Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AM
l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante.
la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi
Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come
"una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro"
é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente.
Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.