Azzardo un'ipotesi totalmente infondata (non essendo affatto ferrato in materia): potrebbe essere che le tre correnti da te citate abbiano delineato tre istanze di "denuncia" che la (post)modernità ha poi saputo coniugare fra loro? Il guardare in faccia la realtà sociale senza filtrare i suoi problemi (realismo), valorizzando la ripercussione emotiva dell'esperienza (espressionismo), tramite un'arte non frivola né asetticamente accademica (dadaismo), è in fondo il modo in cui una certa arte contemporanea si propone di denunciare il (proprio) disagio, sociale ed esistenziale... quindi magari la genealogia del fare "arte di denuncia" attuale ha un legame saldo con gli spunti del secolo scorso, spunti che ha rielaborato, sintetizzato, forse radicalizzandoli... potresti, se ciò che scrivo ha senso, rintracciare in ogni corrente gli apporti peculiari che fungono da componente "riattualizzata" nel panorama odierno (al netto di cosa significhi oggi "fare arte"...).

).
) non ci aiutano a relazionarci con il nostro vicino di casa; sapere a memoria complesse equazioni di fisica, non aiuta a scegliere ed eleggere buoni governanti; la meccanica quantistica non risolve problematiche sociali o economiche... mi pare quindi sia più "spendibile" e "urgente" una forma di "spiritualità" (tutta da definire) pragmatica e relazionale, gravosa per il singolo, piuttosto che una "spiritualità" a lungo termine storicizzata come "evoluzione della specie" (in cui il singolo può giocare pure a dadi con la sua vita e con la sua ragione, poiché la sua specie non ne risentirà troppo...).
).