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Messaggi - Phil

#2326
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 23:28:19 PM
Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 23:08:20 PM** scritto da Phil:
CitazioneCredo capiti anche in altre tradizioni, ma sicuramente la Genesi fa nascere l'umanità da un gesto iniquo per mancanza di fede e grazie all'intervento di un personaggio ben più esecrabile di Giuda... e personalmente non la trovo affatto una tappa insensata, anzi, è simbolicamente piuttosto possente...
Scusa Phil ma la Genesi fa nascere l'umanità (Adamo ed Eva) per amore del Creatore verso le sue creature, forse intendevi che da un gesto iniquo per mancanza di fede è nato l'Inferno ...ma questa è tutt'altra cosa.
Scusami, non sono stato chiaro nella citazione, intendevo l'umanità come progenie, quindi mi riferivo al peccato originale, al tradimento della fiducia di Dio ed allo strisciante cattivo di turno che ha innescato indirettamente la proliferazione del genere umano... 
#2327
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 22:11:38 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 21:16:05 PMespiare una colpa significa infliggersi sofferenze come mezzo per lo scopo di soddisfare il (proprio innanzitutto; e secondariamente anche altrui) più che fisiologico desiderio di giustizia: il desiderio primario di giustizia, cioé -fra l' altro- il desiderio che chi fa del male meritatamente soffra
Questo rapporto fra sofferenza e giustizia, secondo me, porta la giustizia indietro di molti secoli, all'ordalia, alla legge del taglione, alle punizioni corporali, ai lavori forzati... non che sia deprecabile avere un'idea di giustizia che contempli queste pratiche (ognuno può idealizzare liberamente), ma mi sembra che buona parte del mondo occidentale stia andando nella direzione opposta: disinnescare i pericoli sociali, ma senza torcergli un capello (la stessa pena di morte credo non goda di buona reputazione...).

Premesso ciò, non confonderei il "fisiologico desiderio di giustizia" con il "desiderio di giustizia fisiologica" (dove c'è sadismo o masochismo): far soffrire chi (ci) ha fatto del male è un desiderio istintivamente "grezzo" di vendetta, non di giustizia... quel "desiderio che chi fa del male meritatamente soffra"(cit.) cela nel "meritatamente" una auto-assoluzione per il proprio istinto di vendetta (azione che, se non erro, viene condannata sia dal diritto che da gran parte delle religioni...).

Se questa vendetta viene poi rivolta contro se stessi, nella convinzione che sia un modo per espiare le proprie colpe, direi che siamo ben oltre il pentimento che, come accennavo a Sariputra, secondo me è uno di quei sentimenti "introversi" (scusa se vado sul personale, ovviamente puoi non rispondere, ma tu davvero non ti ritieni pentito finché non hai espiato con qualche sofferenza una tua colpa?).
#2328
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 20:12:03 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 19:36:46 PMper me chi é sinceramente pentito, anche a prescindere totalmente dalla sua "visibilità pubblica" non può non: 
 a) cercare se e per quanto possibile di rimediare; 
 b) impegnarsi seriamente a cercare con tutte le sue forze di comportarsi diversamente in futuro; 
 c) infliggersi "adeguate" pene (anche a prescindere da quelle "pubbliche" che gli commina la giustizia penale) come "meritate punizioni" per il male operato.
Concordo pienamente su A e B, ma la C la vedo innecessariamente masochistica (soprattutto quando non c'è una espiazione prevista o disponibile, e bisogna allora inventarla e auto-infliggersela...)

Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 19:48:46 PMNo, il cristianesimo nasce dalla risurrezione di Gesù 
Che presuppone la morte-espiazione, che presuppone il tradimento... se Cristo fosse morto serenamente di vecchiaia circondato dai discepoli, non so se avrebbe redento comunque l'umanità dalle sue colpe... ma ovviamente è inutile speculare su trame alternative...

Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 19:48:46 PM  Se il cristianesimo dovesse rendere grazie ad un atto di tradimento, a un gesto iniquo per mancanza di fede, ossia di assenza di amore, saremmo belli e rovinati 
Credo capiti anche in altre tradizioni, ma sicuramente la Genesi fa nascere l'umanità da un gesto iniquo per mancanza di fede e grazie all'intervento di un personaggio ben più esecrabile di Giuda... e personalmente non la trovo affatto una tappa insensata, anzi, è simbolicamente piuttosto possente...

Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 19:48:46 PM forse, alla luce del riscatto di altre colpe, si potrebbe ipotizzare che se Giuda si fosse pentito sinceramente, e avesse consegnato il suo crimine nelle mani del Signore, allora, forse, sarebbe potuto diventare un inviato da tenere molto in considerazione come modello di santità per gli altri
Concordo, sarebbe stato il finale perfetto...
#2329
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 18:36:10 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 17:37:50 PMla Croce è il momento del sacrificio dell'uomo Gesù di Nazareth, non del Dio consustanziale al Cristo. I infatti dirà: "Perchè mi hai abbandonato?..." 
Ovviamente (per chi crede) la "sostanza divina" non poteva morire (ecco perché c'è "l'abbandono"); tuttavia qui non è il colpevole che espia le sue colpe: il colpevole è l'umanità, eppure è solo Gesù a perire; per questo è l'espiazione-senza-pentimento per antonomasia: ad espiare è il senza-colpa, mentre il vero colpevole nemmeno si pente...

Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 17:37:50 PMPer me stesso espio la mia colpa. Il sentimento del pentimento non è affatto sufficiente, come non è affatto sufficiente provare un sentimento d'amore per dire di amare veramente 
Chiaramente l'amore è un sentimento "estroverso": si alimenta anche di vissuti sociali, o almeno di coppia... a differenza di sentimenti "introversi" come appunto il pentimento, l'invidia, la tristezza, l'ammirazione, la nostalgia... che, secondo me, non necessitano di essere estroflessi per essere "completi"...

Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 17:37:50 PMUna donna che magari si prende cura amorevole di un bimbo abbandonato, dopo magari aver abbandonato il suo per paura dell'avvenire, compie un nobile atto d'espiazione ( senza necessariamente sbandierarlo ad alcuno...). 
Questo esempio lo leggerei così (nella mia prospettiva): la donna era già pentita pienamente della sua scelta, così che quando si è presentata un'occasione di "riprendere" ciò che si era pentita di aver perso, ha saputo giovarsene... ma se anche non avesse accolto il nuovo bambino, non potrei dedurre che il suo pentimento non fosse già compiuto e autentico...
 
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 17:37:50 PMvediamo che l'azione negativa (karma negativo) si può sanare solo mettendo in moto l'azione positiva opposta ( karma positivo)
Non saprei se il karma positivo di una scelta-azione sia necessariamente l'espiazione o la contro-azione di quello negativo di una scelta-azione collegata: se ogni azione è causa della rispettiva conseguenza (positiva o negativa), il rimediare-espiare è da intendere nell'intera catena dell'agire umano, e non solo relativamente al caso singolo particolare: colpa del fatto x -> karma negativo / pentimento-espiazione del fatto x -> karma positivo... alla fine, per la reincarnazione o la sua cessazione, conta il "karma totale" (che brutta espressione, neanche parlassimo di contabilità!); sbaglio?
#2330
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 16:37:03 PM
Richiamerei in causa  la "necessità tematica" di distinguere fra la dimensione intima, personale, del pentimento:
Citazione di: paul11 il 11 Luglio 2016, 01:56:18 AMIl vero e sincero pentimento è interiore
Citazione di: Mariano il 11 Luglio 2016, 10:43:17 AMil vero pentimento (e che sia vero lo può sapere solo la persona che lo prova)
per cui 
Citazione di: Phil il 10 Luglio 2016, 23:42:12 PMil pentimento è inverificabile...
e la dimensione pubblica, in cui il pentimento va comunicato ed esternato poiché
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 09:32:08 AMSolo espiando si dimostra tangibilmente il nostro sincero ravvedimento che altrimenti rimane un impulso interiore,
[corsivo mio]
La "tangibilità" dell'espiazione, secondo me, resta comunque un gesto accessorio ed interpretabile: è il presunto pentimento che si espande fuori dal colpevole e viene palesato alla comunità, ma il pentimento può essere già completo e compiuto prima di diventare espiazione, prima di essere dimostrato (così come ogni sentimento o stato d'animo, può essere provato completamente e pienamente anche senza essere dichiarato e palesato...).
Per dirla in altri termini
Citazione di: donquixote il 11 Luglio 2016, 13:27:29 PMUn conto è il pentimento, che è personale, altro è l'espiazione della pena, che è un fatto sociale.
Mi trovo quindi in disaccordo con chi lega indissolubilmente e necessariamente il pentimento all'espiazione (Sariputra, sgiombo e Mariano se non ho frainteso), perché per me è come confondere la sfera pubblica con quella privata (e sappiamo quale delle due è la più autentica...). 
Poi, (ri)chiedo: a voi non è mai capitato di essere sinceramente pentiti senza aver espiato? O di aver "espiato astutamente" (fermo restando che non tutte le espiazioni sono fatte di sacrifici umani!)? Suvvia, possiamo pure dircelo, siamo fra ignoti forumisti  ;)

P.s.
Parentesi sul cristianesimo:
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 09:32:08 AMNell'atto del supremo sacrificio il Cristo realizza l'espiazione del peccato del mondo. Sacrificio di purificazione che diventa rito di propiziazione. Espiando si placa l'ira della divinità.
Ma in questo caso non è il colpevole (l'umanità) ad espiare, ma la divinità stessa che si incarna, si fa punire ed espia così colpe non certo sue (un bel gesto d'amore, ma è un esempio sovra-umano: nessun padre umano può espiare le colpe al posto della sua "creatura" tramite un "intermediario consustanziale"...). 
In fondo, a ben vedere, è un caso, se non il caso di espiazione-senza-pentimento... o no?

Sulla figura di Giuda
Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 14:44:32 PMil suo gesto estremo, invece di riabilitarlo, venendo meno a 2 (Disperazione per la salvezza e Impenitenza finale) dei peccati contro lo Spirito Santo[...], lo allontana maggiormente (e definitivamente, teologicamente parlando) dalla "misericordia", unico balsamo espiativo per un colpevole sinceramente contrito.
En passant, senza il ruolo di Giuda (o chi per lui) non si sarebbe compiuto il destino di Cristo... fra tutti gli apostoli è dunque quello più necessario per la nascita del cristianesimo: il suo "sacrificio" nel peccato del tradimento è la causa efficiente del sacrificio di Cristo per la redenzione... 
Sarebbe potuto uscire di scena diversamente? Certo, ma non voglio proporre "finali alternativi" perché rischierei di risultare involontariamente inopportuno e non voglio assolutamente mancare di rispetto ai credenti presenti nel forum (augurandomi di non averlo già fatto!).
#2331
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 00:21:53 AM
Non prendermi per misantropo, ma talvolta la diffidenza è lecita... mi viene in mente un esempio sciocco: un po' di tempo fà, un comico fece una battuta un po' pesante, o forse semplicemente fuori luogo, su un bambino obeso; la stampa pubblicò la notizia; il comico si scusò e, supponiamo, abbia poi regalato al bambino e alla famiglia 50 biglietti per i suoi spettacoli, o abbia speso con lui una giornata al parco, o... decidi tu... possiamo essere sicuri che il comico sia davvero pentito della battutaccia, avendo "espiato" tramite doni economici o di tempo personale, pur non essendo costretto a farlo? 
Ripeto che l'esempio è davvero banale, ma dimostra come talvolta anche le espiazioni (proprio come l'ammissione di colpa) possano avere una loro logica di interesse (in questo caso tutelare l'immagine pubblica e salvaguardare la carriera), ed essere un tentativo demagogico di puntare al danno minore...
#2332
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
10 Luglio 2016, 23:42:12 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2016, 18:52:28 PMil "pentimento" implica necessariamente come una conditio sine qua non per essere realmente tale, per essere autentico, la richiesta di "epiazione". Senza richiesta di "espiazione" non si da sincero, reale "pentimento" [...] Non per niente negli ultimi anni in cui sono stato credente (nella mia ormai lontana adolescenza) il "sacramento" che prima era comunemente denominato "confessione" (dal suo aspetto più superficialmente evidente) cominciava ad essere chiamato "penitenza", che é un sinonimo di "espiazione", di sofferenza etero- o anche auto- inflitta per placare un bisogno di giustizia 
Non sono troppo pratico di cristianesimo (che, se non erro, è la prospettiva a cui ti riferisci pur non essendo fedele), ma credo che il binomio espiazione-sofferenza non sia esattamente alla base della confessione: per quel che so, l'amore divino richiede pentimento sincero, ma non necessariamente castigo o punizione terrena (semmai, ciò accadrà dopo la morte, se non ricordo male...). Non a caso, il prete che confessa non prescrive autoflagellamenti o "sofferenze", ma semplicemente preghiere a conferma del pentimento ("atto di dolore" e simili...) e l'impegno a non ripetere il peccato-colpa. L'espiazione cristianamente intesa non mi pare sia sinonimo di "sofferenza etero- o anche auto- inflitta per placare un bisogno di giustizia" (cit.)
[Se ho scritto delle inesattezze chiedo a chi è più ferrato nella religione di correggermi...]


Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2016, 18:52:28 PMSolo chiedendo inasprimenti (e non affatto attenuazioni!) delle pene si può dimostrare un autentico pentimento per il male perpetrato [...] E solo in questo modo si può almeno in qualche misura (difficilmente valutabile) riacquistare rispettabilità etica e umana [...] solo alla conditio sine qua non di esigere per primi, anche indipendentemente dalla giustizia legale, di essere adeguatamente puniti, e dunque di "pagare" per ciò che si é fatto
Passando alla dimensione pubblica, lasciando dunque tra parentesi la dimensione religiosa individuale, distinguerei fra "pentimento", "perdono", "punizione": il primo resta personale (o lo si è, o non lo si è), il secondo è una concessione-risposta degli altri (della società, delle vittime, etc....), la terza è la modalità con cui si dimostra il proprio pentimento oppure è semplicemente la conseguenza delle proprie malefatte. 
L'espiazione può anche non aver nessun legame con il pentimento: non è necessario che tutti i detenuti siano pentiti di ciò che hanno fatto, eppure stanno espiando... mentre, d'altro canto, suppongo che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si sarà pentito sinceramente di ciò che ha fatto, pur non avendo poi espiato la propria colpa in nessun modo...

Non confonderei quindi il pentimento (ovvero l'intimo riconoscimento di un errore-colpa) con le possibili conseguenze esteriori di una colpa, che può portare anche all'espiazione "dimostrativa" tramite prassi religiose o sociali.
Il pentimento e l'ammissione di colpa, come ben ricordavi, possono essere solo un escamotage strumentale per arginare i contraccolpi di un errore, ma anche l'espiazione può risultare talvolta solo un escamotage per tutelare la società, almeno per qualche anno, ma senza garanzie che il colpevole non si dimostri poi recidivo e affatto pentito della colpa precedente... 
A farla breve, secondo me, il pentimento è inverificabile...
#2333
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Terrorismo
10 Luglio 2016, 12:06:14 PM
Citazione di: paul11 il 10 Luglio 2016, 10:45:08 AMIl problema a mio parere è che nessuna violenza paga alla fine [...] La violenza è sempre imporre.Imporre qualcosa che non può essere capito perchè non è stato maturato.
Sulla carta, o meglio, sullo schermo, concordo con la preferenza per una via pacifica, ma guardandomi attorno, ed indietro nel tempo, devo riconoscere a malincuore che non biasimo chi talvolta usa la violenza come risposta alla violenza: penso alla "violenza di difesa" di chi respinge un'aggressione (partigiani e simili) o di chi deve contrastare un nemico aggressivo con cui non ci può essere dialogo (terrorismo, appunto). In entrambe queste situazioni, confidare nel confronto ragionevole, o nella "maturazione dei tempi", significa solo lasciare altro spazio alla violenza altrui: talvolta, paradossalmente, la non-violenza alimenta la violenza...
Se in una classe di ragazzi c'è un gruppo di bulli, che picchia e/o ruba i soldi delle merende agli altri, è lecito provare prima con il dialogo per pacificare l'ambiente e cercare di rasserenare gli animi, ma se questo non funziona, è rischioso attendere che questi bulli capiscano da soli, crescendo, che il loro comportamento non è eticamente corretto (anche perché non è certo che lo capiscano, magari, invece, degenerano ancora di più...). Come dicevano i nostri nonni:  "le sculacciate servono..." (fermo restando che, come sempre, il fulcro di tutto deve essere il senso della giusta misura...)

Una peculiarità del terrorismo contemporaneo (nuovo millennio, principalmente di matrice islamica), che complica la possibilità stessa di un dialogo o di mediazione/compromessi, è che rispetto alla guerra, per come è stata storicamente intesa, tale terrorismo non ha come obiettivo principale terre (anche se il Califfato ci sta provando...), beni o una vittima in particolare, ma "semplicemente" una categoria di persone (ad esempio "gli occidentali" o "i cattolici") all'interno della quale "uno vale l'altro", conta semmai solo la quantità... con l'attacco alle torri gemelle non si pretendeva certo di conquistare l'America, così come gli attentati in un aeroporto o in un villaggio vacanze non hanno chiaramente per obiettivo i luoghi istituzionali della politica o personalità "scomode"; si tratta di fare "vittime simboliche" (prospettiva truce e alienata del sacrificio umano) per lanciare messaggi-sfide, praticare ritorsioni o alimentare i loschi giri delle "economie nere"... se ci si sedesse intorno ad un tavolo, pur con le migliori intenzioni, non credo si potrebbero raggiungere accordi accettabili da entrambe le parti.
Anche perché, probabilmente, come sostiene paul11, non si tratta sempre di un fenomeno spontaneo e autofinanziato, ma dietro le quinte c'è un labirinto di "scatole cinesi" (o "americane", o altro...) che metterebbe in difficoltà Sherlock Holmes; ciò che invece è palese e la dimensione planetaria del terrorismo (criminalità del villaggio globale), da intendere come assenza di confini estranei al conflitto, entro i quali si è al sicuro... siamo davvero tutti sulla stessa barca e per risolvere i problemi possiamo usare solo quello che troviamo a bordo...
#2334
Tematiche Filosofiche / Re:Cosa sono i Ricordi?
09 Luglio 2016, 15:50:40 PM
Direi che un bivio fondamentale è quello fra come si vivono i ricordi e cosa sono (un po' come, con Sgiombo, nel topic su Cartesio, si parlava di come si vive il sogno vs cos'è un sogno...): la (auto)coscienza ce li fa vivere come "esperienze mentali di ripescaggio", a cui possiamo dare un senso/interpretazione (davintro, acquario69, Jean); la (neuro)scienza prova a dirci "cosa" sono (Riccardo).

Mi pare sia comune a questi due approcci la possibile fallibilità del ricordare: la memoria può andare in "cortocircuito" (fenomeno del dejà vu), può "ingannare" ("giurerei d'aver lasciato gli occhiali sul tavolino, eppure non ci sono..."), "tradire" ("non ricordo come si chiama l'amico del mio amico che ho conosciuto ieri" - file not found!), oppure persino "opporsi" (alludo ai meccanismi di rimozione psicologica, nel senso di non-voler-ricordare...).
A parte l'aspetto del "cortocircuito", credo che questa fallibilità distingua nettamente la memoria umana da quella informatica-artificiale (la "memoria" dell'intelligenza artificiale può essere sbadata o traumatizzata? Punterei sul "no"...).

P.s.
Sulle capacità quantitative della memoria umana: http://www.livescience.com/53751-brain-could-store-internet.html
#2335
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è un sofisma?
03 Luglio 2016, 21:27:28 PM
La sofistica, intesa come arte del convincere dialogicamente (o eristica) è l'applicazione del linguaggio per finalità retoriche(persuasive) e non logico-argomentative, quindi è proprio l'approccio logico che può permettere di smascherare le trappole della sofistica: qualunque imbonitore non può incantare facilmente l'ascoltatore che è dotato dell'antidoto composto da competenze logiche e spirito critico (e magari una sana diffidenza di base).

Il fatto che le asserzioni del retore/sofista non siano apofantiche (dimostrative e falsificabili), ma incentrate su meccanismi di ricerca del consenso, stabiliscono, secondo me, un rapporto di parentela fra la sofistica ed un'altra applicazione del linguaggio: la poesia.
Sia la poesia che la retorica, infatti, prescindono dall'ambizione veridica del dire, mirando a solleticare l'emisfero destro dell'ascoltatore, ad ammaliarlo, ad incantarlo... entrambe si servono di figure retoriche (appunto!) per rendere il linguaggio ammiccante ed evocativo... entrambe abusano delle parole per "ipnotizzare" l'uditore/destinatario (non credo che i poeti, in generale, scrivano "per loro" o perché hanno "bisogno di scrivere"; il gesto stesso della scrittura presuppone inevitabilmente un destinatario, fosse anche il proprio Io-futuro), mentre un discorso strettamente formalizzato logicamente può funzionare anche come "soliloquio analitico".

A scanso di equivoci, sottolineo che ho parlato di "parentela" fra poesia e retorica/sofistica: indubbiamente, ci sono anche sostanziali differenze...


P.s. Curiosando, ho letto che la retorica, arte del trivium, talvolta veniva rappresentata come una donna allo specchio... il tema di quel topic ha riflessi ovunque!
#2336
Puntare dritti alla soluzione, talvolta, significa "partire al galoppo per cercare il cavallo che stiamo già cavalcando" (cit.)... credo che invece riflettere sulle domande aiuti a non porsi falsi problemi, a sopportare meglio il peso del "non lo so", ad evitare "vicoli ciechi" e, soprattutto, ad avere già qualche indizio sulla direzione in cui cercare l'eventuale risposta... 

Ad esempio, fra le righe del post precedente, magari l'hai già notato, c'erano tutte le mie risposte (per quel poco che valgono, mere opinioni): 
- l'origine dell'universo: un falso problema, almeno finché restiamo nel ragionamento dicotomico classico (magari in futuro avremo un'altra forma mentis); non credo si possa uscire dal regresso all'infinito...
- il senso della vita (se non si intende essere nati da un coito ed essere destinati alla morte) è un foglio in bianco: ognuno può scriverci, persino a matita (quindi cancellare e riscrivere), quello che vuole...
- il post-mortem: se proprio dovessi "puntare" (di natura sono paziente, so attendere...), scommetterei su quello che sembra succedere agli altri animali: il corpo (autocoscienza inclusa) si spegne e, salvo interventi esterni, si avvia la naturale decomposizione...

Magari ti suonano come risposte aride, ottuse e disimpegnate, ma sono quelle che posso darti (e comunque non ti consiglio di fidarti di me, non sono mai stato bravo ad indovinare  ;D ).
#2337
Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 23:31:40 PMTento di riportare l'attenzione sull'argomento che mi piacerebbe discutere. La mia teoria tenta di rispondere alle domande: "Qual'è l'origine dell'universo?" "Qual'è il senso della vita?" "Cosa c'è dopo la morte?"

In parallelo con quanto scritto da acquario69, considererei un approccio "eterodosso", più decostruttivo (in senso filosofico): interroghiamoci innanzitutto sulle domande, prima di considerare la storia delle risposte...

"Qual'è l'origine dell'universo?"
"Origine" e "fine" sono due espressioni del "codice binario" (dicotomico) di quel "software" che chiamiamo ragionamento; curiosamente, non ci si chiede quasi mai qual'è la fine spazio-temporale dell'universo, ma solo l'inizio... eppure, in fondo, quanto è davvero pensabile un'origine assoluta? Concettualmente (poiché si parla di ipotesi relative a miliardi di anni fa) non è sempre possibile chiedersi "cosa c'era prima?"? 
Forse questa "domanda perpetua", ci indica che siamo ai confini della pensabilità (almeno stando a come è "programmato" il "software mentale" che usiamo oggi, metaforicamente parlando) per cui voler rispondere a tutti i costi comporta o atti di fede o un regresso all'infinito oppure l'abbandono di una visione lineare per adottarne una circolare (tipo eterno ritorno) in cui non c'è un inizio...

"Qual'è il senso della vita?"
Si tratta di intendersi su quale significato abbia qui il termine "senso". Essere vivi è una condizione (individuabile tramite parametri "fisiobiologici") e le condizioni, solitamente, non hanno un senso, se non inteso metaforicamente come "finalità" o "causa".
Se per senso intendiamo "finalità", sappiamo tutti (ma non per esperienza personale) come finisce la vita: ci "spegniamo";
se per senso intendiamo il "motivo/perchè", la risposta è un rapporto carnale-causale;
se per senso intendiamo "scopo/valore-aggiunto", chiaramente ogni vivente può scegliere quello a cui dedicarsi (come la lista che tu hai proposto), non ce n'è uno da scoprire (semmai da inventare) necessariamente valido per tutti...

"Cosa c'è dopo la morte?"
La domanda implicita e prioritaria è "se c'è qualcosa"; chiedere direttamente "cosa", presuppone che ci sia qualcosa, e questa convinzione (tutta da valutare) preorienta il rispondere (vedi religioni...).
#2338
Citazione di: Sariputra il 02 Luglio 2016, 11:34:07 AM
Perchè ho come la sensazione che l'intera discussione, più che "virtuale" sia...surreale??
Citazione di: Phil il 01 Luglio 2016, 19:47:44 PM
P.s. Chiaramente, si tratta di osservazioni che "stanno al gioco", che vogliono prendere sul serio il verosimile proposto dal saggio... altrimenti concludiamo che è mera fantascienza, per cui tutto è lecito  ;)
#2339
Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 23:58:03 PMper me la felicità deriva dalla soddisfazione, la soddisfazione presuppone il desiderio o il bisogno e deriva dal superamento delle difficoltà. Quindi senza desideri, bisogni e difficoltà risulta difficile essere felici 
Proprio perché l'uomo, correggimi se sbaglio, è storicamente bravo a crearsi sogni da realizzare e traguardi da raggiungere, spostando la felicità sempre un passo più avanti di dove lui sia (costringendosi così ad inseguirla), mi sembra difficile ipotizzare un futuro in cui questo gioco del rincorrere la felicità finisca semplicemente per motivi di conoscenza o di salute... che, ripeto, secondo me, non sono da considerare gli unici requisiti della felicità: posso essere sano e dotto, ma senza sentirmi affatto felice... giusto?

Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 23:58:03 PMSe hai letto tutto il testo, avrai visto che ho considerato che un piccola percentuale di uomini abbiano fatto scelte differenti da quella "virtuale". Comunque resta da chiedersi anche perché nella nostra realtà, il 99% degli uomini accetti di subire le conseguenze delle decisioni del rimanente 1%
Secondo me, da profano, quella percentuale di nostalgici della dimensione biologica (vado a memoria: 5-10%) è un po' bassa, ma l'autore sei tu e non sarò certo io a correggerti!
P.s. Probabilmente perché quell'1% è composto da chi può uccidere/annichilire gli oppositori e/o da chi è stato eletto(voluto) da parte di quel 99%  :)

Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 23:58:03 PMQuindi ci sono molti milioni di persone che credono nella reincarnazione e rinunciano al fascino e all'incanto
Attenzione: parlavi di "gioco virtuale", mentre chi crede nella reincarnazione dubito consideri la vita un gioco virtuale, anche perché le modalità e i cicli della reincarnazione non sono "a scelta", come nei videogame o nella tua (fanta)proposta, ma connessi a meriti, colpe, karma, etc. che, se ci si crede, sono questioni per nulla ludiche...
#2340
[Ho terminato la lettura del saggio]
"Tutta l'umanità si è evoluta spinta dal desiderio di eliminare i problemi, il dolore, la fatica e l'ignoranza, ma quando tutti questi obiettivi sono stati raggiunti, ci siamo resi conto che la nostra esistenza aveva perso senso e motivazione" (p.18)
Presupposto che lascia aperte le domande precedentemente poste: 
è possibile debellare tutte le malattie esistenti senza che ne nascano altre?
è possibile che non ci siano tensioni socio-economiche e ci sia armonia universale fra miliardi di persone?
è possibile che non esista più alcun problema, considerata che la "specialità" della razza umana e crearne (e crearsene)?
Se ammettiamo tutte queste condizioni, il fatto che stiamo vivendo una vita virtuale è il minimo...  ;D


"Avendo raggiunto uno stadio evolutivo in cui non esiste più alcun limite, in cui ogni difficoltà è priva di significato, in cui tutti possono sapere tutto di Tutti e di Tutto, la possibilità di essere felici è stata eliminata insieme alla possibilità di essere infelici" (p.15)
Forse c'è il rischio di confondere conoscenza e felicità: entrambe vengono cercate, ma essere onniscienti non significa essere felici; una società onnisciente e (ammesso e non concesso) immortale (ma dubito che "madre natura" lo consentirebbe...) non avrebbe affatto risolto il problema di cercare continuamente d'essere felice... qui banalizzo molto, ma per intenderci: la felicità che provo guardando i colori di un tramonto, sfiorato dalla brezza estiva dopo una giornata torrida, non ha nulla a che fare con il mio essere immortale o malato o onnisciente; eliminare la possibilità di tale felicità non richiede uno stadio di evoluzione estremo, e se lo richiedesse, allora tale stato di evoluzione non cercherebbe di tornare indietro a ciò che ormai non ritiene più felicità...


"Ergo quando ritorniamo alla vita reale, non vediamo l'ora di tornare a vivere un'altra vita virtuale" (p. 18)
Perché relegare nel virtuale ciò che è possibile realmente? Come dire: migliaia di persone vorrebbero giocare a tennis, ma piuttosto che costruire campi, racchette e palline da tennis, creano in videogioco sofisticatissimo che simuli una partita (e magari rimpiangono anche la possibilità di infortunarsi, per poter poi apprezzare la salute... anche perché con le loro avanzate tecnologie, qualunque infortunio guarirebbe in un'ora, per cui non si rischierebbe molto..). 
Il modo in cui questi "iperevoluti" canalizzano la nostalgia, non mi pare affatto iperevoluto...

Il fatto stesso che l'umanità rimpianga il passato travagliato e imperfetto, al punto di ricrearlo virtualmente, dimostra come tale società "reale" non sia affatto insensibile alla felicità o alle emozioni, ma anzi, abbia fatto del rimpianto/nostalgia il coronamento delle sue estreme possibilità tecnologiche... e resta da chiedersi come mai non ci sia un gruppo di nostalgici che, volendo rompere l'idillio sopito del paradiso, si sia opposto con forza ai tecnocrati che custodiscono la perfezione del Sistema (questa rivolta sarebbe così tipicamente umana...).


"Mi sembra abbastanza ovvio che se nei primi anni di vita, magari a catechismo ci venisse spiegato come funziona questo fantastico ambiente di gioco virtuale, tutta la nostra vita sarebbe decisamente più esaltante" (p. 43)
Al contrario, è come se il mago ti svelasse i suoi trucchi: ucciderebbe l'incanto e il fascino dello spettacolo... oppure, è come se mentre guardi un film, in una scena di pathos o azione, uno dei protagonisti si fermasse, ti guardasse dritto dallo schermo e ti dicesse: "rilassati, in fondo è solo un film..." ...e questa possibilità di mortificante disincanto è uno dei motivi per cui i Conservatori probabilmente cercherebbero di pilotare la storia lontano dal virtuale, senza voler chiudere il cerchio (sapendo che non c'è affatto il lieto fine, ma solo un finale noioso....).

P.s. Chiaramente, si tratta di osservazioni che "stanno al gioco", che vogliono prendere sul serio il verosimile proposto dal saggio... altrimenti concludiamo che è mera fantascienza, per cui tutto è lecito  ;)