Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Phil

#2341
A me ha ricordato anche "Il mondo dei replicanti" (goffa traduzione di "Surrogates") in cui, vado a memoria, in un futuro distopico il virtuale si è ormai affermato come interfaccia fra l'uomo e la realtà, al punto che l'umanità dispone del replicante come periferica-definitiva/controfigura per vivere una vita spazialmente differita (sono a casa, mando in giro il mio replicante e, essendo in "simbiosi virtuale" con lui, vivo le "sue" percezioni che innescano anche "mie" emozioni, e la mia vita è quindi surrogata ed iperestesa oltre il sentire locale del mio corpo...).

Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 15:41:10 PMLa possibilità di vivere in eterno e l'assenza totale di difficoltà, hanno eliminato "il senso della vita"
Questa "ipotesi di partenza" mi pare una legittima utopia (concordo con Sgiombo che deve avermi letto nel pensiero!): anche nelle tecnologie più avanzate credo sia inevitabile qualche imprevisto, qualche bug o glitch o inceppo, qualcosa che richiami l'imperfezione e la poliedricità che da sempre caratterizza la dimensione umana. Non sempre esiste il farmaco perfetto: alcuni virus, da bravi esseri viventi, si adattano ed altri ne nascono; poi, socialmente, è molto fantasioso supporre un futuro in cui non ci siano guerre, rivolte o tensioni sociali... insomma, l'"assenza totale di difficoltà" (cit.) per quanto sia un ideale non spiacevole, richiederebbe un'umanità ed un contesto globale che possono essere probabilmente solo fantasticati (non a caso hai parlato correttamente di "teoria fantascientifica"...). Dunque non credo che, per ora, ci siano le basi per "chiudere il cerchio"...

Inoltre, anche restando dentro la prospettiva proposta, non è facile intuire come penserebbe un uomo medio in una situazione così differente della nostra: la questione del senso della vita (ammettendo che abbia un senso porla...) potrebbe avere una dimensione tanto diversa da quella attuale, tanto quanto sarebbe differente il mondo in cui si vivrebbe...

P.s. Non ho letto tutto il saggio, ma tutta la realtà virtuale in cui saremmo calati, non ha affatto bisogno di "manutenzione" nel mondo reale? Se ne occupa quel 5% che vive nel "mondo vero" (il che solleverebbe alcune domande oltre che, appunto, la famigerata fallibilità umana anti-perfezione noiosa), oppure è gestita da forme di intelligenza artificiale (e qui Matrix è dietro l'angolo...)?
#2342
Tematiche Filosofiche / Re:Diacronico sincronico
30 Giugno 2016, 17:01:22 PM
Citazione di: Robertocellino il 30 Giugno 2016, 08:48:37 AMcosa intendete voi per analisi,in senso lato,sincronica?
Per analisi sincronica, in generale, intenderei (mia umile opinione) un'analisi che non comprende la dimensione storica del suo "oggetto" (nel senso più ampio e versatile del termine), considerandolo solo nel suo darsi/avvenire, senza spiegarlo ricorrendo alla trama contestuale di eventi che lo ha preceduto.

Citazione di: Robertocellino il 30 Giugno 2016, 08:48:37 AMdiacronica o sincronica non è piu la visione che si esercita su una cosa(insieme di cose,avvenimenti) e non invece,come desumo dalla spiegazione del docente,caratteristica della cosa in sè? 
Qui mi sbilancio e lavoro molto di intuito, non conoscendo l'esatto contesto della lezione, ma suppongo che l'essere "bella come il cielo"(cit.) sia una verità narrativa perché è vera (sincronicamente) al momento in cui lo si dice, ma già un'ora dopo (a seguito di altri eventi), può non essere più considerata come affermazione vera; le verità scientifiche, oltre al non contemplare paragoni (del tipo "come il cielo"), ad essere dimostrabili o almeno corroborate da sperimenti attendibili, sono tali perché non hanno durata o scadenza temporale, ma restano vere nel tempo (diacronicamente).

Tuttavia, non credo che il diacronico ed il sincronico possano essere intesi strettamente come "caratteristica della cosa in sè", salvo usare questi termini per distinguere fra caratteristiche permanenti e caratteristiche accidentali/provvisorie; ma a questo punto forse non si parla più di analisi diacroniche vs sincroniche (perché sincronici e diacronici sarebbero allora gli elementi dell'analisi, non l'analisi in quanto tale...).
#2343
Tematiche Filosofiche / Re:Diacronico sincronico
29 Giugno 2016, 18:43:41 PM
Citazione di: Robertocellino il 29 Giugno 2016, 17:07:59 PMsi puo definire l analisi diacronica come un insieme di analisi sincroniche ripetute nel tempo e confrontate?

Credo che prima di proseguire sia cruciale intendersi su quale campo di applicazione hai in mente (se ce n'è uno in particolare) e su cosa intendi per "insieme" di analisi sincroniche.
Ad esempio, personalmente, i due termini hanno fatto venire in mente De Saussure (linguistica) e in tal caso non si può parlare, se non erro, di diacronia come "insieme di analisi sincroniche ripetute nel tempo": l'analisi diacronica è una (non un insieme di sub-analisi) e si riferisce ad un vasto arco temporale; ma sicuramente è corretto connotarla come un "confronto" fra differenti fasi (comparazione che fa emergere appunto l'aspetto dinamico, diacronico, della lingua...). Che questo confronto ad ampio raggio si basi su un insieme di dati archiviati, è auspicabile (altrimenti non ci sarebbe diacronia), ma vale la pena sottolineare il rischio di fraintendere il "diacronico" semplicemente come una casistica, una collezione di analisi già fatte, mentre si tratta invece di un tipo differente di analisi che, in quanto tale, non si riduce alla "somma" dei risultati delle singole analisi. 
A farla breve, se intendi "insieme" come confronto ragionato, accomunato in un unico sguardo analitico, la risposta credo sia si; se invece intendi "insieme" come repertorio ordinato di risultati parziali, come susseguirsi di fotogrammi autonomi, direi di no...

Se parlavi in generale, senza chiudere il discorso in un unico ambito, credo che ruoti comunque tutto ancora intorno all'"insieme": se voglio fare l'analisi diacronica di una partita o della situazione di una squadra (premetto che sono analfabeta di calcio, ma oso lo stesso!) non considererò soltanto l'elenco dei singoli risultati precedenti, ma nell'analisi cercherò di rintracciare un filo che leghi l'andamento della squadra nel tempo, adotterò una visione processuale quanto più complessiva possibile, cercando di evitare "sbalzi esegetici" fra un evento e l'altro (anzi, trovando proprio nel passaggio da un evento all'altro, la chiave di volta per progettare ed edificare l'analisi diacronica...).

P.s. Benvenuto!
#2344
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
28 Giugno 2016, 19:16:08 PM
"Dai Paul, stavolta tocca a me offrire, non ti preoccupare... comunque, fammi capire, ti lamenti del gap generazionale in amore, poi prendi il numero di una giovane cameriera? Vecchio rubacuori... dai, scherzo! Anch'io l'ho notata quando è arrivata, sembrava quasi Alice uscita fuori da quell'enorme specchio... ammetto che aveva uno sguardo davvero ipnotico... si, non ci crederai ma l'ho guardata anche negli occhi... e, a proposito di sguardi, avresti dovuto vedere come t'ha fissato il barista mentre lei ti dava il numero! Secondo me è la figlia o lui è lo zio... insomma, stai attento... comunque, bel locale; magari ci torniamo... tu di sicuro, vero?"
#2345
Citazione di: cvc il 28 Giugno 2016, 09:51:59 AM
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 12:14:11 PM
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. 
Distinguerei fra l'avere un desiderio e scegliere se realizzarlo [... ]sull'istintività-dei-desideri vs la scelta-dei-desideri: temo non sia possibile decidere autonomamente di desiderare qualcosa 
Bisogna vedere se il desiderio è da considerarsi un tutto monolitico che si presenta come un fatto già compiuto. Oppure, ed io dono incline a pensarla così, se i desideri non si sviluppino per fasi, dove vi è una prima fase involontaria in cui il desiderio si affaccia nel nostro animo. Ma poi vi è pure una seconda fase in cui siamo noi a decidere se abbracciarlo o meno.
[corsivi miei]
Quindi siamo d'accordo che la volontà della scelta è solo una "riposta" al desiderio già nato e che quindi "uno non può farci niente se desidera questo invece di quello" (cit.); almeno sul momento (a lungo termine può invece tentare di educarsi a rivolgere altrove i suoi desideri...).
#2346
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
27 Giugno 2016, 23:08:25 PM
Cercando altri spunti sull'immagine dello specchio (o viceversa!) ho trovato una preghiera protestante insegnata alle fanciulle per quando si specchiano: "Vedo certo un'immagine, ma non è la Tua, o Dio, che Tu mi avevi donato. Il peccato è ciò che in me rompe lo specchio. Tu però puoi raccoglierne i pezzi" (citata in "Storia dello specchio", di S. Melchior-Bonnet, p. 266, nota 71; corsivo mio).
Leggendola mi ha colpito subito il curioso slittare dei ruoli rispetto alla citazione iniziale di Rumi (anche se qui non c'è in gioco la verità...).

P.s.
Citazione di: Jean il 26 Giugno 2016, 21:46:03 PMBeh, sulla poesia... che immagino tua... son deliziato, e dimmi, l'hai composta per l'occasione?
Lasciamo le poesie ai poeti, chiamiamola semmai filastrocca o, per essere meno "antichi", testo rap... comunque, si, è stato un "post rimato" improvvisato sulla conversazione...
#2347
Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMil difetto di impostazione si collochi in una lacuna grave nella considerazione dei fattori in gioco sia da parte tua che di Paul: l'osservazione diretta [...] Tutte le nuove, se sono realmente nuove -conoscenze in campo scientifico sono state ottenute tramite l'osservazione diretta, mettendo temporaneamente da parte le nozioni acquisite precedentemente [...] la scoperta vera e propria deve il suo accadere solo al processo percettivo e non a quello intellettivo 
Lo sguardo dell'osservazione diretta è forse neutro? Non è da sempre inevitabilmente interpretante, in base ai propri schemi cognitivi (precostituiti seppur "aperti")? La neuroscienze, il cognitivismo, e altre prospettive, se non erro, hanno contestato ampiamente l'idea di una tabula rasa nella mente...
L'osservazione, per essere qualcosa di più di una semplice percezione, deve coniugarsi con la ragione che la elabora, trasformandola eventualmente in nuova conoscenza... la percezione di per sé non fa scoprire nulla, è solo un impulso. 
Poi, se non erro, c'è stata, nella storia dell'uomo, qualche nuova conoscenza che non è stata fondata sull'osservazione diretta (semmai, se e dove possibile, si è cercata la sperimentazione diretta come conferma... rieccoci al solito esempio della meccanica quantistica...). 
Inoltre, non sono affatto sicuro che il "processo percettivo" si possa scindere da "quello intellettivo" (almeno nell'essere umano standard).

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMLa ricerca, la vera ricerca, inizia sempre qui, dove siamo e in ciò che siamo realmente, e una volta che essa ha stabilito le basi reali per una osservazione oggettiva, allora c'è la possibilità [...] di procedere oltre e affrontare il problema di Dio 
Una "vera ricerca che ha stabilito le basi reali per un'osservazione oggettiva" si individua tramite la percezione o attraverso una sana indagine epistemologica, quindi basata sulla coniugazione di riflessione e conoscenza? 
Non per sminuire il valore dell'esperienza, ma se non è interpretata dalla mente (quindi conoscenza ed esperienza), non credo costituisca di per sé una ricerca (anche se può esserne un tassello importante...).
Per dirla con la metafora nautica di Jean: partire dal molo dall'osservazione oggettiva e navigare verso il problema di Dio, potrebbe essere un viaggio molto lungo, dalla rotta misteriosa e, proprio come Colombo, si rischia di arrivare nel posto sbagliato, ma senza accorgersene subito...

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMla mia mente. E' qui che possiamo fare delle scoperte decisive che mettono in luce sia la trappola della conoscenza che la via per uscirne fuori 
E queste scoperte sono basate su un'osservazione diretta e oggettiva della mente o sul ragionamento (memoria e capacità cognitive)?

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMil processo di scoperta, cioè l'osservazione diretta continua ininterrotto e il mezzo (l'osservazione) e il fine coincidono. Questa sarà la svolta decisiva 
Se la svolta decisiva è "osservare per osservare" (mezzo=fine), temo che certe rotte ambiziose non approderanno dove desiderano, perché è come praticare un gaio "navigare per navigare"...

Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMCioè detto in parole povere viviamo di astrazioni.
Credo che vivere di percezioni dirette sia impossibile, al nostro stadio evolutivo... senza la capacità di astrarre non saremmo nemmeno sapiens...

P.s.
Citazione di: Gibran il 26 Giugno 2016, 16:46:51 PMcredo la discussione sia mal impostata [...] ho l'impressione che il difetto di impostazione si collochi in una lacuna grave [...] l'osservazione diretta. Ho cercato di farvi tirare fuori questo banale quanto importante fattore con mille domande ma a meno che non l'abbia travisato o sorvolato mi sembra che fin qui l'abbiate ignorato
Effettivamente, una discussione a distanza come la nostra, se vuole occuparsi dell'osservazione diretta, o la tematizza, parlandone (come fatto sopra e in post precedenti), oppure incappa nel vicolo cieco del "guarda con i tuoi occhi, perché io ho già visto"; per me (non voglio parlare anche per paul11) c'è più gusto nel tematizzare/problematizzare che nel consigliare...
#2348
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! 
Distinguerei fra l'avere un desiderio e scegliere se realizzarlo; l'agognata maturità personale dell'auto-gestione è forse tutta qui... sull'istintività-dei-desideri vs la scelta-dei-desideri: temo non sia possibile decidere autonomamente di desiderare qualcosa (forse autosuggestionandosi involontariamente?). 
Proviamo a fare un esperimento: provo a decidere di desiderare un tè caldo... penso al tè... mi dico che mi farebbe bene e mi darebbe un po' di carica... inizio a prepararlo... poi magari lo bevo anche... eppure il desiderio non è mai nato, ho bevuto il tè perchè ho deciso di berlo, ma senza desiderarlo davvero.
Totalmente diverso è il caso in cui mi ritrovo a pensare "appena torno a casa, mi faccio un bel tè!" (qui c'è il desiderio... poi scelgo se realizzarlo o meno).
[è un esempio banale e generico, ma forse rende l'idea...]

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMFelicità = soddisfazione di desideri; infelicità = insoddisfazione di desideri.
Di passaggio, ricorderei che la felicità non è solo la soddisfazione di desideri (ma forse quell'uguaglianza la poni proprio per identificare meglio il campo parziale della tua analisi). 
Se trovo dieci euro per strada sono felice, anche se non ho mai desiderato di trovarli (e non potevo certo desiderarlo prima di uscire di casa in quell'occasione). Talvolta, la felicità e l'infelicità, ci trova senza che fossimo noi a cercarla/desiderarla.


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMI desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.
Più che i desideri "soddisfabili", direi che la felicità eccede sempre i desideri "soddisfatti"... se sono una persona concreta e poco sognatrice, posso anche avvertire solo desideri plausibilmente soddisfabili, ma, salvo illuminazioni mistiche (scherzo!), appena li avrò soddisfatti ne produrrò inconsciamente degli altri...

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMDunque la felicità non può che essere sempre (se e quando c' é) relativa, parziale-
Più che quantificare la parzialità della felicità ne quantificherei la durata ridotta: se so di aver passato un esame difficile, in quei brevi momenti, la mia felicità è assolutamente totale, festeggio e sorrido; ma dura poco...


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMil sorgere (e ancor più il successivo diffondersi in occidente ) della psicoanalisi, con la sua pretesa che ogni pulsione vada soddisfatta in quanto il reprimerla sarebbe psicopatogeno.
Non sono esperto di psicoanalisi, ma ti chiederei comunque di confermare questa connotazione: una psicoanalisi scellerata che invita a seguire istinti e pulsioni... lo psicoanalista non dovrebbe aiutare il paziente ad "armonizzarsi", interiormente e con la realtà che lo circonda? Davvero il consiglio principale è "soddisfa le tue pulsioni"? Scusa l'infondata diffidenza, ma, per quel poco che so, mi suona piuttosto strano...
#2349
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
26 Giugno 2016, 00:16:56 AM
Cento schegge e frammenti diversi,
un'unica fonte per tutti i riflessi?
Se lo stringi troppo forse ti tagli,
graffialo o giralo, così non t'abbagli!

Ma un po' Medusa e un po' Narciso,
lo sguardo indugia e resta indeciso;
fissi lo specchio delle tue brame
ed ecco che il vero ha il suo reame.

Se t'avvicini, il tuo fiato l'appanna,
ma se lo spolveri, mai ti condanna;
è pieno di vuoto e riflette il tuo volto,
ma è solo una scheggia, non vale molto...

Lo specchio è distrutto
e qual'è la sfortuna?
Lo specchio è il dito
e tu sei la luna...
#2350
Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMnel momento in cui il nuovo viene registrato e cioè diventa "conoscenza" (che è sempre e solo un riconoscere") non è più nuovo. 
Difficile non concordare sul fatto che quando il nuovo diventa altro, non è più nuovo... Platone poi concorda soprattutto con quanto hai scritto in parentesi (io meno...).

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMQuesto non ha consegueze di rilevo nella vita pratica ma è basilare nella ricerca di Dio. 
Quindi nella ricerca di Dio, che come accennavi non è "mai registrabile" ed è "sempre nuova", non c'è memoria, né conoscenza basata sulla memoria... allora com'è possibile, se mi è lecito chiedere, sapere che c'è qualcosa di sacro da cercare, di cui tuttavia non ho memoria né conoscenza (e mai l'avrò, se ho come presupposto che "non ci può essere conoscenza di Dio" - cit.)? 
Se voglio cercare ciò che postulo come introvabile, come oriento la mia ricerca?
Se non ho memoria d'aver visto il lago, non ho conosciuto il lago, ammetto che il lago è "inconoscibile" e le sue uniche notizie appartengono ad antiche "mappe sacre" che tuttavia lo descrivono come irraggiungibile, forse... no, Wittgenstein mi suggerisce di fermarmi qui...

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 19:28:12 PMCome hai detto tu non se ne può parlare e infatti io non ne parlo. Mi limito ad indicare un processo osservabile. (Il lago).
Non mi fraintendere, intendevo che io non ne posso parlare; ma chi ha una dimensione religiosa, o anche soltanto è in fase di ricerca spirituale, ha tutte le buone ragioni per occuparsene... 
Se tuttavia dici con certezza "c'è un lago", senza attenuanti come "secondo me", o "suppongo ci sia" o altro, probabilmente è perché l'hai visto (e te lo ricordi!), a quel punto non ha più senso per te parlare di "dubbi" o "ricerca"; il lago è per te un'esperienza certa (grazie alla memoria...). 
Chi ancora non lo ha visto chiaramente, ma è molto interessato (paul11 se ho ben capito), si interroga, dubita, suppone, riflette, ricerca... e a te non resta che indicargli cordialmente la strada che hai percorso per arrivare a contemplare il lago: "vai dietro la collina e guarda con i tuoi occhi" (cit.). 
Se poi, invece, credi di aver visto un lago, ma-ok Wittgenstein, ho capito, chiudo il becco...


P.s. Non prendermi sul serio, è solo un divertissement da sabato sera...
#2351
@Gibran
Non ridurrei l'apprendimento, e quindi la conoscenza, al mero ricordare/memorizzare... sin dai tempi della scuola, sappiamo bene che c'è differenza fra l'imparare a memoria una pagina di filosofia (o anche di matematica) e comprenderla davvero per poterla poi utilizzare... 
La capacità di astrazione, formalizzazione e quindi ricombinazione di nozioni e vissuti produce "il nuovo"; gli esempi abbondano: il famigerato "problem solving" (nuove soluzioni a nuovi problemi), l'imparare una "lezione di vita" da qualcuno (una nuova lezione che apre ad una nuova prospettiva etica), il sorgere di un nuovo interesse (la nuova passione per il bricolage o la filatelia), la nuova capacità di giocare a tressette... chiaramente, la fase della novità può essere piuttosto breve temporalmente: puoi dirmi che se gioco a tressette è perché ricordo le regole, che la passione per il bricolage è fatta di ricordi delle prime mensole che sono state montate, etc, ma tutto ciò inizia come "nuovo", poi, sedimentando i vissuti in sequenza, inevitabilmente diventa "storia" (intendo: alcune esperienze/conoscenze hanno un inizio totalmente "nuovo" rispetto a ciò che le precede...).
Soprattutto sul piano esistenziale "speriamo, soffriamo o godiamo" (cit.) quasi sempre in modo nuovo (seppur all'interno del rispettivo "spettro emotivo"); concedimi due esempi seppur mesti: la sofferenza per la perdita per la prima volta di un familiare stretto o la prima separazione da un partner, non credo abbiano molto a che fare con la memoria, hanno piuttosto la lacerante vivacità di una traccia nuova (che magari crea un precedente per infauste analogie future...).

Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMtutto ciò di cui possiamo parlare è solo conoscenza precedentemente accumulata [...] Il pensiero per sua natura è sempre vecchio (anche se a noi piace credere di avere "nuove idee" 
Pensa al bambino (come caso estremo ma eloquente): non nasce come una "tabula rasa", ma quanta novità assorbe e produce (in/per sé) nei primi 8-10 anni di vita? Si auto-modifica imparando, non ricordando (anche perché ha ben poco da ricordare...). Nella fasi successive della vita, la memoria cresce e diventa ingombrante, ma nella mente c'è sempre "spazio" per un guizzo innovativo; altrimenti nel corso della storia non si sarebbero potute produrre nuove idee, nuove ideologie, nuovi strumenti, etc...


Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMQuindi come vedi ora puoi capire pienamente il perché dicevo che il linguaggio è inadeguato a comunicare qualcosa di realmente nuovo e che supera le basi del pensiero stesso.
Ho già cercato di argomentare sui neologismi, sull'apertura del linguaggio e sulle cosiddette "cesure epistemologiche" o innovazioni paradigmatiche; non voglio insistere, anche se penso di aver capito comunque la tua prospettiva...


Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 17:19:53 PMuna dimensione come il sacro che è sempre nuova e mai registrabile nella memoria [...] Quindi non ci può essere conoscenza di Dio dato che Dio non è una esperienza "registrabile" [...] ai fini dell'indagine spirituale, la memoria e quindi la conoscenza è una prigione 
Eppure, queste definizioni: "la dimensione del sacro è sempre nuova", "l'inconoscibile Dio non è un'esperienza registrabile", non sono state prelevate (poiché accettate) da una memoria pregressa, più o meno collettiva, di una tradizione? Se tale memoria/tradizione non avesse creato e definito il concetto di "Dio" o di "sacro", potremmo rivisitarlo oggi dicendo che esula dalla memoria e dalla conoscenza? 
Si tratta dunque di fidarci di alcune idee/definizioni di una tradizione che ci chiede di non fidarci di idee/definizioni?

In altri termini, non è proprio ciò che penso che sia una prigione, a spiegarmi/farmi-sognare la libertà?
Ma ora mi taccio, perché, come diceva il saggio Wittgenstein (e paul11 concorderà): "Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (imperativo morale che sento di poter far mio quando si parla di spiritualità personale...).
#2352
Citazione di: Gibran il 25 Giugno 2016, 10:40:41 AMLa domanda quindi è: da dove scaturisce il linguaggio? Le parole?
Non basterebbe una tesi di laurea per rispondere!
Così, "su due piedi" (o meglio, su due natiche, visto che sono seduto!) direi che ci sono alcune risposte complementari per quel "da dove":
- c'è l'ancoraggio neurofisiologico del linguaggio, che è in quelle specifiche aree del cervello che si occupano di elaborarne il funzionamento...
- c'è la sua radice comportamentale, che si basa sull'istinto di comunicare con i simili...
- c'è l'ambiente socio-antropologico circostante, che educa e sprona sin dall'infanzia all'uso del linguaggio, o meglio, della lingua di quella società (forse è infatti il caso di chiarire se parliamo di "linguaggio" in generale o di "lingua", e suppongo che la tua domanda, alla luce della discussione precedente, si riferisse alla "lingua"...).

In breve, direi che la "trinità" cervello/istinto/habitat fornisce le coordinate principali per individuare da dove scaturisca il linguaggio (ma forse si possono aggiungere altre fonti...).
Le parole, credo, non sono altro che i "mattoni" dell'architettura linguistica, e sul loro funzionamento sono già stato abbastanza noioso postando triangoli e teorie semiologiche...
#2353
Citazione di: Gibran il 24 Giugno 2016, 16:08:57 PMVedo le cose da una prospettiva che è molto lontana da quella di tutti voi 
Proprio per questo puoi dare un contributo importante...

Citazione di: Gibran il 24 Giugno 2016, 16:08:57 PMil mezzo e il fine coincidono. Credo che tu sia abbastanza intelligente da arrivarci da solo.
Il senso m'è diventato più chiaro soprattutto grazie all'indizio sulla "terza via" (si, ho fatto in tempo a leggerlo prima che sparisse... fortunatamente, direi!).

P.s. Complimenti a paul11 per l'excursus...
#2354
Citazione di: Gibran il 24 Giugno 2016, 09:02:58 AMUso il linguaggio per quello che mi serve ma non mi faccio condizionare da esso. 
Eppure...
Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMPer farti capire questo dovrei parlare per ore sul come la comunicazione verbale o qualsiasi altro linguaggio condizioni la mente.
Secondo me, un po' di condizionamento è inevitabile... ;)

Citazione di: Gibran il 24 Giugno 2016, 09:02:58 AMHo già detto che la parola non è la cosa. Non voglio ripetermi e su questo argomento non ho altro da dire oltre questa ovvia verità.
L'argomento a cui mi riferivo non era il rapporto parola/realtà (su cui concordiamo), ma il tuo ritenere il linguaggio "un ostacolo" (non era chiaro nel mio intervento?). 
D'altronde, parlavamo di questo ultimamente, no?


P.s.
Citazione di: Gibran il 24 Giugno 2016, 09:02:58 AMPhil, tu sei un buon esempio di come il mezzo (il linguaggio) è lo scopo. 
Qui non ho ben afferrato il senso... non mi avrai mica dato un'altra etichetta?   ;D
#2355
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
24 Giugno 2016, 15:15:52 PM
Visto che parliamo di specchi, dopo Rumi e Masters, aggiungerei una terza riflessione:

"Il corpo è come l'albero della Bodhi [illuminazione]
e la mente è simile a un limpido specchio;
con cura lo ripuliamo di ora in ora
per timore che sopra vi cada la polvere.
[...]
Essenzialmente la Bodhi non ha albero
e nemmeno esiste alcuno specchio;
poichè dunque è tutto vuoto fin dall'origine,
su cosa può cadere la polvere?"

[racconto integrale: http://www.lameditazionecomevia.it/succhui.htm]