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Messaggi - Jacopus

#2221
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
09 Marzo 2020, 08:33:55 AM
La filosofia è stata nel medioevo l'ancella della teologia e in epoca moderna la parente povera della scienza.
Come per la letteratura italiana, il suo massimo fulgore lo ha avuto all'inizio, in Ellade. Io proverei a dare un'occhiata da quelle parti per cercare una risposta.
Detto questo si può provare anche a dare risposte altre.
La filosofia può essere pensata come ad un serbatoio di senso, duttile e critico allo stesso tempo. La filosofia non deve e non può piegarsi alla verità di una singola disciplina né essere essa stessa una singola disciplina ma può indagare i nessi e i fondamenti nascosti del pensiero umano e delle istituzioni che ne discendono.
Si può pensarla come un saggio che guarda i saperi specializzati e li seziona per scoprirne significati nascosti e/o mistificatori. È la critica razionale e metafisica allo stesso tempo il campo della filosofia. Razionale e metafisica insieme, perché  deve essere in grado di mettere in discussione sia la razionalità dal lato della metafisica sia la metafisica dal lato della razionalità. La filosofia è la libertà del pensiero.
#2222
In primo luogo affermo ciò che ha già detto Iano. Cercare prove razionali alla fede è un lodevole esercizio ma non è il presupposto della fede.

Invece  rispetto a questa affermazione,
CitazionePerché puoi portare tutte le prove che vuoi ad una teoria scientifica, ma alla fine la abbracci solo per fede , perché non è scritto da nessuna parte quante e quali prove siano sufficienti. Là capacità di credere quindi agisce ad ampio spettro.
Qui bisogna distinguere. La scienza non ha alcun dogma. Anzi il vero scienziato promuove il superamento della sua teoria se la nuova è più vicina alla realtà  o permette di incidere con più efficacia sulla realtà.
Questo equiparare fede e scienza è nocivo soprattutto alla scienza. È un metodo che tende ad equiparare tutto allo stesso livello, come i mafiosi che si difendono dicendo " ma i politici rubano come noi".
La religione invece si fonda sulla tradizione, su una rivelazione non modificabile o modificabile secondo metodi gerarchici e culturali ma privi di ogni velleità di trovare una verità oggettiva e sperimentale. Nella scienza esiste invece un livello minimo di accettabilità che permette di non cercare l'accuratezza delle prove "ad infinitum", ovvero la ripetibilità dell'esperimento che dimostra la teoria, la sua misurabilità e l'accettazione della teoria da parte della comunità scientifica di riferimento.
Anche le teorie astrofisiche meno misurabili partono da presupposti scientifici e vengono valutate correttamente  come ipotesi e non come articoli di fede.


Tutto ciò lo dico per distinguere e con il massimo rispetto per chi crede.
#2223
Io invece non sono d'accordo. La scrittura (non i libri) hanno permesso all'uomo un vero salto evolutivo. Un primo salto avvenne con il linguaggio, che si perfezionò con la scrittura. Questo ha significato espandere e conservare l'apprendimento in ogni campo e creare una dimensione che forma una storia comune, una cultura. Definire tutto ciò come un bisogno irrefrenabile di crearsi problemi perché i problemi fisiologici sono stati risolti distorce la realtà, poiché i problemi fisiologici di base sono stati risolti proprio in virtù della cultura, dei libri della trasmissione della conoscenza, senza le quali saremmo ancora ostaggio della natura. Dei primati che contenderebbero una nicchia ecologica ad altri primati.
Un altro discorso è capire se oggi sia necessario dare dei limiti a questa espansione tecnico-culturale, ma se stiamo in panciolle e discutiamo su internet lo dobbiamo proprio alla cultura, senza la quale in questo momento staremmo scappando rincorsi da una tigre dai denti a sciabola.
#2224
Per Viator. Non è proprio così.  I bisogni non sono solo quelli biologici di sopravvivenza. Sono essenziali anche quelli legati alla socialità e all'interazione. È famoso l'esperimento di Harlow, che ha a oggetto un primate molto simile all'uomo, la scimmia rehsus.


https://www.stateofmind.it/2016/04/attaccamento-esperimento-di-harlow/
#2225
La continuità dell'essere nel suo divenire irrefrenabile è semplicemente la conseguenza di un principio organico.
Mentre le cellule dell'occhio o del fegato o del dito mignolo muoiono e si rigenerano migliaia di  volte nel corso di una vita umana, le cellule del nostro sistema nervoso possono soltanto morire, ma ne conserviamo comunque a sufficienza anche di quelle che avevamo in dotazione appena nati. Questo ci permette di rappresentarci come un singolo individuo, per quanto sottoposto alle tensioni inevitabili del divenire. Solo la malattia mentale e/o quelle degenerative della terza età possono spezzare il senso di unità dell'individuo.
Capisco che si tratta di un discorso poco filosofico, ma la filosofia dovrebbe confrontarsi anche con queste semplici constatazioni organiche.
#2226
Cinema, Serie TV e Teatro / Il Sole Ingannatore
26 Febbraio 2020, 21:39:43 PM
Scrivere a proposito di questo film è per me un grande onore e, nello stesso tempo, una cura dell'anima. Il regista, Nikita Mikhalkov, lo conobbi negli anni '80 attraverso la visione di un altro capolavoro: Oci Ciornie, interpretato da un meraviglioso Marcello Mastroianni. Il secondo film in cui mi imbattei è questo e fui letteralmente folgorato.
La storia è la seguente. Siamo negli anni '30 dello scorso secolo, in una imprecisata zona dell'Unione Sovietica. Un colonello dell'esercito sovietico, Sergej Petrovic Kotov, un eroe di guerra, trascorre una domenica di riposo in una dacia. Un'atmosfera fra l'idilliaco e il nostalgico raggiunge facilmente gli spettatori. Accanto al colonnello vi è la sua famiglia, la giovane moglie Marusia, la figlia di sei anni, Nadia e vari parenti ed amici. In questo clima rilassato giunge inaspettato Dimitri, un allievo del padre di Marusia, celebre compositore musicale russo. Questi sono i quattro personaggi principali e possiamo concentrarci su di loro.
L'arrivo di Dimitri non è di certo indolore. Risveglia infatti l'amore che provava in gioventù per Marusia. Un amore ricambiato a cui però si oppose il sopraggiunto potere sovietico che impose a Marusia un diverso pretendente, proprio quell'eroe della rivoluzione russa, il colonnello Kotov, giunto presumibilmente dal basso del proletariato e fattosi largo fra le gerarchie militari. A Dimitri non restò che ubbidire ad un ordine dello stesso Kotov ed emigrare, anche perché compromesso con i controrivoluzionari bianchi. Proprio all'estero però viene contattato dalla polizia segreta russa, la NKVD, che lo ingaggia affinchè tradisca proprio i generali controrivoluzionari che aveva servito. Operazione che Dimitri compie alla perfezione, anche perché gli viene prospettata la ricompensa di riprendere il suo posto accanto a Marusia.
Quando rientra in Russia scopre però che questo è impossibile, soprattutto perché il colonello Kotov e Marusia hanno generato una figlia, Nadia.
Siamo però alla vigilia delle purghe staliniane, quelle che provocarono la morte e l'internamento di un numero altissimo di oppositori o presunti tali. E giunge pertanto il momento che anche il colonello Kotov, nonostante la sua fama o proprio a causa di essa, viene raggiunto dall'ordine di cattura, che sarà eseguito (e forse fomentato) proprio da Dimitri al termine di quella bucolica domenica estiva. Il film si conclude pertanto con il colonnello che viene portato via in auto e che si rende conto del suo stato di inerme burattino solo quando viene picchiato a sangue dagli agenti della polizia segreta. Il suo pianto sul viso deturpato dalle botte è uno dei momenti più intensi del film. Spiega, meglio di una lezione accademica, come il potere assoluto possa usare i suoi migliori figli come carne da macellare al primo bisogno.
Il film esce nel 1994 e partecipa allo stesso festival di Cannes, che vide il trionfo di Pulp Fiction. In un certo modo già questo me lo rende adorabile. Da un lato il trionfo di un film interessante, ovviamente, ma ben lontano da poter essere ritenuto un capolavoro. Originale, veloce ma inevitabilmente un film "americano". Dall'altra un film che ripercorre la strada delle grandi opere europee, intriso di storia e di letteratura come l'altro lo è di fumettistica. E' come se a partire da questa dicotomia filmica occorra schierarsi: parvenu antisociale al seguito del signor Wolf o epigono intellettuale abbagliato dal colonnello Kotov? Inutile dirvi qual è la fazione che ho scelto.
Come ogni grande opera sono possibili diversi livelli di lettura. Il primo è quello iconografico. La fotografia è superba. La cura degli interni e degli esterni ricorda l'attenzione maniacale di Stanley Kubrick. Vi è spesso la ridondanza dell'effetto flou, che è particolarmente apprezzato da Michaikov.
Il secondo livello riguarda la piccola storia familiare, l'amore adolescente, piegato dalla ragion di stato, di uno stato a sua volta adolescente ma che ha subito acquisito le sembianze del vecchio potere zarista. Sullo sfondo di questa piccola vicenda privata affiora quella pubblica: il potere totalitario dell'Unione Sovietica, che decide anche dell'amore della persone, oltre che sulla loro vita e sulla loro morte.
Un altro livello di lettura è quello che contrappone il mondo relazionale intimo, familiare, dove è possibile tornare ed essere bambini. E' il mondo del gioco, dove, al riparo, si può esprimere sé stessi senza paura di essere giudicati. A questo mondo si oppone quello ufficiale, quello adulto. Inizialmente con tentativi goffi, la guardia civile che fa le sue esercitazioni a spese dei villeggianti, i pionieri che marciano in difesa della patria sovietica e poi mostrando tutto il suo potere, arrestando e massacrando di pugni l'eroe nazionale, colonnello Kotov. E proprio in quel frangente si alza nel cielo, portato da un dirigibile, un grande stendardo con l'immagine del compagno Stalin.
In un punto cruciale del film, Kotov cerca di giustificare se stesso agli occhi della moglie, giustificare il suo ordine di allontanare Dimitri per potersi sostituire a lui nel cuore di Mariusa: le dice che "ognuno può scegliere", ma sa che la scelta sarebbe stata fra ubbidire al suo ordine o finire in Siberia. Il suo fanatismo per il comunismo non gli permette di vedere la realtà, che gli si scoprirà in tutta la sua violenza solo nell'epilogo. La stessa cosa racconta Solgenitsin in "arcipelago Gulag": quando vedeva i soldati degradati e condannati per tradimento, li considerava indegni, infingardi, paurosi, meritevoli della punizione. Solo quando lo stesso percorso viene vissuto da lui in prima persona, solo allora scopre la disonestà del potere sovietico, il suo lato inumano.
E Dimitri per poter sopravvivere in quel mondo disumano, ha finito per disumanizzarsi. In un altro punto cruciale Dimitri confessa alla ritrovata Mariusa, che "se la vita non doveva esistere più per me, non doveva più esistere per nessuno". Uno volta cacciato dal paradiso terrestre, Dimitri diventa un demone, al servizio di un Demone ancora più potente, che gli sottrae l'umanità. Al riparo di quella divinità allora può sfogare la sua vendetta. Quella stessa divinità ora gioca con le sue pedine: prima ne alza una e poi l'abbatte e ne alza un'altra che sarà a sua volta abbattuta. E' possibile spezzare questo gioco solo con la morte, ed infatti le scene finali del film ritraggono Dimitri che si sta suicidando in una vasca da bagno.
E' un film che echeggia in continuazione altre opere, "il sole a mezzanotte" di Koestler e "confessioni di un malandrino" di Esenin, li ho sempre ricondotti a questo film, o meglio questo film si richiama in modo magistrale ad essi. Un'opera che è anche un antidoto ad ogni totalitarismo, ad ogni credenza che per perseguire il "bene" sia possibile compiere qualsiasi male. Che il bene si chiami Nazionalsocialismo, comunismo o Dio non importa, ciò che importa, nella visione di Michalkov, è che ogni vita umana ha più dignità di qualsiasi idea.
Un ultima postilla, molto interessante comunque. La canzone "il sole ingannatore" che di tanto in tanto risuona nel film e che viene anche cantata da Nadia, è un pezzo che veniva abitualmente suonato agli ebrei che venivano condotti ai forni crematori.
La didascalia del "Sole ingannatore" recitava: "dedicato a tutte le vittime del sole della rivoluzione".



Nikita Michalkov, oltre ad essere registra e sceneggiatore di questo film, interpreta anche il colonnello Kotov e Nadia, nella vita reale è anche sua figlia Nadezdha Michalkov.
#2227
Per Anthony. A conferma che nel mondo etico (a differenza del mondo delle naturwissenschaften) non esistono leggi assolute e sempre valide, il tuo ultimo argomento paradossalmente porterebbe a ritenere il nazionalsocialismo del 1933 un governo democratico, poiché eletto democraticamente.
La democrazia in realtà è qualcosa di molto più complesso della semplice conta dei voti.
#2228
La diffusione di questo virus, il coronavirus 19Ncov, sta provocando delle reazioni straordinarie e non commensurabili all'effettivo pericolo finora espresso. Anche nel paesino accanto a Genova, dove risiedo, i supermercati sono stati presi d'assalto fra ieri e oggi. Mi mancavano gli yogurt, sono andato al supermercato e con sorpresa ho visto molti scaffali vuoti, come nei supermercati lombardi. Ho scambiato qualche parola con la cassiera: "Lei non può immaginare oggi cosa hanno comprato!" Fuori due foresti si passavano un gel sulle mani. Fortunatamente non ho visto (ancora) mascherine.
Non parliamo di centri vicini ai casi riscontrati, come Lombardia o Veneto, ma della Liguria, dove non è stato ancora trovato neppure un caso e una trentina di casi sospetti sono già in quarantena.
Non voglio neppure sottovalutare il problema. Ripeto quello che ho già scritto altrove. Il rischio più grande è la trasformazione del Coronavirus 19 in uno più virulento, date le grandi quantità di campionario umano di cui attualmente dispone e la facilità dei virus nel modificare il loro Rna.
D'altro canto quello che sta accadendo è il sintomo di un malessere più profondo, che va indagato, perchè fa parte della nostra storia occidentale, e probabilmente degli ultimi 80 anni di storia occidentale. Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, abbiamo viaggiato in prima classe e ci siamo illusi di essere invulnerabili, di poter piegare la natura a nostro piacimento. Oggi ci rendiamo sempre più conto che non è così e non ci resta che "difendere lo stile di vita dei dodo", come nel film "l'era del ghiaccio".
https://www.youtube.com/watch?v=J7B-1mLMpHw

Di fronte a questo scenario provo ad interrogarmi sui motivi che l'hanno scatenato. Alcuni li ho già elencati, sensazionalismo dei mass-media, ricerca di un nemico...ma forse, a pensarci bene è un altro il movente di queste reazioni scomposte: il nostro aver abbandonato ogni orizzonte di "finitudine": pensiamo di vivere per sempre, di avere sempre diritto ai nostri comforts. Non possiamo più accettare di morire, e per di più a causa di uno stupido virus. Morire per mano di un terrorista ci sembra molto più logico, perchè riattiva il "noi-contro-loro", ma un virus fa parte della natura, non è stato inviato sulla terra da una specie aliena per distruggerci (ma ci sarà qualcuno che lo dirà a breve), nè da qualche centro di Big-Pharma alleato con i militari (questo forse è stato già detto).
Inoltre il virus non fa distinzioni. E' la voce della natura. E' un invisibile messo del dio Pan che ci accusa e ci dice: questo ancora può accadere, inginocchiatevi di fronte alla maestà della Natura. E se sapessimo accettare meglio la nostra finitudine, il nostro accettare la morte come esito necessario della vita, non vi sarebbero queste scene isteriche a cui dobbiamo rassegnarci ad assistere, almeno finchè l'industria dell'infotainment non trovi qualche altro argomento più interessante e remunerativo.
Nella eterna lotta per un equilibrio terrestre, la natura sta semplicemente adoperandosi per rimettere in riga quello che è realmente il vero virus del pianeta, ovvero l'uomo.
#2229
Salve Viator. Allora conseguentemente al tuo discorso è la stessa cosa credere nel Dio ebraico-cristiano e in una divinità a cui si offrono giovani vergini da sgozzare e poi mangiare ritualisticamente.
Per non parlare di tutti quei filosofi mezzo scimuniti che si sono arrovellati per secoli a cercare elementi di razionalità nella fede.
Saluti.
#2230
Citazionei dati della Gismondo sulla influenza normale erano sbagliati e ha cancellato i post.

Per Inverno. Non so a quali dati si riferisse la Gismondo. Questi sono i dati ufficiali, che non sono stati cancellati e al momento resta la media di 217 decessi giornalieri per la normale influenza.
https://www.epicentro.iss.it/influenza/stagione-in-corso
E' il sito ufficiale dell'istituto superiore di sanità. Credo che a questo punto o si diventa completamente sospettosi oppure bisogna fare affidamento su questi numeri. Ripeto. Il coronavirus, sulla base dei dati attuali in Italia, ha un rischio di mortalità superiore alla normale influenza, ma non così alto da determinare questo stato di allarme.
Hai ragione quando dici che il campione è ancora molto piccolo e quindi poco attendibile (225 casi e cinque morti), ma proprio a causa di questa inattendibilità il rischio di mortalità potrebbe anche essere inferiore.
E' possibile che la preoccupazione derivi dal fatto che la propagazione del virus potrebbe innescare ulteriori modifiche del suo RNA e quindi creare virus più letali. Ma credo che sia una normale difesa della natura rispetto alla nostra protervia di dominatori della terra. E' solo questione di tempo.
#2231
Per inverno. I numeri da me segnalati riguardano l'Italia.
#2232
Mi sono divertito a fare delle statistiche basandomi sul sito ufficiale epidemiologico della sanità: epicentro.iss.it.
Il monitoraggio sulla influenza normale dura 30 settimane quindi quasi 7 mesi.
Attualmente il monitoraggio è  alla 20ima settimana con 5.000.000 milioni di casi accertati e 217 decessi al giorni. Fa una percentuale di mortalità dello 0,6 per cento. Il coronavirus in Italia ha provocato 4 morti per un totale di 212 casi. La mortalità è quindi al 1,8 per cento. Il triplo della normale influenza.
Credo che con questi numeri le reazioni siano esagerate. Ma non sono certo uno specialista. Potrei sbagliarmi.
#2233
Da entrambe le concezioni derivano conseguenze etiche rilevanti.
1. Se, in articolo mortis, dovessi accettare Dio e i dogmi della religione, sarei accettato in paradiso, nonostante i gravi peccati di cui mi fossi eventualmente macchiato? Una lavanderia molto a buon mercato.
2. Se invece, la distinzione fra capri e agnelli, avvenisse "Deus ex machina" (è proprio il caso di dirlo), allora si negherebbe tutto il peso della storia umana dei singoli soggetti, che è un po' la motivazione della nuova visione "fideistica". Alla luce di 3000 anni di riflessioni sul bene e il male, qualche conseguenza teologica deve pur esserci.
#2234
Francamente il coronavirus ha più bisogno di un sociologo o di uno psicologo sociale che di un medico epidemiologo.
Basti pensare che l'influenza normale 2019-20 ha provocato mediamente 217 morti al giorno mentre con il coronavirus stiamo a 1.
Secondo me ci sono due cause fondamentali per tutto questo folle clamore.
1. I media che raccolgono proventi dalle notizie sensazionalistiche.
2. Il coronavirus come nemico perfetto.  Ricordate le zecche rosse, i ratti delle fogne, gli orango-tango africani  fino agli untermenschen? Tutti modi per deumanizzare il nemico e poterlo attaccare. Cosa c'è di meglio di un nemico che è già deumanizzato a causa della sua natura e che può diventare il bersaglio di tutte le nostre frustrazioni?


Infine due note a piè di pagina.
Circa il 10 per cento del nostro DNA lo abbiamo ereditato dai virus,  che quindi non sono del tutto malefici.
Il virus più pericoloso per l'equilibrio del pianeta terra è homo sapiens.
#2235
Non credendo nel peccato originale non posso risponderti puntualmente, ma posso comunque dichiarare che il "mors tua, vita mea" è  un messaggio chiaramente ideologico, da una parte proposto dal clero per garantirsi la sua influenza sulle "cose umane", dall'altra dall'attuale reale religione monoteistica, il capitalismo, che si serve di queste storie (come quella famosa del leone e la gazzella che vanno di corsa), per giustificare il suo spirito egoistico e distruttivo.
Un solo elemento per chiarire come la violenza sia in diminuzione. Le stime dicono (se volete vi linko anche i riferimenti) che nel medioevo gli omicidi nelle città di allora erano mediamente di 80/100.000 abitanti. Questo significherebbe che in un anno,  in una città come Genova, se la violenza fosse la stessa, vi sarebbero 500 omicidi all'anno, mentre ve ne sono, negli ultimi 20 anni, fra i 5 e i 10. Una diminuzione straordinaria, del 95-99 per cento. Incredibile no, visto che i media cercano in tutti i modi di farci credere altro.