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Messaggi - sgiombo

#2116
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
09 Gennaio 2018, 08:58:05 AM
Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AM
l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante.

la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi

Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come

"una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto,  e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro"

é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente.

Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.
#2117
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 21:41:13 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 17:20:06 PM
primo capitolo (di tre)  Sgiombo


"Ammettere la possibilità di conoscenza reale": ma infatti per me il noumeno è inconoscibile ma inferenzialmente necessario. (lo so per te indimostrabile anche l'inferenza, siamo in disaccordo). Per via di questo disaccordo anche qui non ho quel bisogno.

E' sul terzo punto che per la prima volta ammetto che adotto la tua soluzione :-[, e che vorrei tanto confrontarmi con essa:

"Inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali": a mio parere la coscienza non è noumenica mentale, come già detto, comunque quest'ultimo punto, se vero fisicamente, è il mio più problematico, e infatti sono portato a pensare come mi hai insegnato tu che vi deve essere (questa volta veramente indimostrabilmente) una coincidenza fra noumenico e coscienza. Ossia non mi spiegherei proprio la trascendenza, se fosse mentale (fenomenica e basta).
Cosa che però mi angoscia terribilmente.
Perchè ovviamente comporterebbe ammettere che la stessa coscienza ha a che fare con il noumenico e potrebbe benissimo essere che sia Dio, ma anche che sia solo materia determinata.
E invece il concetto di trascendente idealista si riferisce proprio all'indeterminazione. Per poter essere accomunata a Dio. (sarebbe una minaccia alle religioni in toto).
La spiegazione del perchè fenomenico mentale possa essere anche altro, rispetto ad un noumenico meramente materiale, mi sembra da ritrovare perciò quella che hai ideato tu, qualcosa che non dimostrabilmente coincide dal regno del noumenico potenziale, e quindi indeterminato, a quello determinato foss'anco materiale (e così salviamo anche le neuroscienze dalla loro minaccia riduzionista).
CitazioneSecondo me la coscienza é interamente fenomenica, costituita unicamente da apparenze sensibili; queste si distinguono in materiali e mentali (extensae e cogitantes, comunque tutte fenomeniche-coscienti).
Ciò che dicono le neuroscienze é secondo me, a considerarlo bene, semplicemente che per ogni determinato cervello funzionante in un determinato modo (costituito da determinati eventi neurofisiologici; esclusi quelli di quando si sogna senza sogni o si é in coma) esiste un determinato stato cosciente** (non compreso fra quelli delle esperienze coscienti ovvero delle coscienze*) nelle quali accade almeno potenzialmente (può accadere) l' osservazione di tale determinato cervello, diverso da questi*.
Il fatto di postulare indimostrabilmente enti ed eventi in sé o noumenici a tutto ciò non costituisce per me motivo di angoscia.
Anche perché sul noumeno sono monista neutro: non é né mentale ovvero "spirituale" (divino o altrimenti), né materiale, anche perché sia tutto ciò che é mentale sia tutto ciò che é materiale é apparente alla coscienza, dunque inevitabilmente fenomenico.
Quello stesso "qualcosa di in sé" che fenomenicamente appare a se stesso (soggetto-oggetto riflessivamente di sensazioni coscienti) come pensiero, come determinati fenomeni mentali (res cogitans), invece ad altri analoghi soggetti, diversi da quel particolare soggetto stesso di cui stiamo parlando, soggetti per i quali esso é unicamente oggetto (e non anche riflessivamente soggetto) di sensazioni coscienti, appare fenomenicamente come determinarti fenomeni materiali (res extensa: determinati venti neurofisiologici in un determinato cervello).



conclusioni al capitolo 1:

L' abbassamento di guardia nel credere che vi sia una coscienza ideale , psicologicamente si riverserebbe nella credenza che la coscienza sia pura mente, materiale.
Più ancora: che la coscienza sia manipolabile! Ed è questo il vero fantasma che mi atterisce.

CitazionePerò incontrovertibilmente alcool, caffeina e tantissime altre droghe psicotrope (come anche traumi e interventi chirurgici sul cervello), modificando artificialmente il funzionamento dei cervelli ai quali si applicano, sono accompagnati da determinate (non casuali, non irrelate a tali eventi cerebrali) mutazioni nelle esperienze coscienti ai rispettivi cervelli corrispondenti.



andiamo al secondo capitolo sgiombo

cit
"Mi sembra un accordo poco o punto (o comunque assai limitatamente) reale."
e perchè?  ;)  a parte la differenza che non ammetti il trascendente come reale, il resto siamo d'accordo, perchè il trascendente non riguarda gli oggetti, ma DIO.
E DIO non è un oggetto.
CitazioneTrascendente per me é ciò che non é immanente all' esperienza cosciente, cioè che non é fenomeno, cioè é noumeno.
Per questo (se c' é realmente) se ne può parlare "a tentoni" e senza alcuna certezza, ma non lo si può percepire.
Indimostrabilmente credo che noumeno siano sia i soggetti che gli oggetti delle sensazioni fenomeniche coscienti (come sopra chiarito; e questo per spiegare le correlazioni fra diverse esperienze fenomeniche coscienti e l' intersoggettività delle loro componenti materiali; in alternativa a una comunque altrettanto teoricamente possibile e non dimostrabile né confutabile sorta di "leibniziana armonia prestabilita", che arbitrariamente, irrazionalmente avverto come meno soddisfacente); ma di per sé potrebbe anche trattarsi, "a la Berkeley", di Dio o di quant' altro.
Ma Dio per le religioni rivelate, se non direttamente manifestarsi (su questa terra; comunque lo fa invece in Paradiso: vedi anche Dante) come oggetto di percezione ("contemplazione" da parte dei beati), comunque per lo meno comunica fenomenicamente con gli uomini (per l' appunto rivela loro le verità di fede).



cit
"Reale =/= in sé (o noumenico): lo sono anche i fenomeni immanenti."

Non ho capito tanto: se intendi dire che il reale non è il reale in sè, ma piuttosto il suo contenuto fenomenico siamo d'accordo.
CitazionePer me reali, "in diverso modo", sono sia i fenomeni (materiali e mentali), sia il noumeno.



cit
"Reale =/= trascendente: lo sono anche i fenomeni immanenti."

Idem anche per me il trascendente è un contenuto del fenomeno, di quel fenomeno particolare che chiamo soggetto.  E il soggetto è per me reale, mentre per te no.
Però come vedi siamo d'accordo sul fatto che il contenuto (non dimostrabile in sè) è fenomenico.
CitazioneQui non ci capiamo.
Per me il trascendente é il noumeno, che non é contenuto nel fenomeno, altrimenti sarebbe (parte del) fenomeno (stesso), ma può essere soggetto e/o oggetto (reali; anche se non lo si può dimostrare: lo credo per fede) dei fenomeni ovvero delle sensazioni coscienti.



cit
"Fenomenico =/= irreale ovvero non reale (casomai fenomenico =/= non reale in sé)."

Si concordiamo per tutto quello detto sopra. Il fenomeno esiste (indagabile scientificiamente) pur non essendo il reale.
CitazionePur non essendo il reale in sé, pur non essendo il noumeno.



capitolo 3 sgiombo

cit
"Il trascendente il mentale, esattamente come il trascendente il materiale (ovvero il trascendente il fenomenico in generale) non può che essere in sé ovvero noumenico (congetturabile e non percepibile, non sensibilmente apparente) per definizione."

Certo  :) , io uso la parola kantiana trascendentale per il tuo trascendente, mentre per trascendente, uso il mentale riferito a Dio (che non è noumeno), cioè siamo d'accordo sul generale, ma non nella forma particolare.
Nota a margine.
Al contrario di Husserl io non sento la forma come potenza che emana dall'noumenico dell'oggetto, ma dal noumenico mentale, che è ispirato da Dio.
E' solo dal noumenico mentale, che desumo la potenza del noumenico dell'oggetto.
E non viceversa come il movimento transumanista cerca di argomentare.(credo)

CitazioneTi seguo con difficoltà
Ma mi sembra di cogliere più che un' affinità con Berkeley e al limite in qualche misura anche con Malebranche (ma potrei fraintenderti).

Ovviamente la scienza indaga il potenziale del noumenico dell'oggetto senza curarsi della potenzialità in sè, e delle sue trascendenze o tracendentalità, ossia indaga il fenomeno senza curarsi degli effetti destinali di questa indagine.(seppure qualche avvertenza per l'uso ce la mette dentro di tanto in tanto, vedi il caso italiano dell'amianto, ma sto divagando).
CitazioneD' accordo; e non é un caso solo italiano.

P. S.: E' per me di rande soddisfazione constatare che, dopo acerrime polemiche e profonde incomprensioni, stiamo cominciando a comprenderci (non necessariamente a concordare, se non limitatamente, ma questo mi importa meno).

Confido che questo mi possa accadere prima o poi anche a proposito di altri interlocutori del forum con cui purtroppo mi trovo in rapporti molto simili a quelli che intercorrevano fra me e te fino a qualche tempo fa.

Ma bando ai buonismi!

Grazie e alla prossima!


#2118
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 16:13:30 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:11:15 PM
Da precisare che a questo scopo non basta premettere "secondo me" per presentarsi come prospettiva interna: se uno dice "Secondo me il mio Dio è l'unico vero", ciò può anche significare che quella persona sta ritenendo la sua opinione una verità oggettiva. Allora il "secondo me" non relativizza niente. È necessario esprimere con chiarezza l'essere consapevoli della limitatezza della propria prospettiva.
CitazioneAgli ordini, capo!
#2119
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 16:10:16 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM

Qui si aprirebbe un altro discorso: io non pretendo affatto di vietare agli altri di credere nelle loro certezze.
CitazionePerò pretendi di attribuire loro indebitamente e falsamente un' intolleranza verso gli altri!



Il problema nasce quando pretendono di presentarle a me.
CitazioneNessuno pretende che tu legga le sue proprie considerazioni, nel forum né altrove: dipende dalla tua eventuale disponibilità all' ascolto degli altri il farlo o meno (e infatti vedo che da molto tempo ignori le mie; e non pretendo affatto di impedirtelo).



A quel punto io dico loro: "Senti, io mi autodistruggo con i miei dubbi e il mio relativismo, ma non pensare che il relativismo funzioni solo su di me. Quindi non sognarti di approfittarne per propormi le tue certezze: te le distruggerei in men che non si dica, così come distruggo in continuazione le mie".
CitazionePerché mai non dovrei proporle a chiunque, fermo restando il diritto da me mai negato di chiunque di ignorarle?

(Per la cronaca, ritengo le mie proposte per nulla intaccate né indebolite dal tuo relativismo).

Quando ero prete, per risolvere questo problema dal punto di vista della fede, facevo il paragone della fidanzata. Uno che è perdutamente innamorato della sua fidanzata può anche chiedere ai suoi amici di concedergli, per un attimo, di esternare la sua passione e dire: "La mia fidanzata è la più bella, al confronto di lei tutte le altre sono streghe". Subito dopo, quest'innamorato dirà: "Grazie di avermi concesso questo spazio: ho voluto esprimermi dall'interno del mio cuore: infatti so benissimo che anche per ciascuno di voi la sua fidanzata è la più bella". Ecco la compresenza di prospettive. Chiunque può chiedere che gli si conceda un attimo di spazio in cui esprimersi dall'intimo del proprio cuore, per esempio riguardo alla fede in Dio: "Il mio Dio è l'unico vero". Poi dirà a quelli delle altre religioni: "Grazie di avermi concesso questo spazio: capisco benissimo che anche per ciascuno di voi il suo Dio è l'unico vero".
Cioè, c'è una prospettiva interna, in cui ognuno chiarisce che intende parlare dal profondo dei suoi attaccamenti, e poi ce n'è una esterna, in cui ognuno si pone nei panni degli altri e si rende conto che tutto è relativo.
Il problema è quando l'innamorato, nel dire che la sua ragazza è la più bella di tutte, avanza la pretesa di star parlando non dalla sua prospettiva interna, ma da un punto di vista oggettivo: è così perché è così e non perché lo penso io. Ecco la pretesa, la presunzione, destinata a creare violenza oppure ad essere demolita dalla critica, dal dubbio.
CitazioneIL problema non riguarda la filosofia in generale.

Né me in particolare, che non ho mai preteso (casomai a volte mi é capitato di temerlo) che gli altri fossro innamorati della donna di cui lo ero io, né mi sono mai sognato di imporre con la forza la mia fede religiosa quando l' avevo né tantomeno le mie convinzioni filosofiche (per la cronaca, dati i diffusissimi pregiudizi falsi in materia, nemmeno Giuseppe Stalin l' ha mai fatto: combattere -anche, giustamente- con la violenza e la coercizione il potere temporale della chiesa =/= =/= =/= combattere con la violenza e la coercizione la fede religiosa!).

Con tutto questo voglio dire che la relazione fruttuosa con gli altri non si ottiene moderando il relativismo: è una cosa che non avrebbe senso, non servirebbe affatto allo scopo. Il modo per costruire relazioni fruttuose c'è ed è quello di far capire espressamente, quando si parla, se si vuole parlare da una prospettiva interna (nel qual caso si può dire tutto quello che si vuole senza prestare il fianco ad alcuna critica), oppure da una prospettiva che prova a tener conto di quelle altrui.
Prendi per esempio giona2068, oppure Domingo94 o SaraM: il loro modo di parlare non creerebbe alcun problema se lo presentassero come desiderio di far conoscere agli altri la loro prospettiva interna. Il problema è che invece lo presentano come prospettiva esterna, oggettiva, è così perché è così e non perché lo penso io.
CitazioneNon crea nessun problema a chi non sia intollerante, dal momento che costoro non pretendono (stando a quel poco che ne ho letto) di imporre le loro tesi (per me per lo più errate e false) con la forza a chichessia:

Relativismo =/= tolleranza

Negazione del relativismo =/ da intolleranza.
#2120
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 15:53:58 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ascolta Sgiombo il monismo neutro riguardo il noumeno è il tuo unicorno.
Infatti non riesci a dimostrarlo. Lo assumi senza nessun tipo di ragione.
(ed è il problema aperto, su questo posso convenire, lasciato da Kant).
CitazionePerché il ragionamento filasse bisognerebbe che "unicorno" significasse "indimostrabile" (ma evidentemente non si tratta della definizione propria della lingua italiana nella quale parliamo).

Il fatto che non sia dimostrabile l' esistenza del noumeno (monistico "neutro") non significa che lo si debba necessariamente ì, inevitabilmente assumere senza nessun tipo di ragione.
E infatti personalmente lo assumo onde (per la ragione di cercare di) spiegare (e non: dimostrare, nemmeno queste essendo dimostrabili) alcune altre tesi di cui sono convinto, come l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre la mia immediatamente avvertita, la possibilità di conoscenza scientifica vera del mondo (fenomenico) materiale naturale in generale (con la sua inevitabile intersoggettività), ciò che la scienza neurologica in particolare stabilisce circa le inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali



Per quanto riguarda il dualismo dei fenomeni invece sono d'accordo con te.
(ma nel senso che là dove per te non si può dimostrare il trascendente (Ockam, Hume etc) , la res cogitans per me invece "esiste" solo in quanto coscienza, in termini trascendenti REALI, in quanto la conosco come reale: ossia appunto trascendente e non mentale.

CitazioneMi sembra un accordo poco o punto (o comunque assai limitatamente) reale.

Ma anche la res cogitans, esattamente come la res extensa (a prescindere da importanti differenze come l' intersoggettività, peraltro indimostrabile, e la misurabilità numerica di quest' ultima), per me esiste solo in quanto (contenuti di) coscienza e dunque in termini immanenti (=interni alla coscienza, che non vanno oltre di essa ovvero non sono rispetto ad essa trascendenti) reali (e la conosco in quanto reale ossia appunto fenomenica-mentale e non in quanto trascendente, non in quanto non fenomenica-mentale o noumenica o in sé: di essa, esattamente come della res extensa, "esse est percipi").

Reale =/= in sé (o noumenico): lo sono anche i fenomeni immanenti.

Reale =/= trascendente: lo sono anche i fenomeni immanenti.

Fenomenico =/= irreale ovvero non reale (casomai fenomenico =/= non reale in sé).

Fenomenico == immanente (e non trascendente) l' esperienza fenomenica cosciente.

A margine non rivolto a Sgiombo.
Il mentalista (duale o monista che sia) che invece presupponesse un trascendente "successivo" (al mentale) a mio avviso complica inutilmente le cose. Perchè è come se si cercasse quella forma materica (del mentale) su cui Dio incide, il che equivarrebbe allo step successivo (delirante) di trovare il Dio materico.
CitazioneIl trascendente il mentale, esattamente come il trascendente il materiale (ovvero il trascendente il fenomenico in generale) non può che essere in sé ovvero noumenico (congetturabile e non percepibile, non sensibilmente apparente) per definizione.
Quindi non é materia (la quale é fenomenica, immanente la coscienza), né a mio parere Dio (anche se in teoria potrebbe anche darsi che lo fosse, non é escluso necessariamente a priori che lo sia); per me é oggetto e soggetto (e in certi casi riflessivamente soggetto-oggetto) dell' esperienza fenomenica cosciente: ciò che fa sì che ogni volta che riapro gli occhi puntualmente (salvo cambiamenti secondo le leggi di natura) rivedo enti ed eventi fenomenici materiali che ho davanti (= essi tornano ad essere reali da irreali che erano stati quando li avevo chiusi), e che ne spiega l' intersoggettività; e che fa sì che ogni volta che rivolgo nuovamente l' attenzione a me stesso dopo che era cessata puntualmente ritrovo i miei (soggettivi) ricordi, i miei desideri, sentimenti, "stati d' animo", convinzioni, conoscenze, ragionamenti, ecc., ovvero me stesso, che fa sì che io stesso ritorni ad essere reale da irreale che ero stato allorché non mi sentivo (non accadevo realmente) fenomenicamente, (auto-) coscientemente come res cogitans.


Phil ognuno ha il suo unicorno, non è solo di questo forum ahimè.

CitazioneMa c' é anche chi, più o meno felicemente ha corna più o meno molteplici e ramificate!

Chiedo scusa a tutti per la battutaccia veramente ignobile, mi é scappata.

A mio avviso si crea un unicorno per via del fatto che Dio è morto, e la Tecnica inaridisce sempre di più il percetto, gli oggetti reali.
L'oggetto che non è più sacro, diviene oggetto reale: la mia previsione è che si va verso una scienza, e quindi una umanità il cui pensiero sarà monista.
E' per questo che negando gli unicorni delle persone, li vedo per quel che sono: gretti materialisti.(vabbè mi son fatto prendere dalla foga, ho messo tutti voi nel calderone, scusate) : O si torna al trascendente o si cade nel materialismo.
(necessità della metafisica).
CitazioneDi fatto mi pare di poter concordare che le cose stanno così in misura largamente e crescentemente preponderante nell' attuale mondo per lo meno occidentale.



Citazione

Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Il che mi ha lasciato piuttosto perplesso, perchè mi stavo convincendo che tu usassi la critica linguistica per indicare in complesso il problema dell'agire del soggetto, dell'agire cioè, e non  del soggetto (o oggetto) in sè.
Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
E' vero che rimane a tutt'oggi aperto lo "statuto" sull'oggetto, osso su cui gli analitici competono per chi lo azzannna meglio: non ha soluzione, come lo stesso Kant ha ampiamente dimostrato.

CitazioneNon ha soluzione razionale pura, ma per Kant ne ha una razionale pratica (teistica, mi sembra, in sostanziale accordo con te).
#2121
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
07 Gennaio 2018, 12:22:09 PM
Citazione di: Socrate78 il 30 Dicembre 2017, 19:36:54 PM
@Angelo Cannata: Io ti chiedo però: l'etica e la razionalità morale è qualcosa che nasce da motivi idealistici o egoistici? Io propendo per la seconda ipotesi, mi riconosco in molte opinioni espresse da Nietzsche (il mio filosofo preferito) in merito all'origine egoistica della morale, come si legge nel testo "Umano troppo umano", quando dice: "Dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ahi troppo umane...". Infatti l'atteggiamento individualista ed egoista viene condannato in nome dell'egoismo stesso, l'uomo elabora una serie di valori per influenzare il comportamento del singolo ed asservirlo alle esigenze dell'Ego o di gruppi sociali che intendono dominare la società: in questo senso il "buono" è colui che si presta ad essere un mezzo per le esigenze degli altri o di gruppi sociali, anche a scapito dei suoi interessi. Ora, onestamente, non ti suscita un senso di ribellione interna e di rifiuto questa cosa? Sostanzialmente è come voler manipolare il singolo per asservirlo al sistema, limitandolo nelle possibilità di ottenere vantaggi, benefici, in nome della tranquillità, della sicurezza altrui, ecc.
CitazioneQuesto significa confondere "felicità" con "egoismo" e infelicità" con "altruismo": concetti completamente diversi (e a mio modesto parere sintomatici di egoismo)!

Felici, appagati, contenti si può essere tanto se si é egoisti quanto se si é altruisti e infelici, scontenti inappagati si può essere tanto se si é altruisti quanto se  si é egoisti.
Perché essere felici, appagati, contenti significa ottenere ciò che si desidera, mentre essere infelici, scontenti, inappagati significa non ottenere ciò che si desidera del tutto indipendentemente da che cosa sia o non sia l' oggetto del desiderio positivo o negativo stesso (che sia il bene proprio a spese di quello altrui o il bene altrui a spese del proprio o una qualche delle infinite "vie di mezzo" fra questi estremi).

Dunque chi é più o meno altruista. generoso e magnanimo é felice, appagato e contento nel fare in maggiore o minor misura il bene degli altri e infelice nel non riuscire a farlo, chi é più o meno egoista, gretto e meschino é felice, appagato e contento nel fare in maggiore o minor misura il bene proprio a scapito degli altri e infelice nel non riuscire a farlo.
#2122
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 11:54:10 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 21:08:55 PM
Forse è bene precisare che il mio "dovresti vergognarti" non contiene nulla di personale, né di pratico, né di esperienza umana. È solo ed esclusivamente una critica filosofica, così come è una critica filosofica quella che ho fatto nei confronti dell'umiltà.
CitazioneSì, certo, in base al tuo personale principio infondato e preteso assoluto e indiscutibile (ma falso) per il quale chi come te nega qualsiasi differenza fra conoscenza vera e opinione falsa  ha sempre ragione, rispetta sempre gli altri, mentre chi dissente da voi ha sempre torto ed é sempre intollerante a priori (indipendentemente da quanto effettivamente si sostiene)!



Per me resti sempre una persona correttissima, rispettabilissima, onesta.
Ma penso che le nostre rispettabilità non debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico, concetti come umiltà, vergogna o che altro sia.
CitazioneSi, certo!
...Mentre invece chi dissente da te e sostiene che verità e falsità sono concetti e realtà ben diversi e da non confondere pensa sempre necessariamente che le rispettive rispettabilità debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico le proprie opinioni da parte degli altri.



#2123
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
07 Gennaio 2018, 11:42:53 AM
Confondendo "verità" con "realtà" e "fatto" con "relazione tra fatti" si cade in errore.

Peggio ancora, perché tendenzialmente foriero, in pratica, di intolleranza e mancato rispetto delle convinzioni altrui, oltre che del lancio indebito di infamanti e offensive accuse a chi dissente, é (persistere pervicacemente nel) confondere "certezza nelle proprie convinzioni" con "intolleranza delle convinzioni altrui" e "dubbio circa le proprie convinzioni" con "tolleranza delle convinzioni altrui".

La verità (circa la realtà; in toto o in parte; circa enti ed eventi reali o circa relazioni reali fra enti ed eventi reali), pur potendo essere un fatto (una relazione reale fra enti ed eventi reali) reale, cioé pur potendo "darsi realmente", non é la realtà stessa a cui si riferisce, ma invece una relazione fra uno o più predicati o giudizi circa la realtà e la realtà stessa a cui i predicati o giudizi stessi si riferiscono.

La verità é una caratteristica del pensiero condizionata dalla realtà (é una caratteristica -del pensiero- reale o meno dipendentemente da come é la realtà anche indipendentemente dal pensiero stesso, ciò anche nel caso il pensiero non fosse reale).

E credere nella verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere intolleranti verso le opinioni altrui ritenute false (anche se ovviamente, per definizione, si ritiene vi sia differenza o "reciproca specialità" e non "confusa indifferenza" fra le proprie opinioni ritenute vere e le altrui ritenute false).
Così come dubitare della verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., non esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere tolleranti verso le opinioni altrui della cui falsità si dubiti.

Si tratta di fatti e di concetti completamente diversi!
#2124
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
07 Gennaio 2018, 11:02:29 AM
Citazione di: Socrate78 il 30 Dicembre 2017, 12:45:14 PM
Il senso della vita è semplicemente VIVERE, cercando quindi di conservarsi in vita nel migliore dei modi, di cercare sempre il proprio utile mettendolo al primo posto: sacrifici, rinunce, privazioni, anche per gli altri, anche per la società, anche per astrazioni come la "giustizia" (giustizia per chi poi? Abbasso le utopie!) sono solo asservimenti, idee pericolose che limitano la libertà e conducono la persona a fare sovente il proprio male. L'etica del sacrificio secondo me è un errore, la ragione mi porta a stabilire ciò che mi conviene e se per un ideale io devo mettere a rischio la mia stessa vita o la mia incolumità significa che quell'idea è da rigettare come cattiva e pericolosa. Il senso della vita è quindi essere sostanzialmente egoisti e anzi abbattere i condizionamenti sociali, morali,ideologici di ogni tipo, in nome dell'affermazione libera dell'Io. In questo senso bene=vita e tutto ciò che conserva la vita, male=morte e tutto ciò che mette a repentaglio la vita e la danneggia, la depriva.
CitazioneIL MIO DISSENSO NON POTREBBE ESSERE PIU' TOTALE E ASSOLUTO ! ! !


Le persone fanno sovente il proprio male perché hanno aspirazioni (la soddisfazione delle quali é bene, felicità, gioia, piacere, ecc., l' insoddisfazione delle quali é male, infelicità, tristezza, dolore , ecc.) almeno in parte reciprocamente incompatibili (non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca!) e solitamente (salvo casi di estrema sfortuna oggettiva, purtroppo reali) agiscono irrazionalmente o in maniera non sufficientemente razionale: calcolando male ciò che é effettivamente, realsticamente possibile fare, i mezzi a ciò necessari (e i "prezzi da pagare" per ottenere i beni che si sceglie di perseguire), o addirittura agendo d' istinto e sventatamente, senza riflettere, senza soppesare adeguatamente i pro e i contro delle proprie azioni, abbagliati da beni immediati i quali potrebbero rivelarsi in teoria previamente, in seguito a una valutazione razionale adeguata e anche "a lungo termine", e inesorabilmente di fatto a posteriori si rivelano effimeri e comunque più o meno di gran lunga superati dagli "effetti collaterali negativi" non calcolati e non previsti che necessariamente, oggettivamente comportano).

Sacrifici, rinunce, privazioni, anche per gli altri, anche per la società, anche per aspirazioni come quella alla giustizia (giustizia per quanti più senzienti possibile. Viva i progetti scientificamente fondati di progresso e di giustizia sociale!) possono essere in linea teorica, di principio e spessissimo in linea pratica, di fatto sono dunque, a considerare correttamente, realisticamente le cose (se si assume un giusto, corretto atteggiamento verso la vita e le sue reali caratteristiche oggettive, guardando in faccia la realtà ed evitando insoddisfabili e utopistiche pretese "assolute" e incondizionate di felicità e benessere) beni per lo meno relativi (beni non in quanto fini in se stessi, ma in quanto mezzi necessari, inevitabili per conseguire condizioni di felicità e benessere maggiori, una vita complessivamente buona  ed evitare infelicità e malesseri maggiori, una vita complessivamente cattiva; e questo vale  individualmente e socialmente, a proposito dell' umanità presente e di quella realmente e comunque potenzialmente futura).

 L'etica del sacrificio secondo me è un il giusto, corretto approccio alla vita, foriero di felicità complessiva, la ragione mi porta a stabilire ciò che mi conviene e se per un ideale che sento sufficientemente forte, lottare per il qualere mi dà sufficiente soddisfazione io devo mettere a rischio la mia stessa vita o la mia incolumità significa che quell'idea è ottima e da perseguire ad ogni costo, anche a costo della vita:

L' autentica, reale beatitudine delle persone virtuose e magnanime (dei "santi") non sta in nessuna (insistente) "altra vita futura", come pretenderebbero le religioni, ma invece nella loro vita reale mentre é attualmente presente, anche nell' affrontare, se necessario, qualsiasi sacrificio, compreso, al limite, quello correntemente detto "estremo" o "supremo".
Perché, come ben sapevano gli antichi stoici (ma non solo; per esempio anche il cristiano Severino Boezio, che lo testimoniò con la sua gloriosa e felice morte),

"La virtù é premio a se stessa".

Il senso della vita è quindi essere sostanzialmente se stessi:
e dunque (fra l' altro) se si é magnanimi, altruisti, generosi (per dirlo alla maniera degli antichi stoici "virtuosi") lottare per abbattere i condizionamenti sociali, morali, ideologici di ogni tipo, in nome dell'affermazione libera della civiltà umana e del maggiore benessere possibile per il maggior numero possibile di umani e di senzienti (e solo se si é più o meno miserabilmente gretti e meschini -"viziosi"- perseguire il proprio vantaggio a scapito degli altri).


#2125
La mia esperienza é diversa.

Un po' tutte le città in cui ho abitato, innanzitutto Cremona, (dove sono nato e ho trascorso infanzia e adolescenza), poi Parma e Brescia (dove ho studiato) hanno lasciato in me ricordi bellissimi di persone, di cose, di esperienze vissute.
Nel rivedere certi luoghi di esse immancabilmente mi prende un' emozione piacevolissima, difficilmente descrivibile, una sorta di "tuffo al cuore".
Di quelle ove non ho abitato Bologna, coi suoi portici, con la presenza di Francesco Guccini ("cullati dai portici, cosce di mamma Bologna") che mi sembra di avvertire quasi ovunque quando mi capita di andarci, é certamente per me la più affascinante (anche se da anni il vate della mia generazione non vi abita più).
Vi abita uno dei tre o quattro "migliori amici" che ho avuto nei vari periodi della mia vita (nel caso suo abitavamo a Parma), come me molto "gucciniano", cioé tendenzialmente malinconico-nostalgico, coltivatore assiduo e piacevolmente rapito di meravigliosi ricordi del passato, sempre più dolcemente presenti che mai (per cercare di esprimere il concetto, per quanto possibile, con un ossimoro).
#2126
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
06 Gennaio 2018, 00:30:53 AM
Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM

al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata),


CitazioneSe sbaglio sono pronto a d ammetterlo candidamente, ma credo proprio che sia riuscito nel per me inimmaginabile miracolo di metterci tutti e tre d' accordo che ci stai attribuendo un' opinione falsa (per diversissimi motivi l' uno dall' altro)!


E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
CitazioneTi puoi ovviamente permettere di avere circa le mie convinzioni (e di quelle degli altri) qualsiasi opinione.
Ma allo stesso modo io mi posso permettere di avere l' opinione che ti stai sbagliando di grosso.

Infatti sono dualista circa i fenomeni e monista (neutro) circa il noumeno.
Riduzionista della vita alla materia non vivente, ma non della coscienza alla materia (vivente e dunque transitivamente non vivente), non affatto della mente al cervello o del pensiero alla materia.

E rivendico con fierezza la consapevolezza che non é dimostrabile che non si é cervelli nella vasca (come pure che non si é vittime di un cartesiano "genio maligno", che é poi la stessa cosa detta in altro modo, consono al XVII secolo anziché al XX, malgrado le illusioni in proposito dello stesso Cartesio).
#2127
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 19:59:55 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PM
C'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste.
CitazioneDi solito "quasi tutti" credono acriticamente che il cagnazzo esista come cosa in sé anche indipendentemente dall' essere percepita sensibilmente, coscientemente, fenomenicamente.

E sono solo alcuni filosofi (per primo, almeno in Occidente, Berkeley)  che ritengono esista come mera apparenza e non come cosa in sé.

Ed é chi, senza essere filosofo (invece di solito i filosofi che lo credono non si comportano così verso i loro colleghi da cui dissentono) crede che il cagnazzo esista come cosa in che solitamente ritiene pazzo il filosofo che, pur dandosela gambe non meno di lui, sa che invece nel caso del cagnazzo "esse est percipi".

Peraltro né Berkeley, né Hume, né Kant, né Schopenhauer, né Husserl, nè alcun altro filosofo consapevole della fenomenicità di qualsiasi cagnazzo con cui si potrebbe avere a che fare, che io sappia, ha mai preteso di limitare in alcun modo la libertà di chi dissentiva da lui, di impedirgli forzatamente di illudersi della realtà in sé del cagnazzo e di quant' altro!
E nemmeno i filosofi "realisti"!




Per Sariputra:

Sono nipote di un contadino (bracciante) e di una lavandaia per parte di padre e di un geometra e di una sarta per parte di madre (genitori entrambi professori di scuola media), e ne sono fiero.

Ma avendo avuto in sorte di studiare e di frequentare filosofi (anche e forse soprattutto "naif" o "della strada"), trovo molto importante e interessante sapere che del cagnazzo dal quale fuggo a gambe levate non meno da come vi sarebbero fuggiti i miei avi l' "esse es percipi".



È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà.
CitazionePer favore non confondiamo la filosofia occidentale con l' imperialismo occidentale ! ! !

(A parte questo, in proposito con Marx continuo a credere che  proletariato, se non "il vero erede della filosofia classica tedesca" sia il vero erede della miglior filosofia occidentale e non solo.

#2128
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
05 Gennaio 2018, 19:30:54 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM

Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza: la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
CitazioneSe "senza (bisogno di) fondamenti" significa, come mi par di capire, "senza (bisogno di) dimostrare (razionalmente) la verità di ciò in cui si crede (o comunque si agisce come se ci si credesse)", sono d' accordo: può benissimo capitare di fare scienza (e altro) per "puro culo" (per caso).
Ma a noi filosofi, insindacabilmente da parte di chichessia, piace cercare di criticare razionalmente qualsiasi conoscenza, anche quella scientifica, onde cercare di arrivare ad averne una conoscenza non puramente casuale e dunque degna di dubbio ma invece razionalmente fondata e dunque dimostrata con certezza essere vera; oppure, in alternativa, di giungere eventualmente alla consapevolezza dell' impossibilità di fondare la conoscenza scientifica e dunque del fatto che essa può forse essere vera ma forse no, che non lo é con certezza, che é inevitabilmente degna di dubbio (come a mio modesto parere fece insuperabilmente il grandissimo David Hume; ma sono ovviamente pronto ad accogliere eventuali superamenti, se mi venissero proposti); e in questo caso stabilire (conoscere) a quali condizioni indimostrabili essa sia (= sarebbe con certezza) vera. 

Ma "la vita di tutti i giorni ci mostra" che significa?
(Non credo significhi che ce lo dimostra, poiché per fare questo "la vita di tutti i giorni, spontaneamente"  dovrebbe essere più saldamente fondata della scienza, e questo mi sembra poco o punto plausibile).
E se non significa che ce lo dimostra, allora perché mai dovrei crederlo?
Si tratta solo di un gratuito pregiudizio infondato. Potrebbe tanto essere vero "per puro culo", quanto falso "per pura sfiga".
In alternativa resto in attesa di fondamento di questa verità, ovvero di dimostrazione (razionale).

Lo scopo dell' epistemologia (una branca della filosofia) é appunto per definizione (e se non non se ne é interessati si é liberissimi di dedicarsi ad altro, per esempio alla spiritualità) quello di individuare, criticare razionalmente, cercare di dimostrare essere veri i fondamenti della scienza, dimostrarli veri se ci si riesce, eventualmente di dimostrare che é impossibile dimostrarli veri e così raggiungere la consapevolezza (la conoscenza; per la cronaca: filosofica, non scientifica) della infondabilità razionale della conoscenza scientifica stessa.



Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
CitazioneForse ti sfugge che la filosofia, dati i suoi interessi di ricerca e contrariamente alla scienza, non ambisce a conoscenze intersoggettivamente indiscutibili nel senso di "non falsificate da tutte le osservazioni sperimentali disponibili": Nietzche ed Heidegger sono filosofi per me personalmente pessimi (e fra l' altro, per quel poco che ne so, non credo che almeno Nietzche accetterebbe di essere considerato un filosofo "metafisico" e per giunta "eccessivamente").
Ma sono comunque pur sempre filosofi.

I mali dell' occidente (e non solo) derivano per me non certo da eccesso di metafisica ma dal fatto di non riuscire a liberarsi dai rapporti di produzione capitalistici oggettivamente oltremodo superati, e dunque forieri di gravissima decadenza civile e morale; e per superarli di fatto c' è bisogno a mio parere, fra l' altro, di più, e non affatto di meno, filosofia razionalistica (ma questo é un' altro discorso, che fra l' altro probabilmente ci porterebbe ampiamente fuori tema).


A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
CitazioneQuest' ultima affermazione é tutta da dimostrare.

Mentre quella che Cartesio "ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso" semplicemente é palesemente falsa: si é sempre ricordato benissimo che il soggetto dei suoi pensieri e delle sue sensazioni era sempre lui stesso e che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente (il che, al di là delle mie forti divergenze in proposito, non significa inevitabilmente che non potesse darsi in linea teorica -ammesse e non concesse alcune tesi da cui dissenso- che fossero vere).

Se ci poniamo in una prospettiva pratica, possiamo fare e dire tutto quello che vogliamo, nel senso che non saremo esposti alle critiche a cui è soggetta la metafisica. Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta. Ma fin quando sappiamo guardarci da questo rischio, la vita va benissimo, tranquillamente. Il problema è che il messaggio con cui è partita questa discussione, riguardo a forme, anima, spirito, mente, non si presenta come discorso pratico, quindi modesto, umile, ma come costruzione teoretica in grado di avanzare precisione, certezza, sicurezza, realtà di fatto, oltre i limiti consentiti dal pratico, oltre i limiti del dubitabile.
CitazioneA noi filosofi (a nostro insindacabile giudizio) interessano relativamente le "prospettive pratiche"; ci interessano, in quanto filosofi, soprattutto le "prospettive teoriche".

Il che non ci impedisce di vivere in pratica più o meno bene a seconda dei casi la vita di tutti i giorni" nella piena consapevolezza di "essere nel pratico" malgrado eventuali pretese o reali "assolutezze di tipo filosofico" (?), non meno che te con la tua idiosincrasia per la metafisica e la filosofia in generale.

"che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta" é precisamente una certezza (oltre che di fatto falsa, almeno in moltissimi casi, cioé nel caso di moltissimi filosofi) dalla portata che tu indebitamente tenderesti a chiamare "metafisica", ma ci semplicemente é "più certezza di quanto (o meglio: della nessuna certezza che) consenta una teoria che sia razionalmente fondata (la potrà forse consentire un traballante, infondato, rozzo "atteggiamento pratico antifilosofico"). 

Ma dove starebbe mai scritto che i "discorsi filosofici dovrebbero sempre per forza aprioristicamente essere dogmatici e intolleranti del dubbio e della critica ? ? ?

La filosofia reale é ben altro ! ! !

Questa é una volgare, falsa, offensiva deformazione caricaturale della filosofia ! ! !
#2129
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
04 Gennaio 2018, 22:06:40 PM
Citazione di: davintro il 02 Gennaio 2018, 18:37:29 PM
CitazioneL'anima sarebbe la forma degli esseri viventi, cioè ciò che attribuisce all'ente come essenziale la qualifica di ente vitale. Intesi così questi concetti assumono una valenza razionale, in quanto le forme non sarebbero entità del tutto separate e trascendenti, dunque impossibilitate a vedersi riconosciute nella loro efficacia causale di esplicazione degli aspetti della realtà, proprio in quanto l'anima non trascende la materia vivente ma ne è la forma, la sua presenza è razionalmente riconoscibile, perché rende ragione della differenza qualitativa fra ente vivente e non vivente, differenza che resterebbe inavvertita restando nell'ottica di un materialismo che invece riduce il tutto alla "materia", cioè all'aspetto di potenzialità indeterminata, per la quale la materia vivente dovrebbe presentarsi identica a quella vivente, a quel modo d'essere presentante un principio interiore che la porta a svilupparsi alla luce di un determinato senso, l'anima appunto. 


In realtà la scienza moderna dimostra  a mio avviso la "perfetta" riduzione della materia vivente alla materia in generale: nella materia vivente non c' é alcun "ingrediente vitalistico" che ecceda "le entità materiali in generale" (molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) e le leggi fisiche (naturali in generale); semplicemente la materia vivente non é altro che la "materia in generale" così come diviene diviene seconde le leggi generale del divenire materiale (fisiche) in determinate condizioni particolari-concrete (appunto quelle della vita).

#2130
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
29 Dicembre 2017, 22:04:23 PM
Ritengo che esistano definizioni di scienza e di filosofia largamente condivise dagli addetti ai lavori e non solo; dunque ragionevolmente soddisfacenti (anche se non vedo limiti a priori al perfezionamento della conoscenza; e anche se nessuna definizione é incorreggibile e non migliorabile in assoluto).

Anche l' astrologia (per citare solo la prima delle superstizioni e degli irrazionalismi che mi viene in mente; intendo l' astrologia odierna, non le ricerche degli antichi Egizi e Babilonesi) "è un insieme di regole che cercano di spiegare, e di conseguenza prevedere, il maggior numero possibile di eventi".
Eppure non mi sembra proprio che la si possa considerare scienza.

Lo spiritismo, come l' astrologia, non riesce a prevedere un bel niente (se non per "puro culo", del tutto casualmente; ma la scienza -fra l' altro- cerca -anche- di prevedere razionalmente eventi, in seguito all' applicazione diligente, corretto di determinate regole oggettivamente o almeno intersoggettivamente valide, "veraci", e non "per puro culo", del tutto casualmente).

"Alcuna pretesa di riuscire a spiegare tutto" non l' ha non solo la scienza (correttamente intesa), ma anche moltissime filosofie, anche metafisiche; casomai ce l' hanno certe religioni; e certuni affetti da mania di onnipotenza (o almeno di onniscienza).

Non conosco metafisiche non religiose che abbiano la pretesa di spiegare tutto.
Mentre conosco non pochi scienziati che vanno per la maggiore i quali hanno la pretesa di cercare e di trovare prima o poi (loro o altri scienziati dopo di loro, nel caso dei relativamente più realisti o meno megalomani) la spiegazione di tutto ( la spiegazione del tutto la chiamano letteralmente "teoria del tutto").

La metafisica (qualsiasi metafisica, delle tante che sono state e sono proposte) non può limitarsi all' esperienza per definizione: metafisica = (studio di) ciò che sta oltre la fisica, cioè oltre (lo studio di) ciò che é constatabile empiricamente.

L' astrazione, il riconoscimento del generale si fonda empiricamente sull' osservazione empirica dei fatti particolari concreti e sulla distinzione fra ciò che nelle osservazioni empiriche concrete é particolare (proprio individualmente di ciascuna osservazione concreta) e ciò che è comune a più osservazioni particolari concrete.
Invece l' induzione é un procedimento raziocinativo, di cui le scienze fanno largo uso, la verità del quale David Hume (per me il filosofo sommo) ci ha fatto notare essere indimostrabile né empiricamente provabile, del quale si può essere certi unicamente per fede irrazionalmente fondata (e rendersene conto é per me una grandissima conquista di sapere filosofico; riguardante fra l' altro i limiti della conoscenza scientifica).

"Dall'osservazione di quel poco di esperienza che la nostra natura umana ci consente" "decide di poter ricavare regole talmente vaste da poter abbracciare tutto" é ciò che pretendono molti scienziati che vanno per la maggiore, "in buona compagnia" -si fa per dire!- con molte religioni, e non invece con alcuna metafisica non religiosa.

Il principio di non contraddizione é una regola logica della quale solo alcune filosofie metafisiche (come quella di Parmenide e di Severino) pretendono, a mio parere del tutto a torto, di fare un principio ontologico (fisico e metafisico); ma non per questo, almeno a quanto mi risulta, pretendono di conoscere o di spiegare tutto (contrariamente a non pochi scienziati che vanno per la maggiore).
Esso non riesce a spiegare nessun evento (reale), riesce solo a smascherare eventuali paralogismi; e infatti la scienza (le scienze naturali; un po' diverso é il discorso relativo a logica e matematica pure) se ne serve solo a questo scopo (spesso di fatto senza nemmeno esserne esplicitamente consapevole), e non affatto per spiegare alcun evento (per fare questo impiega invece osservazioni empiriche e ipotesi teoriche, da sottoporre al vaglio delle osservazioni empiriche).

L' affermazione "La metafisica invece non ammette che possano esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesca a spiegare" non credo sia riferibile nemmeno alle ontologie di Parmenide e di Severino (sicuramente non a tantissime altre!).

Per Apeiron:
Sei fin troppo corretto e degno di ammirazione (oltre per le ottime considerazioni del tuo ultimo intervento e non solol, anche) per il tuo esplicitamente autocriticarti anche quando non ce n' é alcun bisogno!
Buon anno a tutti anche da parte mia!


P.S.: Sarò via per una settimana. Ci risentiamo verso l' Epifania (..."a Dio piacendo", come soleva dire una mia vecchia e brava insegnante di matematica del liceo).