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Messaggi - sgiombo

#2161
Citazione 
Sì, anche secondo me pretendere di assolutizzare la felicità é un pericoloso errore.
 
Secondo me "felicità" é sinonimo di "appagamento di desideri" o di "conseguimento di obiettivi": per "felicità" si intende il fatto che le cose vanno come si vorrebbe che vadano, per infelicità il fatto che le cose non vanno come si vorrebbe che vadano.
 
Ma l' uomo prova tanti diversi desideri non tutti fra loro compatibili (botte piena e moglie ubriaca), per cui la felicità può di fatto essere maggiore o minore, ma comunque é sempre relativa, limitata, parziale, mai assoluta (per nessuno le cose vanno integramente, assolutamente, al 100% come vorrebbe che andassero, ma solo più o meno parzialmente).
 
Quello della conoscenza e della verità é uno fra gli altri desideri umani, che può capitare sia soddisfatto unitamente a tanti altri o anche alla condizione che tanti o pochi degli altri siano insoddisfatti; e a seconda dei rapporti fra maggiore o minore soddisfazione del desiderio di sapere e maggiore o minore insoddisfazione di altri desideri con esso incompatibili si può esere più o meno (ma ai completamente, assolutamente!) felici.
Questo per quanto riguarda la conoscenza come fine a se stessa.
Ma la conoscenza é anche mezzo indispensabile per valutare la compatibilità o meno dell' appagamento di diversi desideri e i mezzi necessari e i prezzi da pagare per conseguire gli uni e/o gli altri. 
 
Lo stoicismo, come altre filosofie saprattutto antiche ma anche moderne occidentali (e certamente orientali; purtroppo non le conosco) non consiglia l' anaffettività aprioristica e acritica, bensì proprio l' analisi razionale dei desideri, la loro ponderazione, la valutazione critica razionale degli insiemi di desideri soddisfacibili reciprocamente alternativi e dei mezzi da usare e dei prezzi da pagare per ottenere l' appagamento degli uni oppure degli altri di essi, onde cercare fondatamente di ottenere la maggiore felicità plausibilmente possibile.
Non é facile a farsi come lo é a dirsi (concordo anche che questo presuppone la capacità anche di soffrire), ma così inesorabilmente stanno le cose.
#2162
Citazione di: Il_Dubbio il 14 Dicembre 2017, 01:16:55 AM


Non ho capito, la frase non mi sembra corretta. Non mi dice un granchè. Me la riscrivi?

contraddizione fra il divenire deterministico... e cosa?
Mi sembra come se tu dica che ci sia una contraddizione fra la conoscenza deterministica e una indeterministica. Ma non mi sembra una contraddizione, potrebbe essere magari, l'indeterminismo, un limite alla conoscenza.

Comunque io sono d'accordo che la conoscenza (quella vera..ma che potrebbe anche non corrispondere con quella scientifica) si basi sul determinismo. Ma allora mi si deve spiegare il motivo per cui si scelgano verità non dimostrate per costruire teorie scientifiche sulle quali si basano le nostre conoscenze.
Come si fa a scegliere gli assioni in modo deterministico? Qualcuno mi risponda... perchè fino ad ora ho letto sono divagazioni sul tema.

CitazioneA questo punto sono io a faticare a capirti.

Per evitare contraddizioni fra determinismo e indeterminismo a mio parere basta distinguere fa le rispettive accezioni metafisiche od ontologiche (riferite all' oggettività del reale) e quelle epistemologiche o gnoseologiche (riferite alla soggettività della conoscenza del reale).

Se affermi che la conoscenza vera si basa sul determinismo*, allora tu stesso inevitabilmente sottintendi che fra l' affermazione della verità della conoscenza (secondo me solo quella scientifica) e quella dell' indeterminismo (per esempio del libero arbitrio inteso non come libertà da coercizioni estrinseche ma come intrinseco casualismo) vi é una contraddizione (questo é un giudizio analitico a priori).

Si scelgono (se si vuole) verità non dimostrate (e non dimostrabili) per costruire teorie scientifiche sulle quali si basano le nostre conoscenze "in mancanza di meglio": perché non esistono possibili verità dimostrate che non siano di giudizi analitici a priori (non portatori di nuove conoscenze circa il reale ma meri esplicitatori di conoscenze di già postulate implicitamente nelle premesse), né conoscenze empiricamente provate che non siano giudizi sintetici a posteriori relativi a immediate esperienze sensibili particolari concrete in atto (che sono conoscenze episodiche o aneddottiche, non scientifiche).

Gli assiomi (nei giudizi analitici  priori) si scelgono arbitrariamente; e se tutte  le scelte umane sono deterministiche ovviamente anche questa scelta (arbitraria), come ogni altra scelta, avviene deterministicamente (e anche questo é un giudizio analitico a priori).

_______________________________________
* Ma secondo me questo non vale per la conoscenza vera in generale, ma soltanto per quella scientifica; che non é l' unica possibile.
#2163
X Apeiron
 
Dissento profondamente.
 
Secondo me la conoscenza é uno di quei piaceri moderati, non dannosi e (generalmente) conseguibile non al prezzo di beni maggiori che per qualsiasi epicureo (e anche stoico, per quanto "moderati", "non fondamentalisti", come si direbbe oggi; e al limite magari anche per qualche scettico non troppo coerente) va ricercato e coltivato (senza esagerare, ovviamente).
E per un epicureo come per uno stoico, bisogna sapersi accontentare quando non la si raggiunge, evitando di diventare schiavi di una sfrenata cupidigia di essa, esattamente come quando non si raggiungono altri beni che vanno ricercati e praticati, dall' amicizia, all' amore, ai piaceri del palato, a quelli dell' udito, ecc.
 
Lo splendido capolavoro di Scroedinger Cos' é la vita? Mi sembra riduzionista "DOCG", ovvero "al 100%"!
 
E a me pare che, seguendo Bohr ed Heisenberg, siano i fisici della generazione di Feynman e successive (in grande maggioranza, ma con rilevanti eccezioni come Bell e forse Gell Man) ad essere caduti dal razionalismo riduzionista più o meno coerente dei Boltzmann, Plank, Einstein, Schroedinger, de Broglie, al "mistero", all' "olismo" e ad altre forme di irrazionalismo.
 

Se dobbiamo dar retta a quello che ci racconta Diogene Laerzio sul tentativo da parte di Platone di far bruciare tuti gli scritti di Democrito, non mi pare proprio che si possa dire che con lui la filosofia ha raggiunto forse il culmine della "libertà" (sia pure fra virgolette).
#2164
Gli spacciatori delle peggiori bballe (sì, con due "B"!) belliciste e antiumane, dalla tragicomica "strage di Timisoara", la "madre di tutte le bufale moderne"), alle "orrende carneficine di civili nermi" attribuite ai Serbi nelle guerre civili yugoslave, alle "armi chimiche di Saddam", alle pretese (non come quelle perpetrate per davvero oggi dall' "Euroooooooppa" tramite i suoi satrapi locali) "stragi di migranti di Gheddafi", ai "dissidenti nordcoreani fatti sbranare vivi dai cani di Kim" (poi ricomparsi vivi e vegeti in pubblico senza un graffio, ma anche senza alcuno straccio di smentita da parte dei bufalari professionali), agli oroscopi che quotidianamente ospitano sui loro disgustosi fogliacci e nei loro miserabili palinsesti televisivi, ecc., ecc., ecc., oggi sono forsennatamente in fregola per cercare di censurare anche Internet (dove, contrariamente a stampa e TV ufficiali, fra tante "fake news" trapela anche qualche barlume di verità)!
Orrenda, ipocritissima Boldrini in testa, naturalmente!

(Parafrasando una vecchia conzonaccia anarchica alquanto truculenta)

Compagni, dobbiamo stare al passo coi tempi:

"con le budella dell' ultimo giornalista* impiccheremo l' ultimo manager**, magari bocconiano!".

* I preti ingannatori del popolo di oggi.
** I sovrani di oggi.
#2165
Citazione di: Il_Dubbio il 13 Dicembre 2017, 16:52:30 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2017, 14:18:54 PM

X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.

Non comprendo il succo del tuo discorso.

Io rispondevo a questa tua affermazione precedente:
"Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione".

Mi devi puntare il tuo dito sulla contraddizione perchè io non ce la vedo. A parte che non comprendo che cosa vuoi sostenere con la conoscenza scientifica (vera).
Perchè ce n'è anche una falsa?

CitazioneIl "vera" é effettivamente pleonastico (è un mio vizio inveterato la ridondanza).

La contraddizione sta fra il divenire deterministico (per lo meno in senso "debole" o probabilistico statistico) che é una conditio sine qua non della possibilità di conoscenza scientifica (se il divenire naturale é casuale non si  possono astrarre da esso leggi universali e costanti), per quanto indimostrabile (Hume!), e il libero arbitrio o qualsiasi altra forma di indeterminismo.
#2166
X Jacopus:

Concordo che la realtà non si esaurisce nell' universo naturale - materiale intersoggettivamente constatabile e scientificamente conoscibile, e dunque che la conoscenza (possibile ed auspicabile) non é limitata alla conoscenza scientifica (propriamente detta, o "in senso stretto", quella delle scienze naturali). 

Ribadisco invece il mio totale dissenso dall' affermazione che la credenza nel determinismo (la convinzione deterministica dell' "uomo di Amburgo") implichi (o "determini": sic!) la conseguenza di un comportamento necessariamente "noioso" (e men che meno fatalisticamente abulico e passivo), mentre la credenza nell' indeterminismo (la convinzione indeterministica dell' "uomo di Parigi") implichi necessariamente la conseguenza di un comportamento estroso e creativo.

E questo indipendentemente dal fatto che l' eventuale determinismo sia condizionato da un' ideologia o da qualsiasi altra "cosa" e dall' eventuale uso di ideologie deterministiche da parte del "potere" a scopo di dominio (nonché dal fatto che per me sia l' idea generica di progresso sia quella di comunismo possono essere coniugate tanto col determinismo quanto con l' indeterminismo: su un piano gnoseologico o epistemologico progresso e/o comunismo possono essere considerati solo possibili o anche necessariamente certi (cioé di fatto prevedibili come inevitabili o meno); e si può credere che il futuro sia progressivo e/o comunistico sia se si é deterministi (come necessità), sia se si é indeterministi (come possibilità.

Credo che un essere umano, individuale (e anche collettivamente l' umanità), epistemicamente per lo meno possa essere in qualche misura indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone in perfetta compatibilità con un determinismo metafisico e anche con convinzioni da parte sua deterministiche: perché non dovrebbe essere possibile (ipoteticamente) che deterministicamente uno abbia pulsioni contraddittorie, ami i suoi cani e stermini una pretesa razza umana? Non vedo nessuna contraddizione in questa ipotesi!.

Pur apprezzando Jonas, ritengo che l' ambiguità umana (a mio parere limitata, anche se ovviamente non quantitativamente misurabile) é perfettamente compatibile con il determinismo (oggettivo) e con convinzioni (soggettive) deterministiche, così come il sentire un forte senso del dovere.


X Il Dubbio

La nascita e lo sviluppo delle geometrie da parte del soggetto umano sono compatibili sia con il determinismo, sia con l' indeterminismo, e inoltre sia con la credenza nell' indeterminismo, sia con la credenza nel' determinismo.
Così come la conoscenza episodica-aneddottica della natura (che, ovviamente, come qualsiasi conoscenza, accadrebbe "per definizione" necessariamente nell' ambito di un' esperienza cosciente).
Mentre ripeto che la sua consocenza scientifica implichi logicamente il determinismo.
#2167
Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 22:36:26 PM
@sgiombo l'epicureo rinuncia alla scienza e alla ricerca della verità per un semplice motivo: minano l'imperturbabilità (ataraxia).


CitazioneQuesto mi sembra piuttosto l' atteggiamento degli scettici.

Quello del sapere é un piacere moderato, naturale e non dannoso, che nessun epicureo che ne abbia avuto sentore tralascerebbe di cercare, ovviamente con la giusta moderazione, senza cadere schiavo di un' eccessiva "cupidigia di sapienza".



L'epicureo è colui che per evitare i disordini dell'anima si rifugia nel "giardino" e fa una vita ritirata. Di certo non si mette a inventarsi la relatività generale, essendo un lavoro estremamente stressante  ;) è certamente un punto di vista certamente interessante e rispettabile. Ma ci soddisfa veramente? è davvero sufficiente a darci quella "pienezza" di vita che cerchiamo?
CitazioneCredo di sì.
O meglio: non é sufficiente, ma può contribuirvi potentemente!


se Einstein fosse stato epicureo avrebbe lavorato giorni e giorni combattendo con conti che non tornavano, idee che difficilmente si potevano "scrivere" in forma matematica ecc? Secondo me evidentemente no! La seria ricerca scientifica e filosofica è faticosa e di certo "perturba" la mente. Posso concordare che la pace della mente è "il fine" però prima secondo me si "deve" ricercare. Se fossimo tutti epicurei probabilmente non staremo nemmeno qua a discutere ecc
CitazioneNon so Einstein, ma per esempio Scroedinger secondo me può essere considerato a ragione epicureo (ovviamente in senso lato: un "epicureo del XX° secolo") e non meno di Eisnstein si é piacevolmente (e genialmente) arrovellato -fra una esperienza sentimental-sessuale, un buon pranzo e l' ascolto di una buona musica, esperienze anch' esse gratificanti- su meccanica quantistica, cosmologia, biologia generalissimamente astratta, considerata nei suoi rapporti ontologici -riduzionistici- con la fisica generale).


Ad ogni modo si possono usare certamente le tecniche meditative (e simili) del passato per rafforzare il proprio carattere. Ma la totale rinuncia alla metafisica, intesa come rinuncia alla volontà di scoprire "la verità", "il bene" ecc non riesco proprio ad accettarla (vedasi la celeberrima frase di Socrate - e vedi il fatto che, per esempio, il buddhismo mi affascina ma non mi convince. Di certo se non mi importasse nulla della conoscenza e volessi liberarmi dal "male di vivere" probabilmente sarei buddhista, epicureo, stoico ecc semplicemente ho un punto di vista sulla realtà che mi "costringe" per così dire a "cercare".).
CitazioneSalvo il fatto che direi "filosofia" od "ontologia" (non necessariamente metafisiche; né necessariamente antimetafisiche) anziché "metafisica", concordo in pieno!



Secondo me la filosofia è la ricerca della verità e del bene e ritengo di trovare nei dialoghi platonici questo spirito di ricerca per antonomasia! E vorrei far notare che sono dialoghi, ovvero la ricerca era fatta insieme. Questo è uno dei motivi per cui la "pratica (esclusivamente) solitaria" non mi convince e quello che sto notando è che l' "indifferenza" alla metafisica (e alla filosofia in generale) di questi tempi toglie ogni speranza. Anzi, ad essere sincero credo che i due momenti in cui si è filosofato meglio furono i tempi di Socrate e Platone e tra i fisici dei primi cinquant'anni del '900.
Secondo me conoscenza e pace della mente devono essere coltivate assieme e sinceramente così mi sembra che molti saggi antichi facevano (non è forse per questo che Platone, Buddha, Zhuangzi ecc connettevano la "pace della mente" con un qualche tipo di conoscenza? e tale conoscenza non era "vissuta"? E non avrebbe senso farlo assieme? Un po' come i "dialoghi"?). Oggi si tende a vederle separate e secondo me non è per niente una cosa buona.
CitazioneSu Socrate e soprattutto Platone (e in parte -ho appena rammentato con grande ammirazione Scroedinger!- sulle filosofie dei fisici dell primo '900) ho invece opinioni ben diverse (non sulla necessità del discutere con altri le proprie idee; ma anche di meditare in solitudine).


#2168
X Il Dubbio
 
 
Credo che si stiano chiarendo i dissensi.
 
A me sembra perfettamente giustificato ritenere che tutte le azioni che io devo compiere fino a Natale (ad esempio preparare le valige, fare i biglietti aereo, pernottare una camera d'albergo ecc.) abbiano una connotazione deterministica che non abbiano alcun bisogno del supporto-interferenza causale della coscienza.
 
Anche se concordo che La natura non fa programmi per il futuro e la concatenazione deterministica è senza fini.
Credo anzi che se si ritiene che la mia coscienza eserciti effetti indeterministici sul mondo materiale naturale del quale il mio corpo e la mia coscienza fanno parte e inoltre si ritiene possibile la conoscenza scientifica (vera) del mondo naturale materiale stesso si cade in contraddizione, dal momento che é una conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) della conoscenza scientifica stessa il divenire regolare secondo modalità universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai fatti particolari concreti.
 
Pe me l' afinalistico determinismo naturale (limitatamente a determinati eventi neurofisiologici accadenti nei cervelli umani e animali) é "accompagnato" su un diverso, incomunicante, trascendente "piano ontologico" da coscienza, con la quale é appunto in rapporti di trascendenza-corrispondenza biunivoca.
Per esempio allorché nella mia coscienza accade che faccia programmi per realizzare scopi, senza alcuna loro interferenza causale, impossibile, se é possibile la conoscenza scientifica del mondo materiale naturale, nell' ambito di quest' ultimo accadono certi determinati eventi neurofisiologici (proprio quelli e non affatto altri) nel mio cervello (proprio quello e non un altro), che a tali miei eventi di coscienza corrispondono biunivocamente.
La natura non si pone scopi e non fa programmi, ma nel suo ambito accadono determinati eventi cerebrali che coesistono e corrispondono biunivocamente al porsi scopi e fare programmi nell' ambito di determinate coscienze; eventi neurofisiologici cerebrali perfettamente deterministici che deterministicamente causano i preparativi delle azioni finalizzate e programmate e le azioni stesse (senza nessun impossibile "cortocircuito temporale" fra eventi cerebrali corrispondenti a finalità coscienti e programmazioni coscienti ed eventi naturali: per la semplicissima concatenazione causale deterministica degli eventi cerebrali stessi e fra questi e i muscoli corporei).
 
Il cervello di Dante era ben diverso da quello di una scimmia, e aveva corrispondenze coscienti (nella coscienza di Dante) ben diverse da quelle di una scimmia (nella rispettiva coscienza).

E in corrispondenza biunivoca-non interferenza causale-trascendenza coi pensieri della creazione-elaborazione mentale dantesca della Divina Commedia il cervello di Dante del tutto deterministicamente e senza nulla di soprannaturale o misterioso ha prodotto (causato) le azioni del corpo di Dante consistenti nello scrivere (ed eventualmente nel sussurrare a tratti a se stesso o ad altri) il testo della Divina Commedia.
#2169
Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2017, 15:18:05 PM


Comunque l'epicureismo mi sembra una filosofia di vita che non contiene alcuna trascendenza, nulla di "sovrannaturale" e si adatta alle esigenze concrete molto più, per esempio, della filosofia di Nietzsche. Direi che la filosofia di Epicuro va bene per chi non "crede" più nella metafisica. Però un epicureista coerente e serio rinuncia a molte cose,

CitazioneE fin qui sono perfettamente d' accordo.

scienza compresa...


CitazioneMa perché mai (se non per eventuali -improbabilissimi, forse di fatto impossibili- casi determinati di incompatibilità del coltivare la scienza con altri beni più grandi e desiderabili)?

#2170
Citazione di: Il_Dubbio il 11 Dicembre 2017, 12:15:47 PM
 Il pensiero del tempo che scorre. Solitamente io propendo a credere che deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento. Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo. Questi salti temporali (progammo oggi cosa mangiare domani, o dove andare a Natale ecc.) non sarebbero possibili senza un programma che stabilisca il concetto di tempo. Ma il programma che stabilisce il concetto di tempo è comunque un'azione causata nel tempo e nello spazio, e non si comprende come invece il pensiero possa superare il freddo determinismo sottostante ed agire superando in altezza la loro concatenazione. Guardare dall'alto una concatenazione di eventi che mi porterà a decidere cosa mangiare domani o dove andare a Natale, non è identica alla concatenazione temporale di causa ed effetto che provoca un'azione istantanea. Qui parliamo invece di un'azione comandata per stabilire un ordine temporale degli eventi che si vuole mettere uno dietro l'altro per compiere un'azione lontana nel tempo. Tutto questo senza la coscienza, e la coscienza del pensiero del tempo non si potrebbe fare. Mi fermo qua... pensateci un attimo prima di rispondere e se ne avete voglia ;)
Non vedo proprio come, se si crede che "deterministicamente le azioni siano concatenate in causa ed effetto in modo automatico e direi momento per momento", si possa in maniera logicamente coerente, non contraddicendosi, sostenete anche che " Il pensiero cosciente del tempo invece scardina questa concatenazione fine a se stessa e si concede il lusso di ritenere di poter determinare un'azione anche lontana nel tempo".

Perché mai la previsione del tempo futuro e la programmazione delle proprie azioni remote nel tempo non dovrebbero essere deterministiche (o meglio: non avere un correlato materiale deterministico, che effettivamente causa quelle azioni) se deterministico é complessivamente il mondo nell' ambito del quale tali azioni accadono?
Pretendere che non lo siano significa né più né meno che contraddire la immediatamente precedente affermazione circa l' automatica concatenazione deterministica delle azioni.

Se la conoscenza scientifica (vera) del mondo materiale naturale é possibile, allora non é la tua coscienza che nell' ambito del mondo fisico stesso determina quello che farai a Natale: tutto nel mondo fisico accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade ("fra l' altro" deterministicamente, se ne é possibile la conoscenza scientifica) se per assurdo il tuo cervello non fosse "accompagnato" dalla tua coscienza (senza interferirvi ma solo divenendo con essa in reciproca, biunivoca corrispondenza; un solo certo determinato stato cerebrale per ogni certo determinato stato di coscienza e nessun altro e viceversa).
E se la conoscenza scientifica del mondo fisico é possibile, allora ciò che il tuo cervello farà fare al tuo corpo (che del mondo fisico fanno parte), anche in un remoto futuro programmato con largo anticipo (nell' ambito della tua coscienza a determinati eventi neurofisiologici propri del tuo cervello biunivocamente corrispondente), non può che rientrare nel generale, ineccepito e ineccepibile determinismo del mondo fisico.
#2171
Citazione di: green demetr il 10 Dicembre 2017, 19:06:34 PM
Citazione di: davintro il 10 Dicembre 2017, 18:23:57 PM
considero la solitudine come condizione fondamentale di ogni filosofare, inteso come momento in cui l'Io, appurato come l'esperienza esteriore si riveli insufficiente a risolvere dei problemi teoretici fondamentali come l'individuazione dei princìpi fondamentali dell'essere, del mondo, delle condizioni necessarie, cioè trascendentali della conoscenza, operi una sorta di "conversione" sguardo dall'esterno all'interno, considerando l'interiorità, la coscienza come l'ambito dal quale partire per cogliere le verità fondamental....e. Solo nell'individuazione del compito della filosofia come scoperta razionale dei princìpi primi fondamentali del pensiero, della conoscenza, dell'essere si riapre l'interesse a porre l'interiorità (e la solitudine) come luogo decisivo e punto di partenza di un sapere rigoroso.


Questo modo di intendere la filosofia è completamente imbalsamato.
Quando parli con una persona, quando vieni aggredito, minacciato, hai bisogno di una individuazione teoretica dei principi di verità?????

Mi sembra invece che questo modo di procedere analitico, sebbene di matrice fenomelogica, abbia gli stessi difetti della terribile filosofia analitica americana: sono sintomi della morte della filosofia.
CitazionePrimum vivere, deinde filosofari:
quando rischio la vita non rifletto su profonde questioni filosofiche ma cerco di agire con la necessaria rapidità per salvarla.
Così da poter continuare (fra le altre attività) a coltivare i miei interessi filosofici
#2172
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Dicembre 2017, 13:32:18 PM
Il fatto è che la filosofia, quando si tratta di accennare all'arte o alla religione, si trova spaesata, a meno che queste due attività non vengano di nuovo ricondotte a discorsi oggettivizzati. Ecco che allora abbiamo le discussioni filosofiche sull'estetica, il comparativismo religioso, cioè tipi di discorsi che in apparenza si stanno occupando di arti e di religioni, ma in realtà si occupano solo della loro scorza, della loro esteriorità, di ciò che di esse può essere oggettivizzato.

Perché la filosofia si trova spaesata di fronte all'arte e alla religione e tende a slittare verso oggettivazioni di esse? Perché il linguaggio di arte e religione non consente dominio, controllo, padronanza, mentre invece il discorso filosofico non è altro poi che matematica: il principio di non contraddizione, la logica, la razionalità, la metafisica, non sono altro che matematica, oggettivazioni per padroneggiare il discorso.

Di conseguenza, mi sembra che la risposta alla questione iniziale di Kobayashi richieda il coraggio di esplorare linguaggi diversi, i linguaggi interni dell'arte e della religione, che creano inevitabilmente al filosofo iniziale spaesamento perché non sono padroneggiabili con criteri definiti e precisi come quelli della matematica.

D'altra parte, la filosofia ha le sue ragioni nel fare questo: mancanza di controllo significa rischio di impostura, inganno, e non è difficile trovare nelle arti e nelle religioni le più colossali imposture.

Però la medicina a questo problema non può venire dall'oggettivizzare, dal controllare, perché il controllo distrugge la delicatezza e la profondità del discorso artistico e di quello religioso.

Che fare allora? Credo che la via che rimane sia quella di cimentarsi con coraggio in questi "discorsi a rischio di impostura", e risolvere il problema del rischio attraverso loro stessi, casomai mettendoci anche qualche pizzico di critica filosofica, ma cercando di evitare di esagerare perché, come ho detto, la critica serrata distrugge la delicatezza.

Si potrebbe paragonare la questione a quando un bambino ti propone di giocare con lui: se non hai il coraggio di immergerti nel suo mondo fantastico, non potrai mai capirlo, ti autocondannerai a non poter mai godere delle infinite ricchezze del suo cuore. Però il bambino ti potrebbe anche condurre, senza volerlo, al male, ad esempio ti può proporre di giocare con i fili della corrente, oppure di giocare invece di studiare; questi sono i punti in cui la filosofia critica dovrà intervenire, ma rimanendo pronta a retrocedere, o a modificarsi, appena il discorso non presenterà pericoli.

Oggi manca questo: una filosofia che sia arte e faccia tesoro del proprio bagaglio per non cadere nell'ingenuità e nell'impostura e favorire invece un progredire su linguaggi nuovi.

Ciò è diverso da quello che a volte vi ho visto fare, cioè buttarsi direttamente a scrivere poesie o esprimersi in linguaggi che non sono più filosofia, ma piuttosto letteratura. Cioè, la via di cui sto parlando non è saltare all'arte o saltare alla religione, ma piuttosto coniugare il discorso filosofico con il coraggio di cimentarsi con arte e religione, ma nel loro interno, non limitandosi ad occuparsi delle loro scorze oggettivizzabili. Significa che la filosofia dovrà prendere confidenza con i discorsi portati avanti dagli esperti di arte, o dagli artisti stessi, e dai teologi, o da chi vive una religione su se stesso, in prima persona.
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Per quel che mi riguarda, qui mi sembra di cogliere un atteggiamento di fronte alla vita e ai problemi che pone profondamente diverso, per così dire "diametralmente opposto" fra te e me.
Ed alquanto "fondamentalmente", in modo tale che é per lo meno difficilissimo il confrontarsi e l' intendersi reciprocamente in proposito.
In questi casi credo sia quasi (per lo meno, se non del tutto) impossibile andare oltre il reciproco rispetto.

Personalmente sono (irrazionalisticamente, nel senso di "acriticamente, spontaneamente, non come conseguenza di valutazioni più o meno razionali ma per un' immotivata, ingiustificata, irrazionale propensione") profondamente razionalista (e credo che rendersi conto di questi limiti intrinsecamente insuperabili del razionalismo, del suo essere una propensione comportamentale irrazionale, significhi essere più, e non affatto meno, razionalisti).

Irresistibilmente tendo a cercare di analizzare criticamente nella maniera più razionale possibile tutto, anche l' arte, la poesia, la musica, ecc.
Il che non credo proprio mi impedisca in alcun modo di goderne al massimo del possibile (ovviamente nei casi di arte che mi dica qualcosa: Michelangelo o Bach, ad esempio, non certo Andy Wahrol o il Rap); anzi!
#2173
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Dicembre 2017, 12:47:27 PM
sgiombo, scusami un'annotazione tecnica, che probabilmente è stata già discussa in passato: questo tuo modo di organizzare le citazioni rende difficile capire qual è il testo citato e quali sono le tue risposte.

Ad esempio, proprio in questo tuo ultimo messaggio, il primo gruppo di parole è una citazione ("Perché movimenti come quello di Tsipras...") e allora il lettore è portato a pensare: "ok, il riquadro più chiaro, segnato con le virgolette grosse contiene i testi citati; da qualche altra parte ci dovrebbe essere la risposta".

Invece più sotto, nello stesso messaggio, la tua risposta è contenuta anch'essa in un riquadro chiaro con le virgolette grosse.

In questo modo l'unico modo per capire quali sono i testi che citi e quali sono le tue risposte rimane quello di andarci a senso: quelle che sembrano, a occhio e croce, citazioni, forse sono citazioni, quelle che invece sembrano, a occhio e croce, tue risposte, forse sono tue risposte. Insomma, un guazzabuglio.
CitazioneMi dispiace, ma non riesco a fare in altro modo.

Peraltro mi sembra semplice e del tutto evidente che nell' ultimo scambio di idee fra me e Acquario69 tutto ciò che é scritto si sfondo bianco é affermato da me, mentre tutto ciò che é scritto su fondo violetto é affermato da Acquario69.

Lo stesso mutatis mutandis (mettendo AngeloCannata al posto di Acquario69) anche in questa ultima mia risposta alle tue osservazioni.
Non vedo come ci possa confondere (almeno in questi ultimi casi).
#2174
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Dicembre 2017, 11:00:49 AM


Quale tipo di meccanismo potrebbe innescare un pensiero in generale e poi anche uno che ci fa immaginare l'infinito? Non ci sono ragioni che il pensiero sia utile, visto che comunque esso è solo un mezzo per far scatenare una nostra azione. Ma se non ci fosse il pensiero l'azione potrebbe avvenire comunque (come se fossimo tanti airbag) poiche non è il pensiero che scatena l'azione ma l'automatismo o per lo meno questo è quello che dici tu (ma non sei da solo). Per cui il pensiero è inutile. Ma anche a volerlo utilizzare per farci aprire l'ombrello in caso di pioggia, non c'è ragione alcuna di farci venire pensieri ancora piu inutili come quello dell'infinito. Poi deve esistere una ragione razionale che descriva il pensiero come un effetto di una causa materiale. Invece arriviamo alla conclusione che è inutile e non razionalmente descrivibile.

CitazioneMa infatti il pensiero cosciente (e in generale la coscienza) é effettivamente inutile per il comportamento (umano in particolare), il quale é determinato unicamente, interamente, solo ed esclusivamente da determinati eventi neurofisiologici cerebrali ed accadrebbe esattamente nello stesso modo in cui accade se per assurdo non vi coesistesse (senza punto interferire punto con il mondo fisico) la coscienza: potrebbe benissimo darsi (non v' é modo di dimostrare che sia impossibile) che qualcuno degli altri uomini oltre a ciascuno di noi non siano che delle specie di zombi privi di coscienza che si comportano esattamente come se fossero coscienti  ma senza esserlo; nulla cambierebbe al di fuori della loro "privata", soggettiva coscienza (che verrebbe meno), nel mondo materiale "pubblico", intersoggettivamente valutabile e nel suo determinismo (indimostrabile: Hume! E necessario per non cadere in contraddizione se si crede che se la conoscenza scientifica di esso é possibile).

E' inutile trovare una spiegazione razionale del fatto che il pensiero sarebbe un effetto di una causa materiale per il semplice fatto che non può esserlo: cause materiali determinano unicamente affetti materiali.

Comunque non é detto che debbano esistere solo cose utili.
Per esempio il sublime piacere della musica é perfettamente inutile (anzi, leggermente dannoso in termini di fitness: mentre un antico nostro progenitore si distraeva godendo dei suoni emessi dal suo rudimentale tam tam o zufolo, era molto più esposto al pericolo di cadere vittima di un predatore che se non avesse avuto il desiderio di godere della musica), ma ciononostante per nostra grande fortuna esiste!

Magari almeno una potremmo verificare: io credo invece che sia utile anche se non razionalmente descrivibile. L'infinito a cosa serve? Chiedilo ai matematici. A cosa vi serve il concetto di infinito? Ma non solo, a cosa serve il concetto di punto (che è il contrario del concetto di infinitamente grande)? Se l'infinito è utilizzato in matematica, il punto è utilizzato in fisica, come infatti una particella la si intende come un punto. Ma come, mi dirai, la particella è un punto? Si, per i fisici tale è (almeno fino a prova contraria). Ma come si fa a costruire teorie su concetti impossibili da determinare in modo causale? Come fai a costruire un pensiero dove si dice che un punto è una particella? Quali ingredienti servono? Noi senza la possibilità di astrarre concetti impalpabili, non saremmo quello che siamo. Solo che un concetto impalpabile sarebbe casuato da un ingrediente palpabilissimo come un neurone o una sinapsi ecc. Come è possibile tutto ciò?
CitazioneA mio parere "ingredienti palpabilissimi" come i neuroni non potrebbero nemmeno causare fenomeni coscienti palpabilissimi come (la visione e la palpazione di) una roccia o un blocco di acciaio.

Ma credo (indimostrabilmente) che alla visione o alla palpazione di una roccia o di un blocco di acciaio, così come a qualsiasi pensiero, anche il più astratto (nell' ambito di una coscienza*) coesistano necessariamente certi determinati eventi neurofisiologici (e nessun altro) a tali altre sensazioni o fenomeni biunivocamente corrispondenti (attualmente o almeno potenzialmente nelle ben altre, diverse coscienze** di chi osservasse un certo determinato cervello e nessun altro).
#2175
Citazione di: acquario69 il 10 Dicembre 2017, 12:09:35 PM
Sgiombo scrive
CitazionePerché movimenti come quello di Tsipras in Grecia e il M5S in Italia, dopo aver proclamato ai quattro venti di voler cambiare tutto, iniziando inevitabilmente con l' uscita da quella autentica moderna "prigione dei popoli" che é l' attuale così impropriamente della "Euroooooooopa", hanno miseramente chinato il capo di fronte ai tiranni?

Secondo me la risposta ancor prima di essere politica  e' "filosofica" e per certi versi e' riassunta in quest'altra tua considerazione finale qui sotto;

CitazioneE chi pretendesse di negarlo o é uno sprovveduto in buonafede, oppure un privilegiato sfruttatore o un ascaro al servizio dei privilegiati e sfruttatori in malafede.

E tradotto in altri termini,il marcio che ce' fuori non e' altro che il riflesso speculare di quello che sta dentro
CitazioneSì, concordo.