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Messaggi - cvc

#241
1  I miei geni (in senso biologico)
2  L'ambiente in cui sono nato
3  Il mio Io
4  L'ambiente in cui sono cresciuto
5  I libri
#242
Maral, il tuo ragionamento parte dal presupposto che, se noi volessimo, potremmo migliorare le condizioni di tutti quelli che stanno scappando (a calci nel sedere) e nel contempo non rinunciare a granché del nostro attuale benessere, o perlomeno non al punto di ritrovarci anche noi con le pezze al .... Io suppongo invece che le risorse siano scarse, e che se nella storia dell'umanità le risorse fossero sempre state distribuite equamente, probabilmente il progresso non sarebbe andato molto oltre alla scoperta della ruota e del fuoco. La stessa filosofia nacque in Grecia in un periodo di grande floridità. Se le risorse fossero distribuite tutte equamente, saremmo tutti mediamente povere. Non so te, ma io non ho ambizioni francescane...
Certo c'è il fatto che bisogna fare qualcosa per la povertà, e se si analizza bene si comprende che qui altruismo o egoismo non centrano. Anche se sei egoista devi comunque fare qualcosa perché la povertà degli altri finirà poi per riperquotersi anche su di te. Non mi ricordo chi disse che fra i due miracoli delle Nozze Di Cana e della Giarigione Di Lazzaro, noi dovremmo propendere per il aecondo. Inutile illudersi di poter moltoplicare pani e pesci, cerchiamo invece di mettere tutti in condizione di poter camminare con le proprie gambe. Invece di regalare qualche pesciolino ogni tanto, insegnamo a pescare.
#243
Attualità / Re:Italiani cercasi
22 Novembre 2017, 08:56:24 AM
Gli italiani sono un popolo che per qualche inspiegabile ragione ha sempre bisogno di uno Schettino o di un Tavecchio di turno. Probabilmente per un complesso di inferiorità che fa si che ci voglia sempre lo sceno del villaggio che ci consoli della nostra mediocrità. Se vedo in tv l'alieno di Bonolis, penso che al cospetto di costui pure io mi posso rivalutare...
Spero solo che il popolo italiano si affranchi un giorno dal suo irresistibile ascendente per la buffoneria. Difetto che già rilrvò il Bonaparte..... che appunto tolse la u dal suo cognome vergognandosi di questa italianità. C'è bisogno di ribadire che l'italianità è ben altra. C'è bisogno di più serietà e di meno menestrelli tapirofori.
#244
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
21 Novembre 2017, 08:50:56 AM
L'illuminismo ha rappresentato un momento di grande fiducia nel progresso, fiducia che però parte dando per assodati alcuni valori diffusamente condivisi, quelli della rivolyzione francese e della dichiarazione dei diritti dell'uomo per intenderci. Perciò finche nessuno mette in discussione quei valori, si può avere una fiducia nel progresso che porti ad una sempre maggiore affermazione di questi. Il problema è che lo scenario del mondo è cambiato, perché si è visto come il progresso può avere delle potenzialità distruttive, si è visto quanto siano problematici i trapianti di democrazia, si è visto che col diffondersi della cultura aumentano anche i potenziali detrattori dei vecchi valori che stanno alla base di tutto.
Per quanto riguarda il revisionismo storico io ho provato una sinistra sensazione nel vedere gli statunitensi rovesciare la statua di Colombo. Tu puoi avere potere solo sul presente o sul futuro. Ritengo sbagliato andare a riscrivere la storia quando quella storia è la madre che ci ha partorito. Noi siamo figli di Alessandro, di Cesare, di Napoleone, e non è certo vero. che fosseto tutti degli angioletti. Così come non è detto che i nostri genitori cui siamo legati visceralmente siano stati per forza le migliori delle persone. Ma loro sono la nostra storia e non la possiamo cambiare
#245
Percorsi ed Esperienze / Re:L'amico immaginario
16 Novembre 2017, 18:31:56 PM
Anzitutto ringrazio tutti per la partecipazione e gli utili contributi di pensiero.
Certo l'amico immaginario in senso patologico è tale in assenza di presa di coscienza dello stato di solitudine. Un conto è parlar da solo sapendo di esserlo e altra cosa è parlare con se stessi credendo di parlare con un altro. Anche se io credo che ad un certo poco sondabile livello mentale sia piuttosto facile confondersi. Quante persone si sentono bloccate nel compiere una certa azione perché nel loro inconscio è ancora vivo un monito genitoriale? Non credo si tratti necessariamente di casi patologici, a me capita spesso (spero di non essere patologico). In questo caso uno sta parlando da solo, ripete a se stesso una frase detta da un suo genitore, ma è da solo. Eppure si comporta come ci fosse li il papà o la mamma in carne ed ossa.
Come suggetisce l'ultima frase di Inverno la nostra mente assomiglia ad un film, dove non c'è un unico personaggio che agisce (l'io) bensì una serie di personaggi che danno vita ad una trama e generano un certo pathos. E poiché questi personaggi spesso non sono presenti in carne ed ossa ma sono sei simulacri mentali, ne consegue che la nostra vita psichica si svolge in gran parte al di fuori dello spazio e del tempo, anche quando siamo desti. Forse la nostra vita mentale a-sincrona e a-temporale non è altro che l'altra faccia dell'universo misurabile in una cornice spazio-temporale. Laddove noi vediamo le due cose cartesianamente separate, forse è solo questione di voltare la faccia della medaglia. Anche se è difficile pensare ad un universo dove materia e psiche siano una la naturale estensione dell'altra.
#246
Percorsi ed Esperienze / L'amico immaginario
15 Novembre 2017, 19:52:29 PM
L'amico immaginario è un fenomeno psicologico di dissociazione dalla realtà, reso celebre anche da film come Shining. Mi chiedo però se questo fenomeno sia solo un caso patologico oppure se in qualche forma, magari meno morbosa, non possa essere anche una componente abituale della nostra vita psichica. Penso per esempio a quel "io penso" kantiano che non ci abbandona mai. Quindi l'interrogativo successivo è "siamo mai veramente soli?". Il concetto di solitudine è forse soltanto un'idea vaga e mai effettivamente esperita nella sua pienezza abissale, atterrente, pietrificante. Chi potrebbe realmente reggere il peso di una solitudine assoluta? Probabilmente la natura umana aborre la solitudine, e quando ci accorgiamo di non avere nessuno accanto... ce la suoniamo e ce la cantiamo da soli. Però anche questo è contraddittorio perché noi alla fine siamo effettivamente soli: nasciamo da soli (dentro l'utero), muoriamo e rimaniamo soli (se rimaniamo...), e anche nella vita le presenze che ci accompagnano non restano con noi per sempre.
Che strano se uno dovesse accorgersi che nella vita ha paasato meno tempo a conversare con i suoi simili che col suo amico immaginario!
Che strano sarebbe se uno avesse vissuto una vita nel timore si rimanere solo, per poi accorgersi che è impossibile esserlo!
#247
La morale presuppone la conoscenza di ciò che è bene e di ciò che è male, in assoluto o in un determinato contesto. In una società dove i valori sono evidenti e condivisi è piuttosto naturale appellarsi alla morale. Ma dove i valori vengono costantemente messi in discussione dall'evoluzione dei giudizi dovuta ad una continua innovazione dei punti di vista, la morale diventa qualcosa di sfuggente. Certo egoismo e morale si presentano come concetti agli antipodi. Però se si ammette – così come avvenuto nella nostra civiltà – che tutti hanno il diritto di migliorarsi, di emergere, di inseguire i propri sogni personali, il proprio ego, ecc.; allora questo egoismo generalizzato diventa una forma di morale dell'egoismo.
#248
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Governo globale
21 Luglio 2017, 13:17:59 PM
I soldi non sono tutto....... però tutto gira intorno ai soldi.


C'è un grande scontro culturale nel mondo che aspira a diventare un unico paese. Da una parte ci siamo noi con la nostra cultura incentrata sui diritti del singolo, dove l'ambizione del singolo (capitalista) si ripercuote sul benessere della comunità e dove i diritti del singolo individuo spesso valgono più dei diritti dei molti ( basta vedere la differenza di severità nel condannare i reati verso i privati rispetto a quelli compiuti contro lo stato). Dell'altra parte ci sono i paesi emergenti in cui il singolo è soltanto un numero ed è ben sacrificabile per la prosperità dello stato. Queste mentalità nella globalizzazione si sono anche mescolate dando luce a ibridi come la repubblica popolare capitalista cinese. Oramai gli ideali sono un diversivo per placare le frustrazioni e  le paure momentanee. L'idea è che il mondo andrà avanti finché ci sara un progresso costante della crescita al 2/3% e una soglia del debito al 2% del pil. Sorvolando il fatto che da quando il dollaro si è sganciato dall oro non è più molto chiaro come si dovrebbe valutare la ricchezza. La ricchezza è diventata grosso modo la capacità di garantire il pagamento dei debiti che non verranno mai pagati. Ma sono proprio questi concetti a tenere unito il mondo globalizzato. Perché se da un lato ognuno rimane sulle sue posizioni riguardo ai diritti del singolo contro la supremazia della collettività; su questi punti invece - turbocapitalismo, ingegneria finanziaria, multinazionali - paiono essere tutti pienamente d'accordo. 
#249
Secondo Jung i temperamenti umani si distinguono essenzialmente in reattivi e riflessivi (con tutte le varianti del caso).
Esempio tipico: passeggiando per strada si notano due persone che stanno venendo alle mani. Il riflessivo inizia a vagliare le varie possibilità: intervenire (in che modo), chiamare le forze dell'ordine, cercare un dialogo, farsi i fatti propri. Il reattivo semplicemente interviene (o se la squaglia).
Sul tema mi interessano essenzialmente due osservazioni. La prima è legata alla natura profonda del temperamento umano, nel senso che se si rientra nell'una o nell'altra tipologia, è difficile passare dall'altra parte. Io ad esempio sono un riflessivo, e tante volte ho ardentemente desiderato essere uno che si butta e non ci pensa su. Ma il trapianto di personalità non funziona. Quindi, in attesa di essere smentito, credo si possa affermare l'impossibilità - salvo forse in casi eccezionali come traumi o esperienze profonde - di passare da un temperamento all'altro.
La seconda osservazione, anche conseguente alla prima, è che evidentemente noi non scegliamo come siamo. Non solo a livello fisico ma anche nel comportamento. Quindi, constatato che non si può passare da un tipo ad un altro, molto meglio cercare di migliorarsi in armonia con la propria natura. Perché - e questo è l'aspetto fondamentale - l'onestà, la virtù la si può raggiungere per entrambe le due strade. Si può quindi discutere all'infinito se contano di più gli "attributi" o il cervello, senza giungere ad una conclusione. Ovviamente occorrono entrambi, ma sta alla nostra natura intima - al nostro "marchio di fabbrica" - puntare più su una cosa o l'altra.
#250
Io credo si tratti anche di un grosso conflitto ideologico. Per la nostra cultura è preoccupante l'idea di disordine che associamo al fenomeno. Noi abbiamo migliorato le nostre condizioni di vita razionalizzando le nostre scelte e risorse. Ora quel che ci appare è una massa eterogenea di sbandati, gente che scappa o che nutre speranze ingiustificate oppure che di sposta semplicemente da una disperazione ad un'altra perché si muove a casaccio, perché si sente allo sbando. E qui occorrerebbe - per la nostra intima esigenza di mettere ordine - che queste masse di persone si muovessero perlomeno secondo un ordine, che come minimo si raccogliessero in base al loro ceppo di appartenenza e comunicassero efficientemente fra loro, che sapessero orientarsi e contrattare in qualche modo con le opzioni che potrebbero avere a disposizione. Magari per poter individuare dei luoghi dove organizzare una vita comune conforme alle loro usanze. Stabilire insieme un dialogo con chi è disposto ad aiutarli per massimizzare le risorse. Ma gli sbandati sono sbandati, e si comportano come bambini abbandonati in cerca di una guida. Quello che per noi è ovvio, essere uno stato, una nazione, per loro non lo è. Per loro esistono solo delle aree geografiche e delle tradizioni cui si è legati. Non percepiscono l'esistenza di un'entità organizzata chiamata stato. Questa almeno è la mia impressione.
#251
Tematiche Spirituali / Re:La gioia!
14 Giugno 2017, 16:23:01 PM
L'idea di una gioia eterna ultraterrena è una consolazione alle sofferenze della vita. Quindi implica un giudizio complessivamente negativo sull'aldiqua - se c'è bisogno di una consolazione....
Eppure io non sarei così severo verso la gioia eterna. Anche una consolazione è meglio di niente. E poi, visto che dobbiamo morire (non solo, dobbiamo anche vedere i nostri cari che se ne vanno), un giudizio complessivamente negativo sull'esistenza terrena è piuttosto plausibile, e l'idea della consolazione ultraterrena aiuta ad affrontare il pensiero della norte. Anche se ho la più grande ammirazione verso chi la affronta a testa alta senza neppure il bisogno di una consolazione.
#252
E già, l'elevazione...... l'inabissamento......
"Armonia dei contrari! Come quella dell'arco e della lira"

Grazie Paul
#253
Potessi dirlo con un sonetto..........................


Filosofi, discorsi elevati e rarefatti,
Attraggono l'animo a scalare cime,
Tutto disprezzano per questo sublime
Salire in cima che rende distratti.

In trame, arzigogolate come anfratti,
Simili ai fiordi norvegesi si esprime
Una retorica che tutto tocca, nulla dirime,
E i matti paiono savi e i savi paiono matti.

Ma ancor più su, ancor più in alto
La torre d'avorio occorre edificare,
Per salir in cielo e da lassù vedere il mare,

Senza che il vuoto inviti al salto,
Senza che la ragione inizi a vacillare,
Senza smarrirsi in questo incanto.
#254
Ringrazio per gli interventi che dicono cose vere dei vari aspetti della questione, la quale è talmente grave e drammatica da prestarsi certamente a tutte le tematiche evidenziate. Di tutte, quelle che mi impressionano maggiormente sono quelle legate alla matrice di disperazione, di spleen (noia, depressione) e di "banalità" del male che implementa il fenomeno. Giustamente sottolineano Jacopus,  Paul e Fharenight che il terribile kamikaze è in fondo un derelitto, un disperato, una persona anaffettiva che probabilmente sarebbe comunque destinata al suicidio. Poi ci sono i manipolatori, i gestori della morte altrui che preparano,al reietto, la messinscena per una dipartita in grande stile, un gesto eroico, un martirio (facile notare l'abisso che passa fra questi e i martiri cristiani), un coup de theatre che dia un senso ad un'esistenza meschina. Spettacolo pagato col sangue degli innocenti (in ottica cristiana sarebbero questi ultimi i veri martiri). E quindi anche il concetto della banalità del male. Colui che si presenta come angelo della morte è in realtà un essere messo ai margini da quella società che odia forse proprio perché ne è invidioso. Come giustamente detto il mondo è un bacino pressoché inesauribile di derelitti disposti a farsi saltare le cervella per dare uno scopo ad un'esistenza buia, insignificante, angosciante. Ed i manipolatori diventano sempre più scaltri, imparano le tecniche di messinscena e di persuasione dall'occidente, si servono di internet (forse la loro arma più micidiale), infondono il terrore fino ad arrivare alla paranoia collettiva come a Torino. Ha ragione anche Inverno a dire che questa è una guerra di comunicazione e propaganda. Ma  l'occidente, con la sua cultura superiore, non riesce con la comunicazione e la propaganda a dissuadere i kamikaze infervorati da farneticazioni religiose. Queste ultime, almeno per quelle menti, sono più forti di qualsiasi discorso razionale. Per una beffa del destino la modernità che pare affossare tutti i suoi vecchi valori, deve adesso fare i conti con il persistere di questa arretratezza musulmana che alle problematiche presenti aggiunge quelle medievali della follia collettiva che spinge gli uomini a trucidarsi per motivi religiosi.
#255
Citazione di: InVerno il 04 Giugno 2017, 13:48:07 PM
Quello che dici è vero, ma non so quanto sia realistico aspettarsi il contrario. Le comunità vivono di antagonismo ai "mostri" tanto quanto per conservare i propri sistemi valoriali, i "mostri" sono necessari alla narrativa per stare in piedi, per definire i propri limiti. Dal punta di vista criminologico non so, ma l'esempio dei kamikaze poi è specialmente buono per dimostrare il contrario della tua tesi. Il kamikaze mette a disposizione la propria vita, la fa strumento di un messaggio, e lo fa in maniera cosi netta e plateale che costringe ad un analisi del messaggio in se. Non è un caso se ci si è sperticati in "lodi" riguardo alle abilità comunicative dell'ISIS, perchè fondamentalmente il messaggio passa oltre ai gesti dei singoli essendo comunicato in maniera cosi violenta. E sono fiorite decine di narrative occidentali, da quella anti-islamica a quella terzomondista, per cercare di razionalizzare il messaggio contenuto nei corpi dei kamikaze. Quindi mi pare infondato sostenere che l'analisi si sia fermata al "mostro" solo perchè non c'è un forte interesse per la persona, d'altro canto è il kamikaze stesso a imolarsi a favore di un simbolo e a considerare superflua la sua persona. Questo non significa che non dovremmo, ma che servirebbe una società estremamente matura per rifiutare la proposta di un "mostro autoproclamato" quando già è difficile costruire una narrativa coerente intorno al suo messaggio.
Ma io non ho detto - o comunque non intendevo - che la criminologia si ferma al mostro, questo accade nell'opinione pubblica. È una forma di protezione della coscienza che piuttosto che pensare che il criminale sia un uomo come noi, preferisce chiamarlo mostro. È ciò che metaforicamente succedeva nelle arene dei gladiatori dove c'erano i vari personaggi del reziario, del mirmillone, del trace che erano vestiti da alieni, rappresentavano il barbaro, il diverso che diventa razionale - agli occhi del civilizzato - soltanto sotto le sembianze di mostro.
Quello che intendevo riguardo alla criminologia e che essa - almeno mi pare - si sofferma all'aspetto comportamentale e sociologico. Che m'importa di quanto è bravo a usare internet o a diffondere i messaggi o a impressionare le masse. Non stiamo parlando di un pubblicitario. A me interessa capire come ragiona, cosa li induce a fare quel che fa aldilà delle convenzioni culturali legate all'estremismo islamico. Si può pensare che siano un esercito di automi che obbediscono cecamente al comando della guida spirituale,  ma io voglio pensare che abbiano anch'essi una personalità. Avranno delle motivazioni personali che li conducono, motiveranno in qualche modo a se stessi le loro scelte o sono dei burattini ipnotizzati? Se motivano le loro scelte, quali sono i loro valori e in che rapporto sono con il mondo di oggi?