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Messaggi - iano

#241
Mi rendo conto che l'uguaglianza
comprensione= non controllo
sembri arbitraria.
Forse lo sembrerà meno
coscienza= non evidenza
che ho meno difficoltà a giustificare, notando che i mondi proposti dalla scienza, del tutto sotto il controllo della coscienza, non posseggono alcuna evidenza, se non posticcia, ricavata da analogie la cui utilità è discutibile, perchè è un modo improprio di dare a un mondo fatto di non evidenza, un evidenza surrogata.
Si tratta infatti di una evidenza surrogata che fa apparire un mondo così ''strano'' da provocare indirettamente un rigetto verso la scienza.
Una scienza che genera assurde sovrapposizioni di stato, le quali però sono inessenziali alla teoria e alla sua applicazione, e sono solo tentativi di farci comprendere ciò che prima che per difficolta, sono incomprensibili per loro natura, in quanto...del tutto sotto sotto il nostro controllo cosciente.
In altri termini, esse non sono comprensibili perchè non necessitano di comprensione, e la ''natura'' aborre tutto ciò che non è strettamente necessario in un ottica di sostenibilità rivolta alla sopravvivenza, essendo la comprensione un processo che anche quando fosse a attuabile a comando, ha un costo.
Ma se poi si dimostra non strettamente necessaria, perchè la natura dovrebbe acconsentire ad allentare i cordoni della borsa?

Oggi l'I.A, sembra avere costi insostenibili.
Domani vedremo.
Se però ci aiuterà a costruire centrali a fusione, può ben valere la spesa.
Al momento ci ha già aiutati a trovare un vaccino riducendo i tempi a un quarto, salvando vite umane, cioè non poco.
Siamo allora proprio sicuri che la mancanza di controllo che ne abbiamo debba stare in testa alle nostre preoccupazioni?
#242
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 21:07:00 PMSe prendiamo per buona l'equazione «comprensione=mancanza di controllo» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo comprensione di ciò che controlliamo (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) e controlliamo ciò che non comprendiamo (-a→b; oppure b=-a); è davvero così? Per questo ho declinato i vari casi combinatori possibili.
Io parto dall'idea che ci sono diversi modi di rapportarsi con la realtà, nessuno dei quali ha un privilegio, compreso quello di essere appunto unico.
Ogni modo si può rappresentare come uno spazio delle azioni, che costituisce attuti gli effetti un mondo che viviamo, o un modo indiretto (diretti non ve ne sono) di vivere la realtà.
Fra questi diversi mondi possiamo provare ad individuare elementi corrispondenti, che svolgono cioè la stessa funzione nei diversi mondi.
Nel mondo ''naturale'' ( le virgolette indicano che di non naturali non ve ne sono, ma giusto per usare terminologie a tutti comprensibili) ipotizzo che la comprensione tenga il posto del controllo nei mondi disegnati dalla scienza.
Poi forse dire disegnati è improprio, perchè questi mondi non sono immaginabili, se non in forma residuale quando troviamo un analogia col mondo naturale, fatto appunto di immagini, o come preferisco dire, descritto in linguaggio immaginifico.
Che queste analogie non sempre si trovino, poi, è tutto sommato  una fortuna, considerando quanto possano portarci fuori strada.
Visualizzare ciò che per sua natura non è visualizzatile, non può infatti che portare fuori strada.
#243
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 18:33:25 PM- comprensione (si) e mancanza di controllo (si): ossia capiamo come funziona, ma non possiamo controllarlo; ad esempio il moto dei pianeti.
non parlo di un controllo che ci consenta di intervenire, ma di convalidare o cestinare il processo, tipo il controllo su una dimostrazione matematica che ci consente di dire che è corretta oppure errata.
Non avendo questo controllo non abbiamo modo di approvare o cestinare le sentenze della I.A.
La favola della volpe e dell'uva, c'entra, ma ha un epilogo inatteso.
La volpe dovendo rinunciare all'uva, a posteriori verifica che effettivamente non gli era indispensabile, e successivamente può decidere di rinunciarvi anche quando vi arrivi, se ha qualcosa di meglio da fare.
Una volta messa da parte l'errata convinzione che dimostrare un teorema in prima persona equivalga a comprenderlo, posso affidare il compito ad una macchina incapace di comprenderlo, dedicandomi ad altro compito indelegabile, almeno al momento.
Noi consideriamo la comprensione importante quanto lo è per la volpe l'uva, ma una volta che siamo costretti a rinunciarvi, vediamo che ciò non comporta veri problemi, così la prossima volta potremo rinunciarvi volontariamente.
Tutti crediamo di avere il controllo sulla nostra intelligenza, ma basta rifletterci un attimo per capire che non è vero.

Tutti i casi che fai io ho suggerito che si riducano ad uno: comprensione=mancanza di controllo.
Ma è più un invito alla riflessione, che un inappellabile sentenza, come quelle dell'intelligenza artificiale.
#244
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 15:24:44 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 23:02:14 PMl risultato di una misurazione di un osservabile, ossia le quantità fisiche misurabili di un sistema,  è casuale, l'unica informazione
disponibile è la distribuzione di probabilità del risultato, ottenuta dalla seguente
legge:
ℙ(𝑋 ∈ 𝐴) = ‖𝜉𝑋(𝐴)Ψ‖,

Ho estratto il terzo assioma della m.q. perchè lo ritengo inerente al discorso sul caso , è a questo che si riferisce Iano quando dice "quello che chiama in causa la m.q . è autentico caso". Tuttavia è il risultato di una misurazione su un osservabile ad essere casuale, non la particella stessa. Allo stesso modo posso tirare un dado e vedere risulato 6 , lo ritiro ed esce 4 e chiamo questi due risultati differenti "casuali". Ma il dado in se stesso è un oggetto casuale? è un oggetto che manifesta casualità nei suoi risultati allo stesso modo di una particella elementare. i due esempi ovviamente non si equivalgono perchè nel caso dei dadi il caso è il risultato di una nostra ingnoranza riguardo le condizioni inziali e le condizioni durante l evolversi del lancio. Nel caso della particella no, il risulato è casuale per sua natura , non si tratta diconoscere in modo piu prociso le condizioni iniziali e l' evolversi nel tempo. Ma questo non basta per dire che ad essere casuale è la particella stessa. In più i diversi risulati delle osservabili sono pur sempre deterministici in quanto dipendono dall onda di probabilità . PEr anaologia con i dadi pensiamo che il risultato del lancio di un dado abbia un onda di probabilità spalamata da 1 a 6 . I vari risultati sono determinati da questa ampiezza di probabilità.
Qualche giorno fa ho aperto una discussione intitolata abitudine, laddove affermo l'abitudine essere ciò che ci fa apparire le cose normali, laddove dunque la normalità non è una caratteristica delle cose, ma ciò che noi gli attribuiamo in ragione della ''intimità'' che sviluppiamo con esse.
Certamente quindi a noi sembrerà normale il paradigma della fisica classica, quello per cui note le condizioni iniziali etc...etc...., ma forse è solo per l'abitudine che abbiamo nell'applicarlo.
Le relative equazioni inoltre richiedono  conoscenze matematiche basilari, e questo fa si che possiamo sentirle relativamente più nostre.
Io credo però che se proviamo ad uscire fuori dalle nostre consolidate abitudini, di ogni cosa sparirà la sua normalità, e la fisica classica potrà apparirci allora non meno strana di quella quantistica.
Questo significa equipararle in negativo, laddove non ci riusciamo in positivo, ma possiamo comunque riuscire ad equipararle.
Se non possiamo considerare tutto normale, potremo considerare in alternativa tutto strano, non lasciando che le nostre abitudini interferiscano col nostro giudizio.
#245
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 15:04:10 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:45:32 PMp.s.
è stato il rendersi conto di una molteplicità di stati che ha portato gli scienziati a dire che il calcolo matematico per stabilire posizione e veloità poteva e doveva essere descritto da un calcolo probabilistico.
Cosa del tutto non richiesta fin quando si era potuti calcolare l evoluzione nel tempo e nello spazio di un oggetto che portava ad unico risulato finale  matematicamente calcolabile.
Questo non l'avevo letto, e adesso intendo meglio cosa volevi dire.
Però non è che gli scienziati a un certo punto si sono resi conto dell'esistenza di una molteplicità di stati possibili, perchè questo a loro è sempre stato presente.
La novità è quella di interpretare le equazioni della meccanica quantistica come una sovrapposizione di stati contemporaneamente possibile, non separati nello spazio tempo.
Però un interpretazione serve solo a farci comprendere, ma questa comprensione delle equazioni della meccanica quantistica non è necessaria strettamente alla loro applicazione.
Le equazioni richiedono solo di essere risolte, e la risoluzione può essere affidata a una macchina priva di comprensione, a dimostrazione del fatto che la comprensione non è strettamente richiesta.
Questo significa, nel bene e nel male, togliere il grosso del lavoro ai fisici, perchè il difficile sta nel risolvere le equazioni, non nel comprenderle, cosa solo relativamente difficile.
Noi comprendiamo le frasi del linguaggio italiano, perchè conosciamo il linguaggio.
<Similmente per comprendere le equazioni della fisica bisogna conoscere il linguaggio matematico, cosa difficile, ma non impossibile.
Per quanto riguarda la risoluzione delle equazioni questa difficoltà si mostra spesso insuperabile.
Trovare una sola soluzione potrebbe impegnare l'intera vita di un fisico.
Capisci quindi perchè la tentazione di farsi sostituire dalle macchine non è poca per chi in quelle difficoltà è impelagato.
Facile criticare per noi che dentro a quelle difficoltà non vi siamo.
#246
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 14:36:37 PM
Detto in altro modo, considerando l'analogia del dado, come abbiamo detto, è una analogia forzata, in quanto il dado possiede sempre uno stato, cioè una faccia rivolta verso l'alto, in quanto possiede sempre una posizione.
L'analogia funziona quindi se astraiamo il fatto che il dado possieda una posizione, talchè potremo dire che possiede sei stati in perfetta sovrapposizione.
Ma una posizione, e una sovrapposizione di stati si escludono cioè a vicenda.
Se c'è una non c'è l'altra e viceversa.
In sostanza ci sono diversi elettroni, e con ciò intendiamo che siano realtà individuali, non sovrapponibili cioè una all'altra, e che questa individualità si esprime come posizione all'atto del rilevamento.
Nella misura in cui intendiamo la realtà come fatta di cose distinte, cioè non sovrapponibili una all'altra, ci apparirà allora come irreale una particella che possieda in se cose distinte ma sovrapposte.

Ma, quando per affermare la realtà non troviamo modo migliore che negarla, allora c'è qualcosa nel nostro modo di esprimerci da rivedere.
Allo stesso tempo, quando ciò avviene possiamo star certi di trovarci di fronte ad una rivoluzione nel nostro modo di vedere la realtà, se col vecchio linguaggio non riusciamo più ad esprimerla senza cadere in contraddizione.
#247
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 13:56:58 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:37:29 PMLa differenza è che dopo il lancio dei dadi è possibile vedere il risultato ottenuto, ma con le particelle, che risultato ottieni? cioè, mentre con i dadi il risultato "collassa" in un unico risultato possibile la teoria delle particelle suggerisce che la particella non collassa in un unico risultato possibile ma  manifesta, invece,  una molteplicità di stati.
Perchè dici questo?
Gli stati di un dado sono sei, non uno.
Nell'analogia è il lancio del dado a farlo collassare in uno dei suoi sei stati.
Prima del lancio il dado non ha uno stato, ma sei contemporaneamente,o, come si dice con immagine di dubbia efficacia, in sovrapposizione.
Si tratta di un analogia, perchè in effetti un dado ha sempre uno stato, cioè una faccia rivolta superiormente.
Le particelle invece non ce l'hanno, prima di essere ''lanciate''.
Dire che una particella possiede più stati in sovrapposizione equivale a dire, secondo me, che non ha ''uno'' stato, che la posizione non è cioè uno stato che la caratterizza.
Dunque, se quando noi rileviamo una particella constatiamo invece che ha una  posizione, forse la posizione, se coerentemente continua a non essere una sua  caratteristica, potrebbe allora essere una caratteristica della nostra rilevazione.
Cioè in altri termini, rilevare una particella potrebbe equivalere ad assegnargli una posizione, secondo una diversa analogia.
E' come mettere un etichetta a qualcosa per poterla riconoscere.
E' proprio quest'ultima analogia a farmi dire che quella dei stati sovrapposti non sia un immagine efficace, nel senso che io preferisco questa come analogia.
Quindi la particella non ha alcuna posizione, ne tantomeno diverse sovrapposte, ma siamo noi ad assegnargliene una misurandola.

Le particelle, ad esempio gli elettroni, non c'è altro modo di distinguerle, se non per la diversa posizione.
Questo dovrebbe essere elemento di riflessione per noi. Misurare un elettrone significa individuarlo, isolandolo da tanti elettroni potenzialmente indistinguibili uno dall'altro.
Quindi, rilevare un preciso elettrone ( quello e non altri) e essegniargli una posizione che lo distingua dagli altri, potrebbero essere la stessa cosa.
#248
Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 12:23:43 PM...e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione...
Errara corrige:
...e questa mancanza di controllo caratterizza il processo di comprensione...
Per quanto detto, se l'I.A. ci preoccupa perchè non comprendiamo come opera (compresi quelli che la programmano), non deve risiedere nella nostra mancanza di controllo la vera causa.
Credo quindi che l'intelligenza artificiale metta sotto la lente di ingrandimento un altro problema di carattere generale. Lo stesso effetto, perchè lenti con potere di ingrandimento minore, non hanno ottenuto frullatori e frigoriferi, come fa notare sagaciamente Phill.

La scienza e la tecnologia ad esso associata non riescono  a riprodurre il processo che porta alla comprensione.
Apparentemente sembra sufficiente aprire gli occhi per comprendere la realtà, ma evidentemente il processo di comprensione non è così semplice come appare, se la scienza, pur coi potenti mezzi che gli riconosciamo, non è in grado di riprodurlo, e non è banale notare la coincodenza che la scienza è un processo su cui abbiamo il controllo.
Comprensione e mancanza di controllo sembrano essere due facce della stessa medaglia, diversamente da quel che crediamo.
La realtà appare come immediata, perchè abbiamo rinunciato al controllo sul processo che media  la produzione della sua apparenza.
Mantenere quel controllo avrebbe significato dover ''ridipingere ogni volta la realtà'', cosa che siamo in grado di fare, ma non con quella immediatezza che l'operazione richiede, perchè non arrivo a dipingere un pelo della tigre dai denti di sciabola, che la pittura per una triste evenienza, la mia morte, viene interrotta.

Povera la tigre coi denti a sciabola che si è estinta...e povero anche il pittore.
A beh, si beh...:)
#249
Citazione di: Phil il 17 Agosto 2025, 23:39:11 PMA conti fatti la perdita di "intelligibilità di massa" a favore dell'efficacia d'uso (anch'essa di massa) è il comun denominatore di tutti gli sviluppi tecnici, almeno negli ultimi secoli:
Per tacere di quanto noi viventi siamo inintelligibili a noi stessi, almeno negli ultimi miliardi di anni.
Quindi qual'è la vera natura dell'allarme che lancia Fabriba, trovandosi in buona e numerosa compagnia?
Qualunque sia la natura del problema, siamo solo certi del problema, per il quale mi pare hai ben dimostrato non essere l'inintelligibilità la sua causa.

Credo noi si abbia la tendenza a controllare i nostri processi, tanto da arrivare ad identificare il processo col controllo che ne abbiamo, ma quando il processo si evolve il controllo diventa impossibile, perchè insostenibile.
A quel punto ci troviamo a dover decidere, se rinunciare all'intero processo, o non rinunciarvi, rinunciando solo suo controllo, personale, perchè poi come fai ben notare il controllo permane, almeno ancora in parte, ma spalmato su più individui.
Quello che si perde è il controllo personale del processo, controllo personale che io credo inoltre impropriamente associamo alla nostra personale comprensione.
Cosa intendiamo dire esattamente quando affermiamo di comprendere qualcosa?
Questo per noi a ben vedere resta un mistero, e questo detto in altro modo, per chiudere il cerchio, significa che noi non abbiamo il controllo sul processo di comprensione.
A partire da ciò che comprendiamo possiamo comunque dimostrare ciò che non comprendiamo, ma che resta comunque incomprensibile, o possiede una comprensione indiretta, di seconda mano.
Avere il controllo su tutti i passaggi coi quali dimostro il teorema di Pitagora, significa che io posso certificarne la verità, ma questa certificazione non vale la sua comprensione.
Controllare un processo non equivale dunque a comprenderlo.
La comprensione è dunque qualcosa di fondamentale sul cui processo non ho controllo, e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione, al punto tale che quando il controllo interviene esso non incrementa il nostro grado di comprensione.
Io posso dimostrare un teorema a partire da ipotesi a me comprensibili, ma la dimostrazione non è un processo ereditario, per cui la tesi dimostrata erediti la comprensibilità delle ipotesi..
#250
Attualità / Re: Quattro bambini rom
18 Agosto 2025, 10:35:46 AM
Citazione di: daniele22 il 18 Agosto 2025, 08:18:45 AMCiao. Ho trovato questa intervista:
https://www.semprenews.it/news/Santino-Spinelli-in-arte-Aexian--Vi-svelo-la-vera-identita-del-mio-popolo.html
Nasce spontanea una riflessione: si può essere razzisti poiché ci si sente superiori agli altri, ma anche perché ci si sente discriminati.
Il razzismo, tra l'altro, è solo una forma di discriminazione tra molte altre che non elenco, ma queste nascono sempre dalla brutta abitudine a generalizzare. Lo si evince pure dall'intervista. In questo senso, al di là di fatiscenti identità mi sembra palese che la "stoffa" di un individuo emerge ineluttabilmente nei momenti critici in cui questi può trovarsi.. appunto, alla faccia di qualsiasi identità di gruppo
Bella intervista, grazie, dalla quale traggo che si può essere razzisti perchè ignoranti, e non perchè discriminati. Ma più che ignoranti, possediamo conoscenze che possono sempre essere riviste.
Il vero problema dunque è la resistenza a rivedere le proprie conoscenze, che riguardano la realtà in generale. la quale comprende poi il nostro prossimo.
Una volta colmate queste lacune concluderemo che i Rom sono uguali a noi, quindi buoni, oppure che sono uguali a noi, quindi cattivi.
Il modo in cui vediamo il nostro prossimo dipende dal modo in cui ci vediamo, che non è necessariamente il modo in cui siamo.
Tendenzialmente diffido di chi mi dice, io sono buono o io non sono razzista, mentre mi fido di più di chi mi dice il contrario, perchè è facile vedersi come buoni, mentre per dirsi cattivi bisogna aver fatto un percorso di conoscenza di se che vada oltre la superficie.
Si può redimere con maggior facilità il razzista che sa di esserlo, che non quello che non lo sa.
La verità poi è che siamo sempre un po di questo e un po di quello, per cui quando uno dice io sono questo, o non sono quello, sta dicendo più il modo in cui si vede, o come desidera vedersi, che non quello come è.
Poi esistono anche i santi, ma questa è un altra storia. :)
#251
Attualità / Re: Quattro bambini rom
17 Agosto 2025, 16:11:29 PM
Citazione di: Morpheus il 17 Agosto 2025, 14:50:51 PM
Ciao Daniele,
Credo che, quantunque tu, tua sorella e i tuoi due amici non siate razzisti, sia principalmente dovuto al tipo di educazione che vi è stata data e alle vostre esperienze di vita. Ciò che Iano intende dire, o almeno così mi pare, è questo:
"Essendo i rom esseri umani come noi, ed essendo in generale molti di noi (sia vivi che morti) razzisti, anche i rom possono benissimo esserlo. Dunque i rom, o almeno la maggior parte presumo, quando ci considerano dei "gaggi" [qualcuno potrebbe chiarirmi il significato di questo termine perfavore?] semplicemente lo fanno per puro razzismo dacché anche loro possono essere razzisti."

Grazie, è quello che volevo dire.
Temo però che l'educazione, quando non accompagnata da esempio, possa servire solo a dire cose educate.
Quindi, certamente, io credo siamo più razzisti di quanto non ci piaccia pensare.
Credo quindi che l'unico modo di non esserlo è smettere di esserlo, ma ciò richiede prima necessariamente di ammetterlo.
Non credo che siamo geneticamente razzisti, perchè se lo fosse il razzismo sarebbe scritto nei geni in modo indelebile.
E' una cosa che riguarda più l'epigenetica,  cioè una scrittura che si può cancellare per riscriverla, con l'educazione quindi come ben dici, ma non è cosa facile.
Bisogna avere il coraggio di mettersi sulle spalle una croce che ben conosciamo, perchè è quella che mettiamo sulle spalle degli altri, pronti ad accettare di essere sbeffeggiati, come un certo povero cristo, con l'esempio, prima che con le parole, ci ha insegnato.
Più facile farlo con la promessa di un paradiso, più difficile senza, ma difficile in ogni caso.
#252
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
17 Agosto 2025, 15:16:13 PM
Citazione di: Kob il 17 Agosto 2025, 14:33:17 PMI tuoi ultimi due post non sono sufficientemente chiari.
Come si fa a dissimulare una risposta in una nuova domanda?
Le relazioni tra i simboli che usiamo per descrivere la realtà, dici (credo), possono avere forme diverse ma equivalenti. Ci possono essere "traduzioni" da un sistema formale all'altro... è corretto? Però forme diverse indicano sostanze etiche differenti?
Cosa vorrebbe dire? E soprattutto: di che cosa stai parlando? Qual è il vero oggetto di questi post, quale pensiero vorresti comunicare?

Dissimulare forse non è un termine felice.
Forme diverse generano, più che indicare, sostanze etiche diverse, anche quando si equivalgono.
Ma questa non è un affermazione forte, ma solo un suggerimento su una possibile origine dell'etica, dove l'affermazione forte è che l'etica una origine ce l'ha.
Il suggerimento nasce da un parallelo che faccio fra fisica ed etica.
Teorie fisiche espresse in diversa forma, senza cambiarne la sostanza, hanno rivoluzionato la storia della fisica, derivandone tecniche nuove, cioè nuove capacità di interagire con la realtà, e quando estendiamo la capacità di agire ciò riguarda l'etica.
La forma non è sostanza, ma ha conseguenze sostanziali.
Quello che poi voglio comunicare nello specifico con questa discussione è che spesso  non ci sono grosse evoluzioni sostanziali, se pure tali appaiono, e che spesso appaiono tali solo perchè abbiamo cambiato nome a cose che nella sostanza sono uguali.
Dio non gioca a dadi, diceva Einstein.
Ma quelli che la pensavano diversamente, hanno messo Dio da parte e si sono tenuti i dadi.
Però effettivamente il caso è un Dio che gioca a dadi, quindi si sono solo illusi di metterlo da parte smettendo di nominarlo.
Non sembra esserci una gran differenza di forma, fra il caso e un Dio che gioca a dadi, però fa la differenza fra atei e credenti, cioè fra due etiche non del tutto sovrapponibili.
Anche noi giochiamo a dadi, simulando il caso nella sua imprevedibilità,  mentre quello che chiama in causa la meccanica quantistica è un autentico caso, quello che si genera quando è un Dio a tirare i dadi, e ancor prima ad averli costruiti.

#253
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
17 Agosto 2025, 11:21:08 AM
Citazione di: Kob il 17 Agosto 2025, 10:24:49 AMNon "senza risposta", perché in fondo la storia della filosofia è la storia delle risposte che ogni generazione ha dato spesso alle stesse domande, ma "senza risposta definitiva". Che non ci sia una risposta definitiva, che fin dall'inizio la si debba escludere, non significa che il domandare sia un'attività inutile o paradossale.
Le risposte secondo me le si è sempre date, ma dissimulate come nuove domande.
Più che una risposta definitiva, non c'è una domanda definitiva.
Mafalda, un personaggio dei fumetti di Quino, si lamentava del fatto che a scuola, quando aveva imparato tutte le risposte, gli cambiavano le domande. :)
#254
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
17 Agosto 2025, 10:50:33 AM
Citazione di: Kob il 17 Agosto 2025, 10:24:49 AMLe nostre domande non hanno risposte perché interroghiamo il paesaggio che siamo noi stessi ad aver inventato per dar conto di ciò che c'è la fuori? E' questo che intendi?
Tentativo di essere ermetico  fallito subito, subito... :)
Si, è questo che intendo, con l'avvertenza che quel noi si estende per l'evoluzione intera, e che bisogna epurare l'invenzione dal suo connotato negativo.
Rimane solo da potenziare la nostra capacità creativa prendendone coscienza.
Se la creazione è soggettiva il suo senso, se non la sua giustificazione, sta nell'essere condivisa.
L'intersoggettività non porta alla verità, ma è la ricerca di verità a portare all'intersoggettività, che fra tutti i criteri per poterci dire uomini è il migliore.
Non ci relazioniamo in quanto uomini, ma siamo uomini nella misura in cui ci relazioniamo.
Il concetto si può estendere anche al regno materiale.
Se non esistono cose non relazionate, la loro esistenza, presumibilmente, non è la condizione necessaria alla loro relazione.
Dare importanza alle cose piuttosto che alle relazioni sono mode filosofiche comprensibili, ma cose e loro relazioni rimangono una ''cosa'' sola, che non è la realtà, ma che può prenderne il posto.
Dunque invenzioni si, ma mai del tutto gratuite, perchè c'è una realtà a cui devono  pure dar conto.

Parliamo di relazioni che la logica ci informa possono avere forme diverse, ma equivalenti, dove però la diversa forma si fa sostanza etica.
Nell'insieme di relazioni fra masse che diciamo gravità Newtoniana c'è l'etica dello spazio e tempo assoluti, che è un nome diverso che Newton ha dato a Dio, credendo perciò di parlare d'altro.
Nella meccanica quantistica invece a Dio si è dato il nome caso.
#255
Citazione di: niko il 16 Agosto 2025, 09:29:24 AMSe la sofferenza è educativa, io non voglio essere educato, né da Dio, né dagli uomini... e siccome io non ho chiesto, di esistere o di essere creato, a posteriori pretendo, di esistere, nelle migliori condizioni possibili. Da un genitore e creatore idealizzato onnipotente, come minimo mi aspetto felicita' fin da subito qui sulla terra, non compromessi.

Un essere amorevole e onnipotente non e' (minimamente) giustificato se ragiona in termini di:

> preparazione, attesa, compromesso, educazione,
mali minori, mali maggiori, fini e mezzi >

tutti termini, questi, che per loro stessa natura tradiscono un difetto, di potenza (che onnipotenza e'? Quella di Paperino? Chi e' onnipotente comanda e viene soddisfatto immediatamente, e quindi, anche, eternamente; egli non puo' avere, un principo di realta' in senso freudiano).

E nemmeno e' giustificato se crea, e mette al mondo, esseri talmente miserabili, da dover ragionare in questi termini. E' onnipotente, quindi potrebbe anche non metterli, al mondo.


Approvo con un muto, ma sincero applauso.
Però c'è un difetto in questo ragionamento.
La felicità è fugace per sua natura, e questo non è difetto, ma pregio.
Infatti, se Dio ci desse felicità in modo continuativo, se non eterno, ci bloccherebbe quella crescita che dalla ricerca deriva, e che è causata da una pressoché perenne insoddisfazione.

Se la frase è infelice , la felicità è il punto che la chiude, che comunque è bene, per quanto breve, non mancare di godersi.
Se il paradiso è eterno non v'è felicità, a meno che un punto non stia per l'eternità.