Il rapporto fra "merito" ed "uguaglianza" è complesso e andrebbe, secondo me, sempre tenuto in equilibrio. Se dovessimo pensare che ci sarà sempre chi domina perchè più meritevole, non si capisce dove vada a parare quella "meritorietà", al punto che anche i nazisti o gli stalinisti erano da lodare e rispettare e agli ebrei e agli internati dei gulag non restava che imparare a memoria il discorso degli ambasciatori ateniesi al popolo dei Meli:
"Poichè voi sapete tanto bene quanto noi che, nei ragionamenti umani, si tiene conto della giustizia quando la forza incombe con parità da ambo le parti; in caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i più deboli vi si adattano" (Tucidide).
Altrettanto problematico è l'altro versante dell'antinomia. L'uguaglianza, portata alle sue estreme conseguenze, non comporta alcuna ricompensa, provocando o un livellamento verso il basso (e qui c'è una serie impressionante di prove, a partire dall'architettura tetra dei quartieri di periferia dei regimi socialisti) e la repressione dello spirito di iniziativa e della creatività umana.
Nella realtà, questi due "idealtipi" sono spesso ideologizzati e si fa passare per merito ciò che è solo clientelismo o familismo e per uguaglianza ciò che invece è differenziazione basata su criteri ancora una volta clientelari o familistici.