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Messaggi - sgiombo

#2176
Citazione di: Kobayashi il 10 Dicembre 2017, 09:33:01 AM
A green demetr che scrive "bisogna ripartire da Cartesio" rispondo: cioè dovremmo tornare al razionalismo del Seicento e di nuovo a persuaderci che la nostra ragione, pura, limpida, se ben condotta da un metodo ci può portare alla costruzione di nuovi sistemi metafisici?
Ma se tutta la filosofia da Nietzsche in poi non è stata altro che lo smantellamento di queste convinzioni!

Stavolta concordo proprio convintamente con Green: dopo dIstruziioni devastanti bisogna RICOSTRUIRE!

E poi se la questione è: di fronte alla crisi spirituale ed esistenziale dei nostri tempi, quale può essere il ruolo della filosofia? La risposta non può essere un ritorno a uno di quei fondamenti – un certo tipo di razionalità di cui Cartesio è fondatore e simbolo – ormai superati.
CitazioneSecondo il mio modesto parere il razionalismo non é affatto superato, é solo stato in larga misura disastrosamente accantonato, messo in minoranza, combattuto selvaggiamente in quest' epoca di decadenza sfrenata (come di regola accade in tutte le epoche di decadenza della civiltà umana).
Dunque va ripreso e sviluppato.


La crisi attuale non è il sintomo della perdita di Dio nelle sue diverse forme.
Gli europei non sono depressi perché non riescono a elaborare un lutto. Sono in realtà catatonici perché non possono convincersi che quella che stanno sperimentando sia vera vita, e così come gli insetti d'inverno, riducono il proprio metabolismo quasi allo zero...

Forse  quello che manca davvero all'europeo è la capacità di immaginare di poter uscire da questa immobilità e sperimentare qualche grande avventura (avventura nel senso indicato da Vittorio Mathieu di "cose che vengono a noi dal futuro, ma non senza che noi, di nostra iniziativa, ci muoviamo"; "l'incontro di eventi dipende da un nostro muoverci nello spazio"; "se noi non ci muovessimo non avremmo un futuro, fausto o infausto che sia, mentre il nostro spostarci ci fa incontrare le adventura").
CitazioneMa a mio parere per questo scopo un atteggiamento razionalistico (recuperato e adeguatamente sviluppato: credo che nessuno proponga di tornare a Cartesio e fermarsi lì) é una conditio sine qua non. 
#2177
Citazione di: InVerno il 09 Dicembre 2017, 21:39:17 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2017, 18:55:10 PM
Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2017, 16:10:56 PM
CitazioneLa forza dei dominanti sta proprio soprattutto in questo luogo comune, che sono riusciti a diffondere a livello di massa, del preteso "fallimento" del tentativo leninista
Uno sforzo microscopico, essendo che non solo il tentativo leninista fallito, ma anche tutti i singoli tentativi "spontanei" comunitari, non è rimasta una singola comune in piedi, nemmeno sotto falso nome o sotto i più bislacchi stendardi (tipo i mormoni) nemmeno nelle borgate, nemmeno a livello di amministrazione di condominio, sono tutte implose da sole anche dove il capitale non riusciva a penetrare perchè nemmeno c'erano le strade, persino gli Elfi toscani si sono disciolti. Le "fake news" ebbero davvero vita facile davanti a tanto spontaneo fallimento...
CitazioneCome volevasi dimostrare.
#2178
Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2017, 16:10:56 PM
X Sgiombo.
L'analisi della situazione mi sembra ampiamente condivisa, indipendentemente dall'essere o meno marxisti. Intendo dire che questo capitalismo neoliberista non può che essere profondamente criticato, a meno di appartenere, come dici tu, a classi privilegiate.
Ciò che però getta nello smarrimento più assoluto è la totale mancanza di un'alternativa a questo sistema. Riproporre la ricetta leninista dell'avanguardia illuminata, francamente, con tutta la simpatia e il rispetto e oserei dire l'amore – poiché ho frequentato a lungo quei luoghi... –, non penso possa portare a nulla.
Si sente il bisogno di qualcosa di nuovo, ma non c'è ancora nulla.
(Vedi per esempio il lavoro di Dardot e Laval: analisi notevolissima del neoliberismo, ma quando si tratta poi di proporre qualcosa di nuovo eccoli venir fuori con delle idee fragilissime...).
Forse bisognerebbe lasciar perdere il discorso politico (almeno fino al crollo definitivo del sistema bancario-finanziario mondiale... perché poi quando i bancomat sputano fuori aria calda anziché banconote voglio vedere se le persone non iniziano a pensare seriamente alle virtù della ghigliottina...) e concentrarsi sulle possibilità della dimensione comunitaria (intendo dire il lavoro pratico con una ventina o più di persone nella costruzione di qualcosa che non sia un'azienda ne una famiglia e che al momento chiamo comunità per mancanza di parole...).
CitazioneLa forza dei dominanti sta proprio soprattutto in questo luogo comune, che sono riusciti a diffondere a livello di massa, del preteso "fallimento" del tentativo leninista di superare il capitalismo (che a mio parere, malgrado grossi limiti ed errori, non é affatto fallito -basta considerare come si stava "da quelle parti", ma di riflesso o meglio in conseguenza in tutto il mondo e anche qui da noi, prima dell' '89 e come si sta ora- ma invece é stato sconfitto; in una guerra totale, senza esclusione di colpi, purché oggettivamente possibili ovviamente).
E se (ammesso e non concesso) ogni realistico tentativo di cambiare si risolve in una tragedia peggiore del presente é ovvio che sia meglio subire il presente e il futuro in via di costante ulteriore, "inevitabile" peggioramento.

E questo soprattutto per il fatto che, per lo meno in Occidente, si é diffusa a livello di massa una certa "mollezza", l' assurda irragionevole, irrealistica pretesa che l' orrendo stato di cose presente possa essere cambiato senza grandissimi sforzi, pesantissimi sacrifici, durissime lotte e anche, in una certa misura, senza compiere errori anche relativamente tragici: se non si é disposti a soffrire e a sporcarsi le mani ci si può lamentare fin che si vuole e si possono confezionare radiosissime ma sterili utopie, ma non si compie alcun passo avanti reale.
Come prometteva realisticamente ai suoi connazionali in un altro drammatico momento storico un miserabile reazionario (ma "con le palle"), se non si é disposti a pagare con abbondanti "sangue, sudore e lacrime" non si può che rassegnarsi a subire, si é confitti in partenza.
E infatti alla prima difficoltà (vedi Syriza e M5S), ci si piega docilmente alle pretese dei dominanti.
#2179
Mi scuso per il fatto di avere scorso molto rapidamente e solo "a tratti" per carenza di tempo questa interessante  discussione, che all' inizio non mi sembrava così interessante.

Per parte mia mi sento di poter dire che nella storia umana il senso critico, e l' autonomia di giudizio e l' autonoma consapevolezza e sviluppo di propri personali, più o meno convinti interessi e convinzioni sono sempre state decisamete minoritarie.

Ma non per una sorta di "destino ineluttabile", bensì per determinate cause sociali, oggi ben comprensibili e superabili.
Tant' é vero che questa condizione generale complessivamente alquanto "deludente" non é mai stata comunque uniformemente e costantemente generalizzata, ma si sono succedute fasi di maggiore o minore (anche se pur sempre relativo e complessivamente minoritario) "sviluppo diffuso" delle facoltà critiche razionali umane, a seconda che si trattasse di momenti storici di progresso o addirittura rivoluzione oppure di conservazione, reazione o addirittura decadenza (come é l' attuale: basti pensare a un fenomeno come l' "analfabetismo di ritorno", che quando ero bambino praticamente non esisteva, mentre permanevano sacche di "analfabetismo primario" che tendevano ad essere sempre più circoscritte ed eliminate: espressione chiara e inequivoca di un regresso culturale di massa).
Inoltre nel considerare il problema a mio parere bisogna rendersi conto della relatività e non assolutezza del fenomeno dell' "ignoranza e acriticità di massa", per così dire: non é la stessa cosa se c' é un 70% di analfabeti in un paese dall' economia prevalentemente agricola, con uno scarso sviluppo industriale e terziario e con un basso PIL o in un paese mediamente (senza dimenticare il pollo di Trilussa!) ricco e sviluppato.

Sono marxista (anzi marxista-leninista; e per i più conformisti aggiungo anche "stalinista") e, senza pretendere di convincere nessuno attraverso discussioni come questa (nella quale ignorerò eventuali provaocazioni su "gulag" e affini perché non ho alcuna intenzione di imbarcarmi in polemiche sterili e preconcette e la sede oggettivamente non consente la possibilità materiale di affrontare seriamente e costruttivamente tali questioni storiche non affatto semplici e banali), ma solo per accennare alle mie convinzioni sperando che qualcuno ci rifletta autonomamente su, affermo che credo che lo stato di cose presenti possa (N. B.: non che necessariamente debba) essere cambiato da cima a fondo (molto in meglio, anche da questo punto di vista dello sviluppo delle migliori facoltà potenzialmente umane), ma solo attraverso un grandissimo sforzo collettivo di avanguardie fortemente coscienti e di masse in tendenziale, progressiva maturazione di coscienza di classe.
Uno sforzo che richiede, oltre che intelligenza e cultura, anche grande disponibilità al sacrificio, al duro lavoro, spirito di abnegazione, e da parte almeno di alcuni perfino eroismo.

Perché movimenti come quello di Tsipras in Grecia e il M5S in Italia, dopo aver proclamato ai quattro venti di voler cambiare tutto, iniziando inevitabilmente con l' uscita da quella autentica moderna "prigione dei popoli" che é l' attuale così impropriamente della "Euroooooooopa", hanno miseramente chinato il capo di fronte ai tiranni?

Secondo me perché non hanno mai avuto il coraggio di dire alle masse che li seguivano, che dall' attuale, continuamente ingravescente inferno in cui si trovano non esiste alcuna uscita facile e indolore, ma si può sperare in un futuro migliore solo se si é disposti ad attraversare tempi durissimi e sopportare grandi sacrifici.
Questo secondo me é il punto di partenza ineludibile per potere sperare con cognizione di causa in un futuro migliore per l' umanità.

Il cammino dell' emancipazione degli sfruttati non é largo, dritto e ben asfaltato come la prospettiva Nevsky" (Lenin).

La rivoluzione non é un pranzo di gala" (Mao Tse Tung).

E chi pretendesse di negarlo o é uno sprovveduto in  buonafede, oppure un privilegiato sfruttatore o un ascaro al servizio dei privilegiati e sfruttatori in malafede.
#2180
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 22:42:52 PM


A me sembra che usiamo termini differenti per dire la stessa cosa... però poi sostituendo i termini di vengono fuori cose assurde. Quindi dovremmo accordarci su come usarli.
nel particolare:
Il determismo ontologico è pari all'indeterminismo epistemico ( Io uso scrivere indeterminismo epistemico, come ho scritto sopra).
Il tuo indeterminismo gnoseologico è invece pari all'indeterminismo epistemico (io non uso mai il termine gnoseologico).
Quindi sostituendo i termini vien fuori che l'indetermismo epistemico non si impone all'indeterminismo epistemico?
La frase cosi è priva di senso. Poi non capisco cosa vuoi dire con il "non si impone". Se il concetto espresso è quello comune, allora in un duello fra due litiganti se uno non si impone vuol dire che alle volte finisco alla pari. Il problema è che determinismo ontologico e indeterminismo gnoseologico nascevano gia alla pari... espressi entrambi con indeterminismo epistemico...quindi che vuoi dire?
CitazioneSi, personalmente preferisco usare il termine "indeterminismo gnoseologico" con lo stesso significato del correntemente usato "indeterminismo epistemico" (legato ai limiti soggettivi della conoscenza di fatto: un "determinismo gnoseologico ovvero metafisico" essendo rilevabile e scientificamente conoscibile soltanto in relativamente pochi casi molto particolari del divenire naturale, con non troppi e non troppo complicati fattori in gioco, dei quali si possa avere una conoscenza sufficientemente completa e precisa); e lo stesso per quanto riguarda "determinismo (oppure indeterminismo) ontologico" e "determinismo (oppure indeterminismo) metafisico" (indipendente dai limiti soggettivi della conoscenza che se ne può di fatto avere, ma invece proprio della realtà naturale materiale nella sua oggettività).

Usando i termini correnti viene fuori che un determinismo metafisico (ovvero ontologico) per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico; con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), il quale di per sé potrebbe anche coesistere senza necessariamente cadere in contraddizione con un indeterminismo (pure) metafisico (ovvero ontologico), ma invece a un indeterminismo epistemico (ovvero) gnoseologico che si accompagni con (assunto in aggiunta a-) la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera; sia pure in parte maggiore o minore di fatto relativamente indeterministica, probabilistica): é infatti la (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) che, anche in caso di soggettivo indeterminismo epistemico (ovvero gnoseologico) conseguente i limiti soggettivi della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo metafisico (ovvero ontologico).
Infatti senza la conditio sine qua non (indimostrabile: Hume!) del divenire naturale oggettivamente ordinato secondo modalità o regole generali astratte universali e costanti (= il determinismo metafisico ovvero ontologico; e non invece con l' indeterminismo metafisico ovvero ontologico) la conoscenza scientifica (= per l' appunto la conoscenza delle leggi universali e costanti del divenire naturale) non sarebbe possibile per un' impossibilità logica (contraddizione).


#2181
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 15:46:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2017, 15:29:22 PMA questo punto mi corre l' obbligo di fare un' ulteriore precisazione.

Non ho nemmeno mai preteso di attribuire alla scienza (le scienze naturali) un ruolo che non può avere.
Ho infatti sempre sostenuto che nel caso di sistemi di elevatissima complessità come la meteorologia o la neurologia (soprattutto umana) non può che ammettere di non poter andare oltre la conoscenza probabilistica - statistica (che in molti di questi casi é l' unica possibile) la quale é propria di un (relativo) indeterminismo gnoseologico o epistemico.
Al quale però nulla vieta, "in sede filosofica" e non scientifica, di affiancare la credenza in un determinismo ontologico.
Ed anzi lo impone la coerenza logica: se qualche scienziato che si interessasse anche di filosofia volesse porsi il problema filosofico determinismo-liberoarbitrio (oltre ovviamente ai filosofi che se ne interessano per così dire "istituzionalmente"), credendo alla possibilità della conoscenza scientifica (vera) e all' indeterminismo (in generale, e in particolare al libero arbitrio umano) cadrebbe in contraddizione.
Mi spieghi meglio questa coerenza logica? In cosa consiste piu in dettaglio?
Hai detto che la credenza in un determinismo ontologico lo impone una coerenza logica. Cosicchè ad ogni tipo di conoscenza probabilistica gli si imporebbe un determinismo ontologico per coerenza logica? E per quale motivo?
CitazioneUn determinismo ontologico per coerenza logica (per non cadere in contraddizione) non si impone necessariamente al solo indeterminismo gnoseologico (con eventuale conoscenza probabilistica-statistica), che di per sé potrebbe anche coesistere con un indeterminismo ontologico, ma invece a un indeterminismo gnoseologico che si accompagni con la credenza nella possibilità di conoscenza scientifica (vera): é infatti quest' ultima che, anche in caso di soggettivo indeterminismo gnoseologico conseguente i limiti della conoscenza scientifica stessa, impone che il divenire naturale oggettivo sia caratterizzato da un determinismo ontologico).
Qui mi esprimo in generale e non prendo in considerazione l' indeterminismo quantistico perché:
a) a mio parere non cambia i termini filosofici della questione;
b) personalmente seguo l' interpretazione deterministica "a variabili nascoste" di Bohm e non quella conformistica "di Copenhagen".
#2182
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 11:59:52 AM


Avevo letto male... se ho capito bene questo passaggio ci troviamo d'accordo.

Il fatto però è che tu pretendi di dare alla scienza un ruolo che non può avere. Ci sono eccezioni in cui la scienza può restituire una conoscenza determinata in senso assoluto. Ma la maggior parte delle nostre conoscenze scientifiche sono del tipo indeterminismo epistemico o come lo chiami tu determinismo ontologico (al dire il vero non usavo questo termine preferendo scrivere sempre indeterminismo epistemico).

Esiste effettivamente anche un'altra distinzione. L'indeterminismo ontologico si divide in due parti. La prima dice che in linea di principio i fatti sono determinati, ma c'è una impossibilità ontologica di conoscerli. C'è poi l'indeterminismo ontologico (a cui facevo io riferimento) che dice che i fatti (ovvero i processi di casuazione) non esistono, ovvero sono a-casuati (senza causa). Praticamente un effetto è senza una causa. In questo caso si rompe in maniera definitiva la catena che lega un effetto ad una causa precedente.

CitazioneA questo punto mi corre l' obbligo di fare un' ulteriore precisazione.

Non ho nemmeno mai preteso di attribuire alla scienza (le scienze naturali) un ruolo che non può avere.
Ho infatti sempre sostenuto che nel caso di sistemi di elevatissima complessità come la meteorologia o la neurologia (soprattutto umana) non può che ammettere di non poter andare oltre la conoscenza probabilistica - statistica (che in molti di questi casi é l' unica possibile) la quale é propria di un (relativo) indeterminismo gnoseologico o epistemico.
Al quale però nulla vieta, "in sede filosofica" e non scientifica, di affiancare la credenza in un determinismo ontologico.
Ed anzi lo impone la coerenza logica: se qualche scienziato che si interessasse anche di filosofia volesse porsi il problema filosofico determinismo-liberoarbitrio (oltre ovviamente ai filosofi che se ne interessano per così dire "istituzionalmente"), credendo alla possibilità della conoscenza scientifica (vera) e all' indeterminismo (in generale, e in particolare al libero arbitrio umano) cadrebbe in contraddizione.



#2183
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Dicembre 2017, 00:53:19 AM
Citazione di: sgiombo il 06 Dicembre 2017, 21:46:17 PMInvece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.)

Mi spiace. La distinzione fra indeterminismo epistemologico ed ontologico (che tu chiami metafisico) è un bel po' diversa. Io l'ho anche scritta qualche post fa.
Episteme sta per conoscenza. Indeterminismo epistemico significa che non possiamo conoscere, ma si ritiene che l'informazione sia comunque  reale.
In caso di indeterminismo ontologico rimane la nostra impossibilità di conoscere, ma lo si attribuisce alla non realtà dell'informazione che per questo motivo è non conoscibile.
Per cui non comprendo il significato di indeterminismo metafisico che qui mi sembra fuori luogo.

CitazioneMi dispiace a mia volta, ma "non la possiamo conoscere ma si ritiene che l' informazione sia comunque reale" non significa altro che "in linea teorica, di principio (non di fatto, il che é impossibile) se la conoscessimo potremmo calcolare e prevedere tutto", cioè la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo gnoseologico o epistemico, (per definizione coesistente con un determinismo ontologico ovvero metafisico).
E invece "non la possiamo conoscere e si ritiene che l' informazione non sia nemmeno comunque reale", ovvero "nemmeno in linea teorica, di principio (oltre che fatto), non la potremmo mai conoscere e dunque non potremmo calcolare e prevedere tutto" é la (pretesa) "mia" definizione di indeterminismo ontologico o metafisico.


#2184
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2017, 22:51:38 PM


In terzo luogo, l'essere umano deve potersi pensare libero, almeno parzialmente, nella sua volontà. C'è un passo significativo di Dostoevskij, dove lo scrittore dice a proposito dell'uomo, trasformato da uno scienziato in tasto di un pianoforte: "ma questo non basta, perfino nel caso che diventasse un tasto di pianoforte, a dimostrarglielo perfino con le scienze naturali e matematicamente, anche allora non rinsavirebbe, ma, al contrario, farebbe apposta qualcosa, unicamente per pura ingratitudine: precisamente per tenere duro...se voi direte che anche tutto questo si può calcolare secondo la tabella, il caos, la tenebra, la maledizione, sicchè la sola possibilità di un calcolo preventivo fermerebbe tutto e la ragione riprenderebbe i suoi diritti, in questo caso l'uomo diventerà pazzo, apposta per essere privo di ragione e tenere duro! Io ci credo, ne rispondo, perché infatti tutto il compito dell'uomo pare che consista effettivamente solo in questo: che l'uomo dimostri a se stesso ogni momento che è un uomo e non una canna d'organo".
Non ha valore scientifico quello che dice Dostoevskij, eppure questa frase risuona in me in modo molto vero.
Per concludere (ma davvero leggete tutto?): viviamo in un ambiente deterministico, con freni deterministici diversi in ognuno di noi, perché le possibilità di scelta non sono uguali per tutti, c'è chi ne ha di più e chi meno, ma che tuttavia appunto permette una libertà di azione che è in parte "casualità", in parte fondata dai processi storici e culturali, in parte dall'esigenza interiore e fortissima di ognuno di noi di sentirsi fautore del proprio destino.

CitazioneAlmeno altrettanto bene scritte delle mie da cui prendono spunto sono queste considerazioni.

Mi sembra che concordino nella sostanza con quelle precedentemente sostenute da Apeiron e che come queste confondano la libertà da coercizioni estrinseche con il libero arbitrio come indeterminismo intrinseco.

Per restare alla metafora di Dostoevskij, credo (per parte mia ovviamente; il grande russo, che purtroppo conosco solo per sentito dire, probabilmente pensava come te) che all' uomo ripugni di essere come un tasto di pianoforte o una canna d' organo per il fatto che é il misucista a decidere quando deve emettere la sua nota, non il fatto che, se lo decidesse lui autonomamente, emetterebbe necessariamente la "sua" nota secondo le sue proprie, intrinseche caratteristiche costitutive, e non una nota a casaccio, una volta il "fa", un' altra il "do" o il "mi bemolle" del tutto indipendentemente dalla sua propria "personalità di tasto di pianoforte" o "di canna d' organo" non qualsiasi ma "caratterizzata -o da una certa fisionomia".

Se fossi, poniamo (evito esempi più seri ma più "politicamente caratterizzati" per non urtare la suscettibilità di nessuno), un tifoso dell' Inter, sarei frustrato se un gruppo di facinorosi ultras del Milan, minacciandomi con bastoni, mi imponesse di gridare "Viva il Milan e abbasso l' Inter!". Ma invece non sarei frustrato per nulla -anzi!- se, potendo liberamente esprimermi, la mia "fede interista" mi imponesse (del tutto prevedibilmente: chi mai penserebbe che potesse succedere il contrario?) di gridare "Viva l' Inter e abbasso il Milan!".
Sarei anzi fiero del fatto che questo "grido di battaglia" nascerebbe non imprevedibilmente, per caso, come potrebbe teoricamente accadere in stato di ubriachezza, per l' uso di droghe psicotrope o in un delirio da febbre altissima, oppure se gettassi una moneta e scegliessi di gridare "viva l' Inter!" in caso di esito "testa", "viva il Milan!" in caso di esito "croce", ma invece del tutto prevedibilmente in quanto dettatomi (ovvero determinato) dalla mia "fede interista", dalle mie peculiari caratteristiche personali e dalle mie proprie autonome, "creative" convinzioni.
#2185
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Dicembre 2017, 01:32:48 AM


Quando si presume che una certa sequenza sia deterministica lo si fa in base a cosa? Proviamo a dare una spiegazione: si presume  che un dato evento sia stato causato da un altro evento.  O magari da una successione di eventi o da un contesto di eventi. Un'automobile è stata, ad esempio, creata con pezzi differenti messi assieme. L'automobile quindi è una costruizione  di tanti eventi. L'assemblaggio di una automobile possiamo ricostruirlo in modo deterministico e possiamo anzi dobbiamo prevederlo in anticipo altrimenti non uscirà un'automobile ma solo una bicicletta.  Per sapere se si formerà una nuvola di pioggia domani su Livorno possiamo ricreare lo stesso assemblaggio utilizzato per costruire un'automobile?
Per la nuvola di Livorno abbiamo un assemblaggio parziale, per cui la nostra conoscenza se pioverà a Livorno è indeterminata da una certa incertezza dovuta alla conoscenza sul tipo di assemblaggio che ricostruiva la nuvola. Anche se la nostra conoscenza sulla nuvola di Livorno è indeterminata, cosa ci fa pensare che invece la sua formazione sia determinata? Cadiamo quindi in un problema epistemologico (filososia della conoscenza).
CitazioneSe la conoscenza scientifica (vera) della natura materiale é possibile, allora il divenire naturale é deterministico (per lo meno in senso "debole" cioè probablistico.
Questo é indimostrabile (Hume!); ma é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
 
Prescindendo dalla questione del tipo di determinismo considerare ("forte" o "meccanicistico" oppure "debole" o "probabilistico"), in ogni caso bisogna distinguere fra determinismo epistemologico (personalmente preferirei denominarlo "gnoseologico") e determinismo metafisico (personalmente preferirei denominarlo "ontologico").
Il caso dell' auto é quello di un determinismo metafisico e anche epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile sia in linea di principio (d. m.) sia in linea di fatto (d.e.).
Invece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.).
Il d.m. "sottostante" oggettivamente al soggettivo non d.e. consente però, almeno talora, di realizzare conoscenze per lo meno probabilistiche: esempi.: la probabilità che oggi a Livorno piova é dell1%; la probabilità che trovando un portafogli cerchi il proprietario che l' ha perso per ridarglielo e dl 90%.
A farci pensare che la meteorologia di Livorno o la mia decisione di restituire il portafogli trovato siano deterministici (metafisicamente) é il fatto che crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera): se crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera) e riteniamo non metafisicamente deterministici il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato, allora adiamo in contraddizione.
Se invece non crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora possiamo credere che il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato non siano deterministici senza cadere in contraddizione.



Ora ci chiediamo come nasce la coscienza (come se la coscienza fosse appunto come una automobile o una nuvola)?
Questo punto l'abbiamo saltato. Io però ho detto, ammettiamo che la sua costruzione sia come quella che si usa per costruire automobili o nuvole, quindi in definitiva deterministica.
CitazioneLa coscienza non c' entra: che io sia cosciente (per te e gli altri che osservano il mio cervello e il conseguente no comportamento; ovviamente non per me che della mia coscienza ho la conoscenza più certa di qualsiasi altra) o meno non fa alcuna differenza nel mio comportamento (es: nel fatto che restituisca il portafogli a chi l' ha smarrito o meno, in conseguenza deterministica di eventi neurofisiologici accadenti nel mio cervello, e non di ciò che accade nella mia coscienza in corrispondenza biunivoca con essi).



Dopo aver ammesso per ipotesi questo punto, mi chiedo, c'è una differenza fra un'automobile, una nuvola ed una coscienza?
Ammesso e non concesso che siano tre costruizioni deterministiche ti propongo questo gioco fantasioso:
assembliamo l'automobile con la coscienza e la nuvola (ammettiamo che l'automobile possa anche volare come una nuvola).
Ora abbiamo sicuramente un pezzo, di questo assemblaggio stano, di cui conosciamo praticamente tutto, un'altro pezzo che conosciamo solo una parte, ed un pezzo che non conosciamo per niente.
Cosa succede?. C'è una parte di osservatori che darà la colpa alla nuvola se non sappiamo quando l'automobile farà cadere la pioggia su Livorno. Tutto sommato mi sembra ragionevole. E la coscienza? Dopo tutto anche la coscienza fa parte dell'ingranaggio assemblato. Per cui se fa parte dell'ingranaggio a qualcosa deve pure servire.
Quindi abbiamo una macchina, un insieme di particelle di acqua e una coscienza. Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove a chi daremo la colpa di questa discrepanza tra la bassa percentuale di previsione di pioggia e il fatto che in realtà poi stia piovendo? Sicuramente alla nostra ignoranza delle condizioni a contorno. Ce ne fregheremo della coscienza anzi quella la confonderemo con la nuvola.

Io invece sto cercando di dire che la coscienza aumenta le variabili in gioco, e le probabilità di stabilire un dato evento aumentano enormemente in presenza di una coscienza. Queste variabili non sono deterministiche, perche non sono strettamente la somma dei pezzi che assemblano la macchina.
CitazioneSe crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora fra un'automobile, una nuvola e un cervello umano c'é una differenza unicamente di "grado di complessità"; la quale fa sì che dell' automobile si possa disporre di una conoscenza sufficientemente precisa e completa da attribuirle (riconoscerle) un d.e., mentre della nuvola e del cervello si può avere una coscienza non sufficientemente precisa e completa per potere attribuire loro un d.e., ma solo un d.m.
La coscienza non c'entra: essa é la realtà nell' ambito della quale determinismi, indeterminismi ecc. accadono (o meno).
 
Se a Livorno avevamo solo l'1% di probabilità di pioggia e piove non abbiamo nessuna colpa da attribuire a nessuno per nessuna discrepanza: se c' era l' 1% di probabilità che piovesse, allora nessuno ci avena garantito in alcun modo che non sarebbe piovuto!
Semplicemente dicesi, un po' volgarmente ma molto espressivamente "sfiga" (e il contrario "culo").
#2186
Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2017, 00:17:08 AM
Sgiombo,
lasciamo stare, anche la mia pazienza ha un limite
CitazioneD' accordo.
(Beh, almeno in qualcosa concordiamo).
#2187
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 16:16:40 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 14:53:28 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca. Per Aepiron. Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio. Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.

Tranquillo :) non ho avvertito una particolare polemica da parte tua. Solo che adesso non sono molto in "vena" di discutere  ;)  

Anicca/impermanenza in azione  :(
CitazioneGrazie.

Vorrei però scusarmi anche con tutti gli altri.

Ultimamente perdo facilmente la pazienza. 
#2188
CONTINUAZIONE

Paul11:
Come è ormai accertato, ma no per te, una percezione sensoriale fisica prima che divenga memoria fisica nel cervello viene mediata dal sistema delle credenze .Noi non vediamo con gli occhi, ma con  il rapporto mente/cervello ed è per questo che noi a volte neghiamo ciò che vediamo, oppure vediamo quello che ci fa comodo vedere.

Citazione

Sgiombo:
"Accertato" una beata fava!
Questa é il preteso e non affatto "accertato" (e a mio parere perfettamente computabile) "mito del dato".Noi vediamo ciò che vediamo, punto e basta.
Quel che eventualmente a volte facciamo (e non affatto necessariamente sempre) oltre al vedere é credere (veracemente o anche a volte falsamente) che quel che vediamo sia altro da ciò che é: vedere e predicare circa ciò che si vede sono eventi ben diversi e reciprocamente distinti!
E non affatto necessariamente coesistenti.Da non confondersi (come fanno i sostenitori del preteso "mito del dato").



Paul11:
Sgiombo scrive:Non impiego affatto il "metodo scientifico fisicalista" per affrontare il problema dei rapporti coscienza-materia (e pensiero-cervello), ritenendoli del tutto inappropriati e inefficaci, bensì il ragionamento filosofico, l' analisi razionale.
Se una patologia fisica altera il cervello "parallelamente" (e non per reciproca interferenza causale) si avrà una corrispondente alterazione della coscienza, pensiero e conoscenza compresi.
Quì ammetti il metodo razionale logico della deduzione filosofica che implicitamente si scontra, nella tua visione, con il metodo induttivo scientifico moderno sperimentale.Non riesci a relazionare i due domini con lo stesso metodo.Ma ammetti che una patologia fisica nel cervello altera la coscienza ( ma cosa è dove ontologicamente si situa?) e ovviamente ,secondo la tua visione, togli l'interferenza casuale in quanto appartenete al dominio fisico della scienza sperimentale.e allora come si relazionano e in quale dominio ontologico e come epistemologicamente riconosci questa relazione?

Citazione
Sgiombo:
Ma quando mai avrei "ammesso" e non invece seguito "da sempre" per mia propria autonoma convinzione il razionalismo filosofico???
Ma da quando in qua distinguere metodi filosofici da metodi scientifici significherebbe "contrapporli" (farli "scontrare") e non invece integrarli in quanto complementari???
All' ultima domanda ho già risposto un numero impressionante di volte.Se ad ogni costo non vuoi prendere in considerazione le mie risposte, é inutile che aggiunga qui la numero n+1.



Paul 11:
Sgiombo scrive: Fra mente e cervello c' é unicamente una relazione di corrispondenza biunivoca (uno e un solo stato mentale per ogni stato cerebrale e viceversa), nella reciproca trascendenza: nessuna delle due realtà ontologicamente in reciproca trascendenza influenza causalmente l' altra né ne é influenzata causalmente in alcun modo).Accetti la relazione fra mente e cervello.Non è per niente chiaro come avviene questa relazione.Cerchi di salvare la tua visione separata di mente e cervello dove non è altrettanto chiaro cosa quì intendi per trascendenza.Valgono le considerazioni che ho fatto precedentemente.

Citazione
Sgiombo:
Esattamente anche da parte mia (circa l' impossibilità di far capire le mie convinzioni a chi, ogni volta che gliele illustro -fosse pure la millesima e più- mi richiede sempre una volta ancora "cosa intendo" con le parole che scrivo.
Non sei d' accorro con le mie opinioni?
Niente di male.
Non é nemmeno necessario (anche se sarebbe meglio) che argomenti il tuo disaccordo.
Ma ciò non ti autorizza a dire che non ho spiegato (un' infinità di volte) le mie opinioni stesse.



Paul11:
Sgiombo scrive: Ma quale riduzionismo della mente al cervello?La mente trascende il cervello (e viceversa).
Circa i rapporti fra mente e cervello mi sembra che fra "riduzionismo" e "trascendenza" (fra diversi "piani ontologici": materiale e mentale incomunicanti) vi sia molta maggiore diversità-opposizione-contrarietà che fra "riduzionismo" ed "emergentismo" (comunque fra aspetti immanenti, reciprocamente interconnessi causalmente del medesimo "piano ontologico materiale").
Non mi è chiaro il significato di questa tua argomentazione.Non è chiaro cosa intendi per trascendente.Mi manca il tuo ragionamento dialettico di come coniughi l'astratto (la mente) e il concreto(il cervello) in un unico metodo logico.

Citazione
Sgiombo:
E te pareva?!?!?!



Paul11:
Sgimbo scrive: E' una vita che parlo della relazione (che mi sembra chiarissima e semplicissima, perfettamente comprensibile in generale; e in particolare "saputa" da parte mia) di "trascendenza nella biunivoca corrispondenza" fra cervello e mente (esperienza; non solo mentale):Questo é un rapporto duale "secco" che implica due distinti e non comunicanti-non interagenti "domini" ontologici: materiale e di coscienza: fra di essi vi é un "abisso ontologico" epistemologicamente chiarissimo, trattabilissimo, comprensibile con estrema facilità: la relazione é -ripeto per l' ennesima volta- di corrispondenza biunivoca nella trascendenza).Ed è una vita che non risolvi affatto le relazioni ontologiche di mente/ cervello e quelle  relazionali logiche in un unico metodo (induttivo della chiusura causale del mondo  o deduttivo filosofico?)Non può esistere nessuna relazione biunivoca o qualsivoglia altra, se domini diversi ontologici non hanno qualche elemento in comune,sul piano fisico o sul piano logico relazionale che permetta la stessa relazione sul piano epistemologico.E' come se io utilizzassi un metodo, una ontologia e una fenomenologia per descrive le relazioni con un sasso e utilizzi altri domini ontologici ,epistemologici, fenomenologici per descrivere Dio: Il sasso e Dio non comunicherebbero  fra loro  la loro esistenza e connessione logica se non li colloco almeno sul piano logico razionale su elementi comuni.

Citazione
Sgiombo:
Che la mia soluzione del problema non ti piaccia, che la ritieni (legittimamente, con' é ovvio!) una gran cazzata é un conto.
Ma che non offro una soluzione molto (chiara e precisa) dei rapporti mente-cervello lo può sostenere solo chi deliberatamente rifiuti di leggere quel che scrivo.



Paul11:
Sgiombo: Cosa sono le memorie "fisiche"?Se sono le aree del cervello dove sono registrati gli eventi con cui il cervello é stato in relazione e che conseguentemente ne influenzano la regolazione del comportamento (analogamente alle "memorie" dei computer), certamente no!
Le mie nel mio cervello sono diverse dalle tue nel tuo!

E le memorie della mente, non certo condivise, sono nella mente di ciascuno (come potenzialità allorché non si pensano attualmente ricordi -ma nel noumeno la cosa in sé corrispondente a ciascuno di noi é "fatta in modo corrispondente" ad e esse- e attualmente allorché i ricordi vemgono coscientemente evocati).
Ma tu nasci con una area del broca o no? Tu nasci con una amigdala e un ipotalamo ?Un conto è sostenere che non abbiamo cervelli uguali, e un conto è sostenere che non abbiamo cervelli simili?L'uguaglianza e la similitudine sono due concetti diversi.Se non fosse così dimmi come faremmo  a comunicare fra noi?Sono i contenuti delle memorie di ciascuno di noi che mutano, non le memorie e oggetti fisici,ma proprio per questo significa che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla menteSgiombo secondo te la memoria amigdala non influisce sull'emotività delle percezioni sensoriali? Ma dai............

Citazione
Sgiombo:
Ma dove c... (mi sono autocensurato a stento) avrei mai scritto che non abbiamo cervelli simili???

Dove caspita avrei mai confuso i concetto di uguaglianza e similitudine???

Che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla mente é ovvio e pacifico.Il problema é: quale é questa relazione.E se permetti mi sono proprio stufato di illustrarti infinite volte inutilmente quale é secondo me
#2189
Citazione di: paul11 il 03 Dicembre 2017, 14:36:50 PM
Sgiombo,
quando scrivi : No! Pongo tanto la mente (esperienza mentale) mia quanto l' esperienza materiale mia nella mia esperienza cosciente (e in generale l' esperienza materiale e mentale di ciascuno nell' esperienza cosciente propria di ognuno)
Cerchiamo di fare attenzione alle terminologie e relative definizioni convenzionali, diversamente non si capisce e
questo genera lettura interpretative personali che alla fine sono gli elementi di incomprensione.
Tu poni ontologicamente la mente e il cervello, vale a dire esistono .Non è assolutamente chiaro il dominio in cui
poni la mente; il noumeno è un'invenzione che sta fra il fisico e il metafisico è il "limbo" della conoscenza per i fisiicalisti
che non accettano il metafisico ,ma accettano che "un qualcosa c'è oltre l'aspetto materiale".
Generalmente è perchè non riescono a coniugare le relazioni epistemiche, la verità conoscitiva, in domini diversi.
CitazioneA me pare chiarissimo che "pongo" la mente (res cogitans), esattamente come la materia (la res extensa),nel "dominio" dell' esperienza fenomenica cosciente (di chiunque la esperisca).

Di quel che pensano i fisicalisti del noumeno non me ne può fregare di meno.
Peraltro sono monisti materialisti che ammettono l' esistenza solamente di ciò che è "fisico" (ovvero materiale): lo dice la parola stessa.
Per loro non esiste nessun "noumeno", ma solo la res extensa fenomenica..
Per me é la realtà in sé (comprendente gli oggetti e i soggetti delle sensazioni fenomeniche coscienti), e dunque non sta tra il metafisico e il fisico (che é fenomenico quanto il mentale), ma invece é "in tutto e per tutto" metafisico (e parimenti metamentale).



L'esperienza della mente dove si trova ontologicamente e come si relaziona epistologicamente se non nel cervello come materiale biochimico?
Se la coscienza raccoglie l'insieme delle esperienze della mente e della materia(implicitamente indichi quì il cervello?),
cosa intendi ontologicamente per coscienza; quale  è la differenza fra mente, coscienza e cervello essendo richimati tutti e tre dome concetti ontologici; quali sono le loro definizioni terminologiche per te e quali relazioni dovrebbero sussistere?

Fin quando non risolvi le relazioni sul piano ontologico ed epistemologico non è assolutamente chiaro come possano relazionarsi e in quali domini (fisico, metafisico ) vengano collocati. E' questo che genera confusione e crea ambiguità interpretativa sulla tua interpretazione.
CitazioneL' esperienza della mente (res cogitans), esattamente come quella della materia (res extensa), "si trova ontologicamente" nell' esperienza fenomenica cosciente.
Il cervello col suo materiale biochimico, insieme al resto della materia, é nell' esperienza fenomenica cosciente esattamente come vi é la mente.

Mi dispiace, ma più chiaro di così non posso essere.
Se dopo che ti ho chiarito infinite volte che per me la coscienza é tutto quanto viene consapevolmente esperito, comprendente la res extensa, cervelli compresi, e la res cogitans, cioè la mente, non reciprocamente interagenti ma trascendenti e biunivocamente corrispondenti, ancora mi stai a chiedere come risolvo le relazioni fra di essi sul piano ontologico ed epistemologico, l' impresa di fartelo capire mi pare decisamente disperata.



Continui a credere alla chiusura causale del mondo fisco.Questo crea un'incomunicabilità fra i domini del fisco (cervello)
e della mente che collochi nel "limbo" del noumeno.quando due oggetti ontologicamente si trovano in due domini diversi non capisco quali elementi dei due insiemi possano comunicare fra loro, possano costruire relazioni.Questo è un cortocircuito logico.
Perchè se sostieni la chiusura causale fisica e utilizzi la dimostrazione scientifica moderna come verità epistemica ", vale a dire che è vero solo ciò che è dimostrabile sperimentalmente per via fisica,  non riuscirai mai a relazionare la mente con il cervello, essendo in domini diversi.

CitazioneMa quale "corto circuito logico"???
Certo che mente e materia sono incomunicanti (non reciprocamente interagenti!
Nessun elemento dell' una interferisce causalmente con alcun elemento dell' altra, ma invece é in relazione di corrispondenza biunivoca con ciascun elemento dell' altra.
Mai scritto che "solo ciò che è dimostrabile sperimentalmente per via fisica" é verità epistemica.
Casomai solo questo é verità scientifica naturale (di cui non fa parte nemmeno la matematica pura).
Mente e cervello, reali in ambiti ontologici diversi, li relaziono (oltre che con la diversità ontologica reciproca stessa), anche con la reciproca corrispondenza biunivoca: un'unica certa, determinata situazione mentale e nessun altra per un' unica certa, determinata situazione cerebrale e nessun altra e viceversa.


Sgimbo scrive: Ma tu credi forse che abbia senso ammettere che la realtà fisica materiale diviene secondo le modalità universali e costanti dette "leggi naturali" se con il suo divenire interferiscono causalmente, "in barba a tali leggi fisiche", violandole bellamente, eventi di coscienza mentali (e non unicamente eventi fisiologici cerebrali con gli eventi mentali in divenire biunivocamente corrispondente ma trascendente, non causalmente interagente)?
Ma certo che sì, e non mi interessa che la scienza non sia in grado oggi di dimostrare ontologicamente per via sperimentale fisica,sperimentalmente come o dove sia fisicamente la mente;semplicemente perchè ontologicamente io ho coscienza e autocoscienza del mio " io" e molto meno degli aspetti biochimici che avvengono nel mio corpo fisco.
Il mio "io" ha coscienza del mondo e ragiona sul piano relazionale e non sulle facoltà del controllo automatico del metabolismo del mio corpo di cui organi e aree del mio cervello si occupano in "automatico" liberando appunto la mente da queste necessità.
Ma a differenza di te, mi pare, ritengo che la mente sia una emergenza permessa dal mondo fisico che è il cervello, ed è questa condivisone fisica  ontologica che permette la relazione epistemologica.
CitazioneSe la mente non fisica può interferire causalmente col mondo fisico, allora il divenire ordinato di quest' ultimo secondo le leggi universali e costanti di natura (indimostrabile ma conditio sine qua non della conoscenza scientifica) va a farsi benedire; e con esso ovviamente va a farsi benedire la conoscenza scientifica stessa (compresa quella degli aspetti biochimici che avvengono nel tuo corpo fisco e del controllo automatico del metabolismo del tuo corpo di cui organi e aree del tuo cervello si occupano in "automatico").
Se invece la mente emerge dal cervello, allora fa parte del mondo materiale (res extensa; in particolare magari un cervello o certi aspetti del funzionamento di un cervello) e non é affatto una mente (res cogitans).



Sgiombo scrive: No, caro Paul11, sappi tu che qualunque complessità materiale (cervello, vita) é perfettamente riducibile alla fisica generale.Mentre la mente non é niente di fisico (é res cogitans e non res extensa riducibilissima alla fisica - chimica, per complessa che sia), e dunque non può essere ridotta né alla fisica di base, né alla biologia, né alla neurologia.
E quì siamo nel problema terminologico delle definizioni.
Irriducibile significa che caratteristiche e proprietà di un elemento composto o complesso, non possano essere riducibili e quindi riscontrabili negli elementi che lo compongono .Questo è un problema mereologico del paradosso della "nave di Teseo".
L'acqua è una molecola composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno.
Ti risulta che l'acqua abbia le stesse proprietà e caratteristiche nei due elementi che lo compongono, idrogeno ed ossigeno?
CitazioneLa mereologia e la nave di Teseo non c' entrano proprio per nulla col riduzionismo.
Le proprietà fisiche macroscopiche dell' acqua si possono perfettamente dedurre dalle proprietà fisiche degli atomi di idrogeno e di ossigeno come noti dalla meccanica quantistica, compresa quella di formare molecole d' acqua: questo é il riduzionismo (del chimico al fisico; e analoghi sono quelli del vivente al materiale in generale e del neurologico-cerebrale al biologico in generale; non invece quello impossibile della mente al cervello).



Sgiombo scrive:La materia diviene deterministicamente e la coscienza (compresa la res cogitans: pensiero, volontà, ecc.) diviene in maniera ad essa biunivocamente corrrispondente.
Non sono del tutto d'accordo:sappi che oltre ad una visione meccanicistica di causa effetto esiste anche quella organicistica dal punto di vista delle scienze cosiddette moderne, utilizzate dalla teoria dei sistemi alla cibernetica in poi.

CitazioneGrazie, lo sapevo già.
Ma credo che si tratti di elucubrazioni indebitamente pretese "scientifiche", ma invece filosofiche irrazionalistiche.

Comunuque penso che vi sia il determinismo come l'indeterminismo e non è detto che collidano, semmai si compenetrano.

CitazioneAssurdità autocontradditttoria!

A meno che ti riferisca al divenire probabilistico statistico, che può essere legittimamente considerato (a seconda dei gusti) tanto un "determinismo debole" quanto un "indeterminismo debole": indeterminismo circa i singoli eventi, determinismo circa le proporzioni fra diverse alternative di singoli eventi in serie sufficientemente numerose di casi).

Citazioneo me, avendolo già inutilmente fatto innumerevoli volte.


CONTINUA
#2190
Citazione di: Apeiron il 03 Dicembre 2017, 14:23:30 PM
@sgiombo, sì ne abbiamo già parlato e le nostre "convinzioni" (se così possiamo definirle) su questo argomento sono differenti. Spero che il "linguaggio severo" non ti sia risultato offensivo. Esso è dovuto all'"ardore" della ricerca.


Per Aepiron.
Leggo il tuo intervento dopo l' invio del mio.
Mi scuso innanzitutto io per primo per la mia tendenzialmente strabordante vis polemica (che assolutamente non vuole essere offensiva;men che meno verso un interlocutore di correttezza esemplare come te.