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Messaggi - Jacopus

#2206
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
23 Marzo 2020, 10:29:51 AM

Il rapporto fra "merito" ed "uguaglianza" è complesso e andrebbe, secondo me, sempre tenuto in equilibrio. Se dovessimo pensare che ci sarà sempre chi domina perchè più meritevole, non si capisce dove vada a parare quella "meritorietà", al punto che anche i nazisti o gli stalinisti erano da lodare e rispettare e agli ebrei e agli internati dei gulag non restava che imparare a memoria il discorso degli ambasciatori ateniesi al popolo dei Meli:
"Poichè voi sapete tanto bene quanto noi che, nei ragionamenti umani, si tiene conto della giustizia quando la forza incombe con parità da ambo le parti; in caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i più deboli vi si adattano" (Tucidide).
Altrettanto problematico è l'altro versante dell'antinomia. L'uguaglianza, portata alle sue estreme conseguenze, non comporta alcuna ricompensa, provocando o un livellamento verso il basso (e qui c'è una serie impressionante di prove, a partire dall'architettura tetra dei quartieri di periferia dei regimi socialisti) e la repressione dello spirito di iniziativa e della creatività umana.
Nella realtà, questi due "idealtipi" sono spesso ideologizzati e si fa passare per merito ciò che è solo clientelismo o familismo e per uguaglianza ciò che invece è differenziazione basata su criteri ancora una volta clientelari o familistici.

#2207
Cinema, Serie TV e Teatro / La sottile linea rossa
22 Marzo 2020, 16:20:30 PM

La sottile linea rossa è un film filosofico per eccellenza. Attraverso tutti i film, anche quelli infimi, si può parlare di filosofia. E' ciò che ripeteva Wittgenstein. Per questo film invece è tutto più semplice. La filosofia si respira fin dalla prima inquadratura. Parla dell'uomo, del suo rapporto con la vita, con la morte, delle relazioni, del male. Le prime parole del film rievocano proprio la morte della madre del protagonista, il soldato Witt.

"Mi chiedevo come sarebbe stata la mia morte, come avrei reagito sapendo che quel respiro sarebbe stato l'ultimo, per sempre. Spero solo di poterla accogliere come ha fatto lei, con la stessa calma. Perché è lì che si nasconde l'immortalità che non avevo mai visto". (soldato Witt).

La storia si sviluppa durante la seconda guerra mondiale, un battaglione di fanteria è mandato a conquistare una collina nelle Isole Salomone, controllata dall'esercito giapponese. Il soldato Witt diserta e vive per qualche tempo con una popolazione tradizionale polinesiana, nel mezzo della giungla. L'atmosfera di questo preludio è di intensa comunione e di armonia fra lui e gli indigeni. Ma Witt (Jim Cazeviel) viene riacciuffato dall'esercito.
La seconda scena propone l'incontro fra il soldato Witt e il sergente Welsh (Sean Penn).


"In questo mondo un uomo da solo non è niente e non esiste un altro mondo all'infuori di questo"
dice Welsh al soldato Witt. Inevitabile pensare alla famosa immagine del Leviatano di Hobbes.


Così come è inevitabile pensare, guardando le prime scene del film, a Rousseau, al mito del buon selvaggio, alle istituzioni che avvelenano e rendono malvagio l'uomo, originariamente buono e corrotto dalla società. E il soldato Witt appartiene a quel mondo, o così almeno lui crede:
"E' qui che sbaglia capo, io l'ho visto un altro mondo. A volte penso di averlo solo immaginato".

Apparentemente queste sono le due visioni confliggenti, Hobbes contro Rousseau, ma in realtà il vero alter ego del soldato Witt non è il sergente Welsh. Entrambi fanno parte della "sottile linea rossa", ovvero di coloro che sporcano con il loro sangue il campo di battaglia. Il vero alter ego del soldato Witt entra in gioco a partire del terzo scenario.

Siamo sul ponte di una nave. Il colonnello Tall (Nick Nolte) prepara l'attacco e scambia alcune battute con il generale Quintard (Jhon Travolta). Come accade spesso nel film, il colloquio fra i due si intreccia alle riflessioni interiori. Il colonnello Tall pensa fra sè a come si sia tante volte genuflesso per far carriera ed ora, avanti negli anni, capisce che questa è la sua occasione per ottenere finalmente i gradi da generale.

L'opposizione, se c'è, è fra coloro che sono in prima linea, coloro che sono sulla sottile linea rossa, e coloro che manovrano quegli uomini e che ne sfruttano la loro vita per i loro scopi. L'opposizione è fra gli ufficiali e la truppa. Ma i ruoli non sono mai così netti in Malick. Anche Tall, mentre segue il generale, riflette: "tutto quello che avrei potuto dare per amore, troppo tardi, è morto lentamente, come un albero".
Lentamente le storie si dipanano. Nel coro del plotone Charlie emergono le singole voci, ed ognuna fa riferimento a spezzoni del suo passato, o di quello che potrebbe essere il suo futuro. Una storia ricorrente, quasi un controcanto, è quella del soldato Bell (Ben Chaplin). Pensa a sua moglie e il pensiero forma inquadrature sognanti della moglie, a casa, in situazioni dolci e oniriche. Il contrasto con le immagini belliche non può essere più netto.
Ma accanto alle storie degli uomini del plotone, esistono due alterità, la prima, quella più ovvia, è costituita dai giapponesi, dai nemici. Ma l'altra è quella più inquietante:
"chi sei tu per vivere sotto tutte queste forme? Tua è la morte che cattura tutto, tua è anche la fonte di tutto ciò che nascerà. Tua la gloria, la pietà, la pace, la verità. Tu dai riposo allo spirito, comprensione, coraggio. Il cuore rassereni, oh Signore."
Il soldato Witt, retrocesso a barelliere, mentre si avventura nella giungla, osserva i mille volti della natura, gli alberi, gli animali, il sole che si intravede a fatica fra il fogliame e si domanda chi o cosa ha creato quella natura che vede sotto i propri occhi, natura del tutto indifferente a quella tragedia che sta avvenendo proprio lì, la guerra. Indifferente e meravigliosa. La domanda non posta ma facilmente intuibile è allora la seguente :" perché tu così meraviglioso, permetti tutto ciò, permetti la morte fra gli uomini, la loro violenza?"
Il quadro finora sarebbe anche razionalizzabile, da un lato c'è la natura umana, violenta, assetata di potere e dall'altro la natura, inscalfibile, indifferente e di una potenza diversa e inafferabile. Ma Malick non è così ingenuo, ed allora anche la natura, nel pieno della battaglia, mostra il suo volto irrazionale, un animale moribondo che rantola fuori dalla sua tana. E nello stesso tempo avvengono atti di eroismo e di solidarietà incomprensibili da parte dei soldati, se fossero solo animati da quella violenza e dall'egoismo. I preconcetti si sfaldano. Natura e società, pur nella sua dimensione estrema, la guerra, sono ora accomunate dalla stessa insensatezza, da una assenza di prevedibilità.
"C'è una sottile linea rossa che separa il sano dal pazzo, c'è una sottile linea rossa che separa il paradiso dall'inferno, la vita dalla morte. C'è una sottile linea rossa che separa il bene dal male, la pace dalla guerra. O meglio c'era una sottile linea rossa ed ora non c'è più".
Questo passo è tratto dal libro di James Jones "La sottile linea rossa", scrittore e reduce di Guadalcanal. Ed è forse la migliore sintesi possibile del film. L'interpretazione del libro da parte di Malick è comunque originale. Mentre al termine del libro, domina la follia del soldato Doll, il soldato Witt trova una diversa soluzione alla follia, una soluzione buddista.
Non ve la rivelerò, inducendovi così a vedere il film, voi fortunati che non lo avete ancora mai visto.

https://www.youtube.com/watch?v=6-xGx5LjolE

#2208
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
21 Marzo 2020, 22:09:48 PM
buonasera Viator. Io non sono assolutamente contrario alle differenze. Gli uomini entro certi limiti sono diversi fra di loro e va premiata l'intelligenza e la creatività. Ad essere coerenti con questo discorso però, bisognerebbe essere molto più egualitari di quello che in effetti si è.
Infatti non ha senso ereditare dai propri genitori, visto che in questo non trovo alcun merito e neppure ereditare una situazione politica vantaggiosa, come accade a tutti coloro che casualmente nascono in una nazione più ricca di un'altra.
Immagina il rinascimento in Italia. Splendido periodo, ricco di personaggi creativi, artisti, poeti, filosofi. Hanno cambiato il mondo e sono tuttora uno dei motivi principali per cui l'Italia è un paese visitatissimo dai turisti stranieri. Cosa li ha resi così creativi e innovativi rispetto agli altri popoli? Un diverso DNA? Il noto quanto inesplicato senso artistico dell'italiano? La fortuna e il caso?
In realtà ogni sviluppo, fiorire di intelligenze e di creatività, sono sempre il prodotto di una società intelligente e fiorente. Neppure chi crede nelle più pure qualità individualiste può sfuggire a questa regola. Al contrario, pensa un Leonardo nato in una riserva indiana, appena istituita dal generale Custer. Le possibilità di emergere si sarebbero alquanto ridotte. Non trovi?
Ed inoltre non tutti i domini sono uguali. Non credo neppure io ad una idealistica comunanza di ricchezza, di intelligenza e di pace. Poichè vi sarà sempre qualcuno che crederà di dover essere più uguale degli altri. Ma si può dominare con la frusta e recludere i sottoposti nelle banlieu, oppure dominare con moderazione e condividere di più la propria ricchezza e conoscenza.
#2209
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
21 Marzo 2020, 20:54:01 PM
Per Baylham. Non credo che chi detiene il potere decida di applicare alla tecnologia dei parametri neutri o addirittura egualitari. Perchè dovrebbe? La stessa disparità economica, di classe, di opportunità di sapere, di cura, di divertimento ci dice esattamente il contrario. E' vero che la tecnologia è di per sè neutra, ed è quella che  ha permesso a miliardi di persone di migliorare il loro standard di vita. Chi dice il contrario si dimentica o finge di dimenticare la storia dell'umanità.
Ma la gestione della tecnologia sarà sempre appannaggio di una classe dominante, che ne farà eventualmente "sgocciolare" i risultati, dall'alto verso il basso, solo per motivi utilitaristici e tutelando in primis, il suo interesse, non certo perchè abbagliata dalla perfetta matematizzazione dei risultati degli apparati tecnici, qualunque essi siano.
#2210
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
20 Marzo 2020, 23:08:08 PM
Provo a dire la mia sulla querelle.  Gli enigmi tipo: "lanceresti l'uomo grasso?" hanno una loro eventuale validità. Ci interrogano su quesiti che possono diventare più concreti, "eventualmente"!
In realtà l'etica dovrebbe proporre e risolvere temi meno astratti prima di affrontare quesiti che spesso mi sembrano molto accademici.
Nel mondo evolvono questioni etiche reali che andrebbero risolte prima di occuparsi di uomini grassi da lanciare sui binari.
In questo senso non posso che appoggiare Ipazia. La ricerca della giustizia, come sentimento collettivo condiviso, dovrebbe oggi guardare altrove, alle diseguaglianze, allo sfruttamento, a tutte quelle considerazioni che un tempo venivano chiamate "marxiste" e che grazie all'irresponsabilitá dell'attuale classe dirigente globale stanno tornando prepotentemente d'attualità. In tutto questo gli "uomini grassi" rischiano di essere percepiti come "armi di distrazione d'elite".
#2211
Grazie Altamarea per l'assist. Grazie a te ho ripreso in mano un libretto di Mario de Caro che è anche uno degli autori del libro da te citato. Mario de Caro insegna filosofia morale a Roma III. E mi sono accorto, un pò inorridendo e un pò rassegnandomi a questa situazione molto umana, che quello che ho scritto nel mio precedente intervento, praticamente l'ho copiato da Mario de Caro, che lo scrive molto meglio di me. Ne trascrivo un passo perchè mi sembra davvero molto felice (il libro si intitola "mente e morale" di De Caro e Maraffa, Luiss editore, 2016):

CitazioneLa buona cooperazione presuppone un individualismo correttamente inteso, cioè legato al concetto di responsabilità individuale. Solamente con la stabile interiorizzazione di un'etica della responsabilità individuale, infatti, le strategie di fiducia fra gli estranei possono funzionare tanto bene da prevalere sui solidarismi tribali tradizionali e sui sistemi localistici e clientelari. E ciò mostra che la cooperazione efficace nasce dalla capacità dell'individuo di essere psicologicamente autonomo ossia di capire le proprie responsabilità, di sceglierne di nuove e di mantenervisi fedele.


Alla luce di questa affermazione De Caro interpreta la tesi di Weber secondo cui una condotta etica socialmente accettabile nasce dall'interiorizzazione del principio di autorità. Ponendo l'autorità all'interno, la toglie all'esterno, ovvero, per tornare al tema della discussione a tutto ciò che è deterministico. In questo modo l'uomo moderno è più solo ma:

Citazioneè anche un soggetto più libero: lo sviluppo dell'etica protestante come esempio di etica individualistica, autoregolata, antiautoritaria, tendenzialmente laica, suggerisce che il processo di appropriazione personale delle regole di vita non è solo un processo responsabilizzante ma profondamente emancipatorio"...
L'orientamento etico protestante, nota Weber, ha qualche affinità con quello ebraico ed è invece molto diverso dalla religiosità subordinante che è propria delle religioni magiche più tradizionali...in queste, infatti, la magia liturgica è un arcano laboratorio di indulgenze e salvezza, il fedele è sottomesso all'autorità e al carisma sacerdotale e tutti sono incoraggiati a restare nel ciclo di "peccato-pentimento-assoluzione-nuovo peccato" Si tratta di un modello umanissimo ma poco produttivo dal punto di vista delle interazioni umane.

Weber insomma demistifica molto accuratamente la pretesa del cattolicesimo di propugnare il libero arbitrio, poichè in realtà esso vive nel cerchio magico già determinato di peccato-assoluzione-peccato.
L'uomo moderno tende pertanto, a fatica, viste le comprensibili resistenze individuali, sociali, storiche, psicologiche, a raggiungere una capacità all'autodeterminazione che è collegata alla sua capacità a sentirsi responsabile.

Citazionela diffusa tendenza all'autodeterminazione dell'identità individuale, e quindi il rifiuto di riconoscersi nei modelli della tradizione, è innanzi tutto un fenomeno che tende a liberare potenzialità umane e ridurre sfruttamento, ineguaglianze, oppressioni". (pagg. da 167 a 172.)

Voilà. Un finale degno di Was ist Aufklarung, di I. Kant.
#2212
Un esempio per spiegare come la penso e per illustrare come il problema, apparentemente filosofico/spirituale, sia in realtà (anche) un problema di politica sociale.
Come noto, il dibattito sul libero arbitrio ha nello studio della criminalità e dei criminali un suo luogo d'elezione. Negli ultimi 50 anni vi è stato un notevole spostamento di autorevolezza da quanti sostengono che la criminalità derivi da situazioni di disagio socio-economico a quanti sostengono che invece le cause siano fisiologiche, genetiche, riattualizzando in questo modo il fondatore mondiale della scienza criminologica, Cesare Lombroso.
Nell'ambito di questa tendenza vi fu uno studio del 1965, di Patricia Jacobs, che cercava di dimostrare la tesi, sulla base di casi analizzati clinicamente, che i maschi che avevano una leggera malformazione cromosomica, ovvero non il cromosoma XY della specificazione di genere (le donne sono XX) ma un cromosoma XYY, fossero "naturalmente dei delinquenti". Una "scoperta scientifica" che ha anche delle conseguenze giudiziarie. Nel 1976, 13 adolescenti del Maryland sono costretti a subire la castrazione chimica, perchè hanno commesso reati ed hanno la suddetta malformazione cromosomica.
Peccato che uno studio del 2006, fondato su grandi numeri (una cosa impensabile in Italia), seguì lo sviluppo di 200.000 neonati, fra cui 300 con l'anomalia in questione. Emerse che i ragazzi con la malformazione XXY provenienti da famiglie benestanti e con le normali forme di attenzione e accudimento, avevano voti più alti a scuola dei loro coetanei e non avevano mai violato la legge.
Tutto ciò per dire che il problema determinismo/libero arbitrio ha una sua fondatezza, ma accanto e probabilmente più interessante vi è la componente collettiva che indirizza la libertà e il determinismo dei singoli individui. In una società dove le eventuali debolezze fisiche, sociali e culturali vengono compensate attraverso forme di aiuto (sostegno didattico, borse di studio, esenzioni, progetti educativi individualizzati, sono le prime che mi vengono in mente), il determinismo XYY = delinquente, svanirebbe (in realtà non esiste proprio,ma mi serviva come esempio per evidenziare come le narrazioni - anche quelle scientifiche - possono incidere sulla stessa realtà operativa delle persone).
Facciamo un altro caso. L'istituzionalizzazione delle persone con disagio mentale si è mantenuto fino al 1978, quando venne abolita con la famosa legge Basaglia. Anche persone con forme lievi di disturbo rischiavano di essere internate, "determinando" in questo modo, grazie alle forme coercitive dell'internamento e alle prassi di definizione del "malato di mente", la sua situazione e di conseguenza il suo comportamento.
La legge Basaglia con i suoi limiti, non ha liberato in "senso fisico"  i malati mentali, ma li ha liberati proprio nel senso che qui ci interessa, ovvero non sono più deterministicamente dei pazzi, che fanno cose da pazzi, ma sono persone che hanno attraversato un momento di perdità di lucidità e che quindi possono essere anche altro.
Questa dimensione collettiva del dibattito determinismo/libero arbitrio non andrebbe mai persa di vista, anche se capisco che sia piuttosto fastidiosa, perchè mette le mani in tasca a chi crede deterministicamente di essersi meritato quello che ha o quello che è o che ha una visione strettamente individualistica delle relazioni umane.
#2213
Attualità / Re:Pandemic Bond
15 Marzo 2020, 13:27:40 PM
Sempre a proposito del corto circuito sanità-profitto. Sembra che a Brescia fossero a corto di valvole per i respiratori.  Valvole che vanno sostituite dopo un periodo di lavoro programmato. Valvole che produce una multinazionale lussemburghese al prezzo di 10.000 euro l'una. Solo che, data la situazione la ditta non è ora in grado di rispondere a tutte le grandi richieste che provengono da tutta Europa. Un ingegnere di Brescia  in via emergenziale le ha prodotte in 3D al prezzo di un euro l'una. Ovvio che sono due prodotti non comparabili ma anche la differenza fra 1 euro e 10.000 euro è abbagliante.
#2214
Cinema, Serie TV e Teatro / Il Labirinto del Fauno
15 Marzo 2020, 00:34:01 AM
Un film difficile da etichettare, che sovrappone una storia fantastica, in stile "dark gothic", alla storia reale della Spagna dei Pirenei nell'anno 1944. Il film uscì al botteghino nel 2006 ed ottenne un successo inaspettato, di pubblico ma soprattutto di critica. E' il secondo film di una duologia, che Guillermo del Toro ha dedicato alla guerra civile di Spagna, attraverso uno stile originalissimo. Il primo film, molto meno noto, è "La spina del diavolo" (2001, produttore Pedro Almodovar).
La trama è la seguente. La moglie del capitano Vidal, raggiunge suo marito in un piccolo centro dei Pirenei, dove ancora resistono pochi partigiani repubblicani, contrari al governo del dittatore Franco. Con sé porta Ofelia, figlia del suo primo marito, ucciso a Barcellona durante l'ultima avanzata dei franchisti. Carmen, questo il nome della donna, è costretta a seguire il marito, su suo esplicito e militaresco invito, poiché sta per nascere il figlio della coppia, e "un figlio deve nascere dove sta il padre".
Ofelia è considerata un impiccio dal patrigno. Da subito i due non si attraggono, come se facessero parte di due mondi diversi. Il primo che si fonda sul potere terreno e concreto delle armi, la seconda che invece sogna e si immerge nella lettura di romanzi fantastici. Oltre la cruda realtà della guerriglia e della controguerriglia, Ofelia scopre che quelle montagne sono abitate da creature fantastiche e che lei stessa lo è. Infatti il fauno, che vive in un labirinto costruito chissà quando e da chi, la chiama con l'aiuto di alcune fate-libellule e le annuncia che lei non è altri che la figlia del re del mondo sotteraneo e che per tornare dal padre dovrà superare alcune prove, trovare una chiave ingoiata da un Rospo che vive in un albero millenario, rubare un coltello all'Uomo pallido senza mangiare nulla alla sua mensa e infine ferire con quello stesso coltello il suo fratellino appena nato, per poter riaprire il varco che la ricondurrà al regno sotteraneo.
Lei accetta queste sfide ma non le esegue mai come le viene detto. C'è sempre qualcosa fatto senza ubbidire completamente alle istruzioni. Sia che queste provengano dal mondo degli umani, sia che provengano dal fauno. Per raccogliere la chiave dal rospo, sporcherà irrimediabilmente il vestito della festa. Alla tavola dell'Uomo Pallido assaggerà dell'uva e questo sveglierà l'Uomo Pallido e metterà a rischio l'impresa. Infine Ofelia si opporrà al ferimento del fratello, anche se questo potrebbe significare l'impossibilità di giungere al regno sotteraneo.
Accanto alla storia fantastica, parallela ad essa vi è la lotta del capitano Vidal contro i pochi partigiani nascosti nelle montagne. Una lotta condotta con una determinazione fredda e senza pietà, che nasconde un significato quasi metafisico: il bisogno di piegare all'ubbidienza anche le forze naturali. Ed in effetti i partigiani vengono quasi accostati al mondo magico: vivono nelle grotte come i nani delle favole, compaiono e scompaiono nel bosco, come per incanto. In realtà, i partigiani risiedono in una dimensione "di mezzo", fantastica e storica, visto che la loro è una lotta per l'uguaglianza, come sottolinea il capitano Vidal durante la cena per l'accoglienza della moglie, un "concetto sbagliato" sottolinea il capitano. Tre mondi convivono quindi in questo film, quello terreno e cinico del capitano Vidal, quello fantastico di Ofelia e quello mediano dei partigiani.
Facciamo una digressione. Una digressione importante. Perché in questa storia compare un labirinto. E cos'è un labirinto nella cultura occidentale? E' un luogo dove ci si può perdere. L'orientamento, la ragione, la vita? E' un luogo nel cui centro c'è la soluzione del problema e dove poi, una volta risolto il problema, bisogna trovare la via d'uscita.
Confrontando la storia del film con il ben noto mito del labirinto della reggia di Cnosso, si scoprono similitudini e variazioni. Il capitano può essere Zeus, che ha sedotto Carmen/Pasifae e che da lei aspetta speranzoso il Minotauro, che, come noto, si ciba di carne umana. Cosa c'è di meglio per rappresentare i desiderata di un militare di un governo fascista?
Ma nel film il minotauro è un neonato indifeso e il Fauno chiede ad Ofelia di ferirlo con il pugnale sottratto all'Uomo pallido, come ultima e definitiva prova, che la potrà ricondurre al regno fantastico del suo vero padre. Ofelia si rifiuta di farlo, divaricando così in modo speculare la storia mitologica dalla sua. Mentre Teseo uccide il mostro, qui Ofelia pur sapendo di non superare in questo modo l'enigma, si rifiuta di fare del male.
Del Toro sembra in questo modo contrapporre un nuovo mito al vecchio, un mito che parla di non-violenza, anche a costo di disubbidire a quanto ci viene richiesto. E una nuova disubbidienza avverrà all'entrata del labirinto, allorquando il Capitano ripresosi suo figlio neonato, incontra i partigiani che stanno per giustiziarlo.
A loro il capitano chiede di dire a suo figlio a che ora è morto suo padre. Ma Mercedes, la governante del capitano ed anche partigiana gli replica: "no! Non saprà neanche il tuo nome".
La prosecuzione della violenza viene così interrotta, cancellando ogni collegamento fra il Dio della violenza e suo figlio innocente, salvato prima da Ofelia, che non lo ha ferito e poi dai partigiani, che lo preserveranno da ogni accostamento a quel dio feroce. Solo in questo modo sembra possibile che il neonato non si trasformi in un nuovo Minotauro.
Un film che esprime un atmosfera sempre in bilico tra realtà e finzione, dove l'una si fonde con l'altra e dove è difficile capire il confine fra le due dimensioni. In questo senso è magistrale la scena finale, che non vi svelerò, in sintonia con l'aura di mistero che è presente nella pellicola. Un film che si presta a molte letture e che proprio per questo resterà un film importante della filmografia di lingua spagnola.



#2215
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
14 Marzo 2020, 19:57:56 PM
Per Davintro: accetto la tua visione della filosofia ma non è sicuramente la mia. Poteva forse andare bene prima di Galilei, ma una filosofia che sia "otium" contrapposta a "negotium" non ha alcun valore e rischia di essere di nuovo assorbita dalla teologia. La filosofia ha il compito di indagare, anche in modo metafisico, tutto ciò che è conoscenza, mettendolo in questione e criticandolo, dicendosi sempre che chi conosce davvero è chi ancora non conosce. Ma il filosofo non può isolarsi dal mondo e dal confronto con ciò che accade nel mondo della conoscenza. Il filosofo non può fingere che non esistono gli studi sulla genetica, sull'evoluzionismo, sulla fisica quantistica, sull'informatica.
E nello stesso tempo non può neppure dimenticare gli insegnamenti dei grandi filosofi del passato. Deve avere, se può, tutto presente e collegare i fili che restano nascosto, demistificare ciò che viene mistificato. Pensare alla filosofia come passatempo sofisticato per la classe degli "oziosi" è molto lontano dalla mia visione della filosofia, ma so benissimo che è una interpretazione che ha una lunga tradizione e dei grandi teorici.
#2216
Più che libero arbitrio, bisognerebbe chiamarla libera volontà, poichè già libero arbitrio ha una connotazione negativa. In ogni caso, il mio parere è che il libero arbitrio o libera volontà è una attitudine umana e soprattutto umana. Chi nega la presenza della libera volontà di solito appartiene a una delle due seguenti fazioni:
1) fazione meccanicistico-scientifica, per cui tutte le azioni hanno una causa e la non intelleggibilità delle cause è solo dovuta dalla complessità, dalla nostra ignoranza attuale e pertanto quella causa determina quella azione e non potrebbe essere altrimenti;
2) fazione della coscienza sporca, secondo la quale si cerca di giustificare a posteriori le proprie azioni, dicendosi che non potevano essere evitate; Ciò accade sia per legittimare le piccole colpe personali che quelle collettive e sistemiche.


Eppure tutta la storia occidentale è la storia della libera volontà. Ulisse, Edipo, Socrate sono i campioni di questo precetto. L'elenco che fai Dubbioso, è realistico. La libera volontà non significa "posso fare quel che voglio". Chissà perchè c'è sempre questo equivoco di mezzo. Abbiamo tutti uno spazio, da un paletto ad un altro, oltre i quali non possiamo andare. Non posso volare ma neppure comprarmi una casa a Courmayer, e neppure intrecciare una storia d'amore con una casalinga di Hong Kong. Vi sono limiti fisici, psicologici, ereditari, culturali, sociali. Ed inoltre c'è chi sente questi vincoli in maggior misura e chi invece fa di testa propria (magari anche in questo caso perchè ha ereditato questa libertà).
Ma non tutti si comportano allo stesso modo, anche se è anche possibile generalizzare i comportamenti "medi" di una certa società. Nella società fascista, l'omogeneità delle opinioni e dei comportamenti può essere fatta risalire al bisogno di avere un capo autoritario con cui identificarsi ma vi fu una minoranza che combattè apertamente questa visione e una minoranza più larga che la subì passivamente. Eppure tutti provenivano più o meno dalla stessa società, dallo stesso contesto culturale, con tratti psicologici comuni e patrimonio genetico simile.
C'è un film, molto bello, questo: https://it.wikipedia.org/wiki/City_of_God. Parla delle favelas e di come un ragazzo trovi la sua via senza essere risucchiato dalle guerre delle bande criminali. Al di là della storia personale, emerge la domanda di come "liberare" quei ragazzi , loro davvero condannati deterministicamente a diventare membri di bande criminali e morire giovani. Ebbene io credo che pensare "deterministicamente" ci eviti di fare queste domande, per autoconfermarci ancora una volta che "la natura dell'uomo è quello che è", e pertanto possiamo continuare a farci i fatti nostri (qui ci vorrebbe un epiteto più forte) così come gli altri si fanno i loro.
Scommettere sulla libera volontà è simile alla scommessa sulla democrazia. E' un principio evolutivo ed etico.
Questo detto in modo grossolano e per aprire la discussione.
#2217
Attualità / Re:Pandemic Bond
14 Marzo 2020, 17:47:06 PM
Interessante Ipazia. Solo che da quanto ho capito l'OMS sfrutta l'avidità dell'attuale società, e si spera che quei capitali non restituiti possano essere utilizzati per fronteggiare la pandemia. Si spera.
La prima riflessione che c'è da fare è come il mercato asfalti tutto. Siamo tutti algoritmi calcolabili ai fini del profitto. Invece di provvedere attraverso un sistema pubblico di tutela, di spese sanitarie e di condivisione dei rischi, ci si affida agli investitori istituzionali che per avere i loro introiti pagano un prezzo alla possibilità che il rischio si verifichi. Del resto dubito che l'OMS abbia interesse alla salute dei cittadini, ma solo al funzionamento del sistema, affinchè non si blocchino i sistemi generali per la massimizzazione del profitto.
#2218
Buongiorno Inquieto. Hai molte ragioni da vendere. Il neurotrasmettitore dopamina è un ormone biochimico che si attiva quando proviamo piacere. In alcuni casi come nell'uso di sostanze, nel sesso, nella vittoria nel gioco si attiva di default in quasi tutti noi. Per altre attività è una questione di allenamento. È per questo che si può trarre piacere e conseguente rilascio di dopamina dopo aver ammirato un'opera d'arte o aver avuto una discussione filosofica.
Condivido anche il modello "homer simpson". Questa società, in strati sempre più ampi, irride la lettura, la comprensione, l'approfondimento e cerca la via di un piacere facile e senza alternative.
Il rischio più grande in un tossicodipendente non è la dipendenza in sé (che comunque non bisogna sottovalutare) ma l'assenza di alternative, di altri orizzonti di senso, così che la sostanza diventa l'unico bisogno e l'unico strumento per appagarsi.
Per comprendere quanto sto dicendo uso sempre lo stesso esempio, ma ve ne potrebbero essere altri, forse meno eclatanti. Freud è stato per decenni un cocainomane, ma questo non gli ha impedito di formulare teorie che sono ancora oggi al centro dell'attenzione. Ciò perché accanto a quella dipendenza (consideriamo anche il diverso periodo storico) aveva una curiosità intellettuale che probabilmente lo appagava ancor di più dell'uso di cocaina.


#2219
Tematiche Filosofiche / Re:Libri di filosofia
13 Marzo 2020, 10:21:25 AM
Racconto la mia esperienza di avvicinamento alla filosofia. A 17 anni mi innamorai di una ragazza che frequentava il liceo scientifico che mi parlava di questi filosofi che stava studiando. Probabilmente in me c'era già un interesse verso le "grandi domande" e scoprire che c'era chi le studiava a scuola mi faceva sentire, a me semplice studente di ragioneria, defraudato di un piacere. Comprai così "Filosofie e società" di Renato Fabietti (ancora me lo ricordo, ah, il potere dell'amore), secondo volume: "la filosofia della rivoluzione scientifica", adottato nel IV anno del liceo scientifico della "tipa". Fu una specie di imprinting iniziale. Poi iniziai l'università, Giurisprudenza e, oltre allo studio del diritto, scoprii il mondo della letteratura. Solo in quegli anni penso sia possibile leggere opere lunghissime come Guerra e Pace, i Fratelli Karamazov, l'uomo senza qualità. Dalla letteratura passai, verso la fine del percorso universitario, alla storia filtrata dalla scuola storica francese, Braudel, Le Goff e un primo filosofo con approccio storico, Foucault. Da l' iniziai ad appassionarmi, prima con i libretti di seconda mano sulla filosofia greca, su Marx, su Nietzsche, al punto da svolgere, per concludere l'università, una tesi filosofica, sulla scuola di Francoforte, che c'entrava pochissimo con il mio indirizzo di studi.
Tutto ciò, oltre che per corroborare il mio narcisismo, lo dico per evidenziare come l'avvicinamento alla filosofia sia spesso un percorso di avvicinamento alla cultura in generale e che più tasselli di cultura possiedi più sarà semplice comprendere la filosofia.
#2220
CitazionePerò, tra una guerra improvvisa ed una improvvisa epidemia, c'è una grossa differenza - nel primo caso, alla peggio ci si può arrendere;- nel secondo caso, invece no, ma bisogna per forza continuare a combattere, fino all'esaurimento proprio o del nemico.


Eutidemo, io ci vedo un'altra grande differenza, tutta a favore del coronavirus. I virus fanno parte dell'ambiente terrestre da miliardi di anni. Si ipotizza che vi fossero prima dell'evoluzione eucariota di alcuni esseri viventi (dai quali anche noi discendiamo). Parliamo appunto di miliardi di anni fa. La nostra condivisione biologica è data, non solo dal patrimonio di anticorpi che sfoggiamo e che ci rendono immuni a tantissimi virus, ma ancora di più dalla constatazione che tra il 5 e il 10 per cento del nostro genoma è stato ereditato dai virus.
Quindi definire i virus dei nemici mi sembra eccessivo. I virus non fanno altro che riequilibrare le forze biologiche della terra. Un equilibrio messo a dura prova negli ultimi secoli, certamente non dai virus.
Inoltre anche al virus ci si può arrendere e nella stragrande maggioranza dei casi, il virus offrirà in questo modo la chiave per non offenderci più, grazie al nostro sistema immunitario.
Non voglio sottovalutare quello che sta accadendo, tutt'altro. Sono in uno stato di ansia continuo, come molti di noi, e forse per esorcizzare questo stato bisogna in qualche modo accettarlo, perchè sono le leggi della natura. Il che ovviamente non significa che non dobbiamo opporci. Ben vengano vaccini, cura, profilassi e igiene, ci mancherebbe. Ma consideriamo anche di condividere il mondo con tutte le forze della natura, senza avere appunto una visione strettamente bellica. Tra l'altro i virus sono il gruppo vivente con il numero più alto di componenti. Una stima ritiene che ve ne siano, sulla terra, circa 800 milioni per metro quadro. E probabilmente ve ne saranno altrettanti quando la specie umana non ci sarà più perchè estinta o evoluta in una specie diversa.
Inoltre tornando al tuo paragone iniziale: il coronavirus, proprio perchè ora è il nemico, potrebbe aiutarci a riconsiderare tutti gli esseri umani come "vicini di casa", superando le visioni paranoidi che ci hanno afflitto negli ultimi  anni.