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Messaggi - iano

#2236
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 18:15:57 PMè possibile riuscire a trovare un modo per formulare il ragionamento ricavato dall esperienza in modo che le regole con cui facciamo sintesi siano sicure e certe? Questo se nella mente riusciamo a trovare dei principi universali e necessari attraverso le quali faremo sintesi dell esperienza. giudizi sinteci a-priori.
Se è dalla conoscenza del processo che  genera le leggi, che le leggi ereditano la loro incertezza, allora l'unico modo che c'è per dargli certezza non è la ragione, ma dimenticarsi del processo, se ciò fosse possibile.
E' in questo modo che noi abbiamo ereditato un mondo belleffatto, come se fosse stato li da sempre ad attendere la nostra venuta, ignari della sua generazione.
C'è stato un momento della nostra storia in cui ci è stato possibile dimenticarci del processo, evento forse non più replicabile.
Così che all'illusione di questo mondo non ne seguirà una altra.
#2237
Citazione di: Koba II il 03 Marzo 2024, 16:37:48 PMOpportuno il tuo riferimento alla metanoia cristiana, cioè al movimento di conversione, di trasformazione progressiva che riguarda tutto l'essere dell'uomo: il suggerimento di un lettore di Hegel che ci ricorda che la verità è processo?
Io la leggo così, come un giusto rimprovero... Ammetto di aver affrontato la discussione fino ad ora con in testa un'idea di verità come un'immagine statica, istantanea, diciamo così.
E che si prenda sul serio, una buona volta, la dialettica!

Ma non pensi che i tuoi opposti atteggiamenti, succedutesi in diretta, (cosa che solo la vituperata tecnologia che produce i forum come questo, può fare, cioè documentare il pensiero in diretta nel suo divenire) trovino la loro ragione nel loro succedersi?
Forse la verità più che un processo è una sua fase, senza esserne l'inizio o la  fine, cosa che invece ci appare quando lo parzializziamo, secondo come lo parzializziamo.
La verità quando la vediamo alla fine del processo, per essere davvero tale, per svolgere cioè la sua funzione, deve essere messa al riparo dalle sue negazioni, e un modo per farlo è dimenticare il processo che l'ha generata.
Solo così essa ci potrà apparire come un punto da cui il processo può ripartire.
Forse allora dovremmo riprendere la lettura del primo scritto di F.N., come ho sentito oggi accennare sulla Rai nazionale, che se non ho capito male somiglia ad un elogio della dimenticanza, quella capacità di dimenticare che le macchine non hanno, perchè tengono sempre memoria dei loro processi, per cui abbiamo una successione di zero e di uno senza che sia possibile scambiare alcuno di essi per un inizio o una fine, un a-priori o un a-posteriori.
Scegliere un punto da cui partire è solo una necessità della narrazione, quando quella successione vogliamo analizzare.
E' il racconto del processo che richiede un inizio e una fine, non il processo.
Però io credo anche che la verità, così come ho provato a delinearla, non possa più replicarsi, per mancata perdita di memoria. Essa non potrà più inabissarsi ponendosi a fondamento delle evidenze,
cioè di ciò che non si riesce negare,
 creando così un mondo assimilabile alla realtà.
Il fondamento della scienza invece è la possibilità di negare, ma per negare bisogna  tenere memoria di ciò che si nega, perchè se si perde quella memoria, sarà quella negazione a divenire verità.

Ma la memoria non è cosa per tutti, perchè richiede spazio e ha un costo , mentre la verità è a buon mercato, e infatti chi non ne possiede almeno una.
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Gratis, le grandi novità,
Gratis, le nuove nudità
(Gratis le nuove verità)
C'è ancora da ridere
Nell'intimità,
C'è ancora da fingere,
Ah, che delirio, che scomodità
Gratis, con che facilità,
Prima, durante, dopo Ma
C'è ancora da leggere
Due passi più in là
A gratis, e nessuno lo sa
#2238
Citazione di: Ipazia il 03 Marzo 2024, 15:01:24 PMLa realtà è a priori, la verità, così come l'ha bene spiegata Phil, non può essere che a posteriori rispetto alla realtà.

Una proposizione per essere sensata e veritiera deve fare riferimento ad una realtà antecedente.

Anche "realtà" è un concetto, ma nell'ordine del discorso non può che venire prima della "verità" che esprime pareri su di essa.

Chi chiama in causa la "verità " dovrebbe esplicitare la sua concezione di "realtà", perché se tali concezioni divergono, altrettanto fanno le verità esternate.

Senza possibilità di condivisione alcuna.
Ciò che si può negare è ciò che per la sua chiarezza è esemplare come questo tuo post.
Se l'apparenza della realtà, pur quando sgamata come tale, continua a presentarsi come evidenza, vuol dire che è fondata su qualcosa che non riusciamo a negare.
Evidentemente sapere che un illusione è tale non è tutto ciò che c'è da sapere per vederla sparire.
#2239
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 14:12:50 PMI giudizi a posteriori sono fertili ma sono incerti.
Sono incerti se la certezza ha un valore, diversamente sono vari, e si distinguono per il grado di condivisione che non è necessariamente un indice di valore, ma un dato di fatto.
Sono come i semi. Se non sai quanto è fertile il terreno  il trucco è piantare cento per avere almeno uno.
Il problema è che non capiremo mai la vera storia dell'uomo se ci limitiamo a parlare del seme andato a buon fine, dimenticando quei 99 il cui contributo, con il loro fallimento, è però essenziale, perchè è dai 99 fallimenti che abbiamo imparato.
Resta poi da condividere ciò che abbiamo imparato, e un modo veloce per farlo è spacciarlo per verità, che, nel migliore dei casi, quando cioè le intenzioni sono buone, è  una menzogna a lieto fine.
#2240
Citazione di: Il_Dubbio il 02 Marzo 2024, 23:55:47 PMVorrei specificare che mi sono note più o meno tutte (insomma se ce ne sono nuove nuove magari no) le problematiche scientifiche. Tipo il determinismo ma anche l'indeterminismo, il cervello ecc.

Il tuo tentativo non è meno confuso di quelli che hai letto o che hai mancato di leggere in questa discussione.
Ma leggendo l'ennesimo tentativo, il tuo, mi è sorta ''spontanea'' una domanda.
Se trovassimo la giusta risposta a ciò che è il libero arbitrio, dando per scontato che esso svolge una qualche funzione, questa funzione ne verrebbe alterata?
Mi viene difficile pensare il contrario.
Noi esercitiamo il libero arbitrio senza sapere cos'è, ma come facciamo ad applicarlo senza sapere cos'è? Una possibile risposta è che  che questa ignoranza sia ad esso funzionale?
Il mio sospetto è che dentro a un mondo che potrebbe essere davvero deterministico, e che noi trattiamo comunque convenientemente come tale, è pur possibile simulare il caso e che questa simulazione in certi può essere vitale, come nel caso della teoria dell'evoluzione.
Perchè questa teoria funzioni infatti, secondo me, non occorre strettamente che intervenga il caso, in quanto è sufficiente una sua simulazione , e il libero arbitrio potrebbe essere questa simulazione che interviene al livello culturale della nostra evoluzione.
In altri termini, il libero arbitrio , se non esistesse, bisognerebbe inventarlo, e forse è proprio quello che la natura ha fatto.
Il libero arbitrio sarebbe dunque un applicazione che la natura fà su di noi, e non il contrario, ma per funzionare è essenziale che noi questo contrario lo crediamo, ignorando di essere i soggetti passivi di questa applicazione, che funziona finché noi restiamo soggetti passivi.
E' proprio tutto il contrario di quel che crediamo.
Viviamo dentro ad una situazione deterministica dove l'apparente caso è una simulazione, e perciò ci sembra libero il nostro agire, e anzi tale deve sembrare per poter funzionare.
Ma che differenza fa fra essere liberi e sentirsi liberi. Che cosa cambia davvero?
Spero così di aver assolto a mia volta il compito, di aggiungere confusione alla confusione. :)
#2241
La verità come esperienza del reale diretta, o indiretta, attraverso la sua narrazione, che si fà emozione?
Ci può stare.
E tutto finisce qua?
No, c'è l'esigenza di condividere questa emozione non comunicabile, come dimostra questa discussione.
La verità non è tale perchè condivisa (intersoggettività) ma perchè assimila gli individui a un soggetto unico, la cosiddetta umanità, nel nostro caso.
La verità è un esperienza di condivisione?
Forse, ma in ogni caso non si dovrebbe lasciare fuori dal discorso sulla verità la condivisione,  momentaneamente estromessa  per una malintesa intersoggettività.
La verità non è umana, la verità genera umanità.
Negare la verità significa negare se stessi, ciò che siamo, la nostra unicità, ma rinunciare a negare se stessi significa  negare la nostra evoluzione, il nostro essere una sequenza di molteplicità.
L'umanità è ''soggettività disperse nello spazio'', l'individuo ''soggettività disperse nel tempo''.
#2242
Se la verità non è realtà, ma un istruzione non verbale per il suo uso, si capisce allora come nasce l'etica, cioè il ''cosa è bene fare o non fare'' come cosa non avulsa dalla fisica.
Se nella realtà unica tracciamo un confine allora così definiamo cosa è fisica e cosa è etica, che stanno da una parte e dall'altra del confine, però la realtà non perciò perde la sua unità.
Noi la semplifichiamo a nostro uso, ed è un fatto di economia, ma poi l'uso che ne facciamo, perdendo la coscienza della semplificazione, viene assimilato a ciò che usiamo, e la perdita di coscienza non è in se una dimenticanza, ma deriva dalla necessità che il nostro fare deve essere sostenibile, cosa di cui stiamo riacquistando tragicamente coscienza,
perchè la coscienza non è un bene o un male in se, ma un opportunità, ed è oggi opportuno ri-prendere coscienza che la nostra interazione con la realtà ha un limite di sostenibilità.
#2243
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:08:33 AMPerchè controintuitivo? La scienza ipotizza verità apriori, ma che vengono però "risolte" solo a posteriori.
Dunque la verità è sempre a-posteriori.
Forse la verità è ciò di cui si prende coscienza interagendo con la realtà, e poi ci si dimentica, ma che non perciò smette di essere causa di nuova interazione, tanto da potersi scambiare con ciò su cui l'interazione si fonda, l' ''a-priori'', che però nasce dalla perdita di memoria dei suoi natali.
Quindi in effetti non credo che la verità ci dica qualcosa della realtà, ma sia una istruzione per l'uso della realtà.
Apparentemente quindi ti dice, attento davanti a te c'è un pezzo di realtà chiamato burrone, ma nel tempo che tu ti chiedi cosa sia davvero un burrone, ci sei già caduto dentro.
Si tratta allora forse di una istruzione non verbale, quando la realtà preme e non c'è tempo per le parole.
Più che qualcosa che non si può dire è qualcosa che non conviene dire.
Tradotta in parole la verità è un ''fallo e basta'' che ti può salvare.
Però se il burrone non è un pezzo di realtà, ma un istruzione per l'uso della realtà che nasce dall'interazione con la realtà, questa dinamica di interazione fa si che le istruzioni possano mutare.
Così si inizia a negare la ''verità'' del burrone, con inevitabili allarmi di fine del mondo, essendosi assimilata l'apparenza al mondo.
E' la storia di quel filosofo che, filosofando, finisce in un fosso, ma se la filosofia fa parte dell'interazione con la realtà, ciò dimostra solo che questa interazione non è mai priva di rischi.
In effetti il miglior modo di finire nei fossi è smettere di filosofare, cioè di far tesoro dell'esperienza.
In questo modo se finisci nei fossi non è perchè non li vedi, ma perchè non ne hai proprio idea , e perciò non li vedi.
In questa interazione con la realtà non ci sono a-priori ed a-posteriori, se non in apparenza, perchè si tratta di un ciclo che non appare nella sua interezza perchè non c'è mai il tempo di raccontarlo tutto per intero.
Il problema non è l'apparenza, perchè l'apparenza è tutto ciò che possiamo ricavare dalla realtà, ma una incompleta apparenza che spezza la vista della sua ciclicità, e ci sono buoni motivi per farlo, perchè il pensiero si sviluppa nel tempo, e il tempo dell'interazione vitale è limitato.
#2244
Varie / Re: Rastilslav e l'enigma dei dadi
02 Marzo 2024, 01:09:51 AM
E ci volevano proprio undici ore. :D
#2245
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2024, 21:17:21 PMQuando apri gli occhi, non affermi e non neghi, quindi non ci sono né falsità né verità, ma solo percezione. La percezione comporta un'evidenza in-negabile? Prima e dopo gli scettici, prima e dopo Hume, la filosofia è ricca di analisi e critiche sul concetto di «evidenza», che si dimostra per nulla pacifico e apodittico. L'e-videnza (ciò che si dà alla vista) è anzitutto non linguistica, ma sensoriale (quindi se la verità è questione linguistica...) e sappiamo già che l'evidenza inganna, ingannando talvolta anche metodi di verifica empirica.
Costruisco la mia meridiana basandomi sul moto del Sole e non sento ragioni quando mi si dice che il Sole non si muove; la mia meridiana non mente e funziona, il Sole si muove e potete verificarlo tutti. Mi si dice che in realtà l'ho costruita basandomi inconsapevolmente sul moto della Terra? Ma volete che non sappia in base a cosa ho costruito la mia meridiana? Parimenti sembrerebbe innegabile che la Terra non sia proprio piatta, eppure c'è chi lo afferma anche se non è pagato per farlo. Il discorso sul Sole e quello sulla sfericità della Terra sono appunto discorsi, e solo loro possono essere veri o falsi, verificati o falsificati (a differenza dell'ombra o dei pianeti, che esistono, a prescindere dall'esattezza dei discorsi sul loro conto), ma sempre a seconda dei tempi e delle tecnologie epistemiche disponibili.
Chiaramente, il fatto che ogni verità possa essere potenzialmente negata, essendo essenzialmente discorsiva (e mai abbastanza "ontica" come chi la proferisce vorrebbe, proprio perché "il discorso non è la cosa"), non significa affatto né che non si possano redigere enunciati veri (altrimenti non avrebbe nemmeno senso parlare di negazione della verità), né tantomeno pensare che non vi sia alcuna connessione fra linguaggio e mondo non-linguistico (come dimostra l'esempio della tazza che si muove "a comando", fatto alcuni post addietro). Capire che la verità non è uno "stato di cose" (dov'è che l'ho già sentita questa?), ma una proprietà del discorso sugli stati di cose, secondo me è un buon inizio per fare chiarezza nell'analisi, tanto del linguaggio quanto, nei limiti del possibile, della realtà (e, allora, questo mio discorso è vero? E i discorsi degli altri in questo topic? Più si parla di verità, con o senza maiuscola, e più emerge che è questione di discorsi e... meta-discorsi).
Non voglio pensare che sia solo una questione di capacità riuscire ad usare la tua chiarezza.
E' come se si rifugisse dalla chiarezza per lasciarsi una scappatoia.
#2246
E questa perdita è ad uso di sostenibilità?
Lo stato delle cose si costruisce, ma siccome vivere dentro quello stato equivale al nostro modo di interagire con la realtà, non aiuta la nostra necessaria e vitale reattività tenere memoria della ''finzione''.
Si fa prima a far diventare la finzione realtà.
La verità è una questione di sopravvivenza?
Credo di si, ma è solo un modo di rimandare il problema, e il problema nasce quando l'uomo cambia e deve ridefinire la sua interazione con la realtà.
Occorre allora una abiura, una negazione della verità, che per sua definizione sembra cosa impossibile farsi.E' assurdo negarla. Sarebbe come ripudiarsi.
E' la cosiddetta fase nichilistica, quando un mondo finisce senza che si riesca a intravedere il nuovo, quando avere una natura ottimistica o pessimistica è ciò che fa la differenza.
Il pessimista dirà che è la fine della realtà, l'ottimista dirà che morto un mondo se ne fa un altro.
Abbiamo sempre a che fare con un bicchiere riempito a metà, o con una mezza verità.
#2247
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 22:11:05 PMVedo serpeggiare costantemente la confusione tra "verità" e "opinione". Forse esiste un confine tra le due. E ambiti in cui ha senso l'una o l'altra, ma distintamente. Anche gli antichi distinguevano aletheia e doxa. I moderni la fanno più complicata, ma non sono riusciti ad abolire la distinzione, malgrado la provocazione di Nietzsche.
E' il confine fra due placche oceaniche,delle quali una va in subduzione sotto l'altra, ed è in questo modo che l'opinione diviene verità fondante dello stato delle cose, cui accenna Phil..
La convergenza di opinione non è verità, ma solo finché resta in vita la discussione che l'ha prodotta, che però, stante la convergenza, non ha più motivo di essere.
Nell'ambito scientifico quello che non si fà, o non si può fare, è archiviare questa  subduzione  come evidenza, ma la si rinnova, ripetendola in continuazione, o serbandone comunque memoria, di modo che si saprà sempre dove andarla a ripescare all'occorrenza, operazione quasi banale rispetto che andare a ripescare un opinione divenuta verità essendosi andata a nascondersi non si sa dove.
La verità è perdita dell'indirizzo di memoria?
#2248

Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
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preciso,  fondano il discorso come evidenze, ma agendo in modo implicito, è perciò innegabili.
Il risultato è che quando apri gli occhi non puoi negare ciò che vedi, ed è su ciò che vedi che si fonda il discorso sulla realtà.
Il discorso scientifico , fornisce una sua versione di mondo, diversa,  ancora non gratuita, ma priva di evidenze, o meglio ciò che è da considerare l'equivalente dell'evidenza si stabilisce attraverso un metodo condiviso.
In tutte queste diverse descrizioni più o meno esplicite cè comunque una irrinunciabile  condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
#2249
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2024, 15:13:56 PMHai ragione e mi scuso degli off-topic filosofici; a mia difesa posso solo ricordare il post n.84 della discussione in cui avevo detto, fra l'altro, che secondo me: «In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del discorso sulla realtà, non una categoria della realtà».
E' vero, tu una risposta l'hai data, e mi pare equivalga a dire che la verità può essere negata, se si può negare qualunque discorso sulla realtà.
La mia impressione è che chiunque dia una sua definizione di verità, da essa discenderà che può essere negata.
Di fatto quindi astenersi dal darne una definizione,  equivale a una verità che non può essere negata, a meno che questa non sia la definizione, l'unica definizione di verità che, facendo eccezione la rende innegabile.

Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
perchè non esplicite, finché non riesce ad esplicitarle e quindi a negarle, e sono quelle verità che ci danno l'illusione, vitale, che sia reale ciò che ci appare.
Noi possiamo anche sgamare l'illusione, ma finché la verità che la produce rimane innegabile, l'illusione rimane.
E rimane per nostra fortuna aggiungo, svolgendo una funzione vitale.
E' infatti questa illusione di realtà, non univoca, ma neanche gratuita, che non ci fà cadere nei burroni, come paventava il buon vecchio Viator. :)
#2250
La verità non si può negare.
Questa è una definizione di verità o è una sua proprietà? Oltre ad essere il tema disatteso di questa discussione.
Se è una definizione , già in quanto tale non si può negare, ma accettare oppure no.
Non mi è chiaro quanti di voi l'accettino, e quanti la rigettino, perchè sento fare molte dotte disquisizioni filosofiche che però non valgono un si oppure un no.
Rimane inoltre aperto il mio quesito se , ancora per definizione, o di fatto, cioè nella prassi, usiate il suo contrario come valido, e cioè che ciò che non si può negare è vero.
Questa seconda definizione renderebbe conto del perchè di verità si parli, perchè parliamo di ciò che ci unisce, mentre la prima definizione rende conto del perchè non se ne dovrebbe parlare, ammettendosi una ricerca solitaria, quanto incomunicabile.
Andando a fare una statistica sul forum, riguardo ancora a una definizione di verità, si scopre che la verità è amore, che la verità è nulla, e alfine sembra non ci sia cosa che non lo sia, ma sarebbe già tanto capire perchè ne parliamo, ed è quello che ho provato a fare.

Infine, la verità non si può negare, ma se questa non la sua definizione, e in sua eventuale mancanza, non si sà allora cos'è che non si può negare.
Se una definizione si può accettare o rifiutare, una sua mancanza è proprio ciò che non si può negare.
Se la verità non è questa mancata definizione, allora c'è qualcosa d'altro che ne condivide quella che, al minimo, è una sua proprietà, e che giustifica perchè di verità si parli.