postulati come "costanti nel tempo" (anche se non a caso, ma sulla base ancora una volta di relazioni con altri fenomeni). Quindi si tratta di sempre relazioni tra fenomeni, il tempo resta estraneo a tutto questo. La fisica resta su un altro piano, da cui il tempo della nostra percezione resta inaccessibile. Il tempo della fisica è solo un concetto (e come tale può benissimo avere l'attributo di "elastico"), un elemento di un sistema di pensiero, che rende possibile inquadrare certi fenomeni dell'esperienza e fare certe predizioni, che si rivelano esatte, ma stiamo sempre parlando di qualcosa che viene astratto dai fenomeni e le relazioni tra essi. Il tempo e lo spazio non sono fenomeni e neppure concetti, sono elementi fondanti della nostra realtà, ma restano indefinibili e inesprimibili..
#222
Scienza e Tecnologia / Re:Il tempo elastico
29 Agosto 2018, 16:46:12 PM
Direi che l'ipotesi di "elasticità del tempo" ha la stessa plausibilità di quella dell'inflazione ossia l"espansione dello spazio".
Ma secondo me ipotesi del genere sono in realtà solo trucchetti verbali per far tornare conti che non possono in alcun modo tornare.
Quando gli scienziati si son resi conto che la storia del big-bang non funzionava, ossia veniva contraddetta da dati rilevati, hanno inventato quest'assurdità dello spazio che si espande, come se lo spazio fosse una "cosa". Idem pre il tempo: non è raro leggerere o sentire insensatezze come "inizio del tempo", viaggi nel tempo oppure "accelerazione o rallentamento del tempo". Ossia non abbiamo alcuna idea razionale di cosa siano il tempo e lo spazio (sfido chiunque a darne una definizione accettabile che non si morda la coda), mentre ne abbiamo una chiara conoscenza intuitiva (extrarazionale), ma siamo pronti ad attribuir loro qualunque storia o qualunque attributo, anche se in stridente contrasto con le nostre conoscenze intuitive, sulla base di formule matematiche.
Intendiamoci, restando nel campo teorico, ossia rinunciando a un'impossibile equivalenza tra teoria e realtà, teorie come quella del big-bang possono anche in qualche modo funzionare. Ma la pretesa di conferire a queste narrazioni una forma di realtà paragonabile a quella che chiamiamo quotidianamente realtà (piuttosto che al tipo di realtà di quella che chiamiamo immaginazione) è solo un ostinato e presuntoso rifiuto di rendersi conto dei limiti di comprensione dell'esistenza insita nei mezzi razionali-simbolici di cui dispone la mente, e alla credenza del tutto immotivata e gratuita che la comprensione razionale del cosiddetto "mondo esterno" possa esaurire la conoscenza dell'esistente.
Tutto quello a cui si può arrivare in questa ricerca a senso unico sono paradossi, per spiegare i quali si ricorre ad altri paradossi, e così via all'infinito. In realtà tuttà questa mobilitazione intellettuale non è priva di frutti e anche se la meta è irraggiungibile, il percorso porta a interessanti scoperte. Ma l'idea sottostante, quella che porta a confondere matematica e realtà, è quella di poter arrivare a qualche "teoria del tutto" a qualche "spiegazione ultima e fondamentale dell'esistenza" per mezzo della scienza (in ultima analisi della matematica). E si tratta di un'idea semplicemente insensata (basta pensare che qualunque spiegazione si trovi di qualunque cosa è del tutto impossibile che non richieda a sua volta una spiegazione), un'idea che distorce le coscienze, distogliendole da una concezione sana e corretta dell'intelletto e lascia in ombra un'enorme area di ricerca (quella "interiore") senza la quale la conoscenza e la consapevolezza non possono che restare fortemente carenti e monche.
#223
Ercole:
Citazionecome si può fondare razionalmente il fatto che il Mondo continuerà ad esistere dopo la fine del Soggetto? Da dove deriva la certezza che la Realtà non cessi interamente con la fine della mente che la pensa?
Non penso che ci possa essere nessuna fine, come nessun inizio, del Soggetto (con la maiuscola, ossia la soggettività, non un singolo soggetto che di questa soggettività è partecipe). Soggetto e Oggetto sono il fondamento stesso di qualunque possibile esistenza e non vedo come possa essere diversamente. Per quanto riguarda il Mondo, questo è una rappresentazione continuamente variabile che il soggetto ha dell'oggetto. Parlando di soggetti singoli, ossia singoli centri di coscienza, è quello che ogni soggetto vede e sente, se invece volessimo darne una definizione in assoluto, credo che sia semplicemente impossibile, come per tutto ciò che riguarda quello che chiamiamo Assoluto (ossia la proiezione del conosciuto su uno schermo infinito, immutabile ed eterno).
#224
Tematiche Filosofiche / Re:cosa intendeva Gurdgeff
01 Agosto 2018, 12:44:16 PM
GionniFara:
Citazionegurdjeff scriveva così
L'illusione suprema dell'uomo è la sua convinzione di poter fare. tutti pensano di poter fare, ... , ma nessuno fa niente. Tutto accade.
Questa citazione parziale porta completamente fuori strada. Gurdjeff sosteneva che l'uomo ordinario crede di poter fare e di fare, ma non fa nulla, perché in lui tutto è automatico, essendo privo di un centro direzionale che permetta di compiere effettive scelte e di sottrarsi ai meccanismi automatici. Diceva anche che quello che consideriamo il nostro io, in realtà è una folla di tanti "piccoli io" (ognuno dei quali è una sorta di collezione di meccanismi automatici), tante piccole personalità più o meno sviluppate, spesso in disaccordo e in contrasto tra loro, senza un centro di coordinamento. Per lui la crescita spirituale passa per la progressiva creazione di un centro, un nucleo individuale su cui costruire una propria autentica individualità in grado di coordinare e trascendere i "piccoli io" e finalmente capace di volere e di fare.
#225
Tematiche Filosofiche / Re:Zichichi contro Darwin
16 Luglio 2018, 21:25:51 PM
Carlo Pierini:
CitazioneIo ho semplicemente espresso un giudizio (severo) sull'idea di "intersoggettività", e l'ho sinteticamente argomentato. NON dei giudizi sulla tua persona, come invece stai facendo tu. Quindi resto in attesa di una tua replica sull'argomento i questione e non sulla mia salute mentale, che non hai elementi per giudicare.
Ribadisco, non sono interessato a liti da pollaio. Sono disposto a discutere solo con chi mantiene lo scambio entro limiti di rispetto reciproco e di una costruttivo scambio che non degeneri in uno sterile e stupido conflitto. Costruttivo significa che se qualcosa che dico non ti suona bene, eviti di farti partire l'embolo e ti limiti a spiegare in cosa non sei d'accordo e perché, magari dopo aver ben riflettuto e cercato di capire il senso di quello che leggi e considerando l'ipotesi che potresti non aver capito affatto, anziché lasciar libera uscita agli sfoghi intestinali. E magari evitando di rispondere ad argomentazioni articolate con battutine o frasette di mezza riga, ma dimostrando attenzione e considerazione. Se non per l'interlocutore (vedo che non ti viene spontaneo), almeno per la discussione, che altrimenti diventa un'ozioso chiacchiericcio o battibecco da bar. Se sei disposto a mettere da parte certi atteggiamenti e discutere seriamente, possiamo anche andare avanti.