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Messaggi - Phil

#2191
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
11 Marzo 2017, 18:40:02 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Marzo 2017, 17:26:11 PM
E allora colui che pensa di essere relativista dovrebbe smettere di definirsi relativista. Anzi smettere proprio di dire perché è inevitabile l'autocontraddizione.... ;D
Infatti per essere coerente nemmeno il relativista può giudicare dalla sua posizione l'altrui ( come un salumiere che si mette a fare recensioni sui vegani... ;)). E dire che la sua è una non-posizione mi sembra solo un'escamotage linguistico, un tentativo di 'librarsi nell'aria'...si risolve tutto in una specie di lotta linguistica?...Come fa il relativista a dire che i non-relativisti non comprendono la sua posizione se lui stesso dice di non avere alcuna posizione?
Il relativismo, che magari intendo diversamente da Angelo (ma concordo con il suo ultimo post sul sottile e cruciale slittamento di senso nell'uso del linguaggio da parte del relativista), non è una non-posizione, almeno per me, ma una sequenza di posizioni "deboli", in cui ogni fase ha il suo impatto sulla vita e sulla prassi quotidiana: è il salumiere domestico (senza scopo di lucro ;D ) che parla delle sue salsicce e, di volta in volta, ne assaggia una diversa e magari, mentre la consuma, la commenta... e se qualcuno gli dice, "le tue salsicce sono tutte uguali!" o esprime un altro giudizio assoluto sul suo modo di fare salsicce, ci può stare che l'umile macellaio faccia notare che il medesimo pezzo di carne del maiale non può essere usato due volte per fare salsicce (è un maiale "eracliteo"... ;D )

Se poi l'improvvisato salumiere si fa prendere dall'ardire del giudicare anche ciò che non ha mai assaggiato (ma bisognerebbe indagare nella sua biografia se sia davvero così, ognuno è figlio della sua storia  ;) ) per come la vedo:
Citazione di: Phil il 09 Marzo 2017, 16:43:31 PM
Sul presunto "relativista militante", che combatte per un mondo migliore, o, peggio ancora, che critica i metafisici e i non-relativisti, sono piuttosto diffidente... per me, il combattere e il convertire/convincere sono il primo passo per smettere di essere relativisti (almeno di quelli autentici  ;) ), che è una scelta decisamente legittima, ma che comporta al contempo un cambio di "etichetta" (altrimenti il povero Confucio si rivolta nella tomba  :) ).

Per quanto riguarda l'auto-definirsi relativista: credo che le "etichette filosofiche", come i soprannomi, debbano darcele gli altri, anche se una certa auto-identificazione come risultato di una auto-analisi può essere un'istanza inevitabile per qualcuno, e non lo biasimo...
#2192
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
11 Marzo 2017, 17:21:43 PM
Citazione di: davintro il 11 Marzo 2017, 15:53:13 PM
Citazione di: Duc in altum! il 10 Marzo 2017, 19:52:59 PM"...se qualcuno ti dice che non ci sono verità, o che la verità è solo relativa, ti sta chiedendo di non credergli. E allora non credergli..." - Roger Scruton

Non conoscevo la citazione, molto bella oltre che pienamente condivisibile!
Non conosco l'autore, ma se è un relativista, ci dà da riflettere su un possibile approccio "psicologistico" al relativismo, almeno partendo dal suo caso... se non è un relativista, temo sia l'ennesimo non-relativista che vuole spiegare il relativismo dall'esterno ("a stomaco vuoto" o come un vegano che si metta a fare recensioni sulle salsicce ;) ), facendo dire al relativista qualcosa che un relativista non direbbe mai o interpretando il suo dire come sintomo di qualcosa che, curiosamente, non è relativista (eloquente la chiusura, in tutti i sensi, dell' "allora non credergli").
Oppure è stato fatto uno studio sui relativisti che ha dimostrato che soffrono di una qualche "schizofrenia dissociativa"(?) per cui dicono il contrario di quello che pensano?  ;D
#2193
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
09 Marzo 2017, 16:43:31 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 23:45:07 PM
Sì, ma non è che una rondine di relativista "autentico" faccia primavera nella massa degli spenti e apatici, fermi ai lati della strada dorata in attesa di aggiungersi alla transumanza... :D ( ma poi...'autentico' relativamente a che cosa?...)
Proprio per questo sostengo che la nostra non è affatto l'epoca del relativismo: di relativisti autentici se ne vedono pochi, gli altri vengono definiti tali, o si definiscono tali, ma senza esserlo autenticamente... autenticamente rispetto a cosa? Semplicemente rispetto all'attitudine (o indole, se preferisci) relativista; detto in altri termini: un relativista che non si comporta (prassi!) da relativista, non lo è, e poco conta se si professa tale o se gli altri lo etichettano come tale... ad esempio, chi è dedito al pedissequo "copia e incolla" delle opinioni più in voga, non è relativista, ma gregario; "gli spenti ed apatici fermi ai lati della strada dorata in attesa di aggiungersi alla transumanza" non sono affatto relativisti, bensì ignavi... non si tratta di fare apologia del relativismo (sarebbe tragicomico! ;D ), ma soltanto di prendere atto di alcuni diffusi fraintendimenti, per poter poi chiamare le differenti posizioni con il loro nome autentico ("rettificare i nomi!", tuonerebbe Confucio...).

Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 23:45:07 PMA questo punto io ribalto la questione: può dirsi relativista uno che ha fede nella propria opinione ( almeno una fede 'sufficiente' a difendersi dall'opinione altrui)
Formulazione con cui concordo solo in parte (per quel poco che vale il mio concordare ;D ), a patto di precisare che, appunto, "ha fede nella sua opinione" e non "ha fede nella verità/giustizia/etc. della sua opinione"... secondo me, inoltre, "fede" andrebbe sostituita con "fiducia", per evitare che tale affidarsi alla propria prospettiva possa suonare come un "atto di fede" spirituale o non-ragionato. Il "difendersi dalle opinioni altrui"(cit.) non mi sembra una priorità del relativista, anzi, più opinioni conosce meglio può (ri)formulare la propria...

Sul presunto "relativista militante", che combatte per un mondo migliore, o, peggio ancora, che critica i metafisici e i non-relativisti, sono piuttosto diffidente... per me, il combattere e il convertire/convincere sono il primo passo per smettere di essere relativisti (almeno di quelli autentici  ;) ), che è una scelta decisamente legittima, ma che comporta al contempo un cambio di "etichetta" (altrimenti il povero Confucio si rivolta nella tomba  :) ).
#2194
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 23:02:48 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 22:13:17 PM
Non ho affermato che il relativismo sia la causa , ho detto che è funzionale al sistema , che è un'altra cosa.
Lo avevo notato, ma mi pare che sia solo il relativismo "spento" e apatico a essere funzionale alla massificazione; attenzione a non buttare via anche il bambino con l'acqua sporca! ;D
In fondo, quando un relativista si veste di luoghi comuni (come ricorda Green Demetr) e cerca di uniformarsi per farsi trasportare dalla transumanza del gregge, perchè non si fida più nemmeno della sua stessa opinione (come osservi tu), possiamo ancora definirlo relativista? Se si arrende agli stereotipi e ammutina la sua stessa opinione, che relativista è?

Lo spaesamento nichilistico (non relativista!), una certa "pigrizia" e il desiderio di "fare gruppo" possono di certo portare all'omologazione, ma, come osserva Angelo, a questo punto siamo già fuori dal relativismo pensante... se il sedicente relativista fa il gregario in modo acritico e non mette in dubbio i messaggi mediatici che gli grandinano addosso, significa che è diventato principalmente qualunquista, conformista, standardizzato o altro (e non sono mica malattie... ma non sono neppure relativismo!). Per questo insinuavo che non sono poi molti i relativisti "autentici"  ;)
#2195
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 17:59:18 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AM
come giustamente sottolinea Green Demetr [...]:
MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.

[...] Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV...
E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Concordo sul non demonizzare i metafisici (e nemmeno i dogmatici), perché non necessariamente sono individui mentalmente chiusi o con pretese di egemonia sul prossimo; tuttavia il binomio relativismo/omologazione mi lascia perplesso... e ancor più quello relativismo/capitalismo.
Forse può essere utile indagare il rapporto fra relativismo e società attuale, triangolandolo con la tecnologia: siamo sicuri che l'omologazione vada a braccetto con il relativismo, oppure è uno dei risultati della iper-comunicazione abilitata dalla tecnologia? La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi...

Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi). Non è che, abbagliati dalla coincidenza della "sincronia storica", stiamo dando al relativismo una colpa (senza entrare nel merito se lo sia o meno) da imputare alla tecnologia? L'annichilimento tecnologico delle coscienze (se lo riteniamo tale) è coevo del relativismo, ma sarei cauto nel vedere una causalità fra i due: tecnologia e relativismo non sono parenti stretti (anzi, in ambito "commerciale" una invita a seguire delle mode comuni, impone dei bisogni indotti, etc. l'altro invita a riflettere, dubitare con la propria testa...).

Proviamo poi a pensare, per assurdo, se l'attuale tecnologia di comunicazione pervasiva fosse stata disponibile nei secoli scorsi: non avrebbe prodotto un'omologazione ancora più radicale?
Inoltre (e senza usare la fantasia) siamo sicuri che oggi si sia davvero più omologati di ieri? I nostri nonni e i nostri avi, non vivevano forse in una società in cui troneggiava l'alternativa: omologazione ai valori vigenti e adattamento forzato, oppure emarginazione-eliminazione (almeno quanto oggi)? In cosa la famigerata omologazione di oggi è maggiore di quella di ieri?
Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?
#2196
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 22:38:41 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PM
Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo?
Credo che né la metafisica né il dogmatismo comportino necessariamente l'assoggettamento degli altri (non sempre, intendo), mi pare sia soltanto un rischio dell'approccio metafisico (e quale approccio non ne ha?), ma non è una sua caratteristica essenziale, semmai un effetto collaterale (che magari si è verificato spesso nella storia, ma ciò non significa che sia necessario all'approccio metafisico in sé, o ad ogni dogmatismo in quanto tale).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMIo sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...
Il relativismo, come tutti i "pensieri deboli", è forse l'approccio che più è individuale, personalizzabile, cangiante... dire "sono relativista" significa semplicemente indicare all'interlocutore che la propria visione del mondo è relativa allo spazio e tempo attuali, senza un codice di riferimento o capisaldi autorevoli che rendano stabile o rigidamente strutturata la propria prospettiva... per me, la differenza fra il metafisico e il relativista è che il primo dice "sto seguendo le indicazioni di un percorso", mentre il secondo si limita a uno scanzonato "sto curiosando in giro", con tutta l'incertezza e l'impermanenza che ne conseguono...
#2197
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 19:59:26 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMChe il metafisico agisca in nome di una 'verità' o che il relativista agisca in nome di un''opinione' sempre ci troviamo di fronte al dilemma del COME agire.
Eppure è un "come" molto differente: la (presunta) verità (pre)orienta l'agire, come una cartina (pre)orienta l'itinerario, mentre l'opinione è un rimedio improvvisato nella necessità di muoversi: come un bastone aiuta durante il viaggio ma non ci dice la strada, e quando si rompe dobbiamo trovarne un altro... il relativista non ha problemi a cambiare bastone, ma il metafisico è disposto con pari serenità a cambiare mappa? 
L'apostasia (religiosa o politica che sia) non è una pratica molto diffusa (ma talvolta persino traumatica) proprio perché una volta abbracciata una verità, l'uomo tende a tenersela stretta (anche se è come abbracciare la propria ombra, più la si stringe, più si soffoca se stessi...).

Qualcuno forse (Duc?  ;)  ) dirà che si tratta pur sempre di usare un criterio di cui ci si fida, seppur provvisorio... ma è come dire che andare in bicicletta dal vicino di casa oppure prendere l'aereo per arrivare a New York, sono comunque entrambi un modo di viaggiare, quindi un viaggio vale l'altro; invece, secondo me, sono proprio le differenze che fanno la differenza!


Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMIn effetti un vero metafisico ama senz'altro il confronto e lo scambio sulle sue posizioni, così come può amarlo il relativista 
Tuttavia il metafisico ha (dal suo punto di vista) l'arma della verità con cui parare colpi e rispondere alle obiezioni altrui, il relativista è invece pacificamente disarmato, e (dal suo punto di vista) non riceve potenziali attacchi destabilizzanti, ma spunti critici di riflessione... il metafisico può vivere il confronto come un banco di prova, un test di "resistenza alla falsificazione" della sua teoria (anche se i suoi assiomi resteranno fideisticamente intoccabili, per cui si testano alcune conseguenze, ma mai le premesse), mentre il relativista si "sfama" delle opinioni altrui, che può usare per modificare la propria (e non ci sono assiomi intoccabili...).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMun relativismo, che non può coerentemente proporre alcuna etica condivisa, che può quindi trascinare verso la più totale violenza personale
Il relativismo, se declinato in pluralismo (ed è un passaggio piuttosto spontaneo), non sbiadisce le differenze, ma le tutela; non è l'elogio dell'indifferenza, de "l'uno vale l'altro", per cui uccidere o salvare è lo stesso... ci possono ben essere etiche condivise (da una comunità), solo che il relativista non le crede assolute o migliori delle altre (Angelo Cannata ricordava la "memoria storica", individuale e collettiva, del relativista).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AML'agire cambia quando tu vuoi 'imporre' la tua opinione o la tua 'verità'. 
Se la vuoi imporre, allora non la consideri più la tua opinione relativa, le opinioni non si impongono; si impone la propria volontà (che non è l'eventuale opinione che la muove) o la (propria) verità.
L'espressione "imporre la propria opinione" è un non-senso: se la mia opinione è che il "politico x" meriti di essere votato, posso cercare di convincere, o persino costringere, gli altri a votare per lui, ma non potrò mai forzarli a concordare intimamente con la mia opinione se loro ne hanno una diversa (escludendo ipnotismo e altre manipolazioni...).

Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 09:16:30 AMNon mi sembra che l'usare la parola 'opinione' cambi l'agire rispetto alla parola 'verità'. 
Le verità (ironicamente, persino la parola si rifiuta di accettare il plurale!  ;D ) hanno armato eserciti e fatto milioni di morti, l'opinione autentica (se non è verità camuffata) al massimo produce una grattata di capo, una battuta goliardica o un sospiro sconsolato; la verità consacra a sé i suoi paladini, l'opinione è figlia di "poveri diavoli" che cercano di capirci qualcosa; la verità può giustificare il tentativo di conversione altrui (in molti modi), l'opinione al massimo spinge al cercare l'opinione dell'altro per un dibattito; la verità è il fondamento di ogni rassicurazione esistenziale, l'opinione è una palafitta sulle sabbie mobili degli eventi... insomma, agire per opinione o per verità non mi pare indifferente (ma questa è solo la mia opinione  ;) )
#2198
@maral
Grazie per i chiarimenti.

Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMLo schema, come tutto ciò che rappresenta, è elemento della zona blu, che immagina una zona arancione per tracciarla.
(corsivo mio) Quindi tutto inizia della zona blu, dal soggetto che si chiede cosa c'è oltre il suo blu e quindi si traccia una zona arancione.

Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMLa linea gialla in realtà non appare (per questo è punteggiata), è solo un modo di rappresentare che qualcosa continuamente accade: quel nulla che continuamente accade assumendo la forma informe di qualcosa e si traduce in un'immagine 
Credo che se accade non è nulla, e se è un nulla per la nostra conoscenza non possiamo predicare niente che lo riguardi positivamente (come accadere, originare, etc.). Ammenoché non si tratti di una congettura teoretica... Affermare che
Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMLa linea gialla non è però né una mera ipotesi teoretica, né un assioma anapodittico, è solo il tentativo del tutto inadeguato, di rappresentare quel nulla (nulla per la conoscenza) che continuamente accade 
è contraddittorio, poiché se è nulla per la coscienza, non può essere rappresentato da essa, nemmeno con un tentativo (poiché non si ha nulla per impostarlo...).

Quando dici che 
Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMquel nulla che continuamente accade assumendo la forma informe di qualcosa e si traduce in un'immagine originaria in cui quel qualcosa comincia a prendere forma come qualcosa che è accaduto e pone la domanda che chiede di conoscere: "cosa è accaduto?"
non personifichi forse il nulla (poiché il chiedere è attività umana) rischiando di non realizzare che la domanda non è posta dal nulla (che in quanto tale non chiede) ma dall'uomo? La trappola del linguaggio "heidegerianeggiante" (non heidegeriano) è che poetizza animando e proiettando capacità umane anche su ciò che non è umano, e sono proprio queste licenze poetiche che rischiano di fuorviare con belle metafore come
Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMil nostro cuore pulsa senza sapere di pulsare. 
giocando poeticamente (ma non filosoficamente) sulla duplicità del "sapere", come "conoscere" ed "essere in grado": ma una pianta o un sasso non sanno esistere in nessuno dei due sensi, semplicemente esistono (forse  ;D ). 
Non a caso, non è plausibile il contrario, ovvero che non sappiano esistere (quindi se non è sensato che un ente non sappia esistere, è insensato o ridondante sostenere che sappia esistere).

Parimenti mi pare che il chiedere circolare (che coinvolge una zona solamente ipotizzata) 
Citazione di: maral il 01 Marzo 2017, 19:56:02 PMCi sono due frecce in basso e in alto nel disegno che vanno dalla zona arancione alla zona blu e viceversa, esse rappresentano il fatto che in realtà le due zone partecipano dello stesso cammino, sono reciprocamente una nell'altra e l'una tende continuamente a essere compresa nell'altra (essere parte dell'altra), poiché mentre il saper vivere (l'esistenza) chiede, attraverso le immagini che produce di sapere di vivere vivendo, il sapere di vivere chiede di sapervivere (così, tutto attaccato), ossia, semplicemente, chiede continuamente di vivere.
è ambiguamente incentrato sulla personificazione dell'esistenza del saper vivere. Tale personificazione pervasiva potrebbe essere sintomo dell'antropocentrismo del soggetto che, anche quando prova a porsi come semplice pezzo del puzzle, finisce inevitabilmente per deformare la  ricerca a sua immagine e somiglianza, confermando così sia che l'ipotetica zona arancione è inverificabile e inintelligibile (quindi potrebbe non esserci affatto), sia che il chiedere "cosa è accaduto?" è sempre un chiedersi (riflessivo, chiedere a se stessi), quindi il rischio di domande infondate o irrisolvibili fa parte del gioco umano del domandare.
#2199
@maral
Quando la filosofia usa immagini esplicative, la trovo sempre molto intrigante... per questo, pur non avendo avuto modo di seguire la discussione sovrastante, chiedo delucidazioni sullo schema:

- se ho ben capito, la zona sfumata è quella in cui si arresta lo scettico (che mette in dubbio l'esistenza della zona arancione e della linea gialla); lo schema stesso presuppone tuttavia che la zona arancione sia attingibile, e per questo raffigurabile nello schema, contraddicendo l'ipotesi secondo cui il soggetto ragiona e conosce solo all'interno della zona blu... il filo giallo è dunque un'ipotesi teoretica o lo prendiamo come assioma anapodittico (innescando tutti i problemi tipici del noumeno e suoi simili)? 
Detto altrimenti, se la linea gialla "corrisponde al continuo accadere di nulla"(cit.) poiché è la "linea dell'esistenza che non possiamo vedere come tale"(cit.) come possiamo parlarne e ragionarci?

- in che senso "l'esistenza sa in quanto esiste, ma non sa di sapere" (cit.)? Il sapere è proprio dell'uomo, ma non dell'esistenza, che è una condizione e in quanto tale, non pensa (così come l'accadere non filosofeggia, etc.)

- c'è una freccia che va da "immagine" a "soggetto"; è possibile per un'immagine avere senso per un soggetto senza che essa sia prima "oggetto"? Come può l'immagine "polarizzarsi" nel soggetto (vs oggetto) se il soggetto preesiste all'immagine (l'uomo che vede l'ippogrifo precede crono-logicamente l'immagine dell'ippogrifo) e se il soggetto può cogliere intelligibilmente solo oggetti (e non immagini)?
#2200
Tematiche Spirituali / Re:Carpe Deum!
28 Febbraio 2017, 23:15:42 PM
@2y
Sono di passaggio e vorrei porti qualche domanda: il tuo "2y" è un'allusione al cromosoma del "superuomo"? 
Alla tua età, capita di trovare maestri "dionisiaci"; ma poi ne verranno altri, si tratta solo di tempo: di darti tempo e di dare tempo agli altri... così, in questo forum, se ti va di rischiare, potresti darti tempo (confrontarti con interlocutori differenti, magari altri più stimolanti, o affini... di nietzschiani ce ne sono alcuni, li avrai già trovati) e anche dare tempo agli altri, per capirti... ad esempio, questo "voi" che hai talvolta scelto come interlocutore, sei sicuro di sapere chi comprenda per concludere già (dopo quanti giorni o messaggi?) che è fatto da persone "non pronte" per te... e non ti chiedo se sei sicuro di essere pronto per confrontarti con loro, perché mi pare che la fiducia non ti manchi  ;D

P.s.
Non credo sia tanto importante cambiare l'opinione altrui, quanto piuttosto essere disposti a cambiare la propria, no? Soprattutto per un "appassionato di filosofia"; ma diamo tempo al tempo  ;)
#2201
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
20 Febbraio 2017, 21:56:58 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Febbraio 2017, 21:07:36 PM
No, i lanci precendenti non hanno alcuna rilevanza. Su questo malinteso si basano le previsioni dei numeri del lotto, che richiamano l'attenzione sul fatto che un certo numero non esce da mesi o da anni e quindi sarebbe probabilissmo che esca nell'immediato futuro. Questo è falso. Una volta che i numeri vengono sempre rimescolati, in modo da ricreare una situazione probabilistica di partenza sempre identica, non c'è alcuna ragione per cui un numero che non esce da lungo tempo debba avere maggiori probabilità di spuntare fuori.
Avevo detto che non sono pratico di calcolo delle probabilità... e non mi sono smentito ;D
Grazie della correzione!
#2202
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
20 Febbraio 2017, 18:39:18 PM
Credo che la domanda stessa vada disambiguata: se lancio sempre lo stesso dado con la stessa forza, la stessa traiettoria, sullo stesso piano d'atterraggio, etc. il risultato sarà sempre lo stesso. Pensiamo sia "casuale" (modo in cui l'ignoranza delle cause ci fa leggere la parola "causale"), e quindi tiriamo in gioco la probabilità, solo perché non riusciamo a calcolare tutte le varianti coinvolte nel lancio e, anche se fosse, non riusciremmo facilmente a ripeterle per confermarne l'esito (è un "dado eracliteo", non si fa due volte lo stesso lancio  ;D , anche se i risultati possibili sono, inevitabilmente, solo sei).
Non sono affatto esperto di calcolo delle probabilità, ma ad occhio, per parlare di probabilità, tale lancio andrebbe contestualizzato: è il primo lancio di una serie? Se è così l'incidenza statistica dei lanci precedenti credo sia un fattore da considerare... quale numero è uscito al lancio precedente? Anche questo credo possa orientare le probabilità dell'esito successivo... etc.

Sul rapporto fra le "leggi" e la regolarità o ricorrenza di risultati prevedibili, sarei piuttosto pragmatico: la legge di gravità ci dice che sulla terra i corpi cadono in un certo modo (se escludiamo ambienti con gravità artificiale), direi che la casistica attuale è piuttosto unanime nel darle ragione... e molte altre leggi scientifiche o matematiche (per quanto siano sempre formalizzazioni basate su un linguaggio convenzionale) sembrano essere state, per ora, al riparo da falsificazioni e forniscono una prevedibilità decisamente affidabile (i calcoli per far galleggiare una nave o far volare un aereo, etc.). 
L'induzione, per quanto biasimata, non è dunque misticismo, proprio perché il misticismo manda in vacanza la ragione (quindi anche la probabilità, la dimostrabilità, la falsificabilità, etc.), mentre l'induzione, se non radicalizzata fideisticamente, fornisce dei parametri indicativi, la cui "tolleranza" di errore è inversamente proporzionale all'esattezza dei dati che si possiedono (sempre lasciando fuori concetti metafisici come "eternità", "assolutezza", "verità assoluta", etc. in favore di una contestualizzazione concreta, seppur limitata). Proposizioni come "tutti i corvi sono neri" (suonerà familiare a qualcuno ;) ) sono verificabili se si parla del contesto attuale (avendo modo per monitorare tutti i corvi del mondo adesso); la proposizione "tutti i corvi sono stati e saranno sempre neri" è infalsificabile (poiché non possiamo verificare facilmente il passato, e di sicuro non possiamo predire il futuro con il 100% di esattezza), quindi apre le porte al suddetto misticismo...

Sintetizzando:
1) Si, è problematica, ma perché è troppo povera di informazioni sul contesto...
2) la realtà è regolare se presenta una ricorrenza verificata, ma tale verifica non deve illudersi di poter coprire la totalità dei casi possibili, ma solo gran parte di quelli osservabili (magari da domani la forza di gravità non funzionerà più, ma il fatto che abbia funzionato per secoli, rende probabile, o meglio, "regolare" che funzioni anche domani...).
#2203
Davvero è comunemente possibile non essere presenti a se stessi, oppure si tratta solo di una forma di presenza differente dal solito, anomala, alienata, assorta, afasica, o altro (ma pur sempre auto-percezione-presente)? 
Non credo che la propriocezione, l'interocezione, l'autocoscienza (il sentire la "vocina in testa") possano essere tutte sospese (almeno nello stato di veglia), ma forse non ho ben colto cosa si intende con "presenza a se stesso"...
#2204
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Febbraio 2017, 16:24:28 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Febbraio 2017, 00:07:38 AM
Phil, Phil...sai bene che del dao non si può parlare.
"Chi conosce il dao non ne parla, chi ne parla non lo conosce"... :)
Già, proprio perché non lo conosco bene ne (stra)parlo  ;D  e
Citazione di: Phil il 17 Febbraio 2017, 22:20:38 PM
Chiedo conferma a chi è più erudito in materia
anche se "erudizione" non è affatto una parola adatta per parlare di taoismo (semmai di confucianesimo!).

Concordo ci siano rilevanti affinità con il buddhismo, almeno finché restiamo "sotto il cielo", ma il buddhismo va anche oltre: dalla quarta nobile verità "in sù", propone spunti e spiegazioni trascendenti il piano umano; il taoismo invece (come negli esagrammi dell'I Ching) conosce solo terra, uomo e cielo, e quest'ultimo soltanto come limite non padroneggiato, apofatico, della conoscenza umana. Il taoismo mi pare meno omni-esplicativo e meno consolatorio, e, come hai notato, meno appetibile per le masse, meno "user friendly"( ;D ), meno facile da tradurre in "istruzioni per l'uso" (come comandamenti o elenchi di "verità" e "sentieri"). Di certo è molto ostico, criptico, ma nondimeno, secondo me, fornisce una prospettiva molto schietta intellettualmente, molto umana, forse troppo per l'umano che avverte in sé la tensione verso il sovra-umano...

Citazione di: Apeiron il 18 Febbraio 2017, 14:20:02 PM
Quello che un taoista ti direbbe è: "abbandonati alla corrente del grande Fiume del Tao" [...] se devo dire onestamente la mia sul loro concetto di "rassegnazione" secondo me è errato, che vi devo dire  ;D
Non sono convintissimo, seppur da profano (vedi sopra), che l'"abbandono" o la "rassegnazione" siano capisaldi del taoismo (la non-azione, wu wei, non è passività inconsapevole a qualunque evento ci capiti  ;) ).
#2205
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
17 Febbraio 2017, 22:20:38 PM
Chiedo conferma a chi è più erudito in materia, ma credo che la peculiarità del taoismo sia quello di non avventurarsi esplicitamente in elucubrazioni sul post-mortem umano, e quindi non si propone come filosofia/religione "consolatoria". 
Da quel che so, il bene e il male non vengono banalizzati o equiparati, piuttosto "dinamicizzati" (seguendo le "mescolanze" di yin e yang), per cui la sofferenza mantiene tutta la sua lancinante identità, ma viene inserita in dinamiche concrete che la contestualizzano, senza avere conseguenze ultraterrene (convocazione in tribunali divini o cicli di rinascite). Il taoismo mi pare quindi estremamente pragmatico, forse troppo per affascinare chi cerca risposte a domande mistiche o gli si accosta possedendo già i concetti di anima, divinità, etc. (non mi riferisco ad Apeiron, ma solo alla precomprensione occidentale che può viziare l'approccio al taoismo). 
Se non erro, la "Via" del taoismo può essere declinata anche in ambiti che non hanno nulla di ascetico, essendo il "meccanismo" (licenza poetica ;D ) che regola gli eventi umani (e non solo); basti pensare all'arte, o meglio, "via" della guerra (in cui, Apeiron, forse già sai che la ritirata ha un ruolo importante ;) ), a tutte le altre "vie" caratterizzate dal suffisso "do" (derivato da "dao"): arti marziali (ma anche "spirituali") come judo e aikido; l'etica militare del bushido e il tiro con l'arco, kyudo; la disposizione dei fiori, kado; la celeberrima cerimonia del tè, sado; l'arte della calligrafia, shodo, etc.
Lo Zen ha ben colto questo immanentismo taoista, e l'alludere "asintotico" dei koan oltre il linguaggio, secondo me, è proprio un invito a non trascendere la vita presente nel suo fluire, perché l'agognato "satori" è per i vivi (e non ha bisogno di nozioni e classificazioni trascendenti che forse appesantivano un po' troppo di fideismo il buddhismo indiano).