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Messaggi - iano

#2281
Varie / Re: Rastislav e la quadratura della stella
23 Febbraio 2024, 21:28:45 PM
Citazione di: Eutidemo il 22 Febbraio 2024, 09:32:46 AM
Rastislav entra nella cella di un prigioniero, e gli consegna un foglio sul quale è disegnata la seguente stella a sei punte:
***

Ma cos'è esattamente una stella?
Se voglio illustrare cos'è un quadrato non basta disegnarlo, devo anche dire qualcosa sulle sue caratteristiche, su ciò che lo definisce.
Ancor più ciò vale per una stella, in quanto figura geometrica meno usuale rispetto al quadrato.
Non basta disegnarla e dire, questa è una stella.
A prima vista sembra una qualche sovrapposizione di due triangoli equilateri, riducendola a forme più familiari.
Ma in che modo esattamente sovrapposti?
Questa è pignoleria, prevenendo la tua critica, ma la pignoleria è matematica. :)
#2282
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 19:34:20 PMNon so se hai figli, ma l'illusione dell'esistenza e dell'attesa di Babbo Natale è una gioia per i bambini. Magari non per tutti, ma per la stragrande maggioranza si. Perché privarli di questa gioia per la nuda verità ,  poco poetica, che sono i genitori ad andare in negozio? Perché andare vestiti da  illusorio Spider-Man in ospedale per sollevare dalla sofferenza i bimbi oncologici e non dirgli invece la nuda verità, che soffriranno e probabilmente non usciranno vivi da lì? Voglio dire: cosa rimane pper molti della vita se togli ogni illusione? E cosi torniamo agli ospedali , ai macelli, agli ospizi (e ai cimiteri) di cui scriveva Koba2
Il punto è che i bambini credono perchè hanno la capacità di farlo, e  questa capacità non si perde crescendo come ci piace credere, e inoltre  secondo me è una capacità vitale.
Se ciò che ci appare come realtà fosse ciò che è, e già cosi fosse ricca di meraviglie, come dice Ipazia, rimane il fatto che noi la consideriamo credibile non perchè  non potrebbe apparirci diversamente pena la perdita di credibilità, ma perchè siamo capaci di credere ad ogni diversa realtà che ci appaia come tale.
La realtà come ci appare da adulti è il nostro babbo natale.
La differenza è che gli adulti...si illudono da professionisti.
Quella di non illudersi è propriamente l'illusione che ci fà apparire la realtà per quel che è.
Ma una realtà che ci appaia per quel che è presuppone una realtà che risponda alle nostre sollecitazioni senza restarne alterata.
Questa influenza in effetti può trascurarsi nel macroscopico, ma nel microscopico la presunta realtà ne viene ribaltata. Questo significa che la nostra sollecitazione muta la realtà che non potrà perciò davvero apparirci per quel che è. Micro e macro sono cosi di fatto due mondi a parte, che servono a negare questa verità, mentre la realtà è una sola, e l'unica spiegazione logica è che  non è nessuno di quei due mondi.
Questo noi lo sappiamo bene, ma preferiamo rimandare la questione a una riunificazione di quei diversi mondi che non sappiamo se mai avverrà, in quanto in se non è una necessità. Così il mondo, comunque ci appaia,  è una illusione che siamo capaci di difendere contro ogni evidenza logica, perchè istintivamente ad essa leghiamo la nostra esistenza, perchè la stessa immagine che abbiamo di noi, in quanto scambiata e confusa con quel che noi siamo, è da difendere ad ogni costo.
Se così stanno le cose, quella di babbo natale è una questione parecchio seria, su cui c'è poco da scherzare. :)) , anche se una bella risata non guasta mai.
E' una questione da considerare importante perchè se vogliamo vederci per quel che siamo non c'è niente di meglio che osservarci nella nostra fase più autentica, quella in cui non abbiamo ancora eretto tutte le nostre difese.


#2283
Citazione di: Phil il 23 Febbraio 2024, 18:36:23 PMEvito metafore in modo da scongiurare che risultino fuorvianti, ma tengo la parola «decostruzione» perché (qui scopro le carte) fa anche riferimento ad una corrente post-fenomenologica (v. Derrida ed altri). Chiedi: «[decostruire] per giungere a cosa?». La domanda è traducibile più semplicemente in «a che serve un'analisi critica?». Un'analisi critica può poi comportarne un'altra, e così via; allora perché farla? Questione che mi sembra strettamente imparentata con «perché riflettere sulla realtà?».
La risposta, per me, è piuttosto "contestuale": siamo nella sezione tematiche filosofiche.
Credo finora si sia inteso criticare per costruire una alternativa a ciò che si è criticato, mentre una decostruzione vale solo  percorrere una costruzione in senso inverso, per imparare a costruire se non la stessa cosa qualcosa di sostanzialmente simile, se si ritiene ciò possa servire, usando la consapevolezza acquisita.
Ma questo è in effetti ciò che abbiamo fatto e senza avere  neanche tanta consapevolezza di starlo facendo.
Intendo dire che è l'aver costruito mondi virtuali a suggerirci che anche il nostro potesse esserlo, per cui non possiamo neanche distinguere fra loro questi mondi di fatto discriminando la loro virtualità.
Fatti e conoscenza si rincorrono nascendo gli uni dagli altri e viceversa.
il nostro senso di realtà, cioè la realtà come in modo diretto sembra apparirci, deriva in effetti da una semplificazione necessaria, ma sempre meno necessaria e sempre meno giustificabile.
Però si può intendere il tutto invece come una complicazione non necessaria e sopratutto non desiderabile, come se noi potessimo avere il controllo completo della nostra evoluzione, fino a poterla arrestare.
Si potrebbe davvero arrestare il progresso tecnologico anche se tutti fossimo d'accordo a farlo?
Non credo, anche perchè se potessimo farlo lo avremmo già fatto.
Il paradosso è invece che se potessimo tornare indietro, abolendo tutte le tecnologie che ormai sono divenute parte integrante di noi, nessuno sarebbe d'accordo a farlo , mentre invece a suo suo tempo se fosse stato possibile farlo le avremmo bloccate.
Fermarsi si, ma tronare indietro mai, come se ci fosse un punto preciso in cui doversi fermare, e questo punto guarda caso coincide sempre col tempo che viviamo.
Significa maledire oggi ciò a cui, col senno di poi, non siamo disposti a rinunciare.
Significa avere problemi ad accettarsi.

Diversamente la critica, non avendo mai arrestato il corso degli eventi, diventa un freno a quel corso non necessariamente in senso negativo, se l'accelerazione degli eventi non sia cosa in se  positiva.
La critica quindi al minimo, come pratica di adattamento al nuovo, e come espressione dell'inevitabile disagio che l'adattamento comporta.
Un disagio che ci porta a dire, bene andare avanti, ma anche no, che è quello che diciamo sempre, in ogni tempo, col senno di poi.
#2284
Citazione di: Pio il 23 Febbraio 2024, 15:19:07 PMMa siccome siamo costruiti dalle illusioni, temo che anche il sopravvalutato "disincanto" non ne sia che l'ennesimo prodotto. Ancora più insidioso delle altre perché culla nell'illusione di "aver scovato le radici" dell'illusione. Così mi creo un sistema di pensiero che sveli l'incanto, e me ne incanto 😘 scusate il gioco di parole. In realtà magari nego a me stesso che decostruisco perché provo odio o avversione verso quel concetto. Naturalmente non ammettero' facilmente che è un'altra illusione che mi muove:magari è l'idea che sbarazzandomi di quel particolare concetto vivrò in un mondo migliore, più giusto, più libero ecc. Un' altra illusione, più nascosta, appare e mi muove.

Credo anch'io che il disincanto sia molto praticato oggi, ma credo anche che questa pratica non possa che portare al pessimismo se il risultato non è una rivalutazione della illusione, se cioè il risultato non è un ribaltamento dell'opinione negativa  che finora ne abbiamo avuto.
Se il disincanto ci ha portato ad escludere che attraverso i sogni potessimo prevedere il futuro, dovremmo però concludere che ci porta a conoscere il nostro presente, quel che siamo, un accumulo di illusioni, appunto.
Se però poi rifiutiamo questa conoscenza, se la respingiamo perchè non ci piace, allora non ci resta che il pessimismo.
Non possiamo più opporre l'illusione alla realtà, perchè la realtà in se è inaccessibile.
Inaccessibile ma non inesperibile, e il risultato di questa esperienza è un illusione, ma è una illusione vitale, è letteralmente il mondo in cui viviamo e senza il quale non possiamo vivere.
Giunti a queste conclusioni, rifiutare l'illusione oggi significa rinunciare al mondo, rinunciare alla vita.
Può anche essere che questa minestra che ci siamo serviti da soli non ci piaccia, però bisogna anche considerare che il gusto non è un assoluto, ma un prodotto dell'abitudine.
Scoprire che ciò che abbiamo creduto essere reale sia una illusione, una costruzione, potrebbe farci sfuggire quanto  meravigliosa sia questa costruzione, impedendoci di prendere norma da essa.
In particolare, stante l'opinione che abbiamo storicamente negativa dell'illusione, potrebbe sfuggirci che per quanto  relativa, l'illusione in cui viviamo non è per nulla arbitraria.
Forse noi ci sentiremo adesso sperduti, come se avessimo perso il contatto diretto con la realtà, di non avere più i piedi per terra, ma l'illusione in cui viviamo i piedi per terra li ha invece ben piantati, cioè non è un arbitrio che nasce dal nulla.
Semplicemente in quanto relativa non è espressione unica possibile della realtà.
Altre espressioni sono possibili e noi le possiamo creare, e anzi lo abbiamo già fatto.
La lezione che ne dovremmo trarre è che la consapevolezza di ciò che facciamo non è necessaria al fare, e anzi spesso viene dopo, e quando viene rinnova i nostro fare, ma più nei modi che nella sostanza.
#2285
In altre parole, perchè più che scrivere parole non possiamo, ;)
Ciò che chiamiamo realtà non è la realtà, ma un mondo che nasce dalla nostra interazione con la realtà.
Siamo ben scusati di aver fatto questa confusione, perchè è come aver letto un giallo in cui dalla prima pagina era chiaro chi fosse l'assassino.
Nelle pagine di mezzo poi sembrava che gli indizi fossero ancora tutti contro di lui.
Ma nell'ultima pagina, quella che ancora stiamo leggendo,  iniziamo a sospsettare che l'assassino non era quello, e abbiamo invece adesso buoni indizi per sospettare che il vero assassino non verrà mai trovato.
Si potrà essere delusi dal fatto di non conoscere l'assassino, ma alla fine dovremmo ammettere di aver letto un giallo magistralmente architettato.
Cosa dovremmo imparare da questa lettura col senno di poi?
Dovremmo imparare come si scrivono i gialli, o come si costruiscono mondi in modo consapevole, continuando comunque vivere in un mondo che non abbiamo costruito consapevolmente, ma che in qualche modo è stato edificato.
Costruire un mondo in se non è una novità, la novità è costruirlo in modo consapevole, ma dovremo rinunciare al senso di realtà, ma al massimo a un suo surrogato immaginario che dura il tempo di un videogioco, dentro una realtà virtuale.
E' dentro una realtà virtuale che abbiamo appunto sempre vissuto, ma solo oggi iniziamo a sospettarlo.
Però alla fine, anche se è così, non vedo dov'è il dramma, o meglio, se vuoi, inizio a farci l'abitudine, e l'abitudine è ciò che tramuta  la più grande meraviglia nella normalità.
Quella normalità che ci appare appena apriamo gli occhi, come se ciò fosse ovvio, e non il risultato di una lunga evoluzione ancora in corso che sembra però trovarsi di fronte ad una svolta epocale, e questa è la vera novità...
...l'anno vecchio è passato e un nuovo anno arriverà.

La fisica strettamente è esperienza di realtà, ma la teoria fisica che và oltre quell'esperienza, è già metafisica. compreso il mondo in cui crediamo di vivere, scambiabile con la realtà solo nella misura in cui non abbiamo consapevolezza della sua costruzione.
Fisica e metafisica sono più strettamente intrecciate di quanto non si voglia credere.
però scordiamoci da ora in poi il senso di realtà, tenendoci caro quello vecchio, per quanto sempre più in contrasto con le teorie fisiche, contrasto che avremmo dovuto aspettarci col senno di poi.
Il limite della filosofia, almeno nei limiti della mia ignoranza e di ciò che osservo dentro questo forum, è di essere ancora intrappolata in un vecchio mondo, ancora strettamente legata al senso di realtà.
E questo è un peccato perchè i nuovi mondi che nascono hanno bisogno della metafisica come i mattoni della calce per stare insieme. 

#2286
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:08:27 AMLa tua nozione di metafisica, come di ciò che sta sopra la fisica e che ci permette di comprenderla, è talmente generica da coincidere con la conoscenza. Noi costruiamo immagini, concetti, modelli esplicativi per capire la natura: questa è conoscenza, conoscenza per sua natura astratta, generale, non vedo perché definirla metafisica, confondendola con ciò che storicamente è stata la metafisica, cioè dottrina dell'essere vero, di ciò che è principio, causa, fondamento della realtà.
Il fatto che una nozione come "materia" sia presa come naturale, scontata, come se non fosse problematica, come se non avesse una storia, indica un errore di natura epistemologica, ovvero tradisce un realismo inconsapevole, la convinzione cioè che quel concetto è tanto appropriato alla realtà che descrive da essere quasi tutt'uno con essa, e non rappresentazione astratta.

Secondo me il realismo non può che essere inconsapevole.
I modelli esplicativi della fisica, temo proprio in quanto ne abbiamo consapevolezza, non produrranno mai un nuovo realismo, sopratutto perchè non riescono ad intaccare il nostro senso attuale del reale, rinnovandolo. Non possiamo smantellare ciò che non sappiamo come è stato edificato.
Continueremo quindi a convivere con un senso del reale e una conoscenza della fisica che faranno sempre più a pugni.
Il senso del reale equivale all'idea del paradiso terrestre, che infatti non può essere immaginato diversamente che come una versione corretta e modificata della realtà come la viviamo in questo mondo.
La conoscenza è il motivo, il peccato, per cui siamo fuori dal paradiso, anche se in effetti non ne siamo proprio fuori, finché non perdiamo del tutto il senso di realtà.
Il seno di realtà infatti non è strettamente necessario come dimostrano i fisici quantistici, capaci di interagire con una realtà che pure non comprendono.
Tuttavia credo che ci porteremo dietro il vecchio senso di realtà, facendolo convivere con le conoscenze sempre più in contrasto con esso.
Questa convivenza potrà essere contraddittoria ma non perciò impossibile o priva di utilità, perchè se vediamo il senso di realtà come una protofisica, troviamo contraddizioni anche in teorie fisiche che non perciò non riusciamo  a far convivere utilmente.
Un teoria fisica unificata fino prova contraria è solo utile, ma non necessaria, e credo che in modo non dichiarato sia il tentativo di recuperare un nuovo senso di realtà, in quanto la realtà è unica.
Questa visione però non fà i conti con l'influenza che lo sperimentatore introduce nei mondi che costruisce, e se non c'è un solo modo consapevole di porsi di fronte alla realtà, di interagire con essa, dovremmo aspettarci che questi mondi possano essere fra loro in collisone, o meglio a girare uno attorno all'altro in un equilibrio non necessariamente problematico di fatto.
L'unico problema è nella delusione delle nostre aspettative.

Il fatto di vivere in mondi fra loro contraddittori è oggi un problema della filosofia, non della fisica, e se i fisici vanno in cerca della teoria-mondo unica è perchè sono uomini, e quindi pure filosofi, e anzi secondo me fra i migliori.

In sostanza non è vero che dobbiamo conoscere la realtà per potervi interagire, perchè è dalla interazione con la realtà che deriva la conoscenza, e dalla conoscenza semmai un modo rinnovato di interagivi.
Il senso di realtà è nato dall'aver assimilato la conoscenza della realtà alla realtà.
Questa assimilazione andrebbe continuamente rinnovata quindi, al crescere della consapevolezza, ma è proprio questa consapevolezza che impedirà l'assimilazione.
la consapevolezza che non può essere confusa la realtà con una sua descrizione.
La realtà sarà fatta anche di parole, ma non coincide con le parole, e nella misura in cui sembra coincidervi non è verità, in quanto ciò che è fatti di parole può essere sempre smentito.
Se c'è una verità non e fatta di parole, e in genere non è conoscibile, perchè ciò che è conoscibile può essere sempre criticato e smentito.
Il potere della parola è stato sovrastimato, perchè noi ci sovrastimiamo.
Il filosofo dovrebbe ridimensionarsi ad artigiano del logos.
L'unica percezione diretta che abbiamo della realtà ha nome Dio, ciò che in teoria non potrebbe neanche essere nominato, perchè dargli un nome significa degradarlo.
Ma se abbiamo la percezione di Dio, ciò significa che percepiamo comunque ciò che sta dietro a tutto ciò cui possiamo avere accesso diretto.
Dio in effetti è un ipotesi necessaria quanto lo è la realtà, e per me in particolare sono la stessa cosa.
#2287
Citazione di: Koba II il 22 Febbraio 2024, 10:46:19 AMla metafisica copre le cose incomprensibili e irrazionali e terribili con il suo sistema

Non hai torto, ma io la racconto in un altro modo questa storia.
Io credo che senza metafisica non vi sia comprensione della fisica.
In particolare non vi è evidenza delle cose, cioè la comprensione immediata delle cose, anche se immediata propriamente non è, in quanto appunto è mediata dalla metafisica. la metafisica è un iceberg del quale noi balbettiamo solo ciò che confusamente emerge alla nostra coscienza., di modo che percepiamo qualcosa di cui non sappiamo dire, e non potendo dire non possiamo criticare.
La critica alla metafisica difficilmente può intaccare quindi la sua parte sommersa, se ciò può darti un pò di ottimismo.
Questo è il motivo per cui anche quando sgamiamo la natura illusiva di certe apparenti evidenze, ciò non intacca la loro natura di immediatezza, perchè la parte sommersa della metafisica non viene intaccata da una consapevolezza residuale.

La metafisica è la fonte della nostra comprensione, e funziona come tale finché non viene compresa, e può venire compresa solo se una nuova metafisica la sostituisce, a partire da essa.
Abbiamo esempi di ciò col senno di poi?
Chi conosce a fondo la storia della filosofia potrebbe provare a rispondere.
Io ne dubito, perchè associo la costruzione metafisica ai tempi evolutivi.
Anche se mai dire mai, viste le accelerazioni evolutive che viviamo.
Però non è da credere che assisteremo ad una evoluzione che seppellisce dentro di noi i cambiamenti evolutivi facendone carne della nostra carne, senza bisogno che ne siamo consapevoli.
Le nuove tecnologie resteranno fuori di noi, prestandosi in tal modo più che mai alle critiche, e l'unico modo per legarle a noi è un uso massiccio, mai sperimentato, di coscienza.
Non è un compito facile e facile è cadere invece nel pessimismo.
Uno sguardo a volo d'uccello, o di drone, sulla storia dell'uomo dovrebbe però rilevarci, che a parte i dettagli, non c'è niente di nuovo.
Basterebbe usare il senno di poi senza farsi prendere dall'emotività.
Non credo che stiamo vivendo tempi speciali, nonostante tutto, per quanto gli uomini tendano a dare un posto centrale al tempo che vivono.


 

#2288
Il ciclico pessimismo che accompagna la storia umana cosa dovrebbe insegnarci col senno di poi?
La difficolta a dare una risposta potrebbe risiedere nel fatto che parlare di storia umana è una semplificazione, perchè ad ogni ciclo abbiamo una nuova umanità.
Da questa semplificazione potrebbe derivare l'idea di un etica assoluta, e non invece relativa all'uomo nuovo, se è un etica che ha base naturale.
Ad ogni ciclo abbiamo un uomo nuovo perchè ha inglobato in se nuove tecnologie che sono la causa prima che scatena il pessimismo, che ha il valore di un rigetto da trapianto tecnologico.
Parliamo di un uomo che rigetta la nuova tecnologia, ma che è esso stesso una sedimentazione di tecnologie accumulate, e che non si sogna di rimettere in discussione queste vecchie tecnologie ormai parte integrante di se.
E' una storia che si ripete in modo banale e con una puntualità da credere che da essa nulla abbiamo imparato.
C'è da dire anche che il pessimismo in quanto reazione immunitaria ha una sua funzione vitale, per cui potrebbe essere fatale saltare questo passaggio, siccome istruiti dalla storia.
Poi ci sono anche gli ottimisti, quelli come me ad esempio, e pure quelli, si spera, avranno la loro utile funzione.
Alla fine comunque il sistema immunitario impara sempre a riconoscere la tecnologia nuova come parte , e il processo si ripeterà così, finché ci sarà un umanità.
Sembra strano che ogni volta lo trattiamo come cosa sempre nuova,( ...non c'è più mondo...non si è mai vista una cosa del genere...)  come se lo volessimo ignorare a bella posta, e il sospetto è che questa ignoranza possa essere funzionale.
La febbre, il pessimismo, in fondo è il sintomo che il corpo sta reagendo a un problema di salute, ma succede pure che una reazione esagerata ottenga l'effetto opposto uccidendoci.
E' sempre una questione di equilibrio alla fine.
Basta non esagerare in pessimismo quanto in ottimismo.
#2289
Varie / Re: L'enigma dell'orologio
21 Febbraio 2024, 21:22:16 PM
Perfettamente funzionante? >:(  :D
#2290
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 12:34:07 PMAllora recati a Gaza e vai a spiegare a qualcuno di loro che non se la prenda troppo perché questo non é un mondo reale. Non mi interessa discutere con chi nega certe cose. Saluti

Rispetto la tua volontà, ma continuerò a leggere i tuoi post che tanti spunti di riflessione mi hanno dato.
Però hai ragione che tendo a sorvolare sulla cronaca.
Sono fatto così.
Mi piace vedere le cose da lontano in un quadro generale.
Non sò se è un bene o un male , ma mi aiuta nei momenti in cui ho l'impressione che il mondo ce l'abbia con me riuscire  ad osservarlo in modo distaccato.
#2291
Le nostre interazioni con la realtà più che creare conoscenza, creano i mondi in cui viviamo, e che perciò crediamo di conoscere, e se questa conoscenza pur ci sembra parziale, tanto da ridurla esagerando al sapere di non sapere, è perchè le interazioni non sono finite, perchè la costruzione dei nostri mondi non ha fine finché noi ci siamo. Da ciò, interpretando il sapere come qualcosa di indipendente da noi, data l'evidenza con cui  le cose ci appaiono, si può trarre l'impressione di una progressione verso qualcosa che chiamiamo verità, una evidenza definitiva, non più attaccabile, che varrebbe di fatto però come la fine della nostra interazione con la realtà, e che non a caso ci immaginiamo, se abbiamo fatto i bravi in questo mondo, a contemplarla in una eterna immobilità in un altro .
Costruire questi mondi in sè non è difficile, tanto è vero che ognuno è capace di costruirsene uno a propria misura, col rischio però poi di restarvi intrappolato, perchè la parte difficile non è, appunto, costruirli, ma condividerli, e questo credo sia un tratto della nostra evoluzione che non può essere accelerato, come invece tutto il resto del nostro mondo sembra oggi fare.
La meccanica quantistica non creerà nessun mondo in cui potremo vivere nell'immediato., e non sappiamo semmai lo creerà, perchè potremmo trovarci di fronte ad una svolta evolutiva.
Di sicuro al momento non sappiamo che metafisica dovrebbe fare da base alla nuova fisica, ma i fisici, seppur sinceramente turbati non meno di noi che poco ci capiamo, non sembravano aver trovato ostacolo in ciò ad andare avanti.
Niels Bohr ha detto che chi crede di aver capito la meccanica quantistica allora vuol dire che non l'ha capita.
Quindi forse è proprio la metafisica che sta sotto al concetto di ''capire'' che è arrivato il momento di smascherare., e fatto ciò forse capiremo che non c'è niente da capire.
#2292
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 11:39:34 AM
L'oscurità di cui parlo è invece proprio la metafisica, quella oscura metafisica che ci fa desiderare un mondo fatto su misura per il proprio io invece che fatto su misura per tutti. Posso capire che l'individuo possa scambiare la mappa per il territorio, ma diventa per me problematico seguirti quando sostieni che l'individuo scambi "il mondo in cui viviamo" (non capisco perché l'hai messo tra virgolette) per la realtà. ¿Secondo te non è ovvio che se ti tagli una gamba recidendo magari un'arteria, oltre che a sentire il dolore (mondo reale) se non agisci in fretta te ne vai in un paio di minuti all'altro mondo?
Ti dirò allora che per me tutto questo è ovvio e ti invito a scendere coi piedi per terra. Tu dici inoltre che il compito della filosofia è smascherare le ovvietà. Beh, io l'ho fatto, ma sembra che tu non lo accetti senza tra l'altro contestare ... non lo accetti e basta. E allora ti chiedo: com'è possibile che tu ti renda conto che l'osservatore influenzi la realtà e non ti renda conto del motivo che regge infine tale evidenza?, cosa che per me invece sarebbe ovvia

Non sono io che decido coscientemente cosa è ovvio, perchè l'evidenza sembra venire da se,  non è un fatto individuale , ma condiviso, e proprio queste sue caratteristiche ci inducono a scambiare il mondo in cui viviamo per la realtà, e perciò  ho usato le virgolette perchè in ragione di ciò li usiamo come sinonimi.

L'evidenza delle cose deriva da una metafisica condivisa, ma mai assoluta, per cui succede che la si può cambiare, seppur con l'inerzia che deriva dal suo essere condivisa, negando qualcosa che a tutti sembra vera.
Però io non credo che siamo noi in modo diretto a decidere la nuova metafisica. noi possiamo solo dismettere la vecchia, o meglio provare a individuarla, e individuarla equivale a dismetterla perchè essa non regge alle critiche quando viene evidenziata.
Può agire solo in incognito, al riparo dal logos.
Noi al massimo riusciamo solo a percepire qualcosa di confuso che da essa si origina e che riusciamo solo a balbettare senza di fatto dire nulla, come quando parliamo della ''cosa in sè''.
La fonte delle cose ''che appaiono come sono'' in tutta la loro evidenza, non è per niente evidente.

Il lavoro dei filosofi è eccellente quando bisogna criticare la metafisica dei loro predecessori, ma è un pò come uccidere un uomo morto, perchè la metafisica una volta svelata ha i giorni contati, divenendo facile preda del logos.
Poi falliscono però miseramente quando devono proporre la loro metafisica alternativa, il che c'era da aspettarselo col senno di poi.
Non sono i filosofi in modo diretto a costruire le nostre metafisiche condivise, perchè non è con le parole che si costruiscono.  Le parole servono solo a smontarle, e di più i filosofi non possono fare.
#2293
Citazione di: daniele22 il 20 Febbraio 2024, 09:09:24 AM
Ciò che l'individuo non dovrebbe esplicitare è proprio l'oscurità in cui si trova immerso, pena la sua vulnerabilità.
Non è a questa oscurità che mi riferivo, ma a quella metafisica nascosta in noi che ci fa scambiare il ''mondo in cui viviamo'' per la realtà. Quella metafisica che ci fa apparire ovvio ed evidente ciò che ovvio non è, perchè, o tutto è ovvio, oppure nulla lo è, e secondo me nulla è ovvio.
Il compito della filosofia quindi secondo me è di smascherare le ovvietà, scovando le metafisiche che le generano,
e ciò significa mettere in crisi il mondo in cui viviamo
sapendo però che altre metafisiche prenderanno il loro posto per  generare un nuovo mondo.
Questo mondo è solo un interfaccia fra noi e la realtà, e ci dice della realtà tanto quando dice di noi, e cambia quando noi cambiamo.
Ma non siamo noi scambiare la realtà, è la realtà che ci cambia.
Noi possiamo solo fare più o meno resistenza al cambiamento, perchè il nuovo mondo quando si profila ci sembra sempre sbagliato, ma poi diventa giusto col senno di poi.
Il punto è se sarà possibile per noi, intesi come vecchia generazione, vivere nel nuovo mondo , perchè finora si è verificato che tale trasloco sia equivalso ad un cambio generazionale.
Considerando l'accelerazione dei cambiamenti mi chiedo se saremo capaci di vivere  più mondi nell'arco di una sola generazione o se ci tocca morire conservatori indissolubilmente legati al mondo in cui siamo nati.
Se vogliamo restare seppelliti, ancora vivi, nei bei tempi andati.

L'oscurità di cui parli tu è forse quella che ci fa desiderare un mondo fatto su misura  solo per ognuno di noi.
Per capire se viviamo in un mondo fatto così basta verificare se noi siamo buoni e gli atri tutti cattivi. :))
Cosa che, per quanto nuove ovvietà scalzino le vecchie, ovvia non dovrebbe mai essere considerata.
Se invece la consideriamo ovvia, allora vuol dire che viviamo in un mondo a parte, fatto solo per noi, e in parte ciò deve essere vero per ognuno di noi, nella misura in cui siamo portatori più o meno sani di individualità.
Ognuno di noi in qualche misura è un mondo a parte che solo quella strana cosa detta amore riesce ogni tanto ad unire.
#2294
Varie / Re: L'enigma dell'orologio
19 Febbraio 2024, 13:37:53 PM
Ho l'impressione che tu abbia in testa una precisa idea di orologio che dai per scontato sia condivisa da tutti.
Vediamo se indovino. Il tuo orologio equivale a un pendolo,
essendo che il pendolo dovrebbe funzionare solo in posizione verticale ?
#2295
Varie / Re: L'enigma della formichina
19 Febbraio 2024, 13:14:05 PM
@ Eutidemo.
Come ho già detto diverso volte il tuo essere  matematico a modo tuo ci permette di ripercorrere la storia della matematica nella sua essenza umana, e non iperuranica. Cioè di una mirabile costruzione umana tanto faticosa da lasciarci increduli col senno di poi.
Infatti chi oggi quelle soluzioni se le trova belle e fatte, apparendogli ovvie, non si capacità della difficolta occorsa per giungervi.
Ma propriamente tu, e in parte ancora anch'io ( ciò che mi permette di condividere e comprendere pienamente i tuoi affanni), sei immerso in queste difficoltà fino al collo, in modo meravigliosamente per me, paradigmatico.
In pratica è come tornare indietro nel tempo e rivivere la storia.
Alla fine di questa storia, di questo lungo percorso umano della matematica, ti anticipo chi è l'assassino :), in attesa che ci arrivi da solo, perchè non ho dubbi che ci arriverai, l'assassino, o  la parola d'ordine che ha ucciso la matematica intuitiva, è la generalità, per cui se le possibili soluzioni a naso sono due, non basta confrontare queste due, ma bisogna prendere in considerazione tutti le infinite possibili soluzioni e. confrontarle fra loro.
Questo potrebbe sembrare una complicazione eccessiva del problema, fino a renderlo irresolubile di fatto, sopratutto se ci si lascia impressionare dall'infinito.
Ma almeno nel caso del nostro enigma l''infinito non sembra essere un problema.
Fra gli infiniti percorsi possibili fra due punti su un piano Euclide ci dice infatti qual'è il più breve, il segmento di retta che li congiunge, per cui non dovremo confrontare gli infiniti percorsi, a coppie, una per una, una volta che ''spianato il cubo'' potremo risolvere il problema sul piano.