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Messaggi - Phil

#2356
Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMHa parlato delle sue teorie a vari uditori accademici, sempre ascoltato con rispetto data la sua statura intellettuale, tuttavia non mi risulta che il suo modo di descrivere le cose sia entrato per ora nel vocabolario della fisica moderna 
Farei attenzione a non confondere il successo storico di una prospettiva con la sua strutturazione terminologica: se Bohm è comunemente studiato nelle università ed è riconosciuto come un esponente di rilievo, il suo "vocabolario" si è già affermato come tale; suppongo che nelle aule lo spieghino usando il suo linguaggio e le sue definizioni. Ad esempio, sulla solita wikipedia, scopro che Bohm ha creato il termine "olomovimento" (mi fido...?). Ecco cosa intendevo con neologismi o con lingua "aperta": Bohm ha concettualizzato una sua teoria, l'ha "battezzata" ed ora "olomovimento" è entrato di fatto nei dizionari e nelle enciclopedie (più o meno virtuali, come quella dove l'ho trovato). Se l'"olomovimento", parlo per ipotesi, non gode di buona fama o tende ad essere scartato come prospettiva, non è certo colpa del linguaggio... quando parlo di "vocabolario" non intendo "vocabolario dominante", ma semplicemente di "vocabolario disponibile", includendo la totalità dei termini, anche quelli più desueti o bistrattati

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMIl problema nasce dal fatto che questi nuovi orizzonti cozzano con quelli giù conosciuti 
Credo che l'esempio di Einstein sia eloquente sul "cozzare", sull'apportare visioni nuove e rivoluzionare un ambito di studi... aggiornare il vocabolario, aggiungere nuovi termini, aggiungere nuove voci ad un'enciclopedia, non solo è possibile, ma di fatto è ciò che succede costantemente (magari non per tutto, se io e te fondiamo una nostra scuola filosofica, non credo che domani ci dedicheranno una pagina sull'enciclopedia...).


Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMAnche lo stesso argomentare razionale che stiamo facendo noi, o che altri più bravi di noi possono fare, ha i suoi grossi limiti ad esplorare realtà che sfuggono alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Una di queste realtà è la dimensione sacra per esempio, ed in questo io mi trovo d''accordo con quanto ha affermato Paul 
Indubbiamente, non tutto può essere segnificato facilmente... ma se vogliamo portarlo fuori dalla nostra esperienza personale e comunicarlo, temo sia inevitabile usare un linguaggio (magari non una lingua...).


Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMAnni fa ho letto i risultati di una ricerca fatta da non so chi sul successo dei libri dove l'autore proponeva nuove teorie. Vi si affermava che i libri che contengono più del dieci per cento di cose nuove (rispetto alle nozioni comunemente accettate) sono rifiutati e non si vendono 
Non ho fatto ricerche, ma non scommetterei che un trattato di biologia molecolare possa essere un best-seller...
Come ha calcolato, quella ricerca, il "dieci per cento di cose nuove (rispetto alle nozioni comunemente accettate)"? Ha stabilito un "comunemente accettate" (basandosi su?) in modo quantitativo e poi ha contato ciò che "risultava nuovo" (il numero di concetti/informazioni?)...? 
Così, al volo e con descrizione di "seconda mano", temo si tratti di un metodo "viziato" e di falsa matematica, ma non posso valutare perché non ho letto la ricerca... tuttavia, se la conclusione è che il vendere/successo-editoriale non va di pari passo con il divulgare risultati settoriali innovativi, sono d'accordo a priori.

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 22:40:02 PMQuindi è come se il nostro cervello non riuscisse a digerire una mole troppo alta di novità ed ha bisogno di appoggiarsi sempre al noto. Se una teoria è troppo radicale e per giunta enunciata con un linguaggio non convenzionale non viene minimamente capita e accettata
Che si parta dal noto è inevitabile, eppure, anche nel nostro piccolo, quando ci capita (o ci è capitato) di studiare un autore che non conosciamo, non credo abbiamo avuto problemi ad apprendere il suo linguaggio (per noi non-convenzionale) e capire la sua posizione, anche la più radicale... magari ci vuole tempo, ma lo studio, l'apprendimento del "nuovo" (pensa allo studio delle lingue da te citato) procede proprio così...
La difficoltà nel capire, che può manifestarsi, non toglie che il linguaggio contribuisce di diritto alla consolidazione (definizioni), comunicazione (discorsi con/su quelle definizioni) e sviluppo (ricerche, aggiornamento delle definizioni, neologismi, etc.) del sapere
Non dell'esperire intimo e personale, che non è linguistico, ma quello è infatti un altro tema...
#2357
Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PMIl vocabolario si rinnova costantemente ma molto lentamente e occorrono parecchi anni, se non generazioni prima che certi concetti entrino nella coscenza collettiva e quindi registrati dai linguisti. Forse fra 50 anni o più anche i concetti, le idee espresse da Feldenkrais entreranno nel linguaggio non dico comune ma almeno in quello medico, naturalmente se il suo metodo soppravviverà e otterrà un minimo di riconoscimento ufficiale. 
Non sono pratico di ricerca specialistica, ma non credo sia necessario aspettare molti anni: se sei un ricercatore o un professore (uso il "tu" solo per esemplificare) al termine della tue ricerche puoi pubblicare il tuo studio, proponendo le tue definizioni per le tue scoperte o per "battezzare" le tue metodologie/teorie... se la comunità scientifica ritiene il tuo studio valido e fondato, dovrebbe essere ben lieta di usare da subito il tuo "vocabolario" (anche per non fare confusione con altre ricerche dello stesso settore). 
Se uno studioso si sente "obbligato a calarsi nel e usare il linguaggio medico universalmente accettato" (cit.) non è un limite del linguaggio accademico che funge da "ostacolo", ma un limite (o meglio, una scelta legittima) della volontà dello studioso di non adoperarsi per proporre nuove definizioni e nuovi orizzonti. Pensa, parodiando, se Einstein si fosse detto: "ho scoperto un paradigma interessante, ma non voglio scontrarmi con la forma mentis della fisica classica o aspettare che si diffondano le mie definizioni, lasciamo perdere..." [ovviamente, questo è un commento in generale, non sul caso specifico che hai citato]

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PM In ogni caso quello che tu dici non inficia la mia affermazione: "Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti ". Io (o Feldenkrais) non voglio aspettare 50 anni affinchè la lingua si decida ad includere anche ciò che ho scoperto. Perchè aspettare tanto per ampliare i nostri orizzonti? 
La lingua, più che un ostacolo all'ampliamento di orizzonti, è lo strumento propositivo che consente la condivisione di tale ampliamento con tutta la comunità (chiaramente, prima con quella settoriale, poi, gradualmente anche con quella dei semplici curiosi...). Non credo che i neologismi siano mai stati un problema in nessuna disciplina...

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 19:46:08 PM  Ah vedo che tu non ami essere definito, mentre ami le definizioni
Esatto, le definizioni che ritengo utili, almeno come innesco iniziale di una discussione, sono quelle del vocabolario (o dell'enciclopedia); e lì non troverai la definizione di "Phil" o di "Gibran"(l'utente, non Kahlil) o di qualunque altra persona. E non è un caso: il fattore dell'individualità umana, sfaccettata e mutevole, complica esponenzialmente qualunque definizione. Posso trovare la definizione generale di "religione", ma non troverò mai la definizione particolare di "religione-secondo-Gibran", e l'unico modo che avrò per comprenderla sarà trattare l'argomento con lui; fermo restando che potrà aggiornarla e modificarla durante il corso della conversazione...
#2358
Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2016, 00:05:59 AMCome posso spiegare ad un ateo l'anima e lo spirito che ne sono fulcro, se una persona non ci crede. La persona esterna può aiutare, ma dipende dalla situazione e circostanze
Concordo in pieno, avevo infatti preso spunto dal tuo post per un'osservazione molto più generale (per questo temevo l'off topic!).

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 09:35:30 AMIl linguaggio riflette semplicemente l'universo cognitivo di una certa collettività e quindi confermerà sempre ciò che già questa collettività sa. Se si vuole scoprire o esplorare qualcosa di nuovo il linguaggio universalmente riconosciuto risulterà inadeguato. La lingua cioè diventa il principale ostacolo ad un ampliamento di orizzonti 
Quando ho parlato del dizionario come "archivio aperto" mi riferivo proprio a questo: fa parte della lingua poter accogliere termini nuovi e aggiungere nuove definizioni a termini vecchi. Il linguaggio non è un insime finito di parole, al contrario... pensa a come siano nati "tardi" molti dei termini e concetti che oggi usiamo: dalla fisica alla filosofia, dalla tecnologia alla sociologia, i vocabolari sono in continuo aggiornamento e accrescimento (è la lingua che viene prodotta per "inseguire" la realtà, non viceversa...).
La scelta "rinunciataria" (senza offesa!) di Feldenkrais non è l'unica possibile in quella situazione: in molti, di fronte a nuove prospettive, si sono adoperati per riscrivere un "vocabolario" (in senso lato) coerente con le loro scoperte o invenzioni (non credo sia necessario fare nomi...). 

Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 09:35:30 AMProporre una definizione personale può sembrare o arbitrario o arrogante [...] Ma se mi attengo ad una definizione "manualistica" non potrò introdurre la mia visione innovativa. Il dialogo si fermerebbe qui
Credo invece che proprio fra questi due fuochi (il nominalismo e l'opinionismo) si trovi il campo fertile della discussione (e non solo nel nostro caso): si prende un termine che molti conoscono nella sua definizione standard, gli si dà una tonalità personale, argomentandola, e il discorso può aprirsi poi spontaneamente a riflessioni e considerazioni sui temi che quel termine evoca e chiama in causa... il dialogo va invece in stallo se non c'è argomentazione, ma solo proposizione (ma non mi sembra il caso di questa discussione, come dimostrano tutti gli approcci che hai classificato, anche se il tuo mi pare rimanga il più criptico: una religione è tale se riesce a " soddisfare l'esigenza umana di scoprire se esiste una dimensione sacra, eterna (o fuori dal tempo) e  [...] una fine all'eterno dolore"(cit.)? Se non erro, ogni religione non risponde a quel "se", ma lo pone come presupposto... giusto?).

P.s.
Citazione di: Gibran il 23 Giugno 2016, 15:55:24 PMPhil, ma potrei sbagliarmi, me lo figuro come un cinico razionalista (col quale beninteso posso simpatizzare perché una parte di me risuona con il suo modo di vedere e di pensare)
"Cinico" nel senso di nostalgico della scuola cinica di Diogene, quello che viveva nella botte? Mi piacciono le abitazioni piccole, ma non fino a quel punto..."Razionalista"? Forse "anche", ma certamente non solo (altrimenti farei decisamente più fatica ad amoreggiare con l'estetica orientaleggiante, dagli haiku ai koan...). Ricordo che la prima identità che mi avevi dato era qualcosa di simile a "marxista sprezzante della spiritualità individuale"... non cercherei di inquadrare troppo quello che è rotondo; "Phil" è un'etichetta sufficiente...
#2359
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
22 Giugno 2016, 17:17:17 PM
Una volta raccolto il frammento, viene istintivo guardarlo, e cosa, o meglio chi vediamo nello specchio? 
"L'uomo è misura di tutte le cose" diceva un tale (e anche la verità è una questione di "misura"...).
Se poi ci viene il desiderio di mostrarlo a qualcun'altro, magari dicendo "guarda, qui c'è la mia immagine!", allora l'altro, guardandolo obietterà "no, direi che c'è la mia...". A quel punto, o lo si guarda assieme (e ci si fa una risata), o lo si spezza in due (così che ognuno abbia la sua narcisistica metà) oppure va a finire che, nel climax del dibattito, qualcuno ci si taglia (e lo specchio si sporca di sangue, magari perdendo la capacità di riflettere...).
E se girassimo il frammento di specchio? Forse l'altro lato, quello che non riflette, è quello più limpidamente "vero"...
#2360
Trovo in questa allegoria uno spunto interessante di riflessione (che forse esula, a prima vista, dal tema del topic... eppure credo abbia una sua sottile pertinenza):
Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AMNon mi faccio dire da un marziano la definizione del pianeta terra
Partendo dal presupposto che "va bene se la cosa è onesta intellettualmente e umanamente"(cit. da paul11), chiedo: quanto può essere d'aiuto a un discorso su un tema, in generale, un punto di vista esterno?
Prima di escluderlo frettolosamente come "non-pertinente", può essere utile considerare come dall'esterno si "vedano" (nel senso più ampio del termine) aspetti che dall'interno sfuggono o non possono proprio essere visti. Propongo alcuni esempi, semplicistici e magari anche estremizzati, ma spero mi aiutino a spiegare a cosa alludo: 
- può capitare che richiedere il parere di qualcuno che non è coinvolto emotivamente in una vicenda che mi ha turbato, possa aprirmi uno scenario che non potevo "vedere", proprio perchè l'esperienza diretta (e le sue conseguenze) me lo nascondeva, mentre per chi l'osserva dall'esterno appare subito.
Qualche volta noi stessi, con un'adeguata "distanza storica" (stando ormai "fuori" da quella situazione) valutiamo un nostro gesto o un comportamento molto diversamente da quanto abbiamo fatto sul momento.
- oppure, tornando all'allegoria di partenza, un marziano, avendo guardato la terra anche da "fuori", potrebbe facilmente notare che sia tendenzialmente sferica, che giri su se stessa e intorno al sole, etc. noi, "dall'interno", ci abbiamo voluto millenni per capirlo e, se ce l'avessero detto duemila anni fa, avremmo potuto rispondere "non sarete certo voi di Marte a spiegarci come funziona il nostro pianeta!" 
- un altro esempio lampante è quello dello psichiatra o del dottore, chiaramente non ha senso obiettare alla loro "premura" dall'esterno che non sta a loro dirmi come funziona il mio corpo o la mia psiche...

Non intendo con ciò dare una precedenza logica a chi è estraneo ad un evento o ad una posizione concettuale, ma, secondo me, l'apporto di una prospettiva estranea/esterna può talvolta giovare molto al discorso e/o all'autocomprensione di chi è direttamente interessato (sempre se viene apportata con la suddetta onestà intellettuale e umana).

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2016, 08:18:06 AMDa credente non è un ateo che può darmi la definizione di spiritualità
Certamente non può; quando si parla di esperienze/vissuti, il diretto interessato è l'unico che può sbilanciarsi in una definizione; anche perchè più l'esperienza è individuale, più la definizione è individuale; in tal caso, il vocabolario suggerisce solo termini generici che vanno "riempiti" e "plasmati" con il senso dell'esperienza in questione. Gli altri, al massimo, possono fare un commento dall'esterno, proporre chiavi di lettura differenti e ipotetiche, ma non è detto che ciò possa intaccare la tua definizione della tua esperienza.

P.s. Direi che ogni definizione standard è come il modello di un'auto: ogni Fiat Panda grigia (senza citare tutti gli altri dettagli) esce dalla fabbrica uguale alle altre, ma poi ognuno la personalizza, la vive a modo suo, la riempie di vissuti... per cui, poco dopo, la tua Panda diventa un esemplare a suo modo unico: con quelle gomme, quel graffio, quel difettuccio quando piove, quell'odore, etc... più simile ad alcune Panda, e più differente da altre... pur restando, sulla carta, solo "una Panda grigia". 
Credo che le definizioni di alcuni termini, come quelli inerenti la spiritualità, affrontino inevitabilmente le stesse vicissitudini, appena qualcuno le include nel "suo" vocabolario...
#2361
Citazione di: paul11 il 21 Giugno 2016, 22:08:51 PMPhil, se vuoi ti dò un'altra decina di definizioni. Adesso dimmi se quello scritto dianzi può essere paragonato metaforicamente al circolo della scopa d'assi o, all'antropologia oppure al football.
Probabilmente non ho capito il vero senso della tua richiesta... perciò provo a riepilogare per chiarirmi le idee:
- Gibran dice che la definizione di religione" può includere "fenomeni come il calcio che convenzionalmente non sono ritenuti tali" (cit.)
- rispondo che ciò può avvenire solo in senso metaforico, con licenza poetica, e infatti ne approfitto per ricordare l'importanza di partire de definizioni ufficiali condivise (e affermo che nel caso della religione la definizione "di base" è piuttosto chiara)
- dichiari che "La definizione della Treccani o di qualsivoglia editore, è quindi inadeguata. è accomunare esoterismo, spiritualità ermetismo, religioni, mistiche al circolo della scopa d'assi" (cit.)
- a ciò rispondo che le definizioni standard non confondono affatto quei termini che citi in elenco...
- mi proponi alcune definizioni di "religione" e mi chiedi se ciò che è scritto in tali definizioni "può essere paragonato metaforicamente al circolo della scopa d'assi o, all'antropologia oppure al football" (cit.)
[Ho saltato qualche passaggio?]

La risposta è che la religione, proprio in virtù della sua definizione generale, può venire usata come metafora per ciò che assorbe il nostro tempo e attenzioni o per ciò che riteniamo fondamentale; avrai sentito o letto anche tu espressioni, da me già citate, come "il dio denaro" o "la squadra xyz è la mia religione", etc. 
Non resta che prendere atto del fatto che si tratta di una metafora diffusa e, linguisticamente, decisamente legittima: nelle metafore è consuetudine usare un significato molto generale e generico di ciò che funge da cosiddetto "veicolo", in questo caso, la religione. 
Poi, ovviamente, io e te possiamo non usarla, o ritenerla di cattivo gusto, o considerarla un uso riduttivo di tutti i possibili significati di "religione", etc. ma come metafora ha piena dignità linguistica.

Spero di aver risposto alla tua domanda.
#2362
Prendo spunto dal tuo post per una postilla chiarificatrice:
Citazione di: paul11 il 21 Giugno 2016, 19:08:54 PMLa definizione della Treccani o di qualsivoglia editore, è quindi inadeguata. è accomunare esoterismo, spiritualità ermetismo, religioni, mistiche al circolo della scopa d'assi
La definizione dei termini coinvolti è, per me, punto di partenza: "tutto parte imprescindibilmente dal linguaggio" (autocit.), ma non necessariamente punto di arrivo di un dibattito...
Citando "parusia" ed "escatologia", non per nulla, tu stesso hai giustamente fornito subito le loro definizioni (e se sbirci in un'enciclopedia ti accorgerai delle somiglianze... così come se cerchi quell'elenco di termini, ma questo già lo sai, avrai la conferma che non c'è affatto confusione fra "ermetismo", "religione" e "circolo della scopa"  ;) ).
Quello linguistico (ma, attenzione, non "panlinguistico"!), come sottolineavo, è un approccio differente dagli altri, è piuttosto un prerequisito di partenza, da cui si può fare anche ben poca strada (concludendo subito "l'Islam è una religione perché corrisponde alla definizione sul vocabolario"), oppure, volendo, si può partire da un'interpretazione dei termini in gioco per "potenziare" il discorso, ampliarlo, diramarlo e intrecciarlo con altre prospettive, più o meno originali...
#2363
Citazione di: Gibran il 21 Giugno 2016, 07:33:26 AMesiste un criterio oggettivo, potremo dire scientifico, in base al quale giudicare una religione e quindi decidere se l'Islam possa essere considerata tale a pieno titolo? [...] 1) Approccio (che forse potremmo chiamare) linguistico: si prende una definizione di religione e si vede se l'Islam rientri o non in questa definizione. Questo approccio, [...] sembrerebbe il più oggettivo e quindi scientifico. Io ho respinto questo approccio sulla base che tiene conto solo di valori di facciata. [...] Il problema, credo stia nell'origine di questa definizione. Chi l'ha formulata? [...] Se per esempio prendiamo la definizione della Treccani data da Sariputra abbiamo visto che possiamo includere nella religione fenomeni come il calcio che convenzionalmente non sono ritenuti tali.
Senza un vocabolario di partenza condiviso non può esserci comunicazione scritta; per nostra fortuna, i vocabolari di cui disponiamo sono stati forgiati da decenni di studi e ricerche, anche se restano un forma di "archivio aperto".
Se prendiamo sul serio la definizione integrale di "religione", credo lasci pochi dubbi: "Complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro, in particolare con la divinità [...] Il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso" (grassetto mio).
Il calcio può quindi essere inteso come "religione" solo metaforicamente, così come metaforicamente si parla del "dio pallone" o del "dio denaro"... ma restando fuori da licenze poetiche, ed appellandosi alla definizione, individuare una religione è un compito perlopiù compilativo (vedi grassetto in definizione): 
c'è una divinità (un essere "speciale" e venerato)? Si. 
c'è un culto basato su di essa (dogmi, principi etico-comportamentali, rituali, etc.)? Si. 
c'è qualcuno che è "fedele" a tale culto della divinità? Si. 
Ecco che queste tre affermazioni, stando alla definizione, identificano chiaramente (oggettivamente?) una religione.

Poi, ovviamente, le definizioni possono essere reinterpretate in chiave personale (che è una della "mosse" che consente il filosofare stesso, come ricordava proprio Gibran, se non erro), il che comporta una presentazione, più o meno ufficiale, della propria prospettiva; ma a quel punto, per discuterne, bisogna entrare almeno un po' in quel vocabolario, in quell'"orizzonte" (Gadamer docet), per cui il "topic" del discorso si muta in "il concetto di religione secondo mister x"... 
Tuttavia, se si parla fra pari, ovvero nessuno espone il proprio vocabolario "personalizzato" come quello principale, la definizione manualistica dovrebbe consentire un dialogo su un terreno semantico comune, scevro da fraintendimenti linguistici.

E qui arriviamo all'"opinionismo selvaggio":
Citazione di: Gibran il 21 Giugno 2016, 14:08:33 PM
(Secondo Phil) se ti limiti a esprimere una tua opinione che non ha un riscontro in nessun testo accademico riconosciuto - come avevo fatto io - e non giustifichi in modo esauriente le ragioni di questa tua opinione, allora questo è opinionismo selvaggio
Per evitare ambiguità: come testo di riferimento intendevo il semplice vocabolario, o al massimo una normale enciclopedia, per avere un punto di partenza condiviso (e "consultabile") con l'interlocutore. Non mi riferivo a nulla di accademico o specialistico (avevo definito l'"opinionismo selvaggio" semplicemente come lo scenario in cui tutto si riduce al "secondo me è così..." e basta un dizionario per tenere a bada il "secondo me" riferito a definizioni linguistiche...).
Ciò che conta davvero è la seconda parte della tua spiegazione, ovvero, (di)mostrare le proprie ragioni: la mia opinione smette di essere "selvaggia", se la "ammaestro" con la logica, l'argomentazione, o un minimo di struttura concettuale coerente (e può essere "tutta farina del mio sacco", senza "accademismi"); a quel punto posso anche condividerla e "ragionarla" con altri, usando un linguaggio comune (che può essere usato anche per tradurre il mio linguaggio "personalizzato" all'interlocutore).

Visto che siamo in tema di opinioni (e Gibran ha chiesto la mia, parlando degli "approcci"), vorrei far notare come, nell'elenco degli approcci individuati (Gibran, ti sei dimenticato di citare il tuo!), quasi tutti sono volti alla descrizione o alle modalità di giudizio della/sulla eventuale religione; solo un approccio agisce "a monte", fornendo il criterio per individuarla come tale (è religione? non lo è?), prima di addentrarsi in successive valutazioni... se si tratta, come suggerisce il titolo del topic, di denominare ("religione", "non religione") direi proprio che tutto parte imprescindibilmente dal linguaggio (e quindi si torna all'inizio di questo post...).
#2364
Citazione di: Gibran il 20 Giugno 2016, 18:34:46 PMP.S. Hai visto che ho imparato a fare le citazioni? :D
:)
#2365
Qualche osservazione "bonariamente critica":

Citazione di: Gibran il 20 Giugno 2016, 13:59:45 PMLe immagini come le parole, evocano le cose reali ma NON sono le cose reali.
Per dovere di cronaca: le parole evocano anche elementi irreali (come la Befana: esiste come parola, esiste come elemento nella storia culturale di alcuni paesi, esiste come immagine stereotipata con dei tratti precisi, ma, fino a prova contraria, non esiste come realtà autonoma in sé...). 

Citazione di: Gibran il 20 Giugno 2016, 13:59:45 PMIl menù non è il pranzo che puoi mangiare [...] Puoi dire di avere il menù, la descrizione, ma non il pranzo. 
A volte, presi dalla fame, ci sediamo, sfogliamo il menù che troviamo sul tavolo e aspettiamo fiduciosi che il cameriere (vestito di bianco e dispensatore di consigli culinari) ci porga il cibo...  ma dopo un po' ci accorgiamo che si tratta invece di un pasto a buffet... 
per cui niente servizio ai tavoli e niente ordinazioni, ci si deve accontentare da soli con quel che c'è a vista...

[Protagonisti:
il bisogno/curiosità - la fame
il filosofo - il cliente
il contesto culturale - il tavolo
la "visione del mondo" (linguaggio, speculazione, etc,) - il menù
la verità/felicità - il cibo
la divinità - il cameriere (senza voler essere blasfemo!)
la realtà - il buffet]


Citazione di: Gibran il 20 Giugno 2016, 13:59:45 PMQuesta idea, caro maral, non appartiene agli arabi o ad una cultura particolare ma è una idea universale di tutta l'umanità a prescindere dalla parola con cui viene espressa. Ha un senso per te tutto questo? Riesci a vederlo?
Probabilmente si tratta di un archetipo (per dirla con Jung): un simbolo/idea comune all'immaginario collettivo umano, e, in quanto simbolo astratto, non ha necessariamente un corrispondente reale (pur avendo funzione sociale "reale"). 
A scanso di equivoci: questa osservazione serve solo a tenere aperta la possibilità della fallibilità della ricerca, ma non mira certo a delegittimarla...

Citazione di: Sariputra il 20 Giugno 2016, 15:50:12 PMAnche il desiderio di liberarsi da ogni desiderio è sempre una forma di desiderio...
Tuttavia è l'ultimo desiderio (o un "metadesiderio" o il desiderio-meta) prima dell'estinzione: realizzato davvero quello, non ne seguiranno altri...
#2366
Come disse Churchill "la democrazia è una pessima forma di governo, ma è la migliore fra quelle che abbiamo avuto sinora".

Infatti, volgendo uno sguardo disincantato alla "sacralità" di cui si investe la sovranità popolare, si può ben affermare che il "re è nudo" (reinterpretando la nota favola). 
Le masse appoggiano la democrazia (autoreferenza!) perché si sentono valorizzate, perché sperano di essere ascoltate (e in democrazia hanno questa illusione), ma non si pongono il quesito se siano davvero adeguate e mature per decidere per loro stesse. Tuttavia, con la forza bruta della quantità, il popolo può tagliare le teste ai governanti e fare rivoluzioni (la storia docet) per cui ogni governo sa bene che i ghiotti "valori democratici" sono il primo pane con cui sfamare il popolo per tenerlo a bada.
Ma "il popolo sovrano resta nudo" e ristagna nel paradosso secondo cui è chiamato a decidere senza la certezza che sia pronto a farlo, soprattutto nel caso dei referendum su questioni non etico-sociali, come citava giustamente Live: se si chiede un parere al popolo su una questione "tecnica", solo una minoranza sarà competente e avrà le basi per scegliere con cognizione di causa, ma sarà invece l'opinione della maggioranza a determinare il risultato decisivo (ecco il paradosso che inficia alla base la funzionalità di ogni democrazia).

Quando invece il popolo delega la capacità decisionale ai suoi rappresentati-governanti, il problema non si risolve affatto, ma viene solo spostato ad un livello intermedio (fra "popolo" e "decisione finale"): siamo sicuri che la scelta-votazione dei "nocchieri dello stato" sia fondata su competenze politiche solide, su una preparazione sulle tematiche e problematiche in corso, o invece in molti votano secondo criteri non particolarmente "responsabili"? Anche qui concordo con Live...

Eppure, e così si torna all'amara constatazione di Churchill, stando al percorso storico dell'occidente (in Africa e altrove la questione credo sia diversa), le altre alternative politiche sono state già sonoramente "bocciate" dalle masse perché andavano contro diritti ritenuti universali (vedere ad esempio la nascita del compromesso "monarchia parlamentare"). 
Per cui "la coperta resta sempre corta": o si dà la precedenza ai diritti democratici del popolo per avere stabilità sociale, oppure si dà la precedenza alla funzionalità "operativa" della gestione politica, e a quel punto il parere della maggioranza diventa quasi un freno. 

Nella prospettiva proposta da Live, come sottolineato da Sariputra e Gasacchino, c'è tuttavia l'ostico problema della scelta dei criteri in base ai quali formare qulle'elite competente e, aggiungerei, bisognerebbe anche individuare una struttura decisionale per i casi in cui la questione non è risolvibile in modo strettamente "tecnico". Ad esempio, per l'emergenza dei migranti: come "fare i conti" incrociando i finanziamenti europei con l'aspetto etico, i posti di lavoro con le problematiche sociali, etc.? Non c'è un'unica disciplina pertinente da cui attingere uno specialista... facciamo un referendum? No, perché chiediamo al popolo di fare riflessioni anche economiche a cui non è pronto... riduciamo tutto al bilancio spese/ricavi? No, perché la reazione della popolazione non è da sottovalutare... cerchiamo di fare una stima interdisciplinare vantaggi/rischi a 360 gradi? In fondo è quello che dovrebbe fare già il governo attuale; e qui entrano in gioco le considerazioni critiche di Paul11...
#2367
Citazione di: paul11 il 18 Giugno 2016, 18:38:06 PMNon era certo per spaventare nessuno Phil 
Certo, nessuno spavento (perché mai?), volevo solo suggerire che la discussione è stata posta "al di qua" della legge, proprio perchè se si sconfina nel diritto, c'è poco (comunque, non "nulla") da discutere...

Questa tua domanda cruciale
Citazione di: paul11 il 18 Giugno 2016, 18:38:06 PMMa dove inizia ad esserci maturità e discernimento, oppure plagio e manipolazione?
credo vada necessariamente abbinata con un'altra che avevi posto poco prima:
Citazione di: paul11 il 18 Giugno 2016, 02:11:34 AMI mass media ci dicono sempre i fatti veri?
perché, se è vero che il discernimento e la valutazione critica sono abilità mentali, è anche vero che vengono applicate a dati e informazioni che sono inevitabilmente (salvo poche eccezioni) di "seconda mano"... le fonti possono avere impostazioni e angolazioni differenti, ma come individuare quella più imparziale e completa, in una parola "affidabile"? 
Nel vespaio di informazione, contro-informazione, pseudo-informazione, satira, vassallaggio etc, avere capacità critica non basta, se non può essere usata su pacchetti di informazioni attendibili e (aspetto importante per chi è più plagiabile) presentate in modo non "pilotato" (direi che questo problema della scrematura dell'informazione ha soppiantato l'atavico problema dell'acquisizione dell'informazione, tipico dell'era pre-informatizzata...).
Per cui, forse, l'attività di discernimento più importante inizia "a monte" (come forse suggerivi implicitamente), sin dalle modalità di reperimento delle notizie (scartando alcune fonti e prediligendone altre) e poi passa all'analisi dei contenuti già "filtrati"...
#2368
Citazione di: paul11 il 18 Giugno 2016, 02:11:34 AMIl codice penale italiano ha istituito l'articolo 414 denominato istigazione a delinquere. Secondo il vostro parere perchè sarebbe stato istituito visto che siete tutti d'accordo? E' come dire che ad esempio posso su un sito in internet agitare gli animi altrui ala sommossa e al terrorismo e se compiono il reato io non sarei colpevole?
Non so se mi hai incluso nel "tutti", ma, nel dubbio, mi autocito:
Citazione di: Phil il 04 Giugno 2016, 15:48:41 PMsi parla liberamente, ma comunque entro certi paletti (di forma ma anche di contenuto, direi) posti dal regolamento; se tale libertà "sconfina" nel non-regolamentare (detto "illegale" in altri ambiti), viene punita da chi ne ha il dovere. Ed ecco che ogni libertà, se comporta la necessità etico-funzionale della supervisione di un dovere(-controllo), è a sua volta abitata dal divieto di fare ciò che non si deve
Mi sbilancerei nel supporre che anche Live e Davintro (che mi correggeranno se sbaglio), parlavano di casi "al di qua" della legalità, non "al di là"...
#2369
Citazione di: davintro il 17 Giugno 2016, 22:26:46 PMNon direi che questo sia in conflitto con la necessità dell'istruzione giustamente sostenuta da Live
Scusa per l'ermetismo: intendevo che quell'ottimismo nelle doti del popolo era in conflitto con le osservazioni di Live riguardo "'ignoranza dilagante che spinge una massa di persone a seguire un'opinione soggettiva che non è neanche la propria" (cit.).
Credo che sull'importanza dell'istruzione siamo tutti d'accordo; anche se il suo scopo primario non credo sia educare coscienze critiche e difficili da ingannare politicamente, quanto piuttosto formare lavoratori (nel senso più ampio del termine) in grado di supportare lo stato e che, magari, siano anche persone civili...

Citazione di: Live il 17 Giugno 2016, 23:26:26 PMIn realtà si, credo che si possa costituire una politica fortemente incentrata sull'utilitarismo piuttosto che su concetti metafisici come il giusto ed il sbagliato. [...] A ciascuna di queste domande si può rispondere facendo un bilancio oggettivo di costi-benefici, proprio come si fa in economia aziendale. [...] Non vedo né giusto né sbagliato in tutto questo, ma solo più conveniente e meno conveniente
Converrai che alcuni benefici non sono quantificabili economicamente e il "conveniente" non è solo una categoria del paradigma finanziario. 
Facendo un esempio banale (scusa, ma l'ora è tarda e la fantasia è poca): se le spese di mantenimento dei vigili del fuoco fossero di gran lunga superiori al valore economico dei beni che i loro interventi hanno preservato, converrebbe abolirli come istituzione? Economicamente la risposta è "certo"; politicamente e socialmente, non ci giurerei...
#2370
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
17 Giugno 2016, 23:29:00 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PMCartesio dovrebbe innanzitutto dimostrare a se stesso che le percezioni che ha di me e delle mie parole non esauriscano la realtà, che oltre a tali percezioni (materiali e mentali) esiste lui come soggetto di esse ed esisto io come uno degli oggetti di esse oltre che come soggetto di altre percezioni (le "mie").
Cartesio (prometto che da domani lo faccio riposare in pace!) parla non a caso di "cogito ergo sum", per cui il ragionamento che ti proponevo va applicato a te che pensi in prima persona, e non a Cartesio che guarda te o ad un osservatore esterno che guarda il tuo cervello (forse ti ho confuso con la storia dell'"es", ma voleva essere un invito a pensarlo alla tua prima persona, per quello ho usato il tu...).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PMLe percezioni circa la "mia attività" (esattamente come qualsiasi altra percezione accadesse) potrebbero benissimo essere tutto ciò che realmente accade (non è per nulla contraddittorio pensarlo, ergo è possibile che così sia).  Non dimostrano assolutamente nulla circa l' esistenza, oltre ad esse, anche di me come loro soggetto (né di loro oggetti, uno dei quali potrei (forse) essere (se fosse che esisto –cosa indimostrabile- pure io stesso: sia soggetto che oggetto dell' autocoscienza).
"Le percezioni circa la mia attività" (cit.) non possono essere tutto ciò che realmente accade perché, indubbiamente penso, e per pensare devo esistere: la prospettiva di Cartesio è tutta qui...

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PMQualsiasi cosa io fossi, nel caso indimostrabile oltre alle sensazioni coscienti esistessi anch' io (cosa che ovviamente credo, ma essendo ben consapevole che si tratta di un mero atto di fede), allora accadrebbero i miei pensieri; ma non necessariamente viceversa dall' accadere dei pensieri necessariamente sarei inoltre io, qualsiasi cosa fossi. Se sono e penso, allora sicuramente esiste il mio pensiero, ma se esiste "questo" pensiero attualmente in atto, non necessariamente, oltre ad esso, esiste anche qualcos' altro costituente me
Ci può essere un pensiero senza pensatore? Qui sia io che Cartesio non siamo d'accordo, ma ho capito che per te forse è possibile (come nel caso di percezione senza percipiente...). Eppure, suggerisco ancora, fai una prova "empirica": ora, adesso, mentre stai leggendo queste righe, prova a pensare a qualcosa... se ci riesci, significa che pensi, e se pensi (non dico "percepisci"), almeno tu, esisti... poi esisto anch'io e sono il Genio Maligno, ma questa è un'altra storia...

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PMLe uniche cose che sono prodotti fisiologici del cervello ottenuti dall'estrema complessità delle connessioni neurologiche[/font][/color], come la bile è la secrezione del fegato, o la saliva quella delle ghiandole salivali, sono i movimenti dei muscoli volontari, i comportamenti del titolare del cervello": nient' altro (l' esperienza cosciente necessariamente accompagna la fisiologia cerebrale, ma non ne è affatto un prodotto).
Corteccia cerebrale e reti neurali, ovvero realtà concrete, sono ciò che, per quel poco che ho letto, rende possibile il pensare (e non solo: persino il godimento estetico, v. neuroestetica, che ho "scoperto" da poco...); non credo si tratti quindi solo di "accompagnare l'esperienza cosciente" ma di esserne la materiale condizione di possibilità (senza corteccia e neuroni, niente pensiero... o sbaglio?).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PMQuello che vivi nel sogno, non è (né "solo" né "anche") un'"attivazione cerebrale endogena": credo ammetterai che c' è una differenza enorme (e non certo un' identità) fra (la visione, le sensazioni tattili erotiche, il profumo, ecc. di) Liz Taylor* nel momento del suo massimo splendore che ti si concede a tutti tuoi desideri con (la visione di) quella roba molliccia roseogrigiastra fatta di neuroni, assoni, molecole, atomi, ecc che vi corrisponde nel momento del tuo sogno erotico (cioè che per esempio io potrei vedere esaminando il tuo cervello mentre la sogni)!
Direi che non è affatto necessario "esternalizzare" la prospettiva, anzi: quando vedo qualcosa, quel qualcosa è, per me, l'immagine che ho nella mia retina poi trasmessa al cervello etc. senza che debba esserci qualcuno ad osservare questo passaggio di informazioni/immagini. Soprattutto, io non vedo il percorso che fa la luce quando colpisce l'oggetto, poi entra nel mio occhio etc. etc. ma tutto ciò è il mio vedere l'oggetto, ed è per me l'oggetto che vedo (la noesi del noema per dirla con Husserl). Nel sogno è lo stesso, non posso vedere ciò che accade nel mio cervello dall'esterno, ma ciò che accade viene "visto" (anzi "vissuto oniricamente") da me come sogno (e quindi come la venerabile Taylor...). 
Tutta una questione di prospettiva ottica: non posso osservare cosa comporta il vedere nel mio cervello mentre vedo (ovvero vede), ma so (se mi fido della medicina) che il mio vedere è in realtà attività cerebrale che non potrò mai vedere direttamente (al massimo su schermo). 
E' un po' come quando si crede che sia il dito a sentire i tasti del Pc: in verità è il cervello ad elaborare l'impulso e a (ri)localizzarlo nel dito; infatti, il dito con i nervi recisi non sente nulla perché non comunica con il cervello, non perché sia diventato letteralmente "insensibile" (se mi passi il gioco di parole, "tutto fa capo al cervello"...)


Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 21:57:13 PME questo sognare, si pone ovviamente, parimenti del pensare, come espressione del tuo esistere (e non come dimostrazione)
Ma l'espressione del mio esistere non presuppone (dimostrandola cartesianamente) la mia esistenza? Anzi, l'espressione non è addirittura più di una dimostrazione? Qualcosa per esprimersi deve esistere (poi magari mi inganno su cosa sia realmente...).

P.s. Ovviamente, rispondo alle tue osservazioni ma non per convincerti di qualcosa... forse neanche io sono totalmente d'accordo con il mio Cartesio "attualizzato"!