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Messaggi - iano

#2296
@ Koba

''So di non sapere quel che so'', inteso come ''so di non sapere tutto ciò che contengo'', con il conseguente invito a conoscere se stessi, potrebbe essere il continuo del percorso socratico che non è un cammino solitario, perchè condividiamo  quel che sappiamo di non sapere.
Quel che sappiamo di sapere è la parte minoritaria di noi, quella che ci fa diversi in tale apparenza da crederci del tutto diversi, ma conoscere se stessi equivale invece a conoscere gli altri, che equivalgono alla parte nascosta di noi.
Il perdono che Papa Francesco invita a praticare senza eccezioni, quando è un perdono sincero, rende felici, perchè equivale ad una accettazione del grosso di se, il noi che ignoriamo.
Se  continuiamo a proiettare il male quanto il bene fuori di noi, come altro da noi, questo ci porta dritti alla depressione derivante dall'impossibilità di conoscerci e quindi di accettarci.
La disillusione che si prova verso il mondo è rifiuto di de stessi.
#2297
Citazione di: Koba II il 19 Febbraio 2024, 11:46:35 AMHai parlato di giustizia. Ma perché la pratica della giustizia, sia quando ci riguarda direttamente in questioni private che in quelle pubbliche, è sempre così deludente, modesta?
A causa di un deficit di conoscenza?
Se fossimo stati bravi nell'attività di questo meta-sapere che è, secondo te, la filosofia, tutto sarebbe andato diversamente?
Io non credo.
Socrate faceva il suo primo passo nella filosofia proclamando di "sapere di non sapere"?
Ripartiamo da lì. Ribaltiamo noi stessi, le nostre certezze. Non accontentiamoci di discorsi pseudo-scientifici che vorrebbero spiegare quello che in realtà presuppongono. Teniamo d'occhio il senso comune, perché la filosofia è tutt'altro.
Allora si prenderà atto che ciò che si sta facendo è un cammino in solitudine. È comprensione dolorosa di se stessi, dolorosa perché è una rinuncia a tutte le cose del mondo, che ormai appaiono per quello che sono, inconsistenti, illusorie.
Ma, come ho già spiegato, questo stesso cammino, è in parte illusorio, perché è alimentato da una speranza assurda, cioè quella di arrivare ad una meta, anche se si sa fin dall'inizio che la meta non esiste o non è raggiungibile. Senza questa serietà "sbagliata" tuttavia ci si fermerebbe subito, al primo ristoro. Per cui, sia benedetta nei secoli dei secoli!


Per rispondere anche a bobmax: si è capito da quello che ho scritto sopra che sono almeno in parte d'accordo con te. Il tuo discorso si addice anche alla conversione religiosa. La metamorfosi, preparata dal lavoro della rinuncia e della disillusione, potrebbe essere l'accoglimento dell'assurdo, cioè della possibilità di Dio, del Dio cristiano, non di un dio che se ne sta lontano al riparo dai paradossi che la sua presenza provoca nel credente. Ma noi siamo come Abramo, senza però l'udito per sentire chiaramente ciò che ci comanda. Con il sospetto che ci rode dentro che il comando che crediamo di avere sentito era solo l'eco del discorso di un prete, l'eco delle parole di un clown.

#2298
Varie / Re: L'enigma della formichina
18 Febbraio 2024, 14:16:42 PM
Citazione di: Eutidemo il 18 Febbraio 2024, 12:04:25 PM
E' vero, però, che tu mi potresti obbiettare che, invece, la mia soluzione è:
- un tantino"prolissa";
- quantomeno, molto "ridondante".
E' una questione di opinioni! ;D
***
Quello che però ho avuto modo di constatare, è che alcuni miei amici, leggendo la mia spiegazione, hanno capito subito tutti il "motivo logico geometrico" per il quale il percorso più breve, di 22 cm, è quello ACB; mentre, invece, leggendo la tua soluzione (cioè che il percorso dovrebbe essere di 10√5 cm) non hanno minimamente capito il "perchè"!
***
Ad ogni modo ciò non toglie che tu sia un ECCEZIONALE RISOLUTORE DI ENIGMI (non solo matematici);  il cui unico difetto è quello di dare per scontata, nei tuoi lettori, una intelligenza ed una "capacità di comprensione" pari a quelle tue (il che, invece, sono entrambe molto rare).
***
Complimenti ed un cordiale saluto! :)
***

In effetti metti dati non essenziali che aiutano i non matematici, ma che spiazzano i non matematici.
Non occorreva ad esempio dare la lunghezza del lato , e bastava, senza fare calcoli, una elegante soluzione visiva proprio come piace a te, oltre ad avere valenza generale, proprio come piace ai matematici, e in questo modo li avresti accontentati tutti questa volta. :))
In effetti l'enigma diversamente impostato e alla portata di tutti, anche dei non matematici, perchè si tratta di applicare una nozione basilare nota a tutti, cioè che il minimo percorso possibile fra due punti nel piano euclideo è il segmento di retta che li unisce.
La difficolta sta nel fatto che non ci troviamo nel piano, e la soluzione è ''spianare'' il cubo, riportandolo sul piano.
Quindi ci voleva una bella immagine di cubo spianato comprensiva del segmento fra i punti.
Quindi, ''risolidificando'' il cubo, il segmento diventa una linea spezzata, che è la soluzione.
#2299
Varie / Re: L'enigma della formichina
18 Febbraio 2024, 10:30:30 AM
Molto bello questo enigma, se ho capito bene la soluzione.
Di fatto quindi si sviluppa (o si apre, oppure si smonta, non mi viene il termine giusto) il cubo sul piano, e si disegna la minima distanza fra i due punti, che non può che essere un segmento della retta che passa per i due punti.
Quindi si rimonta il cubo e si ha la soluzione.
Questa soluzione vale per tutte le coppie di punti quando il segmento che li unisce sta tutto dentro lo sviluppo piano del cubo.
Diventa allora interessante risolvere il caso quando il segmento sta fuori dello sviluppo..
#2300
Citazione di: Pensarbene il 18 Febbraio 2024, 09:34:20 AMa meno che quello che è nascosto non sia per niente illuminante e luminoso,ma oscuro in tutti i sensi.
"Quanto siete imprudenti a volte voi esseri umani" sta scritto su molte lapidi....


Non a caso invitavo preventivamente ad un atteggiamento di ricerca gioiosa, paventando il tuo post.  :))
Completando infine il mio precedente post, l'assoluto può spiegarsi col relativo, perché il relativo nascosto, finché rimane tale, vale a tutti gli effetti un assoluto.
#2301
Citazione di: Ipazia il 18 Febbraio 2024, 08:07:45 AMNon è un caso filosofico se i greci usarono una forma negativa per definire la verità e gli orientali parlarono di illuminazione. Illuminare ciò che è nascosto è un processo infinito, l'essenza, se ve n'è una, della filosofia. Il significato del suo esistere.
Brava.
Aletheia, come svelamento, dove invece illuminazione suggerisce più l'apparente immediatezza dello svelamento.
Infatti togliere un velo è un attimo.
Di tempo però ce ne vuole tanto in effetti, perchè il difficile è trovarlo.
E il perchè sia cosi difficile forse non è cosa banale.
Esso infatti è ben mimetizzato perché svolge una funzione vitale, essendo il telo in cui viene proiettata  l'illusione della realtà, senza la quale non potremmo vivere.
Ma quel velo funziona anche come la pelle del serpente.
Se vuoi crescere te ne devi liberare , ma non puoi farlo finché non prendi coscienza che si tratta della tua pelle.
Velo che non è da intendere quindi come cosa negativa in se, ma come elemento essenziale della dinamica vitale.
Mentre, presa coscienza del velo, lo togliamo come in una illuminazione, un altro viene tessuto a nostra insaputa, garantendo la continuità della vita nel cambiamento.
Svelamento infine non dell'assoluto, ma del relativo sepolto in noi, come in una caccia al tesoro nascosto.
La filosofia dovrebbe avere più il carattere gioioso di un gatto che cerca di acchiapparsi la coda, o come quando cerchi i tuoi occhiali guardando in giro attraverso il loro vetri.
#2302
Non prendere posizione non significa non avere posizione.
Significa lasciare che sia la metafisica che agisce in noi a nostra insaputa a determinare la nostra posizione.
La metafisica quindi non và fatta, ma va esplicitata, perchè la metafisica ''siamo noi''.
Ma nel momento in cui la metafisica viene esplicitata, prendendone coscienza, essa si ''degrada'' o viene ''promossa'',  a strumento, con inevitabili allarmismi antinichilistici.
E' l'allarme di chi confonde la descrizione della realtà con la realtà, per cui quando cambia la descrizione si grida alla fine del mondo.
E' l'allarme di chi non sa che quando muore un mondo se ne fa un altro.
E' morto il mondo, viva il mondo.
#2303
Citazione di: green demetr il 17 Febbraio 2024, 22:14:57 PMSei tu che mi devi dire quale siano questi modelli che ripetono una "descrizione della realtà" senza addentrarsi nella politica, che li determina.
Parli inoltre di una maggior coscienza a ogni giro ciclico dell'eterno ritonro, ossia alla coazione a ripetere delle nevrosi del nostro tempo, il che è contradditorio.
Dopo il 2020 non solo la scienza, ma anche la logica è andata in ferie.
Oh signur! :D
Non è la descrizione della realtà che si ripete, ma i meccanismi che portano alle successive descrizioni, dove fisica e metafisica sono gli ingranaggi immancabili.
Ad ogni ciclo, cioè ad ogni nuova descrizione, cresce la coscienza dei meccanismi sottesi, sempre uguali.
C'è chi vede in ciò una progressione verso la verità.
Io, in alternativa , mi aspetto   una  banalizzazione di quei meccanismi a seguito di una loro progressiva esplicitazione.
Banalizzazione che rende quei meccanismi strumenti per costruire filosofie come si costruiscono automobili in una catena di montaggio (detto in modo provocatorio).
L'invito quindi è smettere di schierarsi per l'una o l'altra filosofia, tanto più se questo schieramento è suggerito da una posizione politica, e cercare la loro origine comune. Cercare di trasformare il senno di poi nel senno di ora togliendosi il paraocchi delle proprie aspettative.

Il politico non può non essere influenzato dalle diverse descrizioni della realtà, ma le diverse descrizioni della realtà non dovrebbero essere influenzate dalla politica.
Sarebbe come se le misure fossero falsate dalle aspettative dello sperimentatore.
#2304
Però non siamo tutti scienziati, ma uomini comuni che, senza bisogno di andare ad Einstein, ancora si arrabattano per entrare nella visione di Galilei, illudendosi solo di esserci riusciti. Forte è ancora l'istinto infatti di cercare dentro di noi conferme alla realtà.
#2305
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2024, 21:13:40 PMLe ricette filosofiche elaborate 2500 anni fa sono ancora ottime e girandoci intorno si torna sempre lì.  Almeno questo eterno ritorno è confermato.
E' appunto un eterno ritorno, ma ad ogni ciclo aumenta la nostra consapevolezza.
 Si può far partire la storia da un punto a piacere, e io scelgo, per farla breve, di farla partire da Aristotele, del quale in verità sò poco, ma quel poco forse è l'essenziale.
L'essenziale è la conferma che per millenni gli uomini hanno trovato dentro di sè della sua visione del mondo.
Seppur molti si attardano a cercare ancora dentro di sè quelle conferme, la storia prosegue con conferme che sono fuori da noi, e di cui dobbiamo fidarci, e sono gli esperimenti degli scienziati.
Il fil rouge sono le conseguenze della nostra interazione con la realtà, prima sedimentate dentro ognuno di noi e raccontate magistralmente da Aristotele, quindi da tutti confermate fino a ieri , ma ancora oggi molti  si attardano a fare, perchè la lezione di Galilei non si è ancora del tutto sedimentata a quanto pare. Non è stata promossa ancora ad ovvietà.
Solo un apparente accumulo di ovvietà invece quelle di Aristotele, ma non per ciò opera non magistrale,
almeno per la sua imponenza ed esaustivtà.
Ovvietà che sconfinano nella verità, ma figlie solo della nostra abitudine, della nostra familiarità con esse, intimità a ciò che col tempo abbiamo interiorizzato della nostra interazione con la realtà, seppur non con metodo apparente, come non occorresse un metodico mediatore fra noi e la realtà, quello che invece oggi è il metodo scientifico, in sè quindi non una novità, se non per averne preso coscienza, per averlo esternalizzato.
Chi ancora cerca conferme dentro di sè alle cose del mondo, è fuori tempo massimo, ma allo stesso tempo viva testimonianza di quel che è stato.

E' il diverso grado di coscienza a far sembrare diversa la storia, che invece si ripete sempre uguale, e questa diversa coscienza  ci si sarebbe potuti aspettare, appunto,  che portasse innanzi, invertendone il senso, il senno di poi.

Se tutti fossimo scienziati forse concorderemmo sul fatto che Einstein è stato l'ultimo dei grandi uomini, dopo fra gli altri Aristotele, che furono, e la nuova nostra storia, ma ancora vecchia se qualcosa dalla storia abbiamo imparato, inizia con Niels Bohr.
#2306
Grazie a tutti per le vostre risposte, che mi sarei dovuto aspettare, col senno di poi  :D , che avrebbero privilegiato il lato politico della questione.
In effetti il mio interesse era più di tipo filosofico in generale.
Forse il concetto non è facile da spiegare, ma ha a che fare in qualche modo con la mancata banalizzazione della filosofia, nel senso di una mancata presa di coscienza dei suoi meccanismi che si ripetono ciclicamente, piuttosto che assistere ogni volta a una drammatizzazione, come fosse sempre la prima volta che succedono le cose.
Bisognerebbe  vedere ormai, dopo millenni che la filosofia è in ballo, il mestiere del filosofo più come quello di un operaio alla catena di montaggio, laddove apparentemente egli costruisce sempre modelli nuovi, ma ripetendo sempre le stesse operazioni, per cui le novità del modello non sono sostanziali, ma servono a ravvivare l'interesse dell'acquirente. Quindi in sostanza forse non c'è mai da aspettarsi grandi sorprese se non nei dettagli inessenziali.
Quali sono in sostanza vi chiedo , secondo voi, quei meccanismi che al di là delle apparenze si ripetono sempre uguali nei lavori dei filosofi, o se credete invece che l'attuale fase della filosofia viva un momento speciale, tanto che nessuno avrebbe potuto prevederlo, al netto della centralità che inconsciamente  tendiamo ad attribuire ai tempi che viviamo, potendo ciò falsare il nostro giudizio.
#2307
Tematiche Filosofiche / Re: Scienza e caso
15 Febbraio 2024, 18:44:29 PM
Citazione di: Koba II il 15 Febbraio 2024, 09:41:45 AMMa la mia domanda si poneva al livello del singolo.
Esattamente chiedevo se una persona messa di fronte allo stesso dilemma etico, potendo tornare indietro senza memoria, farebbe sempre la stessa identica scelta oppure no.
La risposta deterministica è sì
Bella domanda, ben centrata, a cui non sò dare una risposta, quindi provo ad affiancargli l'ulteriore seguente domanda: se la persona di cui dici facesse una scelta diversa,  a parte eventualmente il suo personale percorso di vita, cosa altro cambierebbe, se un altra persona facesse la sua scelta originaria al posto suo, e viceversa?
E' questo uno scenario in cui ammettiamo che il caso intervenga, però non cambia nulla di significativo in effetti.
Il punto, secondo me è che, se il caso non esistesse, per via della sua vitale dimostrata importanza, occorrerebbe simularlo, e il libero arbitrio potrebbe equivalere a quella simulazione.
In altre parole, se tutti fossimo d'accordo su tutto, dovremmo simulare di non esserlo. Ecco perchè, se esistesse una verità, e tutti la conoscessimo, non potendo che essere tutti d'accordo, ciò sarebbe la nostra fine.
La diversità è il motore della vita, ma non credo faccia differenza se essa derivi da una simulazione del caso oppure da una vera casualità.
Questa non è una risposta alla tua domanda, ma una volta che si accetti quanto sopra, possiamo ancora dire che dare una risposta alla tua domanda sia cruciale?
Quindi, riformulando meglio la mia domanda...con la quale rispondo, rilanciando , alla tua, chiedo che cosa cambia in effetti, se abbiamo a che fare col puro caso o con una sua simulazione?
Qui la risposta credo si possa dare.
Non cambia nulla.
Questo vuol dire che un mondo perfettamente deterministico, ma indeterminabile di fatto, se non in irrisoria parte, equivale a un mondo in gran parte casuale, per cui di fatto avremo sempre a che fare col caso.
L'ipotesi di un mondo perfettamente deterministico toglierebbe senso a una mia domanda a cui nessuno mi pare abbia risposto, come potrebbero convivere due attributi della realtà antitetici come caso e determinismo?
La risposta è che non sono suoi attributi. Sono strumenti.
Ma sopratutto credo che trattandosi di uno strumento, di cosa cioè relativa, ciò che determiniamo relativamente della realtà è  propriamente la sua intrinseca coerenza.
Non c'è  un modo univoco di tradurre, seppure solo in parte, la coerenza della realtà.
Quindi se determinismo e caso sono attributi della realtà, come fanno a convivere?
Sono possibili credo solo due risposte.
1. Non sono attributi della realtà.
2. Solo uno di essi lo è.
E' interessante notare che se è vera la second risposta, non è possibile che l'attributo sia la casualità. Quindi deve essere il determinismo.
Io comunque propendo per la prima risposta.
Credo che il determinismo sia uno strumento col quale riusciamo a intercettare in parte la coerenza della realtà.

P.S. troverete qualche parte confusa nel mio post, ma succede che al posto di ciò che scrivo si sostituisce cose già scritte, come in ''casuale'' copia incolla.
#2308
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2024, 19:28:44 PManche l'amore ha la sua architettura.
Bella frase, funziona anche da sola, senza l'edificio illustrativo.
Ma cinicamente  mi chiedo, dopo che hai costruito un tale edificio per l'amata, come fai poi a dirgli che non gli vuoi più bene? :))
E quanto spazio sarebbe rimasto per coltivare ortaggi se ognuno così avesse coltivato il suo amore?
Eutidemo non ha tutti i torti in fondo.
#2309
Citazione di: daniele22 il 13 Febbraio 2024, 18:25:04 PM
Complimenti iano, storico! ... finalmente uno con cui si possa dialogare ... Ma le domande che poni sono retoriche, o veramente non ti rendi conto di come sia potuto accadere

Io invece non so se sei ironico...o dici veramente. ;D
Ma io sostanzialmente credo che dalla storia delle interazioni dell'uomo con la realtà culminate oggi nel metodo scientifico, non si siano ancora tratte le conclusioni, facendone tesoro, e che lo spazio per fare pura filosofia si apra davanti a noi sterminato, ma siamo timidi ad occuparlo.
Ragionando su cosa abbiamo mancato di prevedere, e perché, ci permette di rimuovere gli ostacoli a future previsioni, possibilmente non inquinate dal timore nichilista, e sopratutto di trovare il coraggio di dire liberamente, di non aver paura delle parole, di non paventare dietro di esse ogni volta l'abisso.
Non si tratta propriamente qui di conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori. Non è necessariamente di errori che parlo qui, ma di andamenti ciclici della storia umana che si ripete di fatto immutata nella sua trama essenziale, ma della quale  continuiamo a sorprenderci, come cosa sempre paradossalmente  inattesa.
Ho veramente la pressante sensazione che sia venuto il momento per l'umanità di divenire adulta prendendo coscienza della sua storia, prendendo in mano il suo destini, potendone modificare il solito svolgimento laddove appaia necessario, come mi pare oggi ci sia bisogno.
E non è da credere che sia un compito arduo, perchè il compito più difficile è solo quello iniziale, prendere coscienza, e poi il resto viene da sè.
Sono un pò stufo di questi uomini che, schiavi della famiglia da mantenere, accettino in cambio che il mondo vada a scatafascio.
Stufo di quanto questi uomini dalla vista corta, che no và oltre ''io, mammete e tu'' secondo una vecchia canzone, o ''babbut, figliut e mammut''  secondo una vecchia pubblicità, pretendano ancora di dirsi uomini.

Certe cose continueranno a venire da se , finché non se ne prende coscienza collettiva, e questa coscienza da sola vale un mettere il bastone fra i cicli di una storia che non sono in se sbagliati, ma che non stanno andando in una direzione da desiderare.
Non possiamo più abbandonarci ad essi, Dio, Patria e Famiglia, con la coscienza pulita, come se potessimo permettere ancora di ignorare tutto ciò che da questi tre cerchi sta fuori, senza conseguenze.
#2310
Citazione di: Alberto Knox il 13 Febbraio 2024, 15:06:09 PMil sistema di riferimento dipende dal punto di osservazione dell osservatore . Avevo fatto l'esperimento del giocatore di ping-pong che gioca a bordo di un treno e un osservatore che osserva sulla riva dei binari . il tempo, la distanza, la velocità cambiano a seconda che si sia in uno dei due sistemi di riferimento. E non c'è nessuna ragione per preferire l'osservazione di uno rispetto a quello dell altro. è la mancanza di un sistema di riferimento assoluto per lo stato di quiete che non ti permette di dire che due eventi che sono accaduti in momenti diversi hanno avuto luogo nella medesima posizione spaziale.
L'osservatore dunque deve tenere presente il relativismo della sua osservazione.
Tutti i nostri punti fermi sono destinati a cadere uno dopo l'altro, se perfino '' il punto fermo'' per antonomasia, lo stato di quiete, viene derubricato a fantasia metafisica, e con esso cambia l'idea di moto, venendo mancare il suo contrario, la sua assenza.
Ma smascherata questa metafisica , inconsapevolmente tale, in quanto lo stato di quiete era un punto fermo reale per tutti noi, puoi star certo che un attro ha preso il suo posto, perchè non si può sfuggire da questa necessità.
Adesso abbiamo capito che quando parlavamo di quiete parlavamo di noi, dell'osservatore, però non possiamo neanche esaurire la descrizione dell'osservatore con un punto di osservazione.
Si tratta in effetti di una parte della realtà che interagisce con un altra, e che di fatto viene esclusa dalla indagine della realtà, perchè da essa l'indagine parte, e in particolare dalle sue metafisiche non manifeste, finché tali restano, finché non vengono svelate, come è successo allo stato di quiete, e prima ancora al sopra e al sotto.
qual'è allora il nuovo punto fermo che magari domani sveleremo come metafisica a sua volta?
Sono ad esempio le leggi di trasformazione da un sistema di osservazione ad un altro.
Ma la sostanza è che fra le due parti della realtà che interagiscono, osservatore ed osservato, la parte metafisica siamo noi, perchè siamo noi che su qualcosa dobbiamo basare la conoscenza, conoscenza alla quale il resto della realtà resta indifferente.
Tutto ciò che ci appare concreto è destinato ad essere derubricato in metafisica col tempo, ma di' questo fantasma di concretezza non possiamo fare a meno, pena la sparizione definitiva del mondo in cui viviamo.
Esso non è la realtà, ma non possiamo vivere senza.
Possiamo cambiarne uno per un altro, e nella fase di cambiamento si griderà al nichilismo, ma non possiamo farne a meno.