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Messaggi - 0xdeadbeef

#211
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
29 Marzo 2019, 09:13:31 AM
Citazione di: Lou il 28 Marzo 2019, 20:57:31 PM
io mi riferivo esclusivamente a Kant, poi tanta acqua è passata sotto i suoi ponti. Ripeto,la cosa in sè in Kant non è conoscibile per l'umano, se mi mostri dei passaggi dove afferma il contrario sono tutta orecchi.


Ciao Lou (e scusami per averti confusa con Ipazia...)
Dice Kant ("Analitica dei Principi": "se una conoscenza deve avere una realtà oggettiva,
cioè riferirsi a un oggetto e avere in esso significato e senso, l'oggetto deve, in un
modo qualsiasi, poter essere dato. Senza di questo i concetti sono vuoti, e se anche con
essi si pensa, di fatto questo pensiero non conosce nulla ma soltanto gioca con le
rappresentazioni. Dare un oggetto, se questo a sua volta non deve essere opinato
indirettamente, ma rappresentato immediatamente nell'intuizione, non è altro che
connettere la sua rappresentazione con l'esperienza".
Mi sembra chiarissimo. E' da tener sempre presente che il fondamento su cui Kant poggia
queste sue tesi è il "cogito" cartesiano, per cui l'unico oggetto "immediato" della
conoscenza è l'idea.
Tutto ciò "arriva a Kant" attraverso quello che viene definito "illuminismo inglese"
(direi soprattutto con la tesi di Hume sulla conoscenza come "operazione di connessione
fra le idee"). Ma Kant vi aggiunge un elemento importante, che era "sparito" da Hume come
da Locke (purchè sempre presente nella filosofia anglosassone, come dicevo a proposito di
Duns Scoto), ed appunto quello della "intuizione immediata", cioè di quell'"afferrare"
un oggetto di cui si intuisce l'esistenza senza comprenderlo intellettualmente.
Mi sembra francamente un passaggio che rende superfluo ed azzardato il discorso fenomenologico
(azzardato perchè recupera una oggettività intesa in senso idealistico).
saluti
#212
Citazione di: tersite il 27 Marzo 2019, 21:32:06 PM
♣♣♣♣♣ ma decade persino il "noi", cioè l'identità collettiva

questo lo ritieni un male ?
Io considero l'identità collettiva un concetto tipicamente ur-fascista per esempio, e non mi dispiacerebbe affatto la sua scomparsa, o meglio il suo non utilizzo assumendo la sua esistenza come un dato di fatto.


Ciao Tersite
Innanzitutto, mi perdonerai, ti invito a "citare" nel modo corretto (tramite l'apposito "tasto"),
perchè così come fai la lettura ne viene davvero resa difficile...
L'identità collettiva è un concetto sicuramente fascista...quando aspira alla "totalità".
Chiaramente quando il "noi" cerca di sopraffare il "voi", o l'"essi", magari accusandoli di "rubare
lo spazio vitale", questo si trasforma in "totalitarismo" (la riduzione della totalità al "noi"-
o l'estensione del "noi" alla totalità), e quindi in fascismo. Ma il "noi" non è, così,
necessariamente sinonimo di fascismo, anzi.
Come dicevo, vedo piuttosto un "io" aspirare alla "totalità", e quindi un "io" fortemente in
odore di fascismo.
saluti
#213
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 20:41:18 PM
Citazione di: Lou il 28 Marzo 2019, 18:59:32 PM
È implicito in Kant che la conoscenza fenomenica debba derivare da qualcosa che fenomeno non è. Nella seconda edizione il noumeno è una nozione limite, definibile "non fenomeno" che resta inconoscibile, poichè per esserlo dovrebbe cadere nelle intuizioni pure di spazio e tempo e unificata attraverso le categorie, pertanto si avrebbe non già la cosa in sè, ma un fenomeno, che è l'unico oggetto di conoscenza. Pertanto ritengo che in Kant, si approdi a una nozione limite unicamente definibile in termini negativi, appunto "non fenomeno".È la ragione che si spinge oltre questi limiti conoscitivi dell'intelletto puro avventurandosi in mari tempestosi, senza sapere perchè. Propriamente non si può conoscere se "c'è" o "non c'è". Non si da conoscenza della cosa in sè in Kant, in alcun modo. Non mi risulta esista una "intuizione pura" diversa dalle due forme della sensibilità che formano il fenomeno, che permetta di conoscere la cosa in sè, in Kant, una intuizione non sensibile che intuizione è per Kant?

Ciao Ipazia
Ma perchè mai non si potrebbe conoscere se "c'è" o se "non c'è"?
Se, come dici, la conoscenza fenomenica deve derivare da qualcosa che fenomeno non è (o, detta
nei termini della semiotica, al "segno" deve corrispondere la cosa che il segno indica), allora
perchè mai, secondo logica, la "cosa in sé" non sarebbe conoscibile nella sua mera esistenza?
Ovviamente l'"intuizione pura" di Kant non è quella degli Stoici o di Duns Scoto, ma da quella
"forma-mentis" proviene (chiaramente per l'influenza di Hume), per cui la "cosa in sé" è da
Kant intesa come un qualcosa che il "nous", l'intelletto, può "afferrare" (nota il concetto
di chiara dericazione stoica) fermo restando, ed è ovvio, l'inconoscibilità.
Ma il concetto diviene poi a mio avviso palese proprio nella semiotica, la quale afferma
un "oggetto primo" che è all'origine della catena segnica degli interpretanti. Alcuni semiologi,
come ad esempio C.Sini, arrivano a sostenere che l'oggetto primo non esiste, ma per dire questo
sono costretti ad attribuire al verbo "esistere" un significato particolare e, direi, molto
discutibile (in sostanza che una cosa "esiste" solo dopo essere stata interpretata).
Altri, come U.Eco, hanno invece al proposito sostenuto tesi molto interessanti (la conoscenza
"negativa" etc.)
saluti
#214
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 19:13:52 PM
Citazione di: viator il 28 Marzo 2019, 18:41:49 PM
Vorrei solo osservare che Dio, qualora consistesse nel'insieme del mondo, avrebbe invece certo estensione ben sufficiente a farne la "cosa in sè".

C'è un solo punto di vista che può mettere d'accordo materialisti e spiritualisti circa Dio  : considerare che esso sia "la causa dell'essere".

Ciò concilierebbe incontrovertibilmente ogni altra interpretazione. Saluti.


Ciao Viator
E perchè mai "mettere d'accordo"; "conciliare" (ma allora Levinas ha ben ragione quando dice che
tutta la filosofia occidentale è volta alla fusione...)?
Perchè mai non lasciare "campo" all'alterità? Su queste questioni, poi...
Per finire consentimi una battuta: se Dio avesse l'estensione del mondo gli consiglierei di andare
immediatamente dal Dott. Nowzaradan a Houston...
saluti
#215
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 18:54:46 PM
Ciao Sgiombo
Mah, diciamo che nella Ragion Pratica Dio è assunto come postulato allo scopo di fondare
l'agire morale (in maniera del tutto analoga al "se Dio non esiste, allora tutto è lecito"
di Dostoevskij).
Per Kant Dio è una speranza (ed improbabile, per giunta); egli dice che l'esistenza reale
di Dio può, al massimo, non essere del tutto esclusa.
Non mi risulta vi sia, in Kant, alcuna relazione fra l'idea di Dio e la "cosa in sé" (non
può logicamente esservi).
saluti
#216
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 18:13:06 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Marzo 2019, 15:13:33 PM
Forse per Kant Dio è un'idea, ma per un credente Dio è un noumeno inconoscibile tanto quello kantiano. Entrambi i concetti contengono la stessa contraddizione metafisica: se sono inconoscibili come possono essere postulati ? Siamo a livello ippogrifo.

Ciao Ipazia
Della "cosa in sé" kantiana si può dire di tutto (e specialmente che è un non-senso), ma
non che c'entri qualcosa con la metafisica.
Per Kant: "Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia cento talleri in tasca" (te lo cito
integralmente in una celebre affermazione), quindi non può avere quel tipo di "oggettività
pura" (non l'idea dell'oggetto, ma l'oggetto) che è richiesta per avvalersi dell'appellativo
di "cosa in sè".
Ma mi chiedi: "se è inconoscibile (la cosa in sè) come può essere postulata?"
Per rispondere in maniera soddisfacente a questa domanda occorrerebbe fare la storia del
pensiero di diversi millenni...
Diciamo: con quella che viene definita (fin dallo Stoicismo, e poi nella Scolastica medievale
anglosassone per finire a Hume) "intuizione pura", cioè quel tipo di conoscenza "immediata"
che non è la conoscenza "intellettuale (come nella celebre distinzione di Duns Scoto).
Diciamo allora che della "cosa in sè" kantiana possiamo avere questo genere di conoscenza;
una conoscenza meramente intuitiva; un intuire che "c'è" (come mi pare di vedere ad esempio
anche in Levinas). E basta...
saluti
#217
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 14:07:31 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Marzo 2019, 13:55:33 PM
Non era riferito a te il culto dell'individualismo. Semmai dovreste interrogarvi, voi che ci credete, sul culto della cosa in se', altrettanto indimostrabile di Dio, che ha introdotto surrettiziamente il "mistero della fede" nell'atto conoscitivo, nella gnosi. Un conto è dire che la conoscenza è imperfetta e l'induzione implica anche una atto di fede sulla sua riproducibilità ed un conto è postulare un Dio/noumeno corrispettivo della gnosi perfetta, ma irraggiungibile. Scherzi da "metafisica a parte".


Ciao Ipazia
Scusa ma come dicevo in una precedente risposta (che forse ti è sfuggita) mi sembri aver
malcompreso il concetto kantiano di "cosa in sé".
La "cosa in sé" è qualunque cosa non interpretata, quindi è null'altro che un mero oggetto.
Dal punto di vista di Kant, fra l'altro, Dio non avendo realtà (cioè non avendo nessuna estensione
spazio-temporale) è per forza di cose un'idea, e quindi necessariamente non è "cosa in sé".
saluti
#218
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
28 Marzo 2019, 13:50:57 PM
Ciao Davintro
No, non è questione di rassegnarsi all'impossibilità di una conoscenza oggettiva, ma di
rendersi consapevoli che tale oggettività non riposa, diciamo, sull'"in sé" della cosa.
Bisogna, in altre parole, "partire" da Cartesio e dalla sua tesi per cui l'idea è il solo
oggetto immediato della conoscenza (vedi anche la mia risposta a Paul su : "fra soggetto
e oggetto").
Il tentativo fenomenologico non pretenderà di essere "tuttologia", ma pretende (e per me
la cosa è arbitraria) appunto di evindenziare l'essenza, di: "portare alla luce un livello
di conoscenze certe e oggettive", il ché è in contraddizione con il "giusto" fondamento
cartesiano per cui l'unica cosa di cui posso avere certezza è il "cogito".
Quindi, diciamo così, la "strada" per arrivare a capire il "dove" risiede l'oggettività
della conoscenza (e non abbandonarci al più disperato relativismo) non comincia da Aristotele
e dalla sua "essenza", ma comincia appunto da Cartesio (per proseguire con Hume, con Kant).
saluti
#219
Ciao Vittorio
In linea di massima condivido (mi riferisco anche a tutto il post d'apertura), ma credo che la
distinzione fra ciò che è "fascismo" e ciò che non lo è non sia così chiara e netta.
Una delle caratteristiche precipue del fascismo ritengo sia il "totalitarismo"; che
filosoficamente parlando io penso come una riduzione a sé (un sé inteso come una persona
così come anche un'idea; una cultura; una etnia) di tutto ciò che è "altro" (vedi anche il
mio post "L'Io e l'Altro").
Evidentemente, ove non fosse possibile la riduzione, diventa possibile l'annientamento...
Mi sembra di vedere questa tendenza alla riduzione a sé dell'altro anche nella contemporaneità.
Quello che chiamo "mercatismo", cioè l'estensione del mercato e del suo più caratteristico
strumento, il "contratto", ad ogni ambito del vivere "sociale" mi sembra in tal senso
significativo.
Decadono non solo quelle istituzioni collettive (partiti politici, sindacati e persino stati)
che fino a ieri governavano le nostre vite; ma decade persino il "noi", cioè l'identità
collettiva, sostituita da un "io" che trova nel contratto, e quindi nel mercato, lo
strumento più efficace nella risoluzione delle controversie.
Ciò, evidentemente, si traduce nell'oblio della "legge" (oggi sempre più oggetto di
valutazione d'interesse particolare immediato).
Certo il mercato non usa manganello e olio di ricino (o almeno...), ma quando vediamo che
intere future generazioni sono destinate ad una vita precaria (in tutti i sensi), allora
non possiamo fare a meno di rilevare come la medesima violenza che ieri agitava le camicie
nere o brune oggi agita, forse in maniera più celata ma non per questo meno brutale,
i doppiopetti "aplomb" dei potenti del pianeta.
saluti
#220
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
27 Marzo 2019, 14:24:58 PM
Su "fra soggetto e oggetto" (Paul11)
A parer mio è necessario distinguere fra "esistenza" e "conoscenza" dell'oggetto.
L'esistenza significa lo "stare saldamente fuori", e va intesa, da parte dell'oggetto, come il suo
stare saldamente fuori dal soggetto interpretante (cioè l'essere "cosa in sé").
La conoscenza, nel suo significato generale, è invece l'avere, da parte del soggetto, una qualche
informazione circa l'oggetto.
Queste informazioni sull'oggetto, durante la storia del pensiero, sono ricavate in due modi
fondamentali. Il primo, quello della "conoscenza oggettiva", è ben esplicato da Platone: ("ciò
che assolutamente è, è assolutamente conoscibile") in un principio nel quale è evidente quell'
analogia fra "essenza" e "conoscenza" che porterà, prima, S.Agostino a formulare nella conoscenza
la sintesi di conoscente e conosciuto, poi l'Idealismo a decretare l'identità di reale e razionale.
Il secondo modo fondamentale non ha questa evidentissima radice metafisica, e nasce con Cartesio,
per il quale la distinzione fra "reale" e "pensato" non rende più possibile l'identificazione
platonica ed agostiniana (né, chiaramente, quella che di fatto è la creazione idealistica dell'
oggetto da parte del soggetto).
Personalmente, tendo ad escudere del tutto il primo modo, quello per cui la conoscenza è
immediatamente oggettiva, e a privilegiare il secondo  modo, quello di una conoscenza soggettiva,
cioè fenomenica (una conoscenza meno "impregnata" di metafisica ma che non rinuncia ad una sua
"oggettività").
saluti
#221
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
27 Marzo 2019, 12:29:54 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2019, 00:57:14 AM
Il pensato si risolve da sè avendo chiara la differenza tra i piani logici degli enti (ta onta) e della loro conoscenza (gnosi/episteme). Il cavallo esiste a prescindere dalla sua concettualizzazione e anche se non giungiamo, e neppure ci serve giungere, alla sua noumenica cavallinità, abbiamo tutti gli strumenti per conoscerlo nella sua fenomenica realtà che è la sommatoria di tutto quello che sappiamo di lui. E se ci mettiamo anche un briciolo di empatia, visto che anche il cavallo è un essere senziente, arriveremo pure a scoprire il cavallo per sè, oltre ad un più sfumato e opinabile cavallo in sè, che volentieri lascio ai metafisici. Anche F.Nietzsche, presso il limite della sua follia, scoprì il cavallo per sè, e questa "ecce cavallinità" lo sconvolse a tal punto da abbandonare per sempre la condizione umana, troppo ferocemente umana.

Ciao Ipazia
Che dire? A parte la "numenica cavallinità", che a parer mio denota una malcomprensione del
concetto kantiano di "noumeno" (semmai la "cavallinità" è relazionata alla "sostanza" aristotelica),
posso dire senz'altro di condividere.
In particolare, condivido quello che è il punto dirimente: la cosa (animale) che in italiano chiamiamo
"cavallo" esiste a prescindere dalla sua concettualizzazione.
Su cosa stiamo polemizzando, allora? Forse sul fatto che l'"in sé", o "per sé" dal punto di vista del
cavallo, non è conoscibile -o è conoscibile- dal particolare punto di vista del "per noi"
(cioè perchè si sta sostenendo, contro una conoscenza che può essere solo soggettiva, la possibilità
di una conoscenza oggettiva)?
saluti
#222
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
26 Marzo 2019, 21:23:39 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2019, 18:30:56 PM
Basta non confondere ontologia con gnoseologia e il "pensato" si risolve da sè. L'idealismo ciulla sul manico della gnoseologia spacciandola per ontologia.

Ciao Ipazia
Sarebbe interessante sapere come fa il pensato a risolversi da sé...
(Levinas non fa certo dell'ontologia, ma è ben consapevole della difficoltà di "uscire" dal recinto posto dall'Idealismo)
saluti
#223
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
26 Marzo 2019, 15:47:36 PM
Ciao Sgiombo
Premesso che non mi capacito come sia possibile "crucciarsi" per dei ragionamenti filosofici,
non capisco come tu faccia a non vedere un dato elementare: quando io vedo un cavallo (o penso
ad un cavallo), io lo "interpreto" secondo quella che è la mia "catena segnica" (cioè la catena
di significati che il mio "io" e la mia "cultura" gli attribuisce).
Un altra persona, con una diversa "catena segnica", probabilmente gli attribuirà qualità e
caratteristiche diverse da quelle che gli attribuisco io.
Nessuno di noi, ovviamente, cambierà il cavallo per come esso "è". Il cavallo, ovvero, cambierà
"per noi" (fenomeno), non "per se" (cosa in sé, noumeno).
Nessuno ti sta dicendo che l'oggetto cambia perchè il soggetto lo pensa, ma ci mancherebbe...
saluti
#224
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
26 Marzo 2019, 15:27:15 PM
Ciao Davintro
Credo non ti siano sfuggite le ultime righe della mia risposta a Jacopus...
Perchè il mio "problema" (su cui verte tutta questa discussione) è il tuo: "dove trovare, cioè,
quella realtà che, pur essendo necessariamente dipendente dal soggetto che la pensa è, appunto,
ad esso "altra"?
L'intento di Levinas è stato appunto quello di dimostrare non solo che non tutta la realtà è
riducibile al soggetto che la pensa; ma anche che su questa base è possibile riformulare
un nuovo "sguardo" filosofico che non finisca necessariamente (si badi bene...) nel nichilismo
(senza scomodare Heidegger o Severino: è chiaro che se l'"io" è tutto, allora con la sua morte
finisce tutto - come diceva il tipo del bar da me più volte citato).
E' evidente che l'"altro" è un modo di dire l'"oggetto"...
Levinas dice chiaramente che ci sono "là fuori" degli "oggetti" sui quali l'"io" non ha alcun
potere; ma non lo fa, diciamo, restando "all'interno" della forma-mentis occidentale, che:
"è votata alla fusione già in Parmenide", dice Levinas.
Eccoci allora giunti al punto che ci interessa...
Per me la Fenomenologia è in tutto e per tutto "all'interno" della forma-mentis votata alla
"fusione", per cui non può vedere l'oggetto come "altro" dal soggetto che lo pensa.
Essa intuisce la "parzialità imperfetta" dell'epoché (cioè il dato di fatto che i nostri interessi
pratici finiscano inevitabilmente col sovrapporsi alla visione oggettiva delle cose, come tu dici),
ma non può, in maniera "molto occidentale", sottrarsi al bisogno di concludere con le: "verità oggettive
ed incontrovertibili" (che l'epoché permetterebbe di raggiungere...), cioè non può sottrarsi al
bisogno di effettuare sempre e comunque una "sintesi".
In altre parole, se: "la componente arbitraria e pregiudiziale influenza sempre", allora è bene
essere consapevoli dell'impossibilità di parlare di "verità oggettive ed incontrovertibili"
(non foss'altro che tali aggettivazioni della "verità" appartengono più alla sfera della Fede
che non a quella della ragione...).
Quindi, ecco, comprendo senz'altro lo "sforzo" fenomenologico (e lo apprezzo), ma mi pare
partire da basi sbagliate, che lo conducono poi inevitabilmente a conclusioni sbagliate.
saluti
#225
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
25 Marzo 2019, 20:57:38 PM
Citazione di: Jacopus il 25 Marzo 2019, 20:07:04 PM
La discussione é interessante. Ma giunta a questo punto devia dal rapporto Io/altro, oppure oggettifica l'altro.

Ciao Jacopus
Beh, la discussione si è "allargata" senz'altro, ma senza poi perdere troppo di vista l'argomento
iniziale...
Dicevo in apertura che l'accusa che Levinas fa all'intero "sguardo" occidentale è precisa (e a
parer mio coglie nel segno): tutta la forma-mentis occidentale è volta alla "fusione", ed è
questo processo millenario che oggi ha portato alla "ontologia dell'io", cioè al "dispotismo"
dell'individuo che caratterizza la contemporaneità.
Tappa fondamentale di questo processo è stato naturalmente l'Idealismo, che con la sua pretesa
equivalenza di realtà e razionalità (come in Hegel) finisce, e forse oltre ogni intenzione, con
il considerare il soggetto come il creatore dell'oggetto.
E tuttavia l'Idealismo, per ammissione dello stesso Levinas, ci ha dato delle "grandi verità",
come ad esempio quella di Gentile (filosofo di primissimo piano, come dice Severino, ma troppo
snobbato forse a cause della sua appartenenza politica) da me riportata.
Gentile pone una sfida severa a chiunque pensi di relegare l'Idealismo fra le "favole" o le "fedi"
per rilanciare l'ennesima versione del "realismo", perchè non esiste modo di eludere l'affermazione
per cui un pensato non può essere una realtà indipendente da chi la pensa.
Dove trovare allora l'"Altro" levinasiano (che, ricordo, non è necessariamente riferito ad un
soggetto "altro", ma è un concetto che comprende tutta la realtà non riducibile all'"io")? Dove
trovare, cioè, quella realtà che è necessariamente dipendente dal soggetto che la pensa ma che
ad esso è, appunto, "altra"?
saluti