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Messaggi - Phil

#2311
Citazione di: donquixote il 23 Luglio 2016, 18:14:54 PMDove sarebbe questo "programma biologico" che dato che è "immanente" e non trascendente dovrebbe trovarsi all'interno del corpo umano? 
Sottolineando come ho fatto allusione al "corpo umano"(cit.) e non all'uomo nella sua totalità, e premettendo che non sono affatto esperto in materia, suppongo che gran parte di queste domande abbiano, o possano avere, risposta in ambito genetico o, in generale, scientifico... e se così non fosse, credo bisognerà accontentarsi, per onestà intellettuale, di uno schietto "non si sa ancora" (per quanto l'imperituro fascino di ipotesi solo plausibili possa prenderci per mano...).

Citazione di: donquixote il 23 Luglio 2016, 18:14:54 PME chi ha elaborato tutti questi "programmi biologici" uno differente dall'altro però ognuno adatto all'ente cui è stato destinato?
Chiedersi chi ha programmato questi "programmi biologici" significa farsi ingannare dalla metafora che ho, in assoluta buona fede, proposto: perché dovrebbe esserci un "chi" e non un "cosa"? Soltanto perché ho usato una metafora antropomorfica non significa necessariamente che, fuor di metafora, la risposta debba essere anch'essa antropomorfica (o antropocentrica...).

Probabilmente è un esempio inadeguato, tuttavia, invitando a non guardare il dito ma la luna, ciò di cui voleva essere esempio era un ordine immanente come (azzardo un altro paragone sperando in maggior fortuna :) ) la composizione dell'acqua H2O che non è stata "decisa" da qualcuno o qualcosa di trascendente (ribadisco, parlo fuori dall'ottica religiosa-divina).
#2312
Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMIl mondo è una sintassi 
Metaforicamente, si... o meglio, restando ancora nella metafora, il mondo ha una sintassi (scoperta dalle regole che la scienza cerca di formalizzare con il/i suo/i linguaggio/i). 

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMPer me il problema non è nel fatto che ci sia un ordine o meno, c'è eccome e lo è per il materialista che per il fideista, per il fisico e il metafisico. 
Non metto affatto in dubbio che ci sia un ordine (se così fosse confonderei gli scienziati con i poeti!), ma sono perplesso sull'interrogarsi riguardo il senso di tale ordine. Tornado al banale esempio del post precedente: non dubito che quelle crepe sulla parete rocciosa siano tali, e possano essere studiate da geologi o affini, ma se mi chiedi di interrogarmi sul loro senso (non inteso come mera causa materiale o efficiente, per dirla con Aristotele), mi chiedo prima di tutto se la domanda sia logicamente ponibile e, essa stessa, sensata... è inteso come "aulico plus-valore" dell'ordine, che il senso si incaglia sul mio scetticismo.

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMNon è possible che le modalità per cui nasce una vita, la semplicità di una singola cellula che contiene una complessità come il DNA ,delle codificazioni di configurazioni di un sistema complesso come l'uomo, siano casuali,come il ciclo di vita delle stelle che "sparano" elementi chimici nel sistema planetario, come le formazioni delle molecole o dei sistemi planetari.
E qui si inserisce il tema del determinismo immanente alla natura per spiegare l'ordine...

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMNon è possible non porsi delle domande se esista un ordinatore di una tale complessità e varietà,ma nello stesso tempo di un semplice ordine originario. 
L'ordine presuppone sempre un ordinatore trascendente (che sia divinità o Senso)? Per questo parlavo di "antropomorfizzazione" o di inganno linguistico: l'ordine può anche essere immanente a ciò che è ordinato (basti pensare al corpo umano: nessuno lo mette in ordine o lo tiene in ordine, è "biologicamente programmato" per essere ordinato in quel modo... il che non significa che sia autosufficiente, ma che il suo ordine non ha un "garante" esterno all'essere tale del corpo, non c'è nulla di trascendente).

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMle piramidi come le ziggurat sono orientate su costellazioni planetarie, come le pietre di Stonehenge.Loro non credevano semmai alla linearità della storia, credvano alla circolarità temporale e alle ciclicità. Dio dà dei numeri precisi sia a Noè che a Mosè per costruire il primo l'arca per navigare sul diluvio e il secondo per l'arca dell'alleanza, come precisi sono i numeri per la costruzione del tempio del Salomone.E quei numeri hanno un significato recondito.E che dire delle età descritte nei libri vedici, i kalpa, fino agli yuga, tutti divisibili per nove che è il numero tre con esponente al quadrato, tutto misurato sui moti ciclici precessionali. Conoscevano l'ordine e lo temevano, perchè il disordine creava i diluvi, l'ordine divino comandava l'ordine naturale per cui la natura si rivoltava sull'uomo.Ubbidivano a quell'ordine perchè il peccato creava il disordine, Non è che non leggevano l'ordine, lo interpretavano in modo diverso. 
E fin qui abbiamo conferma, semmai fosse necessaria, dell'ordine e delle sue differenti interpretazioni... ma il senso come "appendice semantica" di tale ordine, quando si intrufola sulla scena?
P.s. Ho parlato di uomo preistorico: l'Australopithecus aveva un'idea di ordine che era molto di più, supponiamo, dell'avvicendarsi dei giorni e delle stagioni? Il senso che vorremmo/potremmo scoprire dovrebbe essere retroattivo, e questo è possibile, in teoria, ma come facciamo a sapere che tale senso non è solo negli occhi di chi legge l'ordine e lo interpreta, ma non ha nulla di ontologico in sé? Ripeto, parlo da un punto di vista laico, se scende in campo il divino, mi taccio...

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMTu vedi attorno a te un ordine in cui ogni cosa è al suo posto e tu che ci vivi, ,osservi e rifletti non ti poni una domandina di senso sulla tua esistenza, del tipo che ci faccio quà, che senso ha tutto questo,almeno un turbamento vogliamo porcelo?Phil mi rifiuto di pensare che abbiamo un cervello solo come suppellettile da inserire sul collo e che porta dei capelli da pettinare e che tutto si risolve in un ma sì tanto chi se ne frega. 
Chiedo: "turbamento"(cit.) necessario? Anche se fosse, per ipotesi, solo un falso problema? L'indagine speculativa deve impegnarsi solo nel rispondere ma non deve mettere in discussione la domanda stessa? Sorvolando sul "ma si tanto chi se ne frega" (parodia un po' spuria della mia prospettiva? ;D), se il punto di partenza è il rifiuto del "cervello come suppellettile", non vale la pena indagare anche sul perché scatta tale rifiuto? 
Secondo me, come vedi, sono molte le domande a cui rispondere prima di porsi la questione "qual'è il senso?", e non è detto che qualcuna di loro eviti di avviarci su un sentiero di ricerca che potrebbe rivelarsi un vicolo cieco...

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMNon è possible che le modalità per cui nasce una vita, la semplicità di una singola cellula che contiene una complessità come il DNA ,delle codificazioni di configurazioni di un sistema complesso come l'uomo, siano casuali [...]
Non è possible non porsi delle domande se esista un ordinatore di una tale complessità [...]
mi rifiuto di pensare che abbiamo un cervello  solo come suppellettile 
[corsivi miei]
Nel tracciare il "non possibile" e il "rifiutarsi" c'è già gran parte degli indizi per la la risposta alla domanda a cui si riferiscono... o almeno una deciso restringimento del campo d'indagine...

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMSe Dio mi avesse concesso la verità assoluta con annesso disegno divino dell'ordinamento io non avrei domande, non avrei bisogno di vivere, io sarei e basta, eterno e immobile. 
Non saprei, ma penso che dovresti comunque vivere: fare la spesa, lavorare, goderti le tue passioni, etc. avresti solo una risposta-conoscenza in più ad orientare il tuo agire, ma l'esser vivo ti continuerebbe a presentare le sue richieste... 

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMLe metafore astratte che le scienze umane usano [...] Hanno senso poichè instaurano relazioni attraverso i principi di autorità, di giurisdizione, di comunità,di socialità organizzata 
Nel loro caso il senso è, se non erro, la necessità del loro stesso funzionamento nella società, per cui senso ed ordine vigente coincidono (ovvero sono "astrazioni che funzionano" ed hanno conseguenze pragmatiche rilevanti). 
Per quanto riguarda l'esistenza vedo la stessa coincidenza (con il suo senso che si risolve nell'ordine letto da una prospettiva), ma temo tu non sia d'accordo...

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AME' come dire non credo a Dio perchè non è dimostrabile, ma credo a Nembo Kid. 
Forse è più come dire "non credo a Dio perché non è dimostrabile, ma credo nella formula convenzionale della forza di gravità, perché mi serve per calcolare la caduta dei corpi e pare funzionare, anche se potrebbe avere una formulazione differente in altre matematiche aliene..."

Citazione di: paul11 il 23 Luglio 2016, 01:37:49 AMgrazie ancora phil
Grazie a te per gli spunti e per la serena conversazione
#2313
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMStai sottovalutando un ordine leggibile,che un animale non conosce. 
L'ordine può essere denotato come "leggibile" solo in virtù (o vizio?) di un linguaggio, arbitrario e artificiale, che gli si rivolga interrogandolo. 
Questo ordine viene tradotto dal linguaggio, diventa "dicibile", ma ciò che ha "realmente" senso, è sempre solo il linguaggio-che-descrive-l'-ordine, non quell'ordine in sé. 
Come accennavo, i nostri antenati preistorici non "leggevano" quell'ordine (non potevano farlo); allora qual'era il senso della loro vita? Solo la nostra vita più evoluta ha senso? Il senso è allora direttamente proporzionale alla capacità di formalizzare e "linguisticizzare" ciò che ci circonda? 
Se così fosse, tale senso si rivelerebbe infondato ontologicamente e si svelerebbe, appunto, solo un capriccio metaforico del nostro intelletto metafisico...
Oppure le nostre conoscenze, migliorando, ci avvicinano ad una migliore comprensione di tale "senso", e allora si tratta di una "nozione" che deve ancora essere scoperta (o inventata?) dalle scienze; ma non mi sembra questa sia la direzione del tuo domandare...

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMNon è la mia sola vita che chiede senso è che dal batterio al sole, ogni cosa sembra stare al suo posto in equilibrio dinamico per cui ogni cosa vive o semplicemente è, esiste in relazione a tutto ciò che lo circonda. 
La relazione che constatiamo, a cui partecipiamo, e che ci circonda traboccando dal nostro orizzonte, è come un insieme di linee (o un test di Rorschach); il volerne cercare il significato è quello a cui alludevo quando parlavo di metafora ingannevole, o falso problema. Sarebbe come osservare le crepe su una parete rocciosa e chiedersi cosa significano, prima di chiedersi se significhino qualcosa.
L'eredità della cultura metafisica è una sorta di "complesso del senso", per cui cerchiamo ossessivamente senso in ogni ambito (in questo lo zen ha cercato di superare il trauma del fronteggiare l'immanenza insensata).
Come giustamente hai notato "ogni cosa vive o semplicemente è, esiste in relazione a tutto ciò che lo circonda" (cit.) ed a ciò, secondo me, non va domandato, assegnato o ascritto nessun senso ulteriore (salvo appunto metafore o licenze poetiche simili...).

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMSe riteniamo che la verità sia il dominio dei numeri, il dominio del linguaggio della parola, il dominio della fisica e così via, noi prendiamo per verità il mezzo, pensiamo che sia la formula, l'equazione, la proposizione la verità, quando invece sono strumenti per la verità.
Concordo sulla necessità di non confondere il mezzo (linguaggio, numerico o non) con la risposta (conoscenza) della ricerca, ma aggiungerei anche la postilla di non confondere l'essere con il significare, l'accadere con l'interpretare (ovvero ciò che è ontologia con ciò che è ermeneutica, ciò che necessario con ciò che è contingente, ciò che "si dà" all'uomo con ciò che l'uomo ci "legge"...).

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMIl fatto stesso che ti domandi se ha senso, ha già dentro il senso.Sono i significati ontologici raccolti nella nostra esistenza che ci aprono alle domande. 
Come accennavo, ogni domandare non è di per sé sensato o connesso biunivocamente con una risposta; come nel caso delle crepe rocciose, domandarmi il loro senso non ha senso (almeno per quel che posso intuire), e se non me ne accorgo, rischio di iniziare una ricerca infinita e vana...

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMIl senso non è lo scopo ,è la relazione, il filo logico o se si vuole prima intuitivo che pone in relazione quei frammenti conoscitivi e che ci pongono davanti a un ordine superiore,all'intera creazione. 
Qui devo arrestarmi, perché per la messa a fuoco della questione, stai usando un obiettivo che io non possiedo (quello creazionista-religioso) e probabilmente è ciò che determina la differenza di tonalità fra le nostre visuali...
Tuttavia, en passant, se per senso intendi il filo logico fra i frammenti conoscitivi oppure un ordine superiore, il cercarlo presuppone che tu sappia già che c'è e si tratti solo di inquadrarlo (la suddetta questione del "se c'è senso" vs "quale senso"...). C'è dunque una certa scommessa di fondo, corroborata da due millenni di speculazioni metafisiche, ma io e te probabilmente abbiamo puntato su colori differenti...

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 22:01:37 PMPerchè quella stessa cultura che ritiene una metafora la metafisica ,non ha fatto altro che surrogare in oggetti astratti i fondamenti dell'ordinamento organizzativo umano con la sua cultura. Cos'è lo Stato.la famiglia, il valore economico se non concettualizzazioni astratte prive di quell'ontologia che invece aveva la metafisica?
Le astrazioni sociali della cultura (opinabili, relative, convenzionali e talvolta inaffidabili), sono una risposta all'esigenza di strutturare una vita comune, una risposta (ma non l'unica possibile) alla domanda dell'uomo sul come convivere con i suoi simili. 
Sono metafore? No, sono idee di riferimento (già saprai che l'astrazione della metafore non è l'astrazione della formalizzazione concettuale). Hanno "senso"? No, nemmeno loro, hanno solo una storia, un campo d'applicazione e una presunta funzionalità, proprio come l'ordine che leggiamo intorno a noi (avrebbe senso chiedersi "che senso ha il leggibile ordine sociale"? Si, ma solo se per "senso" intendiamo "scopo", "funzionalità" o "finalità", non "ordine superiore"...).
#2314
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 09:24:03 AMCi terrei alla tua e alle altrui opinioni del forum su quanto scrivo. Correggetemi pure e dissentite possibilmente con una contro tesi.
Non certo per correggere, ma, nella migliore delle ipotesi, per problematizzare, provo a commentare i tuoi spunti di riflessione.

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 09:24:03 AMPerchè è nella coscienza che nasce la domanda di senso, la richiesta di signiificati che l'esistenza raccoglie 
Converrai che nella coscienza possono nascere anche domande istintive e condivise, ma nondimeno fuorvianti e/o malposte; proverò a spiegarmi meglio fra qualche riga.

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 09:24:03 AML'etica e la morale è già all'interno del principio ordinativo come sintesi del divino e del mondo, proprio perchè c'è un ordine leggibile linguisticamente dall'uomo attraverso la sua conoscenza che non è perfetta. Noi relazioniamo quindi l'esperienza conoscitiva nel mondo con un principio etico che ci viene dall'origine. 
[corsivo mio]
Qui divergo drasticamente (irrimediabilmente, forse, ad essere onesto): la morale, come il diritto, credo sia un elemento culturale, quindi arbitrario, quindi contingente (nulla di ontologico; ma ammetto che se entra nel discorso la divinità, come proponi, allora la tua prospettiva è impeccabile).
Cruciale è, secondo me, proprio il ruolo del linguaggio che legge, ma stando sempre alle sue regole, che proietta sul mondo nel momento stesso in cui lo rende decifrabile, organizzandolo semanticamente ma non sempre universalmente (da qui la divergenza fra le varie interpretazioni possibili, le differenti narrazioni, i differenti paradigmi, etc).

Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2016, 09:24:03 AMNon ha senso per me che il mondo da una parte sia leggibile e quindi implica un ordinamento linguisticamente accessibile [...] e che poi tutto finisca in nulla o solo in un principio termodinamico per cui tutto s itrasforma.
[corsivo mio]
Davvero è tutta una questione di senso: l'idea che non possa avere senso la prospettiva di una vita insensata è un "circolo vizioso" basato sul presupposto che la vita debba avere un senso (e l'onere della prova?); la domanda da porre sembra essere dunque solo "quale senso", ma non "se (ce l'ha)"... tuttavia, provando a "decostruire" questa ricerca del senso, farei un passo indietro: perché si parla di senso della vita? Non temete, sarò breve (e, mi auguro, anche minimamente chiaro...).
L'uomo si è affermato sempre più come animale linguistico: è la lingua scritta che fonda e segna una svolta cruciale nella storia dell'uomo, e sono i mille tipi di linguaggio (inteso come comunicazione a 360 gradi) ad animare e scandire la nostra attuale esistenza. Il linguaggio è basato sul rimando ad un senso "esterno" (significazione come richiamare) che viene rappresentato nella comunicazione. Questa struttura logico-formale di allusione, di rinvio, di de-centramento (il senso è sempre "decentrato" rispetto al suo dirsi), è stata applicata anche alla vita in quanto tale, principalmente da parte dei vari culti religiosi che necessitavano di questo Altro, questa Verità, questo Omniesplicativo, a cui rinviare... quando è diventato possibile strutturare un pensiero laico, il residuo fenomenologico di questa Alterità (non più proiezione antropomorfizzata e sublimata del proprio Io) è rimasto in veste di "classico" interrogativo, seppur depotenziato dal suo aspetto metafisico. Per cui oggi anche i non-credenti possono chiedersi "che senso ha la vita?", ma solo restando sotto l'ombra lunga della tradizione metafisica (e della metafora connessa a tale domandare). Ma la domanda prioritaria e primaria che, dal punto di vista metodologico dell'interrogarsi, andrebbe posta prima di procedere a cercare la risposta, e se tale domanda abbia senso (nonostante sia sorretta dalla tradizione che, come ben sappiamo, non tramanda solo verità...). 

Finita la predica della pars destruens, provo a proporre una bozza di pars costruens (seppur dal retrogusto nichilistico). Pensiamo agli animali. Sono vivi. La loro vita che senso ha? Lo so, direte che sono animali ben diversi dall'uomo, che sono inferiori come capacità cognitive, che non sono pratici di questioni esistenziali, etc. tutto vero... ma sono comunque vivi. Se pensiamo che ci sia un dio che ha creato l'uomo come suo prediletto, e gli altri animali siano solo comparse di "contorno" (e non solo in senso culinario), allora la vita dell'uomo ha il suo senso, e quindi la risposta alla domanda sul senso, nella sua dimensione religiosa (scandita dai temi del peccato, della virtù, dell'anima, del giudizio divino etc.). Se invece non si crede in una divinità, allora gli animali ci insegnano che il senso della vita è un falso problema (e in ottica evoluzionistica si tratta di un insegnamento piuttosto perentorio), una bella metafora esistenziale che ci rivolge una domanda a trabocchetto da cui non è facile uscire...
Se poi intendiamo il termine "senso" come "scopo", come ho scritto su un altro topic, il senso della vita "(se non si intende essere nati da un coito ed essere destinati alla morte) è un foglio in bianco: ognuno può scriverci, persino a matita (quindi cancellare e riscrivere), quello che vuole...". Per cui sarebbe il caso di parlare di sensi della vita, ed interrogarsene significherebbe progettarne almeno uno in fieri.
A farla breve: se si crede in una divinità, il senso della vita è "spiegato" e "consigliato" dalle peculiarità del culto di quella divinità; se non si crede nel divino, allora il "senso" della vita è, fuor di metafora, semplicemente come ognuno di noi decide di trascorrerla (il che è una parafrasi per dire che non c'è senso nell'interrogarsene... anche se ciò può lasciare in bocca quello sconsolante sapore di solitudine-individualità che stona con la velleità di non essere mai soli per scoprirci immanenti a noi stessi...).
#2315
Citazione di: sgiombo il 21 Luglio 2016, 11:26:26 AMMa se ci ha creati Dio, allora la "causalità umana" é effetto della causalità duivina, che dunque é indirettamente la reale causa anche degli effetti della causalità umana (delle nostre azioni). 
Credo che la causalità umana, se intesa anche come responsabilità delle azioni (restando in topic), vada intesa solo individualmente: se un dio ha creato l'uomo e, migliaia di anni dopo, un uomo per sua volontà compie scelte discutibili, la responsabilità non risale retroattivamente sino alla divinità creatrice (se si ammette che ci sia): sarebbe come dire che se io uccido qualcuno, la colpa è dei miei genitori che mi hanno messo al mondo, anzi, dei loro genitori, anzi dei fondatori della mia stirpe, e così via indietro all'infinito (o quasi...). 
Direi che responsabilità e causalità non sono binari paralleli per molto "spazio/tempo": uno è molto più corto dell'altro (finisce con il soggetto-agente), l'altro può invece risalire indietro fino agli albori della vita...

Citazione di: sgiombo il 21 Luglio 2016, 11:26:26 AMNon vedo perché gli atei dovrebbero essere propensi al caso 
Dovrebbero solo in base alle conseguenze del dualismo (caso / divinità) che ti aveva spinto a scrivere "tertium non datur" (correggimi pure se ho frainteso): stando all' aut-aut, se si rifiuta la divinità (ateismo) non resta che il caso... per questo mi è parso legittimo mettere in gioco anche la causalità umana (strizzando l'occhio ai fautori del libero arbitrio).

Sul fatto che 
Citazione di: sgiombo il 21 Luglio 2016, 11:26:26 AMIn caso di determinismo non può darsi "libero arbitrio" nel senso di azione non determinata per definizione. 
cedo siano possibili alcune prospettive teoriche di compromesso ("compatibilismo", dice Wikipedia), per questo avevo diplomaticamente concluso che
Citazione di: Phil il 20 Luglio 2016, 23:04:59 PMQuesta causalità umana non coincide necessariamente con il libero arbitrio
per ammiccare (par condicio!) anche ai sostenitori del determinismo...

Citazione di: sgiombo il 21 Luglio 2016, 11:26:26 AMPuò però ben darsi azione libera da determinazioni e condizionamenti estrinseci.
Sulla libertà d'azione si potrebbe discutere a lungo, finendo inevitabilmente "fuori tema"; mi limito ad accennare che, secondo me, "libertà" è una di quelle "parolacce metafisiche" che, pur rivestite del loro consolidato fascino "classico", complicano solo il ragionamento creando falsi problemi (un po' come le cravatte, insomma... :) ).
#2316
Citazione di: sgiombo il 20 Luglio 2016, 20:37:11 PMTertium non datur.
Premetto una personale inclinazione a cercare il tertium (chiedere a Duc in altum! e a Gibran :)), o meglio, il "terzo lato della moneta", poichè ogni moneta è pur sempre tridimensionale e ridurla alla "testa" e alla "croce" (piuttosto a tema: "ragione" e "religione") sottovaluta il ruolo del lato che, seppur sfuggente allo sguardo e difficile da "equilibrare", sancisce proprio l'identità degli altri due, separandoli...
Anche in questo caso mi sentirei di affermare che tertium datur: non solo casualità-accidentalità versus causalità divina (che "ci ha fatto essere come siamo"), se ho ben inteso la dicotomia (im)portante della tua posizione, ma aggiungerei, come terzo cardine, anche la causalità umana. Ovvero ci può essere una ragion sufficiente insita nell'agire dei singoli, che quindi non scelgono a caso le loro mosse, ma tale ragione potrebbe essere intesa come strettamente imminente all'uomo in quanto "animale razionale" (per cui non è l'eventuale creatore a essere responsabile delle azioni umane, ma la creatura... è poi anche possibile postulare una o più divinità che esistono ma si disinteressano all'uomo, come quelle, se non ricordo male, pensate da Epicuro...). 
Se questa "terza via" non fosse logicamente plausibile, gli atei dovrebbero necessariamente essere tutti propensi ad una visione caotica e "random" dell'agire umano, mentre scommetterei che molti fra loro non credono che sia un caos cieco ad orientare le rispettive esistenze (e tantomeno una divinità assente), ma la loro decisionalità...

P.s. Questa causalità umana non coincide necessariamente con il libero arbitrio, perché è declinabile anche secondo una prospettiva deterministica (di causa/effetto appunto) radicalmente "meccanicistica", oppure "misticamente fatalistica"(?), e forse anche in altro modo...
#2317
Attualità / Re:Essi Vivono
19 Luglio 2016, 17:11:24 PM
Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMChi decide quali sono le "esigenze strutturali" e i "fabbisogni" se non le persone? E in base a cosa qualcosa viene definito "fabbisogno" se non in base ad un intimo desiderio umano? 
Per "esigenze strutturali"-"fabbisogni" intendo proprio le necessità che si impongono a prescindere dalla volontà e dalla decisione umana; è ancora una questione di numeri: se siamo una dozzina e c'è un problema da risolvere, possiamo sederci intorno ad un tavolo e fare un'assemblea; se siamo un milione di persone, il tavolo non basta più e sorge, non certo per scelta o desiderio, l'esigenza inaggirabile di strutturare un procedura per gestire quel milione di persone, ed è a questo punto che nasce il fabbisogno di regole applicabili per una "base" nell'ordine del milione e non delle decine. 
Per cui oltre all'orientamento politico o etico o culturale, quelle regole saranno decise "a priori" anche dalla finalità dell'applicazione su una popolazione vasta (ad esempio verrà di certo esclusa la strada del "facciamo un'assemblea a cui partecipano tutti i cittadini ed ognuno prende la parola per proporre una soluzione ai problemi della comunità..." che invece può essere ragionevole e percorribile per un gruppetto di trenta persone). 
Ci sarebbero anche altri esempi di "esigenze strutturali" che sono dovute ad un numero elevato di membri della comunità, ma che, nel piccolo, possono anche non sussistere (basti pensare alla burocrazia, al controllo strutturato, alla divisione gerarchica dei poteri, etc.).

Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMmentre India e Cina mantenevano un certo equilibrio che durava da tempo immemore e hanno incominciato a "corrompersi" in maniera evidente con l'invasione britannica l'una e le guerre dell'oppio l'altra; quindi il numero c'entra molto relativamente 
Non credo che in India e in Cina non ci fossero persone avide o moralmente corrotte (in tutti i sensi già citati in precedenza) e che la loro cultura non avesse i medesimi tarli, mutatis mutandis, dell'uomo attuale, pur al netto di un'economia ben differente... se invece non parli di "equilibrio etico-culturale"(lo chiamiamo così?), ma alludi all'"equilibrio ecologico", direi che in India e in Cina quella non è stata un'autentica scelta: ogni scelta presuppone infatti almeno due possibilità e non credo che nessuna di quelle due culture, per quanto eterogenee, abbia rifiutato fermamente e consapevolmente un cambiamento contro-natura per mantenere l'armonia... ed infatti, appena si è davvero posta la possibilità di scelta, è stata presa 
Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AMla decisione (perchè è una decisione) di farsi "grande" è già sintomo di cambiamento e corruzione, quindi di sopravvenuto squilibrio nella visione del mondo. 
Questa decisione conferma di fatto che non è solo l'uomo occidentale o contemporaneo ad essere allettato da certe tentazioni, ed è proprio quello che cercavo di non far cadere fuori dal discorso...

Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AM  Finchè è la natura a dettare i ritmi e l'uomo vive in campagna in comunità ristrette è più facile mantenere l'equilibrio, ma se l'industrializzazione porta a costruire megalopoli intorno alle fabbriche che diventeranno sempre più numerose e grandi allora ogni equilibrio andrà perduto, e decidere in un senso o nell'altro è sempre opera umana, non di qualche alieno venuto da chissà dove. 
Esatto, concordo anche qui: è proprio l'uomo in quanto tale ad essere incline a certe "direzioni", e a scegliere di conseguenza... Ovviamente, le megalopoli non potevano nascere in epoca pre-industriale o nel cuore della foresta amazzonica: la direzione storica dell'uomo, ha costantemente e gradualmente coniugato l'"essenza umana" (piuttosto invariata direi) secondo la realtà tipica di ciascuna epoca, sino all'epoca attuale che amplifica tale "essenza", sia per quantità (la terra non è mai stata così popolata), sia per tecnologia (che fa da megafono cacofonico anche di ciò che prima era magari un "rumore di fondo"...), ma direi che sotto il cielo, per quanto riguarda l'agire umano, i suoi vizi e le sue virtù, non c'è nulla di essenzialmente nuovo, semmai solo "formalmente" (opinione mia...).


Citazione di: donquixote il 19 Luglio 2016, 08:13:02 AM Non può esistere una "superpotenza economica" con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, perchè questo è un evidente ossimoro: possono esistere un miliardo di persone che rispettano l'ambiente, ma non saranno mai superpotenza economica. E la tutela "dei deboli più dei forti" è un ideale anch'esso del tutto moderno e occidentale (per quanto disatteso) che non trova alcun riscontro nelle culture a cui io mi riferisco e non è affatto sinonimo di virtù.
Chiaramente era un esempio parossistico, per scagionarmi dall'eventuale "imputazione di pessimismo cosmico" (che era forse comparso fra le righe agli occhi di Jacopus...); anche se, in linea puramente teorica, non credo sia assolutamente impossibile, per quanto davvero molto improbabile...
Sull'essere o non essere virtù del tutelare i deboli più dei forti, come già detto, per me, "virtù" è solo una "parolaccia opinabile"(auto-cit.)  ;)
#2318
Attualità / Re:Essi Vivono
18 Luglio 2016, 16:00:47 PM
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AME se le regole delle società le fanno gli uomini è così sbagliato affermare che gli uomini che hanno dato vita ad un certo tipo di comunità sono sostanzialmente (e non superficialmente) diversi da quegli altri? 
Capisco la tua prospettiva, ma ricorderei che le regole vengono fatte anche in base ai fabbisogni: le esigenze strutturali orientano le regole tanto quanto le qualità degli uomini che le decidono... 
Secondo me, la differenza fra i due approcci culturali ha una base quantitativa (prima che qualitativa): le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AMritengono l'equilibrio e l'armonia della comunità e quello più complessivo del mondo un valore imprescindibile da salvaguardare. 
solitamente, come ricordavo, non hanno popolazioni particolarmente numerose e strutture economiche particolarmente complesse, mentre le culture-comunità che
Citazione di: donquixote il 18 Luglio 2016, 08:11:36 AM negano e rifiutano questo equilibrio per perseguire un "progresso" indefinito, senza nemmeno peraltro affermare dove questo "progresso" dovrà mai portare, e sfruttano tutte le risorse possibili per alimentarlo ignorando totalmente le conseguenze
comprendono, ma posso sbagliarmi, gran parte di tutti i paesi più industrializzati e popolosi, e non solo nel famigerato occidente... che sia una mera coincidenza storica? Oppure c'è del "sintomatico"?

Considerando ciò mi è nato il sospetto (ma non la certezza) che ci sia un legame fra difetti sociali (chiamiamoli così) e quantità della popolazione e complessità economica... per cui rimproverare al grande di non avere i pregi del piccolo, o lodare il piccolo perché non ha i difetti del grande, rischia di sottovalutare la differenza fra "grande" e "piccolo" (sociologicamente, antropologicamente, economicamente, etc.).
Se poi dovesse nascere una superpotenza economica con un miliardo di abitanti che rispetta l'ambiente, tutela i deboli più dei forti ed è un esempio di virtù ("parolaccia" comunque opinabile), ne sarei ben lieto  :)
#2319
Attualità / Re:Essi Vivono
17 Luglio 2016, 23:51:44 PM
A scanso di equivoci: per ora ho parlato solo di vizi e "difetti di fabbrica" dell'uomo, perchè il discorso è partito da una critica all'uomo moderno, e volevo ricordare come tali pecche fossero tipiche dell'uomo tout court; ma non per questo ritengo che l'uomo sia solo un ricettacolo di impulsi negativi, iniqui o sconsiderati, ci sono indubbiamente anche potenzialità positive (disperse nella massa), e non solo quelle che hanno alimentato lo sviluppo tecnologico...
#2320
Attualità / Re:Essi Vivono
17 Luglio 2016, 11:13:03 AM
Citazione di: acquario69 il 17 Luglio 2016, 02:39:09 AMi cinesi,ad esempio,avevano scoperto la polvere da sparo ma ne facevano uso pirotecnico,sono stati gli occidentali moderni a concepirla come strumento e arma di distruzione
... e quando gli occidentali hanno riutilizzato l'invenzione cinese per scopi bellici, i cinesi si sono tirati indietro dall'assimilarla perché andava contro la loro cultura, oppure, alla fine, hanno detto: "non male questi occidentali, bella idea!", confermando che, appena messa alla prova, la loro visione del mondo (comprendente l'uccidere solo con lama) è anch'essa orientata al desiderio di progresso e alla competitività (dovendo anche difendersi dagli occidentali), attitudini tipicamente, meta-storicamente, umane...


Citazione di: acquario69 il 17 Luglio 2016, 02:39:09 AMgli antichi romani non avevano proprio nulla in comune con noi e lo stesso vale per il medioevo...noi deriviamo unicamente e proprio da quel mercante che poi si tramuterà inesorabilmente nel "borghese (piccolo piccolo)" dei nostri giorni..il solo esemplare rimasto
Tuttavia, allargando ancora la prospettiva: quel mercante da chi deriva? Se poi questa derivazione dal passato sia anche una deriva etico-culturale è una questione di opinioni e di paradigmi interpretativi...

Quando parlo di un filo che lega l'uomo nei secoli, a prescindere dalle culture e dalle epoche, parlo del comun denominatore che la storia consente di rintracciare nel comportamento umano: come mai leggendo alcuni testi di Seneca o Sun-Tzu o altri, li troviamo attuali, saggi e ricchi di insegnamenti utili?
Perchè (marzullianamente mi faccio la domanda e mi rispondo, ma spero di avere anche vostre risposte differenti...) alcune attitudini della vita in società hanno ovviamente cambiato forma e contesto, ma il "meccanismo" di base è restato il medesimo...
Banalizzando: i furfanti, gli avidi, i criminali, gli sfruttati, gli arrivisti, i corrotti, i doppiogiochisti etc., sono personaggi che, se non erro, esistono da sempre nel racconto del genere umano; anche se, ovviamente, l'arrivista o l'avido dell'antico Egitto non compiva le stesse azioni dell'arrivista o dell'avido contemporaneo, ma il loro fine e la loro attitudine è decisamente assimilabile...
#2321
Attualità / Re:Essi Vivono
16 Luglio 2016, 23:25:57 PM
Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMSe una comunità esalta l'onestà ognuno tenderà ad essere onesto e reprimere le pulsioni delinquenziali; se una comunità esalta il coraggio e lo spirito di sacrificio il vile e l'ignavo se ne staranno nascosti; se una comunità esalta la sobrietà e l'equilibrio come stile di vita il riccastro esibizionista verrà deriso e non certo lodato; se una comunità esalta il possesso di doti spirituali e nel contempo disprezza quello di oggetti materiali nessuno tenderà a "produrre" più dello stretto necessario perchè non avrà a chi venderlo; se una comunità disprezza e condanna i debitori nessuno tenderà a contrarre debiti 
Sarei ben lieto di vivere in una società che appoggia realmente, e non solo formalmente (come talvolta capita in quella attuale), questi valori e queste virtù, ma non sono sicuro sia realizzabile... nè che si sia mai realizzata, poiché se è vero che 
Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMvi sono (o vi sono stati, prima che arrivassimo noi) popoli che da svariate migliaia di anni vivevano nello stesso identico modo: molti popoli dell'Africa, gli Aborigeni australiani, le tribù indiane d'America, gli indios sudamericani, gli eschimesi e gli Innu del Labrador, molte popolazioni asiatiche... e ovunque in maniera spontanea e senza soldati agli ordini di un qualche tiranno che controllavano i cittadini 24 ore su 24 
è anche vero che i numeri, in antropologia e sociologia, hanno la loro importanza: non credo fossero gruppi di milioni di persone con la densità e le interazioni che abbiamo oggigiorno (un gruppo-comunità di 100 persone non può avere la stessa organizzazione, le stesse problematiche e lo stesso sviluppo storico di un gruppo mille volte più grande...). Non a caso avevo già precisato che parlavo di uno "stato numeroso e complesso" (auto-cit.). Quegli esempi virtuosi sono replicabili nelle metropoli?

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMNon mi sembra così complicato comprendere che il contesto sociale è determinante nello sviluppo della personalità umana. La stessa persona in contesti diversi si comporterebbe in maniera totalmente diversa, poichè nonostante sia sempre la stessa il contesto consentirà di esaltare determinate qualità e reprimere o controllare determinati difetti, e viceversa 
Vero, dal punto di vista individuale... ma quando parliamo di comunità molto numerose e con una strutturazione economica che va ben oltre il baratto, i peccati capitali, come ricordavo, sono sempre stati gli stessi... (almeno per ora...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PME il contesto culturale lo creano gli uomini: ma se gli uomini sono sempre gli stessi come mai i contesti sono così diversi o addirittura opposti? 
Forse qui c'è il nocciolo del fraintendimento: non ho scritto né voluto dire che "gli uomini sono sempre gli stessi"... ho parlato di alcuni suoi comportamenti/tendenze, giudicati "viziosi", che lo accomunano nel corso della storia e a prescindere delle latitudini. Non credo sia una coincidenza che in quasi tutti i contesti culturali i divieti siano gli stessi: non uccidere, non rubare, non mentire, rispettare l'autorità vigente, etc.... probabilmente la fallibilità dell'uomo presenta i medesimi punti deboli in quasi tutte le culture; è a questa "radice comune" che mi riferivo...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMCome si spiega che i cinesi che migliaia di anni fa erano in possesso di innovazioni tecnologiche che noi nemmeno ci sognavamo hanno abbandonato il loro sviluppo per privilegiare una cultura basata sull'equilibrio con la natura e non sulla sua aggressione? E lo stesso hanno fatto poi i greci e successivamente anche gli arabi? Come si spiega che gli indiani hanno vissuto per migliaia di anni secondo le regole della cultura vedica nonostante i vari dominatori che si susseguivano nelle loro terre? 
Davvero queste popolazioni non avevano gli stessi difetti umani delle altre? O si tratta solo di declinazioni differenti delle stesse essenziali criticità? 
I cinesi hanno abbandonato lo sviluppo perché rispettavano madre natura? Hanno davvero detto "adesso basta, potremmo inventare altre mirabolanti strumentazioni, ma non vogliamo inquinare..."? 
Mi scuso, se è il caso, per la mia mancanza di chiarezza espositiva: non sostengo affatto che tutte le popolazioni abbiano le stesse potenzialità o debbano seguire lo stesso identico percorso... il filo conduttore è l'atteggiamento umano essenziale quando si trova in comunità "sostanziose", non certo le contingenze storiche, o politiche, o tecnologiche...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMcome si spiega che nel giro di tre/quattro secoli l'uomo occidentale ha impresso una accelerazione tecnologica al mondo che non è nemmeno paragonabile a quella avvenuta da quando l'uomo è apparso sulla terra fino all'anno domini 1600? 
Come accennato sopra, i percorsi delle società e delle culture sono ovviamente differenti; ciò che è comune sono alcune tendenze comportamentali-etiche metacontestuali dell'uomo in quanto animale sociale...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PM  Se non vuoi fare l'apologia dell'uomo moderno allora hai del tempo da perdere, perchè far finta di non vedere per poi dire "l'uomo di duemila anni fa è più o meno lo stesso uomo di adesso" mi sembra davvero una frase scritta tanto perchè non avevi di meglio da fare. 
Ammetto di avere del tempo libero, ma, per dovere di cronaca, la frase esatta è
Citazione di: Phil il 16 Luglio 2016, 16:52:54 PMin fondo, alcuni tratti essenziali dell'uomo si sono solo trasformati, ma il loro nucleo essenziale è rimasto, per me, lo stesso da sempre...
Parlo di "tratti essenziali" e, giusto alla riga precedente, di ""atteggiamento vizioso" (verso i simili, verso il pianeta e verso se stesso...)"(cit.), per cui alludo (perdonami la ridondanza) ad alcuni "difetti di fabbrica" costanti nelle epoche, che vengono sempre a galla nella vita comunitaria di massa (secondo me, quindi, non ha nemmeno troppo senso distinguere fra uomo moderno o antico, per cui quello dell'apologia della modernità è un falso problema...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 20:38:47 PMSe i romani di allora fossero stati come quelli di adesso perchè mai non hanno inventato tutte le diavolerie tecnologiche odierne in modo da dominare il resto del mondo ancora fuori dal loro controllo? Considerando anche il fatto che per farlo avrebbero avuto a disposizione un numero di anni almeno doppio di quelli che son serviti a noi per arrivare dove siamo arrivati, e possedevano conoscenze tecniche tali da permettergli ad esempio di costruire ponti o acquedotti tuttora funzionanti mentre noi costruiamo cose che al massimo durano poche decine di anni. 
Ricorderei che noi deriviamo da quei romani; non ha molto senso chiedersi perché l'uovo non era già gallina, o perché la gallina non è più uovo... no?  ;)
#2322
Attualità / Re:Essi Vivono
16 Luglio 2016, 16:52:54 PM
Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AM
In un contesto culturale corretto, sensato e giusto l'interesse di un mercante, come quello di un calciatore, sarà quello di fare al meglio il proprio mestiere e guadagnare quel che basta per mantenere la propria famiglia, e non certo quello di scalare posizioni di potere o guadagnare quel che basterebbe per far vivere nel lusso le sue prossime 5 generazioni
Temo che quel calciatore e, soprattutto, quel mercante, se esistono, siano una esemplare ed encomiabile minoranza ad un passo dall'estinzione... e magari si estingueranno definitivamente prima che tu finisca di leggere queste righe...
Sperare che un giorno la maggioranza sia così saggia, morigerata ed altruista, è senza dubbio legittimo, ma forse un po' utopico... se l'umanità attuale non lo è, ricorderei anche che, per quel che so, non lo è mai stata finora (per cui non si può colpevolizzare l'uomo moderno di colpe che ha avuto anche l'uomo medievale, l'uomo antico, etc.).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMè nel quadro culturale di riferimento animato dallo spirito comunitario che ognuno dovrà trovare naturalmente il proprio ruolo
[corsivo mio]
Una comunità animata da uno spirito comunitario così spontaneamente virtuoso è dipinta solo nelle epoche d'oro di un passato mai esistito (mitologia taoista e altre...).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMLa disparità sociale non è un male in sè, lo è nel momento in cui ti trovi un numero sterminato di persone che hanno le attitudini a fare tutt'altro che ricoprirono ruoli non adatti a loro perchè assegnati con criteri totalmente sbagliati (il mercato, le aspirazioni personali, la smania di successo, la truffa in qualche concorso pubblico, la raccomandazione sbagliata di qualche potente eccetera) e quindi saranno disfunzionali alla comunità nel suo complesso, mentre se tale disparità verrà attuata mettendo ciascuno al posto che per attitudine gli compete (e tale attitudine verrà inoltre sviluppata con adeguata educazione) allora sarà anche più semplice rendersi conto che se uno ricopre un determinato ruolo (magari di particolare prestigio) è perchè merita di farlo,
[corsivo mio; non a caso, hai scritto "mettendo", non "lasciando che ognuno si metta naturalmente" al posto che gli compete... lapsus freudiano?]
"Aspirazioni personali"(cit.) inserite nei "criteri totalmente sbagliati"(cit.)... "la accendiamo o chiediamo il parere del pubblico"? Gerry Scotti a parte, è un'associazione sintomatica del lapsus di cui sopra?
Il talento e la predisposizione naturale devono infatti fare i conti con la libera scelta: una valutazione delle competenze mi rivela che sono molto portato per la matematica, ma personalmente preferirei fare l'avvocato... a questo punto, ho vado ad intasare l'albo dei principi del foro, oppure qualcuno me lo proibisce, di forza (ed ecco il rischio del potere "invadente"), perché non sono adatto e non ce n'è bisogno... la libera scelta dei singoli non può coincidere mai con l'effettivo fabbisogno di uno stato numeroso e complesso (è come sperare che ad ogni concorso ci sia coincidenza esatta fra numero di candidati e posti disponibili...).
Esempio banale: una squadra sportiva funziona perché è il potere centrale dell'allenatore che decide, in
base al talento ed al suo "occhio clinico", chi deve coprire un determinato ruolo e chi no, non sono certo i giocatori a sceglierlo (e se i giocatori sono scontenti abbandonano quella squadra...). La società è una
squadra in cui ognuno può scegliere quasi liberamente il suo ruolo: la disfunzione e i disequilibri sono
inevitabili... per questo alcuni mestieri sono "intasati" ed altri invece vengono svolti da persone
inizialmente estranee alla società (v. immigrati).
Con ciò non voglio augurarmi che un giorno ci sia qualcuno che decida delle vite altrui come fa un giocatore di dama con le sue pedine, ma voglio solo ricordare che la soluzione degli squilibri non può essere trovata solo dalla fiducia in un'"ottimistica entropia sociale" (utopia?).

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMLa tendenza è ad essere da un lato il più possibile indipendenti e autonomi e sfruttare l'altro per soddisfare le proprie esigenze, poi vi saranno innumerevoli occasioni di condivisione che però saranno sempre e solamente di una superficialità assoluta [...] che non identificheranno mai gli appartenenti ad una comunità ma caratterizzeranno una massa di singoli individui senz'altra cosa in comune che quella condivisione in quel dato, singolo, momento
Tuttavia, non sottovaluterei la portata esistenziale/psicologica dell'appartenenza a uno o più gruppi: credo che ogni comunità estesa, con migliaia di persone, ha sempre avuto i suoi sottogruppi (nei vari ambiti della vita), proprio come quella attuale... persino nelle classi scolastiche di 25 persone si formano spontaneamente "gruppetti" e "fazioni", giusto?
E quella "superficialità assoluta"(cit.) credo sia invece per molti preziosa: se appartieni ad un gruppo in cui ti riconosci (ed almeno uno lo stiamo condividendo ora!), prova ad allontanartene per un po'... scoprirai che quella "superficialità assoluta" era fatta di relazioni sociali per te tutt'altro che irrilevanti... e, sempre secondo me, noterai che l'individualismo è egemonico solo nella gestione dei propri averi, ma non nella gestione del bisogno (innato?) delle proprie relazioni...

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AME comunque si sa che spesso uno si sente più solo in mezzo a un milione di persone che magari seduto solitario il poltrona con un bel libro fra le mani
Eppure, la maggioranza della comunità cerca la solitudine del libro o quella in mezzo a milioni di persone?

Citazione di: donquixote il 16 Luglio 2016, 10:02:16 AMPer quanto vi siano delle similitudini sono più importanti e cogenti le innumerevoli differenze, di cui elenco solo quelle che mi paiono decisive. Ai tempi dell'impero circa l'80% della terra non sapeva chi fossero i romani, mentre ora l'invasione (sia pur non strettamente militare ma "culturale") ha coperto la totalità del globo. In secondo luogo la tecnologia a disposizione dei romani di allora poteva provocare danni alquanto limitati, per nulla paragonabili all'oggi. In terzo luogo i romani non esportavano un "way of life" basato sul consumo delle risorse terrestri ma si limitavano a saccheggiare le (limitate) ricchezze altrui o a schiavizzare gli abitanti per le loro esigenze
Attenzione: i romani hanno conquistato tutto quello che potevano conquistare nel loro tempo disponibile: in Africa si sono fermati perché "ci sono solo leoni" (hic sunt leones), in America non potevano certo arrivarci, ed in Asia credo abbiano trovato pane per i loro denti... non direi che i romani avrebbero potuto fare come l'uomo moderno, ma non l'hanno fatto perché avevano una cultura meno corrotta e più comunitaria...
proprio al riguardo avevo già anticipato che:
Citazione di: Phil il 15 Luglio 2016, 16:40:10 PMinevitabilmente, sono cambiate le forme, gli spazi e i tempi, con cui l'uomo asseconda i propri vizi...
Secondo me, l'unico ambito in cui uomo moderno non ha inventato nulla di nuovo, è proprio quello del suo
"atteggiamento vizioso" (verso i simili, verso il pianeta e verso se stesso...).

P.s. Chiarisco che non voglio affatto fare l'apologia dell'uomo moderno, ma solo sconsigliare di avere nostalgia di un passato edulcorato dalla distanza storica, quando, in fondo, alcuni tratti essenziali dell'uomo si sono solo trasformati, ma il loro nucleo essenziale è rimasto, per me, lo stesso da sempre...
#2323
Attualità / Re:Essi Vivono
15 Luglio 2016, 16:40:10 PM
Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2016, 10:31:34 AMcos'altro è la giustizia se non "dare a ciascuno il suo"?
Concordo che il "dare a ciascuno il suo" sia un'ideale normativo di giustizia (la cui "quantificazione" pone come sempre non pochi problemi di opinabilità...), ma si scontra comunque con la realtà in cui "ciascuno fa il suo"; per cui i mercanti fanno i mercanti, i politici fanno i politici, i calciatori fanno i calciatori, i criminali fanno i criminali, etc... per evitare che ciascuno persegua "il suo (interesse)" occorrerebbe una potere centrale molto invadente e direttivo, ma siamo sicuri che si rivelerebbe poi sempre un saggio padre con adeguato ed integerrimo senso della misura? Anche questa impostazione ha una sua casistica storica (e rimpiangerla ha pur sempre una sua dignità politica...).

Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2016, 10:31:34 AMla proclamazione, in questo tempo, dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani è esattamente l'opposto della giustizia, perchè chiunque può accorgersi che ognuno è diverso (sotto molteplici aspetti) da chiunque altro, e un'idea che afferma che bisogna dare le stesse cose a persone diverse persegue l'ideale dell'ingiustizia. Un tempo storico "giusto" (per quanto non assolutamente ma solo relativamente, come del resto tutto ciò che accade nel mondo del divenire) è dunque quello che persegue tendenzialmente l'ideale opposto a quello attuale 
La proclamazione di uguaglianza (egalitè, fraternitè, libertè) credo resti semplicemente una proclamazione ornamentale, un motto demagogico, ma in pratica, se non erro, questa uguaglianza non si concretizza spesso: davvero tutte le persone (oggettivamente diverse) ricevono le stesse "cose"(cit.)? Le disparità sociali sono piuttosto palesi (e quasi addirittura tutelate), privilegi e discriminazioni abbondano, e "la legge è uguale per tutti" suona come una frase da Bacio Perugina... 

Soprattutto se si parla di diritti, terrei d'occhio il modo concreto in cui questi aulici diritti si inseriscono nella società, spesso mortificando, nell'innestarsi, tutta la loro universalità e favorendo una sterile dissipazione di possibilità:
Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2016, 10:31:34 AMNelle società moderne, dominate invece da una visione meccanicistica ed egualitaristica ove tutti sono fungibili come ingranaggi di un meccanismo, ognuno, indipendentemente dai talenti individuali, può "scegliere" autonomamente quale ruolo ricoprire, scontrandosi quotidianamente con la realtà di una società che necessita di 1000 persone adatte a ricoprire un certo ruolo e magari gli aspiranti sono 1.000.000 
Questo è appunto un caso in cui l'uguaglianza formale è fuorviante e, cozzando con la realtà, viene filtrata dalle reali esigenze, per cui anche se, di diritto, tutti possiamo essere farmacisti o militari o avvocati, di fatto, solo alcuni "diseguali", ed in numero necessario/richiesto, troverà collocazione (con tutte le ripercussioni degli "scartati" che aumenteranno ulteriormente la disuguaglianza sociale: disoccupazione e affini...).

Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2016, 10:31:34 AMPer divisione dunque intendo l'enunciazione di "principi" che esaltano l'individualità a scapito della comunità, che inevitabilmente porteranno al non riconoscimento del proprio vicino come appartenente alla stessa collettività, anche se si parla la stessa lingua 
Come accennavo nel post precedente, non sottovaluterei la socialità "etologica" dell'essere umano: la solitudine dell'individualità non ha mai affascinato la massa (che pur contiene le debite eccezioni-minoranze), e una società di "superuomini (o oltreuomini) nietzschiani" mi pare improbabile, così come quella formata in maggioranza da misantropi solipsisti... magari si tratterà di appartenere ad una collettività dispersa nel territorio (e riunita dalla tecnologia), per cui il vicino-di-casa non sarà anche vicino-di-visione-del-mondo, ma la ricerca del collettivo, del branco, del gruppo, credo sia un istinto atavico inestirpabile (seppur alienabile, contestualizzabile, rivisitabile...).
Ma non voglio insistere troppo...


Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2016, 10:31:34 AMPer "distruttiva" intendo invece una "cultura" che esaltando le pulsioni umane più deteriori (perseguimento degli interessi personali o di casta a qualunque costo, mancanza totale di rispetto verso visioni diverse dalla propria, esaltazione dell'avidità, dell'invidia e della competizione poichè funzionali al "mercato") [...] avrà buon gioco a distruggere in breve tempo tutte quelle culture che hanno impiegato secoli per trovare un proprio equilibrio [...] E dopo aver distrutto tutte le altre culture non potrà che distruggere se stessa, perchè nel frattempo i conflitti interni saranno diventati talmente numerosi e pervasivi da farla esplodere
[corsivi miei]
Questa parabola storica (sviluppo interno unitario, espansione esterna, soppressione della diversità/esportazione dei modelli, ampliamento-dispersione, implosione-frammentazione), converrai, non è tipica solo della società contemporanea: è esattamente quella di ogni impero (leggendola mi è subito venuto in mente l'impero romano); alcune caratteristiche di cui viene colpevolizzato l'uomo moderno, quasi fosse una forma corrotta dell'uomo dei secoli precedenti, credo siano piuttosto tipiche dell'uomo in quanto tale (praticamente i famigerati sette peccati capitali), da almeno duemila anni ad oggi; anche se, inevitabilmente, sono cambiate le forme, gli spazi e i tempi, con cui l'uomo asseconda i propri vizi...
#2324
Attualità / Re:Essi Vivono
14 Luglio 2016, 23:25:31 PM
Citazione di: donquixote il 14 Luglio 2016, 15:32:26 PM Il tempo che stiamo vivendo non è ingiusto per il fatto che ora pochi hanno il potere e molti lo subiscono, ma per il fatto che innanzitutto tale potere è diventato talmente pervasivo da permeare il mondo intero
[corsivo mio]
Mi/ti chiedo: può esserci un tempo storico "giusto"? Si può uscire dal relativismo etico(-politico), oppure il "non-giusto" è soltanto un giudizio personale... probabilmente, per chi ha il potere, i tempi sono più che giusti... e allora definirli ingiusti può connotare
Citazione di: donquixote il 14 Luglio 2016, 15:32:26 PMcoloro che (giustamente) si lamentano delle elite che detengono il potere e li sottomettono sono nella quasi totalità dei casi persone che al loro posto farebbero altrettanto. Sono insipienti e corrotti non meno delle elite, solo più deboli, più vigliacchi, e anziché rischiare qualcosa (o tanto) per affermare non dico un'idea di giustizia, che non conoscono, ma anche solo se stessi preferiscono "pretendere" l'elemosina di coloro che hanno, e sono ben disposti ad esaltare e idolatrare chi concede loro esplicitamente anche solo le "briciole" del tanto che hanno sottratto in maniera subdola

Anche la conclusione della tua analisi mi ha incuriosito :
Citazione di: donquixote il 14 Luglio 2016, 15:32:26 PMessendo quella moderna una cultura divisiva e distruttiva (l'individualismo e l'egocentrismo spinti all'eccesso porteranno ciascuno ad avere proprie regole, una propria morale, una propria visione del mondo eccetera) e non costruttiva non potrà avere niente che le si possa opporre fino alla distruzione completa
[corsivo mio]
Non sono certo di aver colto esattamente cosa intendi per "cultura divisiva", ma credo che l'uomo resti per natura "animale sociale", per cui le divisioni saranno, come da sempre, fra gruppi nutriti, perché appartenere ad un gruppo (sempre parlando molto in generale, senza voler dimenticare le minoranze) rassicura, identifica ed ha dei vantaggi "operativi". L'unico individualismo innegabile, ma non certo tipico solo dell'epoca contemporanea, è quello economico: il mio conto in banca è individuale, i miei averi sono individuali, la mia proprietà privata è individuale... ma in ambito sociale c'è da sempre, ed anche tuttora direi, la ricerca del gruppo: dalla cerchia di amici ai partiti politici, dalle associazioni sportive-culturali-ricreative alle comunità virtuali, etc. l'uomo attuale è difficile da dipingere come "diviso", individuo isolato dalla comunità d'appartenenza in virtù della sua morale egocentrica e della sua personale visione del mondo: la nostra epoca è non a caso quella dei fenomeni di massa, delle mode globali, delle tendenze che pervadono il mondo con due click, dell'imperialismo culturale... se poi intendi per "divisione", la solitudine esistenziale, non direi sia tipica solo dell'uomo contemporaneo... 

Anche sulla cultura "distruttiva"(cit.), non ho ben messo a fuoco cosa intendi: distruttiva per l'ecosistema? Indubbiamente... distruttiva di equilibri, sovrastrutture, valori precedenti? Inevitabilmente, direi; da un punto di vista storicistico, in fondo, è sempre andata così... 


P.s. Tutto questo per chiederti di spiegare meglio a cosa alludi con "cultura divisiva e distruttiva"...
#2325
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 16:27:25 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 22:20:22 PMil camminare continuo della coscienza e il famoso karma è proprio questo movimento incessante. Un'azione veramente malvagia ha un influsso terribile sulla coscienza, indipendentemente dal fatto di esserne consapevoli. Questa ruota priva di perno ( amore) non smette di girare e operare nefasta influenza in noi semplicemente perchè , con un impulso interiore, effimero, riteniamo di esserci pentiti.
[...] Non è possibile alcuna matematica del karma, nè alcuna accumulazione di meriti. Solo quando,  nel sonno, i demoni che abbiamo generato, piano piano, non verranno più a farci visita, capiremo che la ruota ha esaurito l'energia che la muoveva.
Direi che i due temi del topic, il pentimento e l'espiazione, si conciliano più con il cristianesimo che con il buddhismo: in un ottica karmica, quindi deterministicamente causale, il pentimento gioca un ruolo molto marginale rispetto all'effettività delle azioni compiute (sarebbe improponibile una pratica della "confessione" nel buddhismo) e talvolta viene persino considerato uno dei "cinque ostacoli" innati (nivarana) per l'illuminazione (è quello chiamato kukkucca); mentre l'espiazione non è decidibile o praticabile a scelta, ma è semplicemente la "naturale" conseguenza, l'effetto ineluttabile dell'azione che l'ha causata (rimando al quinto capitolo dell'Abhidhamma per la questione della reincarnazione come espiazione...) 
Per cui il legame pentimento/espiazione, per come è inteso occidentalmente/cristianamente non credo possa attecchire adeguatamente nella catena causale del karma, anche se resta sempre possibile coniugare le due prospettive con una bella immagine sincretica, come quella da te proposta, in cui l'amore cristiano diventa perno della ruota del karma induista...