bobmax:
@Giopap
Dove tu sei, lì è il centro dell'universo.
Questo dice la teoria del Big bang.
L'universo si sta ampliando, ma non in un vuoto preesistente.
Di modo che l'universo è finito ma illimitato. Perché non c'è niente che lo limiti.
Non esiste un "fuori".
giopap:
Nel tuo precedente intervento sei tu che hai definito "infinito" e non "illimitato" l' universo, credo rifrendoti all' ipotesi che la sua curvatura sia "zero", ovvero che sia piatto, ipotesi piuttosto "forte" fra i cultori della materia.
Un simile universo, se in esso ogni e qualsiasi punto ne é il centro, come da te affermato, allora proprio come quello di Giordano Bruno (al di là di differenze ovvie a quattro secolo di distanza) non solo é illimitato ma anche infinitamente esteso nello spazio.
bobmax:
Non essendoci altro, l'universo non può neppure essere considerato un qualcosa.
Perché il qualcosa è tale solo perché vi è altro.
Perciò il Tutto non è un qualcosa!
Può sembrare assurdo, ma il Tutto è solo un'idea aperta.
Un'idea che si concretizza nel mondo fisico con l'universo.
giopap:
Il tutto per definizione é la realtà (ciò che é reale) considerata complessivamente, senza distinguerne parti ed evitando di considerare solo parti di essa.
Dunque non é "qualcosa" solo se per "qualcosa" si intende "una parte del tutto". Non si può dire che il tutto sia qualcosa per definizione, per le regole o convenzioni semiotiche secondo le quali si parla; ma é ben reale; anzi é più "quantitativamente" reale di qualsiasi altra cosa che si potrebbe considerare, di cui si potrebbe parlare.
Il concetto di "tutto" ha una connotazione o intensione cogitativa, ma con ogni evidenza, indubbiamente ha anche una denotazione o estensione reale.
Mentre, dal momento che esiste "qualcosa di reale" (anche complessivamente considerabile "in toto", come "il tutto che é reale", il concetto di "nulla (senza ulteriori precisazioni o determinazioni) " ha solo una connotazione o intensione cogitativa ma nessuna denotazione o estensione reale.
Le connotazioni o intensioni cogitative dei due concetti sono definite (come lo sono tutte le connotazioni o intensioni di qualsiasi concetto) relativamente a quelle di altri concetti (per questo tutto ciò che può essere pensato, conosciuto, di cui si può parlare necessariamente é relativo; se anche fosse reale qualcosa di assoluto non se ne potrebbe pensare, non se ne potrebbe dire alcunché, non lo potremmo sapere).
Questo ci consente di parlare sensatissimamente, oltre che di ciò che é reale (tutto o sue parti), che é reale oltre che pensato, anche del nulla, pur essendo questo solo pensato e non reale (esattamente come si può parlare sensatissimamente di realissimi uomini e cavalli, ma anche di irrealissimi centauri).
Quindi (si può pensare che) l' universo é un "qualcosa" perché si può pensare anche ad altro (il nulla) malgrado il fatto che questo altro ("il nulla") non sia reale.
bobmax:
L'infinito non c'è.
Attualizzarlo, renderlo presente, reale, è uno dei più gravi fraintendimenti della nostra epoca.
Dove si crede di poter usare l'infinito trattandolo come cosa tra le cose!
Mentre l'infinito non è affatto qualcosa. E ciò che non è qualcosa, non c'è.
Ed è in questo senso che secondo me va inteso Giordano Bruno.
L'infinito è un'idea di apertura, non un qualcosa.
giopap:
Quello di "infinito" é un concetto astratto avente una precisa connotazione o intensione cogitativa (la definizione nei vocabolari); la sua eventuale estensione o denotazione reale (come caratteristica astratta; del "tutto", l' universo in toto o di sue parti) é inverificabile di fatto da noi umani, ma pensabile.
E con Giordano Bruno e con altre cosmologie, comprese alcune versioni del Big bang come mi sembra evidente vadano intese quelle implicanti un preesistente "pienissimo", realissimo, assolutamente diverso dal nulla vuoto quantistico (non con alcuna cosmogonia, comprese altre varianti del Big bang) ritengo presenti anche una (anzi più; anzi infinite, dal momento che é un concetto astratto) denotazione o estensione reale.
E le cosmologie mi sembrano ipotesi sensate, contrariamente alle cosmogonie che secondo me, implicando un "nulla" precedente un "qualcosa" e pure il "tutto" che comprende ogni qualcosa), sono autocontraddittorie: mere sequenze di insignificanti pretesi simboli verbali che tali in realtà non sono in quanto complessivamente privi di qualsiasi connotazione o intensione cogitativa.
bobmax:
Occorre tuttavia considerare che l'Essere non può esserci. Ossia non può apparire come qualcosa.
E ciò che non è qualcosa non esiste.
Di modo che l'Essere coincide con il Nulla.
Giustamente tu dici che nulla può venire dal nulla.
E infatti questa è l'essenza di ciò che c'è, di ogni possibile qualcosa: puro Nulla.
E questo è l'unico antidoto al nichilismo.
Perché il Nulla è la fonte di infinite possibilità.
giopap:
"Essere" é con "non essere" il concetto più generale in assoluto considerabile (pensabile), in quanto essi (la loro intensione o connotazione cogitativa) sono definiti mettendo in relazione il minimo "sindacale" possibile di altri concetti (ciascuno dei due l' altro dei due: come ben sapeva Spinoza, "omnis determinatio est negatio").
Come ogni concetto sensato possono essere pensati (in quanto tali), possono esserci in quanto connotazioni o intensioni cogitative di concetti.
Per le loro definizioni non possono essere reali entrambi contemporaneamente, non possono esserci le denotazioni o estensioni reali di entrambi contemporaneamente; ma deve necessariamente esserci alternativamente quella dell' uno oppure quella dell' altro.
E per definizione, se il reale diviene ordinatamente e non caoticamente (quindi se é scientificamente conoscibile; e se ha senso qualsiasi eventuale considerazione etica sull' operato di agenti intenzionali), allora per definizione il nulla (di reale) non può essere la fonte di alcunché (di reale).
Quindi men che meno potrebbe essere un antidoto al nichilismo, per lo meno se per "antidoto del nichilismo" si intende qualcosa di non meramente possibile, ma invece di sicuramente reale.
@Giopap
Dove tu sei, lì è il centro dell'universo.
Questo dice la teoria del Big bang.
L'universo si sta ampliando, ma non in un vuoto preesistente.
Di modo che l'universo è finito ma illimitato. Perché non c'è niente che lo limiti.
Non esiste un "fuori".
giopap:
Nel tuo precedente intervento sei tu che hai definito "infinito" e non "illimitato" l' universo, credo rifrendoti all' ipotesi che la sua curvatura sia "zero", ovvero che sia piatto, ipotesi piuttosto "forte" fra i cultori della materia.
Un simile universo, se in esso ogni e qualsiasi punto ne é il centro, come da te affermato, allora proprio come quello di Giordano Bruno (al di là di differenze ovvie a quattro secolo di distanza) non solo é illimitato ma anche infinitamente esteso nello spazio.
bobmax:
Non essendoci altro, l'universo non può neppure essere considerato un qualcosa.
Perché il qualcosa è tale solo perché vi è altro.
Perciò il Tutto non è un qualcosa!
Può sembrare assurdo, ma il Tutto è solo un'idea aperta.
Un'idea che si concretizza nel mondo fisico con l'universo.
giopap:
Il tutto per definizione é la realtà (ciò che é reale) considerata complessivamente, senza distinguerne parti ed evitando di considerare solo parti di essa.
Dunque non é "qualcosa" solo se per "qualcosa" si intende "una parte del tutto". Non si può dire che il tutto sia qualcosa per definizione, per le regole o convenzioni semiotiche secondo le quali si parla; ma é ben reale; anzi é più "quantitativamente" reale di qualsiasi altra cosa che si potrebbe considerare, di cui si potrebbe parlare.
Il concetto di "tutto" ha una connotazione o intensione cogitativa, ma con ogni evidenza, indubbiamente ha anche una denotazione o estensione reale.
Mentre, dal momento che esiste "qualcosa di reale" (anche complessivamente considerabile "in toto", come "il tutto che é reale", il concetto di "nulla (senza ulteriori precisazioni o determinazioni) " ha solo una connotazione o intensione cogitativa ma nessuna denotazione o estensione reale.
Le connotazioni o intensioni cogitative dei due concetti sono definite (come lo sono tutte le connotazioni o intensioni di qualsiasi concetto) relativamente a quelle di altri concetti (per questo tutto ciò che può essere pensato, conosciuto, di cui si può parlare necessariamente é relativo; se anche fosse reale qualcosa di assoluto non se ne potrebbe pensare, non se ne potrebbe dire alcunché, non lo potremmo sapere).
Questo ci consente di parlare sensatissimamente, oltre che di ciò che é reale (tutto o sue parti), che é reale oltre che pensato, anche del nulla, pur essendo questo solo pensato e non reale (esattamente come si può parlare sensatissimamente di realissimi uomini e cavalli, ma anche di irrealissimi centauri).
Quindi (si può pensare che) l' universo é un "qualcosa" perché si può pensare anche ad altro (il nulla) malgrado il fatto che questo altro ("il nulla") non sia reale.
bobmax:
L'infinito non c'è.
Attualizzarlo, renderlo presente, reale, è uno dei più gravi fraintendimenti della nostra epoca.
Dove si crede di poter usare l'infinito trattandolo come cosa tra le cose!
Mentre l'infinito non è affatto qualcosa. E ciò che non è qualcosa, non c'è.
Ed è in questo senso che secondo me va inteso Giordano Bruno.
L'infinito è un'idea di apertura, non un qualcosa.
giopap:
Quello di "infinito" é un concetto astratto avente una precisa connotazione o intensione cogitativa (la definizione nei vocabolari); la sua eventuale estensione o denotazione reale (come caratteristica astratta; del "tutto", l' universo in toto o di sue parti) é inverificabile di fatto da noi umani, ma pensabile.
E con Giordano Bruno e con altre cosmologie, comprese alcune versioni del Big bang come mi sembra evidente vadano intese quelle implicanti un preesistente "pienissimo", realissimo, assolutamente diverso dal nulla vuoto quantistico (non con alcuna cosmogonia, comprese altre varianti del Big bang) ritengo presenti anche una (anzi più; anzi infinite, dal momento che é un concetto astratto) denotazione o estensione reale.
E le cosmologie mi sembrano ipotesi sensate, contrariamente alle cosmogonie che secondo me, implicando un "nulla" precedente un "qualcosa" e pure il "tutto" che comprende ogni qualcosa), sono autocontraddittorie: mere sequenze di insignificanti pretesi simboli verbali che tali in realtà non sono in quanto complessivamente privi di qualsiasi connotazione o intensione cogitativa.
bobmax:
Occorre tuttavia considerare che l'Essere non può esserci. Ossia non può apparire come qualcosa.
E ciò che non è qualcosa non esiste.
Di modo che l'Essere coincide con il Nulla.
Giustamente tu dici che nulla può venire dal nulla.
E infatti questa è l'essenza di ciò che c'è, di ogni possibile qualcosa: puro Nulla.
E questo è l'unico antidoto al nichilismo.
Perché il Nulla è la fonte di infinite possibilità.
giopap:
"Essere" é con "non essere" il concetto più generale in assoluto considerabile (pensabile), in quanto essi (la loro intensione o connotazione cogitativa) sono definiti mettendo in relazione il minimo "sindacale" possibile di altri concetti (ciascuno dei due l' altro dei due: come ben sapeva Spinoza, "omnis determinatio est negatio").
Come ogni concetto sensato possono essere pensati (in quanto tali), possono esserci in quanto connotazioni o intensioni cogitative di concetti.
Per le loro definizioni non possono essere reali entrambi contemporaneamente, non possono esserci le denotazioni o estensioni reali di entrambi contemporaneamente; ma deve necessariamente esserci alternativamente quella dell' uno oppure quella dell' altro.
E per definizione, se il reale diviene ordinatamente e non caoticamente (quindi se é scientificamente conoscibile; e se ha senso qualsiasi eventuale considerazione etica sull' operato di agenti intenzionali), allora per definizione il nulla (di reale) non può essere la fonte di alcunché (di reale).
Quindi men che meno potrebbe essere un antidoto al nichilismo, per lo meno se per "antidoto del nichilismo" si intende qualcosa di non meramente possibile, ma invece di sicuramente reale.
