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Messaggi - sgiombo

#2296
Comunque non ci sarebbe stato bisogno di scusarsi per avere riso di me (e credo di altri): penso che non si debba eccedere nel prendersi sul serio.

Ma la tua definizione di "essere" mi sembra piuttosto confacente al concetto di "divenire ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti".
#2297
Un "Grazie" ad Angelo Cannata per aver corretto questo mio riprovevole strafalcione storico (la vanità é un mio difetto molto evidente, ma ora non posso più vantarmi, come ho spesso fatto, di conoscere bene la religione cristiana per essere stato fino a quindici anni un credente e praticante discretamente diligente).
#2298
Citazione di: baylham il 27 Ottobre 2017, 16:08:54 PM
A sgiombo

Non contesto affatto alla scienza l'impiego di modelli formali matematici, quantitativi, ritengo che non siano essenziali. L'evoluzionismo di Darwin, che considero la teoria scientifica più rivoluzionaria, non ha richiesto alcun modello formale matematico per essere formulato.
CitazioneLa scienza empirica (prescindendo dalla matematica pura) non é di certo limitata alla biologia, ma comprende anche la fisica, la chimica, la cosmologia, la geologia, ecc., per le quali l' applicazione della matematica, del suo formalismo, dei suoi calcoli e operazioni quantitative é essenziale.
Dunque, se anche alcune sue branche possono forse farne a meno, non ne può fare a meno di certo la scienza complessivamente intesa.



Sulla lettura del pensiero. Il pensiero ha la forma del linguaggio, il linguaggio è una tecnica di comunicazione tra gli uomini. C'è un linguaggio interiore, il pensare, il parlarsi, e uno esteriore, l'esprimere il pensiero, il parlare all'altro. Come è possibile comprendere il linguaggio esteriore immagino che sia possibile l'invenzione di un congegno tecnologico che legga, senta, riveli il pensiero interiore. Ovviamente non ritengo possibile l'immedesimazione delle coscienze, la cessazione della distinzione, relazione tra soggetto ed oggetto, tra esperienza interiore ed esteriore, come è altrettanto impossibile l'autoreferenzialità della coscienza. Questi sono temi centrali della filosofia ma riguardano anche la scienza e la religione.
CitazionePenso che il pensiero linguistico possa essere comunicato con notevole precisione (quasi sempre, per fortuna, più che sufficiente per intendersi ragionevolmente bene).
La questione che ponevo é che per pensiero si intendono solitamente sensazioni coscienti mentali, esperite privatamente, soggettivamente, "in prima persona", e queste possono essere comunicate ad altri da parte di chi le esperisce e (e in linea teorica ma non in pratica, secondo la mia certamente discutibile opinione) da eventuali congegni artificiali che le ricavassero dall' attività cerebrale di chi le esperisce solo indirettamente attraverso simboli verbali materiali (sonori o visivi), intersoggettivi, vissuti (e non: espressi grammaticalmente) "in terza persona" dal significato condiviso, e non come immediata "condivisione" degli stessi: ciò che accade nelle altre esperienze coscienti ci può essere comunicato a mezzo del linguaggio, non "mostrato" o "fatto sentire" immediatamente come tale, a nessun uomo e a nessuna futuribile macchina é dato di "sbirciare" nelle coscienze altrui.
Ma questa non era propriamente un' obiezione a quanto da te affermato, ma una precisazione a mio avviso necessaria (e tale da evidenziare le differenze fra coscienza e cervello, l' impossibilità di identificare l' una con l' altro) che ti chiedevo se condividi, come mi pare chiaro di fatto sia da questa tua risposta.



Tornando al nucleo dell'argomento ripeto la mia impressione che si imputi alla scienza, nello specifico la neuroscienza, delle limitazioni di cui molti scienziati sono consapevoli, mentre tali deficienze andrebbero attribuite in maggior grado alla religione e alla filosofia, dato che le condizioni da cui originano fanno parte dei loro temi principali.

Studiare la mente in termini di forze elettromagnetiche, ormoni, sinapsi è estremamente riduttivo, ma quale approccio, indirizzo alternativo propone la filosofia o la religione? Qualche indicazione, per esempio, su come accade che la realtà spirituale o Io o anima sia influenzata da allucinogeni, psicofarmaci o altre sostanze oppure dalle demenza senile o malattia di Alzheimer.
CitazionePer parte mia trovo non più né meno grossolanamente errato e falso dello "spiritualismo o del dualismo interazionista" delle religioni il monismo materialista molto diffuso soprattutto fra i cultori di neuroscienze, specialmente fra quelli che amano spesso discettare di filosofia della mente senza avere un' adeguata preparazione in materia, ma piuttosto radicati pregiudizi "da senso comune" e finiscono generalmente per pretendere di ridurre la mente al cervello..
#2299
Sull' argomento mi viene in mente questa considerazione.

Una tortura senza fine, senza nemmeno la morte come liberazione dal prolungato supplizio mi sembra quanto di più malvagio possa essere escogitato e sia mai stato di fatto escogitato dalla fantasia umana.
Non per niente l' Inferno l' ha inventato la Chiesa dell' Inquisizione, che ambiva a prolungare quanto più possibile le inaudite sofferenze delle vittime che sottoponeva a tortura: non é che, letteralmente, l' "ideale del buon inquisitore ", il limite a cui cercava di avvicinarsi quanto più possibile nella sua miserabile attività, quello che il perfetto inquisitore avrebbe voluto ad ogni costo ottenere, ma che per relativa "fortuna" (si fa per dire, e con tutto il rispetto dovuto alle numerose persone che caddero sotto quella mostruosa fabbrica del male) delle sue vittime, la morte, pietosa, impediva.

Ed é anche qualcosa di profondamente (anzi, letteralmente di "infinitamente") iniquo, dal momento che non c' é colpa o reato che meriti come punizione adeguata, "proporzionata" un' efferata tortura che si prolunghi all' infinito, senza mai scampo.

Oltre al classico argomento antiteistico epicureo, quello dell' incompatibilità dell' esistenza di un Dio onnipotente e infinitamente buono e del male (anche in misura di gran lunga inferiore a quanto di fatto accade), un Dio che oltre a ciò si pretenderebbe essere infinitamente giusto e condannasse i peccatori impenitenti alle pene eterne dell' inferno sarebbe un' ulteriore contraddizione: la giustizia é tradizionalmente raffigurata con una bilancia in mano a significare l' equilibrio fra meriti e premi e fra colpe e punizioni, e nessuna colpa può avere come punizione equilibrata un' efferata tortura senza fine.
#2300
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2017, 18:04:38 PM
Salve a tutti. Per Sgiombo: tutto quello che citavi circa la mia (o altrui coscenza) rappresenta i CONTENUTI COSCIENTI DELLA MIA MENTE (poi ci sono i contenuti inconsci, ospitati dalla psiche) e non la FORMA della mia COSCIENZA.

Tornando alla descrizione di un edificio, quelli che citavi sono gli arredi degli ambienti dell'edificio, non la disposizione ed il ruolo dei diversi ambienti dell'edificio.
L'edificio ha anzitutto delle fondamenta: il corpo (senza il quale non esiste NESSUNO PSICHISMO, NESSUN MENTALISMO, NESSUNA SPIRITUALITA'). Sulle fondamenta poggia la struttura portante formata da colonne : l'istinto di sopravvivenza. A questo punto abbiamo uno scheletro che è in grado di reggersi (può quindi "sopravvivere" passivamente) ma è privo di funzioni chiare e ragionevoli.
Occorre completare, raffinare, RENDERE PIU' COMPLESSA la struttura, LA FORMA, per poter utilmente allestire l'edificio. Questo è il lavoro del costruttore, cioè dell'evoluzione darwiniana.
Si provvede allora a suddividere gli spazi interni per creare ambienti diversi. Al piano terreno creeremo un unico ambiente assai ampio e soprattutto pieno di aperture vetrate che permettano di veder fuori e, da fuori, di veder dentro (una specie di autosalone!!). Cinque vetrine che chiameremo SENSI. Servono per comunicare all'esterno o dall'esterno.
Al primo piano invece creeremo un ambiente privo di finestre: la PSICHE.
Al secondo piano, altro ambiente senza finestre : la MENTE, con un tramezzo che divide la COSCIENZA dall'INTELLETTO
Al terzo piano, l'ultimo ambiente. Anch'esso senza finestre ma con il soffitto di vetro perchè dovrà permettere agli occupanti di poter osservare solo ciò che è sopra di loro : si chiamerà CAPACITA' di ASTRAZIONE........................................
La parte più interessante della costruzione, una volta che essa risulti completata, sarà poi l'impianto elettrico, installato nelle colonne portanti, e che permetterà ai diversi piani di comunicare tra loro......................
A questo punto non posso però dilungarmi, ma è proprio oltre la CAPACITA' di ASTRAZIONE che inizia il cammino che genera lo SPIRITUALISMO, cioè la struttura sempre più minuta ed ordinata dell'interiorità - questa volta umana e non più edilizia - talmente complessa da non potersi nemmeno più chiamare STRUTTURA bensì' PURA FORMA. Infatti la COSCIENZA consiste nella capacità di concepire astrattamente sia il significato della propria identità che l'esistenza degli altri.

Perdonate la rozza allegoria con la quale ho cercato di spiegare in cosa consista la STRUTTURA di una costruzione indipendentemente dai materiali impiegati, dalla tinteggiatura delle pareti, dall'arredamento etc.
Mentre la STRUTTURA di una costruzione o di un essere umano può variare per robustezza o leggerezza, l'insieme delle funzioni svolgibili ed il grado della loro complessità vanno a costituire la FORMA INTRINSECA di una costruzione. In questo caso del nostro encefalo. Il quale si è geneticamente evoluto mantenendo (grosso modo) la stessa FORMA basata sulla stessa STRUTTURA e sulla stessa SOSTANZA che poi le nostre vicende individuali hanno riempito di CONTENUTI del tutto specifici.
CitazioneMa mentre le fondamenta, i pilastri portanti, i muri, gli intonaci, le finestre, ecc. di un edificio sono in continuità fisica gli uni con gli altri ed esercitano reciprocamente effetti gli uni sugli altri, invece la coscienza non é in continuità col corpo e col cervello, il quale é un insieme di ben diverse sensazioni fenomeniche all' interno di altre coscienze diverse da quella che vi corrisponde.

Ciò che chiami psiche, mente, intelletto, capacità di astrazione mi sembrano in realtà i processi cerebrali a queste funzioni mentali (sulle quali avrei motivi di dissenso che però non mi sembrano essenziali per la comprensione del problema; io per esempio ritengo che tutto ciò che é mentale debba necessariamente essere cosciente) corrispondenti, e non esse stesse.

La selezione naturale ha prodotto (fra l' altro) i cervelli degli animali (uomo compreso) così come sono; ma sulle menti coscienti che ai cervelli corrispondono non ha avuto alcun effetto, dal momento che ai cervelli potrebbero anche non corrispondere esperienze coscienti (altri uomini e animali potrebbero essere delle specie di zombi privi di coscienza comportatisi esattamente come se di coscienza fossero corredati) e nulla cambierebbe nella realtà fisica, e non potremmo accorgercene in alcun modo (e così pure, per dirlo con una metafora antropomorfica, nemmeno la selezione naturale potrebbe accorgersene).
#2301
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2017, 09:44:29 AM
Salve. Per Sgiombo: La forma non rappresenta l'insieme dei profili visibili di qualcosa. Tale parola è il condensato filosofico del termine struttura. LA FORMA E' LA STRUTTURA INTRINSECA DI QUALCOSA, CIOE' L'INSIEME DELLE RELAZIONI CHE NE LEGANO I COMPONENTI, GLI INGREDIENTI.

Con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi. La stessa qualità e quantità di sostanza, se diversamente disposta all'interno di un medesimo spazio, genera strutture diverse. IO SONO LA FORMA DELLA MIA COSCIENZA LA QUALE E' COSTITUITA DALL'INSIEME DEL TUTTO PERSONALIZZATO, INDIVIDUALE ED IMMATERIALE DEI COLLEGAMENTI TRA I NEURONI OSPITATI DALLA MIA SCATOLA CRANICA.
CitazioneCome con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi, e non altre cose che edifici (nessun fiore, frutto o animale, per esempio), così con miliardi e più di diverse connessioni sinaptiche in diversi cervelli si possono realizzare moltissimi diversi cervelli in moltissime diverse situazioni funzionali.
Ma le numerosissime esperienze coscienti ciascuna delle quali necessariamente corrisponderebbe a ciascuno di tali cervelli non sarebbero comunque la stessa cosa di tali cervelli, non si identificherebbero con essi.

Dunque la forma del tuo cervello percepibile da altri intersoggettivamente "in terza persona" (qualsiasi cosa sia: confesso che non l' ho ben capito) ) é una cosa, la forma (qualsiasi cosa sia) della tua esperienza cosciente percepita da te soggettivamente "in prima persona" é ben altra cosa (essendo cose reciprocamente ben diverse quelle delle quali sono le forme).
#2302
Citazione di: baylham il 26 Ottobre 2017, 15:59:29 PM
A sgiombo

La neuroscienza è un campo relativamente giovane, i progressi mi appaiono rilevanti, sia dal punto di vista teorico che tecnico.
Intuisco i problemi sottostanti alla ricerca scientifica sulla mente, forse sono irresolubili, il principale mi sembra l'autoreferenzialità e la relazione soggetto-oggetto. Infatti sono problemi schiettamente filosofici.
Posso immaginare che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia. Già ora considero il linguaggio una causa ed effetto della mente. Inoltre comprendo il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi tuttavia non li considero essenziali per la scienza, che quindi può bene occuparsi della mente. Conosco la tua posizione dualistica sulla mente e cervello ma la mia posizione è monista. In particolare condivido l'impostazione biologica ed evoluzionista darwiniana di Edelmann.

CitazioneNaturalmente sono anch' io ben consapevole delle nostre divergenze di opinioni sulla portata dei progressi compiuti dalla neurologia negli ultimi decenni e di quelle relative alle rispettive concezioni ontologiche.

Non comprendo però come la scienza possa fare a meno de- (non siano per essa essenziali) il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi (e dunque in che modo, per questo motivo, possa occuparsi della mente; ovviamente non nel senso di limitarsi a stabilire le corrispondenze fra processi cerebrali e processi coscienti, che mi pare fosse un programma scientifico ben chiaro e fuori discussione fin dai tempi di Broca e Wernicke).

Mi resta inoltre un dubbio circa la possibilità (che mi pare tu intenda in senso effettivo, pratico, di fatto e non solamente teorico, di principio) che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia.
Non credo nel senso che si possano produrre macchine che, analizzando l' imaging neurologico esternamente osservabile intersoggettivamente da "osservatori" di un determinato cervello, riproducano esteriormente, intersoggettivamente, "in terza persona" le esperienze coscienti interiori, soggettive "in prima persona" o "private" ad esso corrispondenti, così da immediatamente farle sentire agli utilizzatori di tali macchine.
Questo infatti non é possibile nemmeno solo in linea teorica o di principio dal momento che inevitabilmente ciò che tali macchine farebbero percepire agli osservatori che le utilizzassero non potrebbe che essere costituito da dati empirici esterni, intersoggettivi, "in terza persona" e non da sensazioni interiori soggettive, "private" "in prima persona" ( e dunque non dal pensiero soggettivo, "privato" "in prima persona" dell' individuo in questione): quanto da me scritto qui sopra in grassetto é puramente e semplicemente contraddittorio.
Credo che in linea teorica o di principio (anche se non credo di fatto, per parte mia) ciò che simili macchine comunicherebbero agli osservatori di un determinato cervello che le impiegassero potrebbe al massimo essere costituito da una sorta di resoconto linguistico simile alla descrizione che del proprio pensiero potrebbe fare il "titolare" del cervello osservato (che non é una sorta di impossibile perché autocontraddittoria sensazione pubblica in terza persona di quanto privatamente sta esperendo in prima persona).

#2303
"Essenza" non capisco che cosa precisamente significhi.

Mentre trovo del tutto convincente, esauriente, chiara e inequivoca la teoria semantica di Freghe, con la sua distinzione nei significati delle parole fra connotazione soggettiva e denotazione reale (per le parole significanti concetti che l' abbiano); e che spieghi egregiamente perché anche gli universali siano concetti dotati di denotazione (estensione) reale e non solo di connotazione (intensione) soggettiva, anche se astratta, superando un nominalismo "estremo".
#2304
Per Viator
Mi sembra che la "forma" della tua coscienza, che suppongo consti di molteplici esperienze materiali (per esempio visioni di paesaggi, ascolto di musiche, degustazione di cibi e bevande, ecc.) e mentali (per esempio ricordi, immaginazioni, ragionamenti, sentimenti, ecc.), sia costituita da siffatti insiemi e successioni di sensazioni (materiali e mentali) e non affatto dall'insieme del tutto personalizzato, individuale ed esclusivamente materiale (perché solo ed unicamente materiale, costituito da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, vuoto, ecc. é) dei collegamenti tra i neuroni ospitati dalla tua scatola cranica, che é ben diversa da paesaggi, musiche, sapori, immaginazioni, ricordi, sentimenti, ecc.; e che inoltre non é parte della tua coscienza, ma casomai delle coscienze di osservatori del tuo cervello; del quale solo (e non della tua coscienza) in esperienze "altrui" le connessioni sinaptiche "personalizzate" in esso presenti possono essere considerate "la forma".
 
Per Baylham
La neuroscienza continua a progredire (a mio parere senza scoperte effettivamente "rivoluzionarie", ma come "scienza normale", per dirla a là Kuhn, del quale peraltro non sono un estimatore, almeno dai tempi di Broca e Wernicke) nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi dei sistemi nervosi, dei cervelli degli animali, uomo compreso, ma non della mente (casomai delle correlazioni fra mente e cervello).
 

La mente, contrariamente alla materia (che é comunque anch' essa fatta di sensazioni fenomeniche "contenute" nelle, appartenenti alle coscienze), non può in linea di principio (e conseguentemente nemmeno di fatto) essere oggetto di conoscenza scientifica perché mancante delle caratteristiche dell' intersoggettività (detta anche "pubblicità") e della misurabilità, ma invece soggettiva (ovvero "privata") e incommensurabile.
#2305
A parte il fatto che, dai filosofi Arabi ed Ebrei del medio evo, alla filosofia scolastica, a molte filosofie moderne (per esempio Cartesio e Berkeley) e anche contemporanee, vi sono state e vi sono concezioni che per lo meno si proponevano e si propongono soggettivamente di fondare razionalmente le credenze religiose (e dunque non tutti i credenti sposano deliberatamente l' irrazionalismo), il fatto che invece molti credono irrazionalmente a una religione non impedisce a nessun razionalista di discutere con loro (se sono disposti a farlo, ovviamente; e ve ne sono moltissimi, anche fra gli irrazionalisti più convinti, spesso alla ricerca di proseliti) e di cercare di far loro capire la preferibilità epistemologica del razionalismo (dai razionalisti stessi creduta), anche attraverso l' evidenziazione dei tratti più smaccatamente assurdi e autocontraddittori delle credenze religiose.
#2306
Citazione di: Phil il 24 Ottobre 2017, 20:58:39 PM
Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno.
Concordo; la spiegazione scientifica e fisiologica di un fenomeno di coscienza non può coincidere con l'esperienza diretta (esistenziale e psicologica) del fenomeno stesso (come ci ricorda sempre il buon Sgiombo ;) ).
CitazioneGrazie della benevola citazione!

Per la verità per me la differenza non é fra la spiegazione scientifica di un fatto e il "vissuto" immediato in prima persona dello stesso fatto, ma fra due fatti ben diversi fra loro, anche se necessariamente coesistenti e biunivocamente corrispondenti: il mio essere felice é una cosa "A" appartenete alla mia coscienza, mentre invece ciò che accade nel mio cervello allorché sono felice ed é appartenente alla coscienza tua o di chiunque altro osservi il mio cervello negli appropriati modi  é una ben diversa cosa "B" appartenete alle coscienze tua o degli altri miei osservatori e viceversa.

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca.
Se non sbaglio (e non lo escludo!) l'apparente localizzazione del dolore è solo un'illusione percettiva: la gamba ci fa male perché invia input al cervello che ci fa sentire il dolore (che quindi, come sensazione cosciente, "parte" dal cervello, che aumenta i battiti, tende i muscoli, etc.); se i nervi (o altre connessioni?) della gamba fossero recisi o fosse isolata la zona del cervello deputata al dolore, non sentiremmo più il dolore della/nella gamba, pur essendo rotta (credo, ma correggetemi pure, che molti antidolorifici funzionino così, ingannando il cervello piuttosto che risolvendo il problema/infiammazione/trauma...).
CitazioneIn realtà sia arto (dolente) che dolore sono nella esperienza cosciente di chi sente il dolore.
Il dolore é (sentito) nel braccio, il quale é (sentito) nella esperienza cosciente; ergo il dolore é (sentito) nell' esperienza cosciente, esattamente come la caramella é nella scatola, la quale é sul tavolo, ergo: la caramella é sul tavolo.

E' anzi noto che si sentono dolori in arti amputati: chi li sente sente l' arto dolente nella sua coscienza (pur essendo l' arto non presente intersoggettivamente nelle coscienze di chiunque lo osservi nella maniera adeguata), nell' arto localizza il dolore, ergo localizza il dolore nella sua coscienza nella quale é braccio).


#2307
Obiezioni a Davintro
Citazione
Concordo con la pars destruens delle tue considerazioni (salvo l' uso del termine "spirituale" al quale preferirei quello di "cosciente"; in generale, e in particolare "cosciente mentale", dato che anche la materia che esperiamo non é che insieme e successione di sensazioni fenomeniche coscienti, anche se intersoggettivamente constatabili e conoscibili scientificamente in senso stretto, al contrario di quelle mentali).

In particolare concordo circa l' assurdità della pretesa determinazione della coscienza da parte degli eventi neurofisiologici cerebrali: i potenziali d' azione e le stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche nel mio cervello che inevitabilmente chiunque rileverebbe qualora lo osservasse (il mio cervello) "come si deve" (nei modi adeguati) mentre vedo un bell' arcobaleno, mi godo un crescendo rossiniano, mentre seguo la dimostrazione di un teorema geometrico o mentre provo la gioia di vedere un amico raggiungere un traguardo da gran tempo sperato sono tutt' altro (ben diversi enti ed eventi) che la mia visione dell' arcobaleno, il mio piacere musicale, i miei ragionamenti, la mia gioia che a quei determinati eventi neurofisiologici inevitabilmente, necessariamente corrispondono biunivocamente.

Per parte mia rilevo però che allo stesso identico modo é del tutto assurdo, per la chiusura causale del mondo fisico, pensare che il mio desiderio di compiere una certa azione sia la causa della mia azione, la quale é invece costituita da determinati eventi neurofisiologici nell' ambito del mio cervello che ad esso (il mio desiderio)n necessariamente corrispondono biunivocamente.

Dissento dalla tesi che <<Il cervello è "solo" (si fa per dire...) uno strumento, umanamente necessario, con cui la coscienza interagisce tramite il medium del corpo con il mondo esterno, permettendogli di esprimere delle sue funzioni cognitive, e conseguentemente delle azioni>>. Infatti la coscienza non interagisce col corpo (e il resto del mondo "esterno" o materiale del quale il corpo fa parte), ma invece include sia il corpo e la materia in generale, sia i pensieri, sentimenti, e tutto ciò che é "mentale" in generale.

Noi non siamo né il nostro cervello (materiale) né i nostri pensieri, sentimenti, ecc. (mentali); i quali, tutti allo stesso modo, non sono che eventi fenomenici coscienti, con diverse caratteristiche ma parimenti reali solo ed unicamente in quanto insiemi e successioni di sensazioni.
Noi, se esistiamo come soggetti delle nostre sensazioni fenomeniche coscienti (sia materiali che mentali, delle quali ultime -riflessivamente- siamo anche oggetti; come credo senza che sia possibile dimostrarlo logicamente né men che meno rilevarlo empiricamente), soggetti (e oggetti) esistenti anche allorché le nostre sensazioni non lo sono (per esempio nel sonno senza sogni o nel coma reversibile), non possiamo essere identificati con i nostri pensieri e stati mentali esattamente come gli oggetti delle nostre sensazioni materiali non possono essere identificati con queste ultime, e per il medesimo motivo: perché pretendere che qualcosa sia reale, accada realmente anche allorché non é reale, non accade realmente sarebbe autocontraddittorio.
Perciò se oggetti e soggetto delle sensazioni fenomeniche coscienti sono reali, dal momento che (stando a quanto comunemente si crede) lo sono anche allorché le sensazioni stesse non lo sono, allora non possono (per un' impossibilità logica) essere anch' essi (successioni e sequenze di) -anche inesistenti- sensazioni fenomeniche, ma invece qualcosa d' altro, di non fenomenico (non costituito da sensazioni) ma invece di reale "in sé", di non sensibile ma casomai "congetturabile ("noumeno").

Dunque non sono d' accordo che <<la coscienza non è un ente come un altro, per il quale sarebbe sempre legittimo quantomeno ipotizzare una "autentica realtà" al di là delle apparenze fenomeniche, in essa al contrario non c'è dualismo tra verità e apparenza, l'essere della coscienza coincide con i nostri vissuti, con il loro darsi come fenomeni, essere e apparenza nella coscienza coincidono>>.
La parte mentale della coscienza per me, esattamente come la parte materiale, non é che apparenza fenomenica, coincidente con i nostri vissuti (di pensiero o" cogitantes"), con il loro darsi come fenomeno (mentali), e non coincidenti con noi come loro soggetti (e riflessivamente oggetti) realmente esistenti anche allorché essa (i nostri vissuti) non sono reali perché il nostro corpo o cervello da chiunque altro intersoggettivamente constatabile dorme in una fase del sonno senza sogni.
<<La coscienza è la condizione ontologica che comprende in sé la totalità dei modi con cui un Io fa esperienza del mondo, quindi non ha alcun senso pensare ad una verità della coscienza al di là del complesso dei vissuti esperienziali, perché proprio tali vissuti la costituiscono>>, d' accordo; ma il soggetto della coscienza e dei suoi vissuti, che c' é anche mentre la coscienza e suoi vissuti non ci sono, l' "io" soggetto dei vissuti materiali e riflessivamente soggetto – oggetto di quelli mentali non é fatto né di fenomeni materiali né di fenomeni mentali inesistenti in certi casi mentre esso é esistente, dal momento che sarebbe palesemente contraddittorio pretenderlo.


Obiezioni a Jacopus

Ciò che ci dice la scienza (se bene intesa) non é <<che alcune funzioni per così dire nobili del cervello hanno le loro zone deputate, esattamente come le funzioni del fegato o dei polmoni. Ad esempio la Corteccia fronto-orbitale (OFC) contiene quella parte del ns carattere che può essere definita auto-controllo e conformismo sociale>>, ma invece che a certe manifestazioni del ns carattere che ciascuno di noi avverte nella propria coscienza necessariamente  corrispondono biunivocamente nelle coscienze di altri (purché si compiano le "opportune osservazioni") determinati eventi neurofisiologici in determinate aree del nostro cervello.

<<il cervello come organo>> non solo può, ma anzi deve << essere studiato in modo materialistico, ed anzi solo questo studio ci può aiutare ad affrontare i tanti problemi>> neurofisiologici e neuropatologici e in qualche misura comportamentali>>. Ma invece i problemi <<morali dell'uomo>>, pur avendo inevitabilmente corrispettivi neurofisiologici, non possono che essere affrontati in ben altri modi (quelli delle scienze umane).
Citazione

Obiezioni ad Angelo Cannata

Distinguere la realtà in sé di noi come soggetti (e oggetti) di esperienza cosciente e la realtà in sé degli oggetti (non anche soggetti) di esperienza cosciente non é riduzionismo.
Lo sarebbe casomai l' identificarle; o l' identificare (l' esperienza cosciente de-) il pensiero con (l' esperienza cosciente de-) la materia (cerebrale).

E non vedo perché mai dovrebbe essere vietato o comunque impossibile cercare di conoscere e di comprendere razionalmente noi stessi e il mondo in cui viviamo, attraverso una sana ricerca filosofica, perché mai dovremmo invece necessariamente affidarci all' uopo a una non meglio precisata irrazionale "spiritualità".

Non vedo perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente noi stessi senza pretendere assurdamente di "uscire da noi stessi", per esempio (anche) con l' introspezione.
E perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente l' altro da noi senza ignorare ma tenendo nella debita considerazione la prospettiva, la distanza, ecc. dalla quale lo osserviamo.

Cartesio ha ragionato (commettendo a mio modesto avviso gravi errori, pur essendo un genio) sul dato immediato del suo dubitare, ergo pensare, in quanto fatto reale immediato, indipendentemente (come punto di partenza del suo ragionare) da qualsiasi considerazione circa l' oggettività o soggettività di esso, ma unicamente considerando di esso la realtà in quanto immediatamente constatata.

Indipendentemente da quanto tu possa intendere con la metafora, prendendo un elicottero si può benissimo <<accorgersi che, anche se ci siamo alzati di quota, siamo ancora totalmente dentro il mondo che stiamo guardando>> e guardarlo cogliendone importanti (non tutti onniscientemente, com é ovvio) aspetti oggettivi o per lo meno intersoggettivi.
E la nostra mente può benissimo ragionare correttamente su se stessa, esattamente come un elicottero può benissimo levarsi in volo e consentire dii osservare la terra: perché mai non dovrebbe poterlo fare?
"Dove sta scritto?"

X Sariputra

Sia la mente (propria di ciascuno) che il cervello (di altri) stanno dentro le rispettive esperienze fenomeniche coscienti (ne sono parte): la mente di ciascuno dell' esperienza cosciente di tale "ciascuno" insieme ai cervelli degli altri, il cervello di tale "ciascuno" nelle esperienze di altri insieme alla mente di ciascun altro.


X Viator

Ma a me pare che i cervelli, come tutte le cose materiali, hanno una forma macroscopica immediatamente evidente e dei costituenti microscopici scientificamente dimostrabili, mentre le esperienze coscienti ad essi necessariamente coesistenti (come scientificamente dimostrato) comprendono sensazioni materiali (circa le quali vedi immediatamente qui sopra) e costituenti mentali per i quali non vedo che senso possa avere il concetto di "forma" (che forma avrebbe mai un sentimento o un ragionamento?).

Mentre il concetto di sostanza mi sembra di scarsa utilità teorica (non mi aiuta a comprendere questo come altri problemi).
#2309
Citazione di: Garbino il 22 Ottobre 2017, 17:09:26 PM
Come vi avevo promesso riporto un brano della Volontà di Potenza che sto leggendo approfonditamente ed è l' inizio dell' aforisma 707:
Il "mondo cosciente" non può servire da punto di partenza del valore: è necessaria una valutazione "oggettiva".
A fronte dell' enormità e della molteplicità delle operazioni sinergiche e conflittuali che costituiscono la vita complessiva di ogni organismo, il suo mondo cosciente fatto di sentimenti, intenzioni, valutazioni è una minuscola frazione. Il fare di questo frammento che è la coscienza lo scopo, il perché di ogni fenomeno complessivo della vita è assolutamente illecito: è evidente che prendere coscienza è solo un mezzo in più nel dispiegamento e nell' ampliamento della potenza della vita. Perciò è un' ingenuità porre come valori supremi il piacere, o la spiritualità, o la moralità, o qualsiasi altro singolo elemento della sfera cosciente, magari per giustificare "il mondo". E' questa la mia obiezione fondamentale contro tutte la cosmodicee e le teodicee filosofico-morali, contro tutti i perché e i valori supremi della filosofia e della filosofia religiosa sinora esistiti. Un genere di mezzi fu frainteso come uno scopo; la vita e il suo aumento di potenza furono abbassati al livello di mezzi.

CitazionePerché mai il "mondo cosciente" (in particolare umano) non dovrebbe "servire da punto di partenza del valore", semplicemente per il fatto (che già altri, come ad esempio Leopardi, ben sapevano prima di Nietzche) che nessun valore é dimostrabile (ma non per questo inesistente realmente di fatto come interiore sentire e come reale tendenza comportamentale)?
Perché mai l' uomo non dovrebbe potere avvertire dentro di sé (in conseguenza dell' evoluzione biologica che l' ha prodotto, e l' ha di fatto prodotto tale da poterlo e anzi da non poterlo, per lo meno tendenzialmente e in coesistenza anche con altre tendenze contrarie, non sentire) valori e imperativi etici "positivi" come altruismo, compassione (nel senso letterale del "sentire con gli altri" tanto il dolore e l' infelicità quanto il piacere, la gioia, la felicità), empatia, generosità, ecc.?
Che poi "i preti" (in senso lato, i preti di oggi essendo essenzialmente i giornalisti: "compagni, dobbiamo stare al passo coi tempi: con le budella dell' ultimo giornalista impiccheremo l' ultimo manager!" -Sgiombo-) spesso e volentieri (ma assolutamente non sempre: per esempio non certo l' arcivescovo Romero!) abbiano millantato tantissimo in proposito e se ne siano biecamente approfittati e tuttora se ne approfittino, al servizio delle cassi al potere, come é -di regola, ma con notevoli eccezioni- loro compito quasi istituzionale, é un altro discorso che non prova proprio nulla contro questa tesi.

Qualsiasi valutazione circa presunti rapporti quantitativi fra ragione e coscienza da una parte e istinti, "materialità", "non coscienza" nella natura e soprattutto nell' uomo dall' altra é senza senso (e anche se, per assurdo, ammesso e non concesso, fosse sensata, sarebbe comunque del tutto arbitraria e soggettiva).

La "volontà di potenza" é per me un' oscuro concetto non scientifico, mentre l' esistenza reale (anche) dell' altruismo e della generosità nella vita umana e non solo umana sono verità scientifiche solidissime circa la storia naturale biologica e la storica culturale umana.
Inoltre la scienza nega qualsiasi finalismo e finalità (compresa la vita e il suo "aumento di potenza", ammesso che si tratti di un autentico concetto, dotato di un qualche senso) in natura, che non sia limitato solo e unicamente a quella peculiare "parte" o "aspetto" della natura che é l' umanità.

Ricambio il ringraziamento per la cortese attenzione.
#2310
X Sariputra

Però gli atomisti antichi erano sia atei (Leucippo e Democrito senz' altro; circa Epicuro credo che ciò sia discutibile, non liquidabile negativamente senza dubbio alcuno), sia materialisti, sia occidentali, senza credere nel progresso umano (e men che meno naturale).

Inoltre (ma non so se questo cui muovo le seguenti obiezioni o meglio precisazioni almeno in parte concordanti sia effettivamente il pensiero tuo e/o di NIskitani correttamente da me compreso o "qualcos' altro" di malinterpretato o da me più o meno gravemente distorto), credo che il nichilismo in varia misura ateistico, materialistico, scientistico nato e prosperante in Occidente possa essere declinato in modi molto diversi.
Non solo, non necessariamente "a là Nietzche", coniugando alla consapevolezza dell' inesistenza di Dio (e in particolare di provvidenza e giustizia divina, con annessi e connessi premi o punizioni eterni dopo la vita mondana) e dell' "insensatezza del reale in generale e della nostra vita umana in particolare" (ma per me sarebbe più giusto dire "della consapevolezza dell' insensatezza della questione stessa della sensatezza o meno, del senso o della ragione o meno dell' esistenza di ciò che esiste, noi compresi") con la negazione se non addirittura la deliberata contravvenzione di ogni valore e principio etico e con la negazione di ogni possibilità di progresso della civiltà umana.
Ma invece anche (come possibilità altrettanto reale e secondo me ben diversa, se non diametralmente opposta) "a là Sartre", con la ricerca di un senso soggettivamente e arbitrariamente scelto (in quanto avvertito dentro di sé) da ciascuno di noi, ma non per questo non sufficientemente appagante, e con l' adesione a valori e principi etici relativamente (in parte) universali (e in parte condizionati storicamente e geograficamente, ovvero "macrosocialmenete"; nonché "microsocialmente", cioè dalle esperienze personali - individuali), indimostrabili ma di fatto presenti in tutti gli uomini (per motivi naturalissimi, riguardanti la "storia naturale" e ben spiegati dalla scienza naturale della moderna biologia evoluzionistica, oltre che in parte per motivi storici - sociali, riguardanti la "storia umana" e ben spiegati dalla scienza umana del materialismo storico).
E infatti Sartre, del tutto coerentemente, credeva nel progresso della civiltà umana.

Ricordo (con "gucciniano malinconico piacere") che nella mia lontana adolescenza, quando iniziai a ragionare "con la mia testa" mettendo in dubbio e sottoponendo a critica razionale l' educazione religiosa (cristiana) subita in famiglia, dopo una fase di "nichilismo quasi nietzchiano", fu proprio in modo particolare, fra gli altri, Jean Paul Sartre, oltre a Giacomo Leopardi, soprattutto quello della Ginestra- ad aiutarmi molto a trovare e a iniziare a percorre questa seconda possibile strada "antineitzchiana".