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Messaggi - paul11

#2131
ciao Bataah
bentrovato .

C'è una regola in politica: tanto più ci sono leggi e tanto più quel popolo non sa autoregolarsi e aggiungo io, tanto più sono ferragginose e tanto più ci sono avvocati.
Sì, è vero anche quello che scrivi; per salvaguardarci da chi abusa il potere si costruiscono iter burocratici.E' finita che l'onesto cittadino è soffocato, e chi abusa.....lo fa di più.Questo dovrebbe farci riflettere se le leggi possono correggere un popolo.
Il diritto positivo anglosassone declamava che le legislazioni costruivano un popolo, lo indirizzavano.
Oggi ci stiamo chiedendo se i valori sono ancora sacralità laiche su cui poggiano ancora le istituzioni,
In cuor mio qualcosa mi fa credere ancora di sì, forse più per rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto e ci hanno creduto.
Noi oggi abbiamo dei diritti: tutti possono accedere agli studi,alla sanità, alla previdenza sociale.
Noi oggi diamo per scontato ciò che chi ci ha preceduto ha dovuto conquistarlo come diritto.
Io credo ancora fortemente nello stato di diritto.

Un saluto
#2132
Da tempo penso che sostanzialmente ciò che viene problematizzato alla fine è l'ESISTENZA che con essa ha dentro tutti gli elementi che ne derivano, esperienza, conoscenza, pensieri sensibili, immaginari ; eterno, divenire,, linguaggio formale ,ecc.
Per questo sospetto che da Nietzsche, passando per Kierkiegaard ,Schopenauer e arrivando ad Heidegger e la fenomenologia, rimangono ancor oggi l'ultimo punto di riferimento della filosofia. 
Ogni pensatore poi decide la sua costruzione teorica e pratica.

Ciò che intendeva fare Kant era una costruzione filosofica che fosse però scientifica, ecco perchè si ferma al "noumeno", perchè  lì dentro ci sono gli indimostrabili e se vuole rimanere "scentifico" non può far trascendere i concetti e allora si arresta.
Hegel invece prosegue il "viaggio" conoscitivo perchè non accetta la scienza sperimentale dell'osservazione del solo "fisico" è proprio nettamente contrario, anzi ritiene che la  vera scienza sia la filosofia con i concetti dentro il noumeno in cui Kant si è arrestato. Allora  si trovano nei suoi scritti il concreto e l'astratto la coscienza e l'autocoscienza, la legge del cuore, ecc. Non li definisce questi concetti ,non si preoccupa di una loro costruzione ontologica, semplicemente li bypassa come tautologie,.Come dire che se la scienza fisica  li ritiene indimostrabili ,altrettanto non li può negare come esistenza perchè li "viviamo" come l i vive lo stesso  scienziato che li nega come indimostrabili.
E ritengo che proprio questo sia il punto di equilibrio della nostra cultura. Esistono i concetti del noumeno, tutti lo sappiamo, ma scientificamente non sono fenomenologicamente osservabili, quantificabili gestibili in leggi fisiche attuali.
Vale a dire sono tautologie, lo sappiamo perchè li viviamo  ma non assiomatizzabili dentro una logica.

L'altra grande problematica è proprio fra il trascendete e il pragmatico di quel noumeno.
Questa problematica infatti è dentro lo scontro fra Husserl ed Heidegger nell'interpretazione fenomenologica dell'esistenza.
Ed è vero come dice Maral, la spiritualità, ma lo allargherei alla cultura, orientale è più pragmatica che trascendetnale , vale a dire la rendono pratica vivendola. La medicina orientale  le pratiche yoga,respiratorie e di concentrazione hanno paradigmi "invisibili" come il prana, ma che sono dentro il mondo fisico compreso il corpo umano, quindi lo praticano  con delle tecniche non lo trascendono, vale a dire non lo separano dal corpo fisico in quanto energia . Anche per questo motivo la cultura orientale arriva in Occidente e la influisce nel pensiero.
#2133
Non l'ho scritto io ciò che hai evidenziato, ma comunque lo sottoscrivo.

Il tipo di forma elettorale è una cosa diversa del tipo di forma di rappresentanza.
A suo tempo ,mi riferisco  a ormai vent'anni fa, seguiì e studiai dei testi di studiosi del settore ,come ad esempio Sartori.

Personalmente ritengo, e lo scriveva già J.J.Rousseau nel "Contratto sociale" che le forme devono adeguarsi alla sostanza del popolo.

Che detto in termini attuali significa che se il popolo non pratica democrazia e civiltà, le forme di potere devono essere bilanciate, affinchè non vi siano derive.
Non avremo più dittature come il fascismo,,,semplicemente ,come le guerre mondiali, non ce n'è bisogno,si ottengono comunque gli stessi risultati,facendo credere che Renzi è diverso da Berlusconi: sono in disuso da tempo le vecchie categorie della politica e le economie hanno piallato le democrazie in una dittatura senza volto oppure in volti intercambiabili che sostanzialmente dicono, ma soprattutto fanno le identiche cose.
#2134
...se lo statuto ontologico lo portasse l'IO come coscienza ,ha necessità di relazionrare con il mondo esterno e con la comunità di altre persone e anche relazionare se stesso, vale a dire come consapevolezza di sè come autocoscienza.

Sgiombo, se ho capito bene, ha ragione nel sistema di relazione fra l'Io e il mondo percepito.
Deve necessariamente formalizzarsi un linguaggio che in qualche modo parametrizzi la realtà se vuole renderla conoscenza per sè e comunicare con gli altri della comunità, diversamente le soggettivazioni di tutti non formulano una conoscenza "esterna" del mondo, ma addirittura il visionario immaginativo e l'osservativo del reale non sarebbero possibili discriminarli. Vale a dire che senza una logica formale che tenta di togliere la soggettività sarebbe impossibile verificare la verità o falsità di una predicazione o proposizione. E quella veridicità nel mondo reale a sua volta garantisce l'agente conoscitivo con una sua coscienza.

Il paradosso, se si può  dire, dell'ontologia sulla coscienza è l'impossibilità a relazionarla "oggettivamente", nessuno può dire della nostra soggettività come coscienza, può solo fermarsi alla descrizione  ancora una volta esteriore dei comportamenti, atteggiamenti nostri iin funzione ancora una volta di una convenzione sociale.

In altri termini, i sistemi formali, descrivono e formalizzano il fenomeno fisico e il comportamento umano non come dati ontologici ,ma come espressione fenomenica.
Tant' è che noi potremmo essere con un "cervello in una vasca" o in una Matrix senza potercene accorgere, perchè le nostre verità o falsità descrittive sono dal di dentro del sistema, quindi noi descriviamo ciò che il fenomenico reitera como conoscenza scientifica in leggi, ma non siamo in grado di poter andare oltre lo statuto ontologico della coscienza descrivendola fattualmente, ma solo come presenza esperienziale e origine del movimento del conoscere.
#2135
Personalmente ritengo che storicamente l'orientale è legato più a come il pensiero ha pensato il reale, noi occidentali ci siamo invece approcciati alla realtà fisica mettendo in dubbio i nostri pensieri: per noi il focus è la realtà fisica poichè e descrivibile e logicamente falsa o vera e scientificamente dimostrabile nelle sue reiterazioni fenomeniche.
Quindi per noi il razionale e vero equivale al mondo là fuori, per l'orientale il vero equivale al suo pensiero ed è falsa la realtà.
E di nuovo ritorna la filosofia del reale metafisico greco  contro il reale sperimentale della scienza moderna , il mondo del deduttivo contro l'induttivo.
#2136
Per quanto mi riguarda va abbastanza bene ciò che scrivi Loris B., ma farei più attenzione, questo è il mio parere,  a definire la coscienza in rapporto al cervello, così come la dinamica fra oggettività e soggettività.
Il problema è che sono interfacce, Intendo dire che la realtà percettiva che arriva attraverso i sensi non è mai oggettiva, è già mediazione con la soggettività nel momento in cui entra nei data base degli archivi, cioè nelle memorie fisiche del cervello, che sono anche emotive come l'amigdala da cui passa il nervo ottico
Per questo sostengo che è impossibile dire oggettività come se fosse un compartimento stagno dalla soggettività, o cervello umano  separarlo nettamente dalla coscienza.La coscienza ha impulsi che partono da se stessa a prescindere dal mondo esterno, è già predisposta dalla nascita a recepire e rappresentare il mondo "esterno" e la mediazione con il proprio IO.
Il nostro IO può anche tradirci ,nel senso che può deformare il reale inteso come mondo esterno, può costruire in noi una "credenza" su cui la nostra esperienza di vissuto ha instaurato delle sicurezze cognitive.

Per ora mi fermerei quì....
#2137
Dipende da cosa si intende per coscienza, come la si vuole definire.
E' la mente e quindi è  assimilabile alla semplice  ragione?
E' mente, ma anche intesa  psiche e quindi è ciò che spesso si definisce razionale+ irrazionale?
E' mente+psiche+spirito? Allora è qualcosa che potrebbe appartenere ad un dualismo materia + spirito.

Personalmente ritengo che lo spirito non appartenga all'universo "fisico".

Ma la coscienza intesa come mente e psiche vi appartengano come energia/materia all'universo e forse alla stessa energia fisica, ma non ancora scoperta. In quanto se la vita, come la coscienza emergono dal mondo naturale, ma non come materia, vale adire c'è necessità di un cervello affinchè vi sia coscienza e di una complessità organica funzionale affinchè emerga la vita.
La mente comunque è impossibile che sia esclusivamente ragione, la mente non è solo calcolo meccanico, ha qualità e requisiti anche intuitivi, capacità di andare oltre il calcolo e di relazionare domini diversi(es. il reale e l'immaginario").
Rispondendo all' ultima domanda, la logica intesa come formalizzazione di un linguaggio non può essere soggettivabile, perderebbe la comunicazione convenzionale e sarebbe incapace di dare giudizi di verità e falsità. quindi descrive e relaziona la materia.Ma la logica in sè e per sè non è ontologia , è uno strumento epistemico.
Il problema rimane sempre come si costruiscono le gerarchie  le relazioni fra ontologia, epistemologia e fenomenologia
#2138
La Teoria dell'evoluzione è stata una guerra ideologica nella modernità per determinare il potere culturale.
La scienza e gli scienziati sono stati strumentalizzati ai fini di determinare il potere culturale..
Se la scienza è FATTI DIMOSTRATI  secondo una metodica sperimentale, non può contraddittoriamente fingere che le ipotesi siano tesi e arrivare addirittura a costruire una Teoria sul principio di casualità per nascondere le difficoltà a relazionare i fatti sperimentale osservativi che emergono dalla macroevoluzione, microevoluzione e biologia molecolare.
Adatto che ci sono seri scienziati che studiano nei vari campi, come al solito c'è una cultura dominate che vuol fare della scienza una filosofia fino a farla diventare una cosmologia moderna per vincere la teologia che fino al Medioevo deteneva quel potere culturale.

Non voglio dare quì giudizi di valore, se sia giusto  o no , ma vorrei sottolineare che questa guerra è stata fondamentale per determinare le giustificazioni e plausibilità dentro le teorie pratiche dell' economia, del diritto e della politica, cioè in tutte le prassi umane, in cui vige il principio edonistico e la morale diventa utilitarismo opportunistico.

Tecnicamente il primo post di Donaduck ha già messo in evidenza delle difficoltà teoriche in una postulazione scientifica che possa ricomprendere tesi osservative ,fatti sperimentali e dimostrali, se la scienza vuol essere scienza e non qualcos'altro.
A solo titolo di esempio la prima cellula avrebbe dovuto già avere, pena la sua sopravvivenza, una membrana con principio osmotico per interscambi dei nutrienti e protezione dell'ambiente, un meccanismo interno, un motore energetico come l'ATP, l'adenosina trifosfato per il metabolismo cellulare, e una forma riproduttiva già in essere, diversamente quella cellula sarebbe morta senza dare continuità. Avrei altri esempi sui "salti", mutazioni e quant'altro.
Ma ciò che vorrei mettere in luce è che se il tecnobiologo può ergersi al di sopra del filosofo nella nostra contemporaneità, quel "mandato" gli viene da un potere culturale acquistio da circa tre secoli ,in cui la stessa filosofia si divise in maniera interlocutoria, determinando l'attuale stato di supina osservanza verso la scienza che ha ovviamente sconfinato la sua forma di conoscenza sperimentale
#2139
Citazione di: maral il 30 Aprile 2016, 21:41:10 PMTemo che di fatto lo siano o che quanto meno riducano sensibilmente la democrazia nel paese realizzando un quadro di gestione politica sempre più nelle mani di un esecutivo che può essere eletto grazie a esorbitanti premi elettorali da minoranze di votanti e quindi per nulla rappresentativo. Che poi questo, oggi, alla maggioranza degli Italiani, interessi poco o nulla, propensi come siamo sempre stati a desiderare l'uomo forte di mascolina mascella, quello del "ghe penso mi" a cui accodarsi con speranze di piccola o grande remunerazione privata e su cui scaricare ogni responsabilità al prima o poi inevitabile fallimento è altrettanto vero. L'abolizione delle vecchie competenze legislative del senato non ha inoltre per nulla abolito la doppia cameralità e non si capisce a quale scopo essa continui a sussistere, senza comportare di fatto se non infinitesimi recuperi economici e ben poche semplificazioni burocratiche, anzi l'iter legislativo appare reso ancor più complicato da questo pseudo senato. O forse lo scopo c'è, quello di estendere il salvacondotto immunitario a una delle classi più corrotte della politica italiana (già tra le più corrotte d'Europa), quella del tutto fallimentare delle amministrazioni regionali.

E' purtroppo una considerazione seria quella dell'italiano che preferisce delegare i prorpi problemi agli altri ed è per questo che il job act e la riforma Fornero che per me sono anticostituzionali, e minano  lo stato di diritto, sono passati senza colpo ferire, mentre in Francia dove c'è un'altro tipo di cultura (sui valori hanno costruito una rivoluzione) c'è una netta presa di posizione sociale della popolazione contraria e lo manifestano.

Facciamo un passo indietro nella storia e non di tantissimo.
I tre Paesi usciti sconfitti dalla Seconda Guerra Mondiale sono: Germania, Giappone Italia.
Erano Paesi dittatoriali e dovevano per forza sceglier una via Costituzionale.Dubito che il referendum italino fra monarchia ae repubblica non fosse scontato perchè il denaro dato dagli USA in primis è ovviamente un "patto"(uso questo termine eufemisticamente): il famoso piano Marshall.
I meccanismi governativi del sistema repubblicano dentro gli articoli costituzionali dovevano bloccare possibili derive dittatoriali .L'italia dopo il fascismo aveva il più forte partito occidentale comunista filo URSS.
Insomma il bicameralismo doveva garantire che il potere legislativo fosse bilanciato e il sistema elettorale proporzionale che non ci fosse un solo partito al governo, ma costringeva o a coalizioni, o a governi di larghe intese.
Se vedrete i sitemi tedesco e giapponese, usciti dal dopoguerra sono simili nell'equilibrio dei poteri, perchè oltre alla formazione dle governo e ad un ferruginoso sistema legislativo dovevano essere in equlibrio anche il potere giudiziaio, oltre che legislativo ed esecutivo.

La domanda implicita che quindi pone Maral direi che è :abbiamo superato la cultura della delega e del cercare l"uomo forte"? Io dico di no. Non siamo ancora maturi nemmeno ad una democrazia seria rappresentativa perchè avremmo dovuto indignarci  contro la corruzione ,  contro leggi liberticide, antiegualitarie e anti giustizia sociale,sentendola come una conquista nostra questa repubblica democratica, prima che dilagasse in una usanza a tutti i livelli di rappresentanza amministrativa dello Stato.Oggi è un'impunità,che è oltre la formale immunità, che offende l'onestà del comune cittadino.

Quando decade una forma di repubblica e il popolo si abitua alla decadenza, regna la rassegnazione che ha preso posto all'indignazione di un popolo senza dignità, pensando nel solito individualismo italiano che le cose possano risolversi da soli che nella pratica significa diventare ulteriormente servili, ed ecco il servo e il dittatore e la fine del cittadino dello stato di diritto.
#2140
Attualità / Re:Migranti
30 Aprile 2016, 23:32:38 PM
Ricreare le condizioni affinchè non vi sia migrazione, vale a dire mettere in sicurezza geopoliticamente i luoghi di origine e creare, non a parole la cooperazione internazionale economica.

Non vengono gestiti, è "manovalanza" da sfruttare capitalisticamente e creando pressione al ribasso sui salari e stipendi degli indigeni europei, perchè cresce l'offerta internazionalmente e in più con la migrazione anche localmente, crea malumore, ma non razzismo( è un termine più ideologico e più "forte).

Non c'è un confine nelle migrazioni, vengono saltati, se non fisicamente economicamente.

L'aiutare o meno e in quale entità è sempre una scelta politica di opportunismo utilitaristico sui voti;la guerra è sempre fra i poveri nelle migrazioni, Sono manovalanza peri capitalisti e per la delinquenza organizzata.

Ci sono sicuramente infiltrati integralisti fra coloro che migrano.

Ritengo che le guerre "classiche" siano superate, dai terrorismi, dalle crisi economiche geo politiche.
Oggi un Paese si esproria "dal di dentro" non vincendo con carri armati che premono sui confini.
Si vince portando in quel Paese capitali esteri che lo controllano e portandovi persone con migrazioni di altre culture.

L'ospitalità è sacra. Ma chi viene  a casa mia non fa quello che vuole o pretende dei diritti come se fosse della famiglia perchè la stessa cosa fa l'ospite quando a casa sua a sua volta ospita- L'integrazione avviene fra generazioni, i figli dei figli,ecc perchè saranno coetanei e vivranno gli stessi problemi con l'età, crescendo insieme.

Io ho visto con le valige di cartone venire dal Sud Italia e dalle alluvioni del Polesine arrivare i veneti, così come arrivavano iin città dalle campagne e dalle montagne.L'integrazione non è facile, perchè i dialetti, le proprie usanze, persino gli odori dei cibi che uscivano dalle abitazioni erano diversi. Ma poi ti trovi un compagno di banco a scuola e poi te lo trovi sul lavoro e capisci che lui è  come te: una persona umana prima di tutto e comincia a incuriosirti , alla fine diventerà un amico.

Noi siamo un popolo individualista, politicamente vocato al socialismo datato, ma non siamo di vocazione razzisti: ci salva un fondo di umanità irrazionale.
#2141
Tematiche Filosofiche / Re:Problema Irrazionalità
29 Aprile 2016, 13:03:36 PM
Dovresti spiegarti meglio, ...comunque ci provo.
Se riteniamo che la razionalità sia la ragione, tutto ciò che è parte della ragione compreso immaginazione, metafisica, sono razionali, l'importante è che abbiano significati, sensi e logiche sintattiche e semantiche, questo è il mio parere.
per me è un problema linuguistico, e non ascrivibile alla divisione fra il dominio fisico e naturale, da quello metafisico.
Persino la favola di'Esopo, o il racconto di un mito è razionale quindi.

Se ,come la penso io, la sola ragione non compie l'atto conoscitivo,ma vi è anche sentimento, psiche e spiritualità, entriamo di nuovo nella differenza fra razionale e irrazionale.
Ancora...... se il mio paradigma filosofico forse fondato sul principio di casualità e d'indeterminazione , muto in opposizione al metodo scientifico(anche se la quantistica, in effetti...), la modalità di formazione di sintassi e semantiche nel modello rappresentativo del mondo.

Ancora... la logica modale moderna ha inserito nelle sue formulazioni formali  modalità aletiche in cui la credenza si accompagna alla verità.

Se una persona parla una lingua straniera non comprensibile, a noi appare linguisticamente non decoodificabile, non leggibile dalla nostra mente E' irrazionale linguisticamente, non ci comunica senso e significati.
Noi comunichiamo se un traduttore o decodificatore traduce appunto quel linguaggio irrazionale senza perdere senso e significato di ciò che a noi è apparso irrazionale in un primo momento. La stessa cosa varrebbe noi per lui.
Due linguaggi non comunicano, e quindi il procedimento linguistico funziona se informa e comunica conoscenza.
Potrebbe essere la metafora fra domini diversi che non potrebbero comunicare.

L'uomo costruisce con la sua mente, matematica e logica che non sono ascrivibili a quel mondo fisco ,ma che sono però in grado di tradurre quel mondo fisico  in una rappresentazione e modello epistemologico ,vale a dire di conoscenza.

...e mi fermerei quì.
#2142
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'e' la Liberta'?
28 Aprile 2016, 18:23:15 PM
Citazione di: memento il 28 Aprile 2016, 14:50:37 PM
Citazione di: paul11 il 27 Aprile 2016, 10:23:15 AMLa libertà è una dinamica relazionale con i miei simili dentro le organizzazioni umane, e allora diventa un valore più o meno compatibile con uguaglianza e giustizia e si declina nella partecipazione democratica, nello spazio della decisione, del "contare" socialmente., il sentirmi parte ,ma nello stesso tempo identificato nella società, ma rispettosa della mia autenticità come individuo. E' uno spazio sociale. Se la libertà vuole essere reale deve sapere quali sono i vincoli naturali inalienabili e quali sono le condizioni che possono essere rimosse affinchè il proprio essere,la propria persona, possa essere (scusate il gioco di parole) autentica.
Risulterò impopolare,ma non credo che libertà e uguaglianza possano essere due valori compatibili. La libertà infatti esprime,nel suo significato più profondo,la volontà di essere diversi,l'autonomia del pensare e dell'agire,l'eccezione,la particolarità. In questo senso non riesco a pensare a un sistema politico meno libero di quello democratico,dove le decisioni vengono idealmente "commissionate" dalla massa di cittadini al voto.

Perchè impopolare?E' una delle grandi problematiche della filosofia morale e delle scienze politiche. Quindi hai ragione.
Diversi politoilogi li ritengono incompatibili, cioè   una società di liberi o uguali.La contrapposizione è stata USA liberi oppure
URSS uguali.
In realtà c'è un gioco di compensazione fra l'eccessivamente liberi o l'eccessivamente uguali, quindi perdere un poco di libertà, ad esempio per avere un poco di uguaglianza. Oppure sono i contesti che decidono per la libertà o per l'uguaglianza: si dice libero imprenditore, ma la giustizia è uguale per tutti ,così come la legge ovviamene è uguale per tutti, e libera è la stampa.
E quì siamo dentro il luogo del sociale che decide il bene e il male, il diritto e la legge e la giustizia; tutto ciò a sua volta deve essere mediato dalle istanze individuali .La dialettica è sempre fra "sistema" socio-politico "conformistico" in quanto conforme al dettame stoirco-sociale e gruppi sociali o individui che pongono nuove istanze., come le unioni gay che si battono per dei diritti.


Il problema è che la libertà, come tutti i valori morali, sono pratiche, quindi le teorie valgono fino ad un certo punto, propio perchè è nella vita quotidiana che le teorie incontrano le contraddizione delle prassi
#2143
Debord è un marxista radicale e utilizza Hegel in quanto la sociietà viene espressa e rappresentata come contraddittoria, in cui le persone umane  hanno vite non vere proprio perchè è la contraddiziione che viene presa per vera e lo spettacolo è l'emrgere del falso per vero. La descrizione sociologica è tipicamente marxista, in quanto l'organizzazione della produzione è il modello che viene replicato nell'organizzazione umana sociale,
Nella dialettica di Hegel l'astratto è la contraddizione e il concreto è il concetto vero dell'autocoscienza..
Tutto ciò che è separato è astratto e contraddittorio,:la divisione sociale del lavoro, i rapporti di produzione, la divisione  delle conoscenze, in Marx il concreto dell'astratto diventa l'autocoscienza della classe sfruttata che prende coscienza come lotta di classe.

In fondo potremmo dire seguendo le metafore di Debord che i centri commerciali diventano i santuari dello spettacolo capitalistico
#2144
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PMUna delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza. La complessità degli elaboratori è molto aumentata dai tempi delle riflessioni su questa tesi ma di coscienza non se ne vede affiorare neppure un'ombra. Un anno fa un primo software "Eugene Goostman" ha superato il test di Turing, sebbene in modo non cristallino. Poco tempo fa il campione del mondo di Go è stato superato da un programma. Quando venne superato Kasparov, il campione del mondo degli scacchi, si disse che la complessità del Go sarebbe stata ardua da raggiungere. Nessuno però è giustamente disposto a considerare queste segnali di un avvicinamento significativo verso una qualche forma di coscienza. Anche per il più radicale materialista il fenomeno della coscienza e dell'autocoscienza è collegato ad un incredibile numero di funzioni apparentemente semplici legate alla sensibilità e alla reazione dell'essere all'ambiente, queste funzioni sono lontane dall'essere implementate in un unico organismo sintetico in grado di coordinarne la relazione e l'uso. Voglio però provare ad affrontare questi temi da un punto di vista molto diverso, ricordando un principio che mi piacerebbe riuscire a dimostrare razionalmente contraddittorio, così per puro spirito di contraddizione, un po' per gioco e un po' come simpatica provocazione. :) Il principio è che "il tutto è più delle singole parti"! Ebbene si questo principio, sintesi del pensiero della Psicologia della Gestalt è in realtà il cuore della tesi forte dell'IA. Mi aiutate a dimostrare che è falso?

Dal punto di vista logico formale non ha senso: il risultato non sarebbe la somma, ma andrebbe oltre, quindi quel tutto non corrisponderebbe  ad un risultato.Quindi si potrebbe paradossalmente ancora scrivere" Il tutto è MENO  delle singole parti".

Se soprassediamo al formalismo, allora il tutto è più delle singole parte è un concetto olistico, e se il tutto fosse meno delle singole parti forse potremmo dire che un processo sincretico per sottrazione.
#2145
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'e' la Liberta'?
27 Aprile 2016, 10:23:15 AM
...interessanti considerazioni.

La libertà è uno spazio fisico e allora deve diventare un diritto reale. 

La libertà è uno spazio "spirituale", allora sottraggo i futili desideri scegliendo l'essere all'avere. per non essere schiavo di me stesso.E' uno spazio interiore.

La libertà è una dinamica relazionale con i miei simili dentro le organizzazioni umane, e allora diventa un valore più o meno compatibile  con uguaglianza e giustizia e si declina nella partecipazione democratica, nello spazio della decisione, del "contare" socialmente., il sentirmi parte ,ma nello stesso tempo identificato nella società, ma rispettosa della mia autenticità come individuo.
E' uno spazio sociale.

Se la libertà vuole essere reale deve sapere quali sono i vincoli naturali inalienabili e quali sono le condizioni che possono essere rimosse affinchè  il proprio  essere,la propria persona, possa  essere (scusate il gioco di parole) autentica.

E' una questione che diventa morale nel momento in cui diventa reale nei comportamenti verso la natura del mondo e verso i propri simili, ma nello stesso tempo dentro la propria identità autentica. E' una ricerca, una dinamica direi fondamentale ed ecco perchè la morale è impossibile eluderla filosoficamente, culturalmente, scientificamente.