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Messaggi - Phil

#2191
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
08 Ottobre 2016, 19:57:32 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMP.S.Consapevole che ogni mio ulteriore intervento non farebbe che ribadire la mia convinzione che l'identità non è ontologicamente fondata ma solo convenzionalmente designata, concludo qui la mia riflessione sull'interessante paradosso de "La nave di Teseo". 
Scusami se ti richiamo in causa, ma non sono riuscito a rispondere prima... concordo con la "essenziale"(parolaccia!) convenzionalità della identità, ma avrei qualche osservazione in merito:
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon ha alcun senso dire che Sari , quando dice "non sono", invece è...
Per dire "non sono", bisogna esistere: cogito, ergo sum (et ergo dico non sum...).
Di chi è la voce che dice "non sono"? Del non-Sari, della sete di esistere, o di una delle possibili identità convenzionali di Sari? Di certo, non è la voce di un agente esterno a Sari...

Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon è possibile affermare che è illusoria la sete d'esistere, come non è illusorio Sari, essendo correttamente designati; illusorio è il ritenerli dotati di esistenza intrinseca (durevole, eterna, immutabile, ecc.). 
Ciò che non ha un'esistenza intrinseca, non è forse illusorio? Se Sari e la sua "sete" non esistono intrinsecamente, ma sono solo designati convenzionalmente, non sono illusori? Le convenzioni non sono illusorie, "ontologicamente" parlando?
[Intendo per "illusione" il prendersi gioco (il-ludere), l'ingannare la nostra prospettiva spacciando per realmente esistente qualcosa che non lo è...]

Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMil concetto di identità non può essere definito in alcun modo se non convenzionalmente da un agente esterno. 
Quanto più cerchiamo di riempire la vacuità con un'identità unica e definitiva, tanto più ci complichiamo l'impresa... mi sembra ancora plausibile e funzionale che ogni identità debba essere pensata come plurale, a seconda del tipo di discorso: un ente esterno non serve ad identificarmi nel mio flusso di coscienza, nell'ascoltarmi (la voce di cui sopra)... così come per sapere il mio nome e cognome ho invece necessariamente bisogno di una fonte esterna che me lo certifichi (o che me ne convinca quando sono bambino)... per la mia identità come memoria, le modifiche del mio corpo sono irrilevanti... eppure è abitando il mio corpo mutevole che vivo e mi riconosco (anche percettivamente)... insomma, a seconda di come intendiamo l'identità, è possibile metterla in luce in modi differenti, ma si tratta sempre di puntare una luce(convenzionale) nel buio(vacuità), scambiando il raggio di luce per qualcosa che è (in auto-nomia), a prescindere dalla luce stessa...
#2192
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
07 Ottobre 2016, 23:03:41 PM
Citazione di: Jean il 07 Ottobre 2016, 20:47:36 PMSì, cosa è colui che vorrebbe poter essere. http://blog.libero.it/CloniDiMarte/11085102.html
E chi è colui che non vorrebbe poter essere?

Quantomeno in prima base, no?  ;D
#2193
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
07 Ottobre 2016, 16:17:51 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PMNon è Sari...è la sete d'esistere.
La sete d'esistere vuole esistere, ma se è sete (e vuole), esiste già...
esiste come mancanza di ulteriore esistenza (per questo è sete e non sazietà), ma qualora la ottenesse non sarebbe più sete, dunque non esisterebbe più... quindi l'esistenza della sete di esistere è basata sul non appagamento della sete stessa, per cui, volendo vivere cioè non-saziarsi, non è sete autentica, è illusoria...

Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PME' la volontà d'essere anche se non sono...come un desiderio costante inappagabile
Nel momento in cui dici "non sono", sei... altrimenti dove avrebbe radice (mula) quel desiderio?

P.s. Offrire ad un koan una riposta razionale è sfidare l'implacabile monaco zen ad usare il bastone... attento, lo ha già sollevato! :)
#2194
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
07 Ottobre 2016, 07:55:06 AM
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PM
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2016, 21:33:48 PME se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?
Sì, è possibile, ma sarebbe sempre l'identità designata da un agente esterno alle parti, dal discorso relativo all'insieme o alle parti. Se fosse dell'insieme sarebbe l'identità detta del "portatore delle parti", se fosse della parte si dovrebbe definire come la designazione esterna dell'identità della singola parte.
[corsivi miei]
Se fosse, potrebbe essere molteplice... ma in fondo:
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PM"La nave di Teseo è vuota ( vacua) di identità intrinseca". Che non significa che non c'è 

P.s.
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PMP.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...
Koan: cosa è colui che vorrebbe poter essere?  ;)
#2195
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
06 Ottobre 2016, 21:33:48 PM
Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino in quel momento muterà per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più?
Ci trovo forti analogie con il celebre "paradosso del sorite" (https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_sorite)

Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AM
L'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, [...] l'identità non è la funzione, [...] l'identità non è la forma [...] l'identità non è il nome [...] l'identità non è un significato
E se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?

Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AMSolo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. [...] Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
La vacuità non è proprio l'assenza di designazioni convenzionali?

E non vorremo mica farci del male filosofando sull'identità della vacuità?  ;D
#2196
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
04 Ottobre 2016, 19:38:13 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2016, 09:07:27 AMl'identità personale che necessita sempre del riconoscimento di un agente esterno alla funzionalità e dipendenza delle parti della "macchina umana"
Concordo, ogni convenzionalità presuppone un fattore che decida/sancisca la convenzione che identifica l'oggetto-della-convenzione (brutta espressione, ma credo sia comunque comprensibile), ovvero la convenzione è sempre "altro" da ciò a cui si applica.
La convenzionalità dell'identità quindi presuppone un altro, che sia l'altro uomo che mi etichetta convenzionalmente, o che sia l'Altro inteso come tutto-ciò-che-non-sono-io e che quindi mi identifica per differenza (anche se fossi l'ultimo uomo sulla terra...).

Ma come si comporta questa identità convenzionale nel tempo? L'identità, come ogni astrazione, fa fatica a rendere conto della temporalità... chi di noi dice "non sono più la stessa persona di dieci anni fa" (riferendosi a cambiamenti sia fisici, sia caratteriali, sia esperenziali, etc.) contraddice forse la sua identità interna? E chi, incontrando un amico dopo tanto tempo o relazionandosi ad una persona dopo un suo trauma o con sopraggiunta demenza, dice "non è più la stessa persona", rinnega forse quella identità esterna?
Direi che queste banali domande, credo vissute da molti, scavano e scovano uno scarto fra identità e temporalità: per essere fruibile, non solo nella compilazione dei dati anagrafici, l'identità andrebbe pensata come "continuità dinamica" (anche se il problema è che questo dinamismo della persona non è facilmente compatibile con la logica che usiamo operativamente...). 

Ciò significa ridurre l'identità alla personalità? Anche in questo caso, l'esperienza quotidiana ci pone alcune domande: quando parliamo al telefono o in un forum con qualcuno, e lo riconosciamo ancora come "amico-x", quanto è rilevante se la condizione del suo corpo è cambiata dall'ultima volta? Inoltre, per assurdo, se la nostra compagna ci dicesse che ha scoperto che tutti i suoi dati anagrafici non sono veri, cambierebbe davvero chi/come è lei per noi (escludendo che ce li abbia nascosti volutamente)? Concluderei che l'identità più importante, seppur parziale, è quella che prescinde dal corpo e dall'anagrafe, è quella con cui ci si relaziona agli altri, perché è quella con cui maggiormente gli altri ci identificano (ma il discorso non è così pacifico per l'auto-comprensione della propria identità...).

Questa identità-della-persona è comunque "parziale" perché anche l'identità anagrafica ha un suo valore (utilitaristico e burocratico), così come l'altro-come-corpo non è indifferente al nostro modo di considerarlo e identificarlo: facendo un esempio "estremo", se il mio migliore amico cambia sesso chirurgicamente, diventa un'amico di genere (sessualmente) differente, per cui non sarà più lo stesso amico di prima (anche se la personalità, non cambia) perché ri-conoscendolo (conoscendolo nuovamente, in entrambi i sensi!) come donna, inevitabilmente cambierà il "modo" in cui lui, anzi lei, è per me (ad esempio, ci saranno parti del suo corpo che eviterò di toccare, per rispetto; per utilizzare una situazione stereotipata: niente pacche sul sedere dopo che ha segnato un goal, anzi, non sarà più l'amico con cui giocare a calcetto e condividere le docce... differenze marginali, ma pur sempre differenze di identità e, quindi, di relazione... in quanto donna, potrei anche innamorarmene ;D )
#2197
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
03 Ottobre 2016, 17:05:24 PM
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"?

La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).
#2198
Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 22:04:39 PML'istante temporale infatti non può esistere realmente se non come istante di significato che è qui, adesso e perciò in eterno pur mostrandosi e nascondendosi nel gioco dell'apparire.
Non vorrei insistere, ma il punto cieco mi sembra proprio il "gioco dell'apparire"(cit.), come funziona l'avvicendarsi degli enti? 
Ha ancora senso parlare di "istante" quando non c'è una durata? Quanto dura la manifestazione dell'ente?
Non può avere durate arbitrarie perché è autonomo, in quanto eterno... e, soprattutto, non potrò mai sapere la durata "terrena" di nessun ente perchè non so nemmeno quanto duro io come osservatore dell'ente: qui crolla tutta la gnoseologia... e persino ogni "senso" della percezione e dell'emozione...
L'ente-Phil che mi sostituirà fra poco (quando?) sarà un mio identico ma con la memoria aumentata di una "puntata"? Nessuno può saperlo, perché per saperlo questo qualcuno dovrebbe durare abbastanza da assistere sia al dissolversi del'ente Phil-1 che all'apparire dell'ente Phil-2 e poi interrogarlo: qui crolla ogni episteme...
L'ente-Phil che deve compiere una scelta relazionandosi ad un altro ente-uomo, non è lo stesso ente che attuerà la scelta presa: qui crolla ogni etica, ogni politica, ogni socialità (chi va in carcere è lo stesso ente che è stato condannato?).

Prospettiva suggestiva quella dell'eterna intermittenza degli enti eterni, ma è piuttosto contraddittoria con l'esperienza e mi sembra che, per tutelare filosoficamente il concetto di l'eternità, renda impraticabile e paradossale gran parte del pensiero "pratico" (che nondimeno continua a "funzionare"...).
#2199
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
02 Ottobre 2016, 14:11:24 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 10:56:19 AMNe consegue che tutto l'universo dell'uomo è una designazione mentale ? Ma che all'analisi non si può trovare nulla di esistente in sé al di fuori della configurazione delle sue parti designate dalla mente? ::)
La parte dell'universo dell'uomo che è concettuale e linguistica è fatta di designazioni (convenzioni e definizioni), di "illusioni" per dirla all'orientale... per quanto la ragione pratica con cui viviamo abbia indubbiamente bisogno di queste designazioni (ed essere consapevoli della loro arbitrarietà non impedisce di usarle).
C'è poi una parte dell'universo umano che è silente, o semplicemente non linguistico: è la parte dell'esperienza e dei vissuti (percezioni, emozioni...), a cui la lingua può aggiungersi in un secondo momento come commento (non sempre utile, anzi...).

Per quanto riguarda l'esistere, inteso a prescindere dall'analisi concettuale che l'uomo ne fa, è oggetto di speculazione dall'alba del pensiero... sono inadeguato ;)  a rispondere

Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 13:20:53 PML'idea era che l'identità interna è il riflesso di quella esterna, ossia di quella che gli altri con il loro richiamo con la voce e con lo sguardo ci restituiscono come unità che può durare [...] Non c'è un'identità senza un altrui riconoscimento.
Potrebbe essere un'interessante spiegazione (di matrice levinassiana?) del perchè alcuni individui (asceti, eremiti, etc.) che si allontanano dallo sguardo e dalla voce dei lori simili, risultino poi inclini ad una visione più "olistica", al superamento dell'identità personale in favore del tutto-è-uno...
#2200
Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 22:37:02 PMLa continuità di questa storia è garantita proprio dal suo essere presente, tutta qui in questo istante di significato, non di tempo. Se l'istante è di significato e non di tempo, tutto il discorso di Severino acquista un senso molto più chiaro e quell'infinita frammentazione di cui parlavo prima è risolta. Peraltro, se il tempo non esiste, l'istante non può che essere di significato.
Se "il tempo non esiste"(cit.), non può esistere nemmeno l'istante (come lo definiamo?), né il presente (e allora la memoria che abbiamo è solo lo scherzo di un Maligno?). Per me, quell'"infinita frammentazione", senza luogo (la congettura del "da qualche parte" per salvare l'eternità, non mi quadra) e senza tempo (vedi sotto), non è una buona alternativa logica (semmai estetizzata) al divenire.

Ho ascoltato il primo intervento del video che hai linkato; Cacciari sostiene che "il pensiero di Severino ha fondato l'eternità", ma forse, logicamente, è più corretto dire che "il pensiero di Severino è fondato sull'eternità": la pietra angolare è l'eternità, il resto dell'impalcatura teoretica la presuppone e appoggia su di lei tutto il suo peso concettuale. Se Severino ha frammentato il monolite dell'essere parmenideo per trarne gli enti eterni da usare come mattoni, resta da valutare l'abitabilità di tale costruzione. E tale casa è secondo me inabitabile perché è basata su un fraintendimento: per Severino "A=A" significa "A è sempre uguale ad A", ma in quella formalizzazione logica, in quanto tale, non c'è temporalità... e l'assenza di temporalità non è eternità (che è comunque un concetto, seppur radicale, riferito al tempo: dentro l'eternità è pensabile un prima e un dopo, il tempo c'è...).

Se infatti decliniamo quell'identità con il fattore tempo, diviso in momenti (t1, t2, t3...) otteniamo At1=At1, At2=At2, At3=At3... e se A è un seme (sviluppo l'esempio di Davintro), arriviamo ad un momento (che qui numeriamo arbitrariamente) t9, in cui At9=At9, ma stiamo parlando ormai di una pianta. E dire At9 è "il seme A nel suo nono momento" oppure è "una pianta B al suo primo momento"(Bt1), risulta, come ogni identità, sempre arbitrario, ma non per questo contraddittorio.

Per cui possiamo chiamarlo tranquillamente At9 o Bt1 senza ombra di contraddizione (il senso di una costante è attribuito a tavolino, per cui At9 = Bt1, proprio come dire "Severino = S" è uguale a "il filosofo di cui parliamo = F", ovvero S = F).

A partire da questa "confusione" (senza offesa per Severino) entriamo in una dimensione "zenoniana", paradossale e anti-esperenziale (nel senso che viene falsificata dall'esperienza) in cui risulta assurdo che la medesima lampada si possa accendere e spegnere, che io muoia, etc. ma il fondamento logico è instabile, il che non impedisce comunque di derivarne delle conseguenze (come quando si fa un castello di carte e si costruiscono piani su piani...).

P.s. Se vogliamo leggere questa eternità severiniana come applicazione della legge di conservazione della massa "nulla si crea, nulla di distrugge", bisogna anche ricordare che il motto prosegue con "ma tutto si trasforma", ovvero con l'inconorazione del divenire come "trama narrativa" dell'accadere.
#2201
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
02 Ottobre 2016, 10:43:26 AM
@Maral
Benvenuto a bordo...

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 23:07:23 PMLa mia identità è un'immagina allo specchio che un altro mi fa intendere mia, la mia identità è il mio nome che un altro chiama, la mia identità in fondo non è mia. Niente di più, ma anche niente di meno.
E se distinguessimo fra identità sociale-convenzionale (esterna) ed identità auto-percepita (interna)?
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2016, 22:24:32 PMl'uomo ha invece come costante della sua identità non solo i dati anagrafici (che lo identificano all'esterno), ma soprattutto (all'interno) l'autoconsapevolezza che lo segue nel tempo, il "flusso di coscienza" che lo abita e la memoria
Qui si aprirebbe il problema del rapporto identità/altro... ma questa, forse, è un'altra storia...

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 10:28:22 AMSolamente sulla base di una designazione mentale si può sostenere che la configurazione delle parti sia la nave di Teseo.
E la designazione mentale può andare anche oltre: se la nave di Teseo va in guerra, viene danneggiata drasticamente in molte parti e affonda... non diremmo che quel relitto in fondo al mare è (ancora) la nave di Teseo?
In fondo anche "il foro romano" o il Colosseo non sono sempre stati dei ruderi...
#2202
Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMCosa importa intendere il divenire come un continuo apparire, se poi l'apparire della totalità dell'ente (che corrisponde alla sua eternità), non appare e, lo spiega Sini commentando e spiegando per noi il passo su "Dike", non appare giacché ciò che sopraggiunge non può essere l'eterno, non può essere la totalità, pur sopraggiungendo. 
[corsivo mio]
L'assunto in corsivo è la congettura fondante che andrebbe ragionata/spiegata/dimostrata, non presupposta, altrimenti è inevitabile che i conti torneranno sempre (tramite petitio principii).

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMIo penso che, sia pure in modo solo formale, la posizione severiniana mostri comunque l'assurdo della pretesa oggettiva della morte, mostrando come essa sia negata in partenza dalla premessa logica fondamentale, dalla pura e semplice tautologia dell'esistenza. 
Ricorderei che la logica prescinde dal fattore tempo, ma la vita no... mentre parlo con qualcuno, io e lui, siamo solo due enti che comunicano, oppure siamo un'infinità di enti per cui l'ente-Phil che inizia la conversazione non è lo stesso ente-Phil che la conclude? Se è così, come spiegare l'illusione della continuità della conversazione per la coscienza e la memoria?
Comunque, l'ente Phil-cadavere è eternamente e oggettivamente morto (quindi la morte non esce affatto di scena!), per cui fatemi le condoglianze finché sono vivo... o dovrei dire fate le condoglianze a qualcuno dei tanti Phil vivi  ;)

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMLe conseguenze sono enormi e prima tra tutte che non c'è bisogno di inventarsi alcun eterno privilegiato ente supremo (Dio o principio razionale, o qualsiasi altro onnicomprensivo contenitore di mortalità) per sentirsi salvi e al riparo da essa, perché ognuno, solo perché è, è già eternamente salvo, nessuna eternità può venirgli donata, con tutte le ambiguità e i ricatti che i doni recano con sé. 
Ho il sospetto che in questo sia l'estremismo metafisico di Severino: non un ente supremo, ma tutti gli enti sono supremi possedendo le caratteristiche assolute (eternità, immortalità...). Severino in fondo ha divinizzato gli enti (plurale obbligatorio) al punto che, proprio come con le divinità, essi non hanno un tempo ed uno spazio proprio, ma ogni tanto si concedono ad una rivelazione-manifestazione, sulla cui causa sarebbe interessante avere delucidazioni: perché l'ente eterno appare? cosa lo porta ad apparire?

Tempo e spazio, se ho ben capito, per gli enti eterni non esistono, esistono sono nella loro mondana apparizione; eppure: quanto dura un ente? dov'è un ente quando non appare? Sono domande che forse minano tutta la solidità dell'eternalismo severiniano. Ora che sto scrivendo, quanti enti-Phil si avvicendano? Uno ogni lettera? Uno ogni battito di ciglia? Uno al minuto? La decisione è arbitraria, tutt'altro che logicamente solida... poi c'è quella "fede" nell'ente eterno che, quando non appare, è ma non è (da nessuna parte certa), e anche qui la logica aggrotta la fronte...

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMl'aver gettata alle ortiche ogni metafisica trascendente in una sorta di immanenza assoluta in ogni infinitesimo ente dell'eternità. 
Secondo me, ogni volta che sale sul palco il concetto di eternità, lo spettacolo non può che essere metafisico... così come le spade laser e le astronavi denotano un film di fantascienza, parimenti la """presenza""" dell'eterno denota una teoria metafisica (sempre stando al mio modo di valutare; secondo il quale immanentizzare l'eternità nella manifestazione degli enti è uno dei gesti più filo-trascendentali che possano compiersi...).

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMNo, gli eterni di Severino sono comunque in altri cerchi dell'apparire, in altri luoghi e contesti umani ove appaiono in modo diverso. 
Scappatoia estetizzata o universi paralleli? :)  
Gli eterni, come osservavi, non possono sempre essere manifesti; ma quando non lo sono, dove sono?

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMun mio ritratto dipinto da Raffaello o da Picasso, che dopotutto mostrano aspetti diversi dello stesso ente
Raffaello raffigura, Picasso sfigura (artisticamente parlando  ;D ), Raffaello "rispetta", asseconda la percezione dell'occhio umano, Picasso la trascende proponendo un "astigmatismo stroboscopico"...

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 14:43:32 PMQui si accusa di metafisicità astratta e derivazione parmenidea un modo di pensare che vede che Tizio è espresso da ognuno dei suoi modi effettivi di essere, nessuno escluso, rispetto a un pensiero ben più metafisico e astratto che pretende di estrarre tra tutti questi modi una sostanza indefettibile sulla base della quale Tizio, pur cambiando resta sempre lo stesso. E' qui che sta l'astrazione e il conseguente errore, non il contrario!
"Tizio, pur cambiando resta sempre lo stesso" è più surreale (nel senso nobile del termine) di "Tizio è/sono un susseguirsi di enti eterni che appaiono e scompaiono ma consentono una continuità del flusso di coscienza e di memoria"? Opinioni "estetiche"...
"Tizio cambia restando sempre lo stesso" è un paradosso basato sulla cosiddetta "anfibolia", uso ambiguo dei termini: ciò che cambia e ciò che resta lo stesso sono su due piani differenti, infatti ciò che cambia è il corpo, l'apparenza, etc., mentre ciò che resta lo stesso è l'identità (per come l'ho descritta parlando della "nave di Teseo" nell'omonimo topic, senza che vi annoi oltre!).

P.s. Appena posso cercherò di gustarmi quel video, grazie per il link!
#2203
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
01 Ottobre 2016, 16:26:01 PM
Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2016, 03:51:39 AMCiò significa che Teseo possiede una nave. parallelo Io ho un corpo ciò significica che possiedo un corpo. il problema di identità accetate le premesse, e cioè se la nave è ancora di teseo o no, diventa, che io possiedo un corpo. dunque io sono il possidente di un corpo.
Sdoppiare l'uomo affermando "io ho un corpo", distinguendo l'"io" dal "corpo", forse non considera che in fondo "io sono un corpo", il possessore e il posseduto coincidono: anche se io non sono solo un corpo, non posso comunque esistere o pensarmi senza di esso; per cui il nocciolo della questione, se non erro, è proprio decidere fino a che punto il mio corpo, con i suoi cambiamenti, mi può identificare (e su ciò mi sono già sbilanciato nel post precedente).
#2204
Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 23:25:22 PM
Citazione di: Phil il 30 Settembre 2016, 16:26:05 PMPer me l'eternità (così come l'infinito) non può che essere una congettura, perché, per definizione, è ciò che non è verificabile, ma solo ipotizzabile...
Posso essere d'accordo (Severino non sarebbe e ci direbbe che è ciò di cui facciamo continuamente esperienza proprio nell'apparire degli enti), ma in tal caso si implicherebbe che noi possiamo fare esperienza solo della contraddizione, o meglio che possiamo solo contraddirci.
"Contraddizione" solo se restiamo dentro alla logica (estetizzata) severiniana (ma per la logica classica non c'è contraddizione...)

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 23:25:22 PMMi limito a chiedere se è mai esistito davvero un linguaggio non strutturato o una lingua senza un fondamento istintivo. 
Un linguaggio non strutturato, secondo me (non potendo parlare con certezza di quello usato dall'uomo preistorico!), può essere quello dei neonati (prima che affinino la capacità di imitare); il fondamento istintivo-biologico è sempre quello innato della comunicazione...

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 23:25:22 PMNoi continuiamo linguisticamente a separare le cose (produrre astrazioni) sperando così di parlare oggettivamente, mentre in realtà parliamo sempre e solo attorno ai nostri astratti concetti 
Per questo sottolineavo la differenza fra ermeneutica e ontologia, fra linguaggio/senso ed essere... ovviamente, le parole (astratte) non sono gli enti a cui si riferiscono!

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 23:25:22 PMMa tu pensi davvero che la visione metafisica classica, quella su cui per senso comune facciamo affidamento, e che immagina uno scorrere nel tempo reale, un ieri, un oggi e un domani effettivi e non immaginati, con un soggetto e un oggetto, un dentro e un fuori ben distinti e separati, sia più realistica? La questione dello scorrere del tempo è di vecchia data, già Agostino la metteva giustamente in dubbio (il passato non è, esiste forse un luogo ove troviamo il passato? Cosa sono passato e futuro se non enti assolutamente senza luogo?). 
Il passato lo troviamo trasfigurato nella memoria, mentre gli enti severiniani, prima del loro apparire, sono ma non sono in nessun tipo di luogo (se ho capito bene): entrambe non sono esperienze di autentico possesso o percezione del passato (che sarebbe logicamente impossibile!), ma quella della memoria come traccia del divenire mi sembra meno "spericolata" e fantasiosa (ma forse è solo una questione di plausibilità secondo la mia prospettiva...).

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 23:25:22 PMMa se vogliamo rimanere in termini pittorici, pensi davvero, ad esempio, che un quadro di Raffaello riproduca cose e persone in modo più reale di un quadro cubista, al di là delle rispettive scelte estetiche?
Il quadro di Raffaello mi pare resti più comprensibile, decifrabile, attendibile come rappresentazione, rispetto ad un quadro di Picasso (così come il divenire resta, per me, più funzionale come chiave di lettura, rispetto ad una metafisica dell'eterno): se tu dovessi mandarmi un quadro per farmi vedere le tue sembianze fisiche (non per stupirmi o darmi qualcosa da appendere in salotto), lo commissioneresti a un Raffaello o a un Picasso?
#2205
Citazione di: maral il 29 Settembre 2016, 22:18:27 PM
l'eternità dell'ente non è una congettura, per quanto possa apparire strampalata
Per me l'eternità (così come l'infinito) non può che essere una congettura, perché, per definizione, è ciò che non è verificabile, ma solo ipotizzabile...

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 00:05:44 AM
non è che prima ci si mette a giocare e poi ci mettiamo d'accordo se quel gioco che abbiamo cominciato ciascuno per conto suo è briscola o poker.
Al riguardo richiamerei ancora la differenza fra linguaggio e lingua, ovvero fra giocare a carte in modo istintivo e non-strutturato (linguaggio come predisposizione innata neurologico-comportamentale, che contempla anche la possibilità del "solitario"), e giocare a carte in modo regolamentato (lingua convenzionale), ma con ciò non voglio riavvolgere il discorso a tre o quattro pagine fa...

In questo interrogarsi:
Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 00:05:44 AMproprio l'ente mi diventa incomprensibile e non tanto perché non arriveremo mai  a definirlo completamente, ma perché non sappiamo nemmeno da dove incominciare, dove sta l'ente?
ritrovo echi (subliminali?) di
Citazione di: Phil il 28 Settembre 2016, 08:04:41 AM
Quando e dove avviene il mio manifestarmi come "ente A"?
che sia arrivata a destinazione la bastonata del monaco (non mia)?

Citazione di: maral il 30 Settembre 2016, 00:05:44 AM
allora la filosofia di Severino, vista come trattazione del significato anziché dell'essente, si presenta come una ermeneutica e questo non credo che Severino possa di sicuro mai accettarlo.
Schleiermacher direbbe che possiamo capire Severino meglio di lui stesso... comunque, per come la vedo, quando l'ermeneutica si crede (crede se stessa) una ontologia, quando viene confuso il piano del linguaggio con quello dell'essere, si sconfina nell'estetismo, ovvero nel proporre una prospettiva estetizzata, come dimostra Heidegger (è tutta qui la differenza fra la citazione del "suo" Holderlin e quella di Wittgenstein). Per "prospettiva estetizzata" intendo quella in cui si sta nel circolo ermeneutico partendo dal senso (intuito, congetturato, prefigurato) per arrivare all'essere, piuttosto che (come vorrebbe fare l'ontologia autentica, nonostante lo scacco delle scienze) partire dall'essere per arrivare al senso (per inciso, questo dualismo senso/essere, con tutti i rovesciamenti annessi, può essere problematizzato fino al suo superamento).

L'attualizzazione severiniana di Parmenide è estetizzata (v. il problema zenoniano degli infiniti Sariputra che vanno a dormire), perché procede con un andamento "poetante" (pur sotto le mentite spoglie di un integerrimo locigismo), in cui un precedente senso mitologico (il mito dell'essere, dell'eternità, etc.) detta la concezione dell'essere (esattamente come accade nei culti religiosi e in ogni metafisica), non l'inverso (come tende ad accadere nelle scienze, dove il senso è costruito a partire dall'essere degli enti).
Nell'estetica infatti la produzione di senso può prescindere dalla logica e dall'ancoraggio al reale (il linguaggio estetico non conosce vero/falso e parla di un essere che non deve essere presupposto come ontologico) e quando vengono meno questi due presupposti, la scrittura, o meglio, il logos si fa estetizzato, anche se si presenta come discorso veritativo sull'essere. L'"ontologia" severiniana forse getta la maschera, svelandosi estetizzata, quando sfocia, con buona pace della logica, in un'escatologia della Gioia, della Gloria, dell'Immenso etc. (ma aspetto eventuali correzioni di chi maneggia questo concetti meglio di me...).

P.s. A scanso di equivoci, preciso che non intendo estetico l'oggetto del discorso severiniano, nè tantomeno voglio dare un'interpretazione estetica della sua ontologia; alludo alla sua prospettiva col termine di "estetizzata" allo stesso modo di come era estetizzata la "visione" proposta dal cubismo: in Severino non c'è il divenire, in Picasso non c'è la prospettiva; in Severino gli enti sono eterni, in Picasso gli enti sono scomposti, etc. la differenza sta nella intenzionalità dell'estetizzare il mondo (anche se sgiombo ha tratteggiato un "colpo di teatro" testamentario decisamente intrigante...) e nello strumento usato (pennello vs penna...).