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Messaggi - Sariputra

#241
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Civiltà occidentale
05 Novembre 2019, 23:32:31 PM
Sulla frenesia moderna data da un tempo da "riempire" sempre e comunque, riporto dei piccoli pezzi tratti dal racconto/capolavoro distopico di Harlan Ellison "Pentiti Arlecchino disse l'uomo del Tic Tac", sperando non si avverino realmente nella futura inarrestabile "progressione":

"Quando l'Arlecchino apparve sul guscio ancora in costruzione del nuovo Centro Acquisti Efficienza, con il megafono accostato alle labbra ridenti da folletto, tutti lo indicarono e spalancarono gli occhi, e lui li rimproverò.— Perché vi lasciate dar ordini? Perché lasciate che vi dicano di affrettarvi e di correre come formiche o bruchi? Prendetevela con calma! Passeggiate un po'! Godetevi il sole, godetevi la brezza, lasciate che la vita vi trasporti secondo il vostro ritmo! Non siate schiavi del tempo, è un modo orribile di morire, lentamente, a poco a poco... abbasso l'Uomo del Tic-Tac!
Chi è quel pazzo? chiedevano quasi tutti. Chi è quel pazzo, oh, arriverò in ritardo debbo scappare..."
...
— Non fatevi più vedere fino a quando l'avrete preso! — disse l'Uomo del Tic-Tac, molto sommessamente, molto sinceramente, molto minacciosamente.
Usarono i cani. Usarono le sonde. Usarono i rilevatori delle cardiolastre. Usarono la corruzione. Usarono adesivi. Usarono l'intimidazione. Usarono il tormento. Usarono le torture. Usarono i confidenti. Usarono i poliziotti. Usarono mandati di perquisizione e di cattura. Usarono gli incentivi. Usarono le impronte digitali. Usarono il metodo Bertillon. Usarono l'astuzia. Usarono l'inganno. Usarono il tradimento. Usarono Raoul Mitgong, ma non servì a molto. Usarono la fisica applicata. Usarono le tecniche della criminologia.
E che diavolo: lo presero.
Dopotutto, il suo nome era Everett C. Marm, e non era niente di speciale, solo un uomo che non aveva il senso del tempo.
— Pentiti, Arlecchino! — disse l'Uomo del Tic-Tac.
— Vai all'inferno — rispose l'Arlecchino, con un sogghigno.
— Hai accumulato un ritardo di sessantatré anni, cinque mesi, tre settimane, due giorni, dodici ore, quarantun minuti, cinquantanove secondi, zero virgola tre sei uno uno uno microsecondi. Hai consumato tutto quello di cui potevi disporre, e anche più. Ti spegnerò.
— Vai a spaventare qualcun altro. Preferisco esser morto, piuttosto che vivere in un mondo stupido con un babau come te.
— È il mio lavoro.
— E te ne gonfi. Sei un tiranno. Non hai il diritto di ordinare alla gente di fare questo e quello e di ucciderla se arriva in ritardo.
— Tu non sai adattarti. Non sai integrarti.
— Slegami, e t'integrerò un pugno in bocca.
— Sei un non conformista.
— Non era un reato.
— Adesso lo è. Vivi nel mondo che ti circonda.
— Lo odio. È un mondo orribile.
— Non tutti la pensano così. Molti amano l'ordine.
— Io no, e gran parte della gente che conosco non l'ama.
— Questo non è vero. Come credi che ti abbiamo preso?
— Non m'interessa.
— Una ragazza graziosa chiamata Alice ci ha detto chi eri.
— È una menzogna.
— È vero. L'esasperavi. Lei vuole integrarsi, lei vuole conformarsi. Ti spegnerò.
— E allora sbrigati a farlo, e finiscila di discutere con me.
— Non ti spegnerò.
— Sei un idiota!
— Pentiti, Arlecchino! — disse l'Uomo del Tic-Tac.
— Vai al diavolo.
Perciò lo mandarono a Coventry. E a Coventry se lo lavorarono. Fu proprio come fecero a Winston Smith in 1984, che era un libro di cui nessuno di loro sapeva niente, ma le tecniche in verità sono molto antiche, e le usarono con Everett C. Marm, e così un giorno, molto tempo dopo, l'Arlecchino apparve sui teleschermi, con l'aria da folletto e le fossette e gli occhi luminosi, senza l'aspetto di chi ha subito il lavaggio del cervello, e disse che aveva sbagliato, che era una bella cosa, una cosa bellissima, essere integrati, ed essere puntuali, hip-ho, e via che andiamo, e tutti lo guardarono sugli schermi pubblici che coprivano un intero isolato della città, e si dissero, ecco, vedi, era proprio un pazzo, dopotutto, e se il Sistema va così, allora lasciamolo così, perché è inutile combattere con il consiglio comunale o, come in questo caso, con l'Uomo del Tic-Tac. E così Everett C. Marm venne annientato, e fu una grossa perdita, per via di quello che aveva detto un tempo Thoreau, ma non si può fare la frittata senza rompere le uova, e in tutte le rivoluzioni muoiono alcuni che non dovrebbero, ma è inevitabile, perché è così che vanno le cose, e se riuscite ad apportare anche un cambiamento piccolo piccolo, allora sembra che ne sia valsa la pena. O meglio, per illustrare più esattamente:
— Uh, mi scusi, signore, io, uh, non so come come uh, come uh, come dirglielo, ma è in ritardo di tre minuti. La tabella oraria è un po', uh, un po' sbilanciata.
E sogghignò timidamente.
— È ridicolo — mormorò l'Uomo del Tic-Tac dietro la maschera. — Controlli il suo orologio. — E poi entrò nel suo ufficio, facendo le fusa, le fusa, le fusa, le fusa."

La perdita di libertà imputabile a un elemento che schiavizza tutti: l'inesorabile trascorrere del tempo?  L'evolversi della civiltà e la sua sempre maggiore complessità necessitano di tempi sempre più certi, scanditi, inderogabili.
#242
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
05 Novembre 2019, 12:16:32 PM
Citazione di: bobmax il 05 Novembre 2019, 12:01:27 PMAlcuni anni fa, andai ad una sua conferenza che seguiva la stessa traccia di questa (a furia di stare nel pubblico manca il tempo per meditare...). In coda, dopo sperticate lodi da parte del pubblico, sono intervenuto osservando come il suo discorso fosse sostanzialmente materialista, senza alcuna considerazione dell'incomprensibile Trascendenza. E lui cosa replicò? Che la Trascendenza è comprensibilissima! Seguito dall'applauso della sala. Questo per dare un'idea della devastazione a cui giunge il pensiero che perde la propria fede nella Verità. Ma i prodromi vi erano già tutti. Tipici di chi parla di scienza e non ne ha neppure una vaga idea. Come quando confonde la probabilità con il caso. Sì probabilmente è il maggior filosofo italiano, e questo la dice lunga su come siamo conciati...

E tu vai a fare 'ste domande in un consesso di filosofi attuale?  ;D  ;D 
Eri quasi a rischio linciaggio...
Complimenti per il coraggio , comunque.
#243
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
04 Novembre 2019, 11:24:46 AM
Temo che, se non cambia il modello economico attuale, le teorie transumanistiche produrrebbero inevitabilmente una società forse simile a quella descritta da Roger Zelazny nel famoso romanzo visionario di Sf  "Lord of Light" (Signore della Luce-1967). In questo romanzo solo alcuni uomini dispongono della tecnologia altamente sviluppata (costosissima..), grazie alla quale si sono dotati di poteri e capacità "semidivine". Poi  ovviamente c'è la rivolta contro i dominatori da parte di coloro che sono stati esclusi da queste possibilità...
Ricorda molto l'eugenetica... o lo step successivo della società material-capitalistica..."il potente capitalista 2.0"  :(.
Già adesso sempre più gente nel mondo non riesce più ad accedere a cure mediche, anche di base, perché troppo costose. Persino negli states sembra che la vita media sia in leggera diminuzione...
#244
C'è un'enorme libertà nel 'vedere' senza la presenza dell'ospite ingombrante, il pensiero che giudica e de-finisce: quando si arresta ciò che è stato artificialmente creato dalla mente , anche solo per un attimo.  La divisione fra chi vede e ciò che è visto, fra chi conosce e ciò che è conosciuto, così come ogni reazione, creano distorsioni della realtà.
In tale chiarezza di vedere c'è solamente semplice vedere. Nella fine di ogni distorsione e limitazione risiede quella libertà che è armonia di essere in contatto con la realtà.

Consiglio, per chi fosse interessato, la lettura del bel libro di Christina Feldman "Vedere" (Ubaldini editore).
#245
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Civiltà occidentale
03 Novembre 2019, 12:00:06 PM
Una delle caratteristiche principali del nostro tempo è l'eccesso di velocità. Il giorno di Ognissanti ho incontrato in cimitero un vecchio parente, molto anziano, e, alla mia domanda di rito sul come stava, mi ha risposto:"Non starei neanche male, se non dovessi sempre fare cose nuove...sempre nuovi adempimenti, sempre nuove regole a cui bisogna adattarsi in fretta. E' veramente pesante, per me... E' veramente  necessario cambiare continuamente? Anche le cose che vanno bene?.."
Il cambiamento spesso spaventa e ancora più spesso si è costretti dagli altri ad accettarlo. Da qui a sposarlo pienamente però ce ne passa...Proprio per il fatto che , quasi sempre, non è scelto ma imposto...
Così non ho saputo rispondergli altro che : "La fregatura Bepi di solito però non è che le cose cambiano...ma che cambiano sempre come vogliono gli altri!".
"Xe vero!.." è stato il suo laconico commento finale...
Sarebbe però fin troppo facile oggi dire di rallentare, di calmarsi, di tirare un attimo il fiato. Ma è possibile farlo? E' facile farlo? A sentir la gente non è più possibile. La macchina è lanciata e la sua velocità aumenta costantemente. "Son sempre di corsa" mi ha detto l'elettricista "e alla sera son così stanco che non ho voglia neanche di pensare". 
La prima idea che mi viene in mente, pensando alla velocità e alla fretta, è che sia quasi un sinonimo di "modernità". Ma cosè il moderno? Non è semplicemente il tempo presente? Il tempo che rispecchia i gusti presenti, quasi messi in contrapposizione a quelli passati? Se ne deduce che la modernizzazione è il modernizzare, ossia il rendere più moderno, al passo con i tempi.
Ora però mi chiedo... perché la velocità si rapporta a modernità ? Il moderno ha a che fare con il tempo presente, con la sua dimensione attuale. Il tempo presente però è anche il tempo meno storico. Se il passato è la storia eil futuro nient'altro che prospettive e ipotesi, il presente con il suo divenire (anicca) è in continuo movimento, diversamente dal tempo passato che è riflessione e interpretazione e dal tempo futuro che si basa sulla proiezione e anche sul progettare. Quindi potremmo dire che il passato e il futuro sono 'statici' mentre il momento presente è dinamico e quindi può avere come sua caratteristica sia la lentezza che la velocità. Però il modello scelto è quello della sempre maggiore velocità.
Una costante ricerca del moderno, tipica della società occidentale e suoi affini (praticamente il mondo con eccezione del blocco islamico e di gran parte dell'Africa..) impone quindi una velocità di realizzazione e di appropriazione di nuovi modelli e consuetudini che vengono inscenate dalla modernizzazione e dai contenuti della stessa. "Essere al passo con i tempi", l'essere moderni ha finito così di essere un semplice modo di vivere o di pensare, ma è divenuto un "valore" in sé.
Niente di male se non che questo ha assunto la caratteristica di un valore ideologico assoluto. Assoluto in quanto politicamente e socialmente trasversale. Qualcosa che prescinde dagli stessi orientamenti filosofico/politici..
Nella nostra società occidentale ciò che non è moderno, quello che non è "progresso" viene visto e considerato immediatamente come l'opposto, cioè come antico, ma in senso spregiativo di "vecchio", regresso, involuto...
Il 'progresso', la progressione sempre più veloce, è quindi l'anima della modernità che porta con sè l'idea di sviluppo. Il progresso è il "valore" della modernità e quindi, si può quasi dire, sia esso stesso sentito come un valore. E' talmente un valore che il dichiarare , da parte di qualche povero cristo, di "non essere" moderno, costituisce, ormai da un bel pò di tempo, motivo di critica, se non di stigmatizzazione... ovviamento al livello principalmente delle elites dominanti, ma diffusissimo anche come critica comune (quanto vengo preso in giro da amici e parenti, o lo sguardo stupito dell'impiegato bancario di turno, perché non uso uno smartphone, ma bensì un vecchio Nokia a tastoni... :) ).
Progresso e modernità quindi come "valori assoluti", secondo questa interpretazione dei modelli occidentali o pseudo-occidentali. Non ammettono di essere messi in discussione e diventano perciò fondamentali in ogni campo: scientifico o tecnico, nell'industria o nella moda; quindi finendo anche per condizionare il modo di vivere e la sfera del privato. In quest'ottica occidentale progresso significa sempre miglioramento, un divenire "migliori".
Questo dover essere al passo con i tempi è ovviamente la base di ogni processo di emulazione e poi di omologazione. E' quello che si potrebbe definire come "valore identificativo" di una civiltà. Se non fosse vicino ad un termine religioso, si potrebbe dire un valore "fondamentalista".
Su questa idea di modernizzazione come "valore" si sono prontamente innestate tutte quelle tendenze  atte a fornire un modello consumistico di omologazione sociale,il tutto attraverso uno spregiudicato uso di strumenti persuasivi (in primis la televisione) di massa che però, con la crisi del 2008 in poi, e quindi con la conseguente crisi dei consumi, viene a sua volta messo in crisi. Masse sempre più enormi di popolazione stentano a trovare i mezzi finanziari per "consumare" ed essere 'moderni'...mezzi fagocitati e sempre più in meno a nicchie autoreferenziali di cittadini, meno numerose ma dominanti i processi di accumulazione finanziaria.
La svalutazione di ogni altro "valore" ,che non sia quindi quello dell'esser moderni, ha portato nella mentalità comune l'idea che tutto quello che non è vietato dalla legge è permesso. Come se legge e morale dovessero sempre e comunque coincidere. Una cosa che anche uno studente al primo anno di giurisprudenza sa che non è così. Naturalmente quelli che, nel mondo occidentale, hanno imposto queste 'dottrine' l'hanno fatto spessissimo al di là delle leggi stesse, come la storia, anche recente, insegna...
#246
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Civiltà occidentale
02 Novembre 2019, 09:03:36 AM
Ho parlato della crisi, o di quello che a me appare come una crisi, dell'Occidente contemporaneo e , all'interno di questa, si situano e trovano spazio quei movimenti che vengono generalmente definiti come "neospiritualisti". Sembrerebbe contraddittorio in termini affiancare il nichilismo pratico con nuove forme di credenza e con nuovi culti. Ma , a mio parere, non lo è.
Molti di questi movimenti neospiritualisti sorgono e si affermano in Occidente verso la fine dell'ottocento, nel pieno della crisi del positivismo filosofico, che ormai stava esaurendo la sua fase, come punta estrema dello scientismo materialista. Iniziano in questo periodo ad affermarsi le filosofie irrazionaliste (Nietzsche, Heidegger, Spengler,ecc.). Queste filosofie irrazionaliste coincidono con l'affermarsi di questi nuovi movimenti neo-spiritualisti e con nuove mutazioni sociali che porteranno ai grandi conflitti del novecento.
E' un'epoca che Guènon ha contraddistinto come l'azione di due forze apparentemente contrarie: da un lato la tendenza verso quella che potrebbe chiamarsi come la "solidificazione" del mondo, dall'altro lato quella della "dissoluzione"...
Ora si può osservare che la seconda sta diventando predominante in quanto il materialismo vero e proprio, "duro e puro", sta perdendo terreno come forza di "solidificazione". Infatti si arriva ad un punto in cui la riduzione graduale di ogni cosa alla quantità non tende più alla solidificazione.
Il materialismo ha preparato il terreno adatto all'opera di "dissoluzione" vera e propria: scacciata e derisa ogni forma di spiritualità "tradizionale", dimenticate le fondamente stesse di quella spiritualità, l'Occidente era pronto ad accogliere ogni sua caricatura e ogni forma di secolarizzazione della stessa. Ecco allora affiorare , o riaffiorare in molti casi, forme esotiche di spiritualità, condite di occultismo, psichismo, spiritismo, religione 'ufologica', astrologia, ecc. Si aprono nuovi templi agli antichi déi  (l' Asatru che si sta diffondendo nel Nord Europa partendo dall'Islanda...).
Il risultato più evidente di questa fase è la sostituzione, nella mentalità comune occidentale, dello "spirituale" con lo "psichico", dell'universale (afflato universalistico delle religio tradizionali...) con l'individuale.
Molti occidentali, per esempio, credono ingenuamente che l'orientalismo sbarcato in Occidente corrisponda alla spiritualità orientale, non rendendosi conto che, quel che giunge sino a noi, è fondamentalmente una contraffazione,  una spiritualità "taroccata". Lo spirito "new age" consiste in una sorta di "fai da te" dello spirito che prende gli aspetti più gradevoli delle diverse tradizioni religiose e naturalmente tralascia quelli più 'scomodi'.
Lo yoga, per esempio, praticato in Occidente da milioni di persone, ha come fondamento  e inizio  Yama e Niyama, precetti e regole che sono la base morale indispensabile e imprescindibile per iniziare il cammino.
Ovviamente quasi nessuno in Occidente segue i "cinque no e cinque sì" (astensioni  e osservanze). In Occidente lo Yoga è conosciuto dalla grande maggioranza delle persone semplicemente come una disciplina prevalentemente fisica, nella quale si eseguono delle posizioni atte a sciogliere le articolazioni e ad allungare i muscoli, e dei rilassamenti che producono un notevole benessere fisico. Ma sono in pochi a sapere che questo è solo un aspetto dello Yoga e che esso è definito "Yoga inferiore". Da diversi anni se ne parla diffusamente, lo si consiglia tra amiche e colleghe d'ufficio, ma sono sempre troppo pochi quelli che sanno di cosa stanno parlando. Purtroppo è frequente incontrare persone che, dopo solo due o tre anni di "pratica" (che si riducono poi a due ore alla settimana e magari con insegnanti neanche qualificati...), si mettono ad insegnare Yoga, gratificando così il loro ego  e il loro portafogli, e prendendo in giro le persone...
Siamo in una società dove tutto vacilla, dal materialismo alla spiritualità. La rilevanza eccessiva data all'individualismo lo porta a considerare la spiritualità semplicemente come un "fai da te" in cui, tolta ogni esigenza di formazione etica, si cerca unicamente una 'soddisfazione' psichica fugace e transitoria. Come siamo abituati al consumo compulsivo del prendere e mettere nel carrello, allo stesso identico modo utilizziamo , passando tra gli "scaffali" della spiritualità tradizionale, ciò che ci serve per questa soddisfazione. Siamo in quello che Krishnamurti definiva come "materialismo spirituale"  ...
L'uomo moderno pensa che si possano ottenere risultati evitando il più possibile di pagarne il prezzo ( prezzo ovviamente come trasformazione interiore, perché il prezzo economico lo si paga eccome!..). In poche parole si vuol "cambiare senza cambiare". L'illusorietà della spiritualità 'fai da te' si evidenzia nel consumo continuo di "esperienze". L'uomo occidentale passa continuamente da un'esperienza 'spirituale' all'altra, quasi sempre senza approfondirne realmente nessuna. E' solo un'altra cosa da provare, un'altra emozione che, presto o tardi, stanca...
In questo la spiritualità 'fai da te' non è dissimile dalla "cultura della droga" che investe l'Occidente...



A proposito di volatizzare e fissare. Trovata per caso...

Volatilizzare il fisso e fissare il volatile era l'imperativo alchemico dei bei tempi in cui non c'era bisogno di dirsi materialisti, perché la materia era materiale, carnosa e, a morderla, sprizzava succulenze di femmina e di peccato integrale, d'anima e di corpo.
Questa nostra età dell'oro, invece, si considera materialista come il santo si crede peccatore. Ci stiamo rarefacendo, smaterializzando in una nebulosa di ipotesi, astrattezze, chimere, sogni ad occhi aperti e veglie ad occhi chiusi.
Quando era il sole a girare e la terra, immobile, immutabile, si limitava ad alternare i quattro tailleur del suo ristretto guardaroba, ristretti, certo, eravamo anche noi.
Da quando è la terra, invece, a girare, ci siamo allargati, forse allungati, comunque diluiti.
Più siamo, meno siamo.
Eccoci qua, labili, inconsistenti, inaffidabili, evasivi, sfuggenti, bugiardi (non per calcolo, ma per pura e semplice irresponsabilità), smemorati, distratti, cangianti come i vestiti di plastica del nostro guardaroba.
(Asno 2008)
#247
Francamente non comprendo le "alzate di scudi" per difendere la modernità o "smitizzare" il passato. Mai infatti personalmente ho mitizzato il passato. Ho solo fatto notare che quel che si ha si paga perdendo qualcos'altro e molto che si ha è migliore di quello che si aveva nel passato, e molto che si aveva più non lo abbiamo...
Così vanno le cose. Altrimenti veramente ci si genuflette ad un'ideologia del progresso che francamente mi sembra del tutto superata dagli eventi storici stessi. A volte osservare alcuni elementi presenti in altre epoche può essere utile per programmare un futuro migliore, o per superare punti di 'stasi'  o di involuzione della società. Perché non esiste solo evoluzione , ma anche involuzione culturale. Oltre a quella del pensiero...
Visioni manichee non mi appartengono. Se i miei post sono stati intesi in quel senso ("Come si stava bene una volta"..) sono stati intesi in modo erroneo. Leggere tutto e non saltare subito furiosamente alle conclusioni è un bell'esercizio (al quale mi sottraggo purtroppo spesso anchi'io...  :) ).

saluti
#248
Nei post precedenti ho parlato di "senso diffuso", largamente maggioritario, condiviso da grandi masse di persone nel mondo, ecc. Questo senso diffuso ovviamente non esaurisce in toto la modernità e il suo sentire. Nemmeno esaurisce o delegittima importanti scoperte che hanno migliorato molte condizioni di vita (anche se magari , spesso,pagate da coloro che stanno ai margini...). Mi riferisco in particolare al miglioramento sostanziale delle condizioni sanitarie. Però altre conquiste cominciano a "scricchiolare". La fame nel mondo , secondo l'ultimo rapporto FAO, ha ripreso a salire, per esempio. Un miliardo circa di persone non ha accesso a servizi igienici decenti e all'acqua in casa, ecc.
Il nichilismo occidentale sembra però 'indifferente' a questo e tende invece a manifestare un sentimento che forse ha come condizione lo 'svuotamento' esistenziale stesso in cui le masse occidentali (ma non solo) vivono: cioè la paura. Paura che lo stato abituale muti o addirittura finisca. Travolto dalle nuove povertà.
Si potrebbe forse riassumere così: nulla ha senso se non il mio benessere... e lo devo difendere. In fondo percepisco che la mia vita, così come vengo invitato/convinto a viverla, non ha molto senso, ma voglio difendere questo "poco senso" dall'altro. L'attaccamento è evidente. Quasi tutti i nuovi movimenti politici occidentali sembrano alimentarsi di questa paura e la sfruttano...
Come in tutte le epoche penso che valga l'interessante teoria di Mandel Khan, quella della bottiglia da un litro che più di un litro non può contenere:

"Penso che una bottiglia da un litro può contenere solo un litro di liquido, non di più. Se è piena di acqua, potremo metterci vino tanto quanta acqua siamo disposti a buttar via. Così oggi abbiamo il computer, la televisione, il cellulare, cose che non aveva il Rinascimento. Ma il Rinascimento aveva Leonardo, Raffaello, Michelangelo, e noi non li abbiamo. Ogni periodo sulla terra è una bottiglia da un litro. "

Noi abbiamo la possibilità, per esempio, di vedere il mondo intero, viaggiando, ma non abbiamo più la possibilità di vedere una natura incontaminata come potevano vederla in altre epoche, né possiamo più bere dell'acqua pura, ma abbiamo ottime fotocamere per 'fermare' istanti della nostra vita...
Ma gli esempi potrebbero essere innumerevoli: abbiamo ricchezza materiale ma povertà di spirito e di speranza. Altre epoche avevano la pancia miseramente vuota ma erano più dotate d'altro, come per esempio una più intensa ed estesa rete relazionale, ecc.
Sempre "un litro" in fin dei conti. Si ottiene qualcosa sempre perdendone dell'altra...
Ognuno poi tira le proprie somme. Alcuni preferiscono vedere ciò che hanno e non quello che hanno perduto, altri osservano maggiormente ciò che è andato perduto e meno quel che hanno ottenuto...
Ognuno di noi però, come "figlio" del proprio tempo, al di là di ogni possibile 'nostalgia', penso che sia  sempre un testimone. E' testimone sia colui che vede ciò che si è ottenuto, sia colui che vede quello che è andato perduto...
Si parla di 'decadenza' dell'Occidente. Se la intendiamo, come da definizione , nel senso di progressiva diminuzione di vitalità l'Occidente è in quella fase, anche a parer mio. Anche se l'"efficienza" è ancora piuttosto elevata (soprattutto quella made in USA). Forse le due cose, che paiono contraddirsi, sono legate assieme. L'efficienza è data anche dall'esclusione dal processo di accumulazione del benessere materiale di masse sempre più grandi di popolazione (si parla ormai di un milione e mezzo di bambini in povertà assoluta anche nella ricca Italia...).

Namaste/saluti
#249
Ogni uomo è figlio del proprio tempo e quindi quando esercita una critica al pensiero dominante del tempo in cui vive non esce dall'interpretazione necessaria ottenuta con i mezzi di cui dispone "in quel tempo" storico particolare. Se criticare il pensiero del proprio tempo significasse automaticamente essere antimoderno, qualunque persona vissuta nei periodi storici precedente al nostro, e che esercitasse tale diritto nei riguardi del pensiero dominante in quell'epoca, sarebbe antimoderno, relativamente al suo tempo.. Probabilmente i cristiani del quinto secolo definivano antimoderni (anche se ovviamente non usavano tale definizione...) i pagani dell'epoca...(superati?). Pertanto mi sembra una critica inconsistente.

La critica al proprio tempo è non solo "terapeutica" per se stessi, ma anche, a mio modesto parere, un'autentica necessità esistenziale, che non necessita certo di stati depressivi o velatamente pessimistici ma realistici, per quel che è possibile intendere dal proprio angusto angolo di visuale.La critica non necessariamente implica che colui che la pratica sia necessariamente un nostalgico dei "bei tempi andati", mai esistiti peraltro...  Del resto la validità di un'argomentazione dovrebbe essere considerata al di là di colui che la propone

Nemmeno la critica deve solo essere storica, ossia che la valutazione di un'epoca sia necessariamente da fare quando sarà superata dal corso degli eventi. La storia permette certo uno sguardo più distaccato e generale, ma manca (o è più in difficoltà..) quando si tratta di comprendere quel periodo dal punto di vista del vissuto umano... L'arte ha questa possibilità e spesso per valutare un'epoca è utile osservare l'arte di quel periodo. Osserviamo l'arte attuale e capiamo molte cose, nel bene e nel male...

Uno dei limiti inevitabili di una critica a qualcosa che è in movimento e in divenire è che, come quando si scattano delle fotografie, si riesce a cogliere solo parti, immagini, sensazioni. Ma è la fotografia, anche se un pò sfocata spesso, come sicuramente nel mio caso, che rimanda ad un'insieme, che richiama un'interpretazione che solo il tempo potrà dire se era più o meno giusta o del tutto sbagliata.
#250
Il nichilismo moderno (diverso , che so, dal nichilismo foscoliano...) lo intendo personalmente come una sorta di mentalità largamente condivisa, maggioritaria. Lo troviamo nel tipo americano come nel consumatore compulsivo cinese o giapponese. Può essere visto come una conseguenza sia del tramonto di società fondate su valori ideali che una crisi del modello di sapere assoluto e omnicomprensivo che scaturiva da un razionalismo fideistico. Il nichilismo assume così attualmente i connotati dell'uomo consapevole della fine delle ideologie, e questo non sarebbe un dramma visti gli esiti novecenteschi di queste, se non che questa fine ha portato con sé anche la fine delle 'tensioni ideali' che le accompagnavano. La fine cioè della 'speranza'... Quale speranza? Quella di un umanità che possa/sappia/speri ancora di uscire dalla nevrosi egoistica e individualistica che l'opprime...
Il nichilismo made in West cerca di salvare la libertà, anzi formalmente sembra esaltarla, ma la relega nella sola sfera individuale come principio assoluto di autodeterminazione del singolo. Propugna dunque un relativismo generalizzato a livello etico. Distrugge il sistema valoriale precedente, ma non riesce  a proporne altri. Simile ad un medico che ti espone chiaramente la malattia, ma non sa darti una cura, se non dicendoti. "arrangiati, è un tuo problema"...
In senso massificato, comune si potrebbe darne , a mio parere, questa definizione:
La vita è semplicemente un'opportunità per sensazioni ed esperienze, in cui il carattere effimero primeggia.

Non c'è niente che in definitiva (anche se non lo riconosciamo o non ne siamo del tutto consapevoli..) 'valga'. Tutto è fugace e passeggero: goditela più che puoi!..
Oltre ad una riflessione teorica il nichilismo ha pure un risvolto 'tecnico'. La fine di ogni ideologia (politica o religiosa) ha creato uno spazio enorme al tecnocapitalismo che si ammanta, per i propri fini, di un' ideologia della scienza e della tecnica e se ne fa forte... Quindi impone un modello esistenziale basato sul dominio della sola razionalità strumentale che cerca di bypassare ogni domanda di senso.
Nell'epoca del dominio del sapere tecnico-scientifico, si tende ad attribuire valore di conoscenza solo al sapere di tipo strumentale, cioè al sapere utile, finalizzato ad un obbiettivo raggiungibile. La filosofia o la spiritualità, che un tempo sembravano capaci di offrire ancora un indirizzo etico, oggi sono delegittimati anche in questo ruolo. Non c'è bisogno di comprendere o di rifarsi a dei principi. Quelli accettati dal nichilista sono solo principi formali; non sono generalmente mai un vissuto interiore. La crisi dello speculativo è forse approdata ad un punto di non ritorno.
Lo 'svuotamento' dell'etica poi dissolve ogni sforzo costruttivo di dare un significato, una risposta a questa domanda...perché, se l'etica è semplicemente una convinzione che deve far parte della sfera individuale, non è possibile formulare alcuna scala valoriale indipendente dal giudizio individuale stesso. Conseguentemente la distinzione fra giudizio etico/morale e arbitrio si è fatta così sottile da diventare quasi impalpabile.
La domanda di senso, come ho già scritto, viene relegata dal nichilismo alla sfera medica, psicopatologica. 
Per questo definisco il nichilismo occidentale come 'anestetizzante'.
Per risolvere un problema, è ovvio, non c'è mezzo migliore che assumere come reale la mancanza del problema stesso. 
L'epoca nichilistica che stiamo vivendo è quella in cui si compie il processo di asservimente del reale al soggetto. Soggetto però "cosificato"  e pensato solo ed esclusivamente nella forma delle cose stesse. Questa è la fase finale della logica intera dell'Occidente e della sua cultura imposta al mondo. E' la logica interna della storia stessa dell'occidente. La familiarità con i prodotti della tecnica, la loro presenza totalmente invasiva, ha fatto sfumare qualunque differenza tra naturale e artificiale. Ovunque si percepisce solo di aver a che fare con l'opera e l'interesse dell'uomo. Non è reale se non ciò che è oggettivo e soprattutto utile e vendibile. 
Se un tempo il pericolo era l'asservimento del pensiero e della domanda di senso a verità preconfezionate, oggi la minaccia non viene più da questa problematicità, che però palesava innumerevoli differenze, sì che potevo "scegliere", ma bensì dalla sua assenza, da un pensiero che, di fatto, è Unico e in cui ogni scelta, resa relativa, è priva in definitiva di forza reale di cambiamento. 

 Si realizza così quella che alcuni hanno definito come una sorta di "antropologia negativa". L'uomo che vuole innalzata sopra ogni cosa la propria libertà ( soprattutto di consumare..) è un uomo che, a mio parere, si condanna all'indifferenza e al non-senso. In definitiva un uomo disorientato (privo di orientamento...), simile ad un equipaggio di una nave in mare senza alcuna rotta, senza bussola e col cielo coperto dalle nuvole...che si trastulla (" trastulli d'animale"..cit. Mishima) in giochi divertenti, senza aspettarsi più di approdare da qualche parte.
@InVerno chiede quando potremo accorgerci di essere usciti dal nichilismo?
Siccome la mia risposta non può poggiarsi che su una flebilissima speranza, direi quando cominceremo a percepire ancora Speranza dentro di noi...
Concordo con il bel post di @donquixote
#251
Nel riconoscerci, tutti noi occidentali, ma più in generale la gran parte dell'umanità, come è stato già evidenziato, dei nichilisti, tenendo conto che anche coloro che non si dichiarano tali sono infettati da questo virus nullificante (basta osservare la profonda crisi etica delle varie chiese e confessioni religiose, e il loro appiattirsi in generica filantropia...), bisognerebbe porsi il problema di come uscirne, se è ancora possibile uscire da questo stato di anestetizzazione. Leggiamo i molti dibattiti culturali e filosofici, i documenti vari, le prese di posizione dei vari nichilisti che ragionano intorno alla loro consapevolezza di esserlo. Tutti sforzi lodevoli per esaminare il virus, per identificarlo e darne dei contorni chiarificatori. Insomma...la malattia è ben conosciuta e riconosciuta. Il problema è che al di là della diagnosi non si va...D'altronde , se sei sotto anestetico, anche se non del tutto addormentato, certamente ti muovi con lentezza, con sonnolenza, quasi avvolto in una nebbia di sbadigli...Senti che sei 'pesante' nel tuo ragionare e che i tuoi pensieri riflettono questa tua pesantezza esistenziale. In questa situazione per la gran parte di noi nichilisti il rifugio è l'alienazione. Alienarsi da questa realtà nebbiosa e sostanzialmente privata di ogni residua speranza, che non sia quella di continuare a "pendolare" da un'attrattiva offerta ad un'altra, con l'uccellino che ogni tanto fa cucù-cucù...Non c'è farmaco possibile perché, ahimè, i farmaci possono curare il corpo o le nevrosi e psicosi (in parte...)ma come possono curare un 'vuoto' ? Dove s'appigliano i farmaci in questo vuoto? E l'effetto collaterale di farmaci inadatti non è forse più pericoloso del 'male' stesso? Una cintura imbottita di esplosivo si rivela cura adatta al nichilismo forse? O meglio, possiamo concedere che qualche effetto lo fa...Lo scoppio fa sussultare il vuoto degli altri nichilisti che così, per il tempo di un notiziario, si ricordano del "devi morire" che abbiamo censurato in noi; ma giusto per il tempo strettamente necessaro al movimento del pendolo...
Si parla di recuperare il senso di 'comunità'...molto bello...se non che non riusciamo nemmeno a tenere in piedi la nostra micro-comunità famigliare perché, mentre il nostro pendolo oscilla verso destra, quello degli altri di solito batte a sinistra (come orologio s'intende, che per la politica sono passati da un bel pò i tempi in cui ci si divideva in famiglia...). E' del pendolo dei desideri che si parla...
Ecco allora che i più colti, scaltri e intelligenti fra noi nichilisti, stanno escogitando e progettando la soluzione. Dobbiamo essere grati in eterno a questi benefattori che, con grandi sforzi e costi economici, hanno trovato il modo di pensare ad una soluzione. Si scriveranno certamente delle nobili autobiografie che andranno a ruba (soprattutto se di poche pagine, sapete la fretta...) sulle loro conquiste.
La soluzione è semplice in definitiva: non pensarci più e delegare all'intelligenza artificiale (IA o AI o AHI! :o  ...come preferite) di pensarci per noi!
Namaste o Saluti, come preferite...
#252
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
29 Ottobre 2019, 10:51:25 AM
Ah...dimenticavo il potere oltre il denaro. Il potere come desiderio di aver (brama) riconosciuta dagli altri quella che si considera intimamente (anche se ipocritamente si professa umiltà..)come la propria superiorità (intellettuale, economica, umana, spirituale, ecc.).
#253
Riflessioni sull'Arte / Re:Una storia risorge
29 Ottobre 2019, 10:08:15 AM
cit.:se io ci vedo la mia famiglia d'origine, voi cosa ci vedete?

Ciao Patrick

Io ci vedo una parte della mia storia , della mia vita, visto che quelle ceramiche le ho fatte, le ho dipinte e mi hanno dato di che vivere per molti anni...Il cuocere la terra resa forma e rivestirla di colori , con l'attesa di vederla uscire dal forno, ora però ha il sapore della nostalgia. I miei occhi non mi permettono più di dipingere e anche i colori si son fatti più opachi...

Ciao  :)
#254
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
29 Ottobre 2019, 09:53:32 AM
A mio parere il fallimento profetico di Nietzsche sul superamento del nichilismo passivo in un nichilismo attivo in cui l'uomo, totalmente immanente, 'aderisce' senza ipocrisia alle sue passioni (qualunque esse siano..."spirito dionisiaco") è naufragato nella società liquida attuale in cui l'uomo nichilista non aderisce alle proprie passioni ma bensì a quelle che gli vengono offerte, inculcate da altri in modo interessato. In realtà la storia dell'uomo, soprattutto occidentale, non è la storia del Cristianesimo o del nichilismo passivo, ma la storia di una dipendenza: quella dall'unico dio che l'uomo ( come massa, ma non certo senza eccezioni...) ha sempre seguito nel corso dei secoli, ossia il dio denaro...Il dio denaro è quel dio interiore che accomuna il credente e l'ateo, il sacerdote e il filosofo, il teologo e il superuomo/furher...Il dio denaro, come collante dell'umanità, ha funzionato e funziona meglio di qualsiasi religione o  filosofia; non ha mai subito crisi, ha superato indenne qualunque rivoluzione storica, culturale e dei costumi ed è super partes: sta riposto tranquillamente nella tasca del vescovo come nella borsetta della prostituta ...Uno sguardo disincantato sul mondo non può prescindere dallo sguardo sulla maggiore passione dell'uomo (anche Dioniso e Bacco avevano bisogno di denaro per acquistare il vino necessario ad orge e baccanali...) . In realtà è il denaro il signore di questo mondo, mai messo realmente in discussione...il resto è condimento per illusi e anime pie... E' il dio del "quel che posso avere se lo adoro" e di "quel che non posso avere se non lo adoro"...ergo "avere" (brama) è il desiderio più profondo dell'uomo, visto che supera indenne tutte le epoche e tutti i rivolgimenti.
#255
Nella società occidentale ogni verticalità s'inclina paurosamente, fino a diventare piatta non-relazionalità. E proprio là dove sembra vigere il massimo della inter-relazionalità, nella società della supercomunicazione digitale, ogni reciprocità umana, di fatto,ci sembra negata. E' un mondo in cui la capacità di incontrare la persona è venuta meno, dove ognuno si sente non solamente solo, ma abbandonato (che fa una certa differenza..); senza riferimenti seri capaci di aiutarlo a incontrare se stesso, a scoprire i propri talenti e poterli poi donare agli altri...Alla fine non ci sono maestri, visto che in una società nichilista ogni riferimento non può essere che relativo, parziale, temporaneo. Per imparare ci vuole tempo, molto tempo, ma la società attuale va di fretta, non c'è tempo per imparare e così ti abbandoni alla frammentazione, al vivere giorno per giorno la tua nevrosi...
L'istanza fondativa della società attuale è il rifiuto dell'altro, in nome di una identità che si propone come assoluta. Questa identità che si propone come assoluta è l'uomo che si afferma. Invece la non-identità è quella dell'uomo che "eccede se stesso". La non-identità non la si afferma, più di quanto non la si neghi.
Insieme al tema dei maestri risorge un dramma che è stato violentemente rimosso negli ultimi decenni: quello dell'apprendimento reale, diretto, frutto di un rapporto dialettico tra persone vive e non virtuali. C'è l'urgenza, a mio parere, del recuperare un cammino di conoscenza fondato non solo sull'informazione (spesso fake...), ma sulla relazionalità. Uno slancio che s'è arrestato davanti a delusioni o a spauracchi che ci siamo confezionati, come il terrore di perdere una propria presunta 'identità', sulle orme di un un maestro inteso in senso riduttivo, ossia come "modello", riflesso di un complesso interiore irrisolto o come limite per il nostro sviluppo personale...
La figura del maestro è stata bandita a favore di appellativi più diplomatici: insegnante, istruttore, allievo, studente...E, insieme con i termini, è sfumato nella nostra vita quel respiro di trasmissione di una sapienza (intesa come perizia concreta e reale e pur sempre intrisa di valori ideali..)che solo cinquant'anni fa si respirava ancora nelle botteghe artigiane, nei circoli di pensiero, d'arte e di cultura e poi finanche sui banchi di scuola, nelle industrie o nei campi coltivati...
Oggi il 'maestro' è stato relegato , in qualche caso, in un folkloristico Oriente, reso ridicolo come 'guru'  di un'intera generazione in fuga verso 'isole' di spirito esotiche.
L'Occidente, sempre più proteso verso l'omologazione ad oltranza, afferma di non aver bisogno del ruolo del maestro. Non è più nemmeno capace di riconoscerlo in seno alla propria tradizione.
C'è però bisogno di maestri non-maestri che non impongano la propria identità, che non sia "in nome di...", ma che siano invece esempio di presenza e di  espressività, preservando così tutto il divenire personale di ognuno, di ogni uomo annichilito dal presente.