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Messaggi - Eutidemo

#2191
Attualità / Re: Il messaggio dei "cerchi nel grano".
05 Gennaio 2023, 06:05:37 AM
Bravo Iano, è ALFABETO MORSE!

#2192
Ciao Iano! :)
Il tuo è un ragionamento condivisibilissimo!
Però, il fatto che "non si può non credere in qualcosa", non significa che quel qualcosa in cui si crede esista sul serio!
Anzi, secondo me (e la mia esperienza personale, anche "extrareligiosa") la probabilità che qualcosa sia vero è "inversamente" proporzionale al nostro desiderio che effettivamente lo sia!
***
Il che mi ricorda:
a)
Un passo di Voltaire: "Si Dieu n'existait pas, il faudrait l'inventer!" (cioè "Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo.").
b)
Un passo de "Le mie prigioni", in cui Silvio Pellico (che era credente), trova la seguente scritta sul muro della cella in cui era rinchiuso: "Se ti trovi qui dentro sei senz'altro uno sventurato; ma se, per consolarti, cominci a credere in Dio, oltre che sventurato sei anche un illuso!"
Ho citato a memoria, per cui non garantisco l'esattezza letterale della citazione; ma il senso era quello (anche se non lo condivido del tutto).
***
Un saluto! :)
***
#2193
Citazione di: bobmax il 04 Gennaio 2023, 17:17:47 PMVi è una sostanziale differenza tra "credere", "sapere" e "essere".
Tutti e tre si riferiscono alla verità.
Ma con gradi e modalità diversi.

Il credere implica necessariamente il dubbio. Credo in quanto dubito.
Se non dubitassi non crederei.

Mentre il sapere ritiene di poter fare a meno del dubbio. Io so, quindi non dubito.
La conoscenza non necessita di alcuna credenza.

Viceversa l'essere prescinde da un eventuale sapere e non ha alcuna necessità di credere.
Io sono, non ho bisogno di sapere né tanto meno di credere.
L'essere basta a se stesso.

Probabilmente il sapere è il più ambiguo dei tre. Fino a che punto posso davvero fare a meno del dubbio?

Invece l'essere sembrerebbe impossibile.
Tuttavia ho conosciuto, e continuo a incontrare, persone che mostrano di essere, per davvero.
Magari solo in alcuni momenti, ma in quei brevi istanti loro sono.

Sì, anche questo è un mio sapere... ma non un sapere di qualcosa... è percezione di Dio.
Il tuo ragionamento può essere sintetizzato nella famosa frase ""Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium!" (Paolo Lettera agli Ebrei (XI, 1).
Che Dante traduce: "Fede è sustanza di cose sperate, e argomento de le non parventi" (Paradiso XXIV, 64) 
Un saluto :)
#2194
Citazione di: anthonyi il 04 Gennaio 2023, 20:11:43 PMSe ci fai caso, eutidemo, nella differenza tra fiducia e fede é implicita la scelta tra un'interpretazione materialistica o spirituale.
La fede in quanto ispirazione interiore deve essere ispirata da qualcosa di immateriale, a meno che non si voglia credere che la fede venga  dall'eredita genetica dell'individuo.
La fiducia, invece, cioè il credere perché tanti ti hanno raccontato quella cosa, da una spiegazione materiale.
Esatto! :)
Non si può avere "fiducia" in una "persona" che ci è stata solo raccontata come "divina".
Si può avere invece "fede",  ispirata da qualcosa di immateriale, in un Dio "apofatico", privo:
- sia di connotati "antropomorfici" (testa, braccia gambe ecc.);
- sia di connotati "antropopatetici" (amorevolezza, irascibilità, compassione ecc.)
***
Un saluto! :)
***




#2195
Ciao Niko :)
Sono soltanto delle "persone" a dire che esiste una "persona" di nome Dio; ma una "persona" di nome Dio io non l'ho mai incontrata "personalmente"!
Io vedo, sento e comunico solo con le "persone" che dicono che esiste un "Dio persona", ma, per quanto ne so, Dio potrebbe anche essere soltanto un parto della loro immaginazione o autosuggestione.
***
Non basta che qualcuno dica che Dio esiste come "persona", per renderla tale; altrimenti sarebbe stata tale anche Venere!
***
Non si può avere "fiducia" in una "persona" che non si è mai vista nè concretamente nè  oggettivamente "presentarsi in pubblico o privatamente con i palesi attributi di una divinità".
***
Si può avere invece "fede" in un Dio "apofatico", privo:
- sia di connotati "antropomorfici" (testa, braccia gambe ecc.);
- sia di connotati "antropopatetici" (amorevolezza, irascibilità, compassione ecc.)
***
Un saluto! :)
***
#2196
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2023, 11:29:02 AMSe ne parlava giusto una decina di giorni fa con Duc (qui e dintorni); parafrasando Platone: non si può scegliere di credere davvero in una divinità se non si crede che essa esista, non si può decidere a piacimento in cosa credere, per cui qualunque mano che il Cielo ci porge (o qualunque sacralità che un libro ci propone) non viene vista come tale e, di conseguenza, non viene accolta come sacra. Tale cecità, se onesta e in buona fede, non è stata scelta a priori e punire per tale cecità è un po' come "sparare sulla croce rossa"; fermo restando che, se una divinità esiste, non deve per forza essere compassionevole e comprensiva verso la nostra cecità (come noi, eventualmente, vorremmo lei fosse).
Se qualcuno decide di sventolare una banconota da cento euro davanti agli occhi di un non vedente e, quando viene a sapere che questi è morto di fame, commenta l'accaduto assolvendosi e dicendo che in fondo gli sarebbe bastato prendere la sua banconota, costui certamente è libero di avere tale beffarda opinione (che, se spontanea, non ha nemmeno scelto di avere). Tale burlone potrebbe anche andare oltre, sospettando che il non-vedente abbia volutamente ignorato la banconota per evitare il viaggio e la fatica di andare a comprare il cibo (di "vita eterna") che gli avrebbe salvato la vita; la conseguenza di tale pigrizia sarebbe dunque una "ben meritata" morte di fame.
Se piuttosto che sventolare la banconota davanti ad occhi ciechi, gliel'avesse lasciata in mano, avremmo di certo risolto i dubbi sulla pigrizia del cieco e chissà come sarebbe andata a finire... tuttavia, come già detto, persone e dei non hanno necessariamente sempre una "natura" amorevole (e possono davvero scegliere di averla? Si può decidere di cambiare senza sentire prima la propria condizione come carente? Platone dice di no).
Sottoscrivo parola per parola; hai espresso discorsivamente il mio pensiero, molto meglio di quanto non sia stato capace di farlo io ;)
#2197
Prima della partenza, la compagnia armatrice White Star nominò, all'ultimo minuto, primo ufficiale Henry Tingle Wilde; per cui, con il suo arrivo a bordo, rimase senza incarichi David Blair, che fu quindi  costretto ad abbandonare la nave in fretta e furia.
***
E da qui comincia la serie delle colossali STUPIDAGGINI che provocarono l'affondamento del Titanic; di cui l'"iceberg" fu solo un innocente "compartecipe occasionale".
.
PRIMA STUPIDAGGINE
David Blair, abbandonando il Titanic in fretta e furia, si portò dietro pure la chiave della cassetta blindata in cui erano conservati i binocoli della nave.
I quali, checchè sia stato detto da qualche incompetente di navigazione, erano uno strumento:
- essenziale per le vedette;
- vitale per la sopravvivenza della nave.
Soprattutto in un'epoca nella quale il radar ancora non esisteva.
.
SECONDA STUPIDAGGINE
Il Titanic trasportava 1.308 passeggeri:
In terza classe: 709
In seconda classe: 277
In prima classe: 322
Di tali 1.308 passeggeri, sicuramente più della metà si sarà portato dietro il suo binocolo personale per ammirare il panorama; come chiunque abbia fatto una crociera negli ultimi due secoli sa benissimo.
Indi ragion per cui, quella grandissima "testa di pazzo" del comandante Edward John Smith, visto che il suo equipaggio era stupidamente rimasto privo di binocoli, avrebbe potuto benissimo chiederne in prestito un paio ai suoi passeggeri; i quali, visto che la richiesta era per la loro sicurezza, non penso proprio che avrebbero mosso obiezioni di sorta.
Ed invece, evidentemente "per non fare brutta figura", il comandante Smith preferì affidarsi a delle vedette prive di binocolo!
.
TERZA STUPIDAGGINE
Non contento di aver lasciato le vedette prive di binocolo, il comandante mise il "telegrafo di macchina" in posizione di "tutta forza"; lanciando così la nave, difficilmente manovrabile per le sue enormi dimensioni (con una mole di 268,83 metri di lunghezza e circa 53 di altezza, e con un peso lordo di circa 46.328 tonnellate), alla massima velocità possibile per l'epoca, cioè 24 nodi (circa 44 chilometri orari).
Ora, come è facile intuire, lo "spazio di frenata" di una nave è molto più "lungo" di quello di un'automobile, in quanto l'attrito dell'acqua è minore; per cui, anche mettendo le macchine "indietro tutta" e "cercando di virare" (come ha fatto all'ultimo momento il Titanic) le pale in quelle condizioni lavorano con angoli di incidenza molto diversi, e quindi potrebbero anche "cavitare", rallentando così l'inversione di marcia e la virata.
Ne consegue che è comunque molto pericoloso lanciare a quella velocità una nave così grossa, di notte e senza binocoli (e senza radar).
.
QUARTA STUPIDAGGINE
Ma se è comunque molto pericoloso lanciare a quella velocità una nave così grossa, di notte e senza binocoli (e senza radar), farlo in un'area piena di "iceberg" vaganti, è un vero e proprio SUICIDIO in piena regola.
Sarebbe stato pericoloso anche per una barchetta a remi.
.
QUINTA STUPIDAGGINE
Infine, rischiare tanto sapendo di avere a disposizione un numero di scialuppe insufficienti, costituisce l'ultima e più la grande delle stupidaggini commesse.
.
CONCLUSIONE
Per cui, secondo me, non c'è assolutamente niente di misterioso nell'affondamento del Titanic; a meno che non vogliamo considerare misteriosa la profondità della stupidità umana, che è senz'altro più profonda di quella del mare.
.
P.S.
Però occorre mettere in conto anche:
- la "vanità" di arrivare a New Yorck a tempi di record;
- l'"avidità" di poter sfruttare, anche pubblicitariamente, tali tempi di record.
#2198
Attualità / Il messaggio dei "cerchi nel grano".
04 Gennaio 2023, 10:51:38 AM
Premesso che sono stati sicuramente realizzati da esseri umani, e non da extraterrestri, secondo voi qual'è il "messaggio" contenuto in questi "cerchi nel grano", apparsi recentemente in UK?
https://dai.ly/k47bgWlqpFPfs3yEM9t
#2199
Citazione di: Ipazia il 03 Gennaio 2023, 16:09:02 PMMi pare che il catechismo cattolico sia più razionale, sintetico ed esaustivo di tanta metafisica teologica e giuridica. Andando a memoria, i peccati sono di 4 tipi:

pensiero, parola, opere, omissioni.

Anche i reati sono degli stessi tipi, con esclusione del pensiero, finché non diviene pubblico e manifesto negli altri 3 tipi.

In realtà, il diritto nella società totale contemporanea persegue, prevenendoli, anche i "reati" di pensiero con la psicopolizia mediatica che indottrina le menti a pensare nel modo funzionale al sistema. Una specie di repressione preventiva. Questo da sempre, ma con tecniche di omologazione sempre più perfezionate.

Covidemia docet.
MADDAI!!!!
Almeno la " psicopolizia mediatica" ce la potevi risparmiare!
:D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D :D
#2200
So benissimo che l'opinione prevalente è che, quella "di credere o di non credere", sia una scelta volontaria dell'individuo; ma io sono di avviso assolutamente contrario, in quanto, a mio parere, il "credere" o il "non credere" non costituiscono in alcun modo una scelta volontaria (in quanto tale "premiabile" o "punibile").
In ogni caso, a mio parere, occorre distinguere
- il credere per "fiducia" (cioè fidandosi di ciò che ci racconta una determinata persona, di cui personalmente ci fidiamo);
- il credere per "fede" (cioè, per vocazione, ispirazione o convinzione interiore ;
***
Faccio un esempio.
Un mio amico, nel quale nutro la massima fiducia, mi racconta che il giorno dopo aver seppellito il padre, tornando al cimitero, ha trovato la tomba vuota; e che il giorno ancora successivo, lo ha incontrato addirittura a spasso per strada, del tutto vivo e vegeto.
Ebbene, poniamo che, nutrendo io la massima fiducia in lui, ed inoltre volendo compiacerlo, io voglia fare lo sforzo di credergli; è ovvio che non ci riuscirei MAI!
Non dipende mica da me!
Ed infatti, se dicessi di credergli:
- o mentirei a lui;
- oppure mentirei a me stesso!
***
Se, quindi, leggo una cosa del genere su un libro, scritto duemila anni fa, nel quale vengono riportate le "presunte" testimonianze di dodici sconosciuti, come diamine faccio a crederci, solo per "fiducia" in loro?
E' chiaro che non ha senso, non conoscendoli neanche di persona come persone degne di "fiducia"!
***
Ed infatti, in questo caso, non si tratta di credere o meno alla "parola di Dio", bensì di credere alla "parola di uomini"; che, mi sono del tutto sconosciuti, e che, per giunta, sono pure morti duemila anni fa!
***
Ed infatti:
- un conto è avere "fede" che Dio esista, per vocazione, ispirazione o convinzione interiore (più o meno intensa che essa sia);
- un altro conto, invece, è credere alla "testimonianza di uomini", i quali sostengono di essere stati "delegati" da Dio a rivelare le verità da Lui predicate, ma sulla cui "procura" appare soltanto la loro firma, ma non certo quella di Dio.
Nessun Notaio accetterebbe mai una delega firmata solo dai "delegati", ma non dal "delegante"!
***
Pertanto, a parte che, nel caso di specie, si tratta più che altro di "fiducia" nella testimonianza di uomini (defunti e sconosciuti), e non certo della "fede" in Dio (che è un'altra cosa), in entrambi i casi, però, si tratta di "determinazioni psichiche" indipendenti dalla nostra volontà.
***
Ed infatti, lasciando stare i resoconti di ignoti individui vissuti duemila anni fa, nei quali è oggettivamente impossibile, non conoscendoli, nutrire una "fiducia personale" in loro, per quanto riguarda, invece, la "fede interiore" nell'esistenza di Dio (sia pure sentita e concepita nei modi più diversi), i casi sono quattro:
- o si nutre una fede forte e sincera, ed allora non si può scegliere di smettere di crederci;
- o non si crede affatto all'esistenza di Dio, ed allora non si può scegliere di cominciare a crederci con uno "sforzo di volontà";
- o si finge una cosa o l'altra, per "tradizione", "convenzione", o "convenienza";
- oppure, infine, si hanno al riguardo soltanto dei "dubbi".
***
A parte il terzo caso, almeno a mio parere, non si tratta di cose che dipendono da noi; per cui, secondo me, non possiamo essere puniti o ricompensati, per questo, nell'altro mondo!
Ma, in questo caso, la mia opinione contrasta con le credenze di tutte le religioni e confessioni esistenti; ed in particolare, con quella luterana, secondo la quale la salvezza dipende solo dalla "fede cieca in Dio" che perdona e rende giusto l'uomo, indipendentemente dalle opere che questo compie.
Ma se la "fede" ci viene concessa per "grazia", ovvero negata per "disgrazia", che merito o che colpa ne abbiamo noi?
***
#2201
Citazione di: daniele22 il 03 Gennaio 2023, 08:05:19 AM
Ciao Eutidemo, citandoti:
"Ed infatti, almeno secondo me, sarebbe molto più aderente alla realtà affermare che:
- mentre il "reato" consiste in un presunto danno arrecato all'intera collettività o a singoli individui, secondo l'opinione di chi governa tale collettività in un certo tempo ed in un certo luogo, tale per cui il responsabile di tale atto verrà giudicato dal governante nei modi e nelle forme da lui stabiliti;
– il "peccato", invece, consiste in una presunta offesa arrecata a Dio,  secondo l'opinione di chi pretende di poter interpretare la volontà di Dio in un certo tempo ed in un certo luogo, tale per cui il responsabile di tale presunta offesa verrà giudicato soltanto da Dio (però sempre secondo l'opinione dei suoi sedicenti interpreti, come, ad es.Dante Alighieri)."
Sono senz'altro in linea con quanto affermi. In relazione invece all'ultimo post che hai fatto stamattina debbo segnalarti un errore ... sai com'è, ogni tanto faccio dei controlli a campione. L'affermazione di Giovanni compare su "Altre lettere", pertanto sarebbe corretto che tale pensiero venga inquadrato dalle coordinate 1Gv,3-15 e non Gv, 3-15. Un saluto

La tua correzione è assolutamente esatta; ed infatti la mia citazione di Giovanni va inquadrata  nelle coordinate 1Gv,3-15 e non Gv, 3-15.
Ti ringrazio per la tua correzione, e, nel contempo, chiedo scusa a tutti per il mio errore! :)
#2202
Che ci sta a fare il "Tridente di Poseidone" sugli spinotti USB?
***
Prima dello standard USB nessuna porta – se non la SCSI – poteva gestire più dispositivi contemporaneamente; per questo la scelta è ricaduta sul simbolo del tridente.
I tre rebbi con le differenti forme geometriche posizionate alle estremità (cerchio, quadrato e triangolo) simboleggiano le innovazioni principali dello spinotto USB, cioè la possibilità di connettere più dispositivi ad una porta e la realizzazione di uno standard unico utilizzato da un grande numero di "device".
#2203
Condivido pressochè tutti i vostri interventi, i quali, però, non hanno preso in considerazione le mie conclusioni finali.
E, cioè, che, a prescindere da tutto quello che avete scritto (che è giustissimo):
.
a)
Il "reato" si configura soltanto se l'evento criminoso si realizza concretamente (reato consumato), oppure se, anche non realizzandosi, l'agente aveva però posto in essere mezzi "idonei" per realizzarlo (reato tentato).
Ed infatti, se, invece, l'agente cerca  di sopprimere la persona che odia ricorrendo ad arti magiche, essendo convinto al 100% che essi funzionino, non commette nessun reato, neanche sotto la forma del "tentativo"; ed infatti l'art. 49 comma 2 del c.p. prende specificamente in considerazione l'ipotesi del "tentativo assolutamente inidoneo" mediante la figura del cosiddetto "reato impossibile", escludendo così la punibilità per gli atti posti in essere secondo modalità inidonee al compimento dell'azione.
.
b)
Il "peccato", invece (comunque lo si voglia intendere, a seconda delle diverse religioni), si configura non solo se il peccato si realizza concretamente, ma anche se, pur non realizzandosi, il peccatore aveva però intenzionalmente posto in essere mezzi sia "idonei" sia anche "non idonei" per realizzarlo.
Ed infatti, se l'agente cerca  di sopprimere la persona che odia ricorrendo ad arti magiche, essendo convinto al 100% che essi funzionino, non commette nessun "reato", però, almeno secondo me, commette comunque un "peccato"; perchè, dal punto di vista religioso (ed anche etico), ciò che conta è "l'intenzione" più che l'"effetto".
Anzi, a rigore, secondo il Vangelo non serve nemmeno quella, perchè, testualmente: "Chi odia suo fratello è già un omicida" (Gv III, 15).
#2204
Al riguardo si sono espressi illustri pensatori e filosofi, dei quali ricorderò soltanto i due principali; almeno per quanto riguarda la "differenza" in oggetto, e non per il loro "pensiero" in generale.
.
THOMAS HOBBES
Thomas Hobbes scriveva: "Un reato è un peccato che consiste nel commettere ciò che la legge vieta o nell'omettere ciò che essa comanda. Pertanto ogni reato è un peccato, ma non ogni peccato è un reato."
Al riguardo, secondo me:
a)
La prima affermazione è assolutamente errata, perchè i criteri in base ai quali le "leggi" (ciascuna a suo modo e a suo tempo) considerano un atto "delittuoso", non sempre nè necessariamente coincidono  con i criteri in base ai quali le religioni (ciascuna a suo modo e a suo tempo) considerano un atto "peccaminoso".
Ad esempio, per le leggi romane, rifiutarsi di sacrificare all'Imperatore era considerato un "reato" (punibile con la morte), mentre, per la religione cristiana, non era affatto un "peccato", ma anzi, era considerato un mezzo per guadagnarsi il paradiso; sacrificare all'Imperatore in ottemperanza delle vigenti leggi, invece, era considerato un "peccato" meritevole dell'inferno.
b)
La seconda affermazione, invece è corretta, perchè i criteri in base ai quali le religioni (ciascuna a suo modo e a suo tempo) considerano un atto "peccaminoso", non sempre nè necessariamente coincidono con  i criteri in base ai quali le "leggi" (ciascuna a suo modo e a suo tempo)  considerano un atto "delittuoso".
Ad esempio, almeno per le nostre attuali leggi, l'"aborto" non costituisce affatto un "reato"; pur continuando a restare un "peccato" per la religione cattolica.
.
CESARE BECCARIA
Secondo Beccaria, invece:
- mentre il "reato" consiste in un danno arrecato all'intera collettività, tale per cui il responsabile di tale atto merita di essere giudicato dalla società nei modi e nelle forme dalla stessa stabiliti;
– il "peccato", invece, non è altro che un'offesa arrecata a Dio, ragion per cui il suo autore merita di essere giudicato soltanto da Dio.
***
Tale differenziazione, a mio parere, è molto più corretta di quella di Hobbes, però è egualmente imprecisa.
Ed infatti, almeno secondo me, sarebbe molto più aderente alla realtà affermare che:
- mentre il "reato" consiste in un presunto danno arrecato all'intera collettività o a singoli individui, secondo l'opinione di chi governa tale collettività in un certo tempo ed in un certo luogo, tale per cui il responsabile di tale atto verrà giudicato dal governante nei modi e nelle forme da lui stabiliti;
– il "peccato", invece, consiste in una presunta offesa arrecata a Dio,  secondo l'opinione di chi pretende di poter interpretare la volontà di Dio in un certo tempo ed in un certo luogo, tale per cui il responsabile di tale presunta offesa verrà giudicato soltanto da Dio (però sempre secondo l'opinione dei suoi sedicenti interpreti, come, ad es.Dante Alighieri).
.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Ciò premesso, secondo me la principale differenza tra "reato" e "peccato", a prescindere dal loro diverso "oggetto" e "contenuto" a seconda dei tempi e dei luoghi, consiste nel fatto che:
- il "reato" (a parte quello colposo) è tale sia per l'"intenzione", sia per i "mezzi idonei", sia, generalmente, anche per l'"effetto";
- il "peccato", invece, è tale solo per l'"intenzione" e per i "mezzi anche se non idonei", ma non necessariamente per l'"effetto".
E questo vale tanto per il "peccato" in senso "religioso", tanto per il "peccato" genericamente inteso in senso "etico"
***
Mi spiego con degli esempi concreti.
a)
Se Tizio spara a Caio con l'"intenzione" di ucciderlo, è parimenti possibile che:
- usando "mezzi idonei" come una pistola, riesca a centrarlo e, quindi, ad ottenere l'"effetto" di sopprimerlo (nel qual caso verrà punito per "reato volontario consumato");
- pur usando "mezzi idonei" come una pistola, lo manchi del tutto a causa della sua imperizia, senza quindi ottenere l'"effetto" di sopprimerlo  (nel qual caso verrà punito per "reato volontario tentato").
Ma se, invece di "sparargli", gli fa una semplice "fattura di malocchio mortale", essendo profondamente convinto che in tal modo la vittima designata morirà, non commetterà alcun "reato", perchè ha usato "un mezzo assolutamente inidoneo" a provocarne la morte; ed infatti, l'art. 49 comma 2 del c.p. prende specificamente in considerazione l'ipotesi del "tentativo assolutamente inidoneo" mediante la figura del cosiddetto "reato impossibile", escludendo così la punibilità per gli atti posti in essere secondo modalità inidonee al compimento dell'azione.
b)
Se, invece, Tizio fa una "fattura di malocchio mortale" a Caio con l'"intenzione" di ucciderlo,  essendo profondamente convinto che in tal modo la vittima designata morirà, pur avendo lui usato "un mezzo assolutamente inidoneo" a provocarne la morte, avrà comunque commesso un "gravissimo peccato" (sia dal punto di vista religioso quanto etico);  il quale, a mio parere, è moralmente equiparabile ad un omicidio vero e proprio, anche se la vittima designata resterà viva e vegeta, in quanto l'immaginaria azione omicida non è andata "ad effetto".
***
Ma questa è soltanto la mia personale opinione; e non è affatto detto che coincida con quella di Dio!
***
#2205
Il bello di una calcolatrice automatica elettronica, è che, per ottenere il risultato della moltiplicazione di due numeri, non occorre fare nessun calcolo, ma basta guardare il numero che appare sul "display", e che indica automaticamente il risultato dell'operazione.
Però, almeno per quanto riguarda la tabellina del 9 (che è la più ostica), non occorre fare nessun calcolo, ma basta guardare il numero che appare sul "display" delle vostre stesse mani, e che indica automaticamente il risultato dell'operazione desiderata.
E' un sistema tanto semplice, che può usarlo anche un bambino di sei anni, che non ricorda bene tutta la tabellina del nove (come, peraltro, molti adulti, me compreso); e adesso vi spiego come funziona!
***
Aprite entrambe le mani di fronte a voi e assegnate mentalmente alle dita i valori da 1 a 10.
Per ricavare un qualsiasi multiplo di 9, non dovete far altro che piegare il dito corrispondente al numero (compreso tra 1 e 10), per cui volete moltiplicare 9: il risultato apparirà automaticamente sulle vostre mani!
Ed Infatti, la quantità di dita che si verranno a trovare a sinistra del dito piegato, rappresenteranno le decine del risultato desiderato e quelle a destra le rispettive unità.
***
Ad esempio, se volete moltiplicare 9 per 3, dovete piegare il 3° dito da sinistra (il moltiplicatore).
Per cui, a sinistra del 3° dito avrete 2 dita estese, mentre a destra avrete 7 dita estese, numeri che, messi in fila, danno 27; ed infatti 3 x 9 fa appunto 27
***
La stessa cosa avverrà anche con le altre dita:
***
Provare per credere ;)
***