Citazione di: viator il 17 Gennaio 2018, 23:31:51 PM
La mia definizione di Dio è : "l'Ente supremo, ciò che include tutto senza far parte di altro più grande di sé".
Su tale base Dio include anche tutta la conoscenza (l'onniscienza) ed è l'unico a poterla includere quindi, poiché è stato postulato che il Genio sia onnisciente, egli (esso) a tale condizione non può che essere Dio.
Per parte mia in queste affermazioni credo di rilevare alcuni elementi di oscurità e incongruenze.
Nella tua definizione di Dio la parte a destra della (successiva alla) virgola ("ciò che include tutto senza far parte di altro più grande di sé") ha già di per sé un senso compiuto ed identifica Dio con il "tutto", la totalità di ciò che é reale (oltre di che null' altro é reale: si tratta, letteralmente, del panteismo: Dio = Tutto).
Invece la parte a sinistra della (precedente la) virgola ("l' Ente supremo") implica necessariamente una distinzione fra il definiendum (Dio) e altro da esso (supremo é un superlativo relativo ad "altro", significa "il più alto (di tutto il resto, di qualsiasi altra cosa parimenti reale )"*; dunque si tratta in questo caso teismo o almeno di deismo, mi sembra in evidente contraddizione con la successiva definizione "panteistica" (a destra).
Inoltre l' inclusione nella definizione di Dio dell' attributo dell' onniscienza non implica necessariamente che sia l' unico e solo ente onnisciente; nei politeismi si possono dare più dei tutti onniscienti, e anche il monoteismo non impedisce necessariamente all' unico Dio di conferire l' onniscienza -anche- a una o più creature (per esempio al nostro Genio), dal momento che nel concetto di onniscienza non é necessariamente implicita la caratteristica dell' esclusività o unicità, non essendo illogica o autocontraddittoria l' ipotesi di due o più enti, i quali tutti sappiano tutto della realtà (propria e altrui).
Perfino quella di due o più enti onnipotenti, alla sola condizione che non vogliano nulla di reciprocamente contrario, non costituirebbe un' ipotesi assurda; a maggior ragione quella di due o più enti onniscienti, la quale non richiede una simile limitazione.
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* Essendo deplorevolmente pignolo, ho fatto un giro fra i dizionari on line e ho visto che la maggioranza definisce "supremo" (e anche "sommo") come superlativo relativo di "alto" (superlativo assoluto essendo "altissimo"), mentre qualcuno lo considera anche una forma di superlativo assoluto; secondo me a torto, in quanto l' ho sempre trovato, in espressioni italiane, preceduto dal' articolo determinativo ("il", "lo", "la", ecc.), come é di tutti i superlativi relativi (il più ... di tutti i membri di un inseme; esempio: il sommo poeta ovvero il più alto dei poeti, la corte sprema ovvero la più potente -inappellabile- delle altre corti inferiori, il comandante supremo di un esercito, oltre al quale, e a lui subordinati, esistono comandanti di gradi inferiori), e mai preceduto dall' articolo indeterminativo ("uno", una"), come é invece di tutti i superlativi assoluti ("un poeta grandissimo" e non "un poeta sommo o supremo", "un altissimo ufficiale o comandante militare e non un ufficiale o comandante sommo o supremo; a meno che non si intenda qualcosa come il fatto che durante seconda guerra mondiale Stalin era un comandante supremo, quello dell' Armata Rossa, ed anche Heisenhower era un comandante supremo, quello degli eserciti occidentali: diversi insiemi di comandanti militari, relativamente a ciascuno de quali ognuno dei due era il supremo: due diversi superlativi assoluti; ovvero un sommo poeta era Dante, quello dei poeti italiani, e un altro sommo poeta era Shakespeare, quello dei poeti inglesi). In ogni caso almeno nella tua definizione, poiché é preceduto dall' articolo determinativo, va inteso come superlativo relativo: "l' ente più alto di tutti", e non "un ente altissimo").
(E con questo mi candido al titolo di -del!- "sommo, ovvero supremo, rompicoglioni" del forum).