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Messaggi - Phil

#2386
Vagabondando in rete mi sono imbattuto nella neuroestetica, ovvero lo studio delle attività cerebrali connesse alla creazione e alla fruizione dell'arte.
Sembra che il godimento estetico attivi alcune aree del cervello (mentre "il brutto", altre aree), per cui, ancora una volta, lo studio del cervello demistifica le sensazioni dell'animo/a, immanentizzandole a reazioni neurofisiologiche; "il sublime" è probabilmente solo una combinazione di stimoli neurali.

Inoltre, pare che ci sia un'empatia "a specchio" fra la forma percepita con lo sguardo e la connessa reazione neurologica:
"Ponendo degli osservatori dinanzi all'immagine di uno dei quattro Prigioni di Michelangelo – la famosa scultura "incompleta" dello schiavo detto Atlante [...] è emerso che la risposta empatica è valida anche davanti all'opera d'arte rappresentativa: il cervello ha riprodotto in termini motori il movimento di torsione del busto della statua.
Nel dicembre 2012 [...] l'oggetto preso in esame è stato per la prima volta un quadro informale, uno dei noti "concetti spaziali" di Lucio Fontana, più volgarmente ricordato come il "taglio". Grazie all'ausilio dell'Elettroencefalografia, degli spettatori sono stati stimolati con tale immagine e quanto è emerso è stato incredibile: la percezione di quel tratto di tela squarciato è stata interpretata dal cervello in termini senso-motori ossia di ricostruzione del gesto del pittore." (fonte: http://www.scienze-ricerche.it/?p=3294)

Se anche voi siete digiuni in materia, e volete rompere il ghiaccio con l'argomento, possono giovare queste brevi (e simili) introduzioni 
http://www.neuroestetica.org/contents/ticini-connessioni.pdf
http://www.rotaryrimini.org/wp-content/uploads/sites/20/2014/10/Beatrice-Viti.pdf

Chiaramente di materiale in rete ce n'è molto altro, anche più dettagliato (http://jn.physiology.org/content/91/4/1699.long), magari se ne potrà discutere in seguito...
A proposito, qualcuno di voi ha già familiarizzato con l'argomento?
#2387
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
11 Giugno 2016, 23:07:21 PM
Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 19:56:18 PMI predicati servono all'osservatore per inquadrare quell'esperienza (di cui so senza saperla descrivere e la so subito vera poiché accade) in una descrizione che la estromette, ossia la colloca in oggetto.
Non sempre c'è uno scarto temporale fra il linguaggio e la realtà e/o uno scarto di vissuto fra il "protagonista" e il "narratore"; ad esempio: "Sta piovendo e mi bagno": realtà descritta in tempo reale da un'affermazione vera (anzi due!) dalla persona che sta esperendo il vissuto mentre lo descrive...

Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 19:56:18 PME l'esperienza è vera nel suo immediato significare, si presenta subito come un significato, di qualsiasi esperienza si tratti.
Se per "vera" si intende "reale", per "significare" si intende "accadere" e per "significato" si intende "referente", sostituendo le tre parole, la frase diventa forse più precisa semiologicamente (non voglio "correggere con la penna rossa", solo suggerire di usare un linguaggio meno ambiguo e più standard...).
Un "significare" senza "segnificare" è soltanto legittimamente metaforico, e talvolta le metafore ci affascinano al punto da consolidarsi e non sembrare nemmeno più metafore...

Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 19:56:18 PMIl dolore di cui posso dire che che dura delle ore è sempre presente finché c'è, quindi non ha alcuna durata, proprio in quanto è costantemente presente: è adesso (o più semplicemente "è" al presente del verbo essere della lingua italiana). E' la descrizione del dolore che necessita di tradurlo in riferimento a una durata e questa traduzione è possibile solo se quel dolore mi si presenta come in qualche misura già estromesso da me in modo che lo possa descrivere [...] la stessa cosa che accade nell'essere umano (come in qualsiasi essere senziente) nel momento in cui sente davvero il dolore: non c'è né soggetto e quindi nemmeno oggetto, c'è il dolore [...] che diventa oggetto del sentire di un soggetto solo quando si sposta fuori di me, ossia quando ormai è solo un fatto (participio passato del verbo fare in italiano, ossia un accaduto, participio passato del verbo accadere, sempre in italiano).
[grassetto mio] Il dolore (della martellata) che percepisco è il mio dolore (altrimenti non potrei percepirlo sul mio pollice) e proprio nel percepirlo lo sento durare nel presente, e proprio nel sentirlo come mio dolore duraturo posso descriverlo al medico ("non mi passa!", oppure "adesso sta diminuendo..."). Ogni avvenimento è reale (non direi "vero") per chi lo vive: la coscienza, prima della mia memoria, esperisce i miei vissuti secondo le sue modalità; io non sono il mio dolore, io sono quella coscienza che sente quel dolore (la distinzione fra percipiente e percepito è ineliminabile, altrimenti smetterei per un attimo di avere autocoscienza e sarei solo un'impossibile "sensazione impersonale", "un vissuto di nessuno"...)

Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 19:56:18 PMgiacché non è la lingua che con le sue definizioni convenute crea i significati, ma l'esatto contrario, per quanto queste definizioni siano sempre in qualche misura inadeguate e quindi sempre suscettibili di necessaria ridefinizione per tentare continuamente di dare conto dei significati a ogni lingua pre esistenti, anche se da ogni lingua mutati)
Per alcuni linguisti (con cui possiamo anche non concordare), se non erro, "significato" e "definizione" sono sinonimi, per cui la lingua crea significati e pensarli pre-esistenti alla lingua è contraddittorio... oppure per "significati" intendevi "referenti" (quelli si, pre-esistenti ed autonomi rispetto ad ogni lingua)?


Citazione di: maral il 11 Giugno 2016, 19:56:18 PM quel dolore è sempre presente nel suo accadere, è al presente, proprio adesso, mentre sta accadendo e quindi non è un fatto, un accaduto oggettivabile e di cui si può discutere della verità, ma qualcosa che sta accadendo e di cui pertanto la verità è assoluta, poiché accade. Non è il predicato di un'esperienza: è adesso quell'esperienza
Secondo me, si può discutere "dal di fuori" della verità del dolore (magari sto fingendo...), e  non si può discutere sulla realtà del mio lamentarmi, in quanto accadere, per me e per gli eventuali altri, poiché di fatto, urlo o mi lamento etc. voler esprimere giudizi su questa realtà manifesta, porta al bivio "verità/falsità" (a farla breve, direi che tutto ciò che vivo-esperisco è per me "reale", non "vero"... ma forse è solo una questione di vocabolario personale).

Sul "dove" si ponga la verità (criterio del "vero") nel comunicare, o meglio, dove possa essere posta, propongo un'immagine:

chiaramente, per "referente" non va inteso solo un oggetto materiale, ma, in generale, l'oggetto dell'atto comunicativo (quindi anche un esperienza o un vissuto).
[Il triangolo della significazione di Ogden e Richards. Adattato da C. K. Ogden e A. Richards, The Meaning of Meaning: a study of the influence of language upon thought and of the science of symbolism, New York, Harcourt & Brace, 1938 [1923], p. 11)]

P.s. L'immagine forse è troppo piccola, ecco il link:
http://www.bmanuel.org/corling/ogden&Rich++_.jpg
#2388
Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PM
Mi vuoi spiegare perché ti comporti come colui che non ha mai assaggiato il miele e vuole spiegare ad altri che ne fanno uso quotidiano che sapore ha?
Sei sicuro che io non abbia mai assaggiato il miele? Forse adesso non lo uso perché prima ho esagerato e m'è venuto il diabete (scherzi a parte, non mi piace andare sul personale, ma, se ti fidi, in passato ho conosciuto il miele... magari non come lo conoscono gli intenditori, ma direi almeno "un po'"...)

Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PMLascia stare le chiese, le religioni e il religionismo che vengono dopo e possono anche non entrare nel discorso, ma parliamo di fede pura [...]
Invece quelli che confidano  nel Signore Dio vivono  da vivi perché amano e sono in pace.
Mettiamoci d'accordo: parliamo di "fede pura" senza religioni o scomodiamo il "Signore Dio"? Il tuo sentire, la tua fede esperita, ti hanno parlato spontaneamente, intimamente ed esplicitamente del Signore (con tutte le sue caratteristiche) o qualche "apicoltore" ti ha suggerito qualcosa, magari come interpretare quello che sentivi (dandogli un nome, una storia, etc.)? Altrove quest'impulso naturale di fede ha avuto altre risposte; si equivalgono tutte, secondo te?

Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 19:15:10 PMSe vuoi la conferma guarda come in  questo forum si combatte per affermare il proprio "io" anche se appoggiato su pensieri privi di fondamenti e oltretutto privi di esperito!
Tu ne sei un esempio lapalissiano!
Ad esempio, parlando con Duc ho cercato di affermare il mio Io oppure ho provato a spiegare al meglio (pur nei miei limiti) le mie ragioni, cercando di comprendere le sue (al punto da chiedergli cosa intendesse con alcune parole)?
Mi pare di aver sempre parlato delle sue argomentazioni, e credo (magari sbaglio) che questa sia una buona prassi in un forum: discutere delle argomentazioni proposte, senza fare illazioni su chi le propone o rispondere citando ciecamente i propri dogmi... se vuoi, i miei ragionamenti li trovi in giro su queste pagine, e sei ovviamente libero di commentarli (anche se li hai già inquadrati come, cito, "privi di fondamento", frutto di una "falsa vita", di "fobie religiose" o di "frustrazione"; per cui suppongo non ci perderai altro tempo... grazie comunque per le spiegazioni, so che hai parlato, anzi, scritto in buona fede...).
#2389
Citazione di: Duc in altum! il 10 Giugno 2016, 14:54:19 PMIdem anche per la "religione" inevitabile che una morale improvvisata fa sorgere nell'individuo.
Può esserci una religione che non ha una divinità trascendente e/o extra-umana?
Può esserci una religione con un solo praticante, senza comandamenti, rituali, preghiere e "ministri"?
Può esserci una religione che da un giorno all'altro può cambiare radicalmente la propria visione-del-mondo, pur restando la medesima?

Se la risposta a tutte queste domande, per te, è "si", potresti parlare della religione della morale improvvisata... salvo poi dover precisare che la tua definizione di "religione" non è quella condivisa nella lingua italiana (ed hai tutta la libertà di farlo... ma non te ne dimenticare, altrimenti rischi di confondere!).
#2390
@Duc
Grazie per i chiarimenti!

@Sariputra
Avevo chiesto a Duc le sue definizioni, proprio perché il suo vocabolario è spesso molto "personale" nelle interpretazioni dei significati...

Citazione di: giona2068 il 10 Giugno 2016, 11:05:42 AMIn altri termini chi crede in spirito e verità non crede per dogma ma per esperienza, cioè il suo sentire trova conferma nel suo operare.
Questo sentire (o credere-di-sentire) è l'esperienza individuale di ogni spiritismo/misticismo. 
Quando poi tale sentire si coniuga con una determinata tradizione religiosa, entrano inevitabilmente in gioco i dogmi di quello specifico culto, in veste di interpretazione fidata: si individua un presunto "autore" di quel sentire (divinità X), si incontra una morale "ufficiale" (comandamenti e buone prassi), si scoprono spiegazioni teologiche per domande esistenziali, etc. tutto ciò è un'aggiunta accessoria, ma estremamente condizionante, a quel sentire personale (e originario del credere).
Una religione senza dogmi non è religione, ma al massimo spiritismo, perché sono i dogmi che consentono di istituire e regolare una comunità religiosa, e quindi permettono di identificare un "praticante" (che può parlare di "spirito e verità" solo grazie ai suddetti dogmi... e così il cerchio si chiude...).
#2391
Per comprendere ancora meglio il tuo vocabolario, vorrei chiederti:
a) qual'è la tua definizione di "dogma"?
b) qual'è, secondo te, la differenza più rilevante fra i dogmi di una "morale improvvisata" e quelli di una morale religiosa?
#2392
Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMA priori ?????!!! ..vedi che hai già creato dei pre-giudizi, derivanti da dogmi personali di fede :-[
"A priori" nel senso che quando ho fede già so che quei dogmi sono e saranno sempre intoccabili... se non erro, è la definizione comune di dogma, non un mio pre-giudizio...

Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMLa morale improvvisata, proprio perché improvvisata, è definibile anche come il diofaidate
Se è "improvvisata", nel senso che accennavo, non solo non ha nulla di divino o pseudo-divino, ma è anche aperta agli altri, quindi è l'antitesi del fai-da-te (già ti ho spiegato come, secondo me, i "maestri", con la "m" minuscola, sono tanti ed intorno a noi...)

Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMcredere che Dio esista o credere che Dio non esista hanno pari legittimità 
Pari legittimità etica sicuramente (almeno per me...).

Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMInfatti, hanno l'Io, come potrebbero concettualizzare Dio?!?!
L'Io ce l'abbiamo tutti, suppongo, e l'assenza della fede nel concetto di Dio non è vissuta come una carenza da tutti (constatazione); senza voler giudicare come ognuno viva tale non-fede...

Citazione di: Duc in altum! il 09 Giugno 2016, 10:15:30 AMFedi, fiducie, dogmi differenti, molto differenti, non prospettive, giacché l'aspettativa sorge dalla speranza che è, a sua volta, sorretta dalla fede 
Nel complesso direi che, per alcune questioni (im)portanti (ma non tutte) l'atteggiamento dogmatico non può dialogare davvero, ma solo presentarsi e raccontarsi, senza (per definizione) sbagliarsi o modificarsi (eventualità invece proprie di ogni dialogo autentico...). 
Avendo capito (almeno credo) la tua posizione, e sapendo che probabilmente ritieni dogmatica anche la mia (e non voglio dissuaderti dal pensarlo, ho solo tentato di chiarirtela), ribadisco che, secondo me: 
Citazione di: Phil il 08 Giugno 2016, 22:10:54 PMI nostri paradigmi (e forse anche i nostri vocabolari), probabilmente, sono "incommensurabili"...
senza nulla togliere all'utilità del tentativo di chiarimento reciproco che abbiamo messo in atto nella conversazione.
#2393
Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PME che differenza c'è tra un dogma (Comandamenti) accettato per fiducia in Dio, e tra un dogma (morale improvvisata) accettato per fede in se sessi? 
La differenza principale, ma non unica, è che il dogma per fede in Dio a priori non possiamo cambiarlo (e se non lo rispettiamo, pecchiamo...), mentre la "morale improvvisata" può essere modificata a posteriori a seguito delle esperienze vissute, delle riflessioni che ne seguono e magari anche da qualche buon esempio concretizzato da altre persone... 
"Fede in sé stessi", stando a ciò che intendo per "fede" (vs "fiducia"; ricordi?) è quasi un'espressione priva di senso logico (ma mi hai già spiegato che per te non è così...).
 
Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PMMonetina o dado non cambia mica l'uguale probabilità? 
Credo cambi non solo la probabilità (un dado a due facce non è un dado... e in un dado classico ogni faccia ha un sesto di possibilità, non il 50%) ma anche, fuor di metafora, l'importanza della scelta della religione, perché il credere, correggimi pure se sbaglio, non è mai indeterminato, ovvero in una divinità generica (ma si crede sempre in una specifica divinità, anche se imperscrutabile o oggetto di "teologia negativa"...).
 
Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PMInfatti ciò che conta, ciò che da valore alla puntata è il senso e il merito dell'esistenza stessa di ogni individuo.
"Senso" e "merito" dell'esistenza individuale... il discorso sarebbe lungo e partirebbe già da due prospettive molto differenti...

Citazione di: Duc in altum! il 08 Giugno 2016, 18:57:29 PM...innalzando a divino il proprio Ego, ossia credere che l'uomo sia il dio di Sé stesso.
Implicazione che vale forse per qualcuno, ma di certo non per tutti; esiste gente che non ha "dio" nel proprio orizzonte concettuale, almeno per quello che ho notato...

P.s. I nostri paradigmi (e forse anche i nostri vocabolari), probabilmente, sono "incommensurabili"...
#2394
Citazione di: Gasacchino il 08 Giugno 2016, 00:02:08 AMistintivamente mi verrebbe da dire che un agnostico, almeno secondo la logica dell'indecidibilità, potrebbe porsi il problema del se ci fosse qualcosa di "divino" che potrebbe giudicarmi per il mio operato? Credo non sia così improbabile che qualcuno possa affrontare il dubbio con cautela
Si, e per i dettagli sarebbe propizio l'intervento di un agnostico... credo comunque che l'indecisione agnostica possa essere vissuta come fase di passaggio (percorribile in molte direzioni), e, a lungo termine, quel "non so" forse si stringe sempre più intorno alla specifica domanda, perdendo presa sempre più sul vivere quotidiano: quel "non so" può diventare magari un malinconico "chissà..." che accompagna una vita pratica ed auto-regolata da non-credente o una vita da "credente inerziale" (intorno a me, la "mia comunità" crede, o almeno, pratica, allora credo, o almeno pratico, anch'io...).
Ma i due esiti non sono simmetrici: se il "non so" si coniuga con l'ateismo, il soggetto deve improvvisare la sua morale strada facendo (giacché non esistono i "Comandamenti dell'ateismo" da rispettare; per cui non ci sono dogmi o implicazioni necessarie); se invece si opta per il culto, quel "non so" si traduce in un "intanto seguo queste regole..." e quindi c'è un'adesione di comodo (non per fede autentica) ad un "prontuario etico" già stabilito.

Ma il problema cruciale del "se c'è una divinità" è che ciò contiene fra le righe la questione più spinosa del "quale divinità? quale culto? quali comandamenti?"; per cui non si tratterebbe, anche volendo, di lanciare semplicemente una moneta (credo/non-credo), ma semmai un dado (non-credo/credo-x/credo-y/credo-z/ etc.).
Nell'indecisione, ci si può scoprire sempre più indifferenti al tema del divino, o sempre più asintoticamente non-credenti (magari limitandosi ad un 99% di ateismo, lasciando un minimo spiraglio al dubbio "forse, però, mi sbaglio...") oppure accostarsi ad una religione individuata come risposta (e le modalità di questa individuazione credo siano profondamente soggettive...)

Citazione di: Gasacchino il 08 Giugno 2016, 00:02:08 AMdi base ognuno agisce in quanto individuo a sé stante
Osservazione doverosa ed inappuntabile. Infatti, per "eterogenesi dei fini", ci sono atei che si comportano da buoni credenti e viceversa, così come ci sono non-credenti e credenti moderati, e non-credenti e credenti estremisti, etc. ...
#2395
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
08 Giugno 2016, 11:12:43 AM
Citazione di: giona2068 il 07 Giugno 2016, 23:45:12 PMQuante argomentazioni per dire che non vogliamo perdonare!
La mia serie di domande voleva essere un contributo allo sviluppo del discorso, non un'argomentazione nascosta in un elenco di domande retoriche (come forse ha inteso anche HollyFabius); mi era parso che quegli interrogativi, magari ostici, fossero meritevoli di onesta interrogazione, ed eventualmente di risposta da chi è certo più competente di me in termini di credenza... se li avete letti in cattiva fede, non fatevene una colpa... e se vi sentite colpevoli, consideratevi automaticamente perdonati (anche se personalmente non vedo nessuna colpa, è stato, al massimo, un innocuo fraintendimento...).
#2396
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
07 Giugno 2016, 19:33:06 PM
Vorrei porre alcune domande sperando che servano a sviluppare il discorso:
il perdono non presuppone, da un lato, il giudizio, e dall'altro, la colpa? Con quale certezza mi pongo come giudice del comportamento di un mio simile? Sono sicuro di saper distinguere chi deve perdonare chi?
Ad esempio, da figlio, mi può sembrare che mio padre mi faccia un torto, ma decido comunque di perdonarlo per amore; tuttavia, tempo dopo, con l'adeguato distacco emotivo, mi accorgo che quel suo apparente torto era invece una sua reazione ad una mia colpa (che all'epoca non mi sembrava tale), e quindi era lui in verità a dover perdonare me... giocare a fare i giudici delle azioni altrui è attività spesso ingannevole e fuorviante (come voler scagliare la prima pietra...)

Se invece il danno subito è palese e tangibile, sta davvero a me giudicare (e poi semmai perdonare) e a quale scopo? Non dovrei usare le mie energie ed il mio tempo a cercare di rimediare al danno subito ed evitarne ripercussioni, senza indugiare iniquamente sul presunto colpevole (attività che spetta semmai alla legge terrena)? 
Il perdono non rischia di essere una "colpevolizzazione travestita ed assopita", una reazione "diplomatica" all'istintivo e fanciullesco desiderio di vendetta, che quindi non è stato ancora addomesticato? 
Perdonare qualcuno non è un'azione che "usa" il prossimo (ed una sua ipotetica mancanza) per voler elevare se stessi a "pio perdonatore"? 

Uscendo dal meccanismo vizioso giudizio>colpa>perdono, non ci si apre ad una vita più fraterna e serena?

P.s. Lo stesso "chiedere perdono" al prossimo, non è quasi superfluo, dal punto di vista etico, in caso di sincero pentimento? Quanto ha senso un perdono che segue una richiesta (e quindi non è spontaneo)? In fondo, se sono davvero pentito, ma l'altro non mi perdona, è una mancanza mia o sua? Il mio dovere morale termina quindi con il semplice "chiedere perdono" (che dunque è un chiedere non sincero perché è già concluso a prescindere dal suo esito)?
#2397
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
07 Giugno 2016, 14:30:54 PM
Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMQuesta forza viene percepita dai più attraverso dinamiche disparate, legate quasi a processi di affermazione irrazionale, umorali, psicologici, assorbiti in un processo quasi fideistico. La letteratura, il cinema, il sentire popolare parlano di un mondo trasformato [...] Ma queste mitologie crescono sotto alla pelle delle persone che vedono trasformarsi il mondo sempre più velocemente e che vedono la tecnologia dominare la realtà con sempre maggiore successo. E' chiaramente in atto un processo di formazione di nuove forme di mitologia 
... tuttavia, va considerato che la caricatura hollywoodiana della scienza suggestiona e condiziona il versante dei profani, ma non ha nessun effetto di ritorno sull'operare scientifico e, in generale, su ciò che è davvero scienza. 
La mitologia della narrativa scientista non è scritta e divulgata dalla scienza, non è nemmeno parte della scienza, per cui quella mitologia va decisamente distinta dalla scienza autentica (a cui si ispira con tutte le sue "licenze poetiche"); ne è ulteriore prova che talvolta, come accennavi, tocca proprio allo scienziato ricordare che Star Trek non è una storia vera...
Concordo quindi con il fatto, innegabile, che tale mitologia esista, ma non la imputerei alla scienza definendola "idealista" o attribuendole una responsabilità "mitologica".
 
Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMIl punto è che questa ipotesi di lavoro è accettabile anche dalle religioni tradizionali occidentali perché non affronta il tema del prima dell'inizio ma è compatibile con l'idea fondante delle loro mitologie 
Anche qui distinguerei il lato scientifico della questione da quello non scientifico: se le religioni cercano di "salire sul carro" della scienza, per assorbirne maggiore credibilità, ponendosi sempre a monte di ogni certezza ("il big bang c'è stato, ma lo ha innescato Odino"), non è una questione che la scienza debba minimamente considerare. La scienza non orienta le proprie indagini in modo da evitare attriti o scontri con la visione popolar-religiosa, non si nasconde dietro l'egida della mitologia, anzi... non ci dimentichiamo che la scienza è stata la disciplina che più ha minato le basi di ogni mitologia (se poi la mitologia corteggia la scienza per farsi bella con le masse, non bisogna concludere che sia la scienza a fare la dissoluta meretrice per imbonirsi l'opinione pubblica...).

Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMIl punto è che la scienza contemporanea è certamente "possibilista" ma gli uomini e le istituzioni che la rappresentano sono ancorati e legati mani e piedi ad interessi a volte neppure percepiti come tali.
Forse interessi (inevitabilmente) economici, ma nulla a che fare con connivenze e ingerenze di matrice mitologica (se poi i ministri dei culti remano contro corrente, questo dimostra ulteriormente come la scienza sia in sé anti-mitologica...).
#2398
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
07 Giugno 2016, 10:15:21 AM
Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMI miracoli, un tempo eventi eccezionali oggetto di fede, stanno ormai diventando normale questione di bio ingegneria.
Sono il tipo di esempi a cui alludevo quando ricordavo che la scienza non fa "promesse idealistiche", ma ipotizza, sperimenta ed "esegue" (opera con la materia...).
 
Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMCertamente il Big Bang non è un dogma (la scienza non ha dogmi, al massimo dogmatici metodi di oggettivazione e verifica), ma è da tempo che non è più, a quanto mi risulta, una semplice ipotesi di lavoro.
Vado a memoria (solitamente pessima!), ma alcuni astronomi dell'antica Grecia, postulando orbite planetarie con deferenti ed epicicli, supponendo la terra immobile, riuscivano a predire eclissi con precisione elevata (pur essendo la loro spiegazione basata su una descrizione non corrispondente alla realtà...). Quindi, anche se un modello esplicativo "funziona", non è detto che sia in realtà più di un'ipotesi di lavoro (dico in generale, nella fattispecie del big bang sinceramente non lo so...).

P.s. Da premesse false possono derivare conclusioni vere, è l'ironia del destino (e della logica).
#2399
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' mitologia quando 'promette' il superamento di tutte le malattie, l'incremento indefinito della lunghezza della vita, in pratica l'immortalità 
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri... 
 
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' ideologia quando crea un paradigma di creazione dell'universo basato su una esplosione iniziale (il big bang). La sua potenza di trasformazione è la maggiore oggi creata dall'uomo, questo non deve far dimenticare il suo forte idealismo, o no?
Il big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
#2400
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
06 Giugno 2016, 15:11:54 PM
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 13:53:17 PMIl "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, [...] La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti
Se è una mitologia, è una mitologia decisamente performativa, tangente il reale (e tangibile), che non solo condiziona l'interpretazione del mondo, ma modifica e produce realtà (quale altra mitologia può farlo?). Produce strumenti operativi oltre che idee, ad esempio ristruttura il corpo umano (baluardo della materialità indubitabile) con la medicina applicata (protesi, operazioni, etc.), oltre che spiegarlo (neuroscienze e affini...). 
Direi che il mondo della tecnica è materia (solo il suo lato della ricerca può essere semmai anche "mitologia"), e se la tecnologia si è estesa fino a "sfumarsi" nel virtuale, va ricordato che questo ha comunque una imprescindibile radice materiale: internet è fatto di antenne, database, cavi, etc. tutta materia (talvolta ci dimentichiamo che la scienza non è solo la fisica quantistca, con le sue ipotesi di corpi che viaggiano alla velocità della luce e lo spazio-tempo...)

Citazione di: maral il 09 Maggio 2016, 14:37:52 PMPotrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia
Più che in modo "errato" (che suona come un impegnativo giudizio di valore) direi in modo "maldestro", per cui "ci si fa male" (e il riflessivo è eloquente...). 
Psicologia e buddismo hanno (di)mostrato che spesso il fantomatico malessere spirituale ha profonde radici nella materia, non è un virus che attacca lo spirito (e qui ci sarebbe da chiedersi cosa si intende, oggi, per "spirito"...).