COROLLARIO
L'ISTAT ci dice che il pane è fra le voci che pesano di più sulla spesa totale della gente, con una spesa media familiare di circa 80 Euro al mese, e, cioè, di 960 Euro l'anno (80x12); che noi, per semplicità di calcolo, arrotonderemo a 1.000 euro l'anno.
E' ovvio che tale media comprende ricchi e poveri, perchè, di pane, non se ne può mangiare meno di tanto, nè più di tanto; cioè, non è che se uno è straricco può mangiare più di un quintale di pane al giorno, o, se è povero, per sopravvivere, farne del tutto a meno.
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Il n° 15) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA prevede l'applicazione dell'aliquota del 4% per "paste alimentari; crackers e fette biscottate; pane, biscotto di mare e altri prodotti della panetteria ordinaria, contenenti ingredienti e sostanze ammessi dalla legge".
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Ecco, quindi, che, al diminuire del reddito complessivo percepito, aumenta proporzionalmente il gravame IVA sui consumi medi di pane (anche se il 4%, in effetti, è incorporato nel prezzo, io, per semplicità, l'ho scorporato, tanto il concetto resta lo stesso):
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a)
TIZIO con reddito di 100.000 euro annui.
IVA pagata sul pane: 40 euro annui
40 : 100.000 = 0,04 : 100
INCISIONE SUL REDDITO PARI ALLO 0,04%
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b)
Caio con reddito 50.000 euro annui.
IVA pagata sul pane: 40 euro annui
40 : 50.000 = 0,08 : 100
INCISIONE SUL REDDITO PARI ALLO 0,08%
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c)
SEMPRONIO con reddito 20.000 euro annui.
IVA pagata sul pane: 40 euro annui
40 : 20.000 = 0,20 : 100
INCISIONE SUL REDDITO PARI ALLO 0,20%