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Messaggi - iano

#2221
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2024, 18:25:17 PMIn realtà non ho mai affermato che la «Verità non è», ma le ho assegnato un piano di esistenza ben preciso, quello del discorso (ma anche qui "ho già dato" e, noto, con scarso successo comunicativo).
Comprensibilmente con scarso successo :)
perchè tutto quello che sta sul piano del discorso si può negare.
Invece potremmo azzardare che la verità indichi una categoria di cose, tutto ciò che non si può negare, per cui ciò che ci appare innegabile ci apparirà vero.
E questo spiega perchè di verità si è parlato, si parla e si continuerà a parlare, almeno finché sperimenteremo casi di innegabilità.
Un esempio di cosa innegabile è la percezione che ha una natura immediata, ma tuto ciò che abbisogna di mediazione in genere, e quindi non solo necessariamente verbale, potrà essere per ciò ''negato'', perchè ogni mediazione che sia palese può essere accettata o rifiutata.
La mediazione che porta all'evidenza però non è palese, e la si può solo subire.
Secondo te Phil, ci sono esempi di mediazione palese , ma non verbale?
Forse no, però è rifiutabile ciò che si palesa, che sia di natura verbale oppure no.
#2222
Citazione di: daniele22 il 06 Marzo 2024, 17:48:35 PM
Immagino che con "percezione" tu intenda percezione interiore e non specificamente dei sensi. In attesa dunque che gli accademici col loro linguaggio, a me un po' ostico, si mettano d'accordo, ¿intendi che il dire di più sarebbe una ridondanza arbitraria che manifesta di conseguenza anche posizioni opposte?

Intendo che credo si possa fare con coscienza tutto ciò che si fà senza.
Banalmente ci sono modi diversi di fare la stessa cosa che possono collaborare insieme.
Si può interagire con la realtà a caso o si può fare in modo progettuale, e il progetto è letteralmente il mondo che ci appare.
Chi è cieco dalla nascita non può capire cosa significhi vedere, ma non perciò si sente menomato, perchè possiede una variante del mondo dei vedenti non meno funzionale.
E' un diversamente vedente.
Il suo è un mondo che non distingue fra il giorno e la notte, dove la notte vale per noi una menomazione, ma non per lui.
Questi diversi progetti di mondi diversamente ''appaiono'' e noi non potremo mai immaginare il mondo di un cieco.
Il mondo del cieco però non ''appare'' a lui meno ''evidente'' del nostro e questa evidenza è immediata di modo che ognuno è portato a confondere il suo mondo con la realtà.
Non è da credere però che il processo che ha portato alla costruzione di questi diversi mondi sia stata immediata.
Un altro mondo ancora diverso è quello creato dalla scienza mediato da un metodo condiviso, che però non produce percezione.
Non si vede quel mondo, in nessun caso, che tu sia cieco o meno non fà differenza.
Per trattenerlo a mente il vedente e il non vedente faranno un  modello analogico del loro mondo
Ma in ogni caso questo diverso ''nuovo mondo'' non è più confondibile con la realtà.
Quando pretendiamo di capirlo questo nuovo mondo ci riusciamo se riusciamo a fare un modello analogico  di altri mondi, che sono quelli della percezione, e ciò ci può soddisfare, ma di fatto questi modellini hanno solo un valore mnemonico, e contenere con facilità nella memoria, per potere eventualmente applicare, questo modello di mondo alla realtà, significa capire.
Usare coscienza in quel che facciamo significa dover rinunciare alle evidenze, accontentandosi di un modellino che media al suo posto, quando va bene, e in mancanza del quale  disponiamo di memorie digitali che ''comprendono'' quel mondo al posto nostro.
Comprensibilmente no è una prospettiva che accettiamo a cuor leggero, ma così vanno le cose, e forse sono sempre andate così in qualche modo.
Tutto ogni volta appare nuovo e diverso, ma forse si tratta sempre della stessa storia raccontata in modo diverso.
Se anche il libero arbitrio esiste noi non facciamo scelte sulla realtà, ma su una stratificazione di scelte non indipendenti fra loro che hanno creato nel tempo un mondo che comprensibilmente abbiamo confuso con la realtà, mentre è il prodotto di una stratificazione di eventi casuali e di scelte non casuali, perchè dipendenti una dall'altra.
Il caso, anche se esiste, non può fare tutto da solo e infatti il mondo, per come ci appare, non sembra avere nulla casuale.
Ma poi la realtà vallo a sapere come sarà.
Noi siamo condannati a saperlo indirettamente, per quanto ci basta, limitati da un fattore di sostenibilità, anche se facciamo fatica a capirlo.
Se questa storiella ha non senso, la morale è che perchè la realtà ci appaia per quel che è, dobbiamo usare il massimo grado di incoscienza, e ciò avverrà quando non ci sarà più un osservatore e un osservato, e noi e la realtà saremo la stessa cosa.

#2223
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2024, 10:52:37 AMSe vogliamo davvero rispettare la suddetta differenza fra scienza e filosofia (che non contesto), il famigerato «indicibile» di Wittgenstein, da che parte del confine sta?
L'indicibile è stato fino a un certo punto a fondamento di qualunque cosa umana,  compresa la percezione, e siccome li percepiamo allora possiamo dare un nome a verità e libero arbitrio, senza poter dire di più, come  se il poter dire di più  si ponesse in alternativa esclusiva alla percezione.
La nuova fisica però, per quanto mantenga ancora un retaggio dei vecchi fondamenti, si fonda sempre più sul dicibile, e quindi quasi esclusivamente ormai su ciò che si può negare, e  per altra via quindi deve guadagnarsi la condivisione.
#2224
Citazione di: niko il 05 Marzo 2024, 14:54:49 PMNoi, a differenza del computer,  prima o poi cadiamo nella ripetizione, nella tendenza culturale o nell'abitudine e questo produce una minore entropia nella nostra sequenza, perche' i nostri numeri o serie di numeri "preferiti" cominciano a ricorrere con frequenza maggiore e quindi a "dare ordine", e in definitiva prevedibilita' anche futura, alla sequenza.







E' vero, ma paradossalmente possiamo dimostrare che non c'è niente di più determinato di una sequenza ''casuale'' generata dal computer.
Conosciamo infatti perfettamente la causa, che è l'algoritmo che la produce, e l'unico numero della sequenza che può dirsi ''casuale'' è quello che scegliamo noi di dare all'algoritmo per farlo partire.
Perchè la sequenza funzioni come fosse casuale bisogna quindi che volutamente ne ignoriamo l'algoritmo, o che sia così complicato da impedircene il calcolo di fatto.
Se il caso non ci permette di fare previsioni,  simuliamo il caso inibendoci a fare previsioni. :)
Nel caso del lancio del dado invece è sufficiente non andare alla ricerca delle cause, e ancor migliore è il ''sistema dado'' quando lo progettiamo in modo che sia difficile trovarle.
Di fatto un dado è un sistema dalla disarmante semplicità che produce una sequenza altamente complicata.
Si tratta comunque di una sequenza che più la osserviamo da lontano e più vediamo la sua omogeneità.

Noi , come tu hai potuto verificare, non siamo un buon ''sistema dado'' e penso che non lo sia nessun ''sistema culturale'', perché per quanto si possano ignorare i condizionamenti culturali noti, questi sono solo la punta dell'iceberg, e quelli sommersi, non perciò non agiscono.

#2225
Citazione di: Koba II il 05 Marzo 2024, 13:13:50 PMLanciando un dado, potendo conoscere tutte le variabili del sistema, forza del lancio, correnti d'aria, costituzione della superficie su cui viene gettato etc., sarebbe possibile prevedere che il risultare necessariamente sarebbe 6.
Su questo siamo tutti d'accordo.
Ma se ti chiedo di pensare un numero tra 1 e 6?
Quali sarebbero le cause sconosciute che dovrebbero condurre necessariamente ad un certo risultato?
Perché tu alla fine scegli proprio 2, e non 5?

Siamo sicuri che questa causalità universale valga anche per la coscienza?
Sono cause sconosciute e che possono rimanere tali, ma non perciò non sono cause.
Ma in ogni caso, a mio sentimento, se la realtà si riducesse a ciò con cui la descriviamo, al determinismo e/o al caso, ne resterei deluso, per quel che conta il mio sentimento.
Invece mi rianimo quando credo che queste ingegnose descrizioni sono degne di ammirazione, ma non univoche, e che la descrizione si possa quindi rinnovare, che poi è quello che abbiamo sempre fatto.
Il mio sospetto in generale è che non solo vi siano cause ignote, ma la loro natura è proprio di poter agire in quanto tali e uno dei loro effetti sono le nostre percezioni di cose a cui pur dando un nome, siccome le percepiamo, non sappiamo però dire.
Ciò non esclude che un giorno non potremo riuscire a dirle, ma quel punto temo, o anche no, che smetteranno di agire.
Quindi non è sbagliato andarle a ricercare, ma non troveremo mai ciò che ci aspettiamo.
E' possibile trovarle perchè non sono propriamente nascoste, ma sono quelle cose con le quali abbiamo una abitudine tale da non farcele vedere.
Non le vediamo perchè, non  dicendoci nulla di nuovo non attraggono la nostra attenzione, tanto che se qualcuno ce le facesse notare gli risponderemmo che ha detto una ovvietà.
#2226
Ribadisco il mio suggerimento di considerare se il libero arbitrio non possa avere una causa in grado di agire solo finché non viene conosciuta, visto che conoscenza e libertà sono cose che ci riguardano strettamente e in contemporanea, e non sono quindi necessariamente separabili nella nostra considerazione.
Inoltre conviene non considerare gli effetti del libero arbitrio a livello solo individuale, perchè in tal modo ci sfugge quello che è l'effetto della sua azione a livello collettivo, che è quello di simulare il caso a livello di evoluzione culturale.
Non che allargando la nostra visuale troviamo una risposta, ma sarebbe un peccato costringerci a una visione egoistica e perciò ristretta dei suoi effetti, perchè un modo per capire cosa è potrebbe essere considerare i suoi effetti facendo poi un percorso a ritroso verso le cause.
Iniziamo quindi a chiederci se il libero arbitrio è un capriccio individuale, o una cosa vitale.
Cosa sarebbe la vita senza libero arbitrio?
Perchè ormai sappiamo che l'epigenetica non ci consente di restringere la questione evolutiva al puro caso, ma dobbiamo allargarla all'esperienza che facciamo del libero arbitrio, che è a tutti gli effetti un caso che si esprime a un livello diverso.
A questo ''caso'' o alla natura che lo applica, degli effetti del libero arbitrio sull'individuo singolo non gliene può fregare de meno, perchè non sono quegli effetti che fanno la sua storia.
L'apparente paradosso è che se noi non facessimo il nostro dovere di individui, che è quello di difendere a spada tratta le nostre scelte fatte a tutti gli effetti a caso, il progetto vitale della natura fallirebbe.
In effetti  la natura coccola l'individualità, perchè ciò fà la vitale differenza, e lo coccola  fino a viziarlo, come se avesse un figlio unico, perchè sembra che sia propriamente vitale fargli credere che lo è.
#2227
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:25:52 PMUna macchina senza consapevolezza sarà sempre indietro rispetto a chi invece è consapevole. Questo perchè ad una macchina la si può mettere nelle condizioni di imitare un tipo di consapevolezza. Ad esempio potrebbe perfino diventare piu curiosa di conoscere, anche se non avesse la consapevolezza di non sapere. Ma gli stati di consapevolezza possono via via modificarsi pian piano che nuova conoscenza entra nel sistema. Mentre la macchina non potrebbe modificarsi allo stesso modo in quanto non agisce a causa degli stati di consapevolezza ma attraverso imitazioni di essi.

Si, ma a condizione che ci fosse un modo assoluto per distinguere l'originale dall'imitazione, e paradossalmente se assoluto fosse si potrebbe delegare il compito della distinzione a una macchina.
Ma come ci suggerisce Turing, col suo test, questo modo non c'è.
C'è solo la possibilità, test di Turing, che a un certo punto potremmo non essere più in grado di distinguere.
#2228
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:25:52 PMUna macchina senza consapevolezza sarà sempre indietro rispetto a chi invece è consapevole. Questo perchè ad una macchina la si può mettere nelle condizioni di imitare un tipo di consapevolezza. Ad esempio potrebbe perfino diventare piu curiosa di conoscere, anche se non avesse la consapevolezza di non sapere. Ma gli stati di consapevolezza possono via via modificarsi pian piano che nuova conoscenza entra nel sistema. Mentre la macchina non potrebbe modificarsi allo stesso modo in quanto non agisce a causa degli stati di consapevolezza ma attraverso imitazioni di essi.
qui per indipendenza intendo che attraverso la consapevolezza il determinismo a cui noi stessi apparteniamo si interrompe. Chiaramente per brevi tratti. Se vai a rileggere credo proprio il primo mio intervento (o al limite secondo) ho scritto che noi siamo consapevoli di morire. Quindi siamo nel nostro vissuto, brevissimo, indipendenti per brevi tratti. L'univero ce lo ha concesso, ma poi si riprenderà tutto con gli interessi.
Come ho suggerito in un mio precedente posto moltiplicare gli strumenti che abbiamo per spiegare non è una spiegazione.
Aggiungere quindi all'indipendenza e alla dipendenza una via di mezzo non ci aiuta a semplificare e quindi a capire.
Moltiplicare gli strumenti esplicativi significa rimandare la definizione dei limiti non necessariamente nostri, ma dei nostri concetti di capire, di comprendere, di spiegare.
#2229
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 12:04:40 PMse io fossi consapevole di non sapere ma fossi pigro, non mi alzerei dalla poltrona per andare ad ascolta, ad esempio una conferenza su un tema che so potrebbe aiutarmi ad aggiungere altro sapere).

Non so quante volte dovrei rileggere il tuo post per capirlo.
Abbi pazienza quindi se mi limito ad isolare una sua parte.
La parte del tuo post che ho selezionato mi suggerisce una definizione di percezione, come ciò che nasce dalla consapevolezza di non sapere.
O meglio, la percezione sarebbe causata da quella forma cui tu accennavi, che possiamo considerare di fatto al riparo dalla sua evoluzione, come stabilizzata per un tempo tale che gli consenta di poter essere considerata come causa, che poi è la stessa cosa che può dirsi della materia, che non è cosa stabile, ma di cui possiamo raccontare la storia nella misura in cui tale ci appare.
La realtà potrebbe essere un continuo da cui, come detto sopra, non è impossibile ricavare delle storie, se i soggetti delle storie durano il tempo della sua rappresentazione.
Il problema nasce solo quando confondiamo la realtà con le storie che ne possiamo ricavare.
In quelle storie infatti i soggetti sono cose in se, una realtà cristallizzata, al riparo dalla corrosiva evoluzione.
#2230
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AMAnche se ci fosse (e ci sarà sicuramente) una causa nel passato che ha prodotto questo stato di consapevolezza, quella causa non condiziona la pura consapevolezza. Si può al limite distorcere (ad esempio sotto l'effetto di droghe) ma rimane nella sua forma base ben definita. L'universo nella sua evoluzione alla fine è riuscito a creare una forma, o uno stato della materia, che per taluni versi riesce addirittura ad essere "indipendente" dall'universo stesso che lo ha creato.
 

 
''Indipendente'' fra virgolette,
visto che la forma continua ad essere soggetta all'evoluzione.
Il punto è che non è possibile rilevare ciò che è veramente indipendente, perchè l'indipendenza esclude la relazione, e senza relazione non c'è suo rilevamento.
L'indipendenza quindi certamente non c'è quando c'è rilevazione, che è una relazione fra soggetto e oggetto, che può sempre essere ribaltata, come infatti mi pare tu dici.
Essere soggetto od oggetto dipende cioè solo dalla possibile, ma non univoca, descrizione.
#2231
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AMCon ciò che ho scritto sopra vorrei rimettere in gioco il ruolo della consapevolezza non solo come spettatore ma anche come agente, quindi causa delle azioni che vengono prodotte dalla "consapevolezza". Quindi in pratica il libero arbitrio. 
Rileggendo il tuo post concordo su tutto, e le mie sono solo precisazioni, e per dare una risposta alla tua domanda mi chiederei cosa possiamo fare noi di diverso rispetto a una macchina, cioè un soggetto privo di consapevolezza, ma non perciò non in grado di agire, e, nel caso della AI, anche di essere spettatore.
#2232
Citazione di: Il_Dubbio il 05 Marzo 2024, 10:53:49 AML'Io consapevole potrei definirlo come un nuovo stato della materia.
 
Puoi definirlo così infatti, come parimenti puoi definire il viceversa, e cioè la materia come uno stato dell'io consapevole.
In ogni caso è da una definizione che bisogna partire, iniziando da quella che ci appare più promettente, per poi trarne le conseguenze.
Ma qualunque definizione scegli ciò equivale a partire da una scelta fatta per libero arbitrio al fine di spiegarlo, entrando in cortocircuito logico.
Il libero arbitrio è condannato a restare il punto di partenza laddove si scelgono definizioni che servono a spiegare altre cose che non siano il punto di partenza, non dimenticando che se se possiamo parlare di libero arbitrio, senza sapere cos'è, è perchè ne abbiamo percezione.
Un ipotesi ci sembrerà più o meno promettente in base a ciò che percepiamo, ma come mi pare tu sottendi, una volta fatta l'ipotesi, bisognerebbe metter da parte le percezioni, svincolandocene, ma temo non sia in genere ciò che facciamo facendo filosofia, mischiando continuamente logica e percezione, aggiungendo sempre nuove ipotesi a quella iniziale in modo più o meno consapevole, al fine di giungere dove già sapevano di voler arrivare.
Se non possiamo ridurre tutto a un calcolo, arriva però il momento in cui occorre dire con Cartesio, ''calcoliamo''.
Poi il calcolo finisce e inizia un altra storia e tutte queste storie sommate  fanno la filosofia, quando è sana, svincolata dalla masturbazione mentale, per quanto anche quella potrebbe avere la funzione di rafforzare la capacità di pensare.

#2233
Citazione di: Pio il 04 Marzo 2024, 17:06:14 PM:-*
Se pensiamo però alla libertà come potenzialità forse si esce dal vicolo cieco.
Di fatto creiamo l'illusione di uscire dal vicolo cieco, se, non riuscendo a spiegare le cose con gli strumenti che abbiamo, come il caso e il determinismo, allora li moltiplichiamo, sdoppiando ad esempio il determinismo in forte e debole, e se vediamo che ancora non basta, ci aggiungiamo il determinismo  forte, ma non troppo. :)
E così via.
Però se caso e determinismo li declassiamo da elementi del reale a strumenti descrittivi del reale, non occorre moltiplicarli.
Tutto sta a vedere se vogliamo tenere la barra dritta sulla semplificazione o se vogliamo masturbarci con le complicazioni, come dimostrerebbe il fatto che siamo arrivati a 22 pagine di discussione e che non è finita qua. :))
#2234
Si può partire dall'ipotesi che '' il libero arbitrio per definizione non si può spiegare'' e provare a trarne le conseguenze logiche.
Voi potete provare a farlo, ma supponiamo ancora di averlo già fatto, e che ciò che ne abbiamo tratto ci semplifichi la comprensione di ogni altra cosa, che non sia ovviamente il libero arbitrio.
Vi riterreste per ciò soddisfatti, smettendo di chiedervi cosa sia il libero arbitrio?
Voi potreste rispondere di no, che non vi riterreste soddisfatti, ma pur tuttavia potreste trovare interessante trarre le conseguenze logiche dalla suddetta ipotesi, riuscendo in tal modo  a spiegare ogni cosa che avreste fin qui desiderato spiegare, meno che il libero arbitrio, e questo sarebbe un caso di serendipità, quando cercando qualcosa se ne trova un altra.
L'ipotesi suddetta si fonderebbe sulla ragionevole considerazione che chi spiega non può essere spiegato, se con il libero arbitrio ci possiamo identificare.
In sostanza la percezione del libero arbitrio sarebbe la prova che ci sia altro, oltre il caso e la necessità.
Personalmente, a sentimento, mi risulta difficile credere che il caso e la necessità siano parte della realtà, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di usarli per cercare di descriverla e il fatto che la descrizione funzioni non dimostra che la loro esistenza possa stare fuori dalla descrizione della realtà.
Caso e necessità esistono solo dentro una descrizione funzionale della realtà, con la quale colui che spiega non si può spiegare.
Ci riesce difficile ammettere che ci siano cose che non si possano spiegare, però accettare ciò come un ipotesi non mi sembra inaccettabile.
Bisogna poi provare trarne le conseguenze da questa ipotesi, che di fatto equivale a ''Dio'', e che per un non credente come me fà rima con ''io''.
Ma che sia ''Dio'', che sia ''libero arbitrio'', o che sia ''io'', dovremmo accettare che ci siano cose che non possiamo spiegare, ma che allo stesso tempo percepiamo, perchè diversamente non potremmo neanche parlarne, e che in generale il fatto che non riusciamo a spiegarle non è in contrato col fatto che le percepiamo.
#2235
Varie / Re: L'enigma della bussola e dell'orologio
05 Marzo 2024, 05:02:06 AM
Si prendono una bussola  e un orologio , e li si pone una accanto all'altro,  nel momento in cui la lancetta dei minuti dell'orologio punta al Nord, con l'orologio al centro, su una piattaforma rotante in senso antiorario,  con la velocità angolare di 6°/m.