Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2018, 14:20:35 PM
Ritengo che l'essenza della filosofia di Severino sia stata esposta una volta per tutte in "Ritornare a Parmenide" del 1964 (poi riproposto in "Essenza del nichilismo" del 1972). Senza che ne siano poi seguite significative evoluzioni, nonostante questa sua idea appaia a mio avviso monca e necessaria di approfondimenti.
Invano ho cercato, sia nei suoi saggi successivi sia alle sue conferenze, un passo avanti. Ho avuto modo di interloquire con il filosofo in più occasioni, ogni volta trovandolo ancorato al parmenideo "l'essere è, il non essere non è".
Suo merito, a mio parere, è di aver identificato nella fede nel divenire l'origine del nichilismo e mostrato come le religioni consistano essenzialmente in rimedi all'angoscia esistenziale che ne deriva.
Tuttavia, come osserva Nietzsche: «V'è qualcosa di arbitrario nel fatto che "costui" si sia arrestato "qui", abbia rivolto lo sguardo indietro e intorno a sé, non abbia, "qui", scavato più profondamente e abbia messo in disparte la vanga - c'è pure qualcosa di sospetto in tutto ciò».
Non è infatti solo il divenire a dover essere messo in discussione, è necessario affrontare anche il molteplice. Ossia l'oggettività in sé.
Ed è proprio il molteplice, inteso come oggettività in sé, ciò che i paradossi di Zenone vogliono contestare.
La freccia, raggiunge il bersaglio, solo perché la freccia, intesa come oggetto distinto da tutto il resto, non esiste. Non vi sono oggetti distinti che mutano con il divenire. Se lo fossero, il movimento sarebbe impossibile. Non esiste la freccia, il bersaglio, lo spazio tra i due, come cose in sé. Ciò che davvero esiste è l'Evento: "freccia che raggiunge il bersaglio" da intendersi nella sua interezza. La scomposizione che razionalmente facciamo è utile, ma non è la verità.
Di modo che non vi è alcun "essente" che nasce dal nulla o torna nel nulla, perché nessun "essente" mai davvero è.
D'altronde Parmenide parla dell'Uno. Ma il fatto stesso di affermare: "l'essere è, il non essere non è" non è la reazione ad una caduta già avvenuta? Giacché nel nostro mondo, che è esserci, l'essere è solo ciò che si oppone al nulla.
Cioè con "essere" intendiamo ciò "c'è", mentre con "nulla" intendiamo semplicemente il non esserci di ciò che potrebbe invece esserci.
Ossia questo è un essere relativo, relativo al nulla.
Che non ha niente a che vedere con l'Essere inteso come l'Assoluto!
Confondiamo perciò l'Essere con l'esserci.
Mentre riguardo all'Essere niente sappiamo. Al punto che è impossibile distinguerlo dal Nulla.
Non so dirti se effettivamente ci sia un proseguio alla sua filosofia.
Lui dice di sì. E gli credo.
Purtroppo a differenza di Sini non l'ho mai incontrato dal vivo.
Mi pare che nel tuo intervento distingui tra nulla, essere ed assoluto.
Sono d'accordo.
Mi sembra che sei abbastanza vicino nel capire Severino e nello stesso tempo, sei ancora lontanissimo, per via del tuo giudizio.
Sei vicino perchè capisci che l'essere non possiamo vederlo, nè tantomeno esperirlo.
Il punto è che c'è una sottile distinzione, ma che fa la differenza tra quello che descrivi come essere, e quello che potrebbe benissimo essere la cosa in sè kantiana.
Ma l'Essere non è una questione della forma.
A mio parere devi ragionare su questo, a fondo.
Infatti Severino capisce benissimo che si potrebbe travisare l'essere come nulla.
Come? Ribaltando PROPRIO il concetto di assoluto.
La dissoluzione, è proprio il DESTINO del canone occidentale, lo ha capito Hegel, Heidegger e Nietzche ovviamente, gli altri proprio no.
E ora si aggiunge Severino.
L'idea di Severino è semplice e rivoluzionaria, ed è l'unica che io sappia a porre un nuovo modo di intendere il canone occidentale.
Come follia.
Ma la follia è abitata da fantasmi, si tratta di rinsavire (salvezza, liberazione dai fantasmi).
E per rinsavire Severino fa notare come noi già da sempre NON SIAMO IL NOSTRO FANTASMA.
Per recuperare la nostra dimensione salvifica dunque dobbiamo esattamente sacrificare il nostro DIO. Ossia se sei intelligente, e mi par di ben sperare, che sì lo sei, l'ASSOLUTO.
Sacrificando l'ASSOLUTO, dovremmo essere in grado di leggere la GLORIA, suppongo, ma ripeto non ho letto, nemmeno i primi 2 libri che citi, sia questo il suo disegno RIVOLUZIONARIO.
Certo fin quando rimaniamo nell'ontologia non ne usciremo MAI.
Ma d'altronde scusami BOBMAX, l'ASSOLUTO mica crederai che sia una ONTOLOGIA? (questo nel caso ti avessi sopravvalutato
)PS per dire qualcosa d'altro: io rimango con Hegel, Heidegger e sopratutto Nietzche, che invece l'Assoluto non solo NON si deve sacrificare, ma si deve INDAGARE DESTINALMENTE.
Che poi la Gloria si affianchi come indagine, a mio parere va bene, ma pensare che la gloria non sia INGHIOTTITA dall'ABISSO è pura superstizione.

lo amiamo per quello più che altro.
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(con l'eccezione di cui sopra).