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Messaggi - niko

#2251
Citazione di: iano il 27 Dicembre 2022, 17:47:34 PMSe parliamo invece non del tempo misurato , ma percepito, l'arresto di ogni movimento esclude ogni percezione.





Be' io dicevo nell'esperienza comune, ad esempio di un uomo che si soffermasse a guardare per un certo lasso di tempo un'immagine fissa, come ad esempio un quadro appeso a una parete: laddove nulla, nella sua percezione cambia, cambia il tempo, o meglio il suo senso interiore del tempo, che "vale" anche quando non si guardano "immagini" in movimento.

#2252
Una durata e' composta di attimi differenti, e racchiusa da due attimi uguali che le fanno da inizio e da fine.

La vita e' durata perche' nel suo vissuto, che e' accumulazione di passato, non puo' contenere nemmeno due attimi uguali, come nell'intuizione di Bergson. Possiamo rammemorare il tempo solo come sequela di differenze, altra faccia del fatto che il tempo e' l'unica cosa che "cambia", e "si accumula" quando in un'immagine sensibile qualsiasi tutto il resto resta fermo ed uguale.

L'uomo, il singolo uomo, ha negli altri uomini dei simulacri, simulacri sociali dell'io intendo, che valgono anche come simulacri-di-attimo rispetto alle sue pretese di durata, e che ne negano la durata infinita, fungendo da inizio e da fine: si muore e si fanno figli nell'interesse della specie (insomma il destino di morte si configuara anche come istinto di morte, quantomeno perche' il morire non e' un male biologoco assoluto ma un servizio ad interessi biologici sovraindividuali), si subisce l'inautenticita' dell'esistenza per il conformismo sociale da cui dipendiamo per vivere fino a morirne, insomma morire e' un po' come confondersi nella folla, per non parlare della probabile struttura frattale e periodica della natura a grandi distanze e su tempi lunghi, che pone la realta' abissale dell'eterno ritorno.

L'uomo diventera' cio' che e' quando smettera' di lottare contro i suoi simulacri per l'autenticita' (le varie menzogne metafisiche antiche e moderne e le mistiche del senso) e si alleera' con essi per costituire una cospirazione di simulacri riconoscentisi tra di loro come diversi che valgano come attimi di durata diversi, prolungando indefinitamente la durata senza che mai avvenga il ricorrere dell'identico, senza il compimento dell'oscillazione.

Il divenire, per essere verita', deve infine essere affermato anche contro la ciclicita' stessa della natura, e contro la vita come mero e ottundente raggruppamento di simili.

L'eterno ritorno del differente, termine che ricorre nell'interpretazione deleuziana di Nietzsche, puo' essere affermato solo dopo aver compreso la problematicita' e il valore "diagnostico", per non dire l'orrore, dell'eterno ritorno dell'uguale.

Questo attimo rimanda ad una durata eterna, e quindi a una trascendentalita' dell'immanente, se e solo se esso e' differente da tutti gli altri.

Gli attimi, personificati nei viventi, possono cospirare ed amarsi tra loro nel costituire una durata eterna, solo se scoprono cosa hanno di segretamente e sottilmente differente, mentre la natura, di per se', li riproporrebbe continuamente come uguali.

La trascendenza di questo singolo attimo non sta nell'essere ripercorribile in questo singolo ciclo del tempo, che superficialmente lo ospita, ma nell'esistere gia', diverso-ed-uguale a se stesso, in cicli del tempo ad esso esterni, passati e futuri.

Anche il nichilismo ha una sua etica.







#2253
Attualità / Re: Caccia libera in città?
25 Dicembre 2022, 00:14:13 AM
Io gia' a girare in certi quartieri della mia citta' a certe ore avrei paura dei cinghiali, figuriamoci dei deficienti con la munizione narcotizzante...



#2254
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Che fiacco Natale!
24 Dicembre 2022, 15:51:38 PM
Lo odio profondamente. i tredici giorni del peggio della specie umana.

Ad esaltarsi per il regalino sono giustificati i minori dai 14 anni in giu'.

Per i botti, in deroga del tutto eccezionale, dai 18 in giu'.

Cristoni di quaranta, trenta, e cinquanta eccetera, potrebbero ben fare altro, e manifestare esuberante -e a scadenza- generosita' ed allegria in altro modo.

Sono felice di campare solo, in media ottanta, per sopportarne solo, in media ottanta.

Aggiungo solo che alcuni servizi di natura medica e burocratica e' una vergogna, che si fermino o comunque siano assolutamente ridotti al minimo e carenti per 13 maledettissimi e neopaganissimi giorni.

Anzi, vorrei approfittare della solennita' dell'occasione per testimoniare nella carne e nel sangue che giorni rossi sul calendario sono il 25, il 26, l'1 e il 6.

Negli altri andate a lavorare, cazzo.





#2255
Citazione di: Duc in altum! il 23 Dicembre 2022, 18:13:28 PML'ellenizzazione del cristianesimo, ha condotto alla disellenizzazione del pensiero.
Non è più l'uomo che pensa e agisce il centro dell'Universo, ma l'uomo che pensa e agisce come Dio, che è il logos dell'Universo..
Da qui San Tommaso D'Aquino è giunto alla filosofia come fondamentale ancella della teologia.


Diciamo che mentre l'ebraismo e' la religione di un popolo per un popolo, non e' piu' di tanto centrata sul convincere e inglobare l'altro,  il cristianesimo, come ho gia' detto, ha un afflato universalistico e piu' o meno aggressivamente proselitista, per cui ha dovuto appropriarsi dell'essenza minima e basilare della filosofia, come metodo della conversione, e come etica della conversione.

La filosofia ha un afflato eudaimonistico e politico, proprio di spiriti dissensienti che cercano una cospirazione antitradizionale con spiriti affini; vive di strategie dialettiche e retoriche adatte ad influenzare proattivamente un interlocutore inizialmente maldispisto verso il retore o l'iniziatore del dialogo.

E, a differenza di tante altre forme di imbonimento "malevoli", contempla originariamente l'etica come etica del non abuso della retorica. 

Il maestro, dovrebbe spingere l'alievo verso il miglioramento spirituale, che non e' ammaestramento nozionistico ma incipit all'autodetrminazione spirituale dell'alievo stesso, quindi la miglior retorica e' quella che accende il desiderio, in se' aporetico ed incolmabile, del sapere.

Il rigore nel pensiero e nel concetto, la sistematicita', che sembra l'alfa e l'omega della filosofia come arte e scienza, non spiega la filosofia di per se', se non come elemento parallelo e complementare al rigore nel dialogo, e al rigore nel non farsi fregare da coloro che dialogano per interessi egoistici e peggiorativi della comunita'.

Tutte le scienze "descrivono" il loro oggetto, in un contesto neutro in cui e' pacificamente accettata socialmente l'esistenza dell'oggetto e se ne vuole semplicemente sapere di piu': la matematica scienza dei numeri, la geometria scienza delle forme, la navigazione scienza del mare e delle navi...  tutte tranne una, la filosofia, che non e' nient'altro che e' un afflato retorico atto a suscitare in un pubblico l'amore e la convinzione di esistenza non inizialmente scontata per il suo proprio oggetto: la conoscenza, in generale desiderata e mancante.

La filosofia non e' l'acqua che si versa, ma il fuoco che si accende.

Tale bagaglio di dialogo e di etica del dialogo e' passato, pur con le dovute differenze del caso, in mano ai cristiani e al loro universale ed essenziale proggetto di conversione (annuncio del vangelo) nella misura in cui tale proggetto era sinceramente pacifico, o anche violento nei fatti ma interessato a dipingersi ufficialmenente come pacifico.

L'amore di Dio non e', come ho detto, per niente la stessa cosa dell'amore per la conoscenza, ma per essere propagandato, puo' ben servirsi degli stessi metodi.

I cristiani si credevano meglio dei filosofi, e ne distruggevano le scuole e i libri, ma alla fine hanno dovuto abbassare la testa all'arte millenaria che gli forniva il metodo, il METODO ribadisco, non tanto i contenuti, per le loro prediche.

Si sono ibridati, con la filosofia e il suo metodo, e in tale modo hanno avuto successo transnazionale.

Cosa che gli antichi ebrei, parlando solo per una lingua e per una cultura, non passando per l'universalismo della logica e per la pretesa traducibilita' di ogni concetto di aristotelica, e quindi ellenistica memoria, non avrebbero mai potuto fare.

E' stata l'impellenza del proselitismo, il prendere sul serio la necessita' di un annuncio universale, ad indurre quelli che erano i primi cristiani tra gli ebrei a cambiare. E a confrontarsi con il grande mondo esterno e quindi con la filosofia, da prima con la massima ostilita', e poi assorbendone, quantomeno il metodo, sempre piu'.
 




#2256
 Il nesso tra mancanza e desiderio in Platone e' specificamente un nesso tra mancanza e desiderio DI CONOSCENZA.

Non di panini al salame.

E nemmono di un Dio amorevole e salvatore.

FILO-SOFIA. Eros. Il Simposio. Il discorso di Diotima.

Bisogna capire la differenza tra: riporre le speranze, di un miglioramento e finanche di una salvezza umana nella conoscenza, e invece riporle nella fede/rivelazione, per comprendere, appunto, le specificita' sia della filosofia greca classica, che del cristianesimo stesso.

E' la conoscenza, cio' la cui mancanza, se e solo se avvertita, fa nascere il desiderio.

Non e' assolutamente, quantomeno non nella versione originale, platonica, un desiderio di Dio o dell'amore di Dio.

Tanto che lo stato mentale ed esistenziale  intermedio tra la conoscenza e l'ignoranza viene definito la memoria/reminiscenza.

La mancanza avvertita di conoscenza e' l'oblio, che una conoscenza antecedente presuppone.

Dell'increato, si puo' avere salvifica memoria.

La creazione qui, cio' che ha inizio nel tempo suddividendo concettualmente il tempo dall'eternita', ha molta meno importanza.

La creazione qui non e' la dimensione specifica dell'uomo saggio e beato.





#2257
Citazione di: Pio il 23 Dicembre 2022, 11:25:03 AMSe un dottore ti prescrive una medicina per la tua malattia è tu, invece che prenderla, costringi un altro a prenderla, per farlo soffrire, è colpa del medico, della medicina o è colpa tua? Direi che è tua. Lo stesso per le fedi religiose.

Nelle religioni monoteiste islam e cristianesimo, e' esplicitamente richiesto, dai testi sacri (quantomeno in una loro interpretazione letterale) e dalla dottrina il proselitismo, cioe' e' in generale richiesto che i fedeli dedichino tempo e risorse a convincere i miscredenti, pacificamente, a convertirsi.

Quando i credenti di queste religioni fanno propaganda, vale la pena di ricordarlo, non e' un loro colpo di testa personale, e' la loro religione, che prescrive come massima delle opere buone la propaganda.

Tra cristianesimo e filosofia inizialmente fu odio, ma poi fu amore, immenso amore; e per forza: la filosofia classica ed ellenistica, intesa come metodo e etica del metodo, come scheletro della ormai virtualmente morta filosofia, conteneva secoli di arte dialogica e retorica utile a qualunque altro, ulteriore, sforzo di egemonia e proselitismo.

Non si poteva buttare nel secchio la filosofia greca, forma nobile di retto parlare e retto pensare che aveva ispirato la koine' Alessandrina, in vista della seconda koine' cristiana, da costituire.

La degenerazione del proselitismo, ovviamente, e' quando si passa dal voler convertire pacificamente il prossimo, a volerlo convertire con la forza, e annientarlo se non si converte.

Ma la "medicina" di alcune regioni non e' prescritta solo ai fedeli, e' prescritta ai fedeli con la specifica indicazione di cercare in giro per il mondo altri malati a cui quella stessa medicina potrebbe fare bene, e convincerli a prenderla.

Siccome pero' convincere qualcuno con le buone  e' una tra le cose piu' difficili di questo mondo, mentre la forza e la violenza spesso in molte circostanze costano molto meno e rendono molto di piu' come efficacia, dal "convincere" i malati che non vogliono certe medicine, al "costringerli" il passo e' sempre breve.





#2258
Citazione di: Pio il 22 Dicembre 2022, 19:34:29 PMPer me invece è in compagnia: sono tre in perfetta armonia, tanto da essere UNO SOLO. Chi di noi , se è onesto, può dire altrettanto? Manco durante l'accoppiamento si riesce ad essere in armonia totale: ahia, oh, spostati, gli puzzano le ascelle, spegni, accendi , vieni o non vieni? Ecc.evv. :'(


Forse perché lo scopo non è l'armonia totale, ma rimanere desideranti in presenza dell'oggetto del desiderio?

#2259
Citazione di: Pio il 22 Dicembre 2022, 16:44:24 PMIl dio cristiano non è solo . È comunione di tre in uno. Ossia trinità. È una comunione d'amore di cui Dio vuole fare partecipe la creatura in Cristo.


Amore di se stesso, per se stesso, in se stesso.

Per me è solo.

L'alterità (vera) è dualità ed immediatezza.

La moltitudine degli dei e degli enti.

Gli esseri che sono sociali perché, in fondo, l'uno è dio all'altro.

E' il politeismo, che dal monoteismo è stato soppiantato.


#2260
Citazione di: Duc in altum! il 22 Dicembre 2022, 15:33:54 PMScusa, gentile @niko, ma se è la religione dell'amore, non si salvano quelli che si pentono, ma quelli che amano.
E' lì il guazzabuglio.
Dio è la verità dell'Amore, quindi non c'è altro amore (tutti gli altri sono menzogna), dunque se non vogliamo amare il vero l'Amore, perché prendercela con Dio e con il suo Verbo?
Eh no, ho già spiegato che quel pentimento è il rendersi conto di aver fallito con l'amore faidate.
E' questa la condizione fondamentale: l'amare dell'uomo non è vero amore, se non è - anche inconsciamente, pure involontariamente nell'intellettualismo etico - in comunione con il progetto di Dio sull'uomo.
Dio non sceglie, giacché la felicità è Dio in noi e la libertà è Dio con noi.




Ecco, invece di amare l'amore, io mi accontento di amare qualcosa o qualcuno.

La verità non è mai sola. Per questo è diversa da Dio, che è solo.




#2261
Citazione di: Duc in altum! il 22 Dicembre 2022, 01:24:41 AMQuindi anche una coppia umana che sgrava un figlio è assurda.
Già sanno, anticipatamente, che stanno dando alla luce (nonostante tutti gli sforzi che faranno) una persona che sarà cattiva, egoista e ipocrita.
Che invece di amare il prossima, pensa al proprio profitto e piacere.
Eppure, l'amore con cui lo generano, è più forte di questa triste e reale eventualità.
No, giusto o peccatore lo dichiara il nostro libero arbitrio.

Certo non gli sarebbe costato niente ...ma tanto valeva!


Io credo che:

* se l'uomo ha la libertà di fare il male pur conoscendo il bene (rifiuto cristiano dell'intellettualismo etico, in nome del libero arbitrio)

* specularmente Dio in questo sistema ha la libertà di creare l'uomo pur sapendo che buona parte degli uomini saranno malvagi, e dunque si danneranno, e soffriranno orribilmente, e faranno soffrire altri, orribilmente (Dio stesso NON agisce secondo l'intellettualismo etico per quanto riguarda l'atto primigeno della creazione).

Sono due cose assurde (a me, se da come scrivo non si fosse capito, ha sempre convinto di piu' l'intellettualismo etico nudo e crudo di nobile tradizione socratica, rispetto al libero arbitrio), ma che diventano un po' meno assurde se considerate insieme.

Il bene implica la libertà, e dunque implica il male.

Pure il concetto che ci possiamo fare di Dio, fa il male in nome di un presunto bene superiore.

Se il tempo è creato da Dio, il tempo è buono, quindi va dal peggio verso il meglio; è escluso che il massimo bene sia presente fin da subito, stante che il tempo stesso è stato creato a fin di bene.

In generale, il cristianesimo dovrebbe essere la religione dell'amore, e l'amore implica che si esca fuori dal do ut des per cui si salvano solo quelli che si pentono. Che si esca fuori da ogni logica dell'economia, per non dire della prostituzione.

Un amore condizionato al pentimento, è per sempre un amore condizionato.

Quelli che non si pentono vanno all'inferno in nome del grande rispetto che ha Dio per la loro libertà.

Bella consolazione, per loro.

Ma allora Dio è un Dio che se deve scegliere tra il rispettare la felicità e il rispettare la libertà di un uomo, non ci pensa su un secondo e sceglie di rispettarne la libertà, sacrificandone la felicità.

La provocazione che gli fa l'uomo peccatore che muore impenitente è metterlo nella condizione di scegliere, e la vendetta di Dio è il modo in cui sceglie.

Dio è un Dio che segue un'etica delle intenzioni (deontologia), ma non una della responsabilità.



#2262
Io credo che la follia del cristianesimo stia tutta nell'anteporre la liberta' alla felicita' .

Siamo all'assurdo per cui l'autemtico perdono per amore, di solito, anche nella comune esperienza umana, prescinde completamente dal pentimento.

Io, comunissimo umano, per amore, se voglio, perdono sia chi mi chiede scusa che chi no; ma Dio, l'essere piu' buono e potente dell'intero cosmo, deve subordinare il suo perdono al nostro pentimento, proponendo una versione annaccquata e condizionata di quello che potrebbe essere un autentico perdono PER AMORE (e non subordinato a delle scuse) perche' altrimenti, se il perdono DIVINO non fosse subordinato al nostro pentimento, noi non saremmo liberi.

La novita' , e intendo la novita' storica e religiosa del cristianesimo, consiste nel proporre un concetto di bene che si compone anche della liberta', e quindi della possibilita' sempre presente e "in agguato" del male.

Ci sono stati moltissimi tentativi di conciliare il cristianesimo con le forme di filosofia ad esso precedente, ma fare il male, nel cristianesimo, significa conoscere il bene e fare il male lo stesso.
Significa il lato oscuro della liberta'. La negazione dell'intellettualismo etico socratico. La conoscenza qui NON determina interamente le nostre azioni, perche' rispetto a tutto quello che si conosce, permane un'impalpabile liberta' di ignorare, e fare come se non si conoscesse.

E' tutto assurdo: Dio ci crea liberi di sbagliare, e di dannarci per sempre, ma potrebbe sbirciare in avanti nel tempo (e' onnisciente) per sapere effettivamente in maniera dicotomica se noi in quanto esseri creati sbaglieremo o no, e in base a questa semplice informazione decidere definitivamente se crearci o no, ma non lo fa.

Crea i giusti quanto i peccatori, mentre non gli sarebbe costato niente, creare un mondo di soli giusti.

Dunque la liberta' di ignorare e il non intellettualismo etico si applica in origine anche a Dio: Dio sospende la sua onniscienza per crearci liberi, quindi la scelta di crearci non dipende interamente da una sua, di Dio, cognizione; e se Dio opera sempre per il bene, la scelta di crearci non dipende da un bene definibile cognitivamente, non dipende da un "bene" per come lo definirebbe, per esempio, un Socrate, o un Platone.

Un mondo tipo utopia tecnologica totalitaria, o uno tipo gabbia dorata, in cui si e' tutti felici per forza e non c'e' niente da scegliere, a Dio non andava bene, non e' questo il SUO, concetto di bene. Che poi possa essere quello di alcuni di noi, uomini, tipo me che sono una zecca comunista e transumanista, non conta molto, perche' e' DIO che ha scelto, non gli uomini.

La dimensione della liberta', e' la dimensione del futuro.

Gli opposti, coesistono nel futuro, in attesa di determinarsi.

"Domani, la battaglia sara' vinta, o non sara' vinta"

"Piovera' , o non piovera' "

Come se nel considerare quello che e' il futuro, noi  fossimo in un vasto spazio, anziche' nel tempo, dove ben puo' piovere e non piovere, in due punti diversi e distanti.

C'e' chi in questa indeterminazione ci vede la morte, la cecita' e il caos, e chi ci vede immensa, e salvifica potenza.

Quella che alcuni chiamano liberta', io la chiamo, molto piu' prosaicamente, indeterminazione.







#2263
Citazione di: Ipazia il 20 Dicembre 2022, 17:17:29 PM@niko

L'unicità della vita individuale è un dato biologico di fronte al quale anche la metafisica si deve inchinare. Il "così volli che fosse" è la sottomissione della volontà, e di tutte le sue velleità di potenza, al fato, che tradotto in soldoni è il percorso evolutivo della nostra specie. Primum vivere, deinde ...

Costruire sul dato biologico una unicità ideologica stirneriana o percorsi di salvezza trascendenti individuali è operazione fallace, ma lo è pure dissolvere, per non dire "annichilire", il soggetto in un divenire totalmente altro da lui. Per le "occasioni", il carpe diem basta e avanza, e ormai è consolidato nel repertorio filosofico.

Con lo "spirito" si deve, bene o male convivere, altrimenti i teisti ti prendono in castagna sulle domande metafisiche fondamentali: da dove veniamo, dove andiamo, che senso - come direzione e valore - ha la nostra vita, ha il mondo, l'universo, cos'è bene e cos'è male, ecc...?

La mia scommessa è rifondare lo spirito sull'immanenza, scansando tanto la reazione confessionale che l'inumanesimo scientista. Una terza via, come piace a Phil.


Cara Ipazia, ben pochi tra gli uomini, (se non proprio nessuno!) vorrebbero la ripetizione esatta della loro vera vita terrena per come essa e' ed e' stata; quasi tutti vorrebbero l'immortalita', o una vita migliore (come si dice, passare a miglior vita!) o trovare un qualche tipo di conforto romantico al male e allo sforzo del loro vivere tra le braccia della morte, o del Nirvana. 

Quello che si vuole in vita, tale e quale si spera di trovare nella tomba o nell'oltretomba, solo un bel po' eternizzato ed amplificato; tutti vorrebbero concretamente stare meglio, ed ecco che il parossismo di questo volere e' il sogno metafisico di andare, dopo morti, in un qualche paradiso; tutti vorrebbero, e a tratti ottengono, una negazione narcotica ed obliante della sofferenza gia' in vita, ed ecco tutti i miti romantici ed ascetici della Morte come grande consolatrice, come angelo della finitudine della sofferenza umana, o come espoliatrice dalla superbia e dal male.

E inoltre, tutti vorrebbero essere unici, tutti vorrebbero vivere nell'occasione, tutti vorrebbero essere resi "speciali" dalla realta' della nascita e della morte, del nutrimento e dell'economia (politica e non); ed ecco tutte le conseguenti morali ideologiche dell'unico. Che confinano con quelle, propriamente emergenziali, della scarsita'.

La volonta' non si sottomettera' al fato mai, perche' volonta' e fato sono la stessa cosa.

Noi vogliamo sopravvivere, e a tratti giochiamo il videogioco che ci passa davanti agli occhi come se avessimo una vita sola, e noi vogliamo vivere, e a tratti giochiamo lo stesso videogioco come se avessimo piu' vite, ovvero costruiamo, pur con tutti suoi difetti, l'umana civilta'.

A partire dal culto dei morti. Che e' la prima apertura della vita alla dimensione del suo stesso non-unico.

Del suo continuo ritorno presso i vivi. Anche solo memorico.








#2264
Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2022, 17:23:55 PMSottile davvero. L'uno ipazia vive una unica vita, implicandosene assai.

L'amor fati è un'ouverture, non l'intera opera ...

... che spetta all'uno di cui unicamente disponi: te nella tua vita.

L'amor fati dice "così volli che fosse".

Molto più di un'occasione tra tante: un'unica occasione.

Lo faremmo, saggiamente, anche se dovessimo tornarci un'infinità di volte. Per "amor proprio".

Il nulla lasciamolo alle tarantole.

Una funzione ce l'ha, per le tarantole che avvelenano il mondo: tessere la rete della colpa per "ghermirci e nel buio (annichilente) incatenarci."

Colpa de che ?  >:( Al massimo: "debito": il filo di Anassimandro preso a credito dall'evoluzione naturale, che ci concede l'onore e l'onere di un'autocoscienza evoluta.

Un debito certamente da onorare, con l'unico valore di cui assolutamente disponiamo: l'uno che siamo.


Senza stare a farla troppo lunga perche' fuori tema, il: "cosi' volli che fosse" nietzscheano ha a che fare con il recuperare il passato alla disponibilita' della volonta', sotto forma di futuro, per affermare l'ubiquita' del divenire.

Tutto questo e' in rapporto di opposizione, con tutte le morali e le logiche umane, sia pure molto pratiche ed intuitive, che si basano sull'unicita', della singola vita che ci e' toccata in sorte, come assunto e premessa, e poi cercano di dedurne qualcosa, tanto piu' qualcosa di vincolante o morale; e' in contrasto, insomma, con il  concetto di "occasione", e tanto piu' con quello di "occasione unica": non esiste nessuno stato definitivo e non ulteriormente mutevole del cosmo, neanche il presunto, e non reale, stato definitivo di esso che potrebbe essere il passato; quindi non si possono "perdere" le occasioni.

Insomma ogni "morale dell'unico", di cui Max Stirner possiamo dire che e' il culmine, ma di cui anche il cristianesimo di cui parliamo qui e' un esempio, e' gravata dalla paura, e dalla tristezza, irrealistica per una perdita (ad esempio della vita stessa), o dalla minimizzazione irrealistica del dolore della vita in quanto il dolore stesso e' presunto unico (basta sopportarlo UNA volta, e si presume che poi passi), o dalla sopravvalutazione stolta della vita a causa del suo presunto terminare nella morte, o da un economicismo del possibile contro il desiderio, per cui dall' "unicita' dell'occasione" all' "elogio dell'accontentarsi" il passo e' breve: tutte queste morali, NON sono morali dell'amor fati, sono i sepolcri imbiancati contro cui l'amor fati e' gettato; dire che la vita potrebbe essere parte di una serie molteplice, e' un urlo di rivolta contro tutte le morali dell'unicita' della vita: se fossimo davvero convinti di dover vivere, per esempio, altre centomila volte, cambierebbero le nostre paure e avversioni, e quello che prima ci faceva paura,  smetterebbe di colpo di farci paura, e quello che prima ci era quasi indifferente, e ci suscitava al massimo una scrollata di spalle, magari inizierebbe a farci una paura, appunto, cosmica; cambierebbero le nostre priorita', i nostri obbiettivi, la direzione e il contenuto dei nostri sensi di colpa, anche senza necessariamente superarli.

Una morale dell'infinita' della vita, sarebbe molto diversa, da tutto quello che c'e' sotto il sole adesso.

In parole povere, si tratta di partire come premessa dalla "non unicita' ", della nostra singola vita colta in questo suo singolo tracorrere, e di dedurre "qualcos'altro", rispetto a millenni di sagge, ma che ad alcuni strani uomini possono pure andate strette, deduzioni basate invece sulla sua unicita'.



#2265
Citazione di: Phil il 19 Dicembre 2022, 18:13:30 PMSi può avere "fame di infinito" (altra faccia dell'horror vacui) al punto da pensare non infinita la retta del tempo, bensì infinite le volte che percorriamo la circolarità del tempo. Si può pensare di essere un'eternità inconsapevole della propria ciclicità. Quello che si fa fatica a pensare, anche solo ad intuire, è il proprio non esserci più; la biologia stessa ci "programma" per essere attaccati alla vita, tanto che la voglia di non vivere più viene letta da molti come una "malattia", più che una radicalizzazione della padronanza della propria vita (fino a privarsene).
In fondo, la prima salvezza, quella che tutti (o quasi) chiedono a qualsiasi religione, è la salvezza dalla morte. Curioso, ma solo fino a un certo punto, che nessuna religione abbia contrapposto al premio del gaudio eterno e alla punizione della sofferenza per l'eternità, il tertium della mera morte biologica senza un dopo; quasi fosse tabù teoretico il solo pensare ad una spiritualità senza un necessario post-mortem. Questo perché la prospettiva di un'eternità, sia essa premio o punizione (v. comportamentismo elevato alla trascendenza), è quello su cui tutti vogliono "istintivamente" puntare. O meglio, quasi tutti: c'è una "religione" che, in alcune sue diramazioni, propone come traguardo ultimo l'estinzione, la cessazione del ciclo delle (ri)nascite. Tuttavia, non a caso, anch'essa è stata recepita a livello popolare come "promessa di paradiso", mentre "in realtà" (dottrinalmente parlando) il Nirvana è negazione, spegnimento (etimologicamente) dell'"esistenza condizionata", senza più eternità né sete di essa. Al netto delle narrazioni dottrinali e del ruolo etico-spirituale di tale credenza, quella del "sommo traguardo" come cessazione dell'esistenza, se ci si pensa attentamente, è una prospettiva piuttosto disincantata e "oggettiva" della vita; magari non rincuorante per tutti, certo, ma non è detto che la verità debba per forza esserlo sempre.


Se e' per questo esiste tutto un filone annichilazionista eretico nel cristianesimo, dagli albori ai moderni noiosissimi testimoni di Geova.

L'idea alla base e' semplice: se Dio e' giusto ma buono, la punizione che egli riserva ai cattivi e' semplicemente il non-premio: i buoni andranno in paradiso, e i cattivi saranno annientati per sempre.

Nessuno, sara' punito per un male finito con una tortura infinita, il che, se Dio e' un padre buono, ci sta tutto.

In questa concezione, in cui non esiste l'inferno, tutti possono sperare nella morte come realta' che pone fine alla sofferenza umana, il che e' la consolazione minima al male di vivere che tocchera' a tutti; chi vuole di piu', e in particolare chi vuole una consolazione oltre la vita terrena che non sia solo un negativo oscuro della sofferenza ma un esperibile e perenne vissuto di gioia, puo', liberamente, mettersi in cammino per cercare la santita', e dunque il paradiso.

Ovviamente, questa concezione senza diavoloni e tridenti, ma basata sull'interrogare molto piu' seriamente le coscienze di ogni fedele su cosa possa essere di positivo e concreto la gioia al di la' del mero negativo "oscuro" e "larvale" della sofferenza e quanto siamo disposti a sacrificare per ottenerla, non metteva paura a nessuno, e quindi non era adatta a fondarci sopra la Chiesa.

Per questo ha avuto poco successo.