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Messaggi - iano

#2191
Ovviamente caro Pensarbene, va da se, che la prospettiva che ti ho proposto, per farci rientrare in gioco, potrebbe  al contrario  farci decidere di uscirne, non essendo per noi allettante.
Non sarebbe apparentemente infatti più un gioco piacevole in cui esercitare la nostra fantasia.
Non credo che sia così, si tratta solo di spostare il campo in cui applicarla, da quello fisico della MQ a quello umano del processo di comprensione.


Il punto di partenza che propongo quindi è l'interpretazione di
Niels Bhor, parafrasando il quale, ''chi dice di aver capito la MQ, ha capito un altra cosa'' , come ad esempio tu, che hai capito che è un problema di misurazione.
Ci potremmo chiedere poi quale sia stata la vera motivazione (di tipo psicologico ?) dell'opposizione di Einstein a questa interpretazione.
E' Dio che non gioca a dadi, o piuttosto siamo noi che dobbiamo lasciare il gioco delle idealizzazioni?
E abbandonato nostro malgrado questo gioco quanto interesse ci rimane per la questione se questo era motivato tutto dall'essere per noi un gioco?
Se il gioco è per noi non un passatempo, un divertissement, come ci appare, ma una necessità connaturata, non possiamo decidere di abbandonarlo, ma al massimo di spostare la nostra giocosa attenzione altrove, e questo in sintesi è ciò che secondo me ci invita a fare l'interpretazione di Copenaghen sulla MQ, essendo a tuttora incontrastata.

Del fatto che di questo gioco non possiamo fare a meno, tu, caro Pensarbene, mi appari come esempio paradigmatico. :)
#2192
Ti dico come la penso io Pensarbene.
Non c'è un problema di misurazione, ma un problema di ''idealizzazione'' che condividiamo con i laureati.
L'idealizzazione si inserisce fra i fatti, cioè le misure, e l'induzione delle leggi a partire da essi, come possibile mediatore operativo, non strettamente necessario.
Purtroppo per i non addetti ai lavori come noi, l'idealizzazione, cioè un idea di mondo congruente con le leggi, era l'unica cosa cui potevamo accedere e venendoci a mancare ci sentiamo del tutto tagliati fuori. Oppure no?
In che modo dunque da filosofi possiamo rientrare in gioco?
Perchè fino a un certo punto queste idealizzazioni sono state possibili, ma adesso non più, e noi possiamo impegnarci da filosofi a indagare il  perchè.

Il punto di partenza della riflessione filosofica è che la MQ non è una cosa difficile da capire , ma una cosa che non si presta alla comprensione.
Come è possibile ciò?
O meglio, come si è verificato finora che ciò che strettamente necessario a verificarsi non era, purtuttuvia si è verificato, giustificando ciò le nostre aspettative di rinnovare il processo di comprensione?
O, andando ancor più nel cuore del problema, cosa intendiamo per ''comprendere''?
Se avremo chiaro il processo della comprensione potremo allora evidenziare quali siano le condizioni necessarie al suo verificarsi, potendo esse mancare, come abbiamo presunto manchino  nel caso in discorso.


#2193
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2024, 18:45:14 PMSbaglia di più l'evoluzione della fede ? Non direi.

Metti che non siano in contrapposizione...

L'evoluzione determina quali situazioni casuali salvare, ma come farebbero ad intervenire in essa i  fattori culturali casualmente distribuiti se non ci fosse la fede ad estrarre da questa anonima distribuzione situazioni notevoli?
Si può scegliere fra una fede e l'altra, ma si può veramente decidere di non scegliere se in possesso di una capacità di credere che preme?
Perchè per possedere una fede occorre che prima l'evoluzione abbia salvato la capacità di credere fra le capacità che casualmente si siano presentate al suo vaglio.
La fede, quando condivisa, equivale a tutti gli effetti a proporre un esperimento culturale evolutivo, dove ciò che conta non è ciò in cui si crede, ma la sua condivisione, senza la quale non c'è esperimento dai risultati leggibili.
Ciò equivale a procedere per tentativi, oltre che per errori.
La fede è una scelta che una volta fatta la nega.
Si possono avere dubbi sul libero arbitrio, ma non sul fatto che si effettuino scelte ai cui effetti non conta se siano volute o casuali.

Noi non sappiamo se facciamo scelte libere, sappiamo solo che lo percepiamo e che dietro questa percezione deve esserci qualcosa la cui conoscenza potrebbe inibire la possibilità di un libero arbitrio, se c'è.
La conoscenza di qualcosa capace di agire senza essere nota, modifica necessariamente la sua funzione fino a poterla annullare.
Ma non è questo un invito a non indagare, perchè non credo ci sia nulla in noi che svolga funzioni insostituibili, ma un ipotizzare che la difficoltà ad indagare il libero arbitrio non sia ''casuale''.
Perchè in effetti i fatti di cui disponiamo, se ai fatti ci vogliamo attenere, è una chiara percezione di libertà, e una evidente difficoltà a scovarne le origini.
Forse non siamo liberi, ma non sapremmo vivere senza sentirlo, fino a dare la vita per provare questa sensazione, e questo è un altro innegabile fatto.

E di quelli che credono che il libero arbitrio sia una illusione da non coltivare neanche come tale, io dico che sono un altro esperimento dell'evoluzione a cui faccio i miei più sentiti auguri, perchè un altro ancora è l'esperimento evolutivo che il caso mi ha assegnato.
Di difendere la libertà, o anche solo di trattenere la sua illusione, perchè al minimo questa illusione una funzione di certo ce l'ha, e questa è la fede in cui si realizza la capacità di credere di cui l'evoluzione mi ha dotato.
#2194
Citazione di: daniele22 il 15 Marzo 2024, 11:46:43 AM
Ciao daniele22, premetto che pure per me il discorso è chiuso con la tua ultima risposta nel post nr 417 e quindi, come hai sentenziato in successione non farebbe alcuna differenza nell'azione individuale il sapere o non sapere se si sia liberi o ingabbiati. Sono pure d'accordo che potrebbe fare invece la differenza il rendersene conto, cosa che non sembra affatto recepita da alcuni ... forse tutti. Pur tuttavia questo tuo pensiero che ho citato e che avevi postato in precedenza mi sembra impreciso. Giustamente hai detto che quella successione temporale, definendola un paso doble, è ingannevole ... e in parte pure tu saresti rimasto ingannato. È cioè vero che la filosofia sarebbe la madre di tutto lo scibile umano compresa la scienza, però è altrettanto vero che la filosofia ebbe a disposizione ben due modi differenti per esprimersi: il linguaggio verbale e quello matematico. E infatti, pur se recente, la filosofia greca evidenziò sin dall'inizio personaggi come Talete e Pitagora. Pertanto la filosofia avrebbe intrinsecamente questa natura duale (numerica e verbale).

Quello verbale e quello matematico sono appunto linguaggi, per cui non parlerei di dualità, ma evidenzierei semmai la nostra capacità di usare linguaggi diversi e la ricchezza di pensiero che ne deriva, essendone il pensiero dipendente.
Parlerei di dualità se si può ipotizzare un uso cosciente e non cosciente del linguaggio, dove è plausibile pensare ad un uso incosciente del linguaggio avendone come esempio le macchine digitali.

La percezione del libero arbitrio, il rendersene conto, è il solo motivo per cui ne parliamo.
''La convinzione che sapere che ci sia libertà oppure no, non faccia differenza'', entrando a far parte della tua filosofia come fà a non fare differenza?
Sarebbe come dire che la nostra filosofia qualunque sia, non ha effetti su di noi.
Questa convinzione infatti può pure non derivare da una tua libera scelta, come un programma inserito in un computer, ma non perciò non fà differenza sul come il computer lavorerà.
Sarebbe come dire che, in un mondo completamente deterministico, non fa differenza se  togliamo un anello dalla catena di cause ed effetti.
Sarebbe un annullamento dell'individualità di fatto, perchè che differenza operativa, tolta la differenza formale, ci sarebbe fra individui non diversamente influenzati dal loro diverso pensiero?

Che il libero arbitrio esista oppure no, ne parliamo perchè lo percepiamo, laddove la percezione non è una dimostrazione della sua esistenza, ma, nell'ipotesi che esista, la sua percezione è il punto di partenza su cui si basa ciò che ne possiamo dire.
Essendo qualcosa di cui ci rendiamo conto, tanto per iniziare,  entra in un insieme più ampio di cose, non essendo l'unica cosa che percepiamo, e quindi possiamo metterlo a confronto con altre cose di cui pure per lo stesso motivo possiamo dire, non relegandolo in un discorso a parte, che sarebbe già qualcosa.
Allora il discorso inizia a farsi interessante, e quello che dobbiamo chiederci, più che esso esista oppure no, è, cosa c'è dietro alla sua percezione, essendo che essa invece non si può negare.

Per me dietro c'è quello che c'è dietro tutte le nostre percezioni, che è l'oggetto dei miei post in generale, per cui qui non mi ripeto.
#2195
Citazione di: Eutidemo il 14 Marzo 2024, 07:18:00 AM
Solo chi ha il cuore in pace, può avere una mente che ragiona bene; ma solo chi ha una mente che ragiona bene può avere il cuore in pace!

Il ragionare richiede un tempo superiore a un battito di cuore, che basta invece per innamorassi, mentre due sono troppi.
#2196
Ma non essendo una deformazione un taglio o uno strappo, allora la tua ''soluzione'' è valida. :)
Quale insegnamento traiamo da questo stimolante esperimento, che non bisogna dividere il mondo in bianco e nero?
No, perchè la semplificazione è una necessità.
Di fatto equivale a uccidere una mosca con una mano, quando la si può uccidere con una bomba atomica.
La morale è che quando le nostre aspettative vengono deluse significa che sono figlie di una eccessiva semplificazione.
La delusione che proviamo invece denuncia il fatto che noi alle nostre semplificazioni tendiamo a crederci davvero, perchè è da queste semplificazioni che nasce il mondo come ci appare, e a cui tendiamo a credere come fosse la realtà.
E' un mondo senza mezze misure, dove una cosa è vera oppure è falsa, mentre la realtà è molto più ''elastica''. :)
Forse allora è arrivato il momento di celebrare l'elastico come una grande invenzione. :))
#2197
La carta usata ha un sufficiente grado di elasticità: cede ma non si spezza, e poi riprende la sua forma.
Dovresti verificare se la carta nel punto dove la moneta l'ha attraversata è rimasta deformata.

Evidentemente noi abbiamo pensato al foglio come a un ''corpo rigido'', ma già il fatto che esso si piega senza spezzarsi ci dice che non lo è.
Dove starebbe la magia allora?
Nel fatto che le nostre aspettative (la moneta non possa) vengano deluse.
da cosa nascono le nostre aspettative errate?
Dal fatto che tendiamo a vedere il mondo in bianco e nero, dividendo i corpi in rigidi ed elastici, che però sono corpi ideali, mentre nella realtà ogni corpo è una via di mezzo fra le due cose.
Io ho svolto la parte teorica.
Il duro lavoro lo lascio a te. :))
Per verificare la suddetta teoria dovresti ripetere la prova con diversi tipi di foglio, ad esempio carta velina ed altro.
Alcuni di questi dovrebbero non lasciare passare la moneta. Altri la lasceranno passare strappandosi.
La carta che hai usato probabilmente l'ha fatta passare deformandosi, senza spezzarsi.
La deformazione è la fase che precede l'eventuale spezzamento.
#2198
Non mi sembra possibile, ma se tu lo hai fatto ci credo. Ma come lo spieghi?
#2199
Riassumendo ancora, tutto si può spiegare partendo dal libero arbitrio, e conviene fare così, perchè il viceversa, per quanto ci impegniamo non riusciamo farlo.
Quello che di noi stessi ci appare, il nostro io, non è una estetica fine a se stessa, ma una forma che spendiamo, insieme alle altre, lavorandoci la realtà.
A sapere cosa è davvero la realtà, compresi noi, dobbiamo rinunciare, o forse non si tratta propriamente di una rinuncia, essendo cosa priva di senso.
 Che senso avrebbe infatti un sapere fino a se stesso, oggetto di una più o meno eterna contemplazione?
Un sapere non finalizzato ad altro che a se stesso? 
#2200
Ciò che spiega non può essere spiegato. possiamo quindi provare a risolvere il problema del libero arbitrio non spiegandolo, ma usandolo per spiegare.

L'unico modo per spiegare il libero arbitrio credo quindi sia quello di ipotizzare che noi, pur essendo direttamente immersi nella realtà, come sua parte, possiamo però agire su di essa in modo volontario solo attraverso la mediazione di un mondo mentale che si pone fra noi e la realtà, e che è ''la realtà come ci appare'' appunto, in funzione della nostra azione su di essa.
Questo mondo non è da intendere quindi come una semplificazione della realtà, potendo quindi avere caratteristiche che non abbiano un corrispondente reale, come ad esempio determinismo e caso, che potrebbero quindi non essere caratteristiche proprie della realtà.
L'esistenza stessa del libero arbitrio sarebbe propriamente quindi la prova  che determinismo e caso non esistono nella realtà se non come costruzione mentale in funzione della nostra azione su di essa.
Questa ipotesi di mondo intermedio equivale all'iperuranio di Platone, con la differenza che non si tratta di avere due mondi a parte uno dei quali è perfetto e l'altro una copia imperfetta, con una forma perfettibile.
Non c'è una corrispondenza formale quindi, ma funzionale.
Il nostro mondo è quindi a tutti gli effetti un attrezzo che usiamo per lavorare sulla realtà, e non una sua imperfetta approssimazione.
Il mondo stesso in cui ci percepiamo fà parte del mondo intermedio funzionale.
Non è cioè una percezione autocontemplativa, fine a se stessa.

Quindi riassumendo, abbiamo ribaltato il quadro teorico, dove non cerchiamo più di spiegare il libero arbitrio, accettandolo come un fatto, a partire dal quale proviamo a spiegare tutto il resto.
Il punto fermo invece rimane che, ciò che spiega non può essere spiegato.

 


#2201
Se sospendo il foglio in aria e lascio cadere la moneta centrando il foro, o faccio comunque pressione sulla moneta, il foglio si deformerà reagendo alla forza impressa dalla moneta.
Se la deformazione non è sufficiente a farla passare, modifico l'elasticità del foglio impregnandolo con un liquido, modificando così la deformazione con la quale il foglio reagisce, fino a far passare la moneta.
Una volta passata la moneta il foglio riprenderà la sua forma, e il foro tornerà alle dimensioni iniziali.
#2202
Tematiche Spirituali / Re: Mille e non più mille
13 Marzo 2024, 00:25:05 AM
Citazione di: Kephas il 14 Agosto 2023, 17:30:53 PMQuale sarà il giusto significato dei " 1000 anni"?         



Bisognerebbe fare una ricerca per vedere come venivano percepiti allora i grandi numeri, cioè per capire, come tu ben dici, quale significato, diverso da quello considerato oggi letterale, stava dietro al termine mille.
Potrebbe avere infatti il significato di un numero cosi grande che, se non è infinito, nondimeno fosse  difficile da immaginare per l'epoca.
Oggi in modo equivalente, essendo cresciuta la nostra confidenza coi grandi numeri, per suscitare lo stesso effetto diremmo un trilione, che pochi sanno dire che numero davvero sia, ma anche meno, se è vero che la fine della terra prevista fra cinque miliardi di anni non sembra preoccupare nessuno.
Tanto per capire cosa intendo con confidenza coi grandi numeri, possiamo partire dai tempi in cui un numero grande, ma ancora immaginabile era il 4, al massimo il 5, perchè era la quantità massima di cose il cui numero si riusciva a percepire senza contare, e quando più di 5, gli oggetti erano genericamente indicati come tanti, cioè quantità sfuggenti alla comprensione, e il mille di allora potrebbe quindi avere lo stesso significato di un 5 inflazionato, cioè di un ''tanti da non potersi dire'' essendo cresciuta la confidenza e la capacità di trattare coi numeri ''grandi''.
Basta considerare che ha senso parlare di numeri più piccoli o di numeri più grandi di altri numeri, ma letteralmente parlare di numeri grandi in assoluto non ha un significato, e tradisce solo il nostro disagio nel trattare numeri oltre un certo limite, che però si è spostato nel tempo, crescendo.
In Sicilia, lo dico solo come curiosità , quando vogliamo indicare un numero difficile da precisare, o che non vogliamo precisare, diciamo scherzosamente ''millanta''. :)
Sempre restando poi in tema di scritture sacre quando oggi si vuol dire che una persona è molto avanti con gli anni, senza volerli o poterli precisare diciamo che ha ''gli anni di Matusalemme''. :))
#2203
Varie / Re: L'errore di Cartesio.
12 Marzo 2024, 18:51:22 PM
Citazione di: Eutidemo il 12 Marzo 2024, 17:42:00 PM
Ciao Iano. :)
Mi dispiace di non poter intervenire adeguatamente nel tuo interessantissimo THREAD; ma, purtroppo, sono troppo ignorante in materia per poter esprimere una mia apprezzabile opinione.
Però mi piacerebbe che tu approfondissi il confronto tra Euclide e Cartesio.
Un cordiale saluto! :)

Ho aperto questa discussione perchè stimolato dall'ennesimo tuo enigma e anche tenendo conto del tuo interesse per la giurisprudenza.

Il difficile è capire cosa ha fatto veramente Euclide, e capito ciò si capisce cosa hanno fatto i suoi successori fra i quali Cartesio, che non ha fatto niente di diverso che seguire le orme del maestro, avendone mutuato il modo di lavorare, e quindi il confronto è presto fatto, e non c'è altro da aggiungere, oppure non sono in grado di farlo.
Così, da te stimolato, ho messo per iscritto una intuizione che si aggiunge in modo coerente al mio quadro filosofico personale .
Prima di Euclide c'era una pletora di geometri specializzati ognuno a risolvere un particolare problema.
Dopo Euclide non poteva più dirsi geometra chi non aveva studiato la sua geometria, potendo così risolvere ogni problema, anche nuovo, che si presentasse.
Fine della specializzazione.
Dopo Cartesio la geometria stessa ha smesso di essere una specializzazione della matematica, avendo trovato esso il modo di tradurre le figure geometriche in equazioni, per cui non poteva più dirsi matematico che non conoscesse la geometria analitica, e così via.
Paradossalmente oggi la matematica si è talmente allargata da rendere necessarie di nuovo le specializzazioni del matematico in qualche campo particolare, ma anche così , nel loro ristretto campo di studio sono costretti ad avere un assistente digitale, ciò che impedisce di fatto agli altri matematici di verificare il loro lavoro, così se prima ci fidavamo del nostro intuito matematico, essendocene sempre meno bisogno, possiamo perciò delegare sempre di più il lavoro a chi un intuito non ha, le  macchine, delle quali, come facevamo col nostro intuito, ci dobbiamo fidare.
Quando tu esponi i tuoi enigmi la difficoltà più che nel risolverli, è di ripercorrere il percorso intuitivo che li ha prodotti, sia perchè quel percorso, per quanto tu ti dilunghi nell'esporre gli enigmi , non è traducibile a parole, sia perchè chi ha gli strumenti per risolvere con facilità i tuoi enigmi non è più uso a quei percorsi.
Io credo di capirti bene perchè mi trovo a metà strada fra te e loro, e mi applico ai tuoi enigmi non per risolverli e sentirmi dire bravo, ma per il piacere di tornare a ripercorrere con te le strade dell'intuito, vivendo ciò come un piacevole ritorno a casa.
#2204
Citazione di: daniele22 il 12 Marzo 2024, 15:26:50 PM
Se io fossi pressoché certo che ogni mia decisione, scelta, fosse condizionata, non potrei fare un bel nulla per cambiare il mondo e me stesso poiché, ogni mia scelta consapevole che si volge al non ancora manifesto (futuro) sarebbe condizionata.

La supposta certezza di essere condizionati può non valere come una condizione ?
Che non equivalga ad una condizione sei tu che lo decidi, essendo libero di sceglierlo?
#2205
Varie / Re: Rastislav e l'enigma della diagonale
12 Marzo 2024, 15:47:34 PM
Forse perchè non è il miglior modo di farlo?
Ma se non è il modo migliore di farlo, essendo solo uno dei tanti modi di farlo, allora non può ergersi a verifica dei restanti.