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Messaggi - Jacopus

#2326
Storia / Re:Austerity e storia
31 Ottobre 2019, 14:21:02 PM
Faccio presente un particolare. La Germania si spostò a destra a causa della crisi del 29. Vi era inoltre l'interesse del mondo liberale piu' solido di appoggiare una cortina di paesi antisovietici.
Quello che non tutti sanno é che uno dei motivi dello scoppio della seconda guerra mondiale fu il forte indebitamento della Germania con l'estero e soprattutto con l'Urss. L'unica via d'uscita alla imminente crisi finanziaria fu la guerra, che univa motivi culturali e motivi economici.
#2327
Per Sari. Il pensiero critico è uno dei pilastri dell'occidente, forse il principale. Quindi restiamo sempre entro la logica occidentale. Socrate e Freud sono posti lungo la stessa linea genealogica, all'ombra del pensiero che critica sé stesso, così come da Pitagora ad Einstein.
Ma affermare l'ignoranza della cultura moderna significa non coglierne criticamente la valenza. Si può criticare giustamente una certa interpretazione della modernità, allo stesso modo di come si può criticare il darwinismo sociale o il darwinismo stesso, ma affermare che si tratti di cultura ignorante non è critica ma una affermazione emotiva fondata sul ressentment. Come dire che il buddismo é una teoria per burini o il paganesimo é un insulsa congerie di fregnacce. Non accetto questo livello di critica. Homo sum,  humani nihil a me alienum puto. Detto da un padre della chiesa, direi che ha sufficiente autorità per tutti, anche per difendere la modernità e magari criticarla ma per superarla non per tornare sui nostri passi e farci passare nuovamente il collare degli schiavi al collo. Senza questo tanto vituperato occidente il 95 per cento di noi che, nel nostro piccolo teniamo in vita questo forum, o era già morto, o stava mungendo una vacca, o ferrando un cavallo o preparava la cena al barone, ma soprattutto era già morto.
#2328
CitazioneSe i valori si fondano sulla conoscenza della natura, inclusa quella umana, allora una cultura che "conosce" la natura al solo scopo di distruggerla piegandola ai più assurdi e insensati desideri e "bisogni" umani
Caro Don. Non bisogna, come al solito, vedere le cose umane in una prospettiva manichea. Più vado avanti negli anni e più mi rendo conto che si tratta di una semplificazione mentale tanto arcaica quanto difficile da debellare e che si ritrova a destra, a siniistra, fra i ricchi, i poveri, gli atei e i religiosi, gli occidentali e gli orientali. La scienza moderna ha molte responsabilità, ma ciò che c'era prima ti assicuro che era molto peggio, almeno alle nostre latitudini. Non era molto piacevole avere un bussolotto al collo ed aspettare gli esattori venire a prelevare i soldi dal bussolotto, e se soldi non c'erano, c'erano frustate. Oppure le stesse frustate che venivano comminate a chi si rifiutava di andare in chiesa alla domenica. Al giorno d'oggi, fruste e frustini sarebbero un bene di consumo paragonabile ai telefonini, per vendite e diffusione.
La scienza ha permesso di liberarci da insensate ideologie, che ancora ammorbano alcune popolazioni e che reprimono la libertà. La scienza, essendo un metodo e non un contenuto, permette di confrontare i contenuti secondo modalità convenzionali che, spesso, con i suoi pro e contro, sono trasmigrate fra le scienze umane.
In realtà la tua visione richiama una contrapposizione archetipica. O siamo Ulisse e allora ci apriamo alle innovazioni e ci consideriamo degli esploratori, fallibili ma in cerca di miglioramenti e ci interroghiamo su noi stessi, oppure siamo Adamo, macchiati inesorabilmente dal peccato, buttati in un mondo inferiore, in cui la natura dell'uomo non è modificabile, e dove le ineguaglianze e le ingiustizie sono la dovuta mercede ad un futuro regno dei cieli.
Citazionetanto da affermare che "tutti gli uomini sono uguali"
effettivamente si. E' proprio così. Tra l'altro proclamato anche da molti testi sacri. Potenzialmente siamo uguali, nella realtà storica non lo siamo. Anche perchè se fossimo tutti uguali  andrebbe a farsi benedire la teoria evoluzionista. Ma il fatto che alcuni siano "più adatti", li rende solo più responsabili nei confronti dei "meno adatti".
E' vero che la "struggle for life leone-gazzella" è un tratto distintivo di una certa modernità ma non ritengo colpevole di questo assetto la scienza, o almeno lo è tanto quanto certe interpretazioni possibili delle Sacre Scritture.
E' vero. In Ancien regime, i nobili avevano il dovere di difendere i propri servi. Vi era una relazione padrone-servo che potremmo chiamare "armonica". Ma qual'era il prezzo da pagare? Salatissimo. Il figlio di un contadino avrebbe fatto il contadino e il figlio del becchino, il becchino. Per non parlare dell'amministrazione della giustizia, un potere che si guardava bene di punire chi era nobile, che poteva tranquillamente spadroneggiare, non per qualità di adattamento darwiniano (il che avrebbe avuto anche senso) ma semplicemente per trasmissione generazionale.
Citazionebasata sul principio di sopravvivenza di chiunque a tutti i costi è decisamente la cultura più ignorante mai apparsa all'onor del mondo.
Evitiamo la polemica sulle decisioni sul fine-vita, che contraddicono esattamente questa affermazione, visto che sono i tradizionalisti a volere, in questo caso, la sopravvivenza di chiunque a tutti i costi, anche se ci si ritrova ad essere delle mummie prive di coscienza. Ma il principio di sopravvivenza di chiunque a tutti i costi è esattamente uno dei punti salienti della modernità, e credo che dovrebbe essere ampliata non solo al genere umano ma anche alle specie animali, alla flora e al regno minerale. Solo rispettando l'intero cosmo, possiamo pensare di evolverci (e vi prego non obiettate in modo banale a queste considerazioni, grazie).
Il fatto che da una posizione tradizionalista si dica una cosa del genere, mi fa credere o che vi sia confusione o che non si sia compreso come la scienza è un formidabile metodo inventato dall'uomo e che l'uomo deve però imparare a padroneggiare meglio, tenendo sotto controllo la propria hybris. Ma non possiamo tornare indietro solo perchè ci consideriamo dei bambini incapaci, poichè il padr(on)e non sarà paterno con noi ma userà la più terribile violenza, come possiamo già osservare negli stati islamici che rifiutano il progresso e la modernità.
Quindi parlare della cultura della modernità come di cultura ignorante è dal mio punto di vista, inconcepibile e solo frutto di una ideologia distorta, tale da farmi davvero rabbrividire. E' come se dicessi che la Bibbia è un libro per ignoranti, da bruciare o che tutti i pensatori di destra e conservatori siano dei cretini (fra gli altri Evola, Jung, Junger, Schmitt, Gentile e il caro Nietzsche fino ad Heidegger). La verità è una via accidentata, sempre.
#2329
Buongiorno Baylham. Evidentemente abbiamo un concetto diverso di "tecnica". Io mi ricollego al concetto di tecnica della cultura greca, ovvero l'insieme delle attività umane atte a trasformare l'ambiente per scopi umani.
Ora é possibile che la technè possa essere anche applicata all'ecologia ed è la via che ho indicato come iper-tecnologica. In certi casi questa via ha anche raggiunto dei risultati, come gli ogm, che riescono ad adattarsi a climi modificati dall'attività umana. Ma credo che vi siano dei limiti della materia "pianeta terra" che non possono essere trascurati, sperando nell'ingegneria ambientale. A rischio é il nostro futuro come specie e se non come specie, sono a rischio le nostre condizioni di vita. Condizioni meteo avverse fanno danni sempre più gravi. In Liguria, alcuni comuni, ad esempio, stanno pensando di costruire delle isole artificiali per contrastare il grave fenomeno dell'erosione delle spiagge (fenomeno che ha un diretto risultato economico). Tecnica ambientale, quindi. Ma l'effetto, che costerà milioni di euro, che saranno sottratti ad altro, sarà sterile. 
Perché la furia del mare si rivolgerà con effetti dirompenti verso quelle spiagge non protette. Sarebbe necessario perciò, con una spesa di qualche miliardo di euro o forse più, proteggere tutte le coste a rischio.
Ma anche qui. Le attività per costruire le isole artificiali produrranno a loro volta inquinamento e CO2 in una rincorsa senza fine fra tenica e limiti ambientali.
#2330
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
27 Ottobre 2019, 23:39:27 PM
Cerco di dire la mia in un modo un pò più sistematico, anche se Nietzsche non lo conosco bene.
La sua famosa affermazione su "Dio è morto" ha avuto il pregio di essere stata diffusa a livello globale. Insieme a "Conosci te stesso" e "Penso dunque sono", credo che sia la frase filosofica più conosciuta al mondo. Comprendere cosa abbia voluto dire davvero è più complesso. Il fatto stesso che sia stata così tanto comunicata e apprezzata, vorrà dire qualcosa. Ha toccato, per così dire, un nervo sensibile della modernità.
Intanto non credo avesse alcun desiderio di dimostrare il proprio ateismo, nè di rammaricarsi di quella morte, nè di crogiolarsi di quella morte per affermarsi nichilista. Non credo che Nietzsche possa essere annoverato fra i nichilisti.
C'è un altra frase interessante e più esplicativa di Nietzsche sull'argomento "Se vi fossero dei, come potrei sopportare di non essere Dio? Dunque non ci sono dei».
Una interpretazione volgare vorrebbe che qui Nietzsche, presuntuosamente vuole sostituirsi a Dio, ammettendo in questo modo la necessità di una divinità.
Ma il significato è un altro, a mio parere. Nietzsche sottolinea che nella modernità non esiste più alcun elemento fisso e indiscutibile, che regola il nostro agire. Il suo desiderio di essere Dio è il desiderio di creare sè stesso e la sua storia. Se ammettesse l'esistenza di Dio, l'uomo sarebbe di nuovo stregato dai vincoli della divinità, che non può ammettere la creatività storica dell'uomo, perchè tutto ciò è già deciso dalla sua onniscienza. Come dice Severino, Dio non ammette libertà neppure a ciò che ancora deve esistere, perchè anche ciò che non esiste deve sottomettersi alla sua volontà, creando quel paradosso dell'entificazione del nulla.
E' un percorso lungo, quello che giunge a Nietzsche. Inizia, come al solito, con la cultura greca, con Edipo, Ulisse e Prometeo. Personaggi sempre in bilico fra la necessità divina e la loro volontà di divincolarsi da quel destino. Anche il Vangelo si pone lungo questa traiettoria, visto che la divinità entra nella storia dell'Uomo. Con Nietzsche, la scelta di campo è definitiva: l'uomo è (dovrebbe essere) padrone del suo destino e in questo senso forse è interpretabile anche il concetto dell'oltreuomo.
Quello che non perdono a Nietzsche è lo scarso senso etico verso l'umanità. Il suo mancato rispetto per i deboli che non meritano aiuto proprio in virtù della loro debolezza, perchè di quella debolezza hanno fatto la loro (ipocrita) forza. Per quanto i regimi a venire lo prenderanno indebitamente in prestito, Nietzsche permetteva di sicuro molto più di una sponda filosofica a quei regimi.
La capacità di dire in modo epigrammatico e teatrale in cosa consiste la modernità è uno dei tratti di Nietzsche, e quel contenuto è proprio la morte di Dio, che significa l'eterno divenire delle cose, l'accettazione della responsabilità per le nostre azioni, il relativismo di ogni fede e quindi la necessità di soppesarla al di fuori di principi teologici fissi e immobili.
In qualche modo il pensiero di Nietzsche è la riproposizione del viaggio di Ulisse. Come Ulisse, Nietzsche lascia gli approdi sicuri e immutabili e affronta i pericoli del viaggio solo con gli strumenti della sua "intelligenza". E poi forse pecca per eccesso di zelo e proprio per distinguersi da ogni "ipocrita religiosità", propaganda un agire fondato solo sulla forza, sfrondando il suo discorso da ogni principio etico.
Allora il discorso potrebbe essere quello di acquisire il discorso nietzschiano che ci attribuisce la responsabilità delle nostre azioni e la loro libertà, cercando di individuare una nuova cornice etica che possa superare sia quella antica legata alla divinità immobile e che immobilizza, sia quella moderna, legata alla tecnologia distruttrice dei nostri tempi.
#2331
Tematiche Filosofiche / Re:Metafisica ed energia
27 Ottobre 2019, 21:17:41 PM
Citazione Mi sembra che tu della metafisica abbia una visione esclusivamente culturale, cioè che essa secondo te consista solamente in ciò che di umano non è scientificamente descrivibile e fisicamente canonizzabile. Non sono certo d'accordo.
buonasera Viator. Definisci la tua versione di metafisica, così possiamo (forse) capirci meglio.
Citazionenon comprendo dove si porrebbe la contemporaneità - all'interno di una evoluzione biologica - della comparsa di aspetti chiaramente correlabili all'interno di una progressiva diversificazione e complicazione multimilionaria (in anni) quali il metabolismo, la sensorialità, gli apparati motorii, le funzioni psichiche e quelle mentali.
Intanto le trasmissioni di impulsi neurali gradiscono molto di più, nel nostro organismo, quelle chimiche di quellle elettriche, che sono probabilmente precedenti, se proprio vogliamo ipotizzare una scala temporale (ma potrei dire delle scempiaggini). Quelle chimiche permettono senza dubbio una modularità molto più raffinata delle semplici trasmissioni elettriche (aperto/chiuso), perchè è il livello dell'ormone o mediatore chimico a modulare la risposta, più o meno aggressiva, più o meno amorosa, più o meno desiderosa di socialità o di sonno o di fame o di sessualità. E' possibile quindi una risposta all'ambiente più efficace. In ogni caso, scusa la pedanteria, ma la trasmissione di mediatori chimici per le risposte del Sistema Nervoso Centrale non sono esattamente la stessa cosa del metabolismo, che riguarda più strettamente i processi di riproduzione e mantenimento dell'organismo fisico, anche se sono connessi ad esso. Possiamo fare l'esempio della pubblicazione di un libro: il metabolismo riguarda la produzione fisica del libro e la sua conservazione nel tempo, mentre i neurotrasmettitori possono essere equiparati all'impatto del libro con il mondo dei lettori e come il libro e i lettori si modifichino nel tempo nelle loro reciproche percezioni.
E comunque il processo di selezione di trasmissione ormonale delle risposte neurali si è sviluppato contemporaneamente all'accrescimento del volume del cervello, della apposizione frontale degli occhi (per avere una visione steroscopica), la conquista della posizione eretta che ci ha permesso di liberare due arti dalle funzioni di fuga, mentre tra psiche e mente non saprei a che differenza ti riferisci. Ad ogni modo questa tuo personale criterio evolutivo non ha nessun riscontro scientifico, che almeno io conosca. Se mi vuoi dare i riferimenti sono ben lieto di allargare il mio sapere in questo interessantissimo campo.
#2332
Tematiche Filosofiche / Re:Metafisica ed energia
26 Ottobre 2019, 19:01:22 PM
La metafisica in realtà, originariamente, consisteva nel senso di meraviglia dell'uomo greco rispetto a tutto ciò che non poteva essere spiegato e dimostrato in modo condiviso. E' pertanto una conseguenza evidente della cultura umana, che ad un certo punto ha scisso ciò che poteva essere spiegato, da ciò che non poteva esserlo, e nella scissione era già presente la tendenza ad ampliare sempre di più il dominio del comprensibile, fino a giungere ai nostri giorni, con la metafisica apparentemente esautorata dalla physis. O meglio, la scommessa è relativa alla possibilità che la physis ci sveli tutti gli enigmi della meta-physis. In questo modo però la metafisica tradizionale viene privata di ogni legittimità e ci si incammina verso una possibile dittatura del pensiero unico, visto che il primo pensiero metafisico importante è stato il "dubbio socratico."
Per quanto riguarda la tua teoria evoluzionistica, Viator, direi che non è possibile accettarla, se non come provocazione, poichè tutti i processi che hai descritto sono contemporanei e non possono essere posti in una scala gerarchica.
La capacità di astrazione dell'homo sapiens, comprensiva della capacità di concepire un tema come quello della metafisica, deriva dal suo cervello, unico fra le specie animali sulla terra, per complessità e dalla accumulazione di eventi culturali trasmessi storicamente degli ultimi 10.000 anni, che ci hanno definitivamente separato da ogni altra specie vivente, in quanto non più solo appartenenti al regno animale ma anche a qualcos'altro, di sostanzialmente diverso e che ha a che fare da un lato con la nostra spropositata potenza tecnologica e dall'altro con la nostra spropositata capacità autoriflessiva. Il solito binomio, già da me citato altrove, che la filosofia storica tedesca, tra otto e novecento nominava come Zivilisation e Kultur.
#2333
La scienza, a differenza della nostra percezione, non fa un discorso di contenuto, o di valore sui "qualia".
La scienza é un metodo che si fonda sulla misurazione e sulla dimostrazione e sulla applicazione tecnologica. Paragonare tutto ciò alla credenza sugli angeli può essere suggestivo e stimolante ma non ha alcuna validità. L'alterita' della scienza si fonda proprio su dati oggettivi, nei limiti in cui ciò é possibile. E pertanto lascia in sospeso ogni discorso veritativo. È anch'essa 'percezione', in futuro modificabile da un iperscienza e poi da una megascienza e così via, ma ha bisogno di dati verificabili e misurabili e che eventualmente apportino miglioramenti tecnici (anche se questo non é indispensabile).
La fallacia della scienza viene ammessa dalla stessa scienza in una gara a sempre migliori ipotesi interpretative soggette a verifiche e pubbliche duscussioni, ma non è certo una percezione la necessità di calcolare il differente trascorrere del tempo sulla superficie terrestre e a 50.000 km sulla stratosfera. Se non ci fosse questo banale calcolo correttivo i nostri navigatori satellitari non funzionerebbero e a monte di tutto questo c'è la teoria scientifica della relatività, ben poco percepibile dai nostri sensi, eppure efficace a farci trovare via Manzoni, quando andiamo a Tortona.
#2334
Per Sariputra. Lo storico Toynbee sottolineò che l'Occidente è un processo che ha trasformato il binomio World and the West in West and the Rest. In questa direzione si intende il processo di centralizzazione dell'Occidente, che è diventata una ideologia di classe, o meglio, di una superclasse globale che la può mettere in atto, formata da circa un miliardo di persone, opposta al resto della popolazione, che pur non potendola "agire", perchè troppo povera, la desidera come modello di vita.
Questo è il lato più visibile ed efferato dell'Occidente, ma non dobbiamo dimenticare che oltre quel nichilismo spesso qui menzionato, il mondo occidentale, fra le grandi civiltà è stato il solo a prendere deliberatamente una direzione, che ha spezzato "l'ordine naturale delle cose". Nel cuore dell'occidente non ci sono le stagioni, le ricorrenze cicliche dell'astrologia, i corsi e ricorsi della storia, il mistero religioso che confina e delimita, ma c'è Edipo che vuole conoscere, anche se sa che ciò è la sua rovina, c'è Prometeo che sfida gli dei e ne subisce l'ira dopo aver loro rubato la tecnica. C'è il pensiero che non si fa ingabbiare nella danza sufi e che scardina il pensiero paranoico del potere rendendoci tutti più liberi. Il fatto di essere qui, in un forum di filosofia e poter parlare liberamente di ciò che ci piace, è una raffinatissima conquista dell'Occidente, che ci deve far sentire debitori ad una serie secolare di benefattori, da Ulisse in poi.
Per questo motivo non sono favorevole a chi dipinge l'Occidente come il male, rovesciando maldestramente famosi slogan come "impero del male". L'Occidente è in questo senso il mare, la scoperta, il protendersi verso l'ignoto anche a costo della vita. Il famoso motto della lega anseatica, "navigare necesse est, vivere non necesse", è l'epigramma definitivo dell'Occidente.
Ma l'Occidente è anche un luogo della mente, che non può essere al centro, poichè vive anche della sua relazione con l'Oriente, con il Nord e con il Sud. Se il viaggio e il mare sono il suo mondo, ad esso è contrapposto la fissità e il deserto dell'Oriente, con tutta la ricchezza della fissità e del deserto.
L'Occidente è in fondo una partita doppia, dove si tende a mantenere sempre vivo il significato degli opposti, senza volerli annullare, come invece accade nelle liturgie assolute orientali. E non è un caso che i tre monoteismi siano nati in terra asiatica, e orientale, e neppure un caso che i tre più famosi dittatori del XX secolo, tutti e tre, provenissero dalla cultura monoteistica cattolica, un austriaco, un italiano e un georgiano. Il XX secolo è stato, da questo punto di vista il secolo meno occidentale degli ultimi quattro e dove si è rischiata la fine del viaggio di Ulisse.
Ora il destino è di nuovo nelle mani dell'Occidente. Potrà adagiarsi e fingere di non vedere il suo crollo finale oppure rimboccarsi le mani, prendere in mano il timone e raddrizzare la rotta. Ci si potrebbe richiamare alla famosa distinzione della tradizione politico-filosofica tedesca tra ottocento e novecento, che distingueva fra Zivilitation, ovvero lo sviluppo economico senza limite e abbruttente, e Kultur, intesa come insieme delle conquiste del pensiero europeo, alla base del processo emancipatorio dell'Occidente e del suo sguardo sul mondo.
#2335
Per sariputra. L'occidente é molte cose che hai detto, che riconosco facilmente, ma non é centro. O meglio ha un rapporto dialettico e tormentato con il centro. Proverò a tornare sul concetto stasera. Laaciatemi un po' di spazio digitale e ne leggerete delle belle.
#2336
per Green. Il mio modello di ambientalismo non è quello della ipertecnica usata per "curare" la tecnica. Quel modello di ambientalismo rientra ancora nei canoni del secondo scenario, quello della strumentalità, dell'uomo al servizio della tecnica. Il modello imperante insomma. Quello che ci vuol far credere che con i motori elettrici tutto è risolto, in attesa dei motori all'idrogeno.
Io credo che una vera rivoluzione ambientale possa nascere solo da una modifica radicale dei nostri consumi, ma anche attraverso una redistribuzione più equa della ricchezza a livello globale. Siccome però un tale scenario tocca, come puoi immaginare, tantissimi interessi e tantissimi portafogli, la strada è leggermente in salita.
Ma questa è l'unica via per non essere spazzati via da una catastrofe ambientale che si sta addensando. Ed è inoltre una via etica, che non predica un futuro radioso, nè nel nome di un Dio, nè nel nome di un regime ormai avveratosi che può essere chiamato regno millenario o comunismo, nè nel nome di una tecnica che risolve ogni male.
Ho citato Latouche come riferimento, ma potrei ugualmente citare e forse in modo più appropriato Hans Jonas.
#2337
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
23 Ottobre 2019, 20:36:35 PM
Per Anthony. Su questo filosofo siamo completamente d'accordo. Sopravvalutato. Comunque divertente da leggere. Una biblioteca di aforismi utili per epater le bourgeois. Fondamentale però "genealogia della morale".
#2338
Per Inverno. Bè, hai aggiunto una nuova dimensione al problema, ovvero la sua legittimazione ideologica attraverso la vendita di sogni. In questo senso il film di Ridley Scott appartiene senza dubbio al secondo scenario, all'utopia del dominio del mondo attraverso la tecnica, in questo caso tecnica della persuasione. Ho scelto quel film, perchè mi ha affascinato la scelta di Saladino di rispettare il patto, giurando su Dio. Al di là della verità storica del fatto concreto, rappresenta simbolicamente un periodo storico, quello medievale, durante il quale, il giuramento su Dio non poteva essere invocato a cuor leggero.
Con altre parole, anche per rispondere a Green, quelle tre utopie (religiosa, tecnica ed ecologica) hanno a che fare con il limite. Il limite dello sfruttamento del mondo può essere dato dalla religione, ma al costo di opprimere la nostra libertà di pensiero, oppure possiamo fingere di non avere limiti o di spostare/gestire i limiti attraverso la tecnica, che è l'utopia ancora prevalente.
Ma ormai i segnali che questa utopia sta scadendo sono sempre più forti. La natura non è più capace di incassare i colpi che la élite del mondo continua a sferrarle per mantenere il suo standard di vita e provare a far credere che esiste ancora una "scala sociale" anche per chi non si chiama Orlando Bloom.
E allora scendono in campo i tre metapartiti di questa battaglia: il partito dell'eterno ritorno religioso-dispotico (va bene lo Zar ma va bene anche Saladino), il partito della ipertecnica, che spera di curare i mali della tecnica con ancora più tecnica (magari sostituendo alla fine gli umani con androidi senzienti), oppure il partito dell'ecologia, che è l'unico che può restituirci il mondo e dei rapporti sociali accettabili, ma seguendo una strada terribile: la fine della rincorsa alle vogliuzze quotidiane (anch'io ho letto qualcosa di Nietzsche) e la decapitazione della elite mondiale e dei suoi accoliti (e costoro si difenderanno con le unghie, anche a costo di andare tutti a vivere in un'isola superaccessoriata e lasciare i comuni mortali a vivere in un mondo coperto di spazzatura).
Questa è la sfida del nostro tempo e soprattutto dei giovani di oggi.
#2339
Se permettete, dopo il dibattito su nichilismo ed Occidente, cambio prospettiva ed apro un nuovo ramo della discussione. Possiamo pensare l'Occidente come spazio e come tempo e ad anche come spazio-tempo. La cosa interessante è che l'Occidente si pone, a partire dal suo stesso nome, come una parte geografica. L'Occidente dovrà sempre confrontarsi con un Oriente, fin dal nome non ha alcuna ambizione totalizzante come invece accade alla Umma islamica, all'ecumenismo katholikos, o all'internazionale comunista. Ma l'Occidente è anche una fortunata costruzione storica con una sua realtà e una sua ideologia.
Il primo confine è quello fra Grecia e Persia. La Grecia piccola patria, dove vige la libertà di parola, la democrazia, il pensiero critico, contro la Persia del dispotismo, della servitù e dei monoteismi incombenti.
Ma specularmente la Grecia è il luogo dei conflitti, dei piccoli interessi di bottega, della incapacità di unirsi, della debolezza militare, della impossibilità di cooptare nuove forze, mentre la Persia è il luogo del potere vasto, imperiale, cosmopolita, universale, che permette la pace sub Cesare.
Lo stesso copione che si ripete nei secoli, Impero Romano d'Occidente e i suoi regni barbarici, impero romano d'oriente, ancora unito per mille anni. La Magna Europa della Nato, terra di democrazia e libertà e il Patto di Varsavia, dove vige la servitù e le satrapie di stato. Ma anche l'Occidente ha i suoi confini interni che definiscono chi è più occidentale fra gli occidentali. Era questo il senso degli Stati Uniti e delle loro dottrine, secondo le quali l'Europa era ormai il luogo dei governi autoritari e medievali a differenza della Land of hopes and dreams. Fu un aristocratico francese a stabilire questo confine interno, Alexis de Tocqueville.

Ad un certo punto però, accanto a questi confini più o meno geograficamente definiti, si è sovrapposto un Occidente frammentato e policentrico. La prima avvisaglia fu la conquista della terrasanta. In Oriente, un lembo di terra fu gestito per un paio di secoli come un primo esercizio coloniale. La madrepatria era lontana, era un'altra cosa. Gerusalemme manteneva un suo status e un suo richiamo, ma non poteva essere inglobata nell'Occidente.
Poi dal 500, l'Occidente forte delle sue cannoniere iniziò ad esportare i suoi valori e i suoi principi, tecnologici, religiosi, politici e l'Occidente, da luogo, divenne classe sociale. I valori occidentali sono diventati i valori ubiqui di una classe media o medio-alta che condivide valori e consumi, sia che si trovi in Indonesia o in Lituania.
Resta ovunque il principio dell'inclusione-esclusione: puoi diventare anche tu occidentale se sei sufficientemente abbiente e munito di alcune strutture di pensiero ricorrenti: libertà di opinione, di credo religioso, sessuale, di sfruttamento economico, riconoscimento della scienza, svalutazione delle Chiese, il denaro come metodo principe di ogni transazione, l'apparato burocratico per la trasmissione e la gestione del potere, la creazione di un immenso apparato per la trasmissione del consenso, il più omogeneo possibile. La labilità dei confini geografici e sociali è data da un termine ambiguo e centrale nel nostro discorso come America, con cui talvolta si intendono gli Stati Uniti,o gli americani che condividono i valori occidentali, oppure entrambe le cose.
L'Occidente ha finito per coincidere con la classe dirigente mondiale, che finora, nonostante qualche brutto scossone (socialismo reale, in primo luogo) è riuscito a governare il mondo e la Visione del mondo collettiva.
Da questa mia personalissima visione dell'occidente scaturisce un fatto curioso, come sia molteplice e ondivago il concetto stesso di Occidente. In molti lo identificano nella cristianità, primo fra tutti il papato, nella sua eterna lotta con l'Islam. Quello stesso Occidente si è identificato qualche secolo dopo, nel laicismo e perfino nell'ateismo, lasciando alle popolazioni inferiori le credenze religiose.
Per non parlare di come occidente e oriente si siano fuse e plasmate insieme per molte vie, la più celebre, proprio il cristianesimo, mistura potente di oriente ebraico ed asiatico ed ellenismo, nato proprio agli albori dell'impero romano, mistura, anch'essa potente, fra istituzioni greco-romane (senato, magistrature, elezioni) e istituzioni asiatiche (la divinizzazione dell'imperatore, il suo potere assoluto, già stigmatizzato da Seneca, solo qualche anno dopo la morte di Augusto).
E quindi? Qual'è il succo del discorso?
In realtà sto andando un pò a braccio, ma direi che una possibile morale che si può ricavare da quanto ho scritto è che non esiste un Occidente superiore ad un Oriente, che Occidente ed Oriente si sono sempre scambiati parti di DNA, e che comunque, nonostante ciò un certo Occidente e la sua ombra culturale hanno colonizzato il mondo, ideologicamente e materialmente per diversi secoli. E infine che, sotto sotto, nonostante  mi sforzi nel dire che non esiste alcuna superiorità dell'Occidente, una pulce, proprio vicino all'orecchio continua la sua cantilena, molto simile alla nona sinfonia di Beethoven.
#2340
Come insegna Umberto Eco, da opere di "massa" si possono comunque ricavare riflessioni interessanti.
PRIMO SCENARIO:
Nel film di Ridley Scott, "le crociate", viene rievocato l'accordo realmente avvenuto tra Saladino e Baliano di Ibelin. Quest'ultimo concedeva a Saladino Gerusalemme a patto di aver salva la vita per lui e tutti gli abitanti della città. Saladino accetta e sigilla il patto giurando su Dio.
I cristiani di Gerusalemme, nel film, come nella storia si incamminarono verso la costa, dove i regni cristiani sarebbero sopravvissuti per altri 70 anni.
SECONDO SCENARIO:
Se al posto di Saladino ci fosse stato Hitler, é possibile che il ministro degli esteri Ribbentropp avrebbe potuto accettare lo stesso accordo con Baliano di Ibelin, salvo uccidere tutti o condurli in un campo di lavoro dopo aver preso la città.
TERZO SCENARIO:
immaginiamo ora Pepe Mujica, l'ex presidente dell'Uruguay, il quale probabilmente non avrebbe neppure tentato di prendere Gerusalemme e sarebbe rimasto a Damasco, incurante degli assalti dei templari.

Questi tre scenari, storici e distopici, rappresentano tre diverse utopie, tre diverse visioni morali, ed anche una filosofia della storia morale.
Saladino infatti ammette come unica utopia il regno dei cieli. Ciò che accade sulla terra é contingente e il potere di Dio é tale da non potersi permettere di rompere un giuramento in suo nome.
L'utopia di Hitler é la tecnica come dominio, un'utopia che si sovrappone a quella del Dio degli eserciti fin da Prometeo (e dal discorso di Atene a Meli) ma che alla luce del progressivo aumento della efficienza tecnologica, diventa una nuova utopia, che non ha bisogno di giustificazioni ultraterrene. Il campo di battaglia é il dominio materiale assicurato dalla migliore tecnologia. Da Prometeo a Machiavelli, fino a Lenin e Hitler. Non era proprio Lenin a definire il comunismo "soviet più elettrificazione"?
Questa utopia ha il pregio di abbandonare la divinità come un retaggio dell'infanzia dell'uomo, e quindi di affrontare il mondo con strumenti razionali, senza superstizioni, integralismo e oscurantismo culturale. Ma se questo cambio di marcia esibisce dei vantaggi, il danno sostanziale lo produce quando la tecnologia, come oggi, mette in pericolo la stessa vita umana, trasformando il mondo, le sue catene alimentari, la metereologia, la vita animale e vegetale a cui siamo intimamente collegati.
Allora abbiamo bisogno di una terza utopia, non più Civitas Dei, non più Civitas Faber, ma una nuova Civitas.
Ecco allora che ho pensato a Mujica, il presidente che vive con 800 euro al mese e dona gli altri 8000 del suo stipendio alle associazioni e ai poveri. Ma potevo pensare ai movimenti ecologisti, alla tanto vituperata Greta, a serge Latouche e ai suoi studi sulla decrescita.
Un'altra utopia dobbiamo cercare, in grado di affrontare la più grande sfida del genere umano nel XXI secolo. Non più Dio né tecnologia ma un pensiero che sappia contrastare la distruzione del pianeta e quindi dell'uomo per sua stessa mano. Un'utopia dell'uomo umile e terreno, che oltrepassi l'homo clericalis e l'homo faber.