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Messaggi - green demetr

#2146
Il serpente per me non è quello che si mangia la coda!

Al contrario! Il serpente è quello della Pizia, quello del mio avatar, esso è l'originario! sepolto dall'apollineo.

Il serpente diventa per la grecia patriarcale, la cannibale di Troia, la maledetta della veggente.

Un simbolo di potere. Un potere voluto fortemente. Un potere che serpeggia in tutta la cultura greca, che si sposa con l'orfismo. Con le infinite significazioni, le nominazioni del più grande poeta mondiale, Rilke, i suoi sonetti ad Orfeo. Inarrivabili, forma suprema della resistenza di GEA.

E' Gea che parla tramite il potere tombale del serpente. Un potere divinatorio, fantastico, inestinguibile persino nella sconfitta.

Non la nominazione di Gea, che mi pare sostenga i deliri degli illuminati, del pensiero Zeitgeist, del nuovo ecologismo filosofico (delirante, ossessivo, orripilante alle mie orecchie e al mio cuore), fino alle proposte dei 5stelle (non dico quelle superficiali politiche, che hanno anche un senso, intendo proprio la filosofia che lo anima, e che si rifà sempre allo gnosticismo).

Dio o Natura, diceva Spinoza, in quella frase che nega la libertà. Che nega il cristianesimo più vero.
Non il cristianesimo attuale, con il suo giusnaturalismo bigotto e asservito.

Il serpente sono le forme infinite della nominazione consapevole al sembiante. Non è nient'altro che la dialettica Hegeliana, come pure aveva (per metà) capito Kojeve.

La morte non è quella reale, come per Kojeve, vi è un gran confusione in questo. Neppure Heidegger intende la morte così, la morte è la morte delle nominazioni provvisorie. Le nominazioni, i simboli, NON i soggetti.

E' solo chi pensa che il simbolo è per sempre, che può fare un errore così grave.  Dopo Heidegger la filosofia è morta, in questo sua presunzione, talmente ingenua e grave, che non ho mai avuto parole, per bestemmiarla abbastanza.

Ci vuole tutta la sapienza del maestro Sini. Tutto il suo disprezzo per le filosofie contemporanee, liquidate con un "chi parla?" quale soggetto sta parlando? da quali prassi egli viene? etc...

In fin dei conti i tempi moderni sono una eclissazione del soggetto. Laddove il soggetto emergeva sempre più problematico, sempre meno definibile dalle forze del positivismo, in contrapposizione al modernismo (cartesiano, duale), sempre più la scienza ha tentato di eliminarlo. Fino ai tempo buj che vediamo. L'inizio del tunnel del nichilismo non è la caduta di tutti i valori, ma la loro falsificazione. La scienza è il nemico. Ahimè!
La scienza come monismo, come riduzionismo, come assoggettamento, non come prassi di adattamento alla natura matrigna terribile. La scienza arrogante. La scienza lobotomizzante (nel senso reale della parola).
#2147
Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi.

La prima è quella gnostica, per cui l'universo è una manifestazione corporea, reale, indagabile.
Ad essa si rifà mi pare sempre più evidentemente la filosofia di Platone, Aristotele. etc...

La seconda è quella cristiana, per cui l'universo è la manifestazione della volontà di Dio, fantasma, non indagabile.
AD essa si rifà l'idealismo tedesco, che faccio partire già da Kant, che spezza la filosofia in 2. Fra modernità e antichità.
Cartesio è ancora troppo addentro alla gnosi.

Io sposo la seconda.

Quale è tecnicamente la differenza sostanziale? Per noi idealisti, è scambiare il sembiante, per reale.
Il sembiante non è il simbolico. Il simbolico per noi rientra nel reale.
Fare una dicotomia, come fa Pierini, o Ipazia tra reale e simbolico, è un controsenso, che si rivela appunto nella contraddizione, che l'uno è presente nel due. Ossia che Dio e l'Uomo coincidano.
E' una filosofia cannibale quella antica, un orrore, che si dilata fino ai campi di concentramento, in nome di Dio.
Il nome è sempre un rimando, una fantasmatica, un soggiogamento dell'io che si crede Dio.
Il simbolo non testimonia che della realtà. E la realtà non è nient'altro che il simbolo stesso. E' perciò una delle infinite nominazioni.
L'assunzione dell'oggetto all'interno del soggetto, come molto giustamente dice Ipazia, è di fatto un atto cannibalico. Infatti il soggetto non è l'ogetto! Il soggetto si determina dall'oggetto, non lo ingloba affatto.
Ma l'assunzione che ha fatto ipazia, è esattamente il problema della tecnica, è solo grazie ad una presunzione, un delirio di onnipotenza, che l'uomo si sente in diritto di mangiare l'altro.

Di modo che non vi è alcuna distanza, alcun fantasma originario, alcun due di relazione.

Vi è invece una ricerca compulsiva di aver ragione sull'altro, di entrare nell'altro, addirittura di determinare l'altro come nei sogni proibiti delle psico-scienze.
Il fantasma originario è ignorato, e viene sostituito da quello di padronanza, il fantasma del padre, come Lacan ha tentato invano di spiegare. Il fantasma del padre, è la fantasmatica della presunzione di dominio.
La fantasmatica è la tecnica del padre. E corrisponde alle malattie contemporanee, a partire da quelle base scoperte da Freud. Isteria, Paranoia, Ossessione, Schizofrenia. Tutte forme complicate della nevrosi di base. Che si forma laddove il soggetto non risponde alle aperture originarie, Dio, e destinali, la Morte.
Le aperture sono il sembiante, ossia le infinite nominazioni che regolano il soggetto, in relazione a Dio.
(corrispondono alla grande e forse unica tematica Nietzchiana, della Grande Salute).

La nominazione è il principio del padre (non il nome del padre, il nome del nome) e corrisponde al principio di infinito significante. (quando la nominazione si blocca, quando si pensa che l'originario si possa nominare, e non continuare a nominare, come è chiaro destinalmente competenza dell'uomo).
Il sembiante è il luogo privilegiato della scambio tra origine e soggetto. E' il daimon. Che corrisponde ugualmente al principio infinito di ospitalità. E' l'apertura stessa.

Il simbolo è la chiusura, il sigillo, il serpente che si mangia la coda, la paranoia stessa.
Nietzche ci insegna a schiacciare quella testa!

La filosofia di Nietzche è una lunga lotta contro questo essere immondo.
#2148
Tematiche Filosofiche / Re:Dove va l'umanità? Boh!
23 Settembre 2018, 14:58:22 PM
Citazione di: Kobayashi il 22 Settembre 2018, 11:45:55 AM
È prevedibile che l'essere umano all'apice della propria consapevolezza decida individualmente di non generare più figli. In fondo fare un figlio è un cedere all'istinto, alle emozioni, al bisogno di un impegno "biologico" (intuendo forse il pericolo dell'inconsistenza di impegni di diverso tipo, impegni ideali, sociali, politici etc.).
Quindi la questione la si potrebbe porre in questo modo: farà in tempo l'evoluzione culturale a condurre a questa consapevolezza portando all'inevitabile estinzione della razza umana prima che qualche catastrofe riporti il sapere a stadi primitivi e quindi di nuovo alla riproduzione indiscriminata?

Oddio Kobayashi che caduta di stile  ;D  !
#2149
Tematiche Filosofiche / Re:Dove va l'umanità? Boh!
23 Settembre 2018, 14:56:32 PM
Citazione di: viator il 20 Settembre 2018, 22:05:49 PM
Salve. Secondo me il futuro del mondo sarà funzione di un aspetto che qui finora nessuno ha menzionato. Tutti presi dalla propria personale ideologia, ci è dimenticati della demografia.

Essa è il più importante dei problemi del pianeta. O tornerà la guerra o qualcuno riuscirà ad IMPORRE il controllo demografico. La Cina ha aperto la strada.

Certo, finchè il Papa, durante le sua missioni pastorali, continuerà a dimenticarsi di portare con sé casse e casse di preservativi !.

Io non riesco ad immaginare strategie di medio termine che possano frenare la crescita della popolazione. Qualcuno voi ha delle ricette da proporre ? Saluti.

Al tempo del mio anno sabbatico in università, ho dovuto studiare questo tema, per arricchire un dialogo con un giovane amico.

Esiste forse qualcosa di meno demagogico del tema della esplosione demografica? che si allaccira invece con le pretese ecologiche di "salviamo il pianeta", il progetto Gaia, il movimento Zeitgeist, fino al progetto 5stelle.

Non esiste alcun problema di nutrizione, non nell'epoca dei prodotti geneticamente rinforzati.
A meno che non vogliamo attaccare la pippa (tutt'altro che senza senso però) che genetico fa male.

Vallo a dire a chi muore di fame....Comunque si può migliorare, come leggevo dalla Klein, la sola India potrebbe sfamare ogni anno 3 volte il numero di persone mondiali.....Ci stiamo dimenticando per caso dell'egitto, della sicilia? del mettetici voi il paese, che non lo so, ma sicuramente altri ancora??? Klein qulla di NO LOGO, quindi stiamo parlando di prodotti biologici!

Sono tutte sciocchezze, come quelle ambientaliste, che il buon Trump aveva mandato a quel paese. (e come al solito rappresentanti del populismo sono più intelligenti dell'intera intellighenzia europea.....siamo in un periodo triste, per certo, ma ora anche grottesco!)
#2150
Tematiche Filosofiche / Re:Questione sulla critica.
23 Settembre 2018, 14:44:03 PM
Citazione di: Kobayashi il 23 Settembre 2018, 08:40:16 AM
Secondo me una riflessione critica è efficace se:
Primo, è realmente critica, ovvero contiene effettivamente del pensiero anziché la riproduzione di contenuti culturali innocui veicolati dallo stesso sistema; ma qui si apre la questione di che cosa significa pensare; io seguo la tradizione secondo cui pensare è differente dal conoscere, quindi non riguarda la verità ma i significati, il senso; qui sta la distinzione tra una riflessione di tipo scientifica (interessata alla verità del fenomeno) e una riflessione filosofica.
Da questo punto di vista l'esercizio filosofico diventa la base imprescindibile da cui solo può prendere avvio il cambiamento (ma allora, all'interno della filosofia stessa diventa fondamentale la coscienza che ridurre l'approccio ad essa a semplice studio di tradizioni significa neutralizzarne il carattere sovversivo e fare il gioco del sistema).

Secondo, diventa efficace e quindi porta ad un reale cambiamento quando si fa azione politica.
È stato citato Carl Schmitt. Secondo Schmitt l'essenza della politica è determina dalla presenza della distinzione amico-nemico. Quindi il punto è: coloro che elaborano separatamente la critica sono capaci di riconoscersi in un raggruppamento e portare avanti la lotta fino alla realizzazione di mutamenti reali?
Osservando che fine fa la quasi totalità delle esperienze comunitarie (prendendo queste esperienze come un tentativo di critica potenzialmente efficace nei confronti del sistema politico-sociale-economico attuale) mi sembra di poter rispondere di no...

Il punto del comunitarismo Kobayashi, è che non Pensa filosoficamente.

E' inutile proporre un sistema contro un altro, pensando che basti la mera proposta per differenziarsi, quando esiste una infoSfera, per dirla con Sloterdijk, che oggi domina il globo.
A me basta e avanza sapere che alcune usanze giapponesi sono state lasciate, per evitare che l'opinione pubblica, come al solito funtore disgregativo di se stesso, fosse troppo lontana portata dal bombardamento mediatico americano.

La contro-risposta russa, è debole, nessuno sa il russo. Forse bisogna attendere quella cinese, che invece è studiata da tutto il globo est. A partire dal Giappone fino alla Thailandia.

Lo stesso Schmitt, parlava di dominio dei mari, controllo delle rotte, e profetizzava l'avvento del controllo dell'etere. Profezia facile visto che fu proprio il nazismo a usarlo per primo.

La sua proposta però, ossia il regno della terra, non può che portare al populismo contemporaneo, figlio di una politica di destra. (giustamente di destra, al contrario delle sciocchezze della sinistra).

Ovviamente non funzionerà, poichè non si rendono conto delle veicolazioni, in primis quelle dell'assetto liberale, che come noto si basano sui reprimenda, e giammai sull'idea di progresso.

Una politica del futuro deve urgentemente (come per me, se mi rimanesse un pò di voglia di studio) rileggere Schmitt, che queste cose le aveva capite...e se a detta del filosofo politico Gallo/i, egli è il più grande e ultimo maestro della politica, io mi fido assolutamente.

Ora e qui sta il punto, quale politica fa meno del liberalismo? Liberalismo che è strettamente a contatto con il concetto di democrazia. Siamo in una galassia misconosciuta di Segni, che incide di fatto sulla testa della stragrande maggioranza delle persone, incluse filosofi e appassionati di filosofia come in questo forum.


Prima di arrivare a parlare di comunitarismo, si devono aprire gli spazi, di azione sociale.
Dunque come ne abbiamo già parlato tante volte, sì ogni comunitarismo è destinato al fallimento, ma non necessariamente! semplicemente prima c'è da abbattere il muro politico prima di vedere la collina leopardesca dell'infinito. (dove la vera discussione filosofica e teologica possa avvenire).











#2151
Tematiche Filosofiche / Re:Questione sulla critica.
23 Settembre 2018, 14:24:41 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 20:03:11 PM
In soldoni no sistema, no critica. Per dirla alla Clooney. Ma questa idea che la critica sia per forza di cose possibile se e solo se è inserita in un sistema o sistema sovrasistemico an so on da dove nasce? Perchè l'origine della critica deve soggiacere all'esistenza di un sistema e in forza di esso e non viceversa? O quantomeno una a-sistemacità ha cittadinanza tra gli spettri critici?

Bravissima di nuovo Lou, le tue intuizioni sono sempre felici.

Il problema non è tanto essere dentro un sistema, quanto come dici tu, sapersi svincolare da esso, essere anti-sistemici: a mio parere dovrebbe voler dire, non essere anarchici, come molti confondono, ma esseri consapevoli delle veicolazioni del messaggio.
Solo allora si può fare una politica di testa e non di pancia.


#2152
Tematiche Filosofiche / Re:Questione sulla critica.
23 Settembre 2018, 14:21:29 PM
Citazione di: baylham il 21 Settembre 2018, 18:57:25 PM
La critica è una modalità di evoluzione del sistema di cui è parte.
La critica del mezzo di comunicazione del sistema è trasmessa inevitabilmente dallo stesso mezzo criticato.
Se la critica è esterna, allora il sistema è parte di un sistema superiore.

Non ho capito come desumi, che il sistema è superiore, superiore a cosa poi?

La critica come modalità di evoluzione, è vera solo se fa a meno delle modalità di trasmissione, o meglio di veicolazione del messaggio. Ossia ogni critica, fatta in maniera liberale, sotto l'etica liberale, è solo un ennesimo rafforzamento della liberalità, che frattanto riconoscendosi questo "merito" di camuffamento dei messaggi, ha reso l'intera sinistra europea del dopoguerra, un branco di arlecchini e pantaloni. Una pantomima, senza alcun pensiero, figuriamoci fondamento, e ormai sono alla deriva. Sono una esperienza finita.
#2153
Ovviamente hanno un valore di scienza, in quanto esiste una diagnostica e una casistica.

L'iilusione che queste non siano scienze, è dovuta in larga parte al concetto di inconscio, che però viene relegato alla storia della stesse, e viene usato solo come possibile spiegazione supplementare.
Ma la diagnostica, si fonda su tutt'altro. In primis sul nostro comportamento indagabile scientificamente come ogni altra cosa/oggetto. (proprio perchè si basa sul rapporto con le cose e oggetti, aggiungeri io).

La psichiatria inoltre nasce già come scienza medica, e quindi o diciamo che la medicina non è scienza, o ci atteniamo alla descrizione che la contraddistingue.

Per quanto la psicologia, essa è vista come mera integrazione della psichiatria, e viene usata nei casi lievi, se non proprio fake (che caratterizzano il nostro tempo).

Altro conto sarebbe la psicanalisi, ma la Big Pharma è già riuscita ad assimilarla ad una cura comportamentale (non ricordo la dicitura esatta in questo momento sorry).

Ovviamente in un tempo di riduzionismi, ogni scoria (perchè è così che viene percepita dalla Big Pharma) di pensiero non solo viene eliminata, ma addirittura VA eliminata.

Un imperativo categorico kantiano, che darebbe le vere dimensioni sotto cui porsi alte domande, non certo queste infantili, da accademici marionetta.
#2154
Tematiche Filosofiche / Re:Dove va l'umanità? Boh!
20 Settembre 2018, 19:40:47 PM
Se Marx svolgesse il suo pensiero a partire dalle sue premesse, le uniche che ho letto, all'inizio proprio del capitale, prime venti pagine circa. (non ho avuto modo di approfondire, e i video su youtube sottovalutano completamente l'impianto filosofico sotteso a Marx). Dicevo se noi sviluppiano la questione produttiva, solamente come questione merceologica, non ne usciremo mai. Il giusto svolgimento è legato piuttosto al feticismo delle merci.
Il socialismo utopico, che nei tempi contemporanei viene sempre proposto come etico, dimentica che la dimensione pubblica di sobrietà è sempre sottesa da quella privata di lusso.
I conti non torneranno mai a questa pochezza di pensiero intellettuale.
Bisogna riprendere insieme a tutta l'intellighenzia contemporanea, i temi svolti dai moralisti francesi a partire da Montaigne fino ad arrivare a LaRochefocauld, magari immersi nel mare tempestoso nicciano, ma mi accontenterei anche semplicemente dei problemi ante-nichilismo, ossia quelli che riguardano un soggettivismo solare, propositivo, che rimandano alle sfide che l'egoismo pone all'essere umano.
Sventolare la bandiera rossa, oggi al massimo è un segno di appartenenza, ma nel senso di pastorale aggregazione, ossia di reggimentazione delle pecore che siamo noi oggi.
Invano Leopardi si lamentava.
cit da la Ginestra
"Son dell'umana gente. Le magnifiche sorti e progressive. Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco, "

Affidarci alle nuove bio-etiche guarda caso di matrice americana, liberale (e quindi antiliberali, anonimiche, alienanti) significa consegnarsi ad un potere paralizzante, che verrà usato come un boomerang dalle esigenze coercitive della produzione infinita.

Il feticcio, il luogo totemico per eccellenza, il guardiano ai sentieri interrotti della spiritualità, il padre, il confinatore, l'esecutore, l'inquisitore.

Sono infinite le sue facce, la sua mimesi.

Nessuna presunzione di morte, nessuna dialettica, luogo sacrale e quindi solare, luogo del non dubbio, luogo della deficenza umana.

E' il sintomo, il sintomo del fare da cui noi sempre prendiamo le distanze, si fa per non fare, tutto cambia perchè nulla cambi.

Anche la pretesa etica del fare, che sembrerebbe essere l'antidoto più logico e consequenziale, si scontra con la prassi del già fatto, del depositato, della diga che l'esperienza costruisce alle nostre possibilità future. Vale individualmente, vale ancora di più socialmente.

Il fantasma va dileguato. Quando l'umanità lo capirà?

Non serve costruire nuovi idoli (la scienza) se non si è capito il Dio precedente.

Anzi gli Dei precendenti.

Non basta certo una scolastica.

Ad oggi dovremmo ripartire da dove Heidegger ci aveva lasciati, prima di capire il pericolo terribile che incombeva sull'umanità.
l'Uomo è un mezzo, e non un fine, come diceva anche il sommo Nietzche. (destinato a tramontare, ma qui saremmo fuori discussione, perchè si sta parlando di socialismo)
Ci ha dedicato il pensiero finale della sua carriera, quel combattere contro i fantasmi liberali.
Lui e Carl Schmitt.

Ma la Storia è girata dal lato sbagliato, ha vinto il liberalismo e il suo mercantismo antisociale.
(e purtroppo c'è solo da ringraziare, visto come sono andati i socialismi nel mondo! ossia para-statalismo di conduzione nazionalista ed eugenetista! Per non parlare del trasformismo becero semi-liberalista a cui quelli europei sono andati a immolarsi, consegnandosi mani e cuore al liberalismo di fatto.)
#2155
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
20 Settembre 2018, 19:37:04 PM
Citazione di: SamuelSilver il 18 Settembre 2018, 12:02:14 PM
Vorrei ora rispondere velocemente a Green demetr, poi con più calma risponderò anche agli altri.

Perdona la mia ignoranza ma non so cosa siano il problema degli attributi e dell'adattamento, non so neanche quali siano le pretese dell'evoluzionismo: l'evoluzionismo sarebbe più pretenzioso delle sue alternative (come il creazionismo)?

Non credo affatto che il il riduzionismo sia uno degli strumenti del potere per mantenere lo status quo (non vedo l'eugenetica ne come il riduzionismo per antonomasia ne come una prova sufficiente per la tua affermazione), la religione se la cava decisamente meglio in questo ambito. Secondo me, poi, le cose stanno comunque migliorando anche nella religione, il discorso del potere e dello status quo oggi può certamente essere ancora valido, ma non in modo stringente come qualche decennio o secolo fa. Ma anche se tu avessi ragione riguardo al riduzionismo come strumento del potere, la cosa non dovrebbe essere presa comunque in considerazione: evitare di seguire una linea di pensiero che pare logica e realistica solo perchè la società ne sta già facendo un uso sbagliato non mi sembra il miglior modo per ragionare o per fare filosofia. Se, per assurdo, al tempo di Galileo ci fosse stata una società che sfruttava l'eliocentrismo per mantenere il potere e lo status quo, ripudiare l'eliocentrismo in se solo per un'antipatia verso tale società sarebbe stato decisamente poco ragionevole. L'eliocentrismo è ovviamente diverso da un'idea filosofica in quanto si tratta di scienza, ma al tempo di Galileo la scienza e la tecnologia erano decisamente poco sviluppate: le prove che la terra girasse intorno al sole erano convincenti all'incirca come le prove che il materialismo e il riduzionismo siano reali.

Con "il materialismo basta" intendo dire che è sufficiente per rendere conto dei fenomeno mentali.

Questo genere di discussioni non appartengono alla scienza (a quale settore poi?), infatti esiste la filosofia della mente che si occupa proprio di questi problemi (come quello mente-corpo) e non mi sembra che essa stia facendo morire la "vera" filosofia.

Spero di aver adeguatamente risposto alle tue critiche.


Direi di dividere la questione su 2 tronchi di ricerca.

La prima che si chiede se la contemporanea critica eugenetica della coscienza, che si ritiene essere solo mente, con nefasti, a dire poco, esiti futuri, facilmente immaginabili.

La seconda sulla natura degli attributi, perchè se noi diciamo qualia, non intendiamo niente di tangibile mentre per scienza (nonostante esistano infinite scienze, si intende eliocentricamente, come quella popperiana, del è vero qualcosa finchè non sia confutato) dovremmo intendere qualcosa di molto ben visibile e sperimentabile.


Se sul primo punto devo dire che non solo non accetto la tua presunta risposta ma rilancio proprio facendoti ragionare sul fatto che il riduzionismo mentale è un chiaro anacronismo che si perde e trova epigono in Cartesio, e dunque ponendoti il fatto che forse è proprio il riduzionismo ad essere il contemporaneo "eliocentrismo". (come se Kant non fosse esistito).
Nessuna rivoluzione per carità, la scienza non sa minimamente cosa sia la rivoluzione.
Al massimo la chiamerei trasformazione. Gli abiti di un tempo vengono dismessi, per dei nuovi con lustrini e lucette, moderne sirene, per far desistere l'uomo dal pensare. L'uomo è lo stesso da tre/quattro milioni di anni superggiù.
Lo trovo veramente ironico questo suo incipriarsi, nel momento di sua massima crisi.
Sono orizzonti troppo ampi per te, che ti richiami a misure da formica, miopi, incapaci di guardare oltre.


Direi dunque di soffermarci sulla seconda trance del discorso, perchè a mio parere è proprio nelle proprietà materiali dei qualia che si materializza l'ideologia che la sovrastava, Si materializzano come sintomi inequivocabili.
"Alla scienza non si può dire di no" etc...etc...
Premesse che portano a gravissimi problemi come quello della Big Pharma.

Se la coscienza è mente, e la mente materia, dunque esiste un farmaco materiale in grado di fermarla.
Processi che tendono alla eliminazione del sintomo, invece che alla sua cura.
Il risultato è un progressiva, impressionante diffusione delle paure, e di risposte sempre più forti, come controbilanciamento.
Siamo in un grave periodo di bilanciamento, destinato a fallire, come già spiegato da Heideger, e da tutta la filosofia.
E così si è perso anche il problema del post-moderno, ossia delle domande inevase politiche sul soggetto.

cit tua
"Vorrei portare innanzitutto l'attenzione sulla natura del problema dei qualia e della coscienza. Il riduzionismo e il materialismo sono spesso criticati perchè, sembrerebbe, non riescono a spiegare la coscienza e l'esperienza soggettiva di ognuno"

Esattamente quale qualia spiega il mio amore verso la filosofia?
Quale qualia spiega la divina commedia?

Queste sono le tipiche domande che lo scienziato rifugge....eppure sono le uniche a cui dovrebbe rispondere se fosse una persona reale, e non una marionetta nelle mani dei suoi finanziatori.

Il punto cruciale è a mio avviso questo.
Perchè l'esperanto è la lingua artificiale che meglio risponde al cervello, ma noi preferiamo usare l'italiano, lingua difficile se ce ne è una.

Ovviamente sotto a queste domande c'è l'intero arsenale della filosofia del linguaggio, della semiotica etc...
A cui la scienza ripetutamente si ostina ad abdicare.

Ci sarebbe anche il problema delle algebre del soggetto, matematica o desiderio di dominio? come nella psicanalisi lacaniana è sottolineato.


PS.

Per quanto riguarda il problema delle religioni, io sono il primo ad ammettere che hanno fatto danni incommenurabili.
Ma al giorno d'oggi sono le uniche che parlano ancora della metafisica speciale, che dopo Heideger, ha subito il contraccolpo della Storia, come nemesi, come grande colpa, anch'essa ahimè figlia della bastardaggine del cristianesimo.

Parole come Anima,Mondo,Dio la scienza sembra essersele dimenticate, e anzi sono il suo bersaglio preferito.
Penso sopratutto al pessimo Boncinelli.

Ad un inferno ne è subentrato un altro.

#2156
Tematiche Filosofiche / Re:Questione sulla critica.
20 Settembre 2018, 19:32:43 PM
Mi scuso per non aver letto i post intermedi. Avevo dimenticato di postare il mio.

cit Lou
"La questione appare banale eppure oggi ci ri-riflettevo: chi critica un sistema e gli strumenti che esso (pro)pone e mette a disposizione, pur stando al medesimo tempo dentro quel sistema e usufruendo di quegli stessi strumenti criticati, messi in discussione e denunciati come è da valutare?"

Brava Lou, le tue intuizioni sono sempre precise.

Probabilmente però non c'è il coraggio di tirarne le somme conseguenti, ossia che la valutazione di una critica sociale, deve controllare in maniera sistemica, e cioè dialettica, le proprie proposizioni, cioè proponimenti.

Se nemmeno Hegel, che questa dialettica l'ha perfezionata (a partire da quella Kantiana), è riuscito a sfuggire alla sua morsa (e cioè al contrapasso fantasmtatico di dominio), siamo messi male, anche se ho parecchi dubbi che fosse un sostenitore della stato assoluto, come molti autori dicono. (in quel caso, qualche meccanismo di difesa ha bloccato la dialettica, che di per sè è infinita?).

Bisogna riflettere sulle modalità in cui avviene! Di solito è tramite una MIMESI dei fini, che si risolve però nei diktat di non guardare oltre le mura costituite. Ma una rivoluzione infra-moenia non avverrà mai! perchè vi sono i guardiani.
Siano essi reali o totemici.

Per fini pratici, come anche Sgiombo spesso invita alla riflessione, possiamo fare l'esempio, tra necessita di scelta tra società mercantile e società ecologica (essendo l'uomo parte dell'ecologia). Scelta che mai nessuno fa.

All'interno dei modelli ideologici imperanti, però c'è prima da risolvere la questione del liberale, che usando lo stato come nemico, inficia qualsiasi possibilità di consenso reale. Vale a dire che non c'è nemmeno la possibilità reale di (non) fare le scelte.

Usare le argomentazioni liberali, costituisce la mimesi più visibile da parte dell'intellighenzia europea.

Usare le argomentazioni liberali significa però sancire la presupposta superiorità della dignità umana, del cristianesimo etc....

Ma tutto questo apparato che è anche leggibile nella carta dei diritti universali, serve in realtà a bloccare qualsiasi tentativo di vera rivoluzione, perchè si impedisce di guardare da altre parti.


Il sistema liberale, di presunte dignità, tutte puntualmente disattese, tutte sottomesse da un potere di sorveglianza asfissiante, è poi tanto diverso dal sistema antiliberale di uno stato religioso come quello iraniano?
Teheran ha 20 milioni di abitanti, che abitano civilmente, con una grande dedizione etica alla pulizia, alla cordialità, mi sembra quasi (quasi perchè per la mia sensibilità la questione della donna è inacettabile, e pure il potere degli imam, ma quale fa coppia cpon il potere dei sacerdoti nostri) un isola felice.  E Cioè per evitare inutili polemiche: uno stato ultragerarchico e chiuso, invivibile per un occidentale, è di fatto più futuribile di qualunque altro stato di matrice occidentale, che mi pare irrevocabilmente corrotto. (ripeto in quel "mi pare" c'è parte della mia fantasmatica: ad ognuno il compito di dissipare la propria).

Ma a parte dissidenti come Said, e altri che gravitano nelle orbite delle scritture della diaspora, quale intellettuale farebbe a meno del suo presunto saccente moralismo europeo??

Purtroppo solo in inglese, ma vedetevi i video dell'intellettuale Said, che vive tragicamente l'isolazionismo terrifico a cui l'intellighenzia europea lo ha costretto negli anni.

Certo non  capisco come uno come lui, si aspettasse di essere compreso, figuriamoci accettato! (umanamente penso che si illuse dei successi iniziali, che come sappiamo sono sempre frutto del marketing, non della sostanza).
I suoi piagnistei, per quanto insopportabili, valgono comunqe più di qualsiasi aberrazione alla Habermas, che vanno di modo, in questo tristi tempi.

E rendono "sensibile" la tua intuizione Lou, visibile, tangibile nelle parole e nella sua ricaduta accademica.
#2157
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
18 Settembre 2018, 09:50:43 AM
Il problema del riduzionismo è che non fa i conti con il cotesto in cui è calato.

Soluzioni come quelle dell'emergentismo, e dei qualia, riportano di base al problema degli attributi.

Perchè gli uni e perchè non altri? (e per inciso i riduzionismi servono proprio per non farsi queste domande!)

Il problema chiave è sempre quello dell'evoluzismo darwiniano e delle sue pretese. Ma lo stesso Darwin capì la necessità ad un ritorno al problema dell'adattamento. (è forse questo il senso del 3d di cui si domanda SamuelSilver? ossia quel "bastare", si intende per una delle progressive sorti dell'umanità?)

L'adattamento, che sia quello relativo a fenomeni percettivi o mentali, che sia quello dei qualia o della materia in sè, ci pone di fronte al problema del soggetto.

Il soggetto che si pone di fronte al problema politico dell'adattamento, ossia al problema ecologico di tanta filosofia contemporanea.

Invece il riduzionismo con la sua applicazione meramente gnoseologica, di fatto è uno degli strumenti che il Potere impiega per mantenere lo status quo.

Il materialismo non basta a niente, e anche stando semplicemente nei canoni della morale bigotta di questi tempi, pensiamo solo ai danni che l'eugenetica (riduzionismo par excellence) ha prodotto, quando impugnata da un potere politico (quello nazista).

Se l'uomo è solo ciò che è e non anche quello che sogna, diventa il contropasso ideologico, ad una attività che forse basta solo a livello scientifico, ma che rende ciechi sul Mondo.

Fare entrare questo genere di discussioni, che appartengono solo alla scienza e alle sue presunte divisioni di settore, significa far morire la filosofia, come ormai molti giovani filosofi finalmente si stanno rendendo conto.

Il divide et impera dei romani non dovrebbe valere ancora come monito?

Varrebbe anche introdurre la variabile del tempo, cosa è il tempo in una visione riduzionista del mondo? E' dentro o è fuori della coscienza o della mente, come meglio dicono loro?
#2158
Tematiche Filosofiche / Re:Dove va l'umanità? Boh!
18 Settembre 2018, 09:08:31 AM
E' un tema a cui penso spesso, e mi sembra sempre più evidente che alla filosofia non solo manchi il senso della storia, ma che non sa nemmeno utilizzare i risultati che lei stessa ha ottenuto in questi secoli.

Da una parte la tradizione scientifica ha depositato la necessità della tecnica e dall'altra la tradizione metafisica ha depositato la tradizione della narrazione.

In una sola parola, seguendo i rigorosi ragionamenti di Sini, si tratta di narrare stando dentro a delle prassi.

Poichè il senso proviene dalle narrazioni, è stupido non rendimentarlo sotto forma di atto politico, ossia all'interno della gerarchia politica, chiamata da Schmitt teologia politica, e implementata poi da Agamben.

In entrambi i casi però la lotta è finita con la vittoria del potere liberale, ossia della suo classismo ideologico, che solo capito, ossia come prassi in atto, rende i fantasmi della prevaricazione, un altro tassello del suo Impero.

Le soluzioni nazionaliste o monacali dei primi 2 filosofi, o le utopie comuniste di Sgiombo, non possono attecchire se non all'interno del medesimo humus culturale (quello tecnico, quello delle prassi appunto descritto da Sini).

La necessità è da ricercare non nelle metastorire, in una letteratura filosofica danzereccia che riflette il suo passato, ma piuttosto in una ritrasformazion delle narrazioni che si adeguino attivamente e non meramente passivamente all'Impero dei Segni.

In questo senso anche la riflessione sull'impero segnico, ossia sui suoi segni, è solo una generale introduzione alle nostre capacità immaginative.

La produzione recente filosofica che sperimenta, ha il difetto gravissimo di non ricordare la questione della tecnica come Heidegger ci ha insegnato.
Fantasticare di utopie, non ha alcun senso se non ci si pone il problema degli oggetti su cui noi ci curviamo.

O riconosciamo questa necessità di adeguamento all'oggetto, o non potremo mai ripartire.

E' solo su queste premesse, che la domanda "dove è finita l'umanità", si deve interpretare, ossia come blocco, stasi, di fronte ad una fantastica isola felice, dove sarebbe esistita questa fantasmatica umanità pietista e rurale, che tanto sognava Pasolini.

Ma l'umanità così sognata, piuttosto che vissuta (e Pasolini ne racconterà i suoi tornaconti nelle 120 giornate di salò, film inguardabile, ma lucidamente teso al testamento che arriverà con il commento alle foto in scena, dove appunto la morte si fa fotografia) non ha alcuna parentela con l'umanità che si determina dalle "infinite" scelte dei singoli.

Come già detto l'ideologia si basa e anzi impera tramite l'uso delle paure umane.

Potrei finire con una frase grottesca: dove è finita l'umanità? essa è scappata a gambe levate! (ma anche questa sarebbe solo una fantasmatica, rimane solo da lavorare: lavorare, lavorare, lavorare! ossia pensare, pensare e ripensare!)
#2159
Ciao Garbino, sono ancora a a Milano, sono preso dai preparativi.

Ma ovviamente a questo 3d ci tengo particolarmente. (odio la burocrazia, che impone una agenda, assolutamente inutile, ma quand'è che i servizi on line saranno pronti per la cittadinanza! BAH!)

L'interpretazione che accenni soltanto del nichilismo, mi piace, è assai evocativa, e sopratutto, già nel suo incipit, non è banale e sbrigativa.

Anche secondo me è una riflessione sul Dio e sul nulla, forse sulla loro coincidenza? può essere! possiamo anche forzare il messaggio di Nietzche, portarlo avanti, e a partire da questo punto di vista, rivedere sotto una diversa ombra tutta la formazione genealogica della morale.

Ovviamente questo discorso che tu qui anticipi, spero di sentirlo più avanti. Molto interessante.

A Settembre, e buona continuazione a tutto il Forum.
#2160
Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità. Ma questa prospettiva, seppur logicamente coerente, resta appunto valida ad un livello ancora idealistico e astratto, dato che il concetto di totalità appare come un'universalità ancora astratta e indeterminata, che non tiene conto delle differenze qualitative tra gli enti che concretamente esistono e agiscono all'interno di essa. La "totalità" a mio avviso non può esistere come esistenza a sé stante, ma come solo come concetto, e la sua qualifica come essere assoluto resta su di un piano a sua volta solo concettuale. Possiamo dire che tale visione è quella caratterizzante i modelli ontologici e metafisici di tipi immanentista-panteista, i quali, negando una dualità tra una realtà assoluta e una contingente, vedono l'assoluto solo come insieme delle singole parti, della totalità degli enti, che invece, concepiti ciascuno singolarmente, sarebbero relativi, in quanto costantemente a contatto gli uni con gli altri. In questi modelli, l'Assoluto viene visto come privo di un'esistenza autonoma, finisce di fatto, anche al di là delle esplicite intenzioni di partenza dei loro esponenti, "solo" una forma logica. Ma questa accezione mostra i suoi limiti... perché l'Assoluto sia pienamente e concretamente "sciolto dai legami", autosufficiente, non basta che sia la totalità degli enti, in quanto ogni totalità, per quanto organica e non riducibile a mera somma delle parti, non può nemmeno essere indipendente da esse, dato che queste consisterebbero nella materia che poi la forma universale unificherebbe. Ogni trasformazione, accadimento nei singoli enti componenti ne modificherebbe la natura di quest'ultima, che così non potrebbe davvero porsi come "assoluta" e autosufficiente, in quanto dipendente dalle caratteristiche delle singole parti che le compongono. Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.

Grazie Davintro!

Nella parte andata cancellata, infatti ricordavo come per Peirce, la categoria di assoluto, esiste, ma non è un discorso, ossia NON è un segno.


Ma è proprio da questa categoria che si dipano le ennesime potenza di linguaggio segnico.

Dunque la categoria di totalità NON esiste, ma esiste solo quella di ASSOLUTO.

Purtroppo non ho capito come ha fatto a derivare, che le catene segniche di base due sono quelle umane, quelle di base tre, sono il Cristo, e quelle di base 1 e 4, mi pare che ancora nessuno le abbia intese.

Pensando che per Peirce le potenze di discorso, ossi di concatenazione segnica, sono infinite....capiamo quanto c'è da lavorare anche in campo NON umano.

Ma ogni catena segnica, si puà riscrivere con diversa base.

Tranne le potenze di zero.

Purtroppo il mio cervello andò in pappa liquefatta, nel tentativo disperato (per miei limiti matematici, del perchè la base zero è diversa anche solo diciamo dalla base due, ed essendo la base una, altra cosa diceva il prof. Ballo.