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Messaggi - Phil

#2371
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
17 Giugno 2016, 19:32:56 PM
Citazione di: Lou il 17 Giugno 2016, 18:20:27 PM
Citazione di: Phil il 16 Giugno 2016, 22:46:51 PMP.s. ...e fine del divertissement!
Re: non ancora, che c'é qualcuno che non perdona a Cartesio l'aver sostanzializzato lo iato platonico. ;)
Scusate, intendevo ovviamente del "mio" divertissement... ci mancherebbe!
(anche se poi Sgiombo mi ha richiamato in causa...).
#2372
Concordo anch'io con la necessità di tutelare il "diritto d'espressione di opinione", [(r)aggiro volutamente il termine "libertà", che ho già definito "parolaccia demagogica"], eppure non sarei né così drasticamente colpevolizzante verso chi subisce l'influenza di opinionisti/politici/leader/(altro), né così utopista da pensare che l'affabulazione mediatica abbia nell'istruzione il suo antidoto. 

Citazione di: Live il 17 Giugno 2016, 12:49:36 PMLa cosa bella, è che anche la maggior parte delle opinioni soggettive possono essere sottoposte ad un "test della realtà", ed essere quindi sviscerate di ogni preziosità retorica ed emotività di fondo, per essere trasformate in affermazioni oggettive, e dunque falsificabili senza nemmeno disturbarsi a scendere in piazza 
Se parliamo di economia, forse concordo; ma se parliamo di politica, ovvero di "ciò che è giusto fare per lo stato" credo che l'opinabilità sia inaggirabile: "il giusto" non è oggettivabile... altrimenti un governo di logico-matematici potrebbe guidare uno stato verso la perfezione economica, sociale e morale (non so se per te è così...); e, ammesso e non concesso che ciò sia plausibile, per farlo bisognerebbe allora rinunciare alla democrazia (con buona pace della famigerata libertà), affidandosi a quell'elite di epistemologi.

Citazione di: Live il 17 Giugno 2016, 12:49:36 PMIncitare all'odio è un tentativo di far leva sulle emozioni di una classe di persone poco istruite e fin troppo suscettibile. Il nostro problema sono proprio queste persone, e non colui che decide di sfruttarle. Chiunque sia invece dotato di una buona istruzione e di pensiero critico, invece, dà importanza soltanto a quelli che sono i fatti nudi e crudi
Non confonderei "istruzione" e "pensiero critico": dubito la percentuale di laureati sia direttamente proporzionale alla capacità di ragionare autonomamente filtrando propagande, retoriche e false argomentazioni (non seguo l'attualità, ma probabilmente qualcuno più "aggiornato" potrebbe fare esempi calzanti...). Una laurea non mi pare necessariamente un buon vaccino contro l'ingenuità politica o la plagiabilità mediatica; e se anche lo fosse, un paese di quasi tutti laureati credo presenterebbe seri problemi funzionali interni... 

Inoltre, se c'è (ed è difficile che non ci sia) una quantità di persone influenzabili-e-potenzialmente-pericolose (per gli altri o per la stabilità dello stato), non sarebbe "soggettivamente" una buona mossa politica cercare di non farle innescare dai sobillatori (non parlo di nessuno in particolare)? Qualcuno dirà "si", qualcuno dirà "no"... purtroppo questioni come questa aizzano la danza delle opinioni e non credo ci sia una "falsificazione empirica" che possa risolvere la situazione definitivamente e in modo democratico.

Per come la vedo, il "diritto d'espressione di opinione" è una buon diritto (e questa è la mia opinione, difficile trovarci qualcosa di "oggettivo"; magari è condivisibile, ma direi si resta sul soggettivo...); tuttavia, l'effetto collaterale di sue possibili ripercussioni destabilizzanti o di un suo abuso (ai confini della legalità) non mi sembra di facile gestione/soluzione...

Citazione di: davintro il 17 Giugno 2016, 15:33:30 PMil popolo come soggetto sovrano delle decisioni politiche in quanto dotato di sufficiente intelligenza e senso critico per discernere il vero dal falso
Visione ottimistica del popolo... un po' in conflitto con quella di Live (se l'ho ben intesa)... ma è comunque un ottimo augurio!
#2373
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
17 Giugno 2016, 16:18:24 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 11:53:48 AMChe non c'è percezione senza percipiente, che percezione è sempre di qualcuno dovrebbe, per essere conseguente nel suo dubbio metodico, non affermarlo acriticamente ma invece dimostrarlo oppure mostrarlo. Per essere corretto nel ragionamento non dovrebbe dire "cogito" (che é qualcosa di più della indubitabile constatazione dei pensieri in atto), bensì "cogitatur", dal che non consegue necessariamente "sum", né "es", né "est", ecc. Che percepire, oltre ad accadere -se e quando acccade- come "evento percettivo puro" (che é il significato minimo indubitabile del termine) sia (inoltre, anche) una facoltà umana é degno di dubbio, non é dimostrabnile né mostrabile. 
Cartesio (che intanto mi maledice anche per oggi dall'aldilà!) ti chiederebbe "puoi pensarti solo come una percezione?" 
Se rispondi "no", ecco che "cogiti ergo sei" ("es" in latino? Nel dubbio, uso l'italiano), se invece rispondi "si, mi penso come percezione", allora comunque ti pensi come tale (non sei tale), quindi "cogiti ergo es" (e resta semmai da vedere cosa "es"...)
Se tu fossi un insieme di percezioni non potresti essere attivo e leggere mentalmente queste stesse righe o voler canticchiare mentalmente una canzone... è questa la dimostrazione esperenziale diretta secondo cui non puoi essere solo un insieme di percezioni e non puoi dubitare di essere-pensante (o mentalmente canticchiante...); sia tu un uomo o altro, ma, come accennavo, qualunque cosa tu sia, di sicuro pensi, e puoi sperimentarlo indubbiamente a piacimento in ogni istante...


Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 11:53:48 AMinfatti io ho sostenuto che Il pensiero non è costituito dagli impulsi concreti dell' attività cerebrale, quindi res extensa, e Cartesio ne era ben consapevole 
Se il pensiero non è solo attività cerebrale (anche se alcune analisi neurologiche che hai citato, se non erro, tenderebbero a dimostrare di si...), risulta ancora più indubitabile che sia il pensiero, e non la percezione, a dimostrare l'esistenza di una "sostanza pensante" (direbbe il nostro amico francese...).
[Su come possa venir inteso il pensiero, cito, per rapidità, Wikipedia:
"Al giorno d'oggi prevalgono, da un lato, spiegazioni del pensiero di tipo materialista e meccanicista, in parte derivate dalla concezione dell'empirismo, per cui il pensiero sarebbe un prodotto fisiologico del cervello ottenuto dall'estrema complessità delle connessioni neurologiche, «come la bile è la secrezione del fegato, o la saliva quella delle ghiandole salivali» (Cabanis, 1802).[19]
A queste interpretazioni si contrappongono alcuni studi di analisi linguistica che hanno messo in evidenza le improprietà concettuali di tali discorsi e la perversa tendenza reificante (oggettivante) del nostro linguaggio, che giunge spesso ad immaginare il pensiero alla stregua di uno strumento o addirittura come un prodotto cerebrale."]

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 11:53:48 AM(Pregherei di evitare il riferimento a "Matrix", film che non ho visto e di cui ho solo sentito vagamente parlare). 
In tutta onestà, non sono affatto un cinefilo: se ho citato il film è perché pensavo (confermando la mia esistenza!) che potessi averlo visto anche tu...


Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 11:53:48 AMLa differenza é tutta qui; e non nelle esperienze fenomeniche immediatamente accadenti -nei "vissuti"- nei due casi, né nelle "configurazioni funzionali terminali" a livello corticale del mio cervello ad essi di necessità biunivocamente corrispondenti; ma casomai in quelle (quegli eventi neurofisiologici, e nel secondo caso anche fisici extracerebrali), che le precedono e determinano, secondo naturalissime modalità fisiche, perfettamente riducibili a eventi fisico-chimici. 
Se ho ben capito la tua spiegazione, il fatto che da dormienti le reazioni cerebrali non siano stimolate dell'esterno, fa accadere il sogno solo come attivazione "endogena"(cit.) di "circuiti assonali, eccitazioni e inibizioni sinaptiche, ecc."(cit.), ed è quello che cercavo di dire in modo decisamente meno competente.
A questo punto, in assenza di presenze/input extra-cerebrali, il mio vissuto nel/del sogno non si identifica con tale "attivazione endogena"? Il mio sognare una voluttuosa amante non è l'attivazione endogena di processi che creano tale amante inviandola alla mia "visione onirica"? Quello che vivo nel sogno, non è solo un'"attivazione cerebrale endogena", anche se sognando, ovviamente, non la percepisco come tale?
E questo sognare, non si pone, parimenti del pensare, come dimostrazione del mio esistere (al di là della postulazione dubitata di un mondo esterno o di altri enti)?


Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2016, 11:53:48 AMInvece per me (senza nessuna pretesa che il mio atteggiamento sia meglio né peggio del tuo; lo segnalo tanto per farmi capire, come credo che hai fatto anche tu) si tratta di interessantissimi interessi teorici (filosofici) avertiti come "vitali" (se non potessi più coltivarli credo che non riterrei più la (mia, ovviamente!) vita degna di essere vissuta.
Per onestà intellettuale, devo ribadire che sto giocando a fare l'"avvocato di Cartesio" senza averne le credenziali; per cui sono lieto di rispondere alle tue osservazioni, ma non prendere sul serio (né tantomeno come mia personale opinione) quello che scrivo, perché non viene preso sul serio nemmeno da me (parlavo di divertissement non a caso...).
#2374
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 22:46:51 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:13:55 PMNon c'è ipotesi, per quanto bislacca, che possa assicurare (dare certezza) che qualsiasi percezione (di pensiero o di "cose materiali") che accada -se e quando accade- non esaurisca la realtà in toto, senza che oltre ad essa esista necessariamente anche un soggetto (un' "io") e/o degli oggetti: tutto il constatabile, se e quando lo si constata, sono percezioni (fenomeni, apparenze sensibili) e basta. L' esistenza di altro non si può percepire empiricamente (per definizione) né dimostrare
Forse Cartesio obietterebbe che non c'è percezione senza percipiente: chi esperisce tale percezione? La percezione non è sempre di qualcuno? Proprio qui entra in gioco il soggetto cartesiano che dice "ergo sum", magari non (auto)percependosi (anche se direi di si), ma almeno autodimostrandosi.
Se così non fosse, cosa significherebbe "percepire"? Se è una facoltà umana, non può prescindere da almeno l'esistenza di un umano... 

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:13:55 PMIl pensiero non è costituito da impulsi concreti (?), quindi res extensa, e Cartesio ne era ben consapevole.
Gli "impulsi concreti" di cui inadeguatamente parlo sono quelli dell'attività cerebrale e, ad esempio, se parlassimo di impulsi elettrici, parleremmo di elettroni, quindi particelle subatomiche che noi sappiamo essere "extensioni materiali" (anche se ben oltre la materia a cui Cartesio poteva pensare). 

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:13:55 PMIl dubbio cartesiano non vedo come ci azzecchi
Il dubbio cartesiano, semplificando, non è forse dubitare di tutto il dubitabile? Se si fanno eccezioni e concessioni, allora non è più "metodico".
Cito: "rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo dubbio [...] considerando che tutti gli stessi pensieri che abbiamo da svegli possono venirci anche quando dormiamo senza che ce ne sia uno solo, allora, che sia vero, presi la decisione di fingere che tutte le cose che da sempre si erano introdotte nel mio animo non fossero più vere delle illusioni dei miei sogni
Mi accorgo ora che anche lui (come Platone e Chuang Tzu) parla del sogno come fonte di dubbio...

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:13:55 PMGli eventi neurofisiologici nel mio cervello che necessariamente la accompagnano nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti per lo meno (e di fatto di regola soltanto) potenzialmente (e per lo più indirettamente: per il tramite dell' imaging nreurologico funzionale: RM, Pet, ecc.) non sono affatto (la stessa osa de-) la mia esperienza cosciente (ovvero: "il mio vissuto")
Giustamente parli di esperienze "coscienti", io parlavo dell'ipotesi particolare del sogno: se sogno una persona, questa persona non è certo esistente in quel momento, ma è solo un "file" (per dirla con Matrix) che visualizzo pensandolo-ops!-sognandolo come reale, per cui quella persona è quella "stimolazione" (scusa, ma non so come chiamarla esattamente!) che visualizzo in sogno. Senza quella stimolazione, niente persona in sogno. Poi, da svegli, cambia tutto...

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:13:55 PMNon ho ben compreso questa precisazione finale; comunque sia ritengo interessante confrontarci cl dubbio cartesiano e più in generale ragionare sulla realtà e la conoscenza che se ne può (forse) avere (cioè "darsi alla filosofia")
Alludevo a come i panni di Cartesio mi risultino davvero scomodi! Non sono affatto "cartesiano", non sono nemmeno esperto in materia, ma ho voluto fare qualche commento cercando di rivisitare la sua posizione (senza personalizzarla troppo), ma solo come divertissement serale...



Citazione di: Lou il 16 Giugno 2016, 21:59:16 PMTrovo più verosimile l'ipotesi che tu abbia tratto le estreme conseguenze di un cogito cartesianamente pensato, seppur inesteso, come res, dissonante dall'extensio, ma purtuttavia particella di mondo che funge da presupposto. (se ho capito il tuo discorso) :)
Bingo!

P.s. ...e fine del 
divertissement!
#2375
Purtroppo non posso aiutarti, non ho idea di come (e se sia possibile) chiudere un topic, sono qui da poco, non farti ingannare dal fatto che sappia usare le citazioni... a proposito, su ogni messaggio, in alto a destra c'è "Inserisci citazione", se ci clicchi tutto il post verrà incollato nella tua risposta, che potrai scrivere dopo il codice [/quote], oppure, per frammentare la citazione, puoi ripetere il suddetto codice alla fine di ogni paragrafo citato, che dovrà però iniziare sempre con il codice che trovi all'inizio della citazione, tipo [quot author =Gibran link=topic=162.msg2285#msg2285 date=1466099407].
Se hai capito questa mia spiegazione, capire i segreti della meccanica quantistica sarà per te un gioco da ragazzi...

P.s. In fondo, l'ultimo tuo messaggio è di circa un'ora fa, forse qualcuno può/vuole ancora dire la sua... sicuro di voler abbassare la saracinesca?
#2376
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 19:48:41 PM
[Ho modificato il mio ultimo messaggio per precisare che era una risposta a Lou]

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 19:11:38 PMMa chi mi assicura (e come?) che oltre alle sensazioni che potrebbero essere meri sogni o allucinazioni ci debba anche essere il putmaniano cervello nella vasca (moderna versione dello Spiritio Maligno del Discorso sul metodo di Cartesio) o [/size]un corpo dormiente circondato dal nulla cosmico (il quale corpo dormiente comunque sarebbe di certo soltanto un insieme di sensazioni nell' ambito di qualche esperienza cosciente: "esse est percipi" (Berkieley).
Come dicevo, per attualizzare il cogito, bisogna andare "oltre il cervello in vasca di Putnam che presuppone il dualismo almeno con la vasca" (auto-cit.) e ho aggiunto, rispondendo alla legittima osservazione di Lou, che il corpo umano non è l'unico modo in cui si possa congetturare una "estensione" della sostanza pensante (potrei anche essere un "buco nero pensante" che pensa di vivere da umano...). 
Ogni ipotesi, anche la più bislacca, mi assicura che esisto perché sto pensando; la percezione, in un'ipotesi così estrema, non è nemmeno necessaria, salvo intenderla come percezione del proprio pensare (e quindi come eco "di ritorno" del pensiero stesso, o semplicemente la consapevolezza del pensare).

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 19:24:28 PMPenso che l' abbia oltraggiato soprattutto sottovalutando le sue conoscenze neurologiche e neurofisiologiche [...] Pensieri e linguaggio sono tutt' altra cosa che i (pur necessariamente coesistenti) corrispettivi neurofisiologici
Non so fino a che punto concordo: credo che senza attività neurologica non possano esserci linguaggio o pensiero, e non sono certo, ma magari sbaglio, che Cartesio fosse consapevole che il pensiero è costituito da impulsi concreti, quindi res extensa...

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 19:24:28 PMper esempio se io vedo un colorato arcobaleno. mi sento innamorato o penso alla dimostrazione di un teorema di Euclide questi "contenuti" della mia esperienza cosciente non possono non accadere senza che almeno potenzialmente nell' ambito di un' altra, diversa esperienza fenomenica, per esempio la tua, accadano certi determinati processi neurofisiologici nell' ambito del mio cervello 
Credo che quel "potenzialmente", nell'ottica del dubbio metodico, dovrebbe essere rimosso come tutta l'ipotesi che lo segue...


Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 19:24:28 PMMa questi (macroscopicamente roba molliccia-gelatinosa grigio-rosea costituita da neuroni, assoni, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni sinaptiche ecc. a loro volta costituiti da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.) non sono affatto quella (i vivaci colori dell' iride, un sentimento, un ragionamento logico deduttivo: c' é una differenza enorme fra i due reciprocamente altri generi di "cose" (eventi; entrambi fenomenici, costituiti da insiemi di sensazioni).
Non a caso citavo l'esperienza del sogno, in quella "situazione mentale" i due aspetti coincidono: le immagini prodotte dagli impulsi cerebrali (non so neurofisiologicamente come vengano chiamate tali immagini) sono il mio vissuto...

P.s. Intendiamoci: sto cercando di "reggere il gioco" a Cartesio, ricalcando la radicalità del suo mettere in dubbio, ma non sto esprimendo le mie opinioni (tutto è iniziato "per giocare a fare l'indegno portavoce di Cartesio"; premessa da non sottovalutare...).
#2377
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 19:07:49 PM
Citazione di: Lou il 16 Giugno 2016, 18:09:49 PMio direi di no, un pensiero in quanto pensato, cioé res cogitans secondo Cartesio, é adimensionale, se per "dimensioni" intendiamo estensioni geometriche, e non può essere misurabile, altrimenti sarebbe res extensa.

Esatto; finché restiamo nel (con)testo originale cartesiano... ma se proviamo ad attualizzarlo (a costo di farlo rivoltare nella sua tomba!), suggerendo al buon Cartesio che i pensieri ed il linguaggio non sono "eterei", ma hanno anche una misurabile "estensione" neurologica, un saldo ancoraggio nel "materiale" (credo lui non potesse saperlo), che oltre alla misurabilità geometrica ci sono anche quella elettrica, ondulatoria, etc. e spingendosi fino all'ipotesi fantomatica e fantasmatica dell'"entità immateriale" (che ho citato per non far torto a nessuno...), il rapporto cogito/estensione diventa addirittura più forte (senza l'espediente della ghiandola) ed ancora più indubitabile: qualunque "cosa" (nel senso più indeterminato) io sia, finché penso, non posso dubitare di non esserlo...

P.s. Ecco, direi che per oggi ho oltraggiato Cartesio a sufficienza...
#2378
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 17:43:44 PM
Citazione di: paul11 il 16 Giugno 2016, 16:36:39 PMNon sono d'accordo Phil, quì non si tratta di un'implicazione con predicati portati da soggetti diversi, sono lo stesso soggetto con predicati esistenziali
Non capisco: è un sillogismo fatto, supponiamo interiormente, da un soggetto che pensa e parla di sé... perché questo dovrebbe rendere valida una fallacia? L'errore formale-logico permane, giusto? 

Citazione di: paul11 il 16 Giugno 2016, 16:36:39 PMma il pensare viene prima dell'esistere, vale adire la coscienza che esisto viene prima dal pensiero che dal fatto reale che potrei esserci come corpo
Questo "venire prima" è logico o cronologico? Ad esempio, cronologicamente la mia certezza di essere stato un neonato viene dopo l'esserlo stato (adesso penso al passato e mi sembra inevitabile che io sia nato, anche se non ne ho memoria), tuttavia, logicamente, è chiaro che prima sono stato neonato e poi l'ho realizzato pensandoci retrospettivamente... ugualmente, prima penso poi mi accorgo di esistere, ma è questo stesso pensiero che logicamente mi fa concludere che esistevo già (e forse "prima" di pensare). 
Quell' "ergo" che fa avanzare la logica verso la conclusione, la porta a conclusioni poste indietro nel tempo.

Citazione di: paul11 il 16 Giugno 2016, 16:36:39 PMPer questo potrei essere solo un cervello, oppure addirittura solo una mente o solo coscienza senza cervello(vedi che siamo al paradosso sulla realtà)
Quel volpone di Cartesio non sosteneva "penso quindi sono un corpo umano", ma "penso quindi sono sostanza pensante"... per cui a "sostanza pensante" possiamo dare tutte le forme e "dimensioni" possibili: un corpo, un'entità immateriale, un impulso elettrico, una vibrazione... ma di certo, quella sostanza pensante pensa di esistere e non si sbaglia (qualunque "sostanza" sia...).
#2379
Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 08:25:56 AMIo credo che il vero illuminato taoista non poteva prescindere dal riversare verso il prossimo l'amore che era fiorito in lui, altrimenti la sua sarebbe stata una illuminazione fasulla 
Se mi trovassi con voi due (te e il saggio taoista) assisterei forse al dialogo in cui ciascuno spiega all'altro che la propria idea di illuminazione non è "fasulla"... sarebbe un confronto interessante, ma per ora manca l'interlocutore direttamente interessato...

Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 08:25:56 AMMi viene in mente ora una storiella Zen, riportata nel libretto "101 storie Zen" che conferma la mia visione che le spiritualità orientali non siano prive di una azione "sociale". Un medico giapponese aveva sentito parlare dello Zen e per saperne di più si era recato da uno stimato maestro. "Cosa fai nella vita" gli chiese costui. "Il medico" rispose l'altro. "Allora ama i tuoi pazienti e prenditi cura amorevolmente di loro. Questo è lo Zen." La storiella ha un seguito ma per la nostra discussione non è rilevante. 
Non dimentichiamoci che si tratta di una "risposta zen", oltre che sullo Zen, per cui non può essere presa alla lettera: l'invito (mi permetto di interpretare) è quello di fare il proprio lavoro con consapevolezza, perché è questa l'attitudine zen (non quella, nello specifico, di prendersi cura del prossimo; se avesse parlato con un fabbro la risposta sarebbe stata differente nel contenuto, ma la medesima nel significato profondo...).

Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 08:25:56 AM2) Hai mai sentito parlare dell'idea taoista che il saggio, pur nella solitudine delle montagne è capace di influenzare il mondo intero? [...] E forse potrebbe essere questo il maggior contributo che l'illuminato è in grado di dare all'umanità 
Questa influenza, anche demistificandola, è causale, ma involontaria: il saggio, almeno per come viene descritto, non vuole essere di "buon esempio" (banalizzando per amor di sintesi), lo è senza volerlo; classico esempio di non-azione taoista (credo il termine sia wu wei). Senza volerlo si può anche essere utili agli altri, ma non credo in tal caso si possa ricorrere alla parola "amore"...


Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 08:25:56 AMBeh, non sarebbe il caso di essere meno misterioso e dirmi quale sarebbe questa terza via? 
Non l'ho svelata perché pensavo tu la intuissi facilmente, avendola tu stesso suggerita in precedenza:
Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 16:26:36 PMMaometto, secondo me era decisamente dalla parte del furbetto [...] essenzialmente un inganno.
Non voglio estendere questa "cattiva fede esegetica" a tutte le religioni (qualcuno lo farebbe, ma non lo approverei), tuttavia un richiamo alla innegabile fallibilità umana mi sembra possa avere cittadinanza nel discorso: o si crede al mito del dialogo-dettatura-dittatura fra dio e l'uomo prescelto, o si riconosce la speciale esperienza di alcune guide spirituali (e credo che queste siano le tue due ipotesi), o si può anche ipotizzare che alcuni uomini (passati o presenti) semplicemente si sbaglino e la loro buona fede nella ricerca spirituale porti 
Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 07:50:56 AMa delle illusioni, perché in realtà partono già sapendo cosa vogliono scoprire, e ovviamente lo scopriranno ma sarà una proiezione di ciò che volevano scoprire. E' un meccanismo perverso a pensarci bene! (:-)
Scusa se ti cito, ma non avrei saputo trovare parole migliori...


Citazione di: Gibran il 16 Giugno 2016, 08:25:56 AMSono sempre stato negato per i giochi linguistici, e mi trovo quindi a mal partito nel soddisfare questa tua richiesta. Sii gentile e svelami tu l'arcano.
Devo deluderti, ma ti avevo proposto quel gioco per spronare la tua esigenza di distinguere l'Islam dalle altre religioni... per me, come scritto in precedenza, ha tutti i requisiti per essere una di loro (mi attengo alla definizione comune di "religione").
#2380
Tematiche Filosofiche / Re:Cartesio aveva ragione?
16 Giugno 2016, 16:05:03 PM
Citazione di: paul11 il 16 Giugno 2016, 13:00:37 PMQuindi se io non penso ergo non sono
Mi permetto una precisazione logica; non è un ragionamento corretto perché si tratta della "fallacia della negazione dell'antecedente" (una versione errata del modus tollens):
se X(cogito) allora Y(sum)
non X 
allora non Y

La versione valida di questo sillogismo è:
se X allora Y
non Y
allora non X (ovvero se non sono, non penso...).

Citazione di: baylham il 16 Giugno 2016, 14:56:02 PMPreferisco "cogito ergo est". Da questa asserzione deduco: a) che esiste qualcosa e il nulla non esiste
Tuttavia (per giocare a fare l'indegno portavoce di Cartesio!), questo qualcosa sono di sicuro almeno io (anche se posso pensarmi alla "terza persona" o autodividermi concettualmente fra mente/corpo).
Per assurdo (andando oltre "il cervello in vasca di Putnam" che presuppone il dualismo almeno con la vasca): potrei anche essere un corpo dormiente circondato dal nulla cosmico (e sognare ciò che invece credo/chiamo "vita"), ma ciò di cui proprio non posso dubitare è che esisto, anche se sono l'unico ente, anche se mi inganno nel sognare, etc....
#2381
Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMMi spiego, per me la religione è un tuffo nell'ignoto. Se siamo attaccati al noto, a ciò che già conosciamo continueremo sempre per la solita strada, la strada che ha portato il mondo a un passo dalla catastrofe
Diciamo che prima ho "spezzato una lancia" in favore dell'Islam (ricordando l'elemosina), ora vorrei invece "fare l'avvocato" di quelli che non amano tuffarsi... ma non per il gusto di tifare per David contro Goliath (anche perché non sono affatto sicuro che qui vincerebbe David), ma solo per mantenere il discorso più "completo" possibile, senza penalizzare o scartare alcuni elementi che, di diritto, ne fanno parte...

Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMAvrei preferito che fossi tu [...] a fare il primo passo, dato che hai tirato fuori l'argomento, e mi spiegassi come sei arrivato al punto di vista che "nel taoismo c'è un egocentrismo profondo". Dopo tutto io potrei anche essermi sbagliato. 
Vado a memoria, ma credo che l'argomento non sia stato convocato da me, ma da chi (forse tu, non ricordo) sottolineava la differenza fra l'Islam e le altre religioni (comunque non importa, rispondo volentieri). Quel che ricordo del taoismo è basato sulla lettura dei cosiddetti "Classici" (commentati): I Ching (taoismo embrionale), Tao Te Ching, Chuang Tzu (ma non il Lie Tzi), più altri testi critici sul taoismo (fra cui consiglio il "Trattato dell'efficacia" di F. Jullien). Finora ho sempre trovato nell'ideale del saggio taoista una ricerca individuale che lo portava ad abbandonare la società, a snobbare onorificenze proposte, a vivere una vita semplice e tendenzialmente eremitica. Senza nessun accenno a far del bene al prossimo o alla necessità etica di predicare la propria saggezza (invisibile e incomunicabile, proprio come l'illuminazione dei koan zen). Per questo concluderei che nel taoismo c'è molta ricerca individuale della saggezza (chiamiamola così), ma per quanto riguarda l'apertura e l'amore verso il prossimo (di cui, se non erro, si parlava quando si è citato il taoismo), almeno sulla carta, l'Islam è decisamente più "filantropico".
Sul buddismo, opinione mia, non ha nemmeno senso dire che sia essenzialmente una religione; ho usato l'espressione "divinità di Budda" per restare nella visione comune di quel culto (senza far deviare il discorso troppo ad oriente), ma ti ringrazio di avermi dato l'opportunità di chiarirmi (anche se magari non tutti converranno con la mia interpretazione laica).

Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMNulla di garantito. Si sa quello che si lascia ma non si sa quello che si trova. Insicurezza, dubbio, solitudine, perfino la paura di diventare pazzi.... (:-) E' una strada che non consiglio a nessuno. Molto più comodo attenersi al noto, alle idee condivise, la società ci offre sostegno e motivazione. Ma l'amore non ha motivazioni! (:-) 
Qui metterei in ballo una "terza via": c'à la via della ricerca personale (a cui alludi, se non ho frainteso), la via delle sicurezze sociali (più o meno religiose), ma c'è anche la via della non-ricerca religiosa che tuttavia non si rassicura né con le "coccole" della comunità, né con l'amore come "collante esistenziale"... e, come potrai  ben intuire, anche questa è una via che è piastrellata di "Insicurezza, dubbio, solitudine, perfino la paura di diventare pazzi" (tua citazione).


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMMi piacerebbe che mi spiegassi perché dai così importanza alla società. Questa è una posizione marxista. 

Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMQuello che dici è sensato, ma ancora ti chiedo cosa hai contro una spiritualità individuale? 
Un "marxista" che aborra la "spiritualità individuale": devo essermi espresso e presentato davvero male se ti ho dato questa impressione (forse sono più simile a tutto il contrario!).
Assolutamente niente contro la spiritualità individuale,  Il mio intento era solo distinguere fra la religione, vissuta collettivamente come "da manuale", e la ricerca individuale che, proprio essendo più libera da vincoli "sociali" (semplifichiamo), ha una tonalità differente, ma per nulla deprecabile, anzi...


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PMMa non ti sei mai chiesto di quale capacità, potere, o strumento erano dotati coloro che hanno "parlato in nome di Dio"? O accetti il mito, e cioè una visione infantile, oppure l'unica alternativa è che i "profeti" (meglio non definire questa parola) avevano una percezione diretta di quello di cui parlavano. E perché non noi? 
Anche qui tertium datur: o si crede alla visione canonica delle religioni, o i profeti avevano raggiunto-esperito una consapevolezza originaria, o... si, c'è anche un terzo orizzonte...

Veniamo adesso alla nota dolente:
Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 18:37:48 PM E' ovvio che la religione non sia l'unica esigenza personale, e nemmeno l'unica risposta a quella esigenza. Quello che io intendevo era se LEI, sentiva questa esigenza personale o no. 
[...] E questo semplicemente per sapere se e come continuare questa discussione. Se lei mi risponde che non sente questa esigenza, il discorso si chiude qui. 
Non ho più questa esigenza (ma ho vissuto anche la sua sferzante presenza) e quel "più" è solo cronologico, non implica un essere migliorato/peggiorato; ognuno può giudicare la mia posizione come vuole, ma spero non lo faccia leggendo solo queste ultime frasi, ma anche un po' quanto scritto prima e altrove...

Ora ti propongo un "gioco linguistico": prova a redigere una definizione di "religione" in cui rientrino tutte le religioni che consideri tali, ma non l'Islam... 
poi confrontala con la definizione di "religione" del vocabolario e così potrai salvaguardare, anche in futuro, questa discussione da possibili fraintendimenti...
#2382
Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AMMi ritrovo a leggere risposte che riguardano il campo economico o sociologico. Capisco che anche questi campi hanno la loro importanza, ma possiamo portare la nostra attenzione al fenomeno religioso in sé? 
Non era mia intenzione andare fuori tema, ma per completezza volevo solo ricordare che la "crisi delle religioni" nella postmodernità non è a 360 gradi, ma prettamente filosofica.

Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AME' significativo come sia Paul che Phil abbiano impostato la discussione su un piano impersonale, storico-sociologico e non hanno minimamente accennato al fatto di come loro vivono personalmente la religione.
Non so se ho frainteso il tema, ma un minimo di considerazione generale su un termine ricco di storia come "religione", mi era parsa inevitabile (e non per annacquare dottamente il discorso...); altrimenti c'è il rischio di un "opinionismo selvaggio" in cui tutto si riduce al "secondo me è così...", anche quando alcune definizioni, come quella di "religione", non sono poi molto opinabili (ben venga un tentativo di metterne in discussione il significato, ma un ancoraggio alla storia diacronica del temine credo sia doveroso per stabilizzare il discorso...).


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AMCi interessa riflettere alla religione come esigenza personale o la nostra è solo una discussione accademica? 
Non per essere cavilloso, ma l'"esigenza personale" non credo sia la religione; direi che la religione è una delle possibili risposte a quella esigenza, e su questa distinzione verte la non irrilevante possibilità di una vita non-religiosa: dare per scontato che debba per forza esserci una religione interiore, e si tratti solo di scoprirla o non contaminarla con la fallibilità delle chiese storiche, lascia fuori dalla porta la possibilità di avere una risposta legittima che non sia la religione (almeno se intesa secondo la definizione classica); siamo sicuri sia un presupposto attendibile?


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AMSinceramente non riesco a capire come lei si sia formato questa idea. Io in tanti anni di studio sono arrivato ad una conclusione opposta. Ma la mia opinione non conta nulla, ci sono studiosi di calibro mondiale che possono parlare più autorevolmente di me. Il Taoismo forse è la religione che ha subito più corruzione e contaminazioni 
Non sono certo un esperto, e proprio per questo se potessi avere qualche indicazione per approfondire il tema dell'amore nel taoismo, ti (diamoci pure del "tu"!) sarei grato...


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AMFare l'elemosina è amore? Non è l'atto in sé che lo decide ma la motivazione che lo spinge. Sì può amare e NON fare l'elemosina, e si può essere generosi ed essere profondamente egocentrici. Se faccio il bene perché me lo impone la mia religione, perché mi hanno detto che così andrò in paradiso, è amore? La maggioranza delle persone cosiddette religiose è intrinsecamente ipocrita perché in realtà sta perseguendo il proprio tornaconto. 
Lungi da me il quantificare l'amore o il monetizzare il voler-bene; ma mi sembrava interessante ricordare come nell'Islam, formalmente, ci fosse almeno una dimensione non di amore, ma quantomeno di "concreto sostegno" (parole che non ho scelto a caso) nei confronti del prossimo. Ad esempio, nel taoismo di cui ho letto, non c'è traccia né di amore fraterno e nemmeno di questo sostegno (ma ribadisco di averne una conoscenza molto parziale...).


Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 10:35:29 AMOvviamente ha tutti i requisiti per essere considerata una religione... da chi non ha nessuna voglia di capire cosa sia una vera religione! (:-) Ancora una volta mi viene da ripetere: vogliamo attenerci ai valori di facciata come milioni di "praticanti" o abbiamo sete e fame per qualcosa di più sostanzioso?
Questa fame che scarta pietanze, risparmiandosi per il "vero" pasto, non corre un minimo rischio di restare alla fine a bocca asciutta? Può essere anche un'interpretazione della storia del Bramino che hai citato...
Anche snobbando audacemente la definizione da manuale, se decidiamo di "emancipare" la religione dalla sua storia, dai suoi dogmi e dalla sua comunità (ministri di culto inclusi), ciò che resta è una spiritualità individuale che non so se possa essere definita "vera religione" (espressione davvero molto impegnativa) e che nondimeno si basa su un concetto di dio che è il lascito delle stesse religioni da cui sembra volersi emendare (religioni che probabilmente giudicherebbero, per quello che vale, tale auto-nomia come segno di debolezza, o ipocrisia, o eresia, o idolatria del Sè, etc.).

Citazione di: Gibran il 15 Giugno 2016, 13:00:20 PM[domanda di Gasacchino; corsivo-grassetto mio: Parli di fare esperienza diretta (e condivido appieno il non fermarsi ad uno stato passivo della conoscenza) ma cosa vuol dire? A cosa ti riferisci?]
Mi riferisco a tutto ciò di cui le varie religioni ci parlano: Dio, la vita oltre la morte, lo stato di grazia, lo spirito santo (per restare nella terminologia cristiana) o l'illuminazione, il satori, o la percezione della verità per usare la terminologia orientale.
 "Esperienza diretta" di tutto ciò? Metterei in guardia, anche se probabilmente non ce n'è bisogno, dal considerare ogni religione la "traduzione" di un'altra, quasi si trattasse di un'unica "philosophia perennis" espressa in modi differenti : l'essere divinità di Budda non è affatto l'essere divinità rivelata del dio ebraico, la grazia dello spirito santo non ha niente a che fare con il satori etc. (senza voler andare nell'accademico ricordando che il phanteon induista non è molteplice come è "molteplice" la trinità, etc. ).


Citazione di: paul11 il 15 Giugno 2016, 01:22:27 AMComplimenti Phil, una disamina in poche parole parecchio perspicace. Mi dai una migliore possibilità di risposta
Grazie... non ti nascondo che, alla prima lettura, quel tuo "in poche parole" mi era suonato quasi sarcastico! Poi leggendo la tua risposta mi sono piacevolmente ricreduto...
#2383
Propongo qualche ulteriore riflessione sul tema:

- concordo sul fatto che le religioni possano essere filosoficamente "moribonde", ma non dimenticherei nemmeno la loro "ottima salute" sul piano sociologico (numero di praticanti dichiarati) ed economico (aspetto connesso al primo, a prescindere da quanti di loro siano "autentici" ed intimamente convinti).

- il "residuo metafisico" delle religioni è forse l'aspetto più cruciale della faccenda: se parliamo di "Dio" è solo perché le religioni (basandosi su bisogni inconsci e contingenze storiche) ce l'hanno insegnato, scrivendo quella parola su ogni vocabolario culturale. Ora la definizione e la credibilità di quella parola possono essere state "aggiornate" e "indebolite", ma proprio il dire: "lasciamo perdere il dio-delle-religioni e incontriamo nell'intimità dell'esperienza individuale il nostro-dio" (come si sente dire spesso; non mi riferisco a Gibran, anche se forse concorderebbe), può essere il sintomo di quanto non sia affatto facile allontanarsi dalla rassicurante eredità storico-culturale dei culti religiosi (per cui un residuo di divino appare tuttora quasi inevitabile...).

- Per quanto riguarda Lao Tze sarei molto cauto: per quel che so, nel taoismo c'è un egocentrismo profondo, tanto marcato quanto è marcata la saggezza che lo abita... diverso è invece il Confucianesimo, dove comunque le virtù morali vanno a braccetto con l'utilità e la rispettabilità sociale, quindi non sono esattamente genuine "di cuore".
Inoltre, sempre se non erro, l'individualismo di alcune correnti buddiste del cosiddetto "piccolo veicolo" (Hinayana) è decisamente più marcato che nell'Islam, perché la comunità viene intesa solo come un "contorno" nella ricerca della illuminazione individuale. Ciò non implica che vengano traditi gli insegnamenti "filantropici" di Budda, ma l'amore per il prossimo viene trasceso nel non danneggiarlo per non avere residui karmici negativi, non perché sia un dovere morale in sé (diciamo che più che "far del bene", bada a non "fare il male").

- Sulla questione dell'amore fraterno nel Corano: ricorderei che uno dei cosiddetti "pilastri" dell'Islam è l'elemosina (se non erro addirittura quantificata economicamente nelle sure del Corano), il che è certamente una traccia del contesto commerciale in cui è nata tale religione, ma anche una dimensione di concreto sostegno al prossimo, che (correggetemi pure) non è così esplicitamente materiale negli altri culti (e sappiamo che aiutare materialmente il prossimo, e non solo a parole, non è sempre un gesto facile e spontaneo per tutti...).

- In fin dei conti, probabilmente, l'Islam è la religione meno estetica e meno metafisica per i nostri occhi, si presenta arida come il deserto in cui è cresciuta, e magari anche la più antipatica della nostra storia recente, ma, al netto di tutto ciò, credo abbia tutti i requisiti fondamentali per essere considerata una religione. 
Se invece parliamo di "maestri spirituali", ponendoci chiaramente su un piano laico (perché per un credente-praticante il fondatore del suo culto non è un maestro spirituale, ma il Maestro), allora concordo che sono di maggiore ispirazione Budda o altri...
#2384
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
13 Giugno 2016, 17:13:59 PM
Citazione di: cvc il 13 Giugno 2016, 08:59:43 AML'episteme si è spostata dall'essere alla metodologia
La domanda chiave, secondo me, è: perché è avvenuto tale spostamento?
Probabilmente tale spostamento è stato dovuto all'avanzamento di alcune discipline scientifiche che hanno scalzato le ipotesi puramente teoretiche con analisi più oggettive, spingendo l'episteme ad "aggiornarsi" con i nuovi paradigmi scientifici.  
Un effetto collaterale, per me, è stato il depauperamento del concetto di Verità Assoluta che ha portato, da un lato, alla riduzione (anche in senso fenomenologico) del suo campo di applicazione a quello della pura verifica di proposizioni (verità come corrispondenza); dall'altro, ha lasciato spazio al criterio di funzionalità, che ne ha quasi preso il posto, in veste di strumento mondano per (tentare di) risolvere molte questioni (e non solo tecnologiche, basti pensare allo statuto epistemologico della psicologia...). 

A questo punto, come ogni elemento obsoleto, la Verità intesa come Assoluta Trascendenza, può essere ancora oggetto di considerazioni storiografiche (anche nel senso di storia della filosofia), di archiviazione filologica, di conservazione o esposizione come "feticcio vintage", o anche usata ancora dalle comunità che scelgono farvi appello (similmente a quanto avviene per la superstizione: fa parte della storia dell'uomo, qualcuno la studia, qualcuno la pratica, ma non riconoscere che sia poco più di un'autosuggestione, senza effettivo valore causale sul mondo circostante, significa essere rimasti qualche pagina indietro; il che non è detto sia poi un male...). 

Citazione di: davintro il 13 Giugno 2016, 15:43:47 PMLa metodologia è un mezzo, uno strumento da utilizzare, per un fine, che è, in sede filosofica, la scoperta della verità, ma non può mai essere fine a se stessa. Io teorizzo epistemologicamente un metodo di ricerca perchè ho l'obiettivo di arrivare ad un risultato che è la conoscenza della verità. [...] Per ogni metodo corrisponde un aspetto, un livello della realtà all'interno del quale considerare la verità
Si può dire, oggi, che la filosofia cerca ancora la verità? Che l'abbia cercata in passato è un dato di fatto; ma attualmente i filosofi (ri)cercano la verità? Non c'è forse la prevalenza speculativa dell'interpretazione (ermeneutica, sempre meno "ontologizzata"), della riflessione metodologica sui principi delle altre scienze (esempio lampante: bioetica), un atavico legame con il politico ed il sociale, etc. con la ricerca della verità ormai demandata alle "scienze della natura" (o alla logica proposizionale)? Davvero l'episteme di oggi ha per oggetto la Verità?

Il legame Verità-Senso-Metafisica, per come la vedo, è un'eredità teoretica di un pensiero antico, che forse si è consumato senza spegnersi totalmente, covando sotto la cenere il proprio ardere, o magari scaldandoci anche oggi che, a differenza del passato, possiamo optare anche di usare i termosifoni...  ;)
#2385
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
12 Giugno 2016, 16:10:03 PM
La tua prospettiva è interessante e mi suscita alcune domande e osservazioni, per vederci più chiaro:
Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMQui a essere vero è il reale che si presenta svelandosi e in quanto semplicemente si svela 
 Se il presentarsi-svelandosi del reale è vero, cosa distingue il "vero" dal "reale"? Vero e reale non diventano sinonimi?

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMl'accadere è inseparabile dal significare, ossia le cose accadono sempre significando e significano accadendo, dunque accadere = significare, entrambi sono svelamento. 
Non è dunque possibile che ci siano eventi che accadono senza significare? 
Se la risposta è no, non si rischia anche qui di distinguere fra due termini (accadere e significare) che in fondo si denotano come sinonimi?
L'accadere non necessità certo di segnificazione, ma il significare (anche secondo Frege) non è solo un attributo semiologico, non ontologico, dell'accadere?

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMse il referente è "la realtà rappresentata dal segno" nell'ottica dello svelamento, se il segno svela (facendo segno, ossia segnificando), la realtà rappresentata dal segno è la realtà che si svela, dunque è proprio la verità (aletheia)
Non per fare il "ventriloquo" di Frege, ma, anche stando dentro il suo vocabolario, credo che la realtà rappresentata dal segno sarebbe per lui (come per molti altri) una realtà semantica, quindi strutturata, quindi convenzionale (nulla che "si sveli" o "si dia"), anche perché, se non erro, era uno di quelli che intendeva la verità solo come valore di verità (V) di una proposizione. 
Ma, anche sorvolando su Frege, e parlando più in generale, la realtà che il segno segnifica e (rap)presenta è una realtà soltanto semantica, concettuale e convenzionale (e proprio per questo può essere vera o falsa). 

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMPertanto nell'esperienza della verità come svelamento referente, significato e significante coincidono 
Quei tre possono coincidere solo in caso di "parola divina" che crea (referenti) pronunciando (significanti)... se ci si crede...
 
Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMOvviamente, si può sempre accettare o rifiutare la verità come aletheia e analizzarla solo nel suo aspetto tecnico comunicativo, ma qui era appunto sulla verità come svelamento che intendevo soffermarmi. (un aspetto che può essere interessante da approfondire in merito e che ora lascio solo accennato come tema può essere ad esempio come gioca la verità nella produzione artistica). 
Se, con estrema alchimia ermeneutica, proviamo ad amalgamare il vocabolario di Frege con l'ontologia di Heidegger, il virtuosismo che ne consegue potrebbe anche essere "artistico" (scherzo! ;))

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMnella possibilità o meno dell'apparire logico di un soggetto (io) a cui quel dolore appartiene come oggetto sta tutta la possibilità linguistica di descrivere quel dolore al medico o a chiunque altro, ma sempre su un piano logico descrittivo in cui un io viene per porsi come osservatore oggettivo del proprio dolore che non è più semplicemente sentito ed espresso, ma può essere spiegato e quindi interpretato. E' il piano di verità di un dolore spiegabile che necessita di un soggetto e di un oggetto che nella sensazione non ci sono ancora, perché c'è solo il dolore che si rende manifesto. 
Non direi "un io viene per porsi", quasi fosse una sua scelta contingente: soprattutto nel caso del dolore, direi "un io si trova ad essere", volente o nolente, soggetto (non "osservatore") di quel vissuto (il dolore che descrivi sembra avere una connotazione molto trascendentale, priva di ogni impulso nervoso... siamo sicuri che sia dolore?).

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMin termini di aletheia, mi pare si possa dire che è vero come reale che si svela, cioè che si rende manifesto e in questo rendersi manifesto potrà determinarsi come oggetto di un soggetto. 
[si parla del vissuto]
Qui propongo un esperimento, trovare la/e eventuale/i differenza/e fra: 
1-"è vero come reale che si svela"
2-"è reale come verità che si svela"
3-"è reale come realtà che si svela"
4-"è vero come verità che si svela"
sul filo di queste differenze c'è la non-sinonimia di "vero" e "reale".

Citazione di: maral il 12 Giugno 2016, 13:16:56 PMla verità si pone [...] nel manifestarsi dell'evento stesso, ossia nell'apparire del reale nell'aspetto in cui appare
Anche qui mi viene il dubbio che ciò che "si pone nel manifestarsi dell'evento" sia la realtà, più che la verità (o, se ti ho ben capito, "la verità della realtà che si manifesta" oppure, a scelta, "la realtà della verità che si manifesta").

P.s. Linguisticamente, come avrai già capito, vedo "la verità" connessa al verificare (come suo possibile esito) e "la realtà" connessa all'essere, all'accadere, e al realizzare; per questo mi ritrovo a triangolarle a fatica con "lo svelamento"...