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Messaggi - green demetr

#2266
Citazione di: viator il 24 Aprile 2018, 23:07:36 PM
Salve. Per Socrate78: Perché il sesso, incarna la libertà personale più completa e del tutto priva di regole altrui. Esso rappresenta - a livello individuale (sperabilmente all'interno di una coppia) - la FACOLTA' perfetta.

Ora è evidente che tale sua caratteristica presenta una immensa capacità di distrazione da qualsiasi regola, norma, morale che una qualsiasi Autorità voglia suggerire od imporre.

Tutte le Autorità, se potessero, abolirebbero ufficialmente il sesso (eventuali eccezioni toccherebbero solo alle loro gerarchie).
Non potendo farlo poiché hanno bisogno di vedere rinnovata la materia prima, si limitano a censurarlo ed a cercare di regolamentarlo.

Si bravo!

Per diventare più intelligente ora devi leggere HOME SACER di AGAMBEN, per capire che lo stato di ecezione (che riguarda il potere, e il potere sessuale per primo) è affidato alle elite. Fino a diventare uno stato di ecezione permanente, che è poi il problema della nostra intera società.
E di cui Nietzche nei suo attacchi al cristianesimo ha tentato in tutti i modi di suonare il campanello d'allarme.
#2267
Citazione di: Angelo Cannata il 24 Aprile 2018, 21:53:58 PM
La sessuofobia non appartiene alle religioni in sé, ma ad un processo storico. Basti considerare, ad esempio, che diversi sono i casi in cui nelle antiche religioni è possibile riscontrare la prostituzione sacra.

La ricerca storica sembra mostrare che la sessuofobia si sia sviluppata nel tempo come bisogno di distinguersi da altre religioni, per mantenere chiara e forte l'identità della propria. In questo modo, nell'Ebraismo dell'Antico Testamento c'è molta meno sessuofobia rispetto al nuovo, però si può già riscontrare un'avversione verso pratiche sessuali legate direttamente a culti pagani: si vede già lo sforzo di distinguersi dai culti pagani, quindi c'era la paura di lasciarsi assorbire dal fascino delle religioni pagane.

In Grecia c'era molta mescolanza della sessualità con le pratiche religiose e appunto per questo, dopo l'incontro con la cultura greca, sia l'Ebraismo che il Cristianesimo tesero ad accentuare ancora di più la sessuofobia.

Oltre a ciò, sembra che storicamente le religioni si siano rese conto che padroneggiare la sessualità degli adepti è un ottimo modo per tenerli ubbidienti e sottomessi. Infatti lo sforzo di padroneggiare la sessualità e le strutture tradizionali della famiglia è un tratto tipico anche delle dittature.

Secondo il filosofo Michel Foucault, è sempre la sessualità a guadagnarsi spazio nelle menti umane, sia quando viene osteggiata, sia quando ne viene rivendicata la libertà.

Focault è un OTTIMO interprete di queste istanze.

Certo la religione in sè, come spiritaulità ne fa a meno, ma la religione non è solo spiritualità, e dunque quello che dici spezza in due un discorso che andrebbe tenuto insieme.

Pensi veramente che quello che dice Focault non sfoci in un discorso spirituale.

E infatti in lui così è avvenuto: egli chiude con una metafisica della CURA DI SE'.
#2268
Citazione di: altamarea il 24 Aprile 2018, 21:42:26 PM
Socrate non ti sembra generica la tua affermazione nel rapporto tra religioni e sessualità ?

Rimanendo nel nostro ambito, quello del cristianesimo, sei sicuro che ancora persista lo stereotipo, il pregiudizio della sessuofobia nella Chiesa cattolica, secondo la quale piacere è colpa, il sesso è peccato, perciò da praticare con parsimonia e disagio esclusivamente nel matrimonio e solo con l'intenzione di procreare figli ?

Si, nel passato la Chiesa tramite la confessione dei penitenti usò verso la sessualità repressione e clemenza per governare le "anime" dei fedeli.
 
La teologia cristiana considerava il rapporto sessuale tra un uomo ed una donna metafora del rapporto fra l'anima e Dio, anticipo del piacere d'amore che si vivrà in "paradiso". Come tale,  il rapporto sessuale doveva essere pervaso di significati spirituali, privato dell'aspetto ludico ed erotico che lo aveva contrassegnato nel mondo pagano.


I mutamenti culturali indotti dall'Illuminismo e l'affermarsi dell'individuo come soggetto di diritti sottrassero progressivamente il sesso alla dimensione religiosa, riuscirono a togliere la sovranità esclusiva del diritto canonico sui comportamenti sessuali.

Il conflitto cominciò alla fine del 18/esimo secolo e proseguì nei secoli successivi quando la competenza sulla sessualità venne attribuita a medici, biologi, antropologi e poi psicoanalisti, che negavano alla Chiesa il diritto di imporre norme universali e ai teologi la capacità di definire il senso ed il valore dell'atto sessuale, depotenziato di ogni significato spirituale.


Anche il controllo delle nascite fu oggetto di contesa che divise società e Chiesa dal XIX secolo. L'ostinato rifiuto del controllo delle nascite la Chiesa lo sancì con due encicliche, la "Casti connubii" del 1930 e l'"Humanae vitae"! del 1968, che ribadiscono l'opposizione della Chiesa fra sessualità e riproduzione.

Alla stesura dell'enciclica  sociale "Humanae vitae" contribuì l'allora cardinale Karol Wojtyla. Tale "lettera" contiene i temi che sono ancora al centro della discussione "che divide la concezione della Chiesa da quella della società laica: la legge di natura, il valore del matrimonio, l'indivisione dei due aspetti dell'atto sessuale (corporale e spirituale), l'unione fra gli sposi e la procreazione, e la richiesta alla scienza di percorrere strade di ricerca rispettose della morale cattolica". Temi questi che hanno aperto un solco profondo tra la Chiesa e le donne, nel passato considerate le "custodi" dei valori religiosi e le alleate della Chiesa.


Con l'enciclica "Humanae vitae" e con il pontificato da Giovanni Paolo II che durò dal 1978 al 2005, la Chiesa cattolica tentò di riaffermare l'unità fra corpo e spirito che aveva caratterizzato la specificità del cristianesimo rispetto al paganesimo.

Questo papa ripropose all'Occidente cristiano il significato spirituale del coito, il rapporto sessuale non separato dall'intenzione  della procreazione di figli. Ma la società occidentale era ormai orientata in modo diverso: il controllo delle nascite, il piacere sessuale come atto in sé, a prescindere dalla procreazione. Ciò è stato possibile anche con la scoperta degli antifecondativi per la donna e la cosiddetta "rivoluzione femminile".


Tu confondi l'istituzione della famiglia con il problema della colpa.

Pensi veramente che in famiglia non esista il complesso della colpa?

Mai sentito parlare di divorzio?
#2269
Citazione di: Socrate78 il 24 Aprile 2018, 18:33:55 PM
Come mai quasi tutte le religioni associano il piacere sessuale al peccato? Proprio non lo capisco, anche seguendo la logica di un semplice sillogismo ne deriva che la sessualità è qualcosa che procura piacere, ma il piacere è appunto un bene, quindi il sesso è positivo. Invece nelle religioni sembra quasi che questo tipo di funzione degradi l'uomo e di conseguenza sarebbe necessario affrancarsi da essa, l'eros è visto come qualcosa che ostacola il percorso dell'uomo verso il bene: anche nel quadro di Botticelli, intitolato La Primavera, la forma di amore rappresentato da Zefiro è vista come la più bassa, a sottintendere che è necessario affrancarsi dalla sessualità se si vuole aspirare ad un percorso spirituale.
La sessuofobia tipica delle religioni mi sembra sia fortemente irrazionale, mi sembra difficile giustificarla oppure può secondo voi essere giustificata o compresa in qualche modo che mi sfugge?

La religione è la foglia di fico, che copre i desideri perversi della classe sacerdotale.

E' una questione sociale gerarchica che viene prima di qualsiasi teologia gerarchica.

E' evidente in maniera imbarazzante nella nostra società contemporanea, dei festini di Osho agli atti violenti dei preti.

Per i più intelligenti: la vera questione è perchè la religione non venga di conseguenza investita di critiche. E' perchè è una delle cause scatenanti del sintomo.
Anzi forse è quella che garantisce il sintomo, quella che garantisce la vita, per alcuni.
Il grande Fantasma che copre TUTTE le paure.
E DEVE funzionare proprio così, perchè il desiderio non è MAI di qualcosa, e la perversione DEVE sempre essere NEGATA.
Per le elite: è per questo che ovviamente la teologia politica è la questione delle questioni.
Amico-Nemico, Colpa-Redenzione, Malato-Sano, Anormale-Normale, Colpo-Contracolpo, sono solo sintomi di una volontà di potenza originaria.
Per le elite: è di questo che parla Nietzche quando parla del problema della gerarchia naturale.
#2270
Tematiche Filosofiche / Re:Vivi nascosto
28 Aprile 2018, 14:34:04 PM
E' una massima che non conoscevo.

Vi è anche quella di "cum grano salis".

Mixandole e ricordandoci che la sua è una visione grossolana della vita, credo che lui intendesse la questione della vita come una questione politica di DIFESA.

Avendo meccanismi di difesa, io non la chiamo vita. Il vivere è legato ai piaceri non alle difese dei piaceri.

Per quanto rigurda la analisi tra privato e pubblico che dire! sembra che il vizi privati e pubbliche virtù si sia invertito in virtù private (spiritualità) e vizi pubblici (femminicidio, razzismo etc...)  ::)

Per i più intelligenti: e certo che sono sintomi.
#2271
Certo questione di numeri.

Ma dimenticare il fattore politico sarebbe come ammettere che è tutta una pagliata.

A parte il dubbio che lo sia veramente, io penso che comunque sia, la questione politica aperta da questo lungo e snervante passaggio di consegne ad un governo (che ho temuto tecnico fin dal primo giorno, per vedere l'incubo ogni giorno avvicinarsi sempre più) esista: eccome se esiste!

Sto parlando della incredibile voltafaccia dei 5stelle.

Sapevamo benissimo che i punti principali del movimento NON potevano essere applicati.
(non perchè non potessero davvero, ma per questioni di forze maggiori, NON politiche).

Ma fin qui avevano agito con coraggio, forse ai poteri forti andava bene che stessero all'opposizione per assorbire la rabbia della gente.

Adesso però il nodo presunto sembra che sia divenuto reale.

Se il 5stelle e la lega hanno in comune l'interesse nazionale, e non europeo (come il PD) le vie per un patto sulle soluzioni era più che lecito attenderselo.

In fin dei conti bastava appoggiare la riforma della fornero, e tutto sarebbe stato già fatto, in quanto il diritto di cittadinanza su modello ISEE è ridicolo come pochi.
Un povero si appoggia alla famiglia, come fa se no a vivere, con l'ISEE si va a tassare le famiglie, e a non considerare poveri come poveri quali sono.

Abbiamo già detto che la fornero richiederebbe successivamente una tassazione per quadrare i conti.
Quindi non era un gran che firmare il patto.

Se non fosse che come ho ampiamente capito dai miei ventanni, è una questione di bandiera, non si può appoggiare un simbolo diverso dal proprio.

Questo delirio di grandezza va bene in campagna elettorale, non in fase di governo.

Se non fosse che ormai la campagna elettorale è in stato di continua allerta.

Non a caso si parla di morte della politica, questo è solo uno dei tanti sintomi, per i più intelligenti di noi: questo è chiaro.

Per gli altri: va bene essere in campagna elettorale, possiamo anche capirlo.
Nessuno di noi vuol perdere la poltrona del potere, siamo noi amministratori delegati o bidelli (il posto fisso!)

Ma come spiegare il ribaltamento POLITICO dei 5stelle, aprire ad un partito EUROPEISTA, è andare per logica CONTRO gli interessi nazionali.
E Bagnai dei 5stelle questa cosa l'aveva capita da tempo: diciamo che ero pronto al tradimento.

E di tradimento bisogna PARLARE.

Quindi cosa MERAMENTE POLITICA!!

Altro che numeri!!!
#2272
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Aprile 2018, 09:39:39 AM
Citazione di: green demetr il 10 Aprile 2018, 08:16:10 AM

Il punto focale dell'analisi marxista sta a monte il funzionomaneto strutturale del capitale.




Un'imprenditore che conosco (fra l'altro titolare di una grande azienda di rilievo nazionale), molto intelligente,
una volta mi raccontò che alle riunioni di Confindustria cui spesso partecipa fece un intervento nel quale in
sostanza disse: ma come si fa a far crescere sempre il PIL? Io mangio tre volte al giorno, devo forse
crepare di indigestione per farlo crescere?
Nessuno, aggiunse, rispose al suo intervento, solo qualche risatina...
Mi sembra significativo, no? E nessuno in verità poteva rispondere, visto che quella era la pura e semplice
verità (come del bambino che grida: "il re è nudo!"), cui non può esservi risposta "sensata" senza che questa
faccia cadere tutta l'impalcatura ideologica (e che ideologia grossolana poi...).
Dunque sì, dicevo che il capitalismo ha bisogno di espandersi, sempre. Per cui, tanto per riprendere l'aneddoto,
chi soffre di colesterolo alto, ipertensione, diabete e altri malanni dovuti ad un eccesso di cibo DEVE SEMPRE
E COMUNQUE mangiare. Ma anzi, direi che più importante è quanto si mangia OGGI, al momento (per cui un affamato
che mangia al momento molto è "capitalisticamente" più efficiente di un grassone che, già sazio, mangia meno di lui).
Non sfugga, insomma, che per il sistema capitalistico è più importante l'andamento del PIL che non l'accumulo (tanto
che un paese come il nostro, con una grande propensione al risparmio ma un PIL basso, non viene ritenuto, appunto,
capitalisticamente efficiente).
A mio parere, questo succede proprio perchè la caratteristica primaria del capitalismo è, più dell'accumulo,
l'espansione.
Per il capitalismo, che la produzione sia "reale" o meno non ha nessuna importanza (importante è che si registri
sempre e comunque un plusvalore - ed esso si registra sempre e solo nell'espansione).
Dunque terrei innanzitutto fermo questo punto dell'espansione, che certo Marx intuì ma che forse troppo subordinò
al principio di accumulo.
A tal proposito, "storicizzare" Marx potrebbe, ad esempio, voler dire rileggere le sue (fondamentali) tesi alla
luce di quanto affermò Schumpeter in "Capitalismo, socialismo e democrazia" già negli anni 40 del 900 (opera
nella quale si analizza la trasformazione dell'economia "fordista" e l'avvento, di fatto, della finanza come
evoluzione strutturale dell'ecomonia di mercato).
Discorso lungo, ma estremamente interessante.
saluti

Il mattone di Schumpeter è sugli scaffali in attesa di essere letto  ::)

Certo l'espansione è l'effetto inevitabile della bulimia di accumulo, in termini psicologici è esattamente la nevrosi occidentale.
Tutti corrono, si affrettano, si indaffarano.....Ma per far che????
E' per dare spazio al peso dell'immondizia simbolica di cui si caricano.
Dati, numeri, oggett.....e poi ci si chiede cosa succede ai nostri giovani incantenati agli smartphone... ;D

Dunque anche l'espansione è spiegabile come forma di nevrosi.
Anzi è l'effettiva psicosi, la schizo-frenia, la corsa isterica al colasso della schisi di se stessi.
Ossia la presa di distanza dal mondo degli affetti.
#2273
Citazione di: stefano il 22 Aprile 2018, 12:27:34 PM
Io credo che questa sia la vera lotta di classe,e che questa possa svilupparsi solo all'interno di un sistema democratico.[/size]
Infatti sono un revisionista socialdemocratico e controrivoluzionario che ha votato PCI.

Per curiosità, credi che il socialismo debba sempre stare sotto il suo organo democratico, ma accentratore, oppure pensi sia meglio un socialismo libertario, che permetta e anzi promuova associazioni libere.

Nel primo caso è garantito il nome, nel secondo si corre il rischio della disintegrazione del nome stesso. (nome del partito).

Ma nel secondo caso, però si vede veramente se l'associazione ha capito qualcosa di quello che si sta facendo, o viceversa, se l'accentratore capisce qualcosa di quello che le periferie stanno facendo.

(penso alla recentissima polemica tra giovani piddini, e pd in pectore, a proposito del party a mò di veglia funebre goliardiaca dei giovani del pd, per esempio. Un esempio stupido, ma quello oggi è sul tavolo)



#2274
Citazione di: paul11 il 20 Aprile 2018, 19:01:18 PM
A mio modesto parere il problema è l'uomo; è un pò come  quando si dice"predica bene e razzola male", fra il pensiero e l'azione accade che nelle pratiche si mediano delle situazioni.

Mi concentro su questo punto, più che sull'analisi storica, a cui non so proprio controbattere (mi mancano le letture per poterlo fare, e ti ringrazio quindi per l'interessante e proficuo vademecum).

Credo che l'ottuagenario comunista Ken Loach, nei suoi film, sopratutto i più recenti, si stia concentrando non solo sulla impietosa analisi della società terzista (cioè che affida sempre a terzi soggetti, distruggendo così di fatto ogno contrattualismo), ma anche sui rapporti umani.

A mio parere il tuo è un grave errore antropologico quello di vedere nel gene egoista, il germe di tutti i mali.
Frutto della campagna darwinista a fini eugenetici (mai domi nella storia, dal loro apparire negli USA, vedere la serie The Knick, chiedo scusa per il riferimento alla cultura pop).

Nei film di Loach, come nella mia vita reale, il bisogno di essere amati sta veramente assumendo un peso sempre più drammatico, fino all'incapacità delle relazioni.

La psichiatria con il suo nazista comportamentale, per lo meno teoretico, grazie a Dio nelle pratiche è ancora soft, è la scorta verso un mondo completamente automatizzato, robotico.

Quello che fa notare Loach, è proprio come questo terzialismo manda in cortocircuito persino le più elementari forme di empatia.

Esiste dunque un ricatto psicologico, che viene trasferito nella nevrosi nella formazione di atti, di comportamenti "tarati" alla sopravvivenza.
Il cane di Pavlov risponde alle minacce, agendo meccanicamente, senza che il pericolo sussita realmente o meno.

Non è dunque questione dell'individuo, ma della società.

Ma in Loach esiste sempre un protagonista che NON RINUNCIA mai alla sua umanità, che sebbene stia alle regole, è sempre pronto ad una risata, ad una bevuta tra amici, alla ribellione nei casi più buj del suo vivere.


Anche a mio parere la pressione della ricerca dell'amore, non può venire per sempre chiusa, nei meccanismo di nevrosi occidentali.

Ma anzitutto cerchiamo di distinguere tra egoismo e nevrosi.

Riconoscere la nevrosi, nostra e degli altri, è intanto un passo per riconoscere che è un sintomo di un blocco emotivo, che tende invece all'aggregazione.

D'altronde anche Sgiombo, aveva detto, che il gene egoista, è invece piuttosto sociale, poichè è nella socialità che la sopravvivenza trova maggior risposta.


Gli esempi storici che vanno contro a queste evidenze vanno dunque riletti a livello pscilogico, come COMPORTAMENTE indotti, ossia come fenomeni dell'alienazione, che nei libri che si occupano di parlare di Marx in breve, dovrebbe essere il fenomeno dell'alienazione.


Certo Marx la vedeva a livello strutturale, quindi di produzione, ma di fatto il meccanismo è psicologico, non materialista, immanentista.

Quello di credere nell'immanentismo è un grave errore storico, nè più nè meno che quello che crede che l'economia si auto-equilibra alla Smith.


No! io credo che tu abbia ragione da vendere quando parli di riforma delle forme locali di aggregazione, ma non nel mettere l'argomento genetista al suo interno.

per quanto riguarda la volontà di una classe che vuole entrare nell'altra, già inteso da Tocqueville, nella formazione della nazione americana.
il problema è quello della volontà di potenza.

E lì entriamo nella teologia politica, sovrano - comunità etc.....

Edit

E quindi sono d'accordo nell'internazionalismo, condizione necessaria di base, più che sufficiente.
#2275
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Aprile 2018, 22:31:42 PM
Credo che tu veda questo paradosso perché attribuisci alla teologia negativa la pretesa di risultare appropriata, rispetto a quella positiva, che risulterebbe inappropriata. La questione, così come l'hai impostata, viene inoltre a risultare viziata, perché fonda l'esprimibilità di Dio su concetti filosofici.

L'esprimibilità di Dio non si fonda né sul concetto di partecipazione, né sull'illuminazione interiore, né sull'intermediazione dell'idea di essere. Si fonda piuttosto sull'evento della rivelazione, che è iniziativa di Dio. Cioè, è stato Dio a decidere di rendersi esprimibile con parole umane sin da quando creò l'uomo; il culmine di questa decisione divina di rendersi raggiungibile dalla comprensione umana si è poi avuto nell'evento dell'incarnazione in Gesù Cristo. Ciò crea una differenza sostanziale: qualsiasi fondamento filosofico dell'esprimibilità di Dio può essere criticato, demolito, ma la decisione presa da Dio di rendersi comprensibile non può essere criticata, perché non si tratta di un concetto, un'idea, ma di un evento, un fatto accaduto.

Da ciò consegue ciò che ho detto all'inizio: la teologia negativa non può criticare quella positiva, perché quella positiva non si basa su idee, ma sulla decisione di Dio di rendersi comprensibile.

Difatti, ciò che fa la teologia negativa non è un autopresentarsi come più appropriata, accusando quella positiva di inadeguatezza. Ciò che fa la teologia negativa è piuttosto un recupero della memoria della trascendenza di Dio. Cioè dire, il fatto che Dio si sia incarnato in Gesù Cristo non implica che Dio abbia infine rinunciato alla propria trascendenza. Il fatto che Dio abbia deciso di comunicare con Adamo ed Eva non significa che egli abbia deciso di essere totalmente contenibile nelle parole umane. Perciò viene la teologia negativa a ricordarci che l'uomo, per potersi relazionare adeguatamente con Dio, ha bisogno anche di tener presente la sua trascendenza. Questo si riscontra già in Gesù stesso: nel vangelo troviamo punti in cui viene espressa la sua perfetta comunione con il Padre, ma anche punti in cui emerge che l'umanità di Gesù non è in grado, da sola, di essere espressione dell'intera divinità di Dio. I vangeli non si fanno scrupolo di evidenziare i limiti in cui Gesù si venne a trovare a causa del suo essere uomo, anche sotto forma di distanza dal Padre suo.

Concordo per una volta su tutto  ;)
#2276
Citazione di: davintro il 21 Aprile 2018, 16:30:54 PM
La teologia negativa nel contesto del cristianesimo occidentale (da intendersi ora nei suoi aspetti generici, al di là delle differenti sfumature in cui è stata storicamente concepita) si base sulla contestazione alla positiva, accusata di ridurre Dio alla limitatezza della mente umana, pretendendo di applicare a Dio dei concetti tipicamente umani come "sapienza, "bontà" ecc. Di fatto la accusa di una mentalità antropocentrica che pretenderebbe di innalzare l'uomo al livello divino, annullando l'infinita distanza che li separa. Ma a mio avviso, nel considerare questi concetti come solo "tipicamente umani", la teologia negativa non si accorge di cadere nello stesso errore che imputa a quella positiva: l'antropocentrismo. Perché se i concetti con cui quest'ultima cerca di descrivere Dio fossero inappropriati perché "tipicamente umani" allora vorrebbe dire che l'uomo è in fondo il criterio assoluto di senso dei concetti che utilizza, cioè questi concetti al di là della sfera dell'esperienza umana non avrebbero senso, e quest'esperienza umana verrebbe assolutizzata, posta come unico ambito possibile entro cui questi concetti manterrebbero il loro significato. Ecco cancellata la distanza ontologica Dio-uomo, proprio sulla base delle premesse della teologia negativa! Se invece, contrariamente a tali premesse, i concetti con cui l'uomo parla di Dio avessero un significato che resta tale al di là della differenza tra sfera umana e divina, ecco che le cose cambiano. Dire che "Dio è buono" non sarebbe più un assoggettare l'idea di Dio a un concetto "tipicamente umano", ma una possibilità legittima, data dall'universalità del significato della "bontà" che resta qualitativamente lo stesso, che si parli di Dio o dell'uomo, anche se cambiano le proporzioni quantitative in cui la bontà è più o meno presente. Nell'utilizzare i concetti con cui descrivere Dio, la mente umana non pretenderebbe di esserne l'origine, assolutizzandosi, ma esprimerebbe la partecipazione all'ordine divino da cui deriverebbe la possibilità di usare concetti riferiti a qualità comuni a Dio e all'uomo. Ciò in quanto i concetti che utilizza non avrebbero la loro ragion d'essere da un' indipendente attività concettualizzatrice che si realizza storicamente,  ma da un legame di dipendenza con cui la mente e i concetti umani parteciperebbero in qualche misura con la mente divina, causa ultima della possibilità del pensare umane (poi le varie correnti interne alla teologia cristiana "positiva" si sbizzarriscono nel descrivere tale rapporto di dipendenza, dall'illuminazione interiore agostiniana, all'azione dell'Intelletto agente divino tomista, all'intermediazione dell'Idea dell'Essere rosminiana tra mente umana e Dio ecc.) E da tale partecipazione deriverebbe quel rapporto di proporzione e analogia (analogia, non identità), che rende possibile un discorso teologico POSITIVO, seppur limitato e imperfetto, dunque rispettante lo scarto Dio-uomo. Insomma, la teologia negativa sembra in un certo senso fondarsi su una polemica che, fosse seguita rigorosamente e coerentemente, dovrebbe anzitutto rivolgere contro se stessa, da qui il rilievo di una sua certa paradossalità. Concluderei per ora precisando che in questo contesto non mi interessa tanto considerare le eventuali ragioni o torti della teologia positiva nell'elaborazione delle soluzioni con cui intuisce il legame tra mente umana e Dio, ma più che altro la ragion d'essere di questa autocontraddizione che rilevo all'interno della critica che queste soluzioni subiscono da parte della teologia negativa.

Dimentichi però un particolare colossale, che se è vero che non possiamo parlare di Dio, è però vero che Lui ha parlato a noi.

Si tratta di entrare in una dimensione dell'ascolto e non della critica.

In particolare modo, l'unico essere veramente accettabile è quello del suo faro, ossia del gesù terreno, in quanto voce del divino.

La teologia positiva invece continua a credere nella analogia entis, che finisce inevitabilmente nel nazismo, o in qualsiasi altro meccanismo della teologia politica, per i lettori più avveduti.

E' altrettanto vero per come sto leggendo (al solito a rilento, sono ancora nel ventennio del primo novecento) la teologia contemporanea, che il problema apostolico, dell'insegnar alle genti, costringe secondo alcuni teologi (tillich) ad aprire invece sulla mondanità necessariamente.
La differenza tra i protestanti e i cattolici è però sempre incolmabile, in quanto i cattolici non fanno alcuna critica.
E infatti tillich è comunque protestante ( o come si dice oggi evangelico).
#2277
Tematiche Filosofiche / Re:Il populismo filosofico
22 Aprile 2018, 12:01:21 PM
Citazione di: viator il 18 Aprile 2018, 17:47:07 PM
Salve. Per il Dubbio: Capisco. Non ti interessa il discorso darwiniano, che d'altra parte io non ho neppure sfiorato all'interno del mio intervento.
A te interessa il discorso ideologico, sociologico, etico (anche questi sono aspetti che non mi son sognato di trattare).
Quindi non ti interessa capire i meccanismi che hanno generato le situazioni attuali, ma sei unicamente preoccupato per lo stato attuale e futuro di una situazione che a te ed a molti non piace. Non ci resta che costruire una qualche nuova ideologia e fare in modo che trionfi. In mancanza, possiamo solo confidare nello "io speriamo che me la cavo".

Il problema viator è che le ideologie sono frutto di preconcetti. E bisogna stare attenti a mettere bene a fuoco quello di cui si vuol parlare.
Il populismo non mi sembra vada in quella direzione.

Anche se poi esiste un filosofo spagnolo, che ovviamente è ritornato di moda, che nella quarta di copertina, si interroga proprio sul populismo, e invece di fare la solita critica negativa, si concentra sul suo valore positivo.

Ossia se il populismo ha ragione, le sue ragioni devono essere indagate in maniera approfondita, nelle esigenze di chi lo chiede.

A ben vedere anche qui in Italia, le esigenze sono tutte molto materiali e urgenti.

Dunque l'ideologia (di cui i 5stelle sono stati subito catturati, senza opporre alcuna resistenza intellettuale, e di questo mi sorprendo!) è addirittura nemica del populismo, laddove pienamente inteso, come emergenza.




#2278
X sgiombo.


Grazie per l'interessante taglio della critica a cui sottoponi l'attuale filosofia teoretica.

Concordo ovviamente con Engels (grazie per la citazione), si tratta di tornare a meditare sul pensiero.
Come forma di critica, come tu, a mio parere correttamente, fai (per lo meno nello stretto rapporto tra oggetto (presunto) ed esistente (Das Ding).

Mancherebbe però la tua interpretazione di Mondo.

Non mi sembra sia un tema che affronti spesso: è vero che la tua è una critica epistemica, alla base cioè del sistema pensiero, ma ammettendo che esista una coincidenza fenomenica, il pensiero come si pone rispetto ad essa?

Ossia alla sua interezza, come Mondo.

Oppure ritieni che sia un concetto fumoso (e basta), d'altronde so per certo che non sei un estimatore di Heidegger, a cui tale concetto è ormai associato.

ciao  :)
#2279
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
22 Aprile 2018, 11:38:13 AM
Mi accodo.

Secondo me esiste come ciclo.

Perchè se (e solo se) il tempo esiste, allora è possibile formulare non solo una sua forma continua come siamo soliti usare, ma anche come forma circolatoria, o a imbuto come Godel ammise.
Nel caso dell'inbuto, giunti al suo vertice il cono continua in un cono opposto.
Ammettendo in quel caso, addirittura il ritorno nel passato. Come se fossimo in una infinita clessidra.
Rimarrebbe il quesito della massima espansione del cerchio...ma su quello ignoro.
Per conto mio, credo fermamente nella ciclicità, come è già intuibile dal giro delle stagioni e della volta celeste.

Per quanto riguarda Dio seguo l'idea protestante/evangelica che Egli NON è nel tempo, è fuori dal tempo. E solo per questo dicibile come Eterno.

Edit.

E ovviamente credo nell'ESSERE, del qui e ora come eterno, tema filosofico per eccellenza.
#2280
Mi pare troppo facile in effetti  ;D


Comunque concordo con Bobmax. Aspetto di capire se c'è dietro qualcosa  ;)