Garbino, sono in generale d'accordo con la tua risposta e in particolare sulla necessità di analizzare le fonti di ciò a cui ci si riferisce: per tentare di capire Nietzsche occorre aver letto e studiato Nietzsche, per tentare di capire la lettura di Heidegger su Nietzsche, occorre conoscere bene il lavoro di Heidegger e chi fosse Heidegger, quello che ha scritto lui, non c'è dubbio. E trovo che qui il paziente lavoro che tu fai su Nietzsche, guidato dalla tua passione per Nietzsche, sia ammirevole e profondo. Ma a mio avviso lo è soprattutto nei termini della relazione Garbino-Nietzsche, ove è comunque Garbino che ci parla di Nietzsche, con le sue passioni e quindi (e vale per chiunque) con i limiti prospettici che queste passioni vengono a stabilire e che non sono solo limiti, ma contorni che restituiscono a chi legge un significato di Nietzsche sul quale si potrà ancora argomentare, mettendo in gioco le proprie prospettive, quello che si sa e non si sa e quello che ci si immagina di sapere. In tal modo non sarà tanto la verità oggettiva su Nietzsche ad emergere, ma la nostra verità ai nostri stessi occhi e della cui emersione Nietzsche è il catalizzatore.
La figura di Socrate la sento per questo fondamentale, noi abbiamo solo il Socrate raccontato da Platone, non ce ne sono altri (anche se poi Foucault, la Harendt, lo stesso Nietzsche in alcuni aforismi ne hanno poi dato le loro profonde e appassionate versioni) e si dice pure che Socrate sia stato il vero iniziatore della filosofia, prima di lui c'erano solo sapienti (gente che sapeva di sapere, magari per rivelazione da una Dea sia pure da valutare attentamente, come per Parmenide), non filosofi. E in fondo Platone a sua volta interroga il suo maestro e continua nei suoi dialoghi a interrogare il suo maestro: "Chi è davvero Socrate?" è la domanda. Socrate dice che, poiché riteneva di non sapere, un bel giorno, si mise a chiedere a tutti i suoi concittadini cosa sapevano e notò che chi era ritenuto più sapiente sapeva meno delle persone del popolo e degli artigiani, che almeno quello che facevano lo sapevano fare (è Platone a raccontarcelo), e alla fine, con tutto questo suo chiedere agli altri cosa sai, e quindi chi sei, finì con il dare un grande fastidio a tutti e così fu messo a morte, cosa che lui accettò tranquillamente, senza chiedere a nessun Dio perché lo avesse abbandonato, ma solo chiedendo di sacrificare un gallo a Esculapio. Il personaggio platonico di Socrate ci svela un Platone diverso da quello che siamo abituati a considerare e a questo punto potremmo anche chiederci chi fosse davvero Platone, solo l'inventore di quel mondo ideale che ci ha tramandato la tradizione metafisica e poi il cristianesimo mistico? Sappiamo che la sua ambizione giovanile sarebbe stata quella di fare il commediografo e vincere il premio nelle feste ateniesi e i suoi dialoghi infatti restano costruiti come commedie, con un'ambientazione scenografica curata con un dettaglio che nessun altro filosofo dopo di lui ha mai più ripetuto, come se l'arte teatrale non avesse nulla che fare con la Filosofia con la F maiuscola. Sembrerà strano, eppure la filosofia in un certo modo, viene proprio dall'arte teatrale che mette pubblicamente in scena la vita e l'arte teatrale dai canti danzati e mimati delle feste dionisiache. Nasce da una domanda che incontra la vita, che è la stessa domanda di Socrate-Platone e a cui ogni filosofo tenta di rispondere a suo modo, senza che nessuna risposta definitiva giunga mai a darsi, ogni risposta seriamente ascoltata solo inaugura la sua catastrofe e questo irrita terribilmente, per questo è una tragedia, o cosa buona solo per chi ama sprecare il suo tempo, ma è anche una danza e quindi è una festa che ci ritorna sempre. E' la domanda che i grandi filosofi del passato ancora rimbalzano su di noi: cosa sappiamo? Chi siamo? Come già Socrate a Gorgia e mi si perdoni la divagazione.
La figura di Socrate la sento per questo fondamentale, noi abbiamo solo il Socrate raccontato da Platone, non ce ne sono altri (anche se poi Foucault, la Harendt, lo stesso Nietzsche in alcuni aforismi ne hanno poi dato le loro profonde e appassionate versioni) e si dice pure che Socrate sia stato il vero iniziatore della filosofia, prima di lui c'erano solo sapienti (gente che sapeva di sapere, magari per rivelazione da una Dea sia pure da valutare attentamente, come per Parmenide), non filosofi. E in fondo Platone a sua volta interroga il suo maestro e continua nei suoi dialoghi a interrogare il suo maestro: "Chi è davvero Socrate?" è la domanda. Socrate dice che, poiché riteneva di non sapere, un bel giorno, si mise a chiedere a tutti i suoi concittadini cosa sapevano e notò che chi era ritenuto più sapiente sapeva meno delle persone del popolo e degli artigiani, che almeno quello che facevano lo sapevano fare (è Platone a raccontarcelo), e alla fine, con tutto questo suo chiedere agli altri cosa sai, e quindi chi sei, finì con il dare un grande fastidio a tutti e così fu messo a morte, cosa che lui accettò tranquillamente, senza chiedere a nessun Dio perché lo avesse abbandonato, ma solo chiedendo di sacrificare un gallo a Esculapio. Il personaggio platonico di Socrate ci svela un Platone diverso da quello che siamo abituati a considerare e a questo punto potremmo anche chiederci chi fosse davvero Platone, solo l'inventore di quel mondo ideale che ci ha tramandato la tradizione metafisica e poi il cristianesimo mistico? Sappiamo che la sua ambizione giovanile sarebbe stata quella di fare il commediografo e vincere il premio nelle feste ateniesi e i suoi dialoghi infatti restano costruiti come commedie, con un'ambientazione scenografica curata con un dettaglio che nessun altro filosofo dopo di lui ha mai più ripetuto, come se l'arte teatrale non avesse nulla che fare con la Filosofia con la F maiuscola. Sembrerà strano, eppure la filosofia in un certo modo, viene proprio dall'arte teatrale che mette pubblicamente in scena la vita e l'arte teatrale dai canti danzati e mimati delle feste dionisiache. Nasce da una domanda che incontra la vita, che è la stessa domanda di Socrate-Platone e a cui ogni filosofo tenta di rispondere a suo modo, senza che nessuna risposta definitiva giunga mai a darsi, ogni risposta seriamente ascoltata solo inaugura la sua catastrofe e questo irrita terribilmente, per questo è una tragedia, o cosa buona solo per chi ama sprecare il suo tempo, ma è anche una danza e quindi è una festa che ci ritorna sempre. E' la domanda che i grandi filosofi del passato ancora rimbalzano su di noi: cosa sappiamo? Chi siamo? Come già Socrate a Gorgia e mi si perdoni la divagazione.