Ovviamente caro Pensarbene, va da se, che la prospettiva che ti ho proposto, per farci rientrare in gioco, potrebbe al contrario farci decidere di uscirne, non essendo per noi allettante.
Non sarebbe apparentemente infatti più un gioco piacevole in cui esercitare la nostra fantasia.
Non credo che sia così, si tratta solo di spostare il campo in cui applicarla, da quello fisico della MQ a quello umano del processo di comprensione.
Il punto di partenza che propongo quindi è l'interpretazione di
Niels Bhor, parafrasando il quale, ''chi dice di aver capito la MQ, ha capito un altra cosa'' , come ad esempio tu, che hai capito che è un problema di misurazione.
Ci potremmo chiedere poi quale sia stata la vera motivazione (di tipo psicologico ?) dell'opposizione di Einstein a questa interpretazione.
E' Dio che non gioca a dadi, o piuttosto siamo noi che dobbiamo lasciare il gioco delle idealizzazioni?
E abbandonato nostro malgrado questo gioco quanto interesse ci rimane per la questione se questo era motivato tutto dall'essere per noi un gioco?
Se il gioco è per noi non un passatempo, un divertissement, come ci appare, ma una necessità connaturata, non possiamo decidere di abbandonarlo, ma al massimo di spostare la nostra giocosa attenzione altrove, e questo in sintesi è ciò che secondo me ci invita a fare l'interpretazione di Copenaghen sulla MQ, essendo a tuttora incontrastata.
Del fatto che di questo gioco non possiamo fare a meno, tu, caro Pensarbene, mi appari come esempio paradigmatico.
Non sarebbe apparentemente infatti più un gioco piacevole in cui esercitare la nostra fantasia.
Non credo che sia così, si tratta solo di spostare il campo in cui applicarla, da quello fisico della MQ a quello umano del processo di comprensione.
Il punto di partenza che propongo quindi è l'interpretazione di
Niels Bhor, parafrasando il quale, ''chi dice di aver capito la MQ, ha capito un altra cosa'' , come ad esempio tu, che hai capito che è un problema di misurazione.
Ci potremmo chiedere poi quale sia stata la vera motivazione (di tipo psicologico ?) dell'opposizione di Einstein a questa interpretazione.
E' Dio che non gioca a dadi, o piuttosto siamo noi che dobbiamo lasciare il gioco delle idealizzazioni?
E abbandonato nostro malgrado questo gioco quanto interesse ci rimane per la questione se questo era motivato tutto dall'essere per noi un gioco?
Se il gioco è per noi non un passatempo, un divertissement, come ci appare, ma una necessità connaturata, non possiamo decidere di abbandonarlo, ma al massimo di spostare la nostra giocosa attenzione altrove, e questo in sintesi è ciò che secondo me ci invita a fare l'interpretazione di Copenaghen sulla MQ, essendo a tuttora incontrastata.
Del fatto che di questo gioco non possiamo fare a meno, tu, caro Pensarbene, mi appari come esempio paradigmatico.

