Concordo con @Sariputra quando nota come l'arte sia lo specchio della società attuale, incentrata sulla comunicazione mediatica (e le sue categorie: stupire, ammiccare, mutare, etc.) e d'altronde anche l'arte antica era lo specchio della sua società, dell'epoca in cui dominava magari la religione (raffigurazione di temi sacri) oppure un ideale del bello puramente raffigurativo (proporzioni, geometrie, etc) o emotivo (uso dei colori, della luce, etc.). Per cui, in fondo, che l'arte contemporanea usi stilemi ben differenti da quelli precedenti è inevitabile, vista la differenza dei contesti storico-culturali fra attualità e passato.
Lo spaesamento probabilmente è dovuto, come accenna @Angelo Cannata, al fatto che si tratta di un linguaggio che non tutti padroneggiano; perché? Secondo me, perché l'arte che ci viene comunemente insegnata (formando in noi l'idea stereotipica di cosa è arte e cosa no), è quella di altre epoche, quindi quella che parla un altro linguaggio estetico rispetto all'arte contemporanea. Sappiamo che la patina di polvere storica rende il passato molto più affascinante della limpida nitidezza del presente... ma sappiamo anche che per demistificare il passato basta mettere fra parentesi proprio quell'alone di venerabilità che spetta a ciò che ha valicato secoli di storia.
Siamo davvero sicuri che l'arte "dei tempi andati" sia senza tempo(!), universale e magari parli persino a tutti? Probabilmente qualcuno, contadino o mecenate che fosse, poteva trovare a (sua) ragione insulsa e sbiadita la Gioconda perchè parlava una "lingua del bello" che egli non comprendeva (non è bello ciò che è bello...
), e anche oggi, "a pelle", è davvero così necessariamente bella, al netto di ciò che abbiamo letto sui libri di storia dell'arte, al netto della sua indiscussa fama di capolavoro? E se il re (o la regina in questo caso) fosse nuda? Il che non toglie che, spogliata dalla sua reverenziale veste, non possa poi essere davvero una bella nudità...
La cornice e l'incorniciamento di cui parla @Maral non giocano, secondo me, mai un ruolo marginale; vale tanto per il presente quanto anche per l'arte del passato: qualcosa viene incorniciato come capolavoro d'arte, la sua reputazione cresce nei secoli irrobustendo la sua cornice, al punto che oggi tale cornice è sacra e inscalfibile, anche se ciò che contiene parla una "lingua morta". Certamente i capolavori del passato parlano ancora, hanno ancora senso, ma sono comunque un'altra lingua (e non sempre "chiara" per tutti, come ci ricorda l'ipotesi del suddetto "dissidente della Gioconda"...). Talvolta il valore storico (diacronico), si confonde con quello estetico (sincronico).
Ad esempio. se cresciamo (o veniamo cresciuti) con la convinzione che la lingua dantesca sia un capolavoro da emulare, bolleremo come bieca eresia l'attuale linguaggio, fatto di inglesismi, neologismi e licenze poetico-grammaticali... eppure il nostro linguaggio, quello che rappresenta la nostra società, è questo, non quello vetusto di Dante. Se Dante si reincarnasse oggi, userebbe le sue rime per comporre testi rap
e non lo prenderemmo troppo sul serio, proprio perché i contesti cambiano in parallelo alle forme e alle dinamiche sociali dell'arte (e viceversa!).
Intendo dire che il linguaggio estetico si aggiorna con il mutare del contesto storico-antropologico, per cui "il giudizio universale" di Michelangelo, senza voler peccare di lesa maestà, è arte inattuale (per me non è un ossimoro): infatti se venisse riproposto qualcosa con quello stile sarebbe probabilmente considerato meno sublime, perché sarebbe "fuori tempo", una "citazione" in un linguaggio antico che mantiene il suo fascino soprattutto in quanto antico. Se aveste un'immagine della cappella sistina appesa in salotto, la trovereste davvero bella in sé, ovvero al di là dell'essere la rappresentazione di un noto capolavoro? Non preferireste forse avere un forma di bellezza più adeguata al sentire contemporaneo, ad un bello meno lontano nel tempo, ad un'estetica che parla la vostra lingua corrente?
Detto in altri termini, quanto sono rilevanti la reputazione, la distanza temporale e la consacrazione storica quando parliamo di arte?
Se fare arte significa organizzare materiali, suoni, colori e parole per suscitare volutamente emozioni (senza però illudersi che siano "per tutti"), allora anche disporre briciole, anche una poesia di sole 17 sillabe, anche un'immagine astratta, possono essere vissute come forme d'arte... oppure è davvero solo una questione di essere messi dentro o fuori da una cornice?
@Jean
Impressionante quel ragazzo, se ha progettato quello strumento potrebbe ben essere un novello Leonardo!
Lo spaesamento probabilmente è dovuto, come accenna @Angelo Cannata, al fatto che si tratta di un linguaggio che non tutti padroneggiano; perché? Secondo me, perché l'arte che ci viene comunemente insegnata (formando in noi l'idea stereotipica di cosa è arte e cosa no), è quella di altre epoche, quindi quella che parla un altro linguaggio estetico rispetto all'arte contemporanea. Sappiamo che la patina di polvere storica rende il passato molto più affascinante della limpida nitidezza del presente... ma sappiamo anche che per demistificare il passato basta mettere fra parentesi proprio quell'alone di venerabilità che spetta a ciò che ha valicato secoli di storia.
Siamo davvero sicuri che l'arte "dei tempi andati" sia senza tempo(!), universale e magari parli persino a tutti? Probabilmente qualcuno, contadino o mecenate che fosse, poteva trovare a (sua) ragione insulsa e sbiadita la Gioconda perchè parlava una "lingua del bello" che egli non comprendeva (non è bello ciò che è bello...
), e anche oggi, "a pelle", è davvero così necessariamente bella, al netto di ciò che abbiamo letto sui libri di storia dell'arte, al netto della sua indiscussa fama di capolavoro? E se il re (o la regina in questo caso) fosse nuda? Il che non toglie che, spogliata dalla sua reverenziale veste, non possa poi essere davvero una bella nudità...La cornice e l'incorniciamento di cui parla @Maral non giocano, secondo me, mai un ruolo marginale; vale tanto per il presente quanto anche per l'arte del passato: qualcosa viene incorniciato come capolavoro d'arte, la sua reputazione cresce nei secoli irrobustendo la sua cornice, al punto che oggi tale cornice è sacra e inscalfibile, anche se ciò che contiene parla una "lingua morta". Certamente i capolavori del passato parlano ancora, hanno ancora senso, ma sono comunque un'altra lingua (e non sempre "chiara" per tutti, come ci ricorda l'ipotesi del suddetto "dissidente della Gioconda"...). Talvolta il valore storico (diacronico), si confonde con quello estetico (sincronico).
Ad esempio. se cresciamo (o veniamo cresciuti) con la convinzione che la lingua dantesca sia un capolavoro da emulare, bolleremo come bieca eresia l'attuale linguaggio, fatto di inglesismi, neologismi e licenze poetico-grammaticali... eppure il nostro linguaggio, quello che rappresenta la nostra società, è questo, non quello vetusto di Dante. Se Dante si reincarnasse oggi, userebbe le sue rime per comporre testi rap
e non lo prenderemmo troppo sul serio, proprio perché i contesti cambiano in parallelo alle forme e alle dinamiche sociali dell'arte (e viceversa!).Intendo dire che il linguaggio estetico si aggiorna con il mutare del contesto storico-antropologico, per cui "il giudizio universale" di Michelangelo, senza voler peccare di lesa maestà, è arte inattuale (per me non è un ossimoro): infatti se venisse riproposto qualcosa con quello stile sarebbe probabilmente considerato meno sublime, perché sarebbe "fuori tempo", una "citazione" in un linguaggio antico che mantiene il suo fascino soprattutto in quanto antico. Se aveste un'immagine della cappella sistina appesa in salotto, la trovereste davvero bella in sé, ovvero al di là dell'essere la rappresentazione di un noto capolavoro? Non preferireste forse avere un forma di bellezza più adeguata al sentire contemporaneo, ad un bello meno lontano nel tempo, ad un'estetica che parla la vostra lingua corrente?
Detto in altri termini, quanto sono rilevanti la reputazione, la distanza temporale e la consacrazione storica quando parliamo di arte?
Se fare arte significa organizzare materiali, suoni, colori e parole per suscitare volutamente emozioni (senza però illudersi che siano "per tutti"), allora anche disporre briciole, anche una poesia di sole 17 sillabe, anche un'immagine astratta, possono essere vissute come forme d'arte... oppure è davvero solo una questione di essere messi dentro o fuori da una cornice?
@Jean
Impressionante quel ragazzo, se ha progettato quello strumento potrebbe ben essere un novello Leonardo!
