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Messaggi - sgiombo

#2311
Citazione di: davintro il 20 Ottobre 2017, 01:59:09 AM
La necessità delle essenze è dimostrabile analiticamente: cioè a partire dalla definizione stessa che ne diamo: se intendiamo l'essenza come la componente necessaria di un ente, quella che rende un ente quell'ente determinato e non un altro, allora l'essenza non può non essere presente in ciascun ente, altrimenti il concetto stesso di "essenza" sarebbe autocontraddittorio e dunque insensato. Senza la propria essenza ogni ente smarrirrebbe il suo "quid" che gli attribuisce una qualsivoglia determinazione e lo contraddistingue da altri enti: cioè l'essere cadrebbe nella pura indeterminazione, verso il nulla. Tutto sta nel non concepire le essenze come idee idealisticamente separate dagli enti a cui si riferiscono, ma, pur mantenendo la loro conntotazione ideale, porle come immanenti ai loro enti di riferimento, cioè identificarle con il loro "quid" che ne specifica il senso determinato, rendendo anche possibile, in seconda battuta la definibilità linguistica.
CitazioneCome tu stesso affermi questi sono giudizi analitici a priori; cioé deduzioni da premesse stabilite per definizione (o postulate, comunque arbitrariamente), quindi certe, ma che nulla dicono di come la realtà é/diviene o non é/non diviene, di ciò che realmente accade o meno.
Non dicono quali enti determinati esistono realmente, quali eventi determinati accadono realmente e quali no, da quali essenze enti ed eventi reali sono caratterizzati e da quali no.



Etichettare come "antropocentrismo" qualunque attribuzione da parte di un intelletto soggettivo di categorie formali applicate poi alla realtà oggettiva dovrebbe coerentemente far ricondurre in questa etichetta qualunque forma di conoscenza razionale, comprese le scienze naturali sperimentali, dato che ogni conoscenza presuppone l'organizzazione del flusso di dati sensibili, di per sé informe e caotico, in un sistema di concetti, di forme intelligibili. Anzi, forse proprio nella riconduzione della natura in termini matematici, quantitativi, operata dalle scienza naturali, se si vuole, è riscontrabile un'astrazione e una formalizzazione maggiore che in una visione del mondo fondato sull'apprensione delle concrete qualità fenomeniche materiali delle cose, colori, suoni ecc. nel loro porsi come oggetti di un'esperienza vissuta, una visione che non squalifica le qualità primarie rispetto a quelle secondarie, e quindi in tale più rigida formalizzazione dovrebbe riconoscersi un carattere antropocentrico più forte... in realtà credo che il rischio di cadere in un'antropocentrismo che ostacola la conoscenza della realtà oggettiva, possa essere scongiurato nel momento in cui una sana epistemologia individui dei criteri della conoscenza solidi, come il complesso dei princìpi logici universali, che nella loro trascendentalità, sono regole necessarie del pensiero, a prescindere dal tipo di realtà determinata in possesso di tale pensiero. In questo senso che A sia uguale ad A e non potrebbe mai essere non-A, è una norma che ogni pensiero presuppone necessariamente per non cadere nell'assurdità, sia il pensiero dell'essere umano, che di un ipotetico alieno sceso da Marte, cosicché un complesso di deduzioni ricavate da princìpi originari come questo sarebbe svincolato dall'antropocentrismo. La razionalità che garantisce la corrispondenza di una tesi con la realtà oggettiva è l'argine contro ogni antropocentrismo relativista. Lo stessa fenomenologia husserliana pur riconoscendo un'attività delle noesi, espressione di una soggettività (però l'Io puro, trascendentale, non l'essere umano con le sue proprietà determinate) nella formazione dei noemi, non mi pare consideri l'attività formante come arbitraria proiezione dell'umano, ma fondato sull'apprensione passiva, la sintesi passiva, di un mondo ulteriore di sensazioni, che incidono sulla formazione degli schemi percettivi, in un'intenzionalità "al contrario" ,che va dall'oggetto al soggetto.
CitazioneIl fatto che qualsiasi giudizio, qualsiasi conoscenza é propria di un soggetto che (anche) in qualche modo "agisce", considera attivamente la realtà oggettiva (se si tratta di conoscenze di fatti oggettivi) e non ne é soltanto passivamente agito non equipara giudizi oggettivamente veri a proiezioni antropomorfe (false) di qualità soggettive umane (come é il finalismo) sulla realtà naturale oggettiva (extraumana), la quale invece non ne presenta.

Il complesso dei princìpi logici universali, che nella loro trascendentalità, sono regole necessarie del pensiero, a prescindere dal tipo di realtà determinata in possesso di tale pensiero (evidenziazione in grassetto mia) consente di per sè (se non applicato all' empiria) per l' appunto la formulazione di giudizi analitici a priori certi ma "gnoseologicamente sterili", che nulla consentono di conoscere su ciò che realmente é/accade o meno.
Per un' effettiva conoscenza della realtà sono necessari anche dati empirici, sui quali si possono affermare giudizi a sintetici a posteriori, i quali possono costituire (anche, non solo) conoscenze vere, comunque a mio parere inevitabilmente incerte, se non nell' effimero istante presente di una constatazione immediata particolare concreta.
#2312
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
20 Ottobre 2017, 08:53:30 AM
Citazione...E i dubbi nelle cassapanche
#2313
Ad Apeiron

Concordo (se ho ben capito quanto intendi affermare; altrimenti "fammi un fischio") che la scienza non può dimostrare l' etica.

La mia convinzione é soltanto che la scienza biologica correttamente intesa (non alla maniera di "darwinismo sociale", "sociobiologia" e così via ideologizzando; più o meno razzisticamente) può dare spiegazioni del perché di fatto esistono determinati valori e imperativi etici (per esempio, come hai rilevato:  ognuno di noi (o quasi - prima che mi si accusi di dogmatismo   ) a "suo modo" riconosce che nel suo "intimo essere" "amare il prossimo" (per esempio) è una "virtù". Che la pace sia migliore della guerra ecc.), e non dimostrare quali questi debbano essere, che é cosa impossibile: non lo si dimostra, semplicemente lo si avverte, e la scienza biologica spiega come mai (e non se ne può pretendere di più).
#2314
Citazione di: Apeiron il 18 Ottobre 2017, 23:32:45 PM


Gli evoluzionisti (meglio: coloro per i quali l'etica deriva dalla "biologia" e basta...) dicono: ""amare il prossimo" è giusto perchè dobbiamo conservare la specie"... Mah ::)  
CitazioneEsistono evoluzionisti ed evoluzionisti (e "credenti che l' etica derivi dalla biologia" e "credenti che l' etica derivi dalla biologia"): per lo meno e soprattutto a mio parere, per dirlo grossolanamente, "evoluzionisti a là Dawkins" ed evoluzionisti a là Gould".

I primi (secondo il mio modesto modo di vedere) cadono in antiscientifici pregiudizi ideologici reazionari (perfettamente atti a sostenere lo stato di cose presenti iniquissimo e disastroso per le sorti dell' umanità; come d' altra parte, e ancor di più, il nichilismo nietzcheiano) non accorgendosi che l' altruismo, non meno dell' egoismo, é estremamente adattivo (fatti, questi, ben spiegati, sempre a mio modesto parere, dal materialismo storico: in ogni epoca le idee dominanti tendono oggettivamente ad essere le idee delle classi dominanti).
I secondi si avvedono della grande adattività (anche) dell' altruismo e del fatto che i geni (per usare l' orrenda metafora di Dawkins) non possono che essere "piuttosto altruisti che egoisti verso gli altri geni", poiché se così non fosse si determinerebbe l' estinzione delle rispettive specie (e dunque dei geni pretesi "egoisti" stessi) al primo inevitabile cambiamento ambientale sufficientemente drastico e intenso:

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=376:il-gene-altruista&catid=1:visioni-del-mondo-cat&Itemid=24


Questo spiega anche come mai
Apeiron:
ognuno di noi (o quasi - prima che mi si accusi di dogmatismo  
;D ) a "suo modo" riconosce che nel suo "intimo essere" "amare il prossimo" (per esempio) è una "virtù". Che la pace sia migliore della guerra ecc.
#2315
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
19 Ottobre 2017, 10:02:52 AM
Citazione di: green demetr il 18 Ottobre 2017, 22:37:47 PM


Credo di aver capito alfine.  :D

Si anch'io penso indirettamente che ciò che succede nel noumeno abbia corrispondenza con i fenomeni.

infatti inizio a pensare al noumeno automaticamente (fideisticamente) come se avesse effettivamente a che fare con i fenomeni.

per me però non esistono dimensioni parallele. per questo credo fermamente che i fenomeni non sono in sè ma il prodotto di una qualche funzione (divina o del pensiero che sia) di dominio.

a me interessa il soggetto in quanto credo sia quella funzione di relazione.

invece per te il soggetto è semplicemente un fenomeno in sè, parte mentale, parte materiale.

quindi sei dualista non nel senso degli analitici americani. motivo che mi mandava fuori strada e di parecchio.

ed effettivamente nemmeno monista, non rientri proprio in quelle etichette!  ::) Sì lo so. Lo hai anche scritto diverse volte....

che vuoi perdonami a volte il voler etichettare risulta utile, in questo caso è stato fuorviante!
CitazioneInnanzitutto é per me un insperato motivo di piacere e di ...speranza (mi scuso per l' ossimoro) il fatto che la nostra discussione sembra cominciare a incanalarsi su binari costruttivi (necessitanti un minimo di comprensione reciproca, anche nel dissenso).

Secondo me il rapporto (l' "avere a che fare reciproco") fra noumeno e fenomeni sta proprio nel loro divenire "parallelo", in un certo senso (abbastanza determinato,  secondo me) vincolante l' uno agli altri anche se non implicante interferenze causali.
Questo mi sembra l' unico comprensibile modo di spiegare le relazioni mente/cervello, per esempio il fatto che alla nostra volontà (fenomeno cogitans) segue l' azione corporea determinata in realtà dalla fisiologia cerebrale (fenomeno extensum) e non dal pensiero (la decisione di agire) stesso: non esiste e non può esistere alcun "surrogato di ghiandola pineale" adatto all' uopo se, come ci dicono le scienze naturali (anche se é indimostrabile, in ultima analisi fidesiticamente creduto), ogni evento fisico ha cause unicamente fisiche e le leggi naturali non possono subire deroghe o eccezioni.

E credo che "entità - eventualità in sé, noumeniche*" siano sia il soggetto delle sensazioni fenomeniche (che é riflessivamente anche oggetto di quelle mentali), sia gli oggetti di quelle materiali; infatti per entrambi (soggetto ed oggetti) si presume che siano reali anche allorché, "non trovandosi nelle appropriate relazioni*" ("riflessive con se stessi*" nel caso della res cogitans, "con altro da sé*" nel caso della res extensa), al loro divenire non corrispondono sensazioni fenomeniche coscienti.
Fra l' altro questo spiega la differenza fra la solitamente presente (salvo limitate e eccezioni: i pensieri ossessivi o il non riuscire a ricordare qualcosa come si vorrebbe) possibilità di arbitrariamente** determinare i propri pensieri e la solitamente presente (salvo limitatissime e condizionate -più apparenti che reali a ben vedere- eccezioni: conoscenza delle leggi naturali e adeguamento ad esse dell' azione finalizzata a scopi realistici) impossibilità di determinare ad libitum la realtà fisica-materiale da parte del soggetto, di  cui credo che una funzione di dominio propria del solo soggetto non possa rendere conto.

Effettivamente per me il soggetto si manifesta fenomenicamente in parte come res cogitans (a se stesso, riflessivamente come -anche- oggetto di questo tipo di -proprie- sensazioni), in parte come res extensa (ad altri, da se stesso diversi, soggetti, come oggetto di quest' altro tipo -loro- di sensazioni); in particolare come cervello.

________
* Asterisco e virgolette a significare il carattere meramente "allusivo", vago, inevitabilmente "oscuro" di tutto ciò che può dirsi del noumeno, non essendo sensibile-cosciente e dunque nemmeno pensabile in quanto sensibile-cosciente, come può invece ovviamente farsi dei fenomeni).

** Non (non necessariamente per lo meno) nel senso del "libero arbitrio" ma in quello di "libero da costrizioni estrinseche al soggetto".



quindi il determinismo di cui parli si traduce sempre con questa idea dei piani paralleli.
Voglio dire ora mi sembra molto chiaro.

comunque determinismo si intende come qualcosa che esce da un Dio ex machina. (a proposito di etichettaggi)

il tuo non è determinismo! ma come mai senti questa "necessità" del piano parallelo?

cioè ci sta, è una mia curiosità, sempre che tu ci abbia pensato su.

CitazioneIl deus ex machina del determinismo mi sembra più che altro una metafora: la maggior parte dei materialismi (dunque non il mio personale "dualismo dei fenomeni, monismo -neutro- del noumeno") di fatto é meccanicistica, contemplando un divenire meccanicistico e nessuna divinità.

E il mio determinismo dei fenomeni materiali (qui indimostrabile e necessario alla conoscenza scientifica di essi) e conseguentemente di ciò che ad esso corrisponde biunovocamente nei fenomeni mentali e nel noumeno e di ciò che ad esso corrisponde nei rispettivi modi di divenire e "divenire*" (e qui necessario perché possa sensatamente parlarsi di etica) rispettivamente consegue dalla "teoria dei piani ontologici paralleli"; che mi sembra l' unico modo sensato di spiegare l' apparente ma impossibile interazione fra res cogitans e res extensa (a parte una sorta di leibniziana "armonia prestabilita" fra tutte le esperienze fenomeniche coscienti senza che esistano un soggetto e degli oggetti in sé, che mi sembra poco convincente; e infatti Leibniz ha dovuto integrarla ricorrendo a Dio).
#2316
Presentazione nuovi iscritti / Re:Mi presento...
19 Ottobre 2017, 08:42:44 AM
Ricordiamo sempre che Socrate, per l' oracolo di Delfi il più sapiente dei Greci, tutto ciò che sapeva era di non sapere.

La presunzione di sapere ottunde il senso critico e ostacola la ricerca della verità.

Dunque, viva l' ignoranza (che cerca criticamente la sapienza)!

Benvenuto anche da parte mia.
#2317
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
18 Ottobre 2017, 08:30:54 AM
Citazione di: epicurus il 17 Ottobre 2017, 15:13:41 PM


la proposizione "ogni verità è una credenza" è banalmente falsa perché esistono verità che non sono credenze (infatti, ci sono fatti che non conosciamo). Ma anche se per assurdo per ogni proposizione vera ci fosse un agente che crede tale proposizione, ciò cosa ci direbbe di importante sul relativismo? Non mi è affatto chiaro.
CitazioneIn che senso "esistono verità che non sono credenze"?

Verità = credenza vera.

Fatti =/= verità (circa i fatti; ovvero proposizioni vere, proposizioni che affermano la realtà di fatti reali; o negano la realtà di fatti non reali, se non come connotazioni o intensioni di concetti privi di denotazione o estensione reale).

Secondo me "esistono solo fatti".
Fra i fatti che esistono vi sono (anche, fra l' altro) credenze false e (anche, fra l' altro) credenze vere (e possiamo "stenograficamente" chiamare "verità" queste ultime).

E senza almeno un agente che (realmente esiste e) crede qualcosa (che realmente formula un predicato di esistenza o di non esistenza circa qualcosa) non c' é realmente in atto alcuna proposizione vera (stenograficamente: alcuna "verità"), ma casomai (solo potenzialmente! non come effettiva realtà in atto! Come "qualcosa che potrebbe accadere ***o meno***" a seconda delle circostanze future) esiste solo la possibilità teorica che (forse!) prima o poi delle verità vengano ad esistere realmente (= che proposizioni vere vengano formulate); o forse no.
Senza almeno un agente che crede qualcosa esistono solo fatti, e non verità circa fatti: fatti che non conosciamo non sono (quei peculiari fatti che diconsi) "verità",  ma semplici "fatti (in generale)".


#2318
Citazione di: green demetr il 17 Ottobre 2017, 14:55:48 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 09:56:28 AM
Citazione di: green demetr il 12 Ottobre 2017, 21:12:45 PM
Troppe troppe volte ho visto la cattiveria della gente in atto, gente che si proclama altruista, anzi che fa dell'altruismo il suo unico credo.
Pronto a portarlo a domicilio, sfondando le porte se necessario....
Anch' io.
Ma dedurne che l' uomo é per natura egoista é un paralogismo "di spettacolare scorrettezza logica"; e per non accorgersi che esiste in natura e nella civiltà umana (anche) l' altruismo bisogna avere spessissime fette di salame sugli occhi.

Sì ma è questo che non mi torna del tuo discorso, perchè decidere per gli altri che il comunismo sia cosa buona e giusta (e che si basi sull'altruismo in fin dei conti), significhi poi sfondare la porta del prossimo per inculcarvela?
Non ti sei mai posto questo problema?
Strano perchè quando si seppe dei Gulag l'intera sinistra europea rimase prima incredula e poi scioccata.
A mio tempo lessi il potente romanzo "I Mandarini" (uno dei migliori che ho letto, stracolmo di temi filosofici, che il tempo non ha intaccato) della Beauvoir, che ne dà una vivida testimonianza.
Se la questione si risolve a colpi di revolver come nell'epopea western della hollywood....stiamo ancora parlando di bontà?
Ma scusa non è quello che la chiesa ha fatto in questi anni?
Non è la scusa che i genitori usano sempre con i figli?(gli è stato tramandato così)
Lo faccio a fin di bene......MAH!
Fare una cosa in nome di un altra, a parte che è il problema della psicanalisi lacaniana, ma è proprio una questione filosofica.
Una cosa la si fa, rispetto a quello che si sta facendo, e in base a chi ci troviamo di fronte, analizzando cioè sia chi ci sta di fronte sia cosa (ndr) ci sta davanti. (e quindi se siamo un minimo intelligenti, si tratta di analizzare noi stessi in primis).
Abbreviare o saltare questa pratica imponendo il Potere che uno ha su un altro, o su una situazione, IO non lo chiamo altruismo.
Quindi non sto generalizzando proprio un bel niente

Diavolo di uno Sgiombo, LOL.
CitazioneE infatti (in diversa misura, con diversi esiti) Robespierre, Lenin, Stalin e tanti altri hanno agito analizzando chi stesse loro di fronte e anche le loro stesse forze rivoluzionarie in primis.

Ma soprattutto hanno agito ben sapendo che se si vuol cambiare (in meglio, molto in meglio nei loro casi!) il mondo é inevitabile sporcarsi le mani, anche se bisogna farlo nella misura minore realisticamente possibile (ritenuta ragionevolmente la minore possibile) nelle varie circostanze concrete di una lotta mortale con un nemico che non si fa scrupolo alcuno di usare i mezzi anche più abbietti e disumani a detrimento della civiltà umana, contro il quale sarebbe dunque immorale farsi scrupolo di usare mezzi adeguati, nei limiti del necessario, per promuovere la civiltà umana.

("LOL" non so cosa voglia dire, anche se l' ho già letto da qualche altra parte).



#2319
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Ottobre 2017, 22:47:58 PM
Citazione di: green demetr il 17 Ottobre 2017, 16:56:25 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Ottobre 2017, 16:09:10 PM

CitazioneIl nostro "divenire*" di cose in sé é biunivocamente corrispondente al nostro divenire di fenomeni (materiali in quanto oggetti di sensazione altrui, mentali in quanto soggetti-oggetti di nostra conoscenza riflessiva); e dunque é "caratterizzato da una corrispondenza biunivoca (anche) con il divenire deterministico (se tale é) del nostro cervello materiale – naturale*".


Mio caro Sgiombo, permettimi nel mio delirio (lo ammetto, mi sono fissato con te), di continuare e tu abbi pazienza.

Che i fenomeni possano esseri mentali o fisici, tutto ok, anche se non credo che si possa parlare di fenomeni mentali, perchè sennò come li distinguo da quelli fisici? (rispondi per favore).
CitazioneChiunque capisce la differenza.

Comunque pazientemente ti faccio notare che quelli mentali sono "privati", soggettivi, mentre quelli fisici sono "pubblici", intersoggettivi, e che quelli mentali non sono misurabili (non se ne possono considerare rapporti quantitativi esprimibili mediante numeri), mentre quelli fisici sono misurabili (e per questi due motivi i primi non sono passibili di conoscenza scientifica in senso stretto, mentre i secondi lo sono).



Ma quello che mi fa alterare, da cui il mio delirare sull'utente Sgiombo, è quando parli con disinvoltura della presunta bi-unicovità tra fenomeno e noumeno.

Ho capito che dici bi-univocamente, ma io non ho capito quale sia la funzione che porta dal dominio del noumeno a quello dei fenomeni.
CitazioneMa quale "dominio"?

Semplicemente credo (indimostrabilmente né tantomeno empiricamente mostrabilmente) che per ogni determinata situazione o condizione del noumeno vi sia una e una sola determinata situazione o condizione dei fenomeni (di quelli mentali e di quelli materiali o fisici) e nessun altra, e viceversa: divengono per così dire "parallelamente su piani diversi e reciprocamente trascendenti".



Cosa garantisce a Sgiombo che il valore di determinismo sia quello che bi-univocamente relaziona noumeno e fenomeni?
CitazioneNiente e nessuno mi garantisce nelle mie credenze circa il noumeno.

La relazione noumeno-fenomeni (e conseguentemente, transitivamente la relazione fenomeni materiali-fenomeni mentali) é quella di corrispondenza biunivoca.
Se i fenomeni materiali divengono deterministicamente, allora nella corrispondenza biunivoca dei fenomeni mentali e del noumeno con i fenomeni materiali é implicata una corrispondenza anche con il loro divenire deterministico.



Perchè invece non l'indeterminismo, il caso, il fato, gli Dei, Dio (l'unicorno, dimenticavo, e il pappagallo!) etc...

Perchè Sgiombo ha scelto il determinismo?
CitazionePer nessuna ragione; lo credo puramente e semplicemente per fede (e mi potrei sbagliare).

Ma una cosa é certa: se non si dà determinismo del divenire dei fenomeni fisici - materiali, allora non se ne dà nemmeno la possibilità di conoscenza scientifica.
Né si dà possibilità di valutazione etica delle scelte di enti soggetti di azione.

Ecco perché "ho scelto (fideisticamente) il determinismo".




#2320
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Ottobre 2017, 16:23:25 PM
Citazione di: epicurus il 17 Ottobre 2017, 14:39:07 PM
(Ho appena letto il tuo ultimo messaggio, quello che ragiona sulla morale e sul determinismo/indeterminismo. Per ora ti rispondo solo sulla questione puramente della libertà.)

Vediamo se riesco a tirare le fila del discorso.

Se non sbaglio tu sostieni questa posizione, che per semplicità ho partizionato in tre:

[INIZIO MIA SINTESI DEL PENSIERO DI SGIOMBO]
1. Metaforicamente le leggi naturali costringono l'universo ad progredire in un determinato modo. Sottolinei che è una metafora perché in realtà le leggi di natura sono astrazioni e generalizzazioni di singoli accadimenti. Le leggi naturali sono descrittive.
2. "Determinismo" ha un significato ben preciso e non problematico: il divenire dell'universo è conforme a delle regolarità.
3. Il significato di "libero arbitrio" è chiaro. Il mio concetto di libertà (<<L'uomo è libero quando può agire in base ai propri "stati mentali" (credenze, desideri, ecc.) e pure tali stati possono essere oggetto di riflessione e revisione.>>) è quello di libertà da costrizioni. Tuttavia se è vero il determinismo, allora tutto deve accadere in modo necessario, quindi è costretto ad accadere. "Essere costretti a fare x" significa "Dovere fare x" e anche "Fare necessariamente x".
[FINE MIA SINTESI DEL PENSIERO DI SGIOMBO]

Ho sottolineato che il modo metaforico di dire "le leggi naturali ci costringono a comportarci come ci comportiamo" è altamente forviante. Tu sottolinei che la questione è puramente metaforica, quindi siamo d'accordo. Semplicemente mi sentivo in dovere (verso di te ma anche verso a tutti gli altri che ci leggono) di enfatizzare questo aspetto.

D'accordo anche sul "determinismo" che è una concezione chiara, cioè che dice che ogni cosa è determinata/segue le leggi di natura. Ma non è così pacifico, invece, cosa significhi "determinare" o "seguire" in riferimento alle leggi di natura.

Tu affermi che in italiano "Essere costretti a fare x" è sinonimo di "Dovere fare x" e "Fare necessariamente x". Ma, le cose non sono così semplici. Dal tuo punto di vista tu puoi affermare "Carlo è stato costretto a fare x" solo perché ci sono le leggi naturali che hanno determinato il comportamento di Carlo, ma nel linguaggio di tutti giorni non si direbbe così. Si direbbe che Carlo è stato costretto dalla legge giuridica, dalla madre, da una malattia, e così via, ma non si direbbe mai che è stato costretto se egli ha deciso autonomamente e senza forzatura.
CitazioneFrancamente questo tuo andare a ravanare nei dettagli linguistici per cercare pretestuosamente "peli nelle mie uova teoriche" vi indispettisce alquanto.

Ho sempre chiarito, addirittura con qualche ridondanza, quando parlavo in senso metaforico, e le metafore, se adeguatamente spiegate evidenziandone anche gli eventuali elementi di ambiguità e di relativa incongruenza, come credo di aver sempre diligentemente fatto, servono proprio per cercare di meglio farsi capire (da chi abbia intenzione di capire, ovviamente).

Come puoi dire di sentirti in dovere (verso di me ma anche verso a tutti gli altri che ci leggono) di enfatizzare l' aspetto metaforico di alcuni miei esempi esplicativi che io stesso per primo inequivocabilmente avevo ad abundantiam evidenziato?

A parte il fatto che stiamo discutendo in un Forum di Filosofia e non sul tram o al bar, anche nell' italiano di tutti giorni si potrebbe benissimo dire che Carlo, se egli ha deciso autonomamente e senza forzatura in un mondo deterministico, è stato costretto (sinonimo di "necessitato") dal determinismo del mondo stesso ad agire come ha agito, e non é stato invece costretto dalla legge giuridica, dalla madre, da una malattia, e così via.



E, come dicevo poco sopra quando parlavo del determinismo, anche la determinazione può essere linguisticamente problematica. Solitamente si dice "A determina B" per dire che A è la causa ("causa" in senso massimamente generale del termine) di B, ma ciò stona molto con il rapporto che c'è tra eventi e leggi naturali. Le leggi naturali non sono la causa (cercando anche di usare il termine "causa" nel senso più lato possibile) degli eventi; se proprio si volesse si potrebbe forse dire "gli eventi determinano le leggi naturali", visto che le leggi naturali non sono altro che descrizioni generalizzate degli eventi.
CitazioneQueste problematicità e forzature te le sei inventate tu di sana pianta; io quasi mai (O forse mai tout court) ho parlato in questa discussione di "cause" e invece sempre di regolarità o leggi universali e costanti del divenire naturale (e casomai -ammesso e non concesso- avrei scritto che determinati eventi e non le leggi naturali sono cause, conformemente alle leggi naturali, di determinati altri eventi).



Tu dici di essere d'accordo con me che le leggi naturali sono meramente descrittive, che non costringono, ma poi però parli che noi dobbiamo fare questo e fare quello perché ci sono queste e quelle leggi di natura.
CitazioneInfatti, per l' appunto!

Non "costringono" nel senso in cui il termine potrebbe attribuirsi a un ente cosciente e intenzionale, ma invece nel senso di (impersonalmente) "necessitano".


Come se noi dovessimo accordarci alle leggi di natura. Non siamo noi che seguiamo le leggi di natura, ma solo loro che si devono accordare con le nostre azioni...
CitazioneQuesta proprio non l' ho capita!

Vorresti dire che nel nostro agire eludiamo in qualche modo le leggi di natura?
O addirittura che con le nostre azioni determiniamo (= decidiamo come debbano essere) le leggi di natura (che alle nostre azioni si devono accordare)?

Decisamente stento a crederlo!



E infatti dici che il mio concetto di libertà è meramente il concetto di liberta da costrizione. Ma io mi chiedo: se le leggi naturali non costringono, allora perché dovrebbe esserci un problema di mancanza di libertà in merito alle leggi di natura, di qualche forma di libertà diversa da quella da me proposta?
CitazioneInfatti, come ho spiegato nell' intervento immediatamente precedente, le leggi di natura (ovviamente non perché vi siano delle specie di "carabinieri fisici" che lo impongono coercitivamente ma perché che ci siano regolarità naturali semplicemente significa che "impersonalmente" le cose "vanno così") fanno sì che necessariamente, inevitabilmente quando scegliamo senza subire costrizioni estrinseche scegliamo quel che scegliamo e non altro (che non si potrebbe pensare sensatamente, coerentemente, che a quel che ora accade in natura possa succedere qualche nostra scelta diversa da quell' unica scelta che vi succede in ogni circostanza in cui accade che scegliamo).



Qual è la forma di liberta (libero arbitrio) che ci manca per colpa delle leggi di natura? Di quale libertà saremmo completamente deficitari?
CitazioneDi quella costituita dalla possibilità di scegliere in modo diverso da quello in cui scegliamo (nel senso che anche quando nessuno ci costringe a scegliere quel che scegliamo, anche allora non potrebbe comunque darsi che scegliamo diversamente da come scegliamo).



Prendiamo la seguente generalizzazione "Epicurus mangia il gelato ogni sera in cui egli è vivo e non malato". Poniamo che sia vera, cioè che non è mai capitato e mai capiterà che tale generalizzazione sia falsa. Ora vi è una necessità nel mio comportamento? Sono in qualche modo costretto in questo comportamento? Devo comportarmi così?
CitazioneSi: non é possibile (= pensabile in modo logicamente corretto unitamente al pensiero dello stato di cose attuale, o comunque di uno stato di cose precedente il tuo comportamento, che tu ti comporti diversamente da così: pensarlo -o meglio: pretendere di pensarlo- sarebbe contraddittorio).



Non necessariamente, semplicemente vado ghiotto di gelato e cerco sempre di andarci. Ok, non ho scelto io i miei gusti ma a me poco importa, sono (nell'ipotesi) libero di seguire i miei gusti o meno e quindi di andare o meno a prendermi il gelato... Non c'entra nulla la generalizzazione (e quindi la relativa predizione) con la mia libertà o costrizione, questo voglio dire.
CitazioneSei libero (in ipotesi) da costrizioni estrinseche di prenderti il gelato che inevitabilmente, necessariamente ti prendi dal momento che la natura materiale della quale (almeno come corpo e cervello) fai parte "a tutti gli affetti" (pregasi di notare le virgolette!), con le sue regolarità fa sì (pregasi notare che il verbo "fare" non é usato nel senso di azione intenzionale da parte di un soggetto di azione, ma impersonalmente) che sia inevitabile che lo prenda.


#2321
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Ottobre 2017, 16:09:10 PM
Citazione di: green demetr il 17 Ottobre 2017, 14:04:23 PM
Diavolo di uno Sgiombo, ma non ti sei mai chiesto se per caso stai delirando?????

Non ho mai letto tanto "non-sense" concentrato:

Determinismo che non si può dimostrare (nemmeno ragionevolmente, come avevo premesso, visto che me lo hai cassato), indeterminismo che non si può dimostrare.
Eppure determinismo che va a culo (in base a quale criterio, visto che il determinismo non è decidibile), e l'indeterminismo che va a sfiga (in base a quale criterio, visto che l'indeterminismo non è decidibile).
CitazioneBeh francamente qualche dubbio (e a ad essere sincero anche qualcosa di più di un dubbio) su un possibile delirare mie re venuto, però a proposito di quanto scrivi tu.
 
Cercando di destreggiarmi nel labirinto delle tua affermazioni, innanzitutto mi sembra di poter dire che non ci vedo proprio alcunché di insensato (noto en passant che delirio =/= contraddizione) nell' affermare che né il determinismo né l' indeterminismo si possono dimostrare (ma se tu sei in grado di dimostrare la realtà dell' uno o dell' altro -di entrambi sarebbe impossibile in quanto autocontraddittorio, e dunque insensato- prego, accomodati!).
 
Il determinismo (***se*** si dà) di ciascuno di noi "va a culo" non nel senso autoconraddittorio che sarebbe casualità, ovviamente, ma invece nel senso che nessuno di noi se lo é scelto (é frutto di determinazione estrinseca e non intrinseca), nessuno "le lo é procurato" per proprio merito o demerito ma invece "ci é toccato" a prescindere dalla nostra volontà, nel senso che tutti agiamo deterministicamente come agiamo perché deterministicamente (le cose non potevano che andare così) ci é capitato di farlo indipendentemente da meriti o demeriti nostri (a meno di credere nella metempsicosi, che tuttavia non nega tutto ciò ma semplicemente rinvia all' infinito senza poterla superare la non imputabilità a noi stessi del nostro essere come siamo, il non esserne noi responsabili in ultima analisi; oppure di -letteralmente- essere affetti da delirio di onnipotenza, ovvero credersi divinità).
 
In ultima analisi si può dire che sia il determinismo sia l' indeterminismo anderebbero per noi "a culo" o "a sfiga" a seconda che ci portino benessere o malessere.
Ma non c' é alcun motivo sensato di essere o diventare passivi fatalisti per questo (né di non esserlo o non diventarlo, ovviamente).



Un accozzaglia di delirio di potenza, dove non si capisce in cosa consista la potenza: nell'essere baciati dalla Dea della fortuna?
O tu sommo Sgiombo baciato dagli Dei.

Francamente mi preoccupo per davvero.
CitazioneBeh, se non é un delirio davvero preoccupante (ma per te!) questo...



E comunque sia andiamo ragionare con te, su quanto almeno logicamente si va dicendo. E quindi dimenticandosi tutto quello sopra:

E allora in cosa consiste il dualismo del fenomeno della res extensa?
CitazioneMa quale dualismo della res extensa?!?!?!
La res extensa é una componente del dualismo dei fenomeni, l' altra essendo la res cogitans!



Sopratutto se dici che il noumeno è monista! Perchè stai dicendo automaticamente che non esiste alcuna determinazione, in quanto il noumeno è inconoscibile.


CitazioneIl nostro "divenire*" di cose in sé é biunivocamente corrispondente al nostro divenire di fenomeni (materiali in quanto oggetti di sensazione altrui, mentali in quanto soggetti-oggetti di nostra conoscenza riflessiva); e dunque é "caratterizzato da una corrispondenza biunivoca (anche) con il divenire deterministico (se tale é) del nostro cervello materiale – naturale*".


Ammettilo una volta per tutte. Sei un monista sia del noumeno sia del fenomeno della res extensa.

Nessun dualismo, nessuna analisi del soggetto.
CitazioneSe fossi monista materialista non vedo perché mai dovrei avere alcuna difficoltà ad ammetterlo: mica sarebbe vergognoso o tale da incorrere in punizioni da parte di intolleranti "autorità costituite"!
Comunque mi é incomprensibile il tuo continuare a ripetere questa balla alla faccia delle nìmie innumerevoli precisazioni in senso contrario (da cui, essendomi proprio stufato, questa volta mi astengo).
Quanto al soggetto delle sensazioni, come pure gli oggetti di esse (e anche della conoscenza), essendo noumeno, non se ne può dire altro che ipotizzarne (e crederne, se si vuole) l' esistenza reale.
#2322
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Ottobre 2017, 13:46:35 PM
Per Epicurus (in particolare; e per tutti)


Vorrei proporre ulteriori chiarimenti.

Che significa divenire "secondo certe determinate regolarità", ovvero "ordinatamente" ovvero "deterministicamente" e che significa invece divenire "indeterministicamente" ovvero "irregolarmente" o "senza regolarità" (il libero arbitrio come comunemente inteso essendo un "caso particolare" o un "aspetto" o in un certo senso un corollario del divenire indeterministico, incompatibile col divenire deterministico)?

Secondo me per chiarire i termini della questione bisogna partire dai concetti di "pensabilità logicamente corretta, sensata" o meno e di "realtà".
Indipendentemente da come é/accade la realtà (da "come stanno realmente le cose") o meno, si possono "confezionare" o proporre, considerare diversi pensieri, non necessariamente vincolati in alcun modo alla realtà stessa; ovvero, per dirlo con la teoria della semantica di Frege, pensieri significati da concetti caratterizzati necessariamente (per essere tali, per definizione) da intensioni o connotazioni, e non necessariamente da estensioni o denotazioni reali.
Unico vincolo cui pensieri autentici, sensati (e non psudotali, come quello di "cerchio-quadrato", che non é un concetto ma una mera insignificante successione di caratteri tipografici se scritto o di vocalizzi se pronunciato) devono necessariamente, inevitabilmente sottostare essendo quello della correttezza logica (innanzitutto della non contraddizione).

Prescindiamo per il momento per amore di semplicità dalla questione del divenire probabilistico – statistico, che può essere considerato del tutto correttamente una forma "debole" tanto di "determinismo – ordinatezza" quanto di "indeterminismo – non ordinatezza"; al quale comunque si possono estendere o facilmente "adattare" le considerazioni seguenti (quelle relative al determinismo nella misura in cui é considerabile una forma debole di determinismo e quelle relative all' indeterminismo nella misura in cui é considerabile una forma debole di indeterminismo).

Ora in caso di indeterminismo (ovvero divenire non conforme a regolarità universali e costanti), qualsiasi ipotesi teorica (pensiero) circa il futuro a partire dal presente reale (e anche circa il passato; e anche circa l' "altrove" a partire dal "qui" reale) e non meramente in quanto pensato può essere logicamente corretta, non contraddittoria, rispettosa del vincolo della correttezza logica: per esempio si può ipotizzare sensatamente tanto che sceglierò di compiere una certa azione quanto che sceglierò di astenermene o di compiere un' azione diversa o anche contraria come evoluzione del divenire naturale (del quale faccio parte, per lo meno come corpo e cervello) dalla situazione presente (ovviamente purché queste ipotesi non implichino contraddizioni).

Invece in caso di determinismo (ovvero divenire conforme a regolarità universali e costanti), non qualsiasi ipotesi teorica (pensiero) circa il futuro a partire dal presente reale (e anche circa il passato; e anche circa l' "altrove" a partire dal "qui" reale) e non meramente in quanto pensato può essere logicamente corretta, non contraddittoria, rispettosa del vincolo della correttezza logica; ma invece può esserlo una e una sola ipotesi teorica: per esempio se, insieme, concomitantemente alla considerazione (alla conoscenza vera) dello "stato presente delle cose reali" si ipotizza (ma in realtà: se si pretende di ipotizzare) una mia futura scelta di compiere (in determinate circostanze) qualsiasi (altra) determinata azione che non sia la sola e unica che necessariamente consegue, secondo le regolarità (ovvero il determinismo) del divenire naturale, alla situazione presente stessa della realtà, allora si cade in contraddizione, scorrettezza logica, non si dice o scrive alcunché di sensato ma solo sequenze casuali di caratteri tipografici o di vocalizzi; ma invece solamente nel caso si ipotizzi l' unica e sola mia futura scelta che (in determinate circostanze) sarà la (inevitabile) conseguenza secondo le regolarità (ovvero il determinismo) del divenire naturale alla situazione presente della realtà si esprimerà effettivamente un discorso sensato.

Dunque in caso di indeterminismo - assenza di regolarità del divenire posso pensare sensatamente che in futuro di fronte a una scelta da compiere potrà darsi sia che la mia opzione sarà di compiere una certa azione, sia di non compierla ma eventualmente compierne un' altra diversa o anche la contraria (e questo é il significato comunemente attribuito al concetto di "libero arbitrio").
Ma invece in caso di determinismo – presenza di regolarità del divenire posso pensare sensatamente che in futuro di fronte a una scelta da compiere potrà darsi solo ed unicamente una certa opzione da parte mia, l' unica il pensiero della quale é logicamente coerente col pensiero di quella che é attualmente la situazione della realtà e con il pensiero delle modalità universali e costanti del suo divenire, e nessun altra (e questo é il significato comunemente attribuito al concetto di "negazione del libero arbitrio"). 

Corollario: non vedo perché mai chi abbia qualità morali più o meno forti, "profonde", "solide" (a scanso di equivoci: sono metafore) e conseguentemente intenzioni di agire più o meno convinte e fortemente avvertite e venisse a convincersi del determinismo (e dunque fra l' altro della possibilità di conoscenza scientifica) e ad essere correttamente, veracemente consapevole che esso é incompatibile col libero arbitrio, per questo motivo dovrebbe agire meno convintamente, decisamente e "pugnacemente" che se si illudesse che il determinismo (e dunque fra l' altro della possibilità di conoscenza scientifica) fosse compatibile col libero arbitrio.

Se agisco bene deterministicamente posso essere orgoglioso delle mie qualità morali che mi fanno agire bene

Invece se agisco bene indeterministicamente non posso essere orgoglioso delle mie (inesistenti) qualità morali che (non esistendo) non mi fanno agire bene (poiché a farmi agire bene é invece il caso, é casomai la mia fortuna, sono le "qualità del mio culo"; "culo" del tutto ovviamente in senso metaforico).

Tuttavia anche se agisco bene deterministicamente, non essendomi "autocreato" (preteso termine autocontraddittorio, insensato), é in ultima analisi "per puro culo" che lo faccio: se agisco più o meno bene per il fatto di essere più o meno buono non é certo per merito mio che mi sono trovato ad essere più o meno buono (o ad essere tale da decidere di diventare più o meno buono) e ad agire di conseguenza; e se agisco più o meno male per il fatto di essere più o meno malvagio non é certo per colpa o demerito mio che mi sono trovato ad essere più o meno malvagio (o ad essere tale da decidere di diventare più o meno malvagio) e ad agire di conseguenza.

...Potenza del "fattore culo" ! ! !

Ma non vedo perché mai per questo dovrei agire meno convintamente e con minor impegno per gli scopi che le mie qualità morali (di cui non ho in ultima analisi alcun merito o colpa) mi dettano, né essere meno fiero delle mie scelte: semplicemente così va il mondo e non possiamo farci fare niente...

Siamo attori che recitano copioni scritti da altri (o meglio: da nessuno; comunque non da noi stessi), il che non ci impedisce minimamente di impegnarci per essere all' altezza della situazione che ci é dato di vivere e di esserne fieri.
Citazione 
#2323
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
16 Ottobre 2017, 18:19:33 PM
Citazione di: epicurus il 16 Ottobre 2017, 12:03:47 PM

Più che deterministico io direi che si conforma a delle regolarità. "Deterministico" suggerisce che qualcosa di misterioso agisca e produca uno specifico risultato.
CitazioneBeh, su questo non sono proprio d' accordo.
Quello di "determinismo" é un concetto filosofico molto preciso e chiaro non implicante proprio nulla di misterioso (e che di "divenire conforme a determinate regole o caratterizzato da certe regolarità" é sinonimo).
Mi sembra che qualche suggestione misteriosa potrebbero averla casomai i concetti di "fatalità" o di "destino".




Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 18:35:20 PMLe leggi di natura, se vere (cosa indimostrabile: Hume!) fanno sì che la natura divenga un un unico certo determinato modo e non in altri (pensabili, ipotizzabili); in un certo senso, per dirlo un po' antropomorficamente, "costringono" tutto ciò che naturale, noi compresi, a "fare quel che fa".
Ed è qui che le nostre visioni differiscono riguardo alla libertà. Le leggi di natura non sono altro che regolarità dei fenomeni, per questo sono leggi descrittive.
CitazioneE fin qui non vedo alcuna differenza: l' ho sempre pensato anch' io.

Noto una regolarità e la formulo in un linguaggio... e questa diventa una legge di natura. Ma non c'è nulla di concreto dietro la legge di natura, è una descrizione appunto di una regolarità. Per questo le leggi di natura non determinano gli eventi... e parlare di "costrizione" da parte delle leggi di natura suggerisce un'immagine altamente forviante, oltre che errata.
CitazioneOvviamente le leggi di natura sono astrazioni dai casi concreti del divenire naturale; i quali si succedono in accordo con le leggi stesse, almeno se queste ultime sono correttamente, veracemente formulate).

Parlare di "costrizione" fra virgolette (indicative del carattere non letterale ma metaforico in cui si usa il termine: "é come se..."), e aggiungendo a scanso di equivoci "per dirlo un po' antropomorficamente" mi sembra solo un modo del tutto corretto per spiegarsi (farsi capire) circa il fatto che il divenire deterministico ammette (se inteso in senso "forte") un unico corso (modo di succedersi) degli eventi naturali in ogni singola circostanza (se inteso in senso "debole" un numero finito di modi alternativi in ogni singola circostanza e determinati rapporti approssimativamente costanti fra tali modi in serie sufficientemente numerose di casi): non vedo che cosa si potrebbe trovare in questa esposizione di fuorviante (da che?) né men che meno di errato (in che senso?).

Gli eventi accadono; e se accadono deterministicamente, allora le leggi di natura ci dicono (dicono a chi le conosca) come necessariamente accadono (il che in italiano si può anche dire con l' espressione "le leggi determinano gli eventi"; ovviamente non come agenti intenzionali dotati di volontà e magari di libero arbitrio, ma nel senso che (impersonalmente) stabiliscono (ovvero permettono di conoscere a chi le conosca), quali eventi necessariamente succedono o coesistono a quali altri e quali no.




Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 18:35:20 PMComunque anche qui non vedo come possa considerarsi un' obiezione a quanto da me sostenuto: negando il libero arbitrio (= casualismo) affermo proprio il determinismo intrinseco a ciascuno di noi, che può benissimo conciliarsi con l' assenza di costrizioni estrinseche, e dunque non é affatto necessariamente una sorta di "costruzione da noi subita".

Per me la libertà é assenza di costrizioni (o "necessitazioni") estrinseche.
Ma la questione del libero arbitrio (inteso come agire non determinato, non "necessitato") si risolve o negandolo (come faccio io; e come non riesco proprio a vedere in che senso non faccia tu, come pretendi), oppure affermandolo, come molti fanno (qualcuno anche in questa discussione).

Io posso negare la verità di una tesi ben definita e sensata. Ma io reputo proprio la questione del "libero arbitrio" frutto di confusione linguistica, quindi né la nego né la affermo, semplicemente noto come ci sia una sorta di nonsense.
CitazioneAnche su questo non sono per niente d' accordo: il concetto di "libero arbitrio" mi sembra (anche a me) molto chiarito e definito e sensato, e semplicemente e molto sensatamente incompatibile con la possibilità di conoscenza scientifica della realtà naturale - materiale e di valutazione etica dell' operare di soggetti di azione.




L'uomo è libero quando può agire in base ai propri "stati mentali" (credenze, desideri, ecc.) e pure tali stati possono essere oggetto di riflessione e revisione.
CitazioneQuesta é la libertà da costrizioni (o determinazioni estrinseche).

Non vi sono costrizioni interne o esterne che costringono in senso assoluto l'uomo, tutto qui.
CitazioneMa se il divenire é deterministico, allora tutto ciò che accade deve necessariamente accadere (=é costretto in modo assoluto ad accadere: "essere costretti a fare x", in lingua italiana, é un' espressione meramente sininimica di "dover fare x" ovvero di "fare necessariamente x") così come accade e non altrimenti.

E se invece non lo é (per lo meno in senso "debole", probabilistico-statistico), allora non é possibile la conoscenza scientifica, né ha senso parlare di valutazioni etiche dell' agire umano.

E che lo sia o meno non é in alcun modo dimostrabile.
#2324
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
13 Ottobre 2017, 22:09:21 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 21:00:48 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 19:38:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.


la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.

CitazioneMa quando mai?
(Lo dico senza polemica: citami dove avrei negato e affermato la necessità del libero arbitrio e te ne sarò grato perché mi permetterai di correggere un banale lapsus, possibile fonte di malintesi, in cui potrei essere caduto).


...Quando, a proposito dell'uomo, scrivi: <<...Non essendo responsabile del fatto di essere responsabile di ciò che fa, allora (transitivamente) non è responsabile di ciò che fa>>.
Questo è un gioco di parole in cui affermi sia l'irresponsabilità (la non libertà) dell'uomo, che la sua responsabilità (la sua libertà). Cioè, non hai detto nulla.
CitazioneAmmetto che questa battuta conclusiva, se letta non tenendo conto di tutta l' argomentazione (o anche se maliziosamente isolata da tutta l' argomentazione) che la precede può essere male interpretata.
Ma tenendo conto di tutta l' argomentazione mi sembra evidente che il suo senso non può che essere (e comunque preciso qui a scanso di malintesi che é) che
non affermo che é responsabile e allo stesso tempo non responsabile, ma che in realtà non lo é "e basta", dal momento che se anche apparentemente lo fosse, non essendo autocreato, a ben vedere in realtà non lo sarebbe (e aggiungo che tanto mi basta).


#2325
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
13 Ottobre 2017, 19:38:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Ottobre 2017, 19:05:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2017, 16:03:22 PM
CARLO PIERINI, SE CI SEI BATTI UN COLPO!

(Spero di non aver contravvenuto a una regola del forum; e se é così porgo le mani alla bacchetta del Webmster e accetto di buon grado la cancellazione di questo "grido di dolore"), ma l' articolo di Fdisa mi sembrerebbe proprio un' obiezione ben argomentata alle sue fortissimamente coltivate convinzioni.

 la verità non può essere negata; e chi la nega trasforma tutto ciò che dice in un rumore molesto non meritevole di commento. Proprio come te che, nello stesso tempo, neghi e affermi la possibilità del libero arbitrio.
CitazioneMa quando mai?
(Lo dico senza polemica: citami dove avrei negato e affermato la necessità del libero arbitrio e te ne sarò grato perché mi permetterai di correggere un banale lapsus, possibile fonte di malintesi, in cui potrei essere caduto).