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Messaggi - PhyroSphera

#211
Citazione di: niko il 19 Novembre 2024, 22:57:31 PMMolto semplicemente, se ci fosse la reincarnazione, il paradiso e l'inferno non sarebbero definitivi: un'anima dannata potrebbe a un certo punto salvarsi, rivelandosi, con cio', non definitivamente  dannata (comportandosi bene in una vita terrena successiva) e un'anima beata, potrebbe a un certo punto dannarsi (vivendo una vita successiva, e comportandosi male in essa).

Ricordati che ognuno ha il libero arbitrio e per ognuno deve valere la piena significativita' della vita attuale e presente che egli vive, quindi, chi nasce a questa terra provenendo dall'inferno, ha una incredibile e immeritata occasione di rimediare a tutto, e cambiare il suo destino, e chi nasce provenendo dal paradiso, ha una inquietate e assurda occasione di rovinare, tutto.

Per non parlare del fatto che le anime dannate dovrebbero desiderate con tutte le loro forze la reincarnazione (loro hanno tutto da guadagnare, e niente da perdere, in caso tocchi loro un "altro giro" su questa terra) e le anime beate, temerla con tutte le loro forze (loro hanno tutto da perdere e niente da guadagnare). Ci sarebbe di conseguenza  speranza, tanta speranza, pure all'inferno, e paura e terrore, tanta paura, pure nel paradiso, insomma l'impianto dottrinario salterebbe tutto.

Per non parlare, peggio ancora, del fatto che, dato che le anine beate devono temere la reincarnazione, e le anime dannate desiderarla, un dio che concedesse la reincarnazione un po' a caso ogni tanto a tutte e due le categorie, sarebbe un dio buono con i cattivi, e cattivo coi buoni.

Avrebbe senso, solo se si reincarnassero ciclicamente sempre e solo le anime dei cattivi, non mai quelle dei buoni, in prospettiva di svuotare tutto l'inferno e ricreare un mondo perfetto in un lasso di tempo infinito, o comunque lunghissimo. Cosa che curiosamente, se fosse vera, implicherebbe che, mentre la popolazione di uomini sulla terra per quel che ne sappiamo noi sembra aumentare, in realta' la popolazione complessiva di esseri senzienti dell'universo/cosmo, non farebbe altro che diminuire, nel tempo, se il piano fosse quello di svuotare l'inferno dando sempre nuove possibilita' di salvezza a tutti i dannati in esso contenuti.

Ma ancora peggio, pare che, secondo i cristiani, un bel giorno, ogni anima dovra' riprendere e reindossare il proprio corpo. Se a un'anima dovesse corrispondere una serie di ventisette corpi, perche' la tale anima si e' reincarnata ventisette volte, come la mettiamo? Centro di controllo multiplo da remoto? C'e' farsi girare la testa magari, la serie e' di diciannove uomini, e otto donne...

Di casini direi che ce ne sono abbastanza, per dire che cristianesimo e reinarnazione, sono incompatibili....


Il mio messaggio, da te commentato, conteneva delle distinzioni cui tu non hai badato. Il ragionamento che tu hai fatto è corretto e descrive le contraddizioni che accadono quando si vuol pensare la dottrina cristiana secondo dei termini ad essa estranei, senza coscienza di tale estraneità.
Il fatto che tu non ci badi, è evidente da come menzioni biblicamente il corpo senza avvederti in quale ottica ti sei messo.
Se facciamo riferimento alla dottrina buddhista, che ha la maggiore profondità in questi dilemmi tra tutte quelle 'orientali', corpo è l'aggregato materiale, il prodotto del divenire cosmico, destinato a disintegrarsi. Nella dottrina cristiana corpo è ciò di cui Dio ci ha dotati per esistere in quanto uomini (e donne).
Il fondamentalista, dico di quello che non ha il vero fondamento ma solo un suo riflesso che può essere distorto, convinto che il messaggio di Gesù sia unico e superiore e gli altri inferiori e non veri dirà che il concetto di creazione nega le dottrine orientali della materia. Senonché gli aggregati cosmici sono nel pensiero del Buddha, che fa da base per gli altri dello stesso tipo, l'apparenza, realtà senza verità. Parimenti il darci un corpo da parte di Dio, secondo il messaggio di Gesù, non accade separatamente dai rapporti cosmici e materiali. Ma questi non sono l'oggetto diretto della riflessione cristiana così come l'assoluta Alterità non è l'oggetto perspicuo della meditazione buddhista.
Se antagonismi ci devono o possono essere, non sono sul piano della smentita dei veri rispettivi fondamenti.

Allora, se "niko" cercasse di inquadrare esattamente i dogmi cristiani e i relativi saperi e ugualmente quelli agli antipodi, si accorgerebbe che nel cristianesimo paradiso e inferno, Spirito e carne, non sono termini cosmologici ma teologici, di una dottrina che si rapporta al Creato, prima che a universo, mondo, cosmo... E dato che l'ordine cosmico è da Dio, non si troverà mai conflitto essenziale fra le dottrine religiose materialiste (orientali) e quelle spirituali (occidentali).
Se accade in pratica, si tratta di questioni diverse.


MAURO PASTORE
#212
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
18 Dicembre 2024, 13:03:14 PM
Ho migliorato il testo del mio ultimo messaggio, il pensiero resta identico. Buona lettura.

MAURO PASTORE
#213
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
18 Dicembre 2024, 12:39:19 PM
Citazione di: misummi il 14 Dicembre 2024, 11:05:17 AMScrivi come uno che convinto di Sapere, ho scritto Sapere non sapere.
Non so come si sta in una "S" di quel genere e di sicuro non mi interessa.
L'aneddoto del TARLO (il sciocco tientelo per te)dice in due parole quello che Ernst Glover  spiega nel suo "Freud o Jung?"
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.amazon.it/Freud-Jung-Edward-Glover/dp/B00CBX1R1K&ved=2ahUKEwiM7vL1gKeKAxWz-AIHHVl9Kk0QFnoECBAQAQ&usg=AOvVaw2D70MLIzQOsWrK9f3-aDV6
un po' prevenuto ma un buon preventivo per chi vuole evitare sfere di fuoco luciferali.
Jung le ha sfiorate e gestite come spiegato in questo video:
https://youtu.be/dRIHP12xC9M?feature=shared
Le sue teorie sono un tentativo,  in parte riuscito, di auto guarigione.
Quelle di Freud sono un tentativo, in parte riuscito, di guarire gli altri.
Erano tutti e due dei TENTATIVI in parte riusciti.
Tutto qui.
 

Il "pensiero freudiano" ha un proprio àmbito psicologico e proprie caratteristiche psicologiche: una importantissima è l'essere intrinsecamente sprovvisto di una "autocoscienza psicologica". Si tratta cioè di una dimensione psicologica e psicoanalitica, non di più, la quale è inquadrabile, definibile e valutabile solo esternamente con gli strumenti della psicologia e psicoanalisi propriamente dette. C. G. Jung fu il più autorevole studioso che ne attuò. Dunque la possibilità di fare lo stesso da parte freudiana a parte junghiana non è scientifico-psicologica né psicoanaliticamente scientifica. Si tratta di una pretesa di risolvere unilateralmente i rapporti interdisciplinari tra psicologia e neurologia a favore di quest'ultima, pretesa che viene da un materialismo e antipsicologismo non scientifici anzi antiscientifici. Questo ovviamente non significa che le due persone erano in rapporti unilaterali di soggezione. E' una questione fortemente culturale e sociale. Ho già definito l'approccio neurologico, determinante nell'opera di S. Freud, in messaggi precedenti. Quando i limiti che ho spiegato sembrano non essere veri, ci si può (e ci si dovrebbe) accorgere che Freud stava solo citando e accludendo - non includendo - studi psicologici o psicoanalitici altrui. Dato che Freud scoprì un confine, invalicabile per il neurologo, con un oggetto studiabile solo dallo psicologo, dato che la psicologia è dotata di studi indipendenti a riguardo - non solo di Jung - dunque l'inclusione (in-clusione...) non è bilaterale e l'approccio neurologico non consente una autodefinizione psicologica negli studi freudiani. Il lavoro di S. Freud restò chiuso in questo àmbito e i freudiani non possono quindi uscirne - non così i postfreudiani, i quali tutti debbono però per forza di cose ricorrere a dei salti o meglio scarti, giacché S. Freud si era ancorato alla disciplina neurologica (purtroppo, come mostrato in altri messaggi, non senza illusioni e prepotenze).
Capovolgere e invertire l'analisi di Jung a Freud è una pratica destinata all'insuccesso, a sua volta inquadrata e studiata dal pensiero junghiano, che in questo ha dalla sua la pertinenza e ampiezza giuste e l'autocoscienza necessaria e che mette in luce dei meccanismi psicologici e patologici "proiettivi" attuati dagli autori dei tentativi. Non si tratta di duelli intellettuali, questi piacciono in realtà alla malasanità ma non alla vera medicina. Se i tentativi si accaniscono, si moltiplicano le "proiezioni psicologiche".

Non si tratta di chiamare in causa il percorso interiore di C. G. Jung. Nella nostra discussione la citazione dell'utente del forum "misummi" da Il Libro Rosso è capziosa e scorretta e non rispetta la cautela che Jung stesso aveva usato con questa sua opera biografica ed artistica. Quanto di vero c'è in essa non è trattato di scienza e non si deve usarne facendo confusione con appelli sbagliati.
Jung giustamente poneva in evidenza la componente soggettiva del pensiero psicologico, che non impedisce la oggettività ma spiega di volta in volta i modi della conoscenza psicologica. Freud era invece ingenuamente preso da una soggettività psicologica autooccultata. Inutile fingere il contrario profittando delle visioni de Il Libro Rosso.
Nel video il commentatore dice di:
la vita stessa che è irrazionale, la verità come costruzione personale:
non la vita in quanto tale, non l'identità tra verità e costruzione personale!
Jung confessò da vecchio di aver dato troppo credito alla scienza, mentre quale autore de Il Libro Rosso era avveduto dei limiti della scientificità.
La inesistenza della verità assoluta indicata da Jung va riferita alla nostra mente: la nostra mente, quella di chiunque (Gesù di Nazareth e Gautama Buddha compresi, per esempio), non può contenere il vero assoluto. Questo non significa che non esista, a livello non psicologico, una verità assoluta. Di questo livello Jung non esplorò i confini, ma se ne aprì istituendo la Psicologia complessa. La indicazione del caos e del cosmo mentali quindi passarono in Jung da una grande attenzione al primo a un grande interesse al secondo.

A prescindere dalla spiritualità e percorso interiore di Jung, aggiungo altro.
Il fatto che si debba trovare un modo per non bloccare il naturale lato folle che è in ognuno di noi è un principio medico della psichiatria basato su una descrizione scientifica della psiche (non a disposizione del neurologo), il che dimostra che esiste un tentativo di mito, tentativo definibile terrorista e non scientifico, sulle psicosi e schizofrenie ma in generale anche sulle effettive forme di 'pazzia esistenziale', che non sono esistenze sbagliate o da correggere ma eventi cui dare un buon esito e un senso.
Riguardo alla originarietà del caos psichico e non originarietà dell'ordine psichico, vi sono studi di psicologia scientifica di non molti anni fa', assai connotati. Riguardo al video, non si tratta di elucubrazioni personali di Jung, ma di sue anticipazioni immaginative, anticipazioni (non uniche né quelle originarie e determinanti) di scoperte scientifiche, non solo le sue. Il vero determinante immaginario ed elaborazione decisiva prescientifica sono invece nella poesia del romanticismo e nell'irrazionalismo filosofico, cui Jung partecipò non da protagonista. Freud era sul versante illuminista e non ne partecipò.


MAURO PASTORE

#214
Ho appena terminato di aggiustare in alcuni punti il testo del mio ultimo messaggio - aggiungo: una ultimissima modifica proprio poc'anzi. Buona lettura e mi scuso per il disagio eventuale.

P.S.
Ovviamente nella espressione: 'che nel Secolo XX era Confucio', indico: il defunto Confucio.
Lo specifico proprio a scanso di equivoci.

MAURO PASTORE
#215
Ho letto con interesse e un certo piacere il testo dell'utente "Scepsis". Il nome non fa una grinza, perché la sua relazione contiene un principio di scepsi.
L'inizio è del tutto rigoroso. Verissimo, Spinoza non si affidò alla gnoseologia. Inoltre non c'è dubbio che la sua visione sia, in un certo senso (non solo contemporaneo), metafisica.
Su questo punto mi sento di porre una specificazione: propriamente si tratta di un registro metafisico. Difatti la sua riflessione centrale fu proprio materialmente etica. Ciò significa che Dio egli lo incontrò in relazione alle necessità di assumere questo o quel comportamento, questa o quella scelta, non contemplativamente.
In tal quadro il cartesiano dubbio iperbolico fu assunto da Spinoza come pars destruens per la propria pars costruens, dato che la dimostrazione geometrica di Spinoza è in realtà aliena da quel dubbio radicale. Ciò perché il piano della sua ricerca era quello naturale. Su questo bisogna riflettere: non si tratta di considerare tale piano 'chiuso'. Così accade invece all'utente "Scepsis". Per tale ragione l'umanesimo ed esistenzialità che egli attribuisce alla filosofia di Spinoza non sono insiti in essa ma conferiti a causa di una chiusura, per la quale la naturalità è esclusivizzata fino ad alienare l'àmbito del soprannaturale. Da ciò, l'istituzione di un contrasto conoscitivo immanenza-trascendenza, attribuito al pensiero di Spinoza e a quello di Pascal e secondo la dicotomia necessità/libertà. Tali chiusura e riformulazione-interpretazione provocano un confinamento della propria esistenza culturale, intellettuale, sociale, fino al decadere dell'umanesimo in umanismo, assegnando alla libertà l'indicibile e l'ignoto.
Storicamente la linea di pensiero che dalle interpretazioni riduttive dell'opera di Spinoza giunse all'empirismo di Locke ma in particolare a quello di Hume corrisponde a siffatto schema, una limitatezza di orizzonti cui Kant rimediò formulando le forme a priori dello spazio e del tempo, intuite fuori dall'àmbito della esperienza. Io dico: certo sì comprendeva poco dell'universo, affacciandosi alla realtà noumenica da un accesso così stretto e dunque non si doveva pretendere troppo, come invece fu fatto anche dallo stesso I. Kant, il cui lavoro era work in progress — perciò si sarebbe dovuto applicare, volendo e dovendo, la critica concreta, rispetto a chi fuori da quella ristrettezza, a partire dall'ultima grande astratta Critica del giudizio. Il Sublime ed Infinito mostrano i limiti del giudizio razionale; da ciò si doveva muovere per una critica non invadente ed esatta del mondo religioso — ed anche di quello religioso-filosofico della Teodicea di Leibniz.
Ma un'altra linea segnò un vero e proprio disastro, da Spinoza a Hume a Hegel fino a Marx, passando per la sola Critica della ragion pura proprio di Kant.
La condizione sociale e religiosa di Spinoza, il quale come molti del suo tempo sentì il bisogno di una radicalità nel dubitare, era diversa da quella di Marx, che dubitava per combattere e rifiutare il quadro culturale, politico, civile, sociale occidentale. Mentre il Deus sive Natura era ancora integrabile nel detto quadro, ed era pure un'offerta di integrazione della naturalità nella religiosità monoteistica dominante, l'interpretazione dàtane da Marx era di una contrapposizione. La filosofia occidentale moderna accolse Spinoza non come oppositore; i filosofi di tradizione aristotelica-tomistica lo ritennero un antagonista. È vero che la cultura e civiltà ebraica visse ed esercitò anche un forte antagonismo: i poteri giudaici volevano ruolo guida. Da ciò, il rifiuto luterano, kantiano... fino alla contrarietà di Heidegger. Tuttavia diversamente Marx, che interpretò Spinoza facendosi estraneo alla logica occidentale dominante e suo oppositore: non il portoghese trapiantato in Olanda, K. Marx scorgeva in quella Etica, letta dunque a prescindere dal contesto europeo del giudaismo ed ebraismo, in una estraniazione. Ma, a dire tutto il vero, a dare forza a tale cammino era il riduttivismo. Marx non era un panteista orientaleggiante ma un ateo che muoveva da questa premessa senza valutarne. Quindi anche Marx chiudeva il proprio orizzonte esistenziale fino ad un umanismo e fino alla rivolta contro la propria stessa condizione, imputata all'ordine costituito occidentale e borghese. La penosa incongruenza che emargina la libertà, vista nel testo dell'utente di questo forum "Scepsis", era pure di Marx e in lui si tramutava nel fare irrompere un altro mondo, in una liberazione proveniente da un'altra libertà, che egli attribuiva al progresso ateo ma che si traduceva e tramutava in una inversione tra Occidente e Oriente. L'Etica di Spinoza sottratta a Leibniz e consegnata ad anonimo orientale... che nel Secolo XX era Confucio. La dimensione filosofica della saggezza e sapienza orientali se assunte primariamente nella cultura occidentale distruggono le vere radici della filosofia propriamente detta, impediscono al pensiero sradicato di essere indipendente, provocando la fine della filosofia occidentale. Se tal modulo ateo coinvolge l'Oriente medesimo, la filosofia orientale, nata propriamente dall'ellenismo e spinta in particolare dall'ispirazione indo-greco-buddhista dopo l'arrivo dell'esercito di Alessandro Magno in India, regredisce a sola dimensione filosofica, con grave disastro. Ma la catastrofe fu politica e sociale soprattutto, perché si sa che Marx si diede incautamente alla politica.

Io suggerisco: il non-arbitrio di cui disse Spinoza è solo la determinatezza della sfera naturale. Leibniz fu impeccabile nel mostrare che tale sfera contiene la libertà, dentro la stessa necessità. I rabbini autori della nota condanna non attribuirono al pensiero spinoziano questa possibilità, di essere interpretato così. Per la via che io ho suggerito, senza deridere il 'povero' Leibniz (una curiosità o forse di più: fu anche inventore del primo pallottoliere meccanico automatico, oltre che scienziato matematico, filosofo, teologo, praticante politico – quest'ultima espressione forse piacerà a sinistra) né accantonarne il lascito, si trova una linea di pensiero, storica e culturale, possibile per Occidente e Pianeta ancora stretti dalle dittature intellettuali dei comunismi marxiani, marxisti, postmarxisti.

Non pongo questo mio scritto con l'autorità di un professore ma di un semplice "maestro", al di fuori di ogni retorica; e si sa che sono proprio i maestri a dover precedere chi professa, al momento e occasione giusta.


MAURO PASTORE
#216
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
14 Dicembre 2024, 09:31:13 AM
Citazione di: misummi il 13 Dicembre 2024, 10:54:36 AMho chiesto a alcuni psichiatri non ortodossi quale sarebbe la differenza tra salute mentale e insania mentale.
Secondo loro nessuna se non il fatto che una persona sana non si fissa mai su nessun momento paranoico,maniacale, depressivo,schizoide ecc...
In pratica la persona sana viaggerebbe in modo funzionale tra i vari momenti patologici senza sceglierne uno.
Una definizione interessante.
Tutti i veri psichiatri sanno che la fissa può assumere valori diversi e che uno stato patologico negativo non è sempre insano.

MAURO PASTORE 
#217
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
14 Dicembre 2024, 09:25:10 AM
Citazione di: misummi il 12 Dicembre 2024, 05:46:29 AMio non sarei tanto sicuro che le teorie sulla seduzione siano false.
In realtà la cura dei bambini piccoli è molto piacevole e comprende contatti diretti con le aree più piacevoli del corpo umano.
Questi contatti vengono goduti e poi cercati attraverso l'autoerotismo e formattano l'essere umano in senso erotico e poi sessuale.
Si può dire di più:l'osservazione dei feti dimostra che essi si toccano più o meno spesso le aree in questione con espressioni chiare di piacere.
Quindi,io dico che l'ignoranza da un lato  e la psicologia,dall'altro, non hanno ancora capito adesso questa verità che ridimensiona le teorie e le pratiche note
Se le madri e i padri hanno problemi al riguardo,paure,scrupoli oppure sono rudi o in pochi casi invero,un tantino  seduttivi loro,il bambino può,ma non è detto che lo faccia, interiorizzare questi aspetti facendone  una SUA problematica.
In verità la maggior parte dei bambini se ne fr....a e gode.
Quelli che non lo fanno sviluppano poi i problemi che sappiamo.
L'essere umano sano gode e vuole godere e basta, da piccolo e da grande.
Come scrive bene Freud:" il principio del piacere si trasforma,IN PARTE,in principio di realtà, imparando a DIFFERIRE la soddisfazione quel tanto che basta perchè possa essere goduta tenendo conto degli altri e dell'ambiente in cui ci si trova a vivere."
QUESTA È SACROSANTA VERITÀ E LA VERA RICETTA DEL VIVERE BENE!
Noi godiamo e vogliamo godere,l'unico problema,semmai,sta nel come,quando,quanto e perché .
MA QUESTA SI CHIAMA ARTE DI VIVERE!

PS la differenza tra Freud e Jung è facile da spiegare. Scrive Freud:"ad un certo punto, mentre parlavamo,si sentì uno schianto nel mobile di sala. Jung mi guardò e disse:"Ah...ecco un buon esempio di quanto penso io ...questo rumore è una scarica della nostra energia attraverso la materia del mobile."
Io lo guardai sorridendo e gli risposi:"No,si tratta solo di un TARLO!"
PER QUESTO E NON PER ALTRO IO SONO FREUDIANO!!!!



 

Le elucubrazioni neurologiche su eros e sesso come ho già mostrato sono una distrazione assurda da necessarie psicologizzazioni.

Lo scritto di S. Freud "Al di là del principio di piacere" contiene un pensiero ambiguo e incompiuto, come dimostrò analiticamente Jung. Lacan si occupò specificamente con successo dell'argomento.
La filosofia che vuol ragionare sulla psicoanalisi deve prendere atto degli effettivi risultati di essa.

Riguardo al celebre racconto sul mobile di legno che rumoreggiò, se ne trova anche la versione di Jung. I fatti si riferiscono a questa realtà: il legno è un materiale biologico non completamente inerte che reagisce a vari stimoli. Notissimi quelli climatici, forse pochissimo noti quelli della presenza umana (calore biologico ma anche genericamente effetti della energia umana...). In ogni caso, è semplicemente una cosa sciocca leggere quell'aneddoto e parteggiare per una interpretazione dei fatti scambiandola per una comprova della presunta inadeguatezza della teoria scientifica di Jung.

MAURO PASTORE
#218
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
14 Dicembre 2024, 09:05:32 AM
Citazione di: green demetr il 12 Dicembre 2024, 01:28:06 AMMa di obbiettivo non c'è nulla.
Non so chi diffonde questo tipo di materiale contro Freud.(Assaggioli?)
Come ho già detto a partire proprio da Anna Freud il post-freudismo è un altra cosa rispetto alle vette raggiunte da Freud stesso.
Quelli che lo fanno passare per un neuroscienziato sono addirittura ridicoli.
Sul canale di Psichatria Italia online, è recentemente apparso un contributo che parla di Freud in generale. Il momento in cui Freud si stacca dalle teorie di Bleuer, è quello in  cui scopre che le teorie della seduzione sono false.
Era l'anno 1898, quindi due anni prima del libro che apre il 900, appunto l'interpretazione dei sogni. Testo fondamentale che inaugara la psicanalisi.
Ma anche se fosse stato solo per il 1898, l'idea che la seduzione sia un ricordo di copertura è stato già di per sè un atto di liberazione fondamentale. Avrebbe già posto Freud tra gli immortali. E invece per nostra somma gioia quello era solo il primo di una miniera di raggiungimenti stratosferici.
Negli anni la monumentale opera di Freud, ha subito il contraccolpo della psichiatria, fino ad arrivare all'oscurantismo contemporaneo, che fa sprofondare le ricerche, le blocca, le sanziona, le cancella. Il moloch statuale ha distrutto ogni traccia di intelligenza. Non mi sorprende che Freud venga tacciato di essere l'esatto opposto di quello che è stato, e sarà, forse in futuro, quando questa società di pazzi sarà finalmente tramontata.
Il fatto stesso che Jung sia preferito a Freud in questa epoca, dovrebbe dire molto, ma molto di più, per chi volesse fare i conti fino in fondo con questi tempi buj.
Freud immortale? È pensiero inadatto a chi fa attività scientifica, perché gli oggetti della scienza non sono personali. Lei inverte i valori e le funzioni di arte e scienze e scambia la illusione illuminista di Freud per lotta alle tenebre. Ma soprattutto: lei qui non fa una discussione, non si rapporta ai pensieri degli interlocutori. Il suo è una specie di monologo.

MAURO PASTORE
#219
Storia / Re: Santa Madre Russia
12 Dicembre 2024, 00:43:32 AM
Citazione di: InVerno il 14 Novembre 2024, 09:08:15 AMIl fatto è che non ho mai sostenuto, né mi sognerei di farlo, che quel piano di analisi abbia una qualche esclusiva nel spiegare le vicende russe, è uno strato della realtà, questo non significa che la realtà si esaurisca in esso, come le sostanze materiali nel terreno, la pianta vi nasce ma non ne è determinata. Ci troviamo di fronte ad uno dei misteri, se si vuole, delle vicende geopolitiche, nel senso che, il determinismo geografico vive una doppia reputazione, da un lato gli argomenti di chi lo propone non hanno grandi basi scientifiche, dall'altro ha il vizio di essere una prospettiva che ci azzecca spesso nelle previsioni. Non penso che ci sia una formula valida per analizzare le comunità umane, alcune sono più portate dalle esigenze materiali di altre, le cose possono cambiare nel tempo. La Russia attuale per esempio, nei fatti osservabili, ha veramente più poco a che fare con l'ortodossia, anzi sarebbe secondo me un caso studio ideale per ragionare riguardo il post-mortem del cristianesimo. Nella Russia reale,  non quella di Tolstojevsky, la diffusione e accettazione di miliardi di forme di superstizione, dallo zodiaco al sangue di talpa, è un vero e proprio "motore culturale" per quanto ridicolo e inefficiente, di una Russia che ha tranciato la sua eredità ortodossa originaria e si affida alla magia meno canonizzata per sostituirla funzionalmento, fenomeno che osserviamo anche qui ma neanche lontamente nella stessa misura.
Se si dice di determinismo geografico, il pensiero non resta il medesimo del determinismo materialista ma può restare lo stesso; e se certe previsioni ci azzeccano ciò può risultare un disastroso inganno.
Quando, si racconta, Marx andava sarcasticamente dicendosi il diavolo, non furono in pochi a ritenerlo un soggetto realmente pericoloso o nefasto. Altri invece passarono dalla critica aggressiva mossa contro la teologia cristiana, ebraica, in generale monoteista, a una critica più aggressiva contro la prospettiva demonologica... Ma a furia di sottovalutarne i significati sul negativo, di interdirne le espressioni giudicate un impedimento architettato dagli sfruttatori, a furia di insistere su schemi che erano inadatti all'Europa e che anzi non ne consideravano pienamente, trascurando anche l'Asia e considerando il solo Blocco Continentale Euroasiatico, il determinismo geografico non poteva che essere disastroso. Non si trattava soltanto di ricondurlo ai suoi limiti, ma di svelarne la dipendenza da un determinismo materialista, questo a sua volta discendente da una critica ingenua, a sua volta non connotata, non adoperata entro i propri limiti.
Rovesciare lo spiritualismo-assolutismo di matrice hegeliana aveva un suo senso ma per come svolta l'impresa ebbe anche un suo decisivo non-senso. Quindi i due litiganti difettavano di saggezza... E senza una garanzia di saggezza, la filosofia muore. Per quel poco che c'era stata, essa limitò la violenza di due fronti che senza la dialettica erano peggio.
Per certe situazioni in cui i due Continenti erano meno decisivi, il rimedio euroasiatico pareva funzionare, ma senza capire le cause e svelando solo delle concause. La Mitteleuropa restò folgorata dalla profondità del materialismo di Marx, fintantoché esso era presentato come un pensiero particolare e non universale... Alla fine tanto sarcasmo contro la percezione cristiana, monoteista del negativo, nella convinzione di aver in ogni caso trovato lo snodo fondamentale della storia, la coincidenza dominante da battere... Ma era vero potere, gloria futura? Nelle fabbriche gli intellettuali comunisti avevano individuato il fatto a detta loro determinante, ma in realtà non ammettevano limitatezza dei propri contesti di studio. Invece? i timori dei pensatori cristiani erano davvero risibili?

L'appello ai sensi di Feuerbach fu sanzionato da Marx con delle invettive: troppo statico, ipocrita, negatore di una costrizione all'azione che pregiudicava le percezioni delle classi subalterne... Ma nel Secolo XX° Levinas individuava giustamente un senso unico, riferibile a un percepire di fondo indipendente dall'agire e connesso col senso del mistero. C. G. Jung notò per sua parte indipendente e scientificamente che bisognava avere attenzione per tale potere, che era assolutamente necessario; esso viene detto comunemente sesto senso. Quelli che usano la scienza negandone le teorie di confine ancora ridono appresso al marxismo, ma è un'obiezione più che seria. La critica di Marx a Feuerbach era unilaterale e omissiva nei confronti di una realtà non bisognosa di prassi. Chi ragionava da dietro le quinte, voleva che in Europa si agisse secondo un sesto senso euroasiatico... e in Mitteleuropa gli esteti erano ricercati come gli sciamani nelle praterie dell'Ovest... Ancora più dietro e in occulto, la preferenza sull'Asia. Alla fine l'Occidente era giudicato male, senza avvedersi della indipendenza di una natura europea. Sognare un sistema cinese, sognarlo superiore, dopo la violenza culturale nella Cina di Mao era un diktat nelle terre e università occidentali durante la Guerra Fredda... Ancora adesso la dimensione filosofica del pensiero di Confucio viene presentata per filosofia determinata mentre Talete è visto come un ingenuo poco riconoscente della Ragione... E quelli che, accòrtisi di tutto e nonostante tutto, dicevano: 'eppure potremmo aver ragione... chi ve lo dice che non fosse, che non sia quello, il problema?', costoro furono schiacciati dal peso delle responsabilità storiche: l'Holodomor per tanto tempo era trattato dai freudiani-marxisti per un pensiero parassita, una fantasia indèbita e non il racconto delle requisizioni del cibo ai danni dei dissidenti al regime di Stalin con i successivi milioni di morti - anche ucraini russi, tra gli altri, e forse davvero tantissimi...
E allora? Il determinismo materialista geografico del marxismo è stato un successo, per il mondo, per i russi e i non russi? Proprio no. Invece l'appello alla singolarità del cristiano Kierkegaard oltre gli schemi della dialettica hegeliana, il suo indicare il pericolo sociale nelle folle - quello alcuni critici o aspiranti tali dicono che era una superstizione o che era servo dei padroni... Kierkegaard assecondò la verbosità di Marx e confermò: 'proprio un diavolo, ma Hegel si merita un compagno così'. Inutile dire che si stava additando l'insufficienza di entrambe le prospettive, anzi si denunciava una contesa disastrosa.

Si dice che la Russia contemporanea è colma di superstizioni, che l'Ortodossia cristiana non conta nulla... Un approccio che notai anni fa' sul quotidiano Repubblica, sul quale i messaggi di protesta, sul relativo sito Web, erano censurati: prima risposte fuori metro al lettore-commentatore e poi la controreplica di questi non veniva pubblicata. Un paradigma: non diversamente la tivù fa' oggi, in massima parte. Ha fatto anche il catechismo da E. Mauro, che nel sembrare amare la libertà dei russi ne offendeva la dignità - e dire ci si era recato in Russia!
I russi gente superstiziosa? il credo ortodosso inesistente? E a che livello lo sarebbero? A livello delle manifestazioni con la persona, o della persona?
Insomma se si vuole una ortodossia materialista, questa fu impossibile da reperire anche dagli sgherri di Stalin. Certo i cristiani ortodossi russi, uomini e donne, non erano spiritelli... e allora tanti abusi, torti, omicidi anche contro di loro. Adesso c'è la lavata di testa giornalistica, quella che di fronte al ritratto famoso di Mussorgsky non pensa, per esempio, al modo diretto di affrontare il vento russo (in Italia pure ci passa ogni tanto!) ma ai prodigi della "neuro" su chi è fuori, fuori da una normalità per cui si dovrebbe star bene senza poterne né doverne... E così le vicende del casato degli zar Romanov vengono presentate come una 'macchietta tivù' (E. Mauro faceva venire in mente il Vianello e la Mondaini della RAI anni '70 quando fingevano di non volersi bene, mentre lui trattava la grandezza e i poteri degli Zar come un'apparenza maligna e il popolo russo bisognoso della intelligenza dell'Ovest).
Quale determinismo materialista-geografico? Delocalizzato lo sarebbe fino ad un certo punto. La mediocrità è termine di paragone e assieme dittatura, dietro c'è sempre la solita configurazione però: e l'Holodomor resta lì, assieme alle superstizioni atee.
La superstizione è esterna alla fede; il possessore della fede a volte pensa poco alla fede stessa ma ne ha secondo vita interiore, non secondo la faccia di una persona che fa apparenza sociale, ma semmai potendola comunicare col volto (e non dico che gli eroi della macchietta televisiva Vianello e Mondaini fossero persone superficiali e ostili al mondo russo).


MAURO PASTORE
#220
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
11 Dicembre 2024, 22:40:01 PM
Citazione di: green demetr il 11 Dicembre 2024, 02:26:53 AMAh no? E quindi cosa è una favoletta?
Ma di quali "autentiche"discussioni si dovrebbe parlare?
Io sto ancora aspettando.

Citazione di: misummi il 11 Dicembre 2024, 08:17:39 AMgreen demetr qui ha ragioni da vendere.
Il numero di scienziati che è ricorso a cure psicoterautiche da e  dopo Freud,Jung e tutte,dico tutte,le scuole psicoterapeutiche psicanalitiche e non , è lungo anni luce.
Freud aveva le sue idee in ambito filosofico,religioso,politico ma non le passava certo ai suoi pazienti.
Inoltre, a parte i suoi allievi colleghi che volevano diventare psicanalisti,niente e nessuno parlava di o usava termini e ipotesi teoriche con i pazienti.
NB a proposito di complessi e altro visto ll sfascio attuale,io parlerei del "complesso dei senza padri" e del "fraternalismo pandemico"


 

Replica lunga questa mia, ma perché pone in campo anche altro per altri:

S. Freud ottenne i propri successi terapeutici basandosi sulla semplice distinzione tra conscio e inconscio. I suoi risultati furono corredati da prospetti che assumevano valore professionale per psichiatri e psicoterapeuti specificamente tali. Difatti egli non seppe reiterarli con sistematicità, poi non ne ottenne proprio più. Egli, ripeto, agì con successo da medico generico. I suoi resoconti vanno letti secondo gli inizi in collaborazione con gli psichiatri. Le sue ricerche non erano sufficienti e se non fosse stato per Jung, Adler e tanti altri non ci sarebbe stato nessun inizio di progresso. Ne avevo detto già. Quindi risultati da Freud sì ma provvisori, scarsi e documentati ma non realmente connotati. L'approccio di tipo neurologico da lui praticato era smentito dai suoi stessi resoconti, anche una sorta di confessione di invadenza professionale da parte di chi della sua categoria - dico dell'uso improprio e indèbito della neurologia. Quindi i resoconti facevano notare che limitando l'intervento a generico, si producevano risultati secondo la relazione conscio-inconscio del paziente stesso. Si badi! Freud non riuscì a supportare quanto osservò, in quanto non aveva mai sviluppato un rigoroso metodo psicoanalitico ma praticava solo la dimensione psicoanalitica (dicevo in altro messaggio, anche gli psichiatri svizzeri ne praticavano già così, senza clamore e potendone rapportare al proprio statuto). Quindi l'apporto di (C. G.) Jung, quale psichiatra e definitore di reali quadri teorici, non di prospetti buoni soltanto ad essere acquisiti e riformulati, fu assolutamente decisivo per il vero innalzamento di grado delle terapie.

I racconti dei benefìci avùtisi coi lavori di Freud coi suoi pazienti sono vari. - Quelli cui vi riferite voi due (gli utenti di cui ho citato i messaggi) riguardano nevrosi non bisognose di interventi specifici, al tempo che il lavoro di Freud si era allineato sulle nuove indicazioni dei colleghi psichiatri. Per chi non sapeva intellettualizzare una psicoterapia o non ne era messo in grado erano prodigiosi. -
La cronaca medica (anche la stessa sua) diceva (e dice) che Freud inizialmente non capiva che gli effetti terapeutici accadevano suscitando la forza dei pazienti stessi; che poi capendolo ne intralciava e quindi si accorgeva che bisognava fare altro per continuare - ma stessa cronaca aggiunge pure che non poteva procedere. La sua descrizione della "resistenza" era all'inizio tutta sbagliata; egli quindi non sapeva rapportarsene; presentandosi essa quale stato di difficoltà non del paziente stesso, egli restava legato alla considerazione della psiche dei pazienti stessi. Una immane contraddizione, messa agli atti dagli studi non impropri e anche scientifici di Jung: Freud includeva l'informazione della resistenza esterna ma poi, non volendo abbandonare l'approccio neurologico, provava ad attribuirne in un modo o nell'altro ai pazienti. Non avendo voluto fare i giusti conti, Freud esulò dal possibile e infatti si cominciò a defilare, appunto senza fornire completi ragguagli sulle cause dei suoi successi... Limitarsi a tali ragguagli è una cosa che non dovrebbe accadere e che non può accadere neppure con certezza, per via di connotazioni mancanti. Se esistono psichiatri e psicoterapeuti, il motivo è semplice e non bisogna stare nel poco e nell'incerto e insufficiente.

Dunque intendendo al rovescio queste informazioni si cade in un errore madornale: ribaltando il senso della attività di ricerca di Freud la prospettiva che si apre è il semplice tentativo sempre meno possibile e - data l'attribuzione ai pazienti di una resistenza in realtà da ricondurre a circostanze - si genera una situazione violenta ai danni dei pazienti o semplici malati (se pazienti non vogliono essere più), situazione in cui chi dovrebbe aiutare lo fa poco, sempre meno e fino a rendersi il protagonista di un abuso.
La condizione di minaccia perenne cui l'intero ambiente - non dico tutto - sociale e sanitario sottoponeva malati ed anche medici e operatori in volontà e in capacità di fare qualcosa (dicevo di Jung che temeva di essere internato a causa della futura pubblicazione della sua prima grande opera scientifica indipendente (quanto a autonomia, lo furono tutte)), non faceva emergere sempre la verità, non consentiva sempre il ricorso alle autorità. Si pensi però che il vero motivo per cui ci erano stati problemi di pubblicazione della Interpretazione dei sogni era dipendente dallo stesso suo autore Freud: in quella serie di scritti è contenuto un rapporto che, come dicevo, attesta improprietà professionali, impotenze, ripieghi, spunti validi per gli psicologi soltanto e dunque un rapporto problematico coi pazienti. In Francia i più grandi intellettuali hanno da sempre considerato S. Freud uno scrittore negativamente rappresentativo. Dunque l'omertà si cominciava a rompere... E sapete le vere cronache (forse ancora disponibili) cosa attestavano? Che Sigmund Freud non voleva più pubblicare il suo lavoro sui sogni. In evidenza era il suo scrupolo invertito: la ritorsione che temeva non era oscurantista e contro gli interessi dei malati, ma contro la sua invadenza di neurologo fuori posto, il suo arrivare a descrivere qualcosa sempre dopo, senza ammettere che il suo approccio neurologico non definiva niente di sufficiente, il suo trattare le manifestazioni dei pazienti considerandoli non da soggetti ma oggetti, essi stessi, senza fare delle loro manifestazioni oggetto di studio. Tutto questo è ancora scritto lì, in quel libro sui sogni, accanto ai portentosi (scrivo senza ironia) risultati di una ricerca interdisciplinare bisognosa della psicologia per avere un senso per la medicina! E infatti ai neurologi che volevano capire furono forniti i rapporti psichiatrici.
Per negare tutto ciò si assumono i risultati dei lavori di Anna Freud e li si attribuisce al padre. Anche il movimento psicoanalitico dovette molto a lei e le polemiche che pure ci potevano e possono essere tra autori di attività concrete, non di sole mezze geniali ricerche (in mezzo a mancanze, difetti) sono di natura diversa.

Io di tutto questo ne ho potuto sapere e capire a causa di miei sforzi individuali, incontri e pessimi eventi sociali cui rimediare; e in tanti anni di attenzioni da parte mia, ripetute non continuate.
L'intero mondo politico e culturale è sotto scacco da vari manipoli di fraintenditori... i quali giocano a fare spesso i falsari sentendo di arianesimo e semitismo. Difatti la opposizione etnica e culturale fra i due mondi di per sé non genererebbe errori ma rifiuti che andrebbero connotati socialmente. S. Freud che non sopportava il forte germanesimo di Jung non è da dipingere come un uomo che lo stava sconfessando, ma come uno che in ogni caso non si dedicava a capire gli scritti di Jung. Quelli che infatuati per il semitismo, sopravvalutavano e fraintendevano la ricerca di Freud non vanno dipinti per araldi della scienza (né per difensori della causa ebraica) ma per cialtroni e faziosi. Nel mezzo tante vittime di incomprensioni. Sono stati in tantissimi a voler capire e a trovarsi in impossibili dèdali... fatti anche di imposizioni di psicofarmaci o peggio.

Riflettere sui dati risultanti dalla ricerca scientifica interdisciplinare di S. Freud, capire che da soli non sono dati compiuti, anziché pensare a un valore filosofico che non esiste in sé e che sarebbe da attribuire ad altri, non è affatto male. Ugualmente cercare di comprendere non solo i limiti etici ma pure le trasgressioni all'etica, non solo professionale, di S. Freud, è necessario. Avevo detto del parere di Musatti, ma riguardo alla sfera dell'etica proprio sua figlia Anna Freud aveva lasciato dichiarazioni durissime sull'operato del padre Sigmund Freud. Non saprei se tutto questo circola ancora sul Web... Un umorismo in cui mi imbattei in Inghilterra riguardo alla circolazione di notizie corrette sul caso Freud era questo: 'nonostante tanta assurda circolazione del pensiero di S. Freud, sua figlia Anna, pure lei circola ancora liberamente'. Mi parve un umorismo risalente alla stessa interessata, anche lei sottoposta agli interventi sfiducianti e confusivi che appunto Sigmund metteva a segno, sempre più lontano dal riconoscere in cosa consistessero i propri meriti.

Bisogna approcciarsi a questa questione con obiettività.


MAURO PASTORE
#221
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
10 Dicembre 2024, 11:57:02 AM
Citazione di: Koba II il 09 Dicembre 2024, 11:04:25 AMIl dogmatismo osservabile in una discussione pubblica come qui nel forum è in parte rimosso e in parte il prodotto dell'ignoranza.
Rimosso perché ognuno volendo essere nella verità e quindi volendo dire cose oggettive, solide, deve dimenticare il presupposto antropologico da cui parte e che decide tutto, ogni mossa successiva.
Si vuole cioè dimenticare l'arbitrarietà dell'inizio per convincersi che l'esito del cammino abbia un valore generale, non solo per il pubblico ristretto formato da coloro che accettano lo stesso presupposto antropologico.
Ma poi a un certo punto nel confronto ci si rende conto che le proprie stupende argomentazioni non hanno alcun significato per coloro che partono da presupposti radicalmente diversi.
Non c'è proprio dialogo. Ma solo disputa, tra sordi... poiché ognuno è sordo all'immagine di uomo dell'altro.
Si tratta di uno spettacolo piuttosto deprimente che si tenta di nobilitare con il riferimento al concetto eracliteo di polemos, cioè di contrasto capace di generare significati.
Bisognerebbe semplicemente accettare che la scelta soggettiva del presupposto antropologico da cui si parte deve avere un'oggettività non in riferimento agli altri e al mondo, ma in riferimento a se stessi, cioè al di fuori di questa spiegazione paradossale: deve avere radici reali nel proprio Sé. E più queste radici sono profonde e più sarà significativo per se stessi il cammino che quel presupposto che si è scelti consentirà di fare.

Per esempio un freudiano vedrà nei testi di Jung sulla religione qualcosa di vago e pericoloso, come il tentativo di voler recuperare delle forze irrazionali, e per questo lo accuserà di essere un reazionario o addirittura un fascista.
D'altra parte il religioso che legge gli stessi testi accuserà Jung di psicologismo in quanto le immagini religiose vengono ridotte nella psicologia analitica a simboli in cui si condensa l'energia psichica, simboli che poi sono sentiti come aventi esistenza indipendente dalla psiche dell'uomo proprio perché prodotti dell'inconscio e quindi sentiti come estranei. Ma questo non toglie che tali manifestazioni non abbiano una reale esistenza oggettiva, cioè per Jung al di fuori della psiche umana Dio non esiste.

Questo per dire che si potrebbe passare la vita intera in queste dispute in cui ciascuno dei giocatori, immemore dei propri presupposti, pensa di dover far vincere la verità.
Ma questa è cultura, non è filosofia.
Ha ragione daniele22 nel farti notare che non bisogna arrestarsi ai differenti presupposti antropologici ma portarsi al pensiero delle premesse originarie: agnosticismo o fede.

Nei fatti qui in questa discussione è venuto fuori anche un contenuto per niente soggettivo. Accanto a quel che tu noti c'è altro e le tue notazioni hanno senso diverso.
Riguardo agli esempi che fai:
- Il rifiuto freudiano verso gli studi di Jung, al di là della dimensione soggettiva della scelta che riguarda questa o quella umanità, si spiega innanzitutto notando pregiudizio e ignoranza. Pregiudizio nei confronti della cultura ariana, sfiducia nelle possibilità future di psicologia e suoi metodi, dipendente da ignoranza. Così come Einstein era un po' ignorante in meccanica quantistica, S. Freud non aveva un buon rapporto con le teorie della psicologia del profondo. Costui oscillava tra sguardo vicino alla superfice e smarrimento dello sguardo negli abissi dell'anima. C'erano dissidi etnici, tra semitismo e arianesimo, che non vanno confusi con la violenza del razzismo. Anche per questo l'ignoranza sulle teorie junghiane era socialmente e professionalmente drammatica... ma c'era pure l'idolo della "materia una", il miraggio di una fisica scienza delle scienze, a mettere ostacoli. Ancor oggi vige tutto questo in ambienti importanti.
- Su Jung e Dio: è vero che in certi casi Jung poneva fine alla questione su Dio con un: 'non esiste', ma riferendosi alla pura fantasiosità. La sua notissima affermazione: 'non ci si mette in contatto con un essere metafisico come per telefono' e il contesto proprio ad essa rivelano che in certi casi egli aveva a che fare con ciò che la religione chiama idoli e con persone che non gli prestavano culto e anzi ne soffrivano, essendone la loro mente involontariamente catalizzata. Allora l'analista faceva riferimento al pensiero dello stesso interlocutore e paziente. Si trattava di uno specchio; e si comprende allora anche un valore fortemente terapeutico della religione monoteista, indipendentemente dal ricorso a psicologie o quant'altro.
Il noto postulato scientifico di Jung su coincidenza di immagine del Sé e immagine di Dio non sta a significare che la scienza ne identificasse né che potesse risolversi in una teoria dell'inesistenza di Dio. Il fatto che ci sia una duplicità non smentisce il possessore della fede anzi gli fornisce un dato psicologico utile, dato che il credere attraverso l'immagine non è il credere nell'immagine. Certo questo non svela l'esistenzialità in cui consiste l'avere una fede. A ricercare psicologicamente e scientificamente in tal àmbito furono, fra gli altri, Maslow ed Assagioli, psicologia umanistica esistenziale, transpersonale. In effetti le teorie di Jung non ne rimasero chiuse ma neppure ne potevano essere comprensive. Quelli che si illudono su tali teorie restano perplessi sul vero e proprio atto di fede. Difatti questo è rivolto al non-psicologico ma non a una non-psiche; tuttavia il contenuto della fede in Dio non ha i modi propri di un rapporto a una oggettività psichica. Jung aveva anche fatto, col suo studio sull'immaginario biblico Risposta a Giobbe, un ritratto del Dio della Sapienza, studiato appunto quale personaggio letterario (non Giobbe ma la figura del suo Dio). Tuttavia il suo approccio tende intrinsecamente a una rappresentazione che potrebbe essere anche solo un gioco. Non significa questo che la scienza e Jung abbiano detto che Dio è un gioco e la fede uno scherzo; significa invece il limite dello studio degli archetipi, ottimo per la religione ma nei suoi contenuti non specificamente spirituali. Tale studio non chiude alla spiritualità, anzi a differenza della corrente postfreudiana ne è collegabile e ne fu collegato da Jung stesso; ma se lo si elegge a base allora Dio appare un gioco, la fede uno scherzo. Non che le teorie di Assagioli e Maslow affermino l'esistenza di Dio; tuttavia permettono una comprensione diretta della fede e del credere, mentre lo studio degli archetipi dà accesso diretto ai riti e culti. Quando un rito non viene collocato nella sua dimensione spirituale, o non lo si intende o, se non si ammettono i limiti della psicologia degli archetipi, lo si fraintende anche se in possesso di rigorosi dati. D'altronde la psicologia transpersonale è solo teoria del confine e non va scambiata per una negazione dell'al di là di tale confine.

Il quadro non è quello di una scienza che fa affermazioni di ateismo ma neanche di scienze che affermano Dio; né è pensabile un mutamento di condizione. Il confine con l'Altro c'è, ma è invalicabile dallo scienziato. Questo non significa limitarsi a descrivere la cultura. C'è riferimento alla realtà oggettiva del mondo e a una ulteriorità esperibile solo soggettivamente.
Mi sono diffuso su tutto questo perché è importante mettere i puntini sulle i, come si suol dire, in circostanze in cui si trovano continui tentativi di usare scienze e tecniche (terapeutiche e non solo) per dar torto a religioni e fedi. Questa impresa di smentita insomma non è proprio della vera scienza né della tecnica rigorosa derivatane; tuttavia c'è chi ci prova continuamente, tentando di ridurre l'àmbito filosofico a quello scientifico e questo tentando di ridurlo ulteriormente, negando la razionalità o finanche la legittimità del pensiero dell'Alterità. Proprio la psicologia scientifica del transpersonale però presentando un confine fa notare che affermare un Mistero oltre di esso è un bisogno e un'ovvietà (ribadisco: ciò non vuol dire che il contenuto delle affermazioni sul Mistero sia scientifico!), non nevrosi tantomeno psicosi e neppure stupidaggine. Ma chi fa apostolato ateo non vuole l'interezza del patrimonio scientifico. Può sembrare assurdo, ma gli atei intolleranti sono attualmente i peggiori oscurantisti e sognano di mettere i credenti fuori légge.


MAURO PASTORE
#222
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
10 Dicembre 2024, 08:06:29 AM
Citazione di: green demetr il 04 Dicembre 2024, 22:33:40 PMCapisco che lei abbia forti resistenze rispetto all'accettazione dei complessi familiari.
Senza volontà di cambiare, semplicemente non si cambia.
Dire che Freud fu superficiale rispetto alla letteratura è però risibile, le interpretazioni psicanalitiche si attestano infatti in maniera formidabile sopratutto alla letteratura.
Sono migliaia le letture fatte in questa maniera.
Freud fu un seguace leale dell'antica grecia.
Non si può dire lo stesso di Jung. La sua teoria si applica solo a se stesso.
Francamente avanzo persino il sospetto di mancanza di onestà intellettuale da parte dei suoi presunti "scolari".
Guardi che qui io non ho messo in scena la mia vita e vaneggiare sul prossimo come fa lei non serve a condurre un dialogo filosofico. La concezioni di Freud dei complessi non era scientifica, inutile che voi la usiate per bloccare le autentiche discussioni.
Jung aveva scientificamente dimostrato che la complessità, anche i "complessi", non sono da trattarsi mai come nuclei negativi in sé stessi. Quando voi per non venire al dunque, a fronte di affermazioni stringenti, cominciate a supporre sulla vita familiare del prossimo... cominciate a dire di "complessi"... studiate associazioni senza considerarne i contesti... vi avvalete di schemi di cui non sapere la portata ridottissima e non universale... rifiutate le manifestazioni altrui e non ne vedete la positività... riuscite sempre a trovare qualcosa di apparentemente sensato da ridire, ma in realtà ingannate il prossimo! Lo avete fatto anche con le autorità degli Stati. I vostri giochini sono stati un disastro e invece che 'gettare fumo' dovreste apparire in società con un minimo di sincerità e abbandonare le vostre 'armi'.

Inutile dire sul resto: lei risponde sempre la stessa cosa e tenta di screditare il valore del pensiero altrui facendo leva su illusioni.


MAURTO PASTORE
#223
Citazione di: Visechi il 02 Dicembre 2024, 22:10:58 PMVerse-nous ton poison pour qu'il nous réconforte!

Versaci la pozione, perché ci riconforti!


Versaci il VELENO...

Poison va reso con veleno. Pozione è potion.


Perché utilizzi pozione in luogo di veleno?
Il resto ad altra occasione...
Non sai cosa è la traduzione di una poesia. Non si può restare fedeli, inoltre in poesia le parole si usano diversamente. Ancora: in italiano, in specie quello letterario, la parola "pozione" si usa anche per dire "veleno".
"Visechi" dovrebbe usare attenzione diversamente. Ciò che non capisce, dovrebbe lasciarlo perdere. Così si fa in filosofia, nei casi in cui lui si mette.

MAURO PASTORE
#224
Citazione di: Visechi il 25 Novembre 2024, 14:48:44 PMPremetto che io non sono avversario di nessuno, perlomeno non mi sento tale: ("Aggiungo: il ribadire dell'avversario contro l'affermazione..."), che eccesso di sussiego: guarda che non ci legge nessuno!
 
Il tuo preambolo assomiglia tanto alla saggezza del 'senno del poi', che comunque non può porti al riparo dalla ben fondata accusa di aperta ignoranza sul tema della mimesi e del paradigma della vittimizzazione dell'innocente nelle comunità arcaiche. Ovvio che il medesimo processo in epoca coeva rappresenterebbe un obbrobrio etico inaccettabile, ma essendo l'etica e i valori di cui è testimone soggetti entrambi al divenire e al connesso mutar di forme, la contestualizzazione nel corretto ambito sociale ed il recupero antropologico (qui parrebbe dovremmo essere nel tuo campo d'interesse, ma dubito capisca qualcosa) del significato e del ruolo svolto nelle comunità dal processo vittimario e di mimesi potrebbero indurti a scrivere meno ovvietà e a meditare meglio, senza inutili barocchismi ed ampollosità, su quest'aspetto seminale del mondo arcaico.
 
Ti assicuro che non avverto nessuna necessità di difendermi da alcunché, tantomeno dai tuoi scritti ("'Visechi' ha tentato di difendersi"). "Ma Dio è presente nel mondo e lo trascende...": questa è fede e nei confronti della fede nulla può e deve essere opposto, sarebbe come opporre razionalità ad un innamoramento. Non c'è una ragione per cui ci si innamora di quella determinata persona, non esistono motivi razionali... solo emozione e fede. Che vuoi che possa opporre io alla tua sentimentale convinzione che Dio sia presente nel mondo (ad Auschwitz l'hanno più volte invocato) e che lo trascenda? Nulla, se non un semplice e per nulla animoso monito: quel che incontri tu non è rappresentativo della totalità delle esperienze umane. Evidente che qualsiasi altra esperienza in materia, anche di segno opposto, non può che essere una dichiarazione del soggetto che esperisce, ma ciò non coinvolge, e non può farlo, altri individui in tale dichiarazione. L'ateismo, a differenza della religione, non pretende d'imporre la propria visione del mondo a chi avverte altre urgenze e differenti chiamate.
 
"...così, nessuna Trascendenza, solo il trascendentale (che è diverso)" evito di dilungarmi llimitandomi ad invitarti a cercare una buona definizione del termine trascendenza, che non coincide con Dio. Di più non posso fare per aiutarti a colmare le lacune che emergono copiose e ampie. Non è un compito che intendo assumermi.
 
Per il resto bye.
 
E' dogmatica l'affermazione: la trascendenza non coincide con Dio. C'è anche quella di Dio, che è trascendenza, se l'ateo dice no vuol forzare l'ateismo e sbaglia. Ma già ne avevo precisato a sufficienza.
Invece che salvare qualcosa del passato vittimario che tanto ami, potresti intendere un simbolismo biblico ove Dio è il protagonista o contemplare dei puri scherzi estetici privi di grazia - altrimenti, tu egli altri vi maledirete da soli o peggio.
Quanto alla presenza di Dio, tu stesso ne indichi ma la credi il Nulla. Una credenza meno che stupida, dato che non sai riconoscere il delitto. Il vostro scopo è quello di togliere il giudizio a un mondo passato e con ciò voi intendete attuare una deregulation all'ordinamento sociale attuale che non fa altro che scagionare degli immani colpevoli: giustificare le masse comuniste che facevano la borghesia capro espiatorio, i nazisti che fecero lo stesso con gli ebrei... e fare un pianto troppo grosso non vi basta per essere sinceri. Ciò che andate dicendo e facendo è quel che è. Voi sapete di una questione morale e ve ne vergognate, vi rifugiate nell'incubo degli assassini perché ve ne siete legati... anche col vostro anticristianesimo. I valori cristiani hanno, tra il resto, una propria funzione anticrimine (l'ho scritto senza eleganza). Tutto sta a capirne le espressioni autentiche.
Una vostra forza è continuare a discorrere dopo aver inclinato verso una forma di minacciosità... ma è forza che va in rovina.
Controlla quanti lettori ci sono su questa discussione, invece di provare a fare condizionamenti psicologici coi tuoi 'non ci legge nessuno'. Se trovi uno zero, forse domani potrai trovare un 1...
Rientrare in una discussione veramente filosofica ti sarebbe possibile cominciando un ripensamento. Non fingerti sacro difensore delle vittime della Shoah. E' anche antifilosofico ma sei pure calunnioso ed offensivo e non sempre la filosofia usa la parola in questi casi. Dovevi pensarci prima.

MAURO PASTORE
#225
Citazione di: iano il 01 Dicembre 2024, 12:26:45 PMQuesto è vero.
Ma devi considerare che se devi esprimere qualcosa di completamente nuovo, non ci sono le parole per dirlo, per cui dovrai piegare vecchie parole a nuovi significati in attesa di coniarne di nuove.
Ecco perchè non esistono vocabolari buoni per  tutte le stagioni, e occorre aggiornarli in continuazione.
Ciò vale per ogni tipo di linguaggio, compreso quello che usano i matematici.

Non ci sto a volgere la questione in termini di evoluzione linguistica, anche perché in una situazione così morirebbe la cultura. C'è bisogno di alquanta conservazione non di confusione.

MAURO PASTORE