Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMP.S.Consapevole che ogni mio ulteriore intervento non farebbe che ribadire la mia convinzione che l'identità non è ontologicamente fondata ma solo convenzionalmente designata, concludo qui la mia riflessione sull'interessante paradosso de "La nave di Teseo".Scusami se ti richiamo in causa, ma non sono riuscito a rispondere prima... concordo con la "essenziale"(parolaccia!) convenzionalità della identità, ma avrei qualche osservazione in merito:
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon ha alcun senso dire che Sari , quando dice "non sono", invece è...Per dire "non sono", bisogna esistere: cogito, ergo sum (et ergo dico non sum...).
Di chi è la voce che dice "non sono"? Del non-Sari, della sete di esistere, o di una delle possibili identità convenzionali di Sari? Di certo, non è la voce di un agente esterno a Sari...
Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 23:20:38 PMnon è possibile affermare che è illusoria la sete d'esistere, come non è illusorio Sari, essendo correttamente designati; illusorio è il ritenerli dotati di esistenza intrinseca (durevole, eterna, immutabile, ecc.).Ciò che non ha un'esistenza intrinseca, non è forse illusorio? Se Sari e la sua "sete" non esistono intrinsecamente, ma sono solo designati convenzionalmente, non sono illusori? Le convenzioni non sono illusorie, "ontologicamente" parlando?
[Intendo per "illusione" il prendersi gioco (il-ludere), l'ingannare la nostra prospettiva spacciando per realmente esistente qualcosa che non lo è...]
Citazione di: Sariputra il 08 Ottobre 2016, 13:48:40 PMil concetto di identità non può essere definito in alcun modo se non convenzionalmente da un agente esterno.Quanto più cerchiamo di riempire la vacuità con un'identità unica e definitiva, tanto più ci complichiamo l'impresa... mi sembra ancora plausibile e funzionale che ogni identità debba essere pensata come plurale, a seconda del tipo di discorso: un ente esterno non serve ad identificarmi nel mio flusso di coscienza, nell'ascoltarmi (la voce di cui sopra)... così come per sapere il mio nome e cognome ho invece necessariamente bisogno di una fonte esterna che me lo certifichi (o che me ne convinca quando sono bambino)... per la mia identità come memoria, le modifiche del mio corpo sono irrilevanti... eppure è abitando il mio corpo mutevole che vivo e mi riconosco (anche percettivamente)... insomma, a seconda di come intendiamo l'identità, è possibile metterla in luce in modi differenti, ma si tratta sempre di puntare una luce(convenzionale) nel buio(vacuità), scambiando il raggio di luce per qualcosa che è (in auto-nomia), a prescindere dalla luce stessa...