@ Koba
''So di non sapere quel che so'', inteso come ''so di non sapere tutto ciò che contengo'', con il conseguente invito a conoscere se stessi, potrebbe essere il continuo del percorso socratico che non è un cammino solitario, perchè condividiamo quel che sappiamo di non sapere.
Quel che sappiamo di sapere è la parte minoritaria di noi, quella che ci fa diversi in tale apparenza da crederci del tutto diversi, ma conoscere se stessi equivale invece a conoscere gli altri, che equivalgono alla parte nascosta di noi.
Il perdono che Papa Francesco invita a praticare senza eccezioni, quando è un perdono sincero, rende felici, perchè equivale ad una accettazione del grosso di se, il noi che ignoriamo.
Se continuiamo a proiettare il male quanto il bene fuori di noi, come altro da noi, questo ci porta dritti alla depressione derivante dall'impossibilità di conoscerci e quindi di accettarci.
La disillusione che si prova verso il mondo è rifiuto di de stessi.
''So di non sapere quel che so'', inteso come ''so di non sapere tutto ciò che contengo'', con il conseguente invito a conoscere se stessi, potrebbe essere il continuo del percorso socratico che non è un cammino solitario, perchè condividiamo quel che sappiamo di non sapere.
Quel che sappiamo di sapere è la parte minoritaria di noi, quella che ci fa diversi in tale apparenza da crederci del tutto diversi, ma conoscere se stessi equivale invece a conoscere gli altri, che equivalgono alla parte nascosta di noi.
Il perdono che Papa Francesco invita a praticare senza eccezioni, quando è un perdono sincero, rende felici, perchè equivale ad una accettazione del grosso di se, il noi che ignoriamo.
Se continuiamo a proiettare il male quanto il bene fuori di noi, come altro da noi, questo ci porta dritti alla depressione derivante dall'impossibilità di conoscerci e quindi di accettarci.
La disillusione che si prova verso il mondo è rifiuto di de stessi.


