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Messaggi - green demetr

#2356
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
14 Febbraio 2018, 18:46:09 PM
cit apeiron

"In fin dei conti questa interpretazione dice che "c'è la sofferenza e la cessazione della sofferenza". E alla domanda "rimane qualcosa dopo la cessazione?" la risposta è un secco "no". Secondo me è una visione delle cose veramente "macabra" (come se non fosse già poco terrificante la concezione del samsara!) e nichilista che il Buddha non può aver avuto. Ma è anche vero che rispettabili buddhisti sia antichi che moderni la accettano come "corretta interpretazione". Ma sinceramene mi sembra che si basi tutta su un infelice sofismo."  

ciao Apeiron

Forse hai perso il segmento della mia rispota bluemax dove ti tiravo in ballo.
Infatti mi autocito:

cit  Green

"Il secondo caso è invece quello più interessante ed è quello su cui sto lavorando.

E si può seguendo le mie discussioni (con Apeiron sopratutto) dividere in ulteriori 2 soluzioni.

Le soluzioni hanno in realtà una variabile in comune ma 2 risultati diversi.

La variabile è che la vacuità sia la complementarità. Ossia che qualcosa si presenti come forma, ma che questa forma sia solo una parte che noi possiamo vedere (percepire).

Questo avrà per risultato che O ciò che noi non possiamo percepire è NULLA O che ciò che non possiamo percepire sia QUALCOSA.

(e che equivale alla famosa questione occidentale di Leibniz mi pare, perchè NULLA e non QUALCOSA????

Mi par di poter dire che qui si possa innestare la discussione che abbiamo ribatezzato del nichilismo o meno del BUDDISMO.

Per Apeiron, ovviamente la variabile è qualcosa, di indagabile a livello fisico.

"

Credo che questa tua lettura sia parimenti leggibile/Interpretabile.


Buon lavoro! Ti seguo.
#2357
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
14 Febbraio 2018, 18:32:46 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2018, 09:45:43 AM
Quindi per me la discussione, anche la discussione sul Buddhismo, per me è una modalità dell'esercitazione del pensiero.

Per me invece non può essere che stimolo per cambiare ( me stesso). Esercitare il pensiero è secondario, non è il mio problema principale. Il pensare è importante, ma non siamo 'solo' pensiero, a parer mio. Se ci riduciamo a questo avremo solo risposte intellettuali che però non saranno in grado di trasformarci seriamente ( come la storia dell'uomo ha dimostrato, purtroppo...). Come mettersi un nuovo vestito sopra un corpo che puzza perché non è stato lavato... :)

Quando dico che non sono interessato ai maestri, non lo dico perchè i maestri sono in qualche maniera il problema.
Semplicemente essendo maestri essi parlano di cose semplici.
E non è quello il mio ramo.


Sì, diciamo che si intuisce  ;D ... Ma sei sicuro che 'complessità' faccia sempre rima con 'profondità'? Mi sembra che, a volta, molte cose che rendiamo complesse in realtà troverebbero soluzioni che riteniamo semplici ( e pertanto le snobbiamo...).

In generale il buddhismo mi pare che non ammetta la relazione..

Al contrario, proprio la comprensione della famosa "catena" ci dimostra che noi siamo anche il prodotto di una continua relazione con tutto ciò che viene a colpire la coscienza. Ed è proprio perché siamo in relazione che assume importanza l'etica/moralità/virtù, chiamiamola come vogliamo ( loro usano semplicemente il termine sila...).
Spesso parli di una "comunità di amici", ma questa comunità potrebbe stare insieme senza il collante di questa sila ? Se all'interno di una comunità ognuno esprime la ricerca della propria personale massima soddisfazione ( di ogni tipo di 'piacere', dal sensoriale all'intellettuale...) è realmente possibile che non sorga conflitto, che è sinonimo di divisione?...
Come ho scritto sopra, se intendo l'etica come un "prendersi cura" devo necessariamente moderare il mio 'appetito' per il piacere e costringermi a fare anche cose che non mi danno piacere, tipo...è 'morale' che in un paese la gente getti l'immondizia nei canali  e nelle rogge che servono per l'irrigazione dei campi?  Certo non è 'piacevole' dover separare i rifiuti e magari fare strada per portarli negli appositi contenitori, è molto più semplice prenderli e gettarli nel canale, meno fastidioso, mi crea meno sacrificio di tempo ...Ecco, per un buddhista sila non è semplicemente 'ridurre la ricerca del piacere' in vista di un risultato , ma proprio quella cosa che serve per creare armonia in una comunità. Il mio 'moderare' lascia spazio anche alla necessità dell'altro...
La mancanza di sila la trovi dappertutto...in una famiglia in cui si continua a litigare perché ognuno dei membri ritiene che i suoi desideri siano frustrati dalla presenza dell'altro c'è mancanza di sila. Balza all'occhio nell'odierno atteggiamento egoistico, nello sfruttamento di un individuo sull'altro, nelle contese tra gruppi in difesa di interessi di parte. Questa mancanza di moralità si coglie in tutte le categorie: studenti, insegnanti, amministratori, negozianti, clienti, avvocati, poliziotti , giudici, ecc...Come conseguenza ci si accusa a vicenda di non occuparsi dei problemi della società. Si accusa la politica, l'economia e così via , senza accorgersi che uno dei motivi principali è la mancanza di sila, di moralità/etica. Se anche un sistema politico fosse sano, uomini senza moralità potrebbero essere governati?...Le cose non funzionerebbero lo stesso...
Il termine sila è interessante perché significa pure qualcosa come normalità e quindi ha un significato come di coincidenza con la natura, di equilibrio. Ciò che porta all'equilibrio e non alla confusione è detto appunto sila..( equilibrio nei pensieri, parole e azioni). Quindi equilibrio di relazioni...

Invece mi pare tu Sari sia più interessato al lato morale, alla limitazione dei piaceri.


Praticare sila, ossia una vita morale, la vedo come l'unica possibilità per 'fare spazio', ossia vivere una vita che cerca armonia e non conflitto. Se ho fatto spazio posso accogliere l'altro ( ma non solo le persone, l'altro nel senso più ampio che coinvolge il mio rapporto con la realtà naturale in toto...).  Ci sono arrivato perché, per lunghi anni, non ho mai lasciato alcun spazio all'altro , dentro di me, e non vedevo aumentare la mia felicità , ma la vedevo sempre diminuire...temevo d'"impoverirmi"; che poi è sempre il solito problema del restare aggrappato...del voler controllare.

Non apprezzo la semplicità sono uno "scorpioncino"(che in astrologia è un segno delle inferiorità).
Pago pegno  ;) per assurdo per apprezzare la semplicità devo fare uno sforzo terribile.  :'(

+ + +

Certamente la vita non è solo pensiero, ma per vivere c'è bisogno oggi di pensiero.
(filosoficamente parlando, sposo la tesi di Zizek, per cui se il mondo capitalista vuole che smettiamo di pensare, allora invece che agire, dobbiamo fermarci e pensare.)

+ + +

La comunità degli amici ha una etica, ma è quella insegnata da Nietzche. Non dai preti.
Proprio per questo il conflitto fa parte integrante dell'etica nicciana.
Laddove non c'è conflitto non c'è etica. E quindi non c'è comunità.

+ + +

La mancanza di moralità dei preti, si riscontra ovunque, perchè non esiste in quanto moralità. E' solo una volontà di potenza, de-pensata: è questo il vero motivo di condanna.

+ + +

Io intendo la morale sessuofoba. Non fare il solito giochetto, di fraintendere la civiltà con la vera meta dell'essere umano: la donna.
Comunque non insisto, non mi pare il caso, le tue risposte sono già esplicative in sè.
Nulla che possa impedire il dialogo. Basta non toccare questo tasto. ;)

+ + +

Mi sembra che sottovaluti il messaggio stesso del Pat. se però dici che siamo tutti all'interno della causalità, infatti in realtà non esiste alcuna causalità.

Non ho ancora capito se per te Dio esiste o meno.

Da quanto avevi scritto mi pareva di no, ma ora forse devo dedurre, che in realtà sì, tu pensi che esista, come lo pensa Apeiron.

Ovviamente sono distante da entrambe le vostre posizioni, perchè portano esattamente alla stessa funzione del cristianesimo, ossia ad effettuare l'elenco di ciò che è giusto o sbagliato.

Ritengo molto interessante invece proprio il fatto che se nulla esiste (e dunque anche la morale) allora quale possa essere la morale nuova libera sotto il cielo?

Certo penso al fumetto Ikkyu, che continuerò a citare fin che non lo leggerete!!!!
Una pietra miliare del fumetto, e della cultura tutta.
Un capolavoro di compassione vera!

Grrrr datevi da fare    ;D  ;D  ;D

+ + +

Trovare l'equilibrio è importante. Su questo concordiamo.

Forse da giovani è più facile, non mi riesce più  :-[

#2358
Citazione di: Kobayashi il 14 Febbraio 2018, 11:22:35 AM
cit. Green Demetr: "... seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMAMENTE che la filosofia sia il problema.
LA FILOSOFIA e in primis NIETZSCHE sono la soluzione".

Non intendevo dire che la filosofia è il problema.
Il problema è il fatto che inevitabilmente prendiamo sul serio la produzione di fantasticherie in cui la mente umana è impegnata giorno e notte.
E la filosofia è per eccellenza l'espressione di questa serietà.
Ma non possiamo farne a meno.
La soluzione del problema non è Nietzsche, è l'estinzione della razza umana.
Nel frattempo dobbiamo vivere. Quindi impegnare la nostra deriva alla fantasticheria nel modo più interessante possibile, come per esempio dialogare con l'amato Nietzsche.
Giocare a trovare la grande verità che illumina e redime e salva la Terra è il gioco del filosofo.
È solo un gioco, purtroppo, come l'alchimia è solo un sogno, come la psicoanalisi solo un'illusione di guarigione etc. ...

Mmm...qua c'è molto lavoro da fare. Vedo che l'esicasmo è entrato ben più in profondità di quanto non ritenessi possibile.

Eppure l'assenza dell'uomo, mette in risalto proprio la presenza dell'uomo.

C'è questa cosa che non capisco: come mai chi ha sofferto, poi cede a queste visioni contro qualsiasi realtà, e le vede come illusione?
E' proprio il dolore a certificare che non si tratta di sogni, di illusioni etc.
Non capisco perchè nella realtà il tutto si ribalti (quanti amici sono implosi in visioni nichiliste? anche se nessuno di loro, non essendo filosofi, le chiama tali).


Per quanto riguarda la mia posizione su queste premesse, ovviamente sono totalmente in disaccordo.

Il mio passaggio dalla religione alla filosofia è nato proprio da questa svalutazione della realtà.
La trovo odiosa.

Spero non ci ritroveremo mai a doverne parlare....

Facciamo così allora: poichè siamo nella illusione (ma l'esicasmo mi sa vira sul male, poichè era a contratto con le religioni gnostiche nel cristianesimo orientale) allora non ci rimane che illuderci.

Allora illudiamoci che vi sia un reale che si deve confrontare con un immaginario.

Dimodochè utilmente (nel delirio della illusione) vi sia dialogo (delirante, nevrotico, chiamalo un pò come vuoi): lo apprezzerei molto.
#2359
cit phil
Proprio questo passaggio dal semantico-linguistico al semantico-esistenziale mi pare il passo falso del paradigma occidentale, ovvero confondere l'arbitrario-convenzionale con l'onto-metafisico (subordinare il "così io scrivo nella contingenza" al 'così è scritto nella necessità" ;) ).

su questo concordiamo

cit phil
La questione portante, secondo me, è proprio come intendere il dare che è a monte di tale "dato", o meglio, il "darsi": il senso si è dato (Heidegger) o ci siamo dati il senso (Rorty)?

Intendevo il dato "sensibile" in questo caso.

Rispetto ad Heidegger e Rorty, in realtà non cambia nulla.
Perchè la realtà di quelle opzioni è solo in base al riscontro reale.
Perciò sensibile!


cit phil
Non accettare questo "lutto del senso" è un discrimine filosofico cruciale: il fantasma nasce quando il lutto non è elaborato, e l'unica elaborazione residua è quella immaginifica che rimpiazza l'assenza (intesa come carenza).

Per questo va elaborato, e cioè vissuto.
Nietzche intende questo quando ci chiede di rimanere fedeli alla terra.

L'instillazione di senso deve essere legata alla sensibilità della terra. Al suo riscontro.


cit phil
"se guardiamo il cielo, vertigine nel non trovare appiglio, se guardiamo per terra.."

Sì sono d'accordo, infatti la vertigine è il riscontro fisico, sensibile. E quindi il senso è nella vertigine, e nel suo rapporto con la terra. E non nello sguardo o nel cielo.

cit phil
"...stordimento per la danza delle ombre e nascita di quel desiderio di hybris (fondamento della scienza) di scavare per vedere cosa sorregge la terra che ci sorregge... il fantasma è infatti il residuo etereo di ciò che è sepolto in terra, no? ;) "

Corretto, sembra una citazione, o è degno di citazione  ;) , poichè il residuo terrestre, il resto, è esattamente la traccia, il senso, del nostro cozzare con la parte dura della natura.
Ciò che rimane è ciò che è più vero dentro di noi. Per ognuno di noi.
Uguale, simile o diversa che sia questa traccia.


cit phil
Eppure, sapere di essere in un vicolo cieco almeno ci disillude dalla speranza di poter trovare uno sbocco... alcune aporie sono più utili di alcune soluzioni estemporanee 

infatti è stato necessario passare per il decostruttivismo!
ma non era credibile che si stesse in quel alveo: oggi la filosofia vuole andare avanti.

cit phil
Il problema è per me cosa intendiamo come destino quando parliamo dell'uomo (e cosa intendiamo davvero quando scriviamo "uomo" con la minuscola...). Se non facciamo questo passo indietro (secondo una fenomenologia dei presupposti) abbiamo appena abbassato la luce per poter evocare meglio i fantasmi senza infastidirli 

il destino è cercare il senso, instillare il senso, attraverso il recupero di ciò che rimane. come brillantemente da te detto.
uomo con la lettera minuscola significa ognuno per sè, per la propria strada.(ovviamente anche la comunità degli amici, sulla scorta di nietzche).

cit phil
Tuttavia, proprio l'orizzonte (inteso come orizzontalità cronologica... tanto per non usare "destino") non è il palcoscenico preferito dai fantasmi? Tenere il sipario chiuso è forse uno stratagemma ancor più angosciante e castrante (come ben sai, i fantasmi sanno attendere... e non muoiono certo di vecchiaia  ;D ).

proprio per questo Nietzche è l'unico filosofo credibile.  8)
i suoi fantasmi li ha elencati tutti, li ha attraversati.
e ciononostante i fantasmi hanno vinto.
questo perchè i fantasmi sono molto di più dei 4 descritti dalla psicanalisi. Moolti di più.
Ossia sono tutte le nostre paure.

Ma lui quanti ne ha affrontati? con quale coraggio? a mio parere non abbiamo ancora minimamente capito chi era.  :(

Per conto mio. Deve tornare sempre indietro. Non è facile.  :-[

Di certo tenere la tenda chiusa, non aiuta proprio a niente.  >:(

E' una questione credo di propensione.  :-[

Ma in fin dei conti, mi sembra che non siamo tanto lontani.  :D

E' che quei sipari bisogna proprio aprirli.  ;)

ciao Phil !  :D
#2360
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Capitalismo
13 Febbraio 2018, 23:03:02 PM
cit 0xdeadbeef
"Vi ringrazio innanzitutto delle gentili ed interessantissime risposte.
Continuo a pensare sia necessario definire il termine "capitalismo". Possiamo definirlo come semplice accumulo di beni economici e ricchezze?
O possiamo, in maniera direi "marxiana", definirlo come quel sistema economico in cui la parte detentrice di capitale è distinta dalla
cosiddetta "forza lavoro"? Ma potremmo dare anche altre e ben più precise definizioni."

Ciao 0xdeadbeef, anzitutto bentornato   :D , non so se ti conosco da questo forum, o da quello di fusaro, o da quello di forumfree.
E' comunque un piacere vedere che qualcuno della vecchia guardia sia tornato  :D . Io ho cambiato nick, e sinceramente non ricordo quale era quello precedente.

Provengo da una educazione democratica, ho creduto a lungo nel comunismo, all'epoca sostenuto in Italia da Bertinotti.
Ho provato poi esperienze locali, con dei movimenti di ispirazione globalista.
Li ho vissuti entrambi in maniera appassionata. Il primo a livello casalingo, a livello intellettuale, fianco a fianco con la filosofia o meglio di quello che la filosofia sembrava essere per un adolescente che andava verso i 20 anni. E poi nella strada, completamente impegnato nei problemi locali, da cui poi è emersa una filosofia enormemente più cinica, con la tutta la forza che un ventenne può metterci, e quindi con tutti gli ideali a far da traino.
Poi un periodo di stagnazione, a metà dei 30 ho ripreso in mano la filosofia, per scoprire che era politica.
Sono cresciuto proprio grazie alla frequentazione dei forum, in cui forse ricorderai come gli "alleati di Sini" erano gente preparata.

Ma una cosa non è mai cambiata, il discorso sul e contro il capitalismo.

Io anzitutto cambierei proprio, rivoluzionerei la storia dei concetti.
Per illustrare di fatto, e non idealmente cosa comporti vivere all'interno di quello che sembra essere un modello che dura da tanti anni.


Sì perchè come sottolinei tu, di capitalismo si può parlare in diversi  modi.
Ma quella parola usiamo sempre. E' dunque più che altro un modello.
Se è un modello, è un protocollo, una fascicolo, un fascio.

Per me dunque capitalismo è ideologia.

Come più volte ho discusso con un amico che ha un industria sulle spalle: in realtà non esiste capitale.

Sono essenzialmente d'accordo.

Un capitalista anzitutto deve vedersela con lo Stato.

Forse il vero padrone è allora lo stato.

In questo senso mi sento sempre più lontano dagli sproloqui di Fusaro, e sempre più d'accordo con Negri.

A mio parere il dialogo-scontro che hanno avuto, in una recente visita del professore in Italia. Testimonia anzitutto di visioni diverse.

Ma con gli stessi attori.

STATO - POPOLO - POTENTI.

Che il capitalismo sia una invenzione in realtà lo scoprii già nei miei vent'anni quando ascoltavo con ammirazione le posizioni del grande Gore Vidal.

Lo scontro non è "democrazia contro capitalismo". Una bandiera che continua ostinata a veleggiare.
Perchè non esiste democrazia: esiste lo Stato.
E lo Stato è sempre il potere di una oligarchia.
Solitamente finanziaria. Giammai industriale.

Se questo era abbastanza riscontrabile negli anni 80 - 90, le cose sono cominciate a cambiare dagli anni 2000.

Quando quello che viene chiamato globalismo ha cominciato a prendere significato, all'interno del buzz politico.

Le politiche della geolocalizzazione e le battaglie monetarie, sono ormai sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono guardare.

L'obiettivo dichiarato di questa battaglia politica è necessariamente la costruzione di grandi blocchi politici, che vanno a ridisegnare gli stati per come li abbiamo visti.

Come Zizek ha fatto notare l'operazione balcanica, è già in nuce tutto quello che succederà negli anni successivi, dall'Iraq, fino ad arrivare all'attuale Siria.

Per passare dall'Ucraina, al Tibet, a Sri Lanka.

Dal perennemente massacrato Congo, all'incredibile implosione del Messico.

Dalla guerra per l'acqua, a quelle per il gas.

Sono guerre di capitale, o sono invece guerre di Stato???

Chi sono i potenti, chi sono gli stati, chi sono i popoli?

E' proprio in nome della democrazia che si scatena l'inferno.

E' proprio in nome del popolo che assistiamo ai massacri.

Non è così facile stabilire un confine vigoroso tra bene e male.

Di certo non so se sia ancora utile parlare di capitalismo.

Ecco vorrei sapere quali soni i protagonisti allora per te?

(penso che nel marasma delle considerazioni immesse, si possa rintracciare i miei attori, sociali, ovvio, se no che uomini di sinistra saremmo?)
#2361
Citazione di: Socrate78 il 13 Febbraio 2018, 21:48:13 PM
Per green demetr: L'Io individuale però è una costruzione della filosofia e della civiltà occidentale, per il buddhismo esso non esiste ed esiste solo una coscienza collettiva: il buddhismo considera la credenza nell'Io individuale un'illusione, e non si può certo accusare Buddha di aderire ad una visione "scientista". Anche Hume, in una prospettiva filosofica, afferma che l'Io è una falsa credenza che egli definisce "fascio di percezioni", un'invenzione della mente che serve per dare ordine alle sensazioni, ma per Hume esso non corrisponde a qualcosa di reale. Secondo te queste posizioni sono da scartare come assurde?

Sono da considerare come se l'io fosse reale, e non immaginario come quelle filosofie credono.

E dunque voglio sapere esattamente cosa hanno fatto nella realtà questi personaggi.

Se il buddhista e lo humiano credono che l'io sia una cosa immaginaria, allora poi devono vivere secondo  le norme che si sono auto-imposti.
E quindi ogni loro individualismo, ogni loro precauzione sarà per me fonte di studio del loro delirio.

E nondimeno cercherò di capire se questa visione di un io universale e non so cosa per Hume, poichè non conosco la sua etica, porti qualcosa di positivo, nella riflessione più propriamente filosofica generale.

Non scarto per partito preso, sopratutto se citi nomi importanti come quelli che hai fatto.

Di certo sono politicamente miei avversari. (nella lotta intellettuale).

Per quanto riguarda la costruzione dell'io ti rimando alle precisazioni portate da Peirce.
nella mia risposta a Phil delle 19:56:17 del 13 febbraio.
L'io certamente è una costruzione, ma questa costruzione può essere proficuamente detta reale o immaginaria.
(ovviamente l'inghippo sarebbe che il proficuo sia una questione di potere, e non di verità, con problemi endemici interni alla questione stessa).
#2362
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
13 Febbraio 2018, 21:07:41 PM
cit sari
"Vorrebbe anche dire: non giudichiamo semplicemente sulla base di stereotipi ( non diventiamo atei semplicementi perché da piccoli un prete antipatico ci ha ripreso, come è successo a molte persone... ;D).
La "mistificazione" (Distorsione, per lo più deliberata, della verità e realtà dei fatti, che ha come effetto la diffusione di opinioni erronee o giudizî tendenziosi) può senz'altro essere stata il leit-motiv di molti sedicenti interpreti della spiritualità in cerca di potere e autorità, ma sicuramente non lo è stata per tutti e in particolare non per me ( che è la cosa su cui posso avere diretto controllo... :)), ma anche per molti che ho avuto la fortuna di conoscere...anche qui, si tratta sostanzialmente di distinguere il grano dalla pula...
Se poi uno ritiene che l'intera ricerca spirituale sia una buffonata, una perdita di tempo è ovviamente libero di pensarlo...
Su moltissime altre questioni sollevate dal vulcanico @Green ritornerò con calma ( perché ha aperto tantissime 'finestre' , peggio di un sistema operativo windows... ;D )."


Ma vediamo di spiegarmi di meglio.

Certamente sono un allievo di Nietzche, partito dall'induismo e convertitomi alla filosofia, mi sono accorto, che non si poteva ignorare l'errore metafisico. Dopo 10 anni di blocco di pensiero, sono "tornato al lavoro" da circa 8 anni.

Quindi per me la discussione, anche la discussione sul Buddhismo, per me è una modalità dell'esercitazione del pensiero.

Procedo molto lentamente per questioni personali, ossia per quello che 
 il reale ha da offrirmi. Molto poco in verità.
Non per che nego la vita, anzi mi sento in fin dei conti un privilegiato.
Ma nel senso delle aspirazioni, che devono portare a qualcosa di reale. Di più alto.

In questo senso, non mi rimane che riprendere tutta la tradizione filosofica, e anzitutto leggerla.

Poichè è un esercizio piuttosto abbruttente, ho deciso di aprire ad altri orizzonti.

Così ho pensato prima alla Bibbia, poi all'Alchimia che ne è strettamente relata, poi grazie a voi al Buddhismo e poi mi son detto perchè non tornare i testi della mia infanzia-adolescenza.

Mi sento come un osservatore, un sismologo, che scandaglia le profondità, dietro le apparenze.

Quando dico che non sono interessato ai maestri, non lo dico perchè i maestri sono in qualche maniera il problema.

Semplicemente essendo maestri essi parlano di cose semplici.
E non è quello il mio ramo.

Non ho mai buttato l'acqua sporca con il bambino.

Essendo il bambino la ricerca spirituale, e l'acqua sporca le mistificazioni morali.

Anzi le distinguo nettamente.

Parimenti non sono così interessato al lato fisicalista dei mondi superiori. (non sono interessato a che siano veri o meno)
Mi interessa piuttosto come questi mondi superiori si relazionino con il singolo. Con il soggetto cioè, che ognuno di noi è.
Perchè è nella verità di relazione, che il singolo sente se è sulla strada maestra o meno.

In generale il buddhismo mi pare che non ammetta la relazione, perchè siamo come dentro una specie di matrioska.

Ma nonostante questo la relazione all'interno di questa matrioska, sussiste.

Quindi benchè non sia interessato al fatto che dicano che non esiste relazione, mi interessa come elaborano la relazione all'interno di questa presunta non-relazione.

Invece mi pare tu Sari sia più interessato al lato morale, alla limitazione dei piaceri.

Ma è vero? ti chiedo semplicemente. E' vero che all'interno delle limitazioni dei piaceri esiste la vera relazione?
O non è forse come io credo esattamente il contrario.
#2363
cit  Angelo
"La ricerca forsennata di senso e di sensi è senza dubbio criticabile, ma ha un motivo: è funzionale al bisogno di sapere cosa fare, cosa coltivare, su cosa lavorare, in cosa impegnarsi. L'errore non è consistito nel cercare senso o sensi, ma nel ritenere di doverlo individuare in qualcosa di preesistente; insomma, si è andati in cerca di sensi oggettivi, metafisici, ed è questo che ha rovinato il valore della ricerca di senso, producendo scoraggiamenti, tramonto dell'occidente e crisi di ogni genere. Basterebbe mettersi in testa che i sensi non esistono oggettivamente, ma piuttosto meritano di essere creati in continuazione, sempre come sensi provvisori."

Assolutamente sì caro Angelo. Ben scritto!

cit  Angelo
"Ecco allora il valore del messaggio dell'arte che tralascia completamente la cura della qualità del manufatto, per darsi esclusivamente al senso comunicato: l'artista sta dicendo che è ora di lasciar perdere la ricerca di qualità del manufatto, perché c'è estrema urgenza di metterci in testa che dobbiamo lavorare, impegnarci, darci interamente, alla costruzione di sensi umani provvisori."

In realtà non credo l'arte oggi possa darci alcunchè di niente.
Ma questa volta è una cosa personale, e quindi lascio aperta la porta ad eventuali significazioni.

cit  Angelo
" senso umano creato come provvisorio (che è ciò che l'artista compie con le suddette opere) ci dice chi siamo (siamo esseri che trovano bello, interessante, costruttivo, creare sensi provvisori), ci guida al giusto modo di relazionarci con gli altri (ciò che dico è mia creazione, invenzione, non è la verità, perciò devo avere rispetto dell'altro e nello stesso tempo ricordare anche a lui che anche i suoi sensi sono provvisori). Insomma, si presenta come avanzamento nel cammino della storia culturale del mondo, un progredire che meriterebbe di essere coltivato.
Questo sì che sarebbe un antropocentrismo splendido, del tutto consapevole della propria limitatezza e provvisorietà, ma anche della propria capacità di creare esperienze di una ricchezza interiore infinita."


Sinceramente non  ci trovo niente di meravglioso in questo orizzonte precario.
Poichè in realtà ogni significazione dovrebbe essere un arricchimento delle potenzialità umane.
Arricchimento riscontrabile nella realtà, e non nelle promesse, spesso campate per arie, delle significazioni stesse.
Proprio per tutto quello detto sopra, la vedo difficile se non impossibile.
La gente preferirà sempre verità campate per aria.
Un pò come per l'arte.

La vera arte afferma Carmelo Bene, è quella della propria vita.

In questo senso ogni arte è del proprio artista e solo del proprio artista.
E' proprio questo che mi rende detestabile ogni arte contemporanea.

Non vi è comunità. (non che fuori dall'arte le cose stiano meglio).
#2364
cit Phil parte 2
"Nelle dinamiche di potere sociale, di edonismo, di speculazione filosofica, di attività immaginifica, di fede religiosa, e persino nel suicidio a cui accennavi, credo si possa rintracciare il denominatore comune della problematizzazione di un senso che si presuppone come necessario (e che è l'ombra di ogni tipo di relazione: appena focalizziamo una relazione, materiale o concettuale, abbiamo l'impulso di doverle dare un senso... o no?). "

Certo che è così, infatti quando parlo del soggetto, e del suo problema parlo proprio di questo.

Non parlo di far fuori il soggetto, come le religioni orientali astutamente fanno, nè di non ritenerlo un problema, come le religioni occidentali funestamente si affrettano a liquidare.

La desogettivazione, è il soggetto che prende coscienza, delle sue istanze vitali, fra cui vige anche quella trascendente.
E cerca di darne una risposta, in base alle sue stesse esperienze. Ponendosi continuamente in questione.
Ossia il senso è la quest, il viaggio. Come il grande canone Occidentale insegna. (la grande salute, in uno degli aforismi imprescendibili del maestro Nietzche). Voglio dire non tutto è da buttare, teniamoci l'optimum! (il miele della divina commedia)

cit Phil

"Indagando e decostruendo questo tacito presupposto (usando dunque una certa filosofia) della necessità di un senso (latente o meno), si può sbriciolare (individualmente) quella (s)mania del senso che è anzitutto mania di "topologizzare": centro/periferia, prossimità/distanza, convergenza/divergenza, etc. sono tutte strutture di senso, le cui conseguenze socio-politiche, ma anche esistenziali, pongono più problemi di quanti ne risolvano..."

Non ripeto quello scritto già nella prima parte di risposta alle tue considerazioni.

Certamente la decostruzione è servita, storicamente era necessaria, per mettere in luce, come le bipolarità fossero solo il fantamsa di posizioni non reali. E perciò, essendo fantastiche, nemmeno risolvibili nella realtà.
Le più importanti acquisizioni dell'epoca, sono infatti la presa di coscienza di una nuova politica anarchica e provocatoria.

Prima che questo stesso anarchismo e provocazione, si risolvesse, di nuovo, per coazione a ripetersi, dei fantasmi paranoici di chi li propugnava. Dando una bella spallata alle fermentazioni (nate nel sangue) del novecento. E ributtandoci in tempi forse ancora più buj. Perchè ad ogni rivoluzione che fallisce, il cane cinico diventa sempre più famelico.

cit Phil
"Alcuni approcci orientali, in cui l'uomo non è al centro dell'orto del "giardiniere divino", propongono una visione decentrata dell'uomo nel cosmo (v. taoismo), talvolta persino così concentrata sull'esserci da (dis)perderne addirittura il centro (v. buddismo con la dottrina del non-sé). Tali approcci risultano comunque fruibili, seppur quasi inquietanti, nell'attuale società, in cui il brulicare della iper-comunicazione nell'"infosfera" che ci avviluppa, traccia dedalici orizzonti di senso, in cui macro e micro si rispecchiano, consolidando l'idea, così diffusa da risultare indiscussa, che la domanda sul "quale senso?" sia centrale, così com'è apparentemente centrale (nel cosmo) l'uomo che se la pone."

La domanda sul senso non è legata al soggetto storico, paranoide, bensì al soggetto che sa reinventarsi.

Se vogliamo dare alla parola antropocentrico, il significato di soggetto, è ovvio che ogni discorso è relativo, ad un soggetto.

Ma il discorso sul soggetto, a meno che non sia quello schizoide dell'oriente (che risibilmente lo nega) e quello paranoico dell'occidente (che ugualmente risibilmente crede sia unico, macchina, non storico), può benissimo essere anche altro da quelli che la infosfera delirantemente ci propina. (di nuovo, spero ci siamo almeno avviciati a capirci).

Sul fatto che il discorso del soggetto, serva a delineare il destino dell'uomo  (oltre che a interrogarsi sugli orizzonti, sull'originario, e sul suo sviluppo vivente, sulla sua erleibnis) , ovviamente non potremmo che essere che in più totale disaccordo, perchè per me è addirittura ovvio che sia così, mentre per te, che sei dentro ai deliri paranoici, è addirittura un problema.

Ma immagino che parimenti tu penserai che sono io a delirare. Ancbe per questo la filosofia è oggi IDIOTA. (non prenderlo come un attacco personale, ma è quello che penso in generale, se non si ha non dico il senso di destino, ma nemmeno il senso di orizzonte, allora si rimane uguali a se stessi, appunto identici, immobili, morti, in una sola parola, sempre quelli: IDIOTI, ID EUM, il se medesimo, l'autocoscienza. etc etc etc.)
#2365
cit Phil

"Suggerirei "semanto-mania" (furore mentale inerente il significato): ciò che affligge l'uomo (filosofo o meno) è da sempre il dare/trovare un senso, in una schizofrenica indagine in cui il bipolarismo invenzione/scoperta sembra tanto inestricabile quanto paradossale... non a caso, se non erro, molte dinamiche paranoiche (tipiche della nostra epoca) riguardano proprio l'attribuzione di un senso (esistenziale, oltre che semantico)."

No, non hai capito.  :-[
E' proprio il contrario. 

Visto che con te si può proficuamente partire proprio dalla filosofia più avanzata, ossia dalla filosofia semantica.
Il problema della paranoia è proprio nell'uso della semantica.
In questo il grande maestro è stato Peirce, che distigue tra descrizione e connotazione.

Ovviamente quando la parola descrive un segno, essa "semplicemente" (secondo il linguaggio che usa), effettua una operazione inferenziale, che a seconda del grado di precisazione, risulterà certo, o errata o corretta.
Ossia l'ipotesi coincide o meno con la presunzione degli effetti.(lasciamo da parte il problema se sia o meno dimostrabile, che sia proprio quella l'ipotesi corretta).
Se dedotta correttamente e cioè in primis se non si danno per scontati gli effetti, e li si verifica per davvero (e lasciamo pure il fatto del problema della Royal Scientific Society): non ci sono problemi.

Se uno erra, è perchè in buona o cattiva coscienza. Non è perciò in questione la norma, e perciò non si può parlare di paranoia.
(Di solito questo lo considero un problema politico).

In questo senso credere che la terra sia al centro dell'universo, non è dal punto descrittivo un errore morale, ma solo un "errore" di prospettiva della ipotesi. (d'altronde mi hanno assicurato che in rete si possono trovare ancora articoli scientifici, considerando il punto di vista tolemaico).

Il vero problema è quello connotativo, perchè in esso il linguaggio parte all'interno di un universo di segni, morale.
Non è una analisi corretta, essa è inficiata sin dall'inizio da un sistema di presunzioni, come si sono evolute storicamente.
Presumere che la terra sia al centro dell'universo non è un errore in sè di prospettiva, è un errore morale, e perciò connotativo, perchè in realtà questo sistema è quello che garantisce la tradizione autorale di Aristotele, e delle religioni in generale che lo custodiscono.
Ossia il risultato non è questione della scienza, ma delle forze politiche che lo presuppongono.
Non è una lotta fra politiche, ma all'interno delle politiche.

La paranoia è questa incapacità di fare lotta politica, e di rimanere all'interno delle politiche che presuppongono le credenze in cui siamo dentro.

La paranoia è l'impossibilità di far coincidere l'osservazione con la denotazione.

Infatti ogni osservazione che sia serva della denotazione è una denotazione e giammai una descrizione.

Su questo problema Peirce che inventò la filosofia analitica americana, ci si ammalò, maledicendo più volte quella corte, da cui oggi emerge il bujo più nero della filosofia.
James fu l'amico e il castratore di Peirce. L'uomo che gli garantì la visibilità pubblica, e nello stesso tempo, l'uomo che lo oscurò nei secoli.
Poi arrivò il prof. Sini, e tutto cambiò!

La frase è famosa: "voi confondente ancora la connotazione con la descrizione!!!"

Ora che la paranoia sia il male di questo secolo e di quello prima e di quello prima ancora...e cioè dagli inizi della storia.
E' dovuto proprio al fatto che si confonde il senso, come paradosso all'osservazione.

Le promesse del politico, rispetto all'osservazione, non confluiscono cioè in una lotta politica, ma in una risposta rabbiosa su coloro che devono MANTENERE CIO' che si aspettano dalla connotazione DEMOCRATICA NAZIONALE POPOLARE.

Il problema non è in sè nel senso, ma nella impossibilità di uscire dal senso dato.
Come diceve l'immenso Carmelo Bene, il caro buon vecchio senso comune.

Il problema così non è nel fatto che l'uomo dia senso al suo vivere, ma nel contrario, che non riesca a darlo, rispetto a quanto gli si è detto finora.
La paranoia è il fantasma, è il soggetto.
Noi ci construiamo come soggetti, perchè costruiamo il senso di identità, all'interno della collezzione di oggetti, che la nostra società e la nostra famiglia, ci offre.
Questa collezione è dotata di un senso. Ci fanno credere che noi siamo quella collezione di oggetti.
L'uomo comune di strada, non vede oltre il palmo del proprio naso, perchè è abituato ad avere a che fare con collezioni di oggetti.
In primis con la causa ed effetto. Che in realtà il filosofo sa benissimo che è il contrario, ossia l'effetto, quella collezione di oggetti, è dovuta ad una causa, senso, pregresso. Pregresso e presunto.

Fin quando la collezione di oggetti è dell'avere, va tutto bene, il problema nasce quando si toglie quell'avere.
Quando la collezione è interrotta, arriva la schizofrenia.

Ossia la mancanza di senso a quanto ci avevano detto, ossia che noi eravamo quella collezione di oggetti, che ora non c'è più, viene confinata in uno spazio, lo spazio del cielo, del credo, della mistificazione. In cui all'oggetto reale, si sostituisce l'oggetto idele promesso, etc...
A questo punto arriva anche l'aspetto più propriamente delirante, e di cui la filosofia è solo uno dei figli.
Ossia la proliferazione delle parole, dei concetti, degli oggetti ideali, promessi.


Ma tutto ciò nasce dall'incapacità di collezionare, ossia di intellegire, ossia di conoscere.

Conosciamo solo ciò che ci propinano, e il senso è questa stessa coscienza di quello che ci propinano.

Dunque non è come dici tu, o meglio non propriamente.

Il punto è che vi è una distinzione fondamentale, fondante direbbe Hegel, tra realtà e fantasia.

Se il senso prende la strada delle infinite significazioni, è perchè si crede che esistano differenti realtà.

Se la realtà non è quella della terra (Delle collezioni, dell'avere) allora le realtà possono essere due, come milioni.

(gli infiniti universi paralleli della matematizzazione).

Il matema, la cifra, è il delirio schizofrenico, che nasce dal blocco paranoico.

Ma il blocco paranoico è proprio l'incapacità di instillare senso nella terra, e di moltiplicarlo per compensazione nell'infinto del cielo. (Nietzche in questo senso va letto).

Dunque sono totalmente contrario sia a te sia a Kobayashi, che pretendete che il senso sia solo dei cieli.

Per me una filosofia che non si occupi del reale, NON é filosofia. Non mi tocca per niente il vostro giudizio, frutto per come la vedo, proprio della vostra paranoia.

Ricordiamoci che la prima frase del paranoico, è "io sono morto". Ossia io non posso uscire dalla gabbia semantica.

Balle!

Ovviamente sono d'accordo con entrambi invece sulla parte critica. Sulla tendenza del secolo. E sui mostri, fantasmi della ragione.


NB.
un piccolo approfondimento.

La fase schizoide, bipolare, del costruisci e distruggi, è certamente all'interno del delirio schizoide.
Ma voglio far notare come sia proprio nel paradosso, ossia nella sua impossibilità di puntare sul reale che risiede la sua più profonda strategia, la sua fantasmatica (tecnica del fantasma).
Questo sarebbe anche una possibile critica a tutte le filosofie contemporanee che trovano nel paradosso la soluzione (e che soluzione sarebbe? rendersi conto di essere in una fantasmatica, non cancella il fantasma stesso.)

Nb
Un piccolo triste approfondimento.

Il superuomo, ossia il superamento del fantasma, è ancora da venire.
Non si può leggere Nietzche con la consapevolezza, che la strada è ancora lunga e da fare.
Che lui ci accompagna fino ad un certo punto, ma poi ci lascia.
E questa consapevolezza non da forse al fantasma paranoico, fino ai deliri di Ferraris, una terribile arma di contrasto.

Scrivere in un forum filosofico, che la filosofia è un problema....Non è forse quello cari amici????

con amarezza il vostro greendemetr. (che ancora combatte, a rilento, molto a rilento, come il fantasma vuole).
#2366
cit kobayashi

"la definizione più corretta probabilmente sarebbe la seguente: "parassita logorroico affetto da manie di grandezza"."

Caro kobayashi, ma dire che l'essere umano è una sopravvalutazione, è proprio una fantasticheria dell'essere umano.

Seguendo il maestro Nietzche, il superuomo che verrà sarà colui che piegherà la sua fantasia, alle forze telluriche che lo sostengono.

Ad oggi siamo ancora nelle grinfie del bene e del male.
Un film gnostico come Matrix, è esattamente come NON bisogna piegare la nostra fantasia verso gli abissi.

Se guardi l'abisso, l'abisso guarderà te.(Nietzche).

Che è poi la paranoia.

La paranoia non è l'uomo, questo è il più grande insegnamento di Nietzche.
Questa è la lotta che lo ha visto vincere significative tappe importanti, e che ha visto nella sua caduta, come goccia pesante, l'immolazione alla Terra.

E' la terra la sola ed unica salvezza.

Non il cielo. Il cielo è una mistificazione paranoide.

Che crea l'uomo dominato dalla sete di potere, che a sua volta crea l'uomo schizoide, spaccato tra cielo presunto e terra reale.

l'uomo che abita gli spazi del delirio, tutti, a livello psichiatrico, (come ben ha colto la fenomenologia psichatrica, e in specifico, forse l'unico che meriti una lettura attenta nell'intero panorama psichiatrico: Minkowski) denominati proprio dalla deformazione temporale, per cui si ritrova vittima di coazioni a ripetere, siano gesti, siano pensieri.

Essere logorroici è solo l'invebitabile condizione della nostra società contemporanea.

La moltiplicazione dei messaggi, tutti rigorosamente deliranti, ne è uno dei sintomi più evidenti e meno annotati nelle riflessioni contemporanee.

Come può esserci un giusto cielo e una giusta morale, se non si crede nella terra, nella storia, negli Dei?

Non è un delirio, è esattamente il contrario.
E' la scienza precisa (la gaia scienza la chiamerà Nietzche più avanti, rispetto dove sono io) di chi osserva con acume e mente ferma.

Di chi disprezza il presunto cielo, la presunta metafisica.

La prima parte di Umano troppo Umano è una furiosa confutazione di qualsiasi cielo.

E'la spiegazione di tutte le passate e future politiche.

In attesa di coloro (comunità) che predicheranno il superuomo.

Il superuomo, come sappiamo è visto come un delirio.

Anzi è il delirio che si è espresso nella storia con il punto di non ritorno, che vede un uomo (puro) e una macchina (cattiva) detta l'altro. In nome dell'Altro.

Il deliro allora è semplicemente il giudizio in nome di qualcosa che si pretende come cielo.

Non un giudizio sincero, che osserva solo la sete di potere.

E' la sete di potere stessa, che si traveste da cielo.
(e perciò Nietzche è così frainteso, poichè al cielo si è riferito. Si è pensato che fosse solo una sua sete di potere).
Le infinite argomentazioni della morale, che informa ogni politica.
Le infinite definizioni di cosa l'uomo debba o non debba essere.
Debba o non debba fare.
Come supremamente osservato da Agamben, è solo il delirio, la distorsione di sguardo, e cioè che l'uomo esattamente fa, quello che dice di non voler essere!
Principio in realtà già studiato da Freud, ma presente forte, come una delle sue vene di verità, in Nietzche, così come in Montaigne e gli altri moralisti francesi (che ancora non conosco).

Ora dire che il cielo è la filosofia, è purtroppo per un filosofo la cosa più difficile da ammettere.

Significa dire che la filosofia è la più grande delle fantasticherie.

E sia pure. Non ho problemi con quello.

Per me Platone e Aristotele sono la feccia del Mondo.

I loro deliri non li ho mai sopportati.

Ma la filosofia non è solo Platone e Aristotele.

Non è solo gnosi e scienza. Alias.

Quindi seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMANENTE che la filosofia sia il problema.

LA FILOSOFIA e in primis NIETZCHE sono la soluzione.

E se vogliamo usare un linguaggio alchemico, Nietzche è sia la coagulazione (del problema) sia la soluzione.

Ma ad ogni soluzione si perviene ad un grado più alto del potenziale umano (come Sloterdikìjk ha combinato).

A quale grado esso sia salito? non ne ho idea. Intanto cerchiamo di seguirlo. Non posso che augurarti di trovare le forze di rimetterti in discussione.

Perchè è chiaro che se presumi che questi gradi di ascendimento del potenziale umano, siano solo presunzioni, se non proprio fantasie.
(ed è quello che la scienza nemmeno tanto velatamente insinua di sapere su di noi).
Non vi sarà MAI nemmeno lo sforzo di raggiungerle.

Suggerimenti di lavoro.

La coagulazione è intanto il far diventare ciò che era cielo, TERRA.

In questo il Cristo con la sua azione terrena, dovrebbe essere d'aiuto.

Ora rendere il Cristo terreno è la mistificazione per eccellenza di tutte le chiese, e ora che ho cominciato il corso di teologia contemporanea, sono amaramente sorpreso, che è stato così anche per la teologia negativa, verso cui nell'ultimo quinquennio avevo posto molte  speranze. (appunto mettere sì in chiaro che il dire che il gesù terrestre è una mistificazione, ma nello stesso tempo dire che l'unico cristo sia quello celeste, ovvero quello delle sue parole).
E/Ma infatti per me il Cristo è chiaramente CELESTE. Non ha nulla di terreno il suo messaggio.
Il punto è che il CRISTO DEVE TORNARE SULLA TERRA.

L'orizzonte che mi sono messo di fronte è quindi quello di ritrasformare, la mistificazione, in qualcosa di appetibile, per la coagulazione celeste.

Ossia se vi è una mistificazione terrena (siamo tutti buoni, lol).
Egualmente vi è una mistificazione celeste (siamo tutti salvi).

Forse aprirò 3d.

Per quanto riguarda l'alchimia sto facendo un lavoro su me stesso, per abbattere un fantasma grosso come una casa che si è materilizzato davanti a me. (e che c'entra eccome con l'abisso che ti guarda).
Sinceramente non credevo di doverne affrontare altri....ma ahimè il lavoro sembra non finire mai.
Comunque mi sembra che sono a buon punto.
Dovrei presto riniziare a studiare il CRISTO PESCE senza eccessive paure.


Di fronte a tutte queste tematiche, l'antropocentrimo come problema, mi fa tanto sorridere.
#2367
cit IANO

"Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo."

Ascolta Iano sembra proprio che non ci capiamo proprio.

Mi riferivo al fatto di darle del lei, come androide, ma ovviamente era uno modo di ironizzare.

Ironizzo sul fatto che la scienza è esattamente come la metafisica.
Fatta da uomini, e quindi molto umana, e poco divina.


Cosa comporti il fatto che sia umana? La mia obiezione principale, è che la scienza crede di poter regolamentare la verità dell'uomo, come se l'uomo fosse una macchina, come se la somma delle parti, desse l'intero.

Ma ripeto se gli uomini hanno bene o male le stesse parti, perchè poi esiste la Divina Commedia?

Questo riassume in verità una marea di meditazioni e di concatenamenti, che indubbiamente richiederebbero approfondimenti.

Di certo credere che l'uomo sia una cosa intera (somma di parti) è di solito sempre una fantasia.

Antropocentrismo, era un modo di pensare che credeva l'uomo letteralmente al centro del Mondo.

Credenza che è stata sconvolta da Copernico, e meglio successivamente da Galileo.


Ma che l'uomo fosse al centro della terra era considerato scienza.

Frutto di una indubitabile somma delle parti.


La polemica che inasprisce da secoli, tra visione olistica e visione riduttivistica, direi in termini contemporanei, è sempre la stessa.

Pazienza di lavorare sulle Presunte parti, e formalizzazione della teoria che le presume.

Il punto è che la formalizzazione chiede una Legalizzazione.

Nel momento che diviene cose leguleia, inizia la lotta a colpi di presunzione, di cosa sia uomo e cosa no.

Ma l'uomo non è cosa in sè, separata dal suo ambiente, dalla sua storia, dai suoi incontri, dalle sue presunzioni, e sopratutto dai suoi sogni.

Qualsiasi riduzione dell'uomo a cosa in sè, è anti-filosofia.

Contrapporre l'antropocentrismo con l'uomo macchina del secolo riduttivista, è ridicolo, essi sono infatti la stessa macchinazione.
Sono la stessa presunzione: che continua a piegare l'uomo e la sua anima.

+ + +

Non ho mai detto di ignorare la fisica, infatti armato di santa pazienza, ascolto da sempre conferenze di scienziati, di neuro-specialsiti, e si da il caso che sia stato anche progammatore informatico, quindi so benissimo cosa c'è dietro alla mentalità delle scienze dell'informazione, e della robotica.

Sinceramente non ho mai ascoltato una singola parola che testimoniasse delle verità raggiunte dalla filosofia.

Mai una volta. Il che mi pare grave, a dire poco.

+ + +

Mi permetto, ogni tanto, non sempre, di dar battaglia, in questo piccolo angolo del web mi pare quasi obbligatorio farlo.

D'altronde è anche un modo di sfogarsi.

Non te la prendere troppo Iano! E dammi pure del tu
#2368
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 19:21:17 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
Seconda parte...

Si può arrivare ad essere attaccati ad uno dei legami più 'pericolosi', quello alla 'divinità', oppure all'idea della 'buddhità'. Ossia allo stato d'essere "assoluto" che nel Theravada viene definito come "l'estremo positivo della metafisica". Quello in cui si tenta di 'trascendere'  le nozioni di base, elementari, quali quelle di uomo, donna, società, cultura, ecc.
Bisogna essere consapevoli di questa possibilità d'attaccamento pernicioso insita in ogni cammino che comunemente viene definito come 'spirituale'. Si rischia di costruire un 'fantasma' che immaginiamo come puro, ineffabile, eterno...Si arriva a concepire una sorta di 'coscienza primordiale', coscienza "tout court" trascendente, senza oggetto, senza proprietà, attributi e stato. Qualcosa di "elevato".
Questo attaccamento all'idea di divinità arriva all'ossessione dell'identificazione diretta con la divinità stessa, la fusione in essa...
Non sto dicendo che non esiste divinità. Sto dicendo semplicemente che l'attaccamento tende a costruirsela in modo da 'provarne piacere'...


Non sai quanto sono d'accordo amico mio!  :)

Certo che però qua passiamo veramente ad un livello di consapevolezza a cui pochi arrivano.
Il nostro giovane Apeiron, si è avvicinato con il 3d sulla nevrosi della filosofia.
(anzi nella sua intuizione essenziale, è andato oltre credo, posso solo augurargli di continuare a snocciolare bene la questione, a cui sono giunto mica nei 20 piuttosto nei 30).

Quindi lascerei la questione in queste tue parole preziose. Gli altri non si spaventino.
Diciamo che si può soprassedere su questo punto.

"Se incontri il Buddha per la strada uccidilo"


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
......... No, egli dice:" vi è la cessazione dell'ignoranza", poiché, giustamente, appare l'interruzione del fenomeno. E se questo non si mostra più, come lo si può conoscere? Il concetto non è di acquisire i fenomeni che ci circondano sulla base della consapevolezza. Ma, che questi fenomeni apparenti cessano di mostrarsi, poiché, di conseguenza, la coscienza che si esprime con essi si interrompe. Per Buddha, è la conclusione dell'ignoranza. E' un fatto così stupido, che, nel sentirlo, si potrebbe dire che si tratta di una cosa da sempliciotti! E, invece, ci parlano di conoscenza trascendente, di modi di conoscenza, della coscienza che non sa, quando si trova nel samsāra, mentre, invece, esiste quella soprannaturale, che sa...

Certo



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM
L'esperienza vissuta da Siddharta è sconcertante, incredibile. D'altronde questa questione non si può porre in termini di 'credenza'. La cessazione dell'ignoranza accompagna anche quella della conoscenza. E' proprio quando non c'è più nulla da conoscere che paradossalmente cessa l'ignoranza, o quel che Buddha chiama ignoranza.
Nel momento in cui la coscienza appare si manifesta, si mostra con il suo oggetto, c'è come una falla, un'increspatura...da qualche parte c'è un 'buco', perché c'è dell'ignoranza ( avidya). Buddha ha fatto l'esperienza della Cessazione della coscienza conoscitiva e del suo oggetto. Così, egli dice, si arriva alla fine dell'ignoranza. E' un concetto...un pò radicale! Però...però...c'è un però...non si tratta di annichilimento, di annientamento completo. Semplicemente la coscienza che appare incatenata con il suo oggetto, in funzione di un ciclo ben definito di successioni e che in seguito sperimenta ogni sorta di brama, odio e illusione, non si manifesta più.

Ma infatti credo che il vero nichilismo buddista sia più a monte per come dire.

Nel caso della cessazione, o della contemplazione del fiume che scorre, si tratta a mio parere di una tecnica di purificazione mentale.

Proprio nella maniera di come Bluemax ce ne ha parlato.
Ossia della cessazione dell'inquietudine.

Non mi pare una posizione nichilista. Ma su questo sentiremo, se avrà pazienza di leggere tutte queste parole, e se ne avrà voglia, Apeiron, che mi pare, ci tiene di più a questi "specimen".





Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:13:37 PM

Tuttavia, nel momento in cui la coscienza cessa di mostrarsi con il suo oggetto, essa ne assume comunque un altro, che è il Nibbana/Nirvana.Questo è un fatto molto particolare, direi quasi incredibile. La coscienza non può impedirsi di fare vedere; anche quando non ha più alcun oggetto da 'afferrare' essa esprime la sua tendenza che è tanto forte che, anche quando non ha più un qualcosa di 'prendibile', allora assume il Nibbana come oggetto, si radica nel Nibbana si potrebbe dire.
E' qui che il Buddha ha fatto una scoperta importante (quella decisiva direi...). Ha realizzato  non soltanto Nirodha, cioè la cessazione dell'apparizione della coscienza e dei suoi oggetti, ma pure che, quando tutto ciò cessa, sparisce...rimane ancora qualche cosa. Non è il nulla, nè IL NULLA. La coscienza /vinnana non può che seguire la sua 'natura' e allora prende come oggetto il Nibbana. Questa coscienza che prende come oggetto il Nibbana però funziona sempre nel ciclo di paticcasamuppada .
Così, quando il bhikkhu raggiunge il Nibbana, contempla il nibbana, Buddha sostiene che questa coscienza che prende per oggetto il Nibbana è ancora una fabbricazione insoddisfacente, impermanente. E tuttavia, se Buddha non avesse toccato il Nibbana come avrebbe potuto sapere che esiste?E' molto particolare il Nibbana...Sarebbe una cosa perfettamente vana cercare di dargli una descrizione definitiva.
Perché è particolare? Perché il Nibbana "non appare". Malgrado questo la coscienza può assumerlo come oggetto, anche se quello non offre nessun appiglio. La particolarità dell'elemento Nibbana è che può venire conosciuto dalla coscienza/vinnana.
Quando la coscienza che può prenderlo come oggetto può totalmente svanire e sparire nel  Nibbana c'è quello che viene definito come Parinibbana.
C'è un'altra differenza importante da rimarcare:  quando la coscienza prende come oggetto il Nibbana, tale oggetto non è legato al paticcasamuppada. Non è un oggetto che appare, dispare ed ha una forma. Non possiede qualità ed attributi intrinsechi ( e neppure estrinsechi...). Non possiede una forma, non ha una 'pietra angolare', è senza asperità. E' molto particolare perché Siddhartha ci dice che è vuoto. Ma non è IL vuoto; è semplicemente vuoto. Finchè esiste la coscienza non può che avere una certa 'forma', una sua certa proprietà. La coscienza senza proprietà...semplicemente non esiste. Così, quando la coscienza prende ad oggetto nibbāna, a causa dell'assenza di 'legame', di natura, di definizione; per il fatto che esso non appare, la medesima coscienza non ne risente per nulla. Non ha nulla da risentire. Poiché, non è né buono, né cattivo; e neppure neutro.
Si adopera , per tale coscienza che prende come oggetto il Nibbana, una definizione che ,spesso, è mal compresa: santi sukha, che significa 'piacere' dovuto ad uno 'stato pacifico'.
Però chi conosce il Nibbana non prova alcun 'piacere'. Proprio perché non vi nulla da vedere in Nibbāna, nulla da conoscere, nulla da ascoltare e per definizione è inconcepibile che possa esistervi una reazione, una collera, un pensiero, una parola, oppure un movimento.
Proprio perché non esistono sensazioni...appare la beatitudine; questo famoso santi sukha.
Questa esperienza di Nibbana Buddha l'ha fatta , quella della coscienza che prende il Nibbana come oggetto e prova beatitudine. Per sette giorni ne è rimasto assorbito. Assorbito nella conoscenza del Nibbana. Così, egli ha compreso che la coscienza che assume ad oggetto nibbāna, se è, beninteso, calma, sta, tuttavia, ancora... là.
Poi, per altri sette giorni narra la tradizione, ha avuto un'altra esperienza: è pervenuto alla Cessazione di paticcasamuppada , del ciclo di sorgere della coscienza e dei suoi oggetti ed è riuscito a far sì che la coscienza non riapparisse prendendo come oggetto il Nibbana. Ha sperimentato cioè il Nibbana senza alcuna coscienza residua.
Evidentemente non se n'è potuto accorgere...non essendoci più coscienza con oggetto il nibbana ma solamente Presenza dell'elemento Nibbana.
Per avere fatto questa esperienza, Siddhartha è giunto alla conclusione che il Nibbana è proprio la Liberazione definitiva, irreversibile. E' proprio quando è giunto a questa esperienza di Nibbāna, stavolta definitiva, senza alcuna coscienza residua, che ha compreso che Nibbāna è proprio la fine definitiva del 'processo' del paticcasamuppada e della sofferenza insita in questo. Assenza totale di sofferenza, attraverso l'assenza totale di infelicità, di collera, di odio, di desiderio, di gioia, di amore, o di qualunque cos'altro; attraverso l'assenza totale di proprietà, di coscienza, di sensazione, di oggetto, di colorazione, di forma...

Se siete arrivati a leggere tutto questo ...avete buone possibilità di aver svilupppato la mente chiamata "paziente sopportazione del non-creato". ;D  ;D  ;D

P.S.  A proposito della ricerca continua di ciò che ci dà piacere. Eccola qua in azione: il piacere di scrivere!... ::)  ::)



Diciamo che questa ultima parte è la più difficile da accettare per me.

Perchè parla di uno stato di coscienza, che percepisce ancora qualcosa.

Siccome è una cosa che come ho detto più volte, ho sperimentato, io rifiuto di credere che sia una cosa.

Invece nella PAT, si parla chiaramente di oggetto, che ha la proprietà di essere niente.

E che nella sua versione materiale, e cioè para-nirvana, si manifesta come vuoto.

Devo dire che dottrinariamente è una distinzione interessante.

Negli stati di meditazione iniziali, infatti la condizione da raggiungere al più presto è quello dell'ascolto.

Per poter "ascoltare" bisogna prima ripulirsi delle percezioni che ci fanno rimanere nel ciclo della vita.

Questa pratica ha il merito indubitabile di calmare la mente, e devo dire che effettivamente la fase in cui siamo pronti a ricevere le percezioni "per come sono", coincide con questa predisposizione, che chiamerei anch'io di mancanza, di svuotamento, di purificazione (termini che oggi per me significano veramente poco).

Ma quando la meditazione si fa più profonda, le percezioni cessano, ed è allora che si percepisce la trascendenza.

La trascendenza, è una sorta di gravitazione al contrario. Anche nella mia esperienza è coincisa con una sensazione di levitazione.

Sono anche abbastanza convinto che questa sensazione sia indagabile a livello di TAC, in maniera scientifica.

Perchè ti rendi conto che è una cosa che avviene all'interno del mondo materiale.

La cosa che più mi interessa è però che quella modalità della coscienza, se di coscienza si tratta, a livello buddista, mi par di capire sia proprio così, sia l'origine di tutte le intuizioni che scaturiscono dentro di me.

E' come una fonte di illuminazione.

Ma le intuzioni, non nascono come se fossero esterne a me, esse nascono dentro di me.

Quindi dire che è una fonte di illuminazione è scorretto in effetti.

Credo che la considerazione di Nietzche sia quella corretta, perchè l'ho sperimentata.

Che noi siamo una corda sopra l'abisso.

L'abisso NON è avidya, non è il diavolo, non è un oggetto.

Se lo fosse non cadremmo caro Sari proprio in ciò che da principio avevi detto che potrebbe succedere.

E che io liquido dicendo, che staremmo feticizzando Dio.

In fin dei conti, l'ebraismo è più preciso, perchè il diavolo è il 2.

Ma il due, il dualismo esiste solo con l'uno.

Il delirio religioso è quello di credere che l'uno sia DIO.

Quando invece per me l'uno è l'uomo, mentre il due è DIO.

Ossia Dio viene percepito da noi, non come oggetto, ma come trascendenza rispetto a noi.

E' interessante come questa trascendenza assuma i colori del mito.

In poche parole quale è la legge, in termini buddisti, la psicologia, in termini psicoanalitici, che ci informa?

Che Dio sia l'uno, è mito.

Vuol dire che esiste una funzione psicologica tra soggetto e ciò che lo trascende.

Di solito DIO è qualcosa, ci viene presentato come bene.

Ma proprio per tutto quello che abbiamo detto prima.

E' invece "niente". Non potrebbe essere altrimenti!

E' necessario che sia niente.

Se fosse qualcosa vuol dire che la funzione psicologica che ci lega a lui, sarebbe sempre una.

E invece per esempio, le religioni sono molte.

Certamente vi è una funzione, che possiamo chiamare legame.

Ma questo legame testimonia di un qualcosa, di un risultanza, fra ciò che non può essere conosciuto, e per questo è niente. E ciò che invece conosciamo, che è poi la nostra esperienza di fede, o di vita, qual si voglia.


Il nichilismo sotteso al buddismo e a tutte le religioni è invece più proriamente la negazione che si tratti di cose umane.


Il Buddismo però ha una chance in più però.

Proprio perchè nel riconoscere che esiste la mancanza, non ha bisogno come la teologia contemporanea di desumerla dalla storia, risparmia chilometri di viaggio spirituale.

Tra l'altro la PAT mi sembra che non risponda proprio a nulla.

Infatti io propongo questo errore logico.

Che abbia fatto la solita inversione logica.

Che per spiegare la vuotezza, presuma il nulla.

E invece dovrebbe essere il contrario, che presunta (a buona ragione, per praticantato, per esperienze personali, che tutti possono sperimentare) la vuotezza, debba dimostare perchè il nulla anzichè qualcosa.

Tra l'altro come dici tu la PAT è il tipico serpentone agnostico, sta lì a guardarci negli occhi, a incantarci, e ci consegna al depansamento e alle mistificazioni di ogni religione.


Proprio lei, la PAT, (a meno che le considerazioni iniziali sono solo del SARi, che si dimostrerebbe più saggio della PAT, e scommetto che è così!  ;)  ) che aveva proprio posto il problema dell'uscire dagli errori mentali!!!!


Spero non ti sia offeso, comunque è stata per me una quantomeno utilissima full immersion nel mondo buddhista.
Ovviamente sono aperto ad ulteriori approfondimenti.
E anzi caldeggio una rilettura delle parti più interessanti riguardanti il rapporto mente-oggetto.
#2369
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 18:27:08 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Direi un cosa. sembra che l'intera problematica ruoti attorno alla comprensione corretta di paticcasamuppada (pratityasmutpada in sanscrito per Bluemax...) che è oggettivamente uno degli insegnamenti più profondi, difficile e 'sottili' da afferrare di Siddhartha, detto il Buddha ,o l'asceta Gotama...
Ora mi accingo ( con sommo sprezzo del pericolo, di farci la mia classica figura di... :-[ ) a darne una mia interpretazione, facendomi aiutare da un testo 'segreto' che tiene un posto particolare nella polverosa biblioteca di Villa Sariputra. Così, se il mitico nicciano  Green, non intenzionato a leggersi la Mulamadhyamakakarika del grande Nagarjuna per il momento, ne è ancora un poco interessato,potrà farsene una parziale opinione...

Grazie  ;) 


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
....
Buddha espose ripetutamente in molti sutra la teoria della Pat., di questa genesi da produzione condizionata. Una volta un tale gli chiese:" Voi affermate che non esiste reincarnazione; però, malgrado questo, parlate di vite passate, di vite future, di rinascite."
Al che Gotama , per tutta risposta, con un leggero sorriso sulle labbra, gli dette esattamente la lista dei dodici elementi che formano la catena di Pat., che formano questo processo, in ordine logico ma inverso. Ecco in cosa il Buddha riassume la sua concezione, la sua visione del ciclo delle rinascite, proprio in Pat.
Pat. è un 'processo' ( senza imputati... :) ); cioè si tratta di una successione di avvenimenti che sorgono senza l'intervento di alcun agente, o "essere". E' un susseguirsi del tutto incontrollabile, ineluttabile e irreversibile ( salvo quando il 'processo' termina il suo ciclo...).
Per il Buddhismo questo processo gestisce l'evoluzione della materia, dei suoi fenomeni ma anche l'evoluzione della mente stessa, con tutti i suoi attributi e proprietà.
Tutti gli eventi che la coscienza può seguire sono contenuti in questo processo. Di più, direi, la coscienza stessa ne è contenuta. La "legge fondamentale", iniziale, che si manifesta nel processo è "anatta ( anatman)". Secondo il Buddhismo delle origini la coscienza è suddivisa in unità elementari , così come la materia, per es., è composta da atomi e questi si raccolgono in molecole e poi in cellula, in organo, ecc. così le unità elementari di coscienza hanno una durata di vita infinitesimale (un miliardesimo di secondo? Boh!... :-\ ).

Certo, per quel che mi riguarda non ho mai prestato particolare attenzione alla spiegazione cosmologica.

Riassumo quindi questa prima parte con il fatto compiuto che l'anatma, è la forza che costituisce la cosmogonia del PAT.

Poichè asserisci, ma non mi è molto chiaro, che la cosmogonia del PAT è materiale, dunque il principio anatman è all'interno di un mondo materiale. (presumo che sia un principio, mi viene da pensarlo così).
Le leggi sono costituite da questo principio (e vengono chiamate concause? mi chiedo)
Ma questo principio è niente. (sarebbe da capire qui caro Sari, se con "niente" si intende "non materiale" o come "materiale").
Perchè nello schemino del punto 2 risulterebbe se Apeiron ci segua o meno. (se il niente è immateriale, allora Apeiron non ci segue, e mi sembra un ipotesi più convincente).
Per me non fa molto differenza comunque. Ripeto io parto sempre dal fatto compiuto. Che siamo nella materia.


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
...... che pertanto ogni concetto di 'essenza' è completamente assente . Assente addirittura dall'universo intero...

Questo deporrebbe a favore dell'ipotesi antimaterialista, ma non è detto, perchè "essenza" è un termine molto generico (e come sappiamo poichè è un concetto piuttosto complesso del canone occidentale, lo prendo "con le molle").



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Proviamo a pensare una situazione concreta: Un tizio che ci pesta un piede in metropolitana o sull'autobus, inavvertitamente. Cosa proviamo? Un dolore violento al piedone. Che succede? Per la maggior parte di noi questo dolore fisico si accompagna ad un impeto di collera  >:( . E' molto raro che compaia immediatamente uno stato di compassione, d'amore per il calpestatore, uno spirito bello tranquillo e accomodante. Quasi sempre sorge invece un senso di avversione, di irritazione e , a volte, pure di odio. Così prorompiamo in una parola dura o in un gestaccio . Qui osserviamo in azione paticcasamuppada , come avviene, schematizzando e semplificando il 'processo'. C'è una consapevolezza dolorosa e, immediatamente, sorge una sensazione spiacevolissima che l'accompagna. Non sappiamo perché, né come, ma probabilmente tutti ne abbiamo fatto l'esperienza. Sembra una cosa del tutto automatica. A seguito poi di questa collera nasce un'intenzione poco edificante ( che a volte, per fortuna , si ferma lì...), spesso malvagia: "Stai attento, scemo!", oppure:"Pezzo di imbecille!" o altro di poetico...
La situazione può andare avanti e arrivare alla 'vendetta', così affibiamo un bel calcione nella tibia al malcapitato, anche se non l'ha fatto apposta.
Ecco esposto, in modo molto stringato, questo processo: vi è l'apparizione della coscienza (esempio: coscienza dolorosa), che farà rapidamente nascere un fenomeno materiale (esempio: movimento della mano, emissione di un suono, sotto forma di una parola offensiva). E' così che tutto funziona in quel che noi chiamiamo universo, mondo cosciente. E per ogni essere, in ogni momento. Però tutto quello che noi possiamo pensare, dire o fare è solo la fase finale di un 'processo' iniziato prima, semplicemente attraverso un impulso cosciente, una percezione sensoriale.

Certo, ti seguo.



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Discutiamo di filosofia e di spiritualità sul forum, di cose esistenziali, del tran tran giornaliero, del tempo che fa, di politica...tutte queste chiacchere interiori ed esteriori, con altri, sono solo la fase finale, in larga misura, del 'processo' . Di solito la parte con cui passiamo la maggior parte del nostro tempo è quella del discorso dialettico, del parlare dentro di noi, a cui dedichiamo indagini e riflessioni. Assai raramente, soprattutto se non pratichiamo  la meditazione, riusciamo ad osservare i momenti precedenti . Diciamo, a volte:" Sono consapevole che la vita è proprio questa, sono consapevole della sofferenza, spesso ci penso...". Però di solito manchiamo per inavvertenza, per disattenzione e diamo importanza solo alla fase finale, alla riflessione e ai discorsi , banali o intellettuali e filosofici.
Quando mai siamo consapevoli della mascella che si muove o dell'aria che respiriamo?
Non diamo alcuna importanza alle fasi anteriori del processo. Non lo osserviamo, ci fermiamo, invece, nei nostri discorsi...oscilliamo costantemente tra una situazione di pensieri basati su idee negative ad altri su idee positive, per tutto il tempo.
Se riflettiamo un po', potremo giungere a capire, a percepire che, quando, nella giornata, abbiamo degli attimi di riflessione sull'esistenza ,nel senso che essa è insoddisfacente, piena di problemi... vi sono anche dei momenti in cui non si pensa affatto a tutto questo, visto che ci troviamo occupati ad assaporare una deliziosa bevanda, un piatto squisito. A quel punto, ci gettiamo, piuttosto, su delle considerazioni, tipo "la fortuna che abbiamo di essere nati in italia, che è il paese dell'arte culinaria". Sfortunatamente, passiamo da una situazione di pensieri, basati piuttosto su delle idee negative, ad un'altra, fondata su idee positive; ed oscilliamo dall'una all'altra, per tutto il tempo.

Certo, a parte la considerazione ottimistica, che ci poniamo dialetticamente  ;D , comunque sia, siamo nel mondo materiale.




Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
Nella vita sembra esistere soltanto l'"appetito": cioè desiderio, tendenza verso qualcosa.
In pali viene chiamata tanha. Tanha è quella cosa che fa proiettare la nostra coscienza sul proprio oggetto, o su altro.

Non esiste alcun tanha per me. Mi sa tanto di "diavolo".
Comunque condivido che il desiderio tende a farci gravitare sull'oggetto desiderato. Se questo è il senso morale che vogliamo dargli. (ovviamente la cura del desiderio, equivale alla filosofia più alta. Ma è solo un inciso il mio).




Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
....chiamata upadana, che significa appunto 'fissarsi'..... Taṇhā è il termine impiegato per sintetizzare, in senso lato, l'avidità, il desiderio e la propensione. Così, alla partenza, vi è l'ignoranza, la mancanza di conoscenza, l'incapacità di sapere cosa è, per esempio, quel dolore che appare e la coscienza che lo accompagna. Poiché esiste questa incapacità, vi è, di conseguenza, l'ignoranza che produce il processo che si chiama formazione. La formazione, che accompagna la coscienza è, da una parte, la sensazione (piacevole, o spiacevole) e, dall'altra, la necessità che abbiamo di esprimere, in tale momento, un'azione.

upadana....nel libro della Bibbia, viene detto da Satana: "noi siamo moltitudine".

Speriamo che dopo tanha siamo risparmiati da altri diavolacci.

Un "piccolo" approfondimento.
E' tipico del discorso schizoide la proiezioni di infinite divisioni, che sono sempre proiezioni a cascata del primigenio errore.


Se vogliamo intendere che l'uomo è formato dai suoi oggetti, possiamo tranquillamente dire che la sapienza buddista, anticipa il marx del feticismo. (ma ovviamente non è così, in quanto il buddismo è mistificazione, il buddismo è feticismo! mi viene subito in mente l'armadietto dei namiore nghenchiò!).

Dunque ragionevolmente mi pare di poter essere d'accordo.


Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
"Naturalmente non è facile da spiegare a parole perché il paticcasamuppada è una specie di serpente che si morde la coda." 

Un "piccolo" approfondimento.
La figura del serpente che si morde la coda, è a livello psicologico-analitico, il discorso paranoide.
Che sta alla base di quello schizoide. (quello dei diavolacci).



Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
.....Semplificando, si può dire che, all'inizio esiste una ignoranza di quanto sta per capitarci, sino al momento in cui sopraggiunge la consapevolezza. dalla consapevolezza appare una sensazione, piacevole o spiacevole,; poi sorge una reazione, cioè il nascere di un'intenzione, di un progetto motivato dal desiderio di soddisfare qualcosa. Acquisito l'oggetto, nasce l'attaccamento ad esso. Lo si accaparra e si crea un legame..

Un "piccolo" approfondimento.
Si crea il feticcio. Il totem.

Si sono d'accordo.

Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2018, 17:10:17 PM
All'inizio dunque ci proiettiamo su qualcosa, però arriva il momento che l'impulso che ci ha spinti, che è diventato abitudine...svanisce. Non sappiamo nemmeno dire perché. Fa parte dell'attaccamento che è , in sostanza, la facoltà che ci trattiene sugli oggetti o sui nostri ragionamenti, discorsi, ecc..
Esiste l'attaccamento alle nostre opinioni e punti di vista. Un buddhista, un cristiano o un ateo possono essere molto attaccati ai loro punti di vista, per esempio. Spesso non ne sappiamo nemmeno il perché. E' una sorta di rinnovo dell'appetito alla vita...
Aderiamo, ci attacchiamo ovviamente anche a questa idea del 'divenire', ossia di 'vivere'. Crediamo nell'"essere" e siamo molto avvinti da questo. Non soltanto all'idea: sono Sari, sono Piero, sono un uomo, sono una donna, sono buddhista, sono cristiano , sono ateo, ma semplicemente al fatto. Questo attaccamento alle opinioni fa sorgere numerosi momenti di tanha  e iniziamo ad attivare di nuovo progetti futuri, iniziative, ecc.

Fine prima parte...


Un "piccolo" approfondimento.
Come sappiamo dal totem deriva il tabù. Perciò l'appetito, presunto, per la vita, si trasforma nel suo esatto contrario, ossia nel sacrificio, dell'altro di solito, ma anche e direi sopratutto di se stessi.

Nel discorso, psicoanalitico dopo Lacan, si parla del fantasma di morte.

Quindi unendo quanto giustamente detto da te, con i dovuti approfondimenti, la sete di vita, si trasforma in sete di morte.

Ci sarebbe da chiedere come la saggezza del PAT. risponde a queste tue, necessarie, premesse.

Perchè benchè è assai arduo che la saggezza antica, fosse consapevole dei propri demoni, dei suoi errori psicologici, è comunque vero, che, come insegna freud, la fine della traversata dell'incubo, era di solito la fissazione di una grande legge morale. Ovvero per conto mio, la fissazione di un mito, è una regola psicologica.
#2370
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 17:33:39 PM
Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM


Ciao. Grazie per il tuo intervento :)
Per quanto ne so (E probabilmente Sariputra ne sa piu' di me quindi spero di non commettere troppi Orrori :D ) Il karma (mentale inteso come effetto che ogni pensiero genera in quello successovo e cosi' via all'infinito) si riferisce agli impulsi mentali che ci portano ad agire, parlare, pensare in modo spesso compulsivo.
Mettendo in atto questi "impulsi", semplicemente rinforziamo le nostre (rabbia, rancore, gioia, invidia, ecc... ecc...) abitudini.
Come risultato, proviamo che il nostro "umore" ha alti e bassi e ripetiamo incontrollabilmente i nostri schemi comportamentali.
Tuttavia questi "risultati karmici" non sono predeterminati, non sono fissi: possiamo (sforzandoci prima e naturalmnete dopo) influenzare ciò che sperimentiamo.
Possiamo renderli più "leggeri" o addirittura eliminarli dal momento che la loro intensità dipende da molti fattori, i quali rientrano nella nostra sfera di influenza e mai dal mondo esterno.



Certo  :)  la volontà, suppongo, o la mente stessa, possono decidere se ospitare alcune leggi karmiche o meno.
Ovviamente se alcune leggi karmiche ci rendono agitati, se non vogliamo esserlo, lavoreremo sul riconoscimento di queste con-cause, e una volta riconosciute come tali, e cioè come fattori di agitazione, gli impediamo di albergare nella nostra mente. Stessa cosa fa uno psicologo.

Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 19:55:02 PM
Non ho idea di cosa sia questa vacuità, me ne sto facendo una idea.
Ma non capisco come possa la vacuità essere inter-dipendente. (dipendente da ogni cosa)
I casi sono 2, o vi è un errore di battitura e semplicemente la vacuità non è dipendente, quindi è indipendente da ogni cosa.
Oppure caso più complesso, bisogna decifrare come possa qualcosa che è vacante, che è in vacanza, essere dipendente con ogni cosa.
Si presume infatti che ogni cosa sia presente a noi, nel qui e ora. Come possiamo unire 2 concetti così antitetici?

Come sopra, sperando di non sbagliare troppo, provo a darti una spiegazione. (almeno per come l'ho compresa io).
Ogni fenomeno possiede due distinti modi di essere: Quello ultimo e quello convenzionale "apparente".
La Vacuità, per un praticante buddista, è il suo modo ultimo, definitivo di esistere, è il modo in cui i fenomeni esistono realmente.
Tutto cio' che esiste, ogni fenomeno, ha una qualità ESSENZIALE: quella di essere un evento che sorge ed esiste in modo dipendente da qualcos'altro, cioè di essere il PRODOTTO dell'interdipendenza.
Del resto questo discorso è perfettamente assimiliabile ed inopinabile da chiunque abbia fatto un minimo di studi scientifici.
Il problema, a mio avviso è che il cervello (non la mente) funziona in modo particolare. Necessita di "mappe mentali" che si costruisce durante la crescita dell'individuo.
Il classico esempio (ma si potrebbe andare molto piu' a fondo) che ci hanno fatto durante gli insegnamenti sulla mente e' la prova della "M".
Prima di andare a scuola e farti COMPRENDERE che le 4 stanghette messe in quella posizione costituiscono la "M" tu percepivi tramite la coscienza visiva semplicemente le 4 stanghette. Da quando hai costruito la "convenzione" di "M" per te è IMPOSSIBILE vedere i 4 segmenti, ma vedi "IMMEDIATAMENTE" la "M" (ma stiamo divagando, ammetto, e scusami :) )


Ti seguo. E' ok.


Citazione di: bluemax il 09 Febbraio 2018, 13:03:27 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 19:55:02 PM
Il buddismo chiude subito quel problema, perchè il mondo con le sue leggi è prevaricazione.
Ovviamente lo chiude solo per arrivare alla sua etica mistificatoria, che invece che affrontare il problema, lo fugge.

Per cui entrambe le religioni giungono ad una visione demistificante dell'uomo visto come malvagio. A cui si edifica il tempio (la sacralità)  della pace (presunta) delle proprie comunità sia esso di una chiesa o di un tempio (nel senso di edificio) che siano.

Sempre per quanto ho "compreso" il buddismo non GIUDICA qualcosa come "MALE" (questo lo lasciamo fare allo sperimentatore del fenomeno che giudica un qualcosa come BENE o MALE a seconda che abbia un tornaconto o meno). Il buddismo invece si limita a stabilire che è MATURATO un evento grazie a cause e condizioni. Non esiste il "MALE" ne il "BENE" ma sono semplici etichette date da una mente grossolana.
Il buddismo si è limitato a dire una cosa semplicissima (le 4 nobili verità) ossia che ESISTE (nelle menti non addestrate) DUKKA che si puo' generalmente traddure come "inquietezza" ossia la costante, continua, perpetua ricerca di benessere in cose che non possono risolvere il problema di fondo ossia la "felicità" o "tranquillità" se vogliamo.
Quindi semplicemente DUKKA esiste... non c'è nulla da fare per questo... è la nostra CONDIZIONE.
Praticamente è una analisi dello stato attuale di ognuno di noi... ossia hai la malattia. :)

L'uomo non è visto come "MALVAGIO" ne come "BUONO" (concetto di equanimità) per una "mente" realizzata, ma semplicemente come una persona "AFFLITTA" da veleni mentali.
Del resto chi compie azioni dettate dalla propria ERRATA VISIONE (uccidere, rubare, stuprare, ecc... ecc...) andrebbe AIUTATO non combattuto :)

Se per il buddismo esistesse "SATANA" questo andrebbe aiutato a "CAPIRE" non UCCISO perchè SATANA è in uno stato di ESTREMA SOFFERENZA.
(e qui ammetto si pone un problema :D )


ciao ;)

Non metto in discussione dukka, come fenomenologia, come apparenza, la metto in discussione come mistificazione, per cui ho già detto che non mi soffermerò in questo 3d.

Non mi interessa cosa pensi del male e del bene il Buddismo nella sua forma etica.

Di certo se non fosse una mistificazione (ma lo è come tutte le religioni), e seguisse quello che lei stessa teorizza (Come tutte le religioni) sono d'accordo che le cose come uccidere stuprare etc... sono solo forme karmiche e in quanto tali, e come tali, vanno se non si vuol essere preda di quelle forme, snobbate. (molto semplicemente). Penso quindi che siamo ragionevolmente vicini nelle posizioni.

Ma seguendo i vari maestri, invece, in verità ti dico, che di quelle forme se ne sta sempre a parlare!
E parlare delle forme karmike che ci agitano, di solito è rendere agitata la gente.(oltre che la mente)
Di modo che la gente si saldi fermamente con la propria chiesa o tempio, etc....

Non posso che augurarti di non pensare alle cose brutte, e di concentrarti sulle cose belle.
Solo allora deciderai se la chiesa e il tempio porta cosa belle o brutte.