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Messaggi - doxa

#226
"Me so' magnato er fegato": 

fegato in senso metaforico, non "frattaglia" ma il suo fegato per la delusione ricevuta dalla partner 

Gigi Proietti

cliccare sul link

https://www.youtube.com/watch?v=8nTq-EHqtDU
#227
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
01 Marzo 2024, 19:00:17 PM
Gentile Ipazia, brava!

Mi piace la tua iniziativa nel collocare un'immagine nel testo
 

 
La povertà è causata non solo da mancanza o insufficienza di reddito ma anche da numerose privazioni come: salute, istruzione, inadeguato standard di vita, marginalizzazione sociale, lavoro non qualificato, esposizione alla violenza, mancanza di competenze utili per inserirsi nel mercato del lavoro.

Dove c'è un elevato divario nelle possibilità di accesso all'istruzione e alfabetizzazione, la disparità tra le aree urbane e quelle rurali, le classi dirigenti hanno responsabilità, perché si tratta di ineguaglianze di opportunità che potrebbero essere corrette con politiche ed interventi mirati.

Ed ora ti offro come pasticcino serale quest'altro dipinto di marginalità sociale
 

Bartolomeo Passarotti, "L'Allegra compagnia",  1570 circa, olio su tela, collezione privata
 
Nel secondo Cinquecento non ci furono solo angeli con gli occhi al cielo e madonne pie. I quadri si riempirono anche di pollame, quarti di bue, contadini che infilzano galline e scene popolari intorno a banchi del pesce.

Il tema religioso conviveva con la tavola, come "l'Ultima cena" di Jacopo Bassano, del 1546: solo Gesù sembra mantenere una certa sobrietà, laddove gli apostoli si accasciano sazi sulla tavola.
 


#228
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:52:35 PM
Ancora dal quotidiano "Il Sole 24 Ore" (del 18 giugno 2021) un articolo di Andrea Gianotti: "Quanto sei lontano dalla soglia di povertà? Scoprilo con il calcolatore interattivo".

"Quasi un italiano su dieci è povero. Ma non di quella povertà che non ti permette di andare in vacanza ad agosto, quanto piuttosto di quelle che ti costringe a misurare ogni euro quando si va a fare la spesa.

Il report annuale Istat certifica una situazione sotto al limite per 2 milioni di famiglie, ossia il 9,4% della popolazione italiana, in forte crescita nel 2020 rispetto all'anno precedente quando era "solo" il 7,7%. Che tradotto in valori assoluti fanno 333mila famiglie in più.

Come possiamo quantificare la condizione "assoluta" come la definisce l'Istituto di statistica? Dipende da diversi fattori, tra i quali dove vive e la composizione del nucleo famigliare.

Facciamo degli esempi: una famiglia composta da due trentenni e da due figli alle scuole primarie è considerata povera se, vivendo in una grande città del nord, non riesce a guadagnare complessivamente almeno 1.680 euro al mese. Tenuto conto del costo degli affitti per l'abitazione o del mutuo e delle spese fisse generali, quel che rimane è davvero minimo. La stessa situazione ma al sud e in un piccolo comune di provincia scende a 1.230 €, considerando dunque il differente costo della vita. E ancora, un anziano solo di oltre 75 anni, non è povero se ha redditi mensili per almeno 700€ circa, ma solo se vive in un comune di almeno 50mila abitanti nell'Italia centrale e che non sia una città metropolitana. Ne servirebbero 65 in più se abitasse in una grande città del Nord ma 140 in meno se la stessa grande città fosse al Sud Italia.

L'incidenza tra le famiglie aumenta vertiginosamente al crescere del numero dei figli. Più di una su cinque tra quelle con tre minori si trova in questa condizione. I poveri, dunque, sono soprattutto giovani: il 13,5% dei minorenni lo è, e ben il 12% dei neonati è nato povero o lo è diventato povero nel corso del 2020. E se pensate che la povertà sia correlata esclusivamente ad una situazione di disoccupazione o marginalità sociale, un dato potrebbe stupirvi: il 13,2% delle famiglie che ha come persona di riferimento un operaio è considerato assolutamente povero".

#229
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:46:46 PM
Nella stessa pagina del quotidiano che ho citato nel precedente post c'è anche un articolo della professoressa Francesca Trivellato, studiosa di storia culturale, economica e sociale nel primo periodo moderno.

E' titolato "Alle origini di una atavica disparità economica".

La Trivellato dice che nel 2020 l'1% degli italiani deteneva il 22% della ricchezza nazionale privata, il 5% ne aveva il 40%. Nel XIV secolo le percentuali rilevabili in vari centri della penisola erano sostanzialmente analoghe.

La tendenza della disuguaglianza economica a crescere nel tempo non è recente e neppure inevitabile.

Prima del conflitto mondiale del 1914 – '18 solo la "peste nera" del 1348 (che falcidiò oltre un terzo della popolazione europea) ebbe l'effetto di appianarla. Se ne deduce che la disuguaglianza può aumentare anche in periodi di stagnazione economica.

A determinare la disuguaglianza economica non sono le calamità naturali ma le politiche fiscali e i regimi successori adottati dalle élite al potere.
Questi risultati impongono che all'analisi dei dati quantitativi si affianchi quella dei valori e dei presupposti ideologici che hanno indotto tali politiche.

Nel '400 fu la legittimazione culturale dei profitti tratti da operazioni finanziarie a consentire a famiglie prive di pedigree, come i Medici a Firenze, di scalare i vertici dello Stato. Ma proprio a Firenze e in altre città governate da oligarchie di nuova estrazione, il divario economico crebbe ancor più che nelle terre di antico dominio feudale.

Perché dopo 200 anni dalla Rivoluzione francese non a tutti è data la medesima opportunità di arricchirsi ? Perché le disponibilità economiche non azzerano i pregiudizi ?

segue
#230
Tematiche Culturali e Sociali / Aporofobia
29 Febbraio 2024, 15:34:46 PM
Aporofobia: parola composta di origine greca, formata da "àporos" (= povero) e dal suffisso "- fobos" (= paura): paura del povero o avversione verso il povero. Il neologismo è stato coniato dalla filosofa spagnola Adela Cortina Orts, che ha recentemente pubblicato il libro titolato: "Aporofobia. Il disprezzo dei poveri" (edit. Timeo), recensito lo scorso 25 febbraio sull'inserto "Domenica" del quotidiano "Il Sole 24 Ore" dal prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica all'Università di Cagliari. 

Pelligra nel suo articolo evidenzia che durante i primi mesi dell'invasione russa in Ucraina, l'esodo provocato dalla guerra ha generato anche in Italia un fenomeno paradossale: la tradizionale ostilità nei confronti degli immigrati da parte delle forze politiche di destra si è trasformata in disponibilità, solidarietà e accoglienza. Questo atteggiamento ha contribuito ad incrementare la "guerra fra poveri" con esponenti politici che distinguevano tra "profughi veri", quelli provenienti dall'Ucraina e "profughi finti", quelli provenienti dall'Africa, Medio Oriente o dall'Asia centrale.
Cosa c'è alla base di questo trattamento differenziato ?

La Orts, docente di etica e filosofia politica nell'Università di Valencia, nel suo libro dice che la chiave interpretativa corretta è quella economica: il pil pro-capite dell'Ucraina si avvicina ai cinquemila dollari, mentre quello del Sudan, per esempio, è inferiore ai 600 dollari.

Gli stranieri non ci piacciono, ma quelli poveri ci piacciono ancora meno. E' l'aporofobia, il rifiuto, l'avversione e il disprezzo per i poveri.

E' vero ? Per quanto mi riguarda non disprezzo i poveri ma i finti poveri, come quei "nomadi" che chiedono l'elemosina ed hanno il reddito d'inclusione perché nati in Italia ma nel contempo dalla Romania e da altri luoghi fanno venire in Italia persone menomate per impietosire i passanti. Molti di loro come "professione" si dedicano all'accattonaggio. Tale "mestiere" se lo stanno imparando anche gli africani. Chiedono l'elemosina davanti l'entrata dei supermercati, dei centri commerciali ma anche dei negozi di alimentari. Li vedo sia a Roma sia a Milano, dove vado spesso.

Torno all'articolo di Pelligra: "Come la xenofobia, anche l'aporofobia è una forma di odio sociale, indistinto. Non riguarda questa o quella persona conosciuta, ma questa o quella categoria di persone sconosciute: gli stranieri, quelli che hanno la pelle di colore diverso, o i poveri e i miserabili. Infatti quando i ricchi pensionati inglesi o italiani si trasferiscono in Spagna o Portogallo o gli infermieri spagnoli e le badanti bielorusse vanno a lavorare in Gran Bretagna o vengono qui da noi, nessuno ha da obiettare.

Il problema non è lo straniero ma il suo conto in banca. (Non sono d'accordo con Pelligra). Questo atteggiamento è in palese contrasto con l'etica scritta e pensata che ratifichiamo in pompa magna nelle dichiarazioni e nei trattati internazionali. Infatti la lotta alla xenofobia, al razzismo, all'omofobia".

La filosofa Orts: "nei nostri Paesi democratici che si dichiarano a favore dell'uguaglianza e della pari dignità di tutti gli esseri umani (...) è ormai un compito che spetta alla giurisprudenza e alle forze dell'ordine, ed è un compito arduo.
Il fatto che alla base anche della xenofobia ci sia il disprezzo per i poveri non può in nessun modo farci star meglio perché, come dice l'autrice, 'aporofobici lo siamo quasi tutti'. L'aporofobia, come la xenofobia, ha basi biologiche. Nasce dalla naturale diffidenza per il diverso".

Il prof. Pelligra rileva che durante la preistoria le piccole comunità di cacciatori-raccoglitori impararono che per sopravvivere era importante il reciproco altruismo, la cooperazione per avere le risorse necessarie alla vita e organizzare la difesa contro i nemici. La reciprocità, il dare e avere è il collante della cooperazione, della sopravvivenza e dello sviluppo.
E chi non può dare ? Chi è impossibilitato a contribuire ? Questi sono gli "esclusi", i poveri. L'aporofobo non ha nulla da dare e tutto da prendere, uno con cui non vogliamo avere nulla a che fare.

Se poi tale posizione viene rinforzata come capita spesso da discorsi d'odio, o dalla retorica meritocratica le conseguenze sono più gravi: il povero va allontanato e combattuto, perché la sua povertà è la sua colpa.
Lo straniero non va bene , neanche il povero. E il disabile ? Anche i disabili, soprattutto quelli gravi, hanno tutto da prendere e nulla da dare. Allora nel migliore dei casi il rapporto con gli esclusi non riguarda la giustizia ma la benevolenza.

Non è difficile rinvenire in questa impostazione la causa alla base della rottura dei patti intergenerazionali in fatto di pensioni, delle resistenze verso le società multietniche, la crisi delle politiche pubbliche negli ambiti dell'istruzione, della sanità e del welfare e più in generale di tutte le politiche di contrasto alla povertà e di promozione delle pari opportunità.
La cura ? Ci vuole l'altruismo, il desiderio di cura verso chi ha bisogno, promuovere la pari dignità delle persone, capaci di tirar fuori la parte migliore di ogni essere umano".

segue
#231
Il primo dei link elencati da Taurus contiene un articolo di Antonio Gentile, datato 7 aprile 2019.

Sono trascorsi cinque anni. Nessuna conferma che quelle milizie siano decedute nell'inseguire gli Ebrei in fuga.

Sono convinto che sia una fake new, organizzata da religiosi ebrei. Ne sono capaci.
#232
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
27 Febbraio 2024, 22:43:56 PM
Ciao Daniele,

A proposito di Trastevere..., in quel rione "i veri trasteverini de na vorta nun ce stanno più". Si è gentrificato.  ::)


Bartolomeo Pinelli, Rugantino: "svelto co' le parole e cor cortello", bullo de Trastevere ma nativo de Testaccio. Fanfarone e litigioso. Ne prende più di quante ne dia.

"Me n'ha date, ma je n'ho dette!":  è la celebre frase che  descrive la sua permalosità, "spaccone, ma buono.

Il rione Trastevere non è malfamato. Si vive come in altri rioni e  quartieri. Nelle sere dei fine settimana tra la chiesa di San Cosimato e la basilica Santa Maria in Trastevere c'è la cosiddetta "movida" e qualcuno esagera, ma di solito viene arrestato dalla polizia.

Il sabato o la domenica vado spesso nella zona, ma preferisco rimanere al di qua del Tevere, nelle vie dell'ex ghetto ebraico, fino a Campo de' fiori, poi devio verso piazza Navona, il Pantheon.

#233
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 17:25:53 PM
L'originaria basilica di San Pietro in Vincoli fu costruita nel  442 per volere di Licinia Eudoxia (augusta dell'Impero romano d'Occidente), figlia dell'imperatore  d'Oriente Teodosio II e moglie dell'imperatore d'Occidente Valentiniano III.

"Donna Licinia" fece edificare la chiesa per far custodire le (false reliquie) catene (in latino vincula, perciò il titolo San Pietro in Vincoli) che  secoli prima avevano imprigionato  l'apostolo Pietro a Roma nel carcere Mamertino,  insieme a quelle relative alla prigionia dello stesso discepolo  a Gerusalemme. Le due catene sono custodite in un'urna sotto l'altare maggiore. Viene esposta ai fedeli una volta l'anno: l'1 agosto.




Il reliquiario con le catene.

Fu la "turca"  Licinia (nata a Costantinopoli nel 422 e morta in quella città nel 493 circa) a chiamare a Roma il re dei Vandali Genserico, causando il saccheggio dell'Urbe nel 455.

La chiesa di San Pietro in Vincoli  fu ricostruita nell' VIII sec. ed ebbe ulteriori interventi edilizi  nei secoli successivi.

Nel braccio del transetto destro c'è il mausoleo che doveva essere la tomba di Papa Giulio II. Fu commissionato a Michelangelo nel 1505, ma l'opera  subì varie interruzioni. Fu completata nel 1545,  trentadue anni dopo la morte di Giulio II, che  invece è sepolto in Vaticano  nella basilica di San Pietro, insieme allo zio, il pontefice Sisto IV. 

Nel progetto originale il monumento funebre  era più grande. Previste più di 40 statue come ornamento della stanza funebre ed anche l'ampliamento della basilica.
La versione definitiva, dopo che il progetto ebbe la sesta modifica, fu di sette statue per ornare il monumento funebre, tra le quali il Mosè, realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1513 e il 1515. 


Michelangelo Buonarroti, monumento funebre per il  pontefice Giulio II, basilica di San Pietro in Vincoli.

Nel registro inferiore, alla destra del Mosè, la scultura che raffigura la biblica Rachele con le mani giunte (simbolo della vita contemplativa), invece sulla sinistra c'è Lia (vita attiva).



La statua del Mosè, alta m 2,35. E' seduto, guarda verso destra, ha il piede destro posato sulla base, la gamba sinistra sollevata e la  sola parte anteriore del piede poggiata sul basamento.

Mosé con la mano sinistra si tocca la barba, con il braccio destro regge le tavole della Legge.

Inizialmente era seduto in posizione frontale. Secondo un documento, 25 anni dopo aver concluso il marmoreo Mosè, Michelangelo ebbe l'incarico di modificarlo: nel 1542  fece ruotare la testa per distogliere lo sguardo del profeta dagli altari nell'abside e nel transetto dove c'erano custodite le cosiddette "catene" di San Pietro.

Per ottenere la torsione, abbassò la seduta di 7 cm, rimpiccolì il ginocchio sinistro per portare indietro la gamba e girò a destra la barba per mancanza di marmo a sinistra. II naso fu ricavato dalla gota sinistra.



Le corna sulla testa  forse le realizzò per un errore di traduzione del Libro dell'Esodo (34, 29) dove si narra  che Mosè mentre scendeva dal Monte Sinai aveva  due raggi sulla fronte.  La parola ebraica  "karan"  (= raggi)  fu confusa con "keren"  (= corna), generando la presenza dell'originale dettaglio nella statua.


Nel registro superiore:  al centro, c'è il gruppo scultoreo della  Madonna col Bambino (vedi seconda foto in alto); davanti, la marmorea urna sepolcrale che avrebbe  dovuto contenere il corpo di Giulio II, raffigurato sdraiato su un fianco e adagiato sul coperchio del feretro; sulla destra  di questo, la statua che simboleggia la Sibilla,  sulla sinistra è rappresentato un profeta assiso.



The end
#234
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:53:57 PM
Nel precedente post ho citato la basilica di San Pietro in Vincoli, che è a Roma. 

L'ho frequentata soprattutto da adolescente. La domenica pomeriggio con una mia "amica" andavamo prima a Villa Celimontana, poi dalla collina del Celio andavamo nel Colle Oppio e poi verso il Colle Esquilino.  Concludevamo la passeggiata scendendo la "Scalinata  dei Borgia" per andare alla stazione della linea B in via Cavour.

Scalinata dei Borgia vista da via Cavour.

E' detta "Scalinata dei Borgia" perché in quell'area c'erano alcune  loro proprietà.


Il portico che si vede in cima alla salita è sovrastato dal palazzo di epoca rinascimentale. Vi abitava  Vannozza Cattanei, amante del papa Alessandro VI Borgia, dal quale ebbe quattro figli: Giovanni, Cesare (il famigerato duca Valentino),  Goffredo e, la famosa, Lucrezia Borgia.

Il nome "Vannozza" deriva da Giovanna (es. Giovannozza)

Scalinata dei Borgia vista dalla piazza San Pietro in Vincoli verso la sottostante via Cavour


Attraversato il porti
si giunge su piazza San Pietro in Vincoli


Veduta parziale della piazza di San Pietro in Vincoli;  il portico antistante la facciata della basilica di San Pietro in Vincoli e l'adiacente ex convento oggi è  parte della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell'Università di Roma "La Sapienza".

 

chiesa di San Pietro in Vincoli, portico della facciata con cinque arcate sorrette da pilastri ottagonali. Nei capitelli  c'è lo stemma del pontefice Giulio II.

 
 

Chiostro della basilica, progettato dal noto architetto Giuliano da Sangallo.



Interno, navata centrale. L'interno della chiesa è diviso in tre navate, separate da 20 marmoree colonne doriche di epoca romana. Si presume sottratte dal Portico di Livia. Furono  riutilizzate per la costruzione della  prima basilica.

segue
#235
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:43:21 PM
Nikolaus Krebs von Kues, in Italia lo conosciamo col nome di Niccolò Cusano o Nicola di  Cusa,  nacque nel 1401 a Kues, nella Renania-Palatinato, in Germania. La piccola città è oggi denominata Bernkastel-Kues, nata dall'unione delle due vicine località, situate circa 50 km a valle di Treviri.
 
 Frequentò la facoltà di lettere dell' Università di Heidelberg, ma completò gli studi a Padova, dove si laureò in diritto canonico nel 1423. La laurea magistralis la conseguì in Germania, a Colonia, e divenne doctor in filosofia e teologia.
 
 Dalla relazione con Henriette Marie Hüßœr ebbe due figli, ma la donna morì dopo aver partorito il secondo figlio. Perciò nel 1436 ebbe la possibilità di essere nominato presbitero.
 
 Non basta. Era un uomo sapiente e carismatico al servizio del papato.
 
 Nel 1448 fu "elevato alla porpora cardinalizia"; nel 1450 ebbe anche la nomina di vescovo-principe di Bressanone.
 
 Scrisse vari libri, fra i quali nel 1440 il noto "De docta ignorantia" (la dotta ignoranza) in cui fonda la possibilità umana della conoscenza sulla proporzione fra noto e ignoto; nel 1449 elaborò l' "Apologia De docta ignorantia". Per questo testo afferma di essersi basato su un passo della Lettera a Proba, scritta da Agostino d'Ippona.
 
 La dotta ignoranza, secondo Nicola Cusano, è un concetto filosofico che riflette l'atteggiamento del pensatore consapevole della limitatezza della conoscenza umana rispetto all'immensità dell'ignoto. Comunque può costruire un'interpretazione del mondo.
 
 Il cardinal Cusano affermava che tutte le religioni sono delle varianti culturali del culto dell'unica vera divinità. Di fatto, egli sembra voler conferire a tutte eguali diritti nei confronti della ricerca della verità.
 
 Descrive nei suoi testi un'ideale assemblea tra i rappresentanti di ogni popolo che deve dare a tutti la possibilità di esprimere le proprie posizioni. Questo concilium universalis sarebbe il corrispettivo terreno dell'assemblea divina.
 
 Benché l'espressione "De docta ignorantia" sia associata a Cusano essa compare già in filosofi precedenti. A questo cardinale deriva dal pensiero di Agostino.
 
 Cusano approfondisce il concetto di dotta ignoranza riproponendo le riflessioni a lui precedenti e ampliandole.
 
 Per lui la dotta ignoranza è una formula gnoseologica, importante per riflettere su Dio, ed è alla base di qualsiasi conoscenza.
 
 Il limite della conoscenza umana non riguarda solo l'infinito, che sfugge ad ogni proporzione e ci è ignoto.
 
 Diventare coscienti del proprio limite è la più alta conoscenza raggiungibile. Per questo possiamo definire tale ignoranza "dotta".
 
 Come cardinale Niccolò Cusano ebbe a Roma il titolo della basilica di San Pietro in Vincoli, che conservò fino al 1464, anno della sua morte. E' sepolto in questa chiesa, in una tomba marmorea realizzata dal noto scultore Andrea Bregno. Il cuore di Cusano fu portato a Kues, per sua volontà testamentaria.

 
 
 
 

in primo piano il cardinale Niccolò Cusano
 
 
 
 

Tomba di Niccolò Cusano. La biografia dice che morì a Todi (prov. di Perugia) l'11 agosto 1464, nell'epigrafe c'è scritto 1465. Forse questa data vuol significare che fu deposto in questa tomba nel 1465.
#236
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:37:32 PM
Il concetto di ignoranza è abbastanza complesso perché si porta dietro quell'ironia socratica del non-sapere che è il necessario pungolo vitale per la nascita della conoscenza di ognuno di noi.
 
 Hai ben detto Carlino, i nostri tentativi quotidiani di porre rimedio all'ignoranza somiglia alla fatica di Sisifo, perché l'ignoranza, proprio come il famoso masso del mito, rotola sempre a valle.
 
 La necessità di conoscere, altrimenti le decisioni sbagliate possono indurre conseguenze persino fatali.
 
 Il sapiente Confucio disse: "Vuoi che ti dica che cos'è la conoscenza? È sapere sia quel che si sa sia quel che non si sa".
 
 Invece messer Alighiero degli Alighieri (Dante) nella Commedia fa dire ad Ulisse: "Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e canoscenza".
 
 Conoscenza e ignoranza sono come la luce e l'ombra.



#237
Tematiche Culturali e Sociali / Ignoranza
26 Febbraio 2024, 16:24:33 PM
Ci sono diverse modalità d'ignoranza.

La parola "ignorante" è stata ampliata di significato e di solito la usiamo per definire una persona ineducata, raramente l'attribuiamo a chi non sa.

Il dizionario informa che il sostantivo "ignoranza" deriva dal latino "ignorantia", formato dal privativo in e dalla radice del verbo (g)noscere (conoscere) quindi letteralmente "mancanza di conoscenza") è la condizione che qualifica l'ignorante, colui che ha trascurato la conoscenza di determinate cose che si potrebbero o dovrebbero sapere.
 
L'ignoranza è un difetto, soprattutto quando induce a diventare arroganti e presuntuosi pur di non ammettere di non sapere;


l'ignoranza può anche essere l'inizio del ravvedimento quando con umiltà si ammette di non conoscere un determinato argomento e si ha la motivazione per avere informazioni.
 
 Non basta. L'ignoranza può essere assoluta, relativa o dotta.
 
L'ignoranza assolutaè stimolo e presupposto per la conoscenza;

l'ignoranza relativa è assenza di ciò che si sa. "E credere di sapere quello che non si sa non è veramente la più vergognosa forma di ignoranza?", disse Socrate;

la dotta ignoranza, invece, è il perno della dottrina della conoscenza. Essa pone al proprio centro la finitudine della conoscenza umana, quindi la sua inadeguatezza per formulare un concetto adeguato sia dell'infinità del divino sia della verità delle cose finite.
 
La dotta ignoranza invita a cercare la verità oltre i confini del noto.


segue
#238
Buongiorno Eutidemo,

cia sapevi questa ?

clicca sul link e senti che dice

https://www.instagram.com/anima_di_roma/reel/C3DeilUtFza/

Eutidemo risponde: cio so, cio so !  ??? :))


ascolta pure quest'altra:

https://www.instagram.com/anima_di_roma/reel/C20JlUhNCzl/
#239
Riflessioni sull'Arte / Re: Le trecce di Faustina
22 Febbraio 2024, 17:04:25 PM
La seconda sala ripercorre in sintesi la storia del ritratto femminile nell'arte greca e romana, mostrando la grande varietà delle acconciature scelte dalle donne antiche. E' un excursus tra la ritrattistica di età classica e quella di età imperiale, consente di seguire la metamorfosi della capigliatura nell'antichità sino alle acconciature ai limiti dell'eccentricità delle imperatrici della dinastia Flavia che alle trecce preferirono un diadema di boccoli "a cavatappi", come appare nella "Testa Fonseca" custodita a Roma nei Musei Capitolini.

La terza sala mostra la liberazione dei capelli delle donne, raggiunta nel XV secolo anche grazie al prestigio dei modelli classici. C'è il revival delle pettinature antiche nelle sculture del XV secolo: alternanza tra capelli raccolti e ciocche liberate sull'esempio della Venere di Botticelli.

La quarta sala propone un doveroso e inevitabile confronto con le acconciature maschili, che non meno di quelle femminili, furono nel Rinascimento il prodotto del recupero di modelli classici combinati con sensibilità più moderne.
Il dittico attribuito agli scultori rinascimentali Vincenzo e Gian Girolamo Grandi, affianca al profilo maschile con ricci, abbinato alla barba ispirato ai ritratti degli imperatori romani Adriano e Antonino Pio. Lunghi e indomabili invece sono portati con fiera spavalderia i capelli celebrati dal modello nel Ritratto di musico di Tiziano.

La quinta sala ripercorre l'interesse di Michelangelo Buonarroti per la raffigurazione dei capelli femminili, in particolare i disegni con le cosiddette "teste divine" e la ripresa dall'antico con i suoi studi sul mito di Leda, il virtuosismo con le trecce, come nel doppio ritratto di Cleopatra.

Anche Leonardo da Vinci ha ideato capigliature molto elaborate, in particolare nella raffigurazione di Leda.


La sesta sala: l'attenzione si sposta su alcune protagoniste della moda rinascimentale: Lucrezia Borgia, evocata dal ricciolo biondo da lei donato a Pietro Bembo, racchiuso come in un reliquiario in una teca della Biblioteca Ambrosiana, a Milano; la poetessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo, famosa per i suoi capelli sciolti; la marchesa di Mantova, Isabella d'Este; la duchessa di Firenze, Eleonora di Toledo, con i capelli trattenuti in voluminose acconciature.

L'espressività delle acconciature nella ritrattistica ufficiale, evidenzia come le stesse donne le abbiano utilizzate per proporre valori culturali e modelli di comportamento.

I sorprendenti ruoli delle acconciature nel Rinascimento. Lontane dall'essere solo preoccupazioni cosmetiche femminili o semplici curiosità da artista, le acconciature devono essere considerate i legami di una cultura, quella rinascimentale, dove le credenze morali, sociali, religiose e fisiologiche si intrecciarono, rafforzandosi a vicenda.

Dopo un salto di due secoli, che corrispondono all'epoca barocca e rococò, contraddistinta dalle parrucche, il ritorno alla naturalezza degli antichi.

La settima sala, dedicata all'attenzione mostrata dal cinema per le acconciature femminili, antiche e moderne.

L'ottava sala documenta come l'acconciatura di Faustina – filo rosso della mostra – abbia continuato a esercitare grande fascino anche nell'età neoclassica e, in particolare, nella ritrattistica di Antonio Canova. Nelle straordinarie acconciature, il famoso scultore, come documentano i suoi disegni di studio dall'antico, riannoda, con una nuova sensibilità moderna le trecce di Faustina.

In mostra ci sono due teste in gesso di Antonio Canova. Lo scultore aveva ideato una personale rielaborazione dell'acconciatura di Faustina, con trecce composte che lasciavano liberi alcuni riccioli sulla sommità del capo, in nome di una seduzione accennata.

C'è da dire, infine, che la mostra invita a un'interessante lettura sociologica diacronica sul ruolo dei capelli, come emblema della bellezza, virtù e potere.
#240
Riflessioni sull'Arte / Re: Le trecce di Faustina
22 Febbraio 2024, 16:50:12 PM
A Vicenza l'esposizione nel Palazzo Leoni Montanari attraversa otto sale.

Nella prima sala ci sono i  due busti in marmo di Faustina Maggiore e di Faustina Minore.


A sinistra il retro del busto di Faustina Maggiore, notare la sua capigliatura; a destra l'acconciatura di Faustina Minore: il suo chignon raccoglie a ciocche morbide e ondulate tutta la capigliatura.

Ma fu l'acconciatura di Faustina Maggiore a diventare un modello di riferimento per le matrone romane. Il suo busto marmoreo divenne un celebrato modello artistico e numerose copie e rielaborazioni diedero grande visibilità all'eccentrica capigliatura che finì per essere adottata da molte donne. La sua acconciatura è formata da lunghe trecce annodate e raccolte sulla sommità del capo.

Era la moglie dell'imperatore romano Antonino Pio e zia dell'imperatore Marco Aurelio. Fu scelta come simbolo di concordia e amore coniugale. Morì prima del marito, che la aveva insignita del titolo di Augusta e che la fece divinizzare, perciò fu celebrata in tutto l'impero romano quando il suo culto venne associato a quello di Cerere, dea delle messi.

La particolare acconciatura dell'imperatrice Faustina Maggiore interessò vari artisti quattrocenteschi: Lorenzo Ghiberti, Filarete, Andrea Mantegna, Giovanni Bellini. Di quest'ultimo pittore è esposto il capolavoro la "Sacra conversazione".


La Madonna col Bambino tra le sante Caterina d'Alessandria (?) a sinistra, e Maria Maddalena, sulla destra. Il dipinto è titolato "Sacra conversazione Renier" (dal nome dell'ultimo proprietario privato, il conte Bernardino Renier), olio su tavola, 1490 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia.

La Sacra Conversazione tra la Vergine e il Bambino e le due sante si svolge in un ambiente indefinito, una stanza buia entro la quale la pelle diafana dei protagonisti sembra splendere di luce propria.

Nell'opera, destinata alla devozione privata, è possibile che Bellini raffigurasse due donne del patriziato veneziano, atteggiate e abbigliate come Santa Caterina d'Alessandria – dalla acconciatura regale a fili di perle ispirata ad un modello antico – e la Maddalena, giovane con i capelli ramati e sciolti sulle spalle.

In questo dipinto l'acconciatura di Santa Caterina d'Alessandria evoca quella di Faustina Maggiore, come appare nelle antiche medaglie e nei busti.


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